Ricordando Anna Antonacci

Autore: Giustino de Matteis

Ieri, 7 novembre, ricorreva la commemorazione dell’anniversario della morte dell’emerita Anna Antonacci, fondatrice dell’istituto per minorati della vista di Lecce.

L’Antonacci, nata a Tricarico (Matera) il 26 novembre 1879, aveva studiato, nonostante le difficoltà del tempo, sia per essere donna sia in quanto priva della vista, presso l’istituto Principe di Napoli (oggi Martuscelli).

Trasferitasi con la famiglia a Lecce, avvertì subito il bisogno – untempo si definiva vocazione – diimpegnarsi nell’istruire e nell’educare le persone non vedenti residenti nelle regioni meridionali e, più in particolare, di quelle più prossime alla Puglia.

Consapevole di non disporre di particolari risorse economiche per dar vita al suo ambizioso progetto, si rivolse al Comune di Lecce che, ritenendo la richiesta di straordinario interesse sociale e culturale, le assegnò alcuni locali situati in periferia e quasi addossati alle antiche mura di cinta della città.

Il 19 febbraio 1906 è ufficializzata l’apertura dell’istituto per ciechi che, soltanto successivamente, sarà intitolato alla sua fondatrice.

A partire dal 1975, sono stato sempre un convinto sostenitore dell’integrazione scolastica, ma non sarei assolutamente obiettivo se non riconoscessi che uell’istituto ha avuto sin dal suo sorgere un ruolo preminente e determinante nella storia dell’educazione e dell’istruzione dei non vedenti. A differenza di quanto avveniva in tanti altri istituti similari, A. Antonacci comprese subito che l'”istruzione” sarebbe risultata monca, incompleta e insufficiente per il conseguimento dell’autonomia della persona priva della vista e per la sua vita sociale. Guidata dal suo straordinario intuito, quindi, decise che gli allievi alternassero le ore di studio a particolari attività di lavoro manuale. Nell’istituto, infatti, furono organizzati due laboratori, uno maschile e l’altro destinato alle ragazze. Nel primo si effettuavano lavori di falegnameria – facendo apprendere l’utilizzo di tutti gli utensili di una falegnameria all’avanguardia – di intreccio, di rilegatura di libri e tante e tante altre attività. Nellaboratorio femminile, invece, le ragazze apprendevano a lavorare con i “ferri”, all’uncinetto e a utilizzare anche la macchina per cucire.

Presso l’istituto di Lecce hanno studiato alcuni allievi che, divenuti professionisti, si sono affermati non soltanto a livello locale, ma persino in campo nazionale. Menzionandone alcuni, sono certo di tralasciarne tanti e tanti altri, ma come non rammentare Luigi Schifano, baritono eccelso dalla voce delicata e leggiadra; i maestri di pianoforte e organo, direttori di canto corale e concertisti di chiara fama, Vincenzo Fiorentino, Salvatore De Matteis, Nicola Diaferio e l’avv. Giovanni Marcuccio, professore e preside.

Concludendo – elo faccio con personale soddisfazione – aggiungo che, nel 1978, durante un convegno nazionale organizzato dalla Federazione Nazionale delle istituzioni pro Ciechi – l’ente che al tempo provvedeva alla realizzazione e alla distribuzione di tutti i materiali e i sussidi in uso presso le Scuole Speciali – fu presentata da due docenti dell’Antonacci, la prof.ssa Enza Marchello e il sottoscritto, una attenta e accurata relazione concernente i tanti libri trascritti in Braille, le illustrazioni dei quali si fregiavano di presentare disegni tattili molto apprezzabili dalla vista, ma assolutamente incomprensibili al tatto, poiché sovraccaricate da mille arzigogoli o linee superflue. A seguito di quella relazione, i libri fino ad allora adottati vennero immediatamente ritirati e sostituiti con altri più funzionali al tatto.

Nei prossimi giorni, a proposito del disegno in rilievo, vi presenterò alcune mie riflessioni, indirizzate a tutti i docenti di alunni privi della vista, ma ancor più, a tutti coloro che, impunemente, ritengono di porre in evidenza la propria creatività, producendo “libri tattili” che nulla hanno a che fare con la minorazione della vista e che, semmai, aggiungono ulteriore disinformazione a quella già tanta esistente.

Giustino de Matteis – Tiflologo

Pubblicato il 15/11/2021.

Togo, chiacchierata con Moïse

Autore: Valter Calò

Un articolo discretamente lungo, ma vi invito a leggerlo fino in fondo con il cuore e il sorriso… è una bella storia di vita!

Moïse Allassan Tchapo è il Presidente de l’Association SO.T.ES – TOGO, Associazione per l’assistenza alle persone con disabilità e senza mezzi.

Moïse alla conclusione della sua dolorosa esperienza di tre anni trascorsi con totale cecità ad entrambi gli occhi ed emiplegia alla parte destra del corpo, ora risulta essere fortunatamente guarito. Così dopo aver ricevuto le cure all’estero, attraverso questa associazione ha voluto offrire un importante servizio e speranze alle tante persone che in Togo vengono colpite da patologie oculari.

Presento subito il bilancio dell’ultimo anno, tanto per comprendere di cosa stiamo parlando.

Risultati dei pazienti consultati e operati durante un anno di attività nel centro “Difiidi” di Bassar dal 28 settembre 2020 al 28 settembre 2021:

–           7820 consultazioni, delle quali 5855 a pagamento e 1965 gratuite;

–           6316 analisi: 2121 a pagamento e 4195 gratuite;

–           1144 occhiali: 465 gratuiti e 679 a pagamento, con prezzi agevolati o sociali;

–           5129 persone hanno comprato le medicine, mentre 2691 le hanno ricevute gratuitamente (valore compreso entro 2.000 fr cfa (3 euro) e 3.000 fr cfa (4,57 euro;)

–           751 persone operate con diverse patologie come cataratta, pterigio, trichiasis.

La consultazione o visita oculistica costa 500 fr cfa (0,76 euro);

il libretto sanitario costa 100 fr cfa (0,15 euro);

gli occhiali da lettura costano 5.000 fr cfa (7,62 euro);

gli occhiali da vista prescritti costano entro 20.000 fr cfa e 35.000 fr cfa (entro 30,48 euro e 53,35 euro);

l’analisi di rifrazione costa 3.000 fr cfa (4,57 euro);

l’analisi della pressione oculare costa 3.000 fr cfa (4,57 euro).

Questo è il Centro Oculistico “Difiidi” a Bassar, Regione di Kara, Nord Togo.

Nella foto: “Difiidi”, il Centro Oculistico a Bassar. Nel patio si intravedono i pazienti in attesa di essere visitati

“Difiidi” nella lingua di Bassar significa Salvataggio e io aggiungo anche speranza di luce per tante persone che a partire dagli occhiali da vista fino alle diverse operazioni possibili riacquistano quel senso tanto importante nonché ragione di vita.

Il centro oculistico fa parte dell’associazione «Solidaire Terre d’Espérance – Togo» che è stata fondata nel 2010 su iniziativa di Moïse Allassan Tchapo. Ha iniziato a operare concretamente dal 2016 organizzando delle campagne annuali di screening e cura di massa in diversi villaggi della zona circostante il centro e raggiungendo ogni anno circa mille persone bisognose di interventi oculistici di vario tipo, dalla semplice fornitura di occhiali alla cura di infezioni determinate anche da corpi estranei, fino a patologie più complesse che richiedevano interventi chirurgici organizzati a Karà o a Lomé, in quanto non esiste una struttura a Bassar.

Nel corso di queste campagne, in modalità gratuita, sono stati curati gli occhi di migliaia di persone che mai avrebbero potuto accedere ai servizi a pagamento. Dal 2016 al 2019, tanto è stato fatto per la cura e la prevenzione in ambito oculistico, ma non era ancora sufficiente: serviva infatti un centro a Bassar dove fosse possibile intervenire direttamente e che rappresentasse un punto di riferimento per tutti gli abitanti della Regione. Serviva un centro per dare continuità e supporto medico durante tutto l’anno.

L’Associazione si è quindi impegnata per realizzare un piccolo edificio e nel mese di giugno 2019, grazie a una donazione ricevuta da una famiglia italiana, tramite l’Associazione Gruppo san Francesco d’Assisi Onlus Italia, sono iniziati i lavori di costruzione dell’edificio, su un terreno offerto dalla comunità locale.

Un importante finanziamento della Caritas Antoniana di Padova ricevuto nel 2020 ha consentito poi di completare pressoché interamente i lavori del primo blocco.

L’attrezzatura oculistica invece è stata sponsorizzata da IAPB ITALIA (International Agency for the Prevention of Blindness).

Per l’attrezzatura d’ufficio, un minimo di mobilio: qualche tavolo, sedie, scaffali e un paio di armadi ermetici per difendere le attrezzature e i medicinali dagli insetti oltre che un contributo per il funzionamento e una fornitura di medicinali per un anno (maggio 2020 – maggio 2021), sono stati sostenuti da MAC di Roma (Movimento Apostolico Ciechi).

Anche UICI non si è tirata indietro e ha offerto la sua collaborazione per la realizzazione di questo grande progetto, così nel 2019 ha donato 3000 euro per essere destinati allo screening di massa.

Dopo queste positive esperienze di prevenzione e cura è sorta la necessità di costruire un nuovo blocco operatorio permanente per poter far fronte localmente alle tante esigenze di piccole e grandi operazioni chirurgiche senza dover trasferire i pazienti a Karà o a Lomé.

La Caritas Antoniana di Padova li ha supportati con un finanziamento per la costruzione dell’edificio dedicato al blocco operatorio e, con lo stesso finanziamento, sono riusciti a scavare un pozzo per l’acqua. Non mi soffermerò su quanto sia importante l’acqua in Africa, però mi fanno sapere che questa preziosa fonte di vita viene distribuita gratuitamente alla popolazione circostante. Chi conosce l’Africa capisce di cosa sto parlando, in quanto l’acqua potabile è un bene prezioso che da noi purtroppo è dato per scontato: cosi non è in Africa.

Personalmente ho girato e girerò ancora molto questo continente e viaggiando ho potuto rendermi conto che spesso vengono costruite cattedrali nel deserto, mentre secondo me ogni azione e investimento dovrebbe partire da un pozzo per l’acqua: basta ricordare semplicemente che senza acqua una persona non sopravvive per più di 4-6 giorni.

Sono bravi, in poco tempo sono riusciti a fare tanto e soprattutto bene, spendendo con accuratezza ogni euro ricevuto, ma serve ancora un piccolo/grande sforzo. È assolutamente necessario ultimare la sala operatoria con macchinari, attrezzature, e finire di arredare l’ufficio.

Per finalizzare il progetto e iniziare ad operare a Bassar sono necessari tanti piccoli nuovi sostenitori di questa bellissima realtà che deve essere assolutamente ultimata.

Fare beneficenza, donazioni o supportare un progetto, spesso e giustamente, ci fa sorgere il dubbio se effettivamente i nostri soldi verranno concretamente spesi o si disperderanno, diciamo nei meandri burocratici. Credo che la trasparenza e la descrizione dello stato di avanzamento dei lavori, fino ad oggi, sia una garanzia di serietà e stimoli il nostro voler partecipare ad un’attività, un progetto che ci faccia stare bene e aumenti il nostro spirito di solidarietà.

Di seguito alcune foto di questa realtà che si sta ultimando e potete ascoltare un messaggio che mi ha inviato Moïse.

Nella foto il complesso visto dall’esterno che ospita il Centro Oculistico “Difiidi”


Edifici destinati al Centro Oculistico


Vista del patio adiacente al Centro Oculistico con i pazienti in attesa


Foto dell’oculista insieme ai suoi pazienti


Foto scattata durante una visita oculistica


Altra foto scattata durante una visita a un paziente


Interno del Centro Oculistico con vista sulle scaffalature e i vari medicinali

Di seguito invece l’audio:

Nei primi mesi del 2022, ho in programma di andare a visitare il centro e contemporaneamente effettuare anche un piccolo tour di questo paese, fuori dai soliti viaggi turistici, per incontrare l’essenza dell’Africa. Chi volesse aggregarsi è il benvenuto! mi può tranquillamente contattare via e-mail: valtercalo21@gmail.com.

Moïse non vede l’ora di incontrarci per farci visitare il suo centro e darci indicazioni per apprezzare al meglio il suo paese con le sue tradizioni e la sua natura comune sicuramente a tanti altri paesi Africani, ma particolare per certi aspetti.

Di seguito gli estremi per un versamento e tutte le informazioni del caso. Vi ringrazio per aver letto, spero con il cuore questo mio articolo, regalate e regalatevi un sorriso, non fermatevi qui…

Un saluto, Valter.

Chi volesse fare una donazione può versare direttamente il suo contributo attraverso l’associazione Gruppo San Francesco d’Assisi Onlus Italia,

  – in POSTA: C.C. Postale n. 18 88 33 55 intestato a Gruppo San Francesco d’Assisi – Barbarano Mossano;

  – con BONIFICO BANCARIO: IBAN IT07 U076 0111 8000 0001 8883 355 Bancoposta Agenzia di Vicenza;

in entrambi i casi specificate la causale: progetto oculistico di Bassar.

Il Gruppo San Francesco d’Assisi è iscritto al registro regionale ONLUS.

Per maggiori informazioni sulla collaborazione del gruppo S. Francesco e il Togo, potete contattare il Sig. prof. Flavio Fogarolo, Presidente e legale rappresentante:

Cellulare: 347 4062504

e-mail: flavio@flaviofogarolo.it

www.grupposanfrancesco.org

Per chi volesse mandare direttamente un contributo in Togo

CONTO BANCARIO DELL’ASSOCIAZIONE: 

TITOLARE DEL CONTO: ASSOCIATION SO.T.ES. – TOGO

BANK: BTCI

IBAN: TG80 3702 4010 4702 2920 4001 0153

BIC: BTCITGTG

Un suggerimento di Moïse, versate il vostro contributo direttamente all’associazione San Francesco specificando la causale.

L’associazione SO.T.ES. – TOGO e il Progetto Oculistico di Bassar hanno veramente bisogno di voi.

Moïse A. Tchapo, Presidente di SO.T.ES – TOGO, Coordinatore di PINV – TOGO, Amministratore di Centro Oculistico di Bassar, Rappresentante in Togo di Gruppo San Francesco d’Assisi Onlus – Italia.

Pubblicato il 26/10/2021.

Sole di settembre 2021 – Momenti di intenso benessere

Autore: Cristina Minerva

Siamo giunti alla conclusione del soggiorno promosso da IRIFOR, «Sole di Settembre», realizzatosi nelle due settimane dal 12 settembre ad oggi 26 settembre, dedicato alla «Terza Età» presso il «Centro Le Torri G.Fucà – Olympic Beach» di Tirrenia e coordinato con passione da me, componente della Direzione Nazionale UICI.

Il Vicepresidente IRIFOR Vincenzo Massa, con impareggiabile disponibilità, è stato presente per apportare il suo sapiente contributo alla buona realizzazione della migliore offerta per tutti i componenti del gruppo.

Durante il periodo è stato possibile incontrare anche partecipanti di altre età, che hanno favorito l’inclusione e il rapporto tra le generazioni.

Il tempo atmosferico è stato particolarmente prodigo di belle giornate, col sole ancora caldo e una temperatura particolarmente gradevole, che hanno permesso e invitato ciascuno a trascorrere sulla spiaggia accogliente di sabbia impalpabile e setosa tante ore piacevoli tra bagni e giochi organizzati. Cominciamo a pensare di essere noi con la nostra coesione a determinare la fortuna di un clima così favorevole ed è bello potersi cullare con questa sensazione ottimistica!

Chi non si è aggregato al gruppo spiaggia ha avuto comunque la possibilità di intrattenersi piacevolmente con passatempi divertenti e gustosissime relazioni interpersonali di confronto amichevole.

Le persone più loquaci si sono espresse narrando spontaneamente i loro vissuti, le loro esperienze, facilitando altri nuovi ospiti ad unirsi alla comunicazione, superando così l’isolamento di qualcuno meno incline alla pronta conversazione.

Di giorno in giorno sempre più intensamente si sono potuti osservare confronti aperti in un armonioso rapporto, che ha fatto sentire tutti strettamente propositivi.

A Tirrenia non si può soffrire di solitudine e i legami che si instaurano sempre più diretti riescono a delineare una grande complicità tra tutti i presenti.

Anche chi si trova inizialmente più spaesato, riesce in poco tempo a sentirsi circondato da amici con storie e problematiche facilmente condivisibili.

Alcune persone hanno sentito l’esigenza forte di sentir leggere ad «Alta Voce» ed è quindi stato attivato l’angolo della lettura con proposte, che hanno saputo accontentare i più assidui tra i desiderosi di ascolto.

Divertenti e utili sono stati apprezzati da molti i giochi per il rinforzo della memoria, ispirati e sostenuti dalla psicologia con la più entusiasta del gruppo, che con i suoi novantadue anni e mezzo e la vitalità della sua prontezza intellettiva ha saputo ben dimostrare quanto questi divertimenti siano utili con il trascorrere dell’età.

I classici tornei di giochi a carte si sono potuti svolgere per il piacere dei maestri di «scopone». Una menzione particolare deve essere rivolta al «Burraco», che ha trovato qualche insaziabile concorrente.

La competizione di Showdown ha raggiunto livelli tecnici elevati con divertimento partecipato anche dagli spettatori, sempre pronti ad applaudire ogni performance.

Una gara molto allegra e apprezzatissima da tutti, assieme alla «Corrida», al «Musichiere», al Cabaret, al Karaoke e ai numerosi passatempi di gruppo serali, è stata quella del «Racconto di Barzellette». Anche in questo caso si sono esibiti fini dicitori e meravigliosi interpreti.

Tutti hanno utilizzato argomenti vari e disparati: da funerali bizzarri a esperti di «amore sicuro», da personaggi biblici a famosi personaggi storici, da gustosi arrosti un po’ abbrustoliti a camerieri non proprio ligi al proprio dovere, da astuti costruttori di case senza angoli per evitare suocere ingombranti ai soliti pappagalli furbetti, da albergatori romani un po’ troppo allegri a cani troppo devoti ai propri padroni, da esponenti della Digos a carabinieri protagonisti delle classiche barzellette a loro destinate, da tori fornitissimi a sposini in luna di miele, dal classico Pierino ai più colti Sherlock Holmes e Dottor Watson, dall’avarizia (qualcuno dice parsimonia) dei genovesi ad anzianissimi vecchietti prossimi sposini molto previdenti, da balbuzienti a sordomuti, per finire a esponenti religiosi assai libertini, e chi ne ha più ne metta!

L’adesione a questa proposta è stata talmente partecipata, che anche l’attrattivo momento dedicato agli spaghetti «aglio, olio e peperoncino» del mercoledì in tarda serata ha dovuto adeguarsi al desiderio dei sapienti narratori, che non avrebbero in nessun caso interrotto la tenzone, accontentando il pubblico allegramente coinvolto e pronto a condividere risate collettive. Si sa, le barzellette sono come le ciliegie, una tira l’altra!

Quasi tutte le sere ha sottolineato il trascorrere delle ore il canto, accompagnato dalla chitarra, di belle melodie di ogni regione, terra d’origine dei presenti e il ballo nella serata con il bravissimo pianista cantante.

I più interessati alla cultura musicale hanno avuto l’opportunità di conoscere una compagnia di oltre 30 elementi di suonatori di cornamuse scozzesi, in raduno annuale presso una struttura alberghiera vicina al nostro Olympic Beach.

I gentilissimi suonatori ci hanno permesso di ascoltare i prestigiosi strumenti e con grande sollecitudine ci hanno guidato alla conoscenza tattile dei vari componenti armonici.

Grande successo, come sempre, hanno riscosso le lezioni di iphone e di computer impartite sapientemente dal nostro Nunziante Esposito, capace di far apprendere i segreti tecnologici con la sua esperta e simpatica competenza.

Rimarrà indelebile nel nostro ricordo la serata meravigliosa dei riconoscimenti ai vincitori di tutte le gare svolte, condotta magistralmente dal vicepresidente Irifor Vincenzo Massa, affiancato da me, da Nunziante e con il collegamento applauditissimo con il nostro Presidente Mario Barbuto, in un tripudio di gala e di premi assegnati ai trionfatori.

A simboleggiare il connubio tra allegria e benessere è stata offerta in quell’occasione una torta degna di un banchetto nuziale dedicata al soggiorno «Sole di Settembre», recante i loghi di Uici e di Irifor, abbinamento di efficiente condivisione.

I due periodi dedicati quest’anno a questo soggiorno, a giugno con il «Primo Sole» e a settembre con l'”Ultimo Sole”, sono stati apprezzati e graditi con espressioni di sincero interesse e ancora una volta il sorriso ha evidenziato quanto sia necessario il buonumore per arrecare benessere psicofisico tangibilmente rimarcabile.

Siamo certi che i nostri amici dell’età matura si siano giovati di tante ore felici, che allieteranno l’attesa delle prossime occasioni d’incontro.

Tornando a casa, salutati da Ivan, da Federica e da tutto lo staff dell’Olympic Beach, sempre pronti ad accogliere ogni esigenza con la solita attenzione e cura e con ancora vivido il sapore dei manicaretti offerti nel ristorante ad ogni pranzo e cena, in un proposito di prossime chance d’incontro, ognuno porterà con sé la sensazione di quanto sia importante unirsi in un abbraccio solidale e festoso, che solo a Tirrenia riusciamo a realizzare con naturale semplicità.

Cristina Minerva

Pubblicato il 28/09/2021.

L’estate 2021 della Sezione UICI di Enna

Autore: Anna Buccheri

Il Covid 19 ha stravolto le nostre vite costringendoci a rinunce e a diverse modalità di organizzazione del quotidiano, del lavoro e dello studio, limitando le nostre libertà e condannandoci al distanziamento. In questa situazione dettata dal contingente si è corso il rischio di trascurare cose importanti o di non poter assicurare continuità a servizi essenziali. L’UICI di Enna attenta a tutti i protocolli di sicurezza non ha voluto lasciare indietro nessuno in questa estate 2021 aderendo ai campi estivi programmati dall’IRIFOR Regionale Sicilia e al progetto Ri-gioco la mia parte e organizzando il soggiorno climatico, l’attività di onoterapia e la gita sociale di fine estate.

Il soggiorno climatico si è svolto dal 3 al 10 luglio a Calanovella, in provincia di Messina. Hanno partecipato 13 non vedenti con accompagnatori e familiari. Si tratta di un appuntamento annuale molto atteso, in particolare quest’anno in cui un opprimente lockdown ha pesato sui nostri giorni. Si era quasi increduli, dice il Presidente Di Gregorio, di poter fare il soggiorno, naturalmente seguendo tutte le cautele necessarie a partire dalla stessa struttura ospitante. Dei partecipanti, alcuni avevano già fatto l’esperienza, per altri era la prima volta. Tutti ne sono stati entusiasti. Il tempo è trascorso tra momenti balneari, convivialità a tavola, coinvolgimento nelle iniziative della struttura (animazione), relax in un clima spensierato e di spontaneità. Diversi per età, donne e uomini, ipovedenti e ciechi, tutti sono stati coinvolti in piscina, nei balli di gruppo, nei bagni a mare, nell’escursione a Lipari e a Vulcano. A Vulcano si è fatto il bagno nella zona della spiaggia nera, cogliendo la magia e la vitalità della natura, con i focolai di zolfo, il fumo, la pietra bollente, l’odore pungente; a Lipari ci si è goduti la passeggiata lungo il corso in salita fino alla Basilica di San Bartolomeo, patrono dell’isola. Il gruppo è stato accompagnato da una guida che ha fornito informazioni preziose e dettagliate sulla storia, sulla cultura e sulla configurazione geografica e geologica delle sette isole che compongono l’arcipelago delle Eolie (Alicudi, Filicudi, Lipari, Panarea, Salina, Stromboli e Vulcano). L’esperienza ha dimostrato quanto sia importante e quanto si desideri recuperare occasioni di svago e di condivisione di gruppo, come ha sottolineato il Presidente Santino Di Gregorio.

A Pozzallo, in provincia di Ragusa, al modulo del campo abilitativo/riabilitativo del 3-10 luglio per disabili gravi hanno partecipato 3 ragazzi ipovedenti di 12, 25 e 28 anni, con problemi di deambulazione e alimentati attraverso PEG o imboccati. I genitori sono rimasti soddisfatti in particolare per il supporto assicurato per la mobilità e gli spostamenti. Quest’anno sono stati presenti entrambi i genitori, cosa che ha permesso di contenere eventuali mancanze nella preparazione di OSS e OSA evidenziate negli anni scorsi dai genitori.

Il progetto Ri-gioco la mia parte 2021 ha avuto luogo ad Erice, provincia di Trapani, dal 30 agosto al 1 settembre. È stato un soggiorno in cui la noia è stata bandita e ogni momento è stato impegnato. Il primo giorno, il 30 agosto, dopo il tampone veloce, il check in, una conoscenza reciproca, l’acquisto di materiali, sono cominciate le attività vere e proprie. Della Sezione di Enna c’erano 4 bambini di età inferiore ai 10 anni e 1 ragazzo di circa 20 anni. Un’altra bambina che frequenta la scuola dell’infanzia ha dovuto rinunciare perché il paese dove abita era in zona arancione. Importanti e significative esperienze sono state: la socializzazione con i bambini e i ragazzi delle altre Sezioni territoriali, i giochi in spiaggia, provare a nuotare con il materassino, i balli, l’escursione a Favignana (con guida che ha descritto con dovizia di particolari e chiarezza espositiva la struttura della tonnara e del Castello di Santa Caterina sulla sommità dell’isola, e ha raccontato le vicende storiche legate alla Famiglia Florio), la serata ad Erice, sulla rocca, raggiunta in funivia. I bambini/ragazzi ennesi si conoscevano e si frequentavano già. Questi giorni insieme hanno reso più intense le relazioni e accresciuto l’interesse per alcune attività come ad esempio il nuoto (interesse che la Sezione UICI ennese ha recepito provvedendo a predisporre le modalità per avviare chi lo desidera a questo sport). Il gruppo ha organizzato al rientro un’uscita serale per andare a mangiare una pizza, in autonomia i ragazzi senza i genitori e i genitori per conto loro. Inoltre i bambini e i genitori hanno preso l’abitudine di riunirsi nella sede della Sezione anche qui separati gli uni dagli altri. Il venerdì i quattro coetanei giocano insieme in una delle stanze in cui solitamente si svolgono attività di musicoterapia o di aptica. Dall’esperienza del campo è derivato un nuovo modo di considerare la disabilità visiva per i bambini/ragazzi in termini di consapevolezza e per gli stessi genitori. Il Presidente Di Gregorio rileva giustamente che il feedback positivo genera richieste e rende più disponibili a seguire altre attività, e che quindi il rapporto costo/benefici è assolutamente a favore dei benefici ponendo le condizioni per implementare nuove attività.

Dal 28 agosto al 6 settembre, al modulo a per la fascia di età 3-13 anni, a Calanovella, campo estivo abilitativo/riabilitativo, hanno partecipano 4 bambini/ragazzi. La bambina di 7 anni voleva rimanere quando è venuto il momento di rientrare. Si sono create anche qui le condizioni per scambi amicali tra coetanei di diversi territori. Le attività proposte sono state: nuoto (dal galleggiamento ai vari stili), laboratorio manuale con la realizzazione di statuette e di un quadro a rilievo raffigurante il panorama che si può ammirare dalla terrazza della struttura (isole Eolie, soprattutto Vulcano e Lipari, sole, mare, scogli). Tutto è avvenuto in un clima di grande convivialità.

Sempre dal 28 agosto al 6 settembre, ma per il modulo b, in provincia di Cosenza, per la fascia di età 14-21 anni, ha partecipato un solo ragazzo.

Dal 5 al 12 settembre, a Calanovella, per il modulo c, per la pluridisabilità lieve, erano presenti 4 ragazzi con i genitori. Questi ultimi hanno espresso parere positivo e pieno apprezzamento per il campo. In un clima di rilassamento e di divertimento le attività svolte sono state: nuoto, Orientamento e Mobilità, autonomia, laboratorio manuale.

Nella prima settimana di settembre, la Sezione UICI di Enna ha realizzato il progetto di onoterapia presso l’Associazione Morsi d’Autore Onlus di Calascibetta (EN), riconosciuta dall’Assessorato alla salute della Regione Sicilia e iscritta all’Albo regionale. La struttura si avvale della professionalità di educatori, psicologi e psicoterapeuti in grado di coinvolgere sia i bambini/ragazzi sia i genitori. L’anno scorso l’attività era inserita nel progetto Gioco la mia parte. I genitori hanno gradito e capito l’azione riabilitativa e di stimolazione che si sviluppa grazie all’interazione con l’asino. Il feedback più importante per il padre di uno dei ragazzi è stato il sorriso del figlio. Ai ragazzi la Sezione UICI di Enna garantisce una o due sedute di musicoterapia e una di onoterapia alla settimana.

Sabato 18 settembre, a conclusione della stagione estiva, si è svolta la gita sociale alle Gole dell’Alcantara, canyon naturale caratterizzato da fessurazioni verticali ubicate nel territorio compreso tra Castiglione di Sicilia (provincia di Catania) e Motta Camastra (provincia di Messina). Dopo il pranzo, nel pomeriggio, prima di rientrare, si è fatta una passeggiata lungo il corso a Taormina, splendida terrazza sospesa tra le rocce e il mare in uno scenario di bellezza naturale, unico per varietà e contrasti.      

Anna Buccheri

Pubblicato il 28/09/2021.

Ricordo del Presidente Giuseppe Fucà

Autore: Carlo Carletti

Ricordo di Giuseppe Fucà, 3° Presidente dell’Unione, scomparso 40 anni fa.

Mio caro amico Presidente, si dice che sei scomparso il 18 settembre di quaranta anni fa, ma stento ancora a crederlo vero, anche se ho partecipato con immenso dolore al Tuo funerale. I tanti momenti trascorsi insieme, le tante iniziative, le tante lotte, le tante conquiste conseguite, i momenti di vera soddisfazione, le amare delusioni, le nostre confidenze, le nostre discussioni, ma soprattutto i tuoi insegnamenti, il tuo impegno per costruire un futuro migliore per i ciechi italiani e la passione con la quale conducevi le vicende associative, sono sempre presenti e vivi nella mente e nel cuore di chi come me, ha avuto la fortuna di conoscerti e di vivere al tuo fianco. Ci siamo conosciuti a Roma, nel marzo 1965, nella trattoria da “Guerra”, in Via dei Serpenti, frequentata sovente dal Presidente Bentivoglio. Eri in compagnia dei tuoi, poi anche miei, amici toscani Baragli e Borrani e del milanese Formigoni. Ero presente invitato dal Presidente, avendo accompagnato Piero Bigini ad uno degli incontri presso il Parlamento. Ero giovanissimo, inesperto e a disagio al cospetto di voi esperti dirigenti associativi. Sono stato accolto come se già ci conoscessimo da vecchia data, poi voi fiorentini avete provveduto con qualche bicchiere di vino a farmi superare ogni disagio e timidezza. Ci siamo nuovamente incontrati nel corso di un presidio al Parlamento per sollecitare l’approvazione della legge sui centralinisti. Successivamente in occasione della improvvisa morte del Presidente Bentivoglio, ma eravamo talmente addolorati, che ci siamo abbracciati senza dire una parola. Dopo la Tua elezione alla Presidenza Nazionale, il nostro rapporto associativo e personale si è costantemente rafforzato ed è divenuto più costante e intenso nel corso del Congresso del 1966, che ti ha confermato Presidente, nonostante la sgradevole e ingiusta avversione di alcuni uomini politici e di alcune persone cieche a loro collegate. Mentre il mio rapporto con il Presidente Bentivoglio, era improntato sulla stima, sulla riconoscenza, sulla soggezione, che induceva all’obbedienza, quello con te, era ugualmente di grande stima e di ammirazione, ma anche fraterno, amichevole e perfino confidenziale. Mi hai reso partecipe delle cose dell’Unione, affidandomi anche importanti e riservati incarichi. Mi sentivo orgoglioso quando chiedevi la mia collaborazione. Nonostante fossi molto giovane, mi hai prestato sempre piena fiducia, guidandomi e sostenendomi nelle varie attività svolte. Mi hai riservato comprensione anche per qualche contestazione verso alcune Tue decisioni, che ritenevo moderate. Nei primi giorni di giugno del 1970, sorprendendo la mia famiglia, sei giunto con l’autista e amico Benedetto, a casa dei miei suoceri a Cisterna di Latina, dove mi trovavo con mia moglie Giovanna e il nostro bambino di pochi mesi. Abbracciando Giovanna, le hai chiesto di farti il regalo di lasciarmi libero per tutto il mese, perché quel periodo sarebbe stato decisivo per la sorte della legge sulle pensioni. Giovanna, per il bene che ti voleva, con il pianto nel cuore non seppe dirti di no ed io sono partito con Te per Roma. Fin dal 1967, mi avevi, riservatamente, già affidato il compito, risultato davvero gravoso, di gestire le tante manifestazioni con i soci che giungevano a Roma, di volta in volta da varie città. Quel mese passato con te, fatto di pressanti impegni, di incontri a vario livello istituzionale e politico, ma anche di incontri con dirigenti associativi, per approntare delegazioni di dirigenti e soci da inviare presso le forze politiche e i gruppi parlamentari, di organizzazione di manifestazioni di piazza, è stato maggiormente gravoso sotto ogni aspetto. Si ritornava ogni sera presso la Tua abitazione dove ero ospite, totalmente stremati. Prima di addormentarci, nel fare il bilancio della giornata, più volte ci siamo chiesti, se le nostre compagne e i nostri figli avrebbero mai potuto comprendere e perdonarci per il tempo loro sottratto. Ricordo, che per te, sono stati giorni terribilmente difficili. Eri angosciato e triste, perché Milena, tua moglie, era ricoverata in ospedale, e non potevi essergli vicino, come non potevi nemmeno essere insieme a tuo figlio Gianni, il giorno della discussione della sua tesi di laurea. Dopo aver trascorso una giornata particolarmente negativa, fatta di incontri andati a vuoto e la notizia del ricovero ospedaliero del nostro amico Giorgio Morelli, l’atmosfera non poteva essere peggiore. Giunti a casa, Senza cenare, ci siamo distesi sui lettini. Come una molla, ti sei Subito rialzato, per raggiungere la scrivania. Hai telefonato a Gianni, che dopo averti aggiornato sulle condizioni di salute di Milena, ti ha comunicato che si era brillantemente laureato, ricevendo i complimenti del suo Professore. Evidentemente commosso, hai preso la bottiglia di Whisky e dopo aver brindato con me, ti sei messo a scrivere quelle lettere per Milena e Gianni, che ho ritrovato, emozionandomi, pubblicate nel libro, Un racconto per Chiara. La legge sulle pensioni ha finalmente ottenuto la copertura finanziaria, ma all’atto della grande festa per l’importante risultato conseguito in favore dei ciechi italiani, non ha potuto partecipare uno dei maggiori artefici, il nostro comune amico Piero Bigini, che era nel frattempo scomparso nel mare di Ponza. Al suo funerale, pur stremato dal dolore, Ti sei superato nel ricordarlo con le più belle e commosse parole di fraterna amicizia. . Il tuo grande cuore, affaticato e duramente provato dalle tensioni derivanti dal sovrapporsi di tanti problematici avvenimenti politici e associativi, nei primi giorni del dicembre 1978, ha purtroppo ceduto. Nonostante il grave infarto e i ripetuti ricoveri ospedalieri, in disaccordo con i tuoi medici e rischiando la vita, hai voluto essere presente il 13 dicembre 1979, a Roma, al momento dell’approvazione da parte della Camera dei Deputati, della legge che ha equiparato l’indennità di accompagno dei ciechi civili, a quella percepita dai ciechi per causa di guerra, elevandone l’importo da 62 mila a 288 mila lire mensili. In quell’occasione ci siamo abbracciati con grande gioia, per il piacere di esserci rincontrati e per la soddisfazione del grande risultato conseguito. Pur preoccupato per il tuo stato di salute, non avrei mai potuto pensare, che quello potesse essere il nostro ultimo abbraccio.

Quando le complicanze dell’infarto, che nel 1980, Ti costrinsero a rinunciare al Tuo ruolo di Presidente, mi sono, per la prima volta, sentito davvero solo e privato degli stimoli per portare avanti le iniziative associative. Ho davvero sofferto per il venir meno del prezioso punto di riferimento, quale tu sei sempre stato.

Sarà stata una coincidenza, ma quando hai lasciato la Presidenza, anche i fraterni amici del Lazio, quali eravamo, Durini, Faina, Fortini, Notari ed io, siamo riusciti a litigare, determinando il Commissariamento del Consiglio Regionale. Il 18 luglio del 1981, con immensa sorpresa e gioia, ho ricevuto la tua telefonata con la quale, dopo avermi fatto, con la voce dell’amico di sempre, gli auguri per il compleanno, con la voce del Presidente di sempre, mi hai espresso tutto il tuo rammarico per quanto accaduto nel Lazio, sollecitandomi a riprendere i contatti con gli amici delle Sezioni, per ricostruire il Consiglio Regionale. Il tuo input è stato determinante per ricostruire l’unita associativa nel Lazio e di questo, ne sei stato contento. Purtroppo, dopo poco tempo, in tanti, abbiamo dovuto assistere, con tanta tristezza al tuo funerale. La tua scomparsa, mi ha profondamente segnato. Conservo di te Il ricordo di un grande uomo e di un grande Presidente, che accompagna la mia esistenza, ma la vita associativa, privata del tuo pensiero, della tua umanità e della tua passione, non è più la stessa che avevo conosciuto e vissuto. Questo è il mio ricordo, ma chi volesse conoscere meglio quell’Unione e l’impegno, con il quale hai portato avanti il “movimento dei ciechi” e le tante conquiste sociali in loro favore, consiglio vivamente la lettura del tuo libro “un racconto per Chiara”. Hai anche scritto, che “i ciechi sono gente meravigliosa”. Dopo averne conosciuti tanti, comincio a crederlo anch’io.

Se tu e i tanti amici che mi avete lasciato, vi siete da qualche parte ritrovati, conservatemi un posto accanto a voi, per quando sarà il mio momento.

Ciao Giuseppe, amico Presidente.

Carlo Carletti

Pubblicato il 17/09/2021.

Dopo le luci di Tokyo

Autore: Giorgio Piccinin

Ora che le luci si sono spente, che il sipario si è chiuso e che l’impatto mediatico è defluito, cosa resta delle paralimpiadi, dei successi, delle prestazioni e dei festeggiamenti? Quale ritorno e proiezione avrà sulla società, sul vivere di ogni giorno queste performances?

Avranno un significativo riscontro nella mentalità comune oppure, piano piano, scivoleremo ancora nelle nostre ombre di comuni disabili con i consueti conti da fare con muri mentali, atteggiamenti anacronistici e quant’altro? C’è il rischio inoltre che si acuisca la forbice tra i cosiddetti fenomeni, ovvero chi realizza grandi prestazioni o imprese, e allora sei qualcuno agli  occhi di tutti, o sei e rimani nessuno perché  sei semplicemente tu, una persona anzi un disabile comune, che cerca di costruirsi la vita ogni giorno tra difficoltà e obiettivi umani?

Questo a mio avviso è quanto ereditiamo da Tokyo 2020/2021 e sarà un’altra bella sfida, un derby molto difficile da giocare e giocarsi proprio perché la vita è ogni giorno, fuori dai canali mediatici, dalle medaglie conquistate e dalla emozione momentanea della gente.

Mi auguro solo maggiore consapevolezza e meno ignoranza, più disinvoltura e meno ipocrisia. Non è vero che siamo tutti uguali, anzi, ognuno ha una sua sensibilità, un proprio essere e, soprattutto, un proprio background, ma se riusciamo a toglierci dai piedi quell’antico retaggio culturale ed emotivo che da sempre ci circonda, allora comprenderemo che le paralimpiadi non saranno più un riflettore occasionale di tante singole realtà, le migliori, bensì una sintesi a buon pane e salame del nostro ruolo nel mondo, fermo restando che non dobbiamo dimenticare di impegnarci col nostro esempio di cittadini attivi e consapevoli.

Bravi comunque i nostri rappresentanti a Tokyo, sono stati davvero formidabili, speriamo che il loro sforzo sia un utile investimento morale ed umano al di là del gesto sportivo.

Giorgio Piccinin

Pubblicato il 14/09/2021

Osservazioni articolo Massimo Vita e replica Mario Barbuto

Autore: Roberto Callegaro

Riceviamo da Roberto Callegaro e pubblichiamo:

Credo di poter concordare con il Presidente Nazionale quando individua nell’articolo di Massimo Vita, più delle velenose insinuazioni che un’apertura di dibattito. Concordo, inoltre, con il Presidente quando afferma “non accadrà mai più che il Presidente debba sentirsi in obbligo di rispondere di qualsiasi attività associativa a ogni soffiar di vento”, soprattutto se la risposta è stata “lunga e sicuramente noiosa”.
Ho apprezzato in particolar modo la tecnica di risposta usata dal Presidente Nazionale, che ha seguito i seguenti passaggi:

  1. Valorizzazione di sé e del proprio operato, con lunga elencazione dei propri impegni
  2. Svalutazione dell’avversario, elencazione di defiance e altarini
  3. Nel merito delle due questioni, diluvio di particolari anche inutili
  4. Chiusura con velata minaccia, argomento di possibile competenza dei probiviri, e atto di superiore magnanimità non accedere a tale sistema
    Se fosse possibile invece nel merito avere due piccolissimi chiarimenti, sarebbe elemento di più facile valutazione rispetto ai locali di via Belsiana se fosse prodotto uno schema che comparasse i costi di gestione alberghiera dei dirigenti con i costi di gestione diretta del sito di via Belsiana. Altro piccolo particolare che potrebbe essere utile a chiarire le scelte è sapere di quanti metri quadri attualmente disponga il Presidente per il proprio appartamento al fine di fugare ogni dubbio che possa prevalere la comodità del Presidente sulle attività istituzionali dell’UICI. Ovviamente questi dati non vanno richiesti al Presidente, ma agli organi istituzionali, come appunto indicato e sono certo peraltro che le scelte fatte dal Presidente siano state fatte per il meglio e d’altronde pienamente avvalorate dalla Direzione Nazionale, debbo però qui sottolineare un punto di chiaro e totale dissenso con la scelta del Presidente, per quanto riguarda la reale concreta praticabilità di un sistema democratico all’interno della nostra associazione. Fondamenta della democrazia sono le garanzie delle minoranze, posto che ovviamente le maggioranze si garantiscano da sé. Il sistema di elezione del Presidente con collegate liste di sostegno ha dimostrato di rendere estremamente ardua, se non impossibile, la presentazione di candidature alternative, non ponendo limiti alla raccolta di adesioni per la presentazione delle liste. Il risultato è che l’unica competizione resa possibile è stata quella tra i candidati scelti dal Presidente stesso. Vi è quindi un serio rischio di unanimità a priori rispetto alle scelte del Presidente, ritengo pertanto opportuno e necessaria per la vita democratica della nostra associazione che la Commissione regolamento riveda la norma ponendo il limite di meno di quaranta congressisti tra candidati e sottoscrittori, limite massimo per la sottoscrizione delle liste.

Il Presidente Regionale UICI Veneto

Roberto Callegaro

Link dell’articolo a cui si fa riferimento nel testo (23/08/2021): http://giornale.uici.it/articolo-di-massimo-vita-e-replica-del-presidente-nazionale/

Pubblicato il 30/08/2021.

L’avventura di Matilde Lauria a Tokyo 2020

Autore: Vincenzo Massa

La judoka napoletana è sordocieca ed è l’unica della sua categoria ai Giochi paralimpici a gareggiare con le due disabilità

Una donna coraggiosa, sempre pronta a mettersi in gioco e farsi esempio per i tanti giovani con disabilità che non credono nelle loro capacità e potenzialità o che non hanno possibilità di fare attività sportiva.

Matilde, napoletana, 56 anni, è ipovedente dalla nascita. A 26 anni le hanno diagnosticato una degenerazione genetica dei nervi ottici. A 31 anni ha perso l’uso dell’occhio destro, qualche anno dopo il sinistro percepisce solo luce. Mamma di tre figli è entrata da soli 6 anni a far parte del circuito internazionale del judo aderendo alla Fispic (Federazione italiana sport paralimpici per ciechi e ipovedenti), arriva a questo appuntamento 19esima del ranking, la seconda nella categoria B1, cioè «un’atleta che non percepisce la luce in nessuno dei due occhi o che la percepisce ma non è in grado di riconoscere la forma di una mano», secondo l’International Sport Blind Association.

Unica atleta con doppia disabilità a gareggiare a Tokyo per lei questa partecipazione va ben oltre il risultato e speriamo che il suo monito svegli le coscienze di tanti e la voglia delle persone con disabilità di rivendicare il diritto alla pratica dello sport. Le parole dell’atleta stessa ci sembrano molto più pregnanti di qualsiasi commento «Ci sono tanti ragazzi e ragazze ciechi, sordi o con altre disabilità, a cui nessuno ha mai detto che possono essere bravi in uno sport: sono alle paralimpiadi per dimostrare che anche con delle disabilità si possono fare grandi cose».

La delegazione azzurra di judo è molto ristretta, le atlete sono solo due: con Matilde Lauria c’è solo Carolina Costa, e saranno accompagnate a Tokyo da un gruppetto della federazione. Non è possibile, per motivi sanitari, portare familiari o altre persone, proprio come alle Olimpiadi.

Complimenti Matilde perché il tuo cuore, la tua passione, il tuo altruismo sono doni preziosi che al tuo rientro dovremo festeggiare per questo grande sogno che stai regalando a tutti noi.

Vincenzo Massa

Pubblicato il 25/08/2021.

Dimmi da dove parti e ti dirò se arrivi!

Autore: Antonio Quatraro

Ho scritto queste righe sotto l’influenza del caldo agostano, ma anche sollecitato dal breve scambio di idee con alcuni amici del nostro Consiglio Nazionale, per alleviare gli effetti della calura agostana.

Cambiare il punto di partenza

È più che comprensibile che chiunque, volendo essere di aiuto alle persone con disabilità, ponga al centro della sua attenzione queste persone, considerandoli sia come individui, sia come gruppi, sia infine nelle varie relazioni interpersonali e con l’ambiente circostante. Così, nel tempo, pensatori, amministratori, filantropi, e gli stessi diretti interessati, hanno studiato le conseguenze derivanti dalla presenza di una disabilità, cercando e ponendo in essere le soluzioni più adatte, in armonia con lo spirito dei tempi e con i valori di volta in volta preminenti.

Così è stato storicamente ed i risultati, per quanto disomogenei e contraddittori, sono sotto gli occhi di tutti.

Però proprio lo studio di queste problematiche ha prodotto una visione più ampia del problema, sintetizzabile nei principi ispiratori di due documenti fondamentali: la convenzione ONU sulle persone con disabilità e la classificazione internazionale del funzionamento (ICF).

Andiamo per ordine:

a) La convenzione ONU si ispira ad alcuni principi fondamentali: “niente su di noi senza di noi”, “non lasciare indietro nessuno”, non discriminazione, promuovere tutte le potenzialità presenti in qualunque persona, ivi comprese le persone con disabilità. La convenzione ONU è l’ultimo risultato di una evoluzione che trova le sue radici nella concezione cristiana del valore della persona e della solidarietà, in opposizione con la distinzione fra liberi e schiavi e con la logica dell'”occhio per occhio”.

b) La classificazione internazionale delle funzioni (ICF) si pone in palese discontinuità con l’idea di classificare le persone in base a ciò che manca, mettendo al centro invece ciò che resta. In questo senso ritroviamo il concetto illuminista della educabilità di qualsiasi persona, in quanto essere umano. Questo dovrebbe aiutarci a cambiare la maniera di considerare i nostri compagni pluriminorati, e a porci il problema di come adeguare i servizi a loro rivolti, primo fra tutti la scuola, in modo tale che anche per loro vi sia un intervento educativo che valorizzi le potenzialità, che vanno ricercate giorno dopo giorno.

Deficit e handicap.

La convenzione ONU e la stessa ICF distinguono deficit e handicap, che non sono affatto la stessa cosa.

Infatti, Deficit indica che qualcosa fa difetto (deficere); nessuno si sogna di lamentarsi perché non abbiamo le ali, eppure aver le ali in sé non sarebbe una cattiva idea, però non sentiamo mai dire “i disabili del volo”, perché le ali non fanno parte del corredo della specie umana; mentre una statura troppo inferiore alla media, o anche troppo superiore, una funzionalità compromessa di parti importanti del nostro corpo (gli arti, o qualche organo di senso ecc.), sono considerati come deficit.

Lo svantaggio invece esprime una inferiorità occasionale o permanente. La parola è di origine inglese: hand in cap (che letteralmente significa “mano nel berretto”); noi potremmo dire “l’asso nella manica” o “il coniglio nel cappello”. Si trattava di un gioco d’azzardo diffuso nel Seicento. Il gioco si basava sul baratto o scambio tra due giocatori di due oggetti di diverso valore; il giocatore che offriva l’oggetto che valeva meno doveva aggiungere a questo la somma di denaro necessaria (nascosta nel cappello naturalmente), per arrivare al valore dell’altro oggetto, così che lo scambio potesse avvenire alla pari. Handicap quindi indica lo svantaggio che viene attribuito in una gara al concorrente che ha maggiori possibilità di successo, per dare a tutti quelli che gareggiano la stessa probabilità di vincere. In questo modo il risultato della gara non è già scontato in partenza.

La convenzione ONU definisce l’handicap, ovvero lo svantaggio, come il risultato di una particolare relazione fra l’individuo e l’ambiente, il che implica la possibilità di ridurre, eliminare o addirittura rovesciare lo svantaggio stesso, o modificando le condizioni individuali (protesi, educazione, interventi economici risarcitori), oppure, e qui è la novità, modificando l’ambiente. E cosa intendiamo con il termine “ambiente”? Intendiamo tutto ciò che circonda la persona, quindi innanzitutto gli altri, le relazioni umane, le forme di comunicazione interpersonale, ma anche gli spazi fisici, gli strumenti che servono per svolgere i compiti legati alla vita quotidiana – esempio: arredi personali e arredi comunitari, elettrodomestici, strumenti di lavoro,), i servizi, ecc. Quindi il deficit permane, ma si riducono le conseguenze negative.

In quanto tale quindi, lo svantaggio può essere modificato nel tempo, in vari modi: il concorrente svantaggiato può attivare strategie di ricupero basate su qualche trovata d’ingegno o sul miglioramento del terreno di gioco, o dello strumento necessario per gareggiare; insomma, mentre il deficit è una condizione permanente, l’handicap è una condizione variabile, in base ai meccanismi compensativi naturali (vedi gli studi nel campo delle neuroscienze), alla educazione ricevuta, alla conformazione dell’ambiente fisico, umano, tecnologico, ecc.

Sulla base di queste considerazioni, venendo all’argomento che ci riguarda in questo momento, ossia la proposta di legge sulle persone con disabilità, proviamo anche noi a mettere al centro non le disabilità, ma le cause che creano o aumentano lo svantaggio e/o le discriminazioni. Come dire: invece di acquistare tanti depuratori quante sono le famiglie, proviamo a distribuire acqua potabile.

Una buona maniera per evitare discriminazioni è non crearne di nuove e, dove è possibile, consiste nel ridure o rimuovere quelle esistenti.

In questo ci può aiutare il lavoro degli ultimi 50 anni in vari settori: l’educazione, le opportunità lavorative, la riduzione delle barriere architettoniche e sensoriali, la consapevolezza che una società più accogliente e più confortevole per noi è anche più competitiva, oltre che più umana e più solidale, e soprattutto, se gli adattamenti che ci riguardano non creano disagio ad altre categorie di utenti, è una società più comoda per tutti e non solo per noi.

La storia delle invenzioni umane è ricca di episodi che dimostrano come una soluzione pensata per una categoria di persone svantaggiate, si è rivelata utilissima per tutti. Antonio Meucci ebbe l’idea del telefono perché sua moglie aveva un importante deficit uditivo; eppure i sordi sono quelli che usano il telefono meno di tutti. La prima macchina dattilografica fu ideata dal tipografo veneziano Francesco Rampazetto (secolo XVI), che voleva consentire ai ciechi di comunicare fra loro e con gli altri, mediante un marchingegno provvisto di tasti che produceva caratteri comuni incisi.

Allora possiamo valorizzare alcune idee che sono state le nostre bandiere:

1. la progettazione pluriesigenziale, almeno dei prodotti, delle tecnologie e dei servizi che ricevono finanziamenti pubblici, oppure che sono sottoposti alla approvazione e/o omologazione di Autorità pubbliche, nazionali e/o europee.

Fin dagli anni ‘2000 infatti si è venuto affermando il concetto di “design for all”, ossia progettazione per tutti, sempre nella misura del possibile.

Proviamo a pensare a quanti problemi potrebbero trovare soluzioni accettabili senza penalizzare questo o quel gruppo di utenti. Tali soluzioni peraltro renderebbero più confortevoli spazi e servizi, costituendo inoltre un fattore di competitività (es. turismo accessibile); ma soprattutto aumenterebbero il confort ambientale, renderebbero realmente esercitabile il diritto alle autonomie ad alla libera scelta. Ridurrebbero il bisogno di aiuti esterni e in molti casi le risorse finanziarie che tali aiuti spesso richiedono. In altre parole, favorire le autonomie e la “vita indipendente”, può diventare un risparmio per la collettività, oltre che avvicinare i cittadini alle Istituzioni.

Alcuni esempi:

cartelli stradali di forma arrotondata, ben visibili anche per pedoni ipovedenti (brevettati ma mai adottati dai Comuni);

orari di mezzi pubblici, insegne pubbliche, numeri civici, segnalazioni di pubblica utilità ad elevata leggibilità per persone ipovedenti e facilmente rilevabili grazie a sistemi quali letismart.

Standard costruttivi per veicoli elettrici (inclusi monopattini) che tengano conto di utenti con disabilità visive;

software per i rapporti con la P A e per ogni altro servizio rivolto alla generalità dei cittadini (comunicazione e informazione, turismo e spettacolo (quindi anche audiodescrizioni), commercio elettronico, per usi professionali (registri per gli insegnanti, cartelle sanitarie per i professionisti con disabilità visiva. finirla una volta per tutte con il vezzo di scrivere leggi e linee guida per poi incorniciarle e perfezionarle senza mai darsi la pena di applicarle e di farle applicare. Un paese si può considerare civile non quando ha oltre 700 mila leggi, ma quando applica quelle poche che sono necessarie.

porre rimedio poi istituendo un ministero apposito è come spegnere l’incendio andando sul posto con un cero acceso al santo protettore del fuoco.

Veniamo dunque al testo della bozza di proposta.

Per fortuna si tratta solo di una bozza, però, se il buon giorno si vede dal mattino ….

La Legge contiene una ottima analisi delle norme vigenti e una prospettiva a dir poco lusinghiera. Ad essere pignoli si può notare qualche frettolosità, nel fare copia e incolla. “convenciòn” per indicare la convenzione ONU; qualche concordanza da rivedere, ma la svista che dà davvero all’occhio (sit venia verbis), è l’ultima riga, dove si trova una perla di saggezza nell’amministrare le risorse pubbliche. Infatti, la rivoluzione che si propone è davvero epocale, perché … udite udite! è gratis, ossia non costa nulla alla pubblica amministrazione.

Gli estensori forse erano un po’ distratti, o hanno scritto questa bozza prima che si cominciasse a parlare del fondo europeo per le riforme.

Però c’è tempo per emendare!

E questo sarà uno dei nostri compiti per l’immediato futuro.

Antonio Quatraro

Pubblicato il 24/08/2021

Video conferenze “spesso irrealizzabili per non vedenti”

Autore: Sipontina Prencipe

Chi l’ha detto che i non vedenti non possono realizzare le video conferenze? Gli scettici, quelli che creano i muri. Fare diretta per i non vedenti non è assolutamente un tabù, vi do chiara testimonianza in questo articolo. Tante sono state le esperienze che mi hanno portato allo show vero e proprio.

Quando avevo 16 anni chiesi a mio cugino di parlare con i collaboratori di una radio, per un eventuale provino. L’ho fatto e non vi nascondo che ero molto emozionata. L’esito negativo non mi è stato comunicato personalmente, ma a mio cugino; avrei preferito che me lo dicessero in faccia. A 23 anni ne ho fatto un altro, per un’altra radio e mi hanno detto che avrei ricevuto una risposta dopo due settimane. Ho chiamato ma, per prendermi in giro dicevano: “Non si sa ancora nulla del tuo provino”. Vi chiederete senz’altro: come hai saputo l’esito? Rispondo subito. Direi in maniera brutale! Un giorno di carnevale andai a cantare in una piazza di Manfredonia e, prima che io facessi l’esibizione, hanno comunicato pubblicamente i vincitori. L’atteggiamento denotava una mancanza di rispetto nei confronti miei e dei perdenti. Ovvio, sono rimasta delusa per le sconfitte ma non mi sono fermata perché negli anni successivi ho condotto, anche se per poco tempo, programmi radiofonici in diretta radio e in audio conferenza.

Dal 2017 al 2021 ho trasmesso programmi su Twitter, utilizzando Periscope che consentiva le trasmissioni in audio conferenza. Le mie trasmissioni erano prevalentemente sportive ma dedicavo spazio anche ad altri eventi. Ogni volta che invitavo gli ospiti mandavo la telefonata in diretta, mettendo il viva voce al telefono di mia madre, perché col mio si sarebbe bloccata la diretta.

Ho dedicato alcuni speciali all’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, invitando presidenti e consiglieri delle varie sedi; è stato un grande onore per me avere in trasmissione il Presidente dell’UICI Nazionale Mario Barbuto. A marzo 2021 l’applicazione Periscope è stata chiusa. Mi sono preoccupata e chiesta: “Come farò a trasmettere, visto che non ci sono sistemi di audio e video conferenza accessibili per i ciechi?”. Poi ho sperimentato un nuovo sistema di video conferenza: Stream Yard che utilizzo dal 12 aprile. In realtà lo conoscevo già, perché mi ospitavano spesso nei programmi radiofonici; i conduttori mi mandavano il link ed entravo nello studio virtuale. Ora con Stream Yard sono io l’organizzatrice della video conferenza e trasmetto o su Facebook o Youtube. Mi sembra di stare in uno studio vero, una sensazione che, giorno dopo giorno, mi dà tante soddisfazioni. Anche qui i programmi trattano argomenti d vario genere. Qualche giorno prima della puntata mando via e-mail agli ospiti il link per accedere a Stream Yard con le relative istruzioni. Quando ho deciso di utilizzare il sistema di video conferenza citato non tutti erano d’accordo. Dicevano: “Non capiamo perché devi per forza apparire in video!”. Col passare del tempo hanno visto che sui social ottenevo tante visualizzazioni. Silenzio totale. Creare autonomamente una tv sul web è per me la grande conquista; ho superato l’ostacolo che tutti credevano insormontabile.

Non tutti i sistemi di video conferenza sono accessibili per non vedenti ed ipovedenti, ma quello che sto utilizzando è completamente accessibile, vi assicuro. Certo, in un primo momento ci vuole il vedente che sistema l’inquadratura dell’immagine prima della messa in onda. Quando in video conferenza ci sono più di 2 persone bisogna digitare il comando per allargare la schermata. Non è difficile, il cieco può farlo tranquillamente. Mi piacerebbe raccontare su Slash Radio Web la mia esperienza di cui vi ho parlato. Il messaggio che vorrei fosse recepito da tutti è: “Immergetevi nell’atmosfera dello studio virtuale Respirerete un’ebrezza nuova che, nessuno vi ha mai fatto provare precedentemente. Prima o poi sarete impeccabili nell’organizzazione di un programma in video conferenza”.