Congresso e programmi: e se girassimo il cannocchiale al contrario?, di Giovanni Taverna

Autore: Giovanni Taverna

Parlare di strumenti ottici a casa nostra può sembrare paradossale, ma evidentemente  si tratta di metafora riassuntiva. Il prossimo sarà il quarto congresso nazionale al quale prendo parte; a parte le ovvie considerazioni sull’età che questo lascia intendere, la memoria degli scorsi episodi mi ha suggerito alcune riflessioni che potranno parere forse un po’ folli ma nel caso sono in buona compagnia di tanti folli. Mi soffermo in particolare sulla questione del programma; ogni volta si alzano a gran voce richieste di quali siano i programmi del candidato presidente e dei candidati consiglieri, li si esamina e li si seziona per ogni verso e alla fine… succede che il programma che esce dal congresso elenca dai 300 ai 400 obbiettivi, che spesso e volentieri o ignorano bellamente tutti i vari programmi proposti da candidati di ogni livello oppure li comprendono tutti senza eccezioni, senza priorità, ma, soprattutto, determinati da commissioni nelle quali spesso i candidati non sono compresi. Senza voler esagerare potrebbe accadere tranquillamente che di tutti i vari programmi presentati dai candidati diversi non si trovasse traccia nelle risoluzioni finali del congresso, anche se più spesso accade che nei programmi dei candidati le proposte veramente nuove siano molto rare e si tratti spesso di riproporre problemi che tutti conoscono benissimo e che vengono riproposti ad ogni congresso, con risultanti evidenti considerazioni negative su quanto l’intera associazione riesca veramente ad incidere in certi ambiti, se gli stessi problemi ricorrono a distanza di anni quando non di decenni interi. “Va bene, bighellone, ma dove vuoi arrivare?”  Domanda del tutto legittima alla quale mi affretto a rispondere. Parto da un presupposto. L’articolo 5 dello statuto, comma 2, recita:

“2.  Sono di sua competenza: la discussione e l’approvazione della relazione consuntiva del Consiglio Nazionale e delle risoluzioni di indirizzo sulla politica associativa”.

La parte che desidero consideriate con attenzione è la seconda frase, cioè: ”risoluzioni di indirizzo sulla politica associativa”.

Questa frasetta, di per sè insignificante per dimensioni, è in realtà quella che porta poi alla nascita dei famosi trecento e passa obbiettivi finali, ma il senso della frase è chiarissimo: chi stabilisce le linee che guideranno l’attività dei prossimi cinque anni sono le risoluzioni del congresso, non i programmi più o meno mirabolanti e formalmente impeccabili dei candidati. Altro che pretendere i programmi! Lo statuto afferma chiaramente che le linee guida le decide il congresso, in barba a qualsiasi cosa ci abbiano raccontato i candidati a qualsiasi carica: questo è il cannocchiale rovesciato che da origine al titolo paradossale, tanto più paradossale se si pensa che questo banalissimo ragionamento statutario non si è forse mai sentito fare, che da decenni o forse di più ogni congresso ha chiesto ampio spazio perché i candidati a qualsiasi carica esponessero il loro programma mentre le commissioni statutarie congressuali ne formulavano un altro magari simile magari no senza che nessuno battesse ciglio. Per onestà devo dire che al prossimo congresso non mi aspetto certo che si cambi registro, perché prima di tutto dovrebbero cambiare registro i candidati, a  partire dai candidati presidenti, che dovrebbero limitarsi a dire: ”Caro il mio congresso, il programma non lo devi chiedere a me, perché lo statuto affida il compito a te e tu lo hai sempre svolto producendo programmi con centinaia di punti; a me, candidato presidente o consigliere, puoi chiedere solo lumi su come praticamente ed organizzativamente io debba far lavorare questo macchinone per ottenere gli obbiettivi che tu mi dici”. Solo questo e null’altro, “il di più viene dal maligno” parafrasando il Vangelo quando indica il rapporto con la verità dei discorsi. Ma un discorso così, lo sentiremo mai in un congresso? E se qualcuno lo facesse, il congresso lo capirebbe? Siamo tutti un po’ troppo avvelenati dalla politica elettorale, che ci imbottisce la testa di programmi chilometrici e miracolistici per darci l’impressione di poter scegliere diverse alternative, mentre in realtà le scelte che si possono realmente fare spesso son obbligate dalle scelte economiche e  chiunque vinca quelle, dovrà mettere in campo qualsiasi cosa ci abbia raccontato prima; e così anche noi ci apprestiamo ad una nuotata nei programmi chiesti ai candidati che stavolta potrebbero arrivare a 66. Si salvi chi può.

Giovanni Taverna

Consigliere Nazionale UICI

Aggiornamento o formazione?, di Salvatore Maugeri

Autore: Salvatore Maugeri

Vorrei, con questo breve articolo, fare una riflessione sull’atteggiamento psicologico che assumono le minoranze e, nel caso dell’unione italiana ciechi, sull’inclusione scolastica.

Qual è la risposta culturale dell’associazione alla carenza pedagogica e didattica degli insegnanti curriculari rispetto alle didattiche speciali?

Questo è a mio avviso il nodo della questione per uscire dalla sindrome che solo rendendo sempre più speciale e specialistica la didattica, si ottengono risultati migliori sul piano dell’educazione, senza accorgersi che si rimane sempre più rinserrati in un atteggiamento culturale che non riesce a superare il primo stadio dell’inclusione e cioè l’inserimento.

Per inserimento infatti si intende mettere dentro un gruppo.

Per integrazione scolastica si intendeva il processo di scambio fra due o più culture. Era questo quindi uno stadio più avanzato del processo che aveva avuto inizio con la legge 360 e successivamente con la 517.

Per inclusione oggi si intende la relazione che sussiste fra due insiemi quando gli elementi dell’uno fanno parte dell’altro.

Come si vede, l’inclusione è una fase avanzata che richiede la flessibilità e lo scambio delle competenze fra insegnanti curriculari e specializzati.

È naturale che una forte formazione dell’insegnante di sostegno e degli esperti che si occupano di inclusione, sia fondamentale per attivare lo scambio, ma l’insegnante specializzato rischia di rimanere chiuso nella sua specializzazione se non è capace di confrontarsi con le metodologie e le didattiche che gli insegnanti curricolari mettono in atto nella scuola di oggi.

La formazione è uno strumento che rende possibile il confronto fra gli insegnanti e consente di progettare un modello di scuola inclusiva.

La formazione continua e la ricerca di moderne didattiche che tengano conto dell’individualizzazione dell’insegnamento, non deve riguardare solo gli insegnanti di classe, ma tutti coloro che a vario titolo fanno parte del gruppo di lavoro. La logica che deve sottostare alla preparazione delle didattiche speciali deve essere capace di rendersi flessibile fino a incontrare modelli didattici diversi e viceversa… il cuore dell’inclusione sta nell’incontro di due elementi diversi.

Nel nostro caso, dove la didattica speciale è forte, il rischio di cadere nello specialismo, col rischio concreto di attuare costantemente una separazione di fatto fra il bambino/bambina non vedente e il resto del gruppo classe è inevitabile. Il passaggio a questo punto dall’individualizzazione dell’insegnamento all’insegnamento individuale è breve.

E l’inclusione?

Propongo con Andrea Canevaro, alcuni punti da considerare importanti per chi ha la responsabilità di un gruppo-classe, e vorrebbe accompagnarlo, guidarlo, perché diventi un gruppo cooperativo, una classe cooperativa.

  • Ascoltare.
  • Alzare il livello. Qualche volta, abbassarlo.
  • Cercare diverse fonti per le risposte.
  • Trasformare i conflitti in domande.
  • Articolare gli spazi.
  • Conquistare spazi.
  • Scandire i tempi con dei rituali.
  • Fare emergere diversi ruoli per l’organizzazione del gruppo-classe.
  • Valorizzare ciascuno in rapporto al gruppo-classe. Fare memoria.

Alla luce di quanto detto sopra aggiungerei che è necessario analizzare il contesto scolastico e puntare non sulla quantità, ma sulla qualità organizzativa e sul modo di fare scuola tenendo conto delle esigenze di tutti.

Le disabily educations hanno sottolineato ad esempio come l’educazione inclusiva non si rivolge solo agli alunni disabili e a coloro che presentano bisogni educativi speciali, ma a tutti. E ancora: l’educazione inclusiva mira a rendere inclusivi i contesti, le pratiche didattiche, il curricolo , la valutazione gli approcci pedagogici

Per concludere direi che la formazione degli insegnanti non produrrà i frutti sperati se non riesce a coniugare l’aggiornamento dei contenuti con la modificazione dell’atteggiamento della relazione educativa e dell’atto pedagogico. E’ nel gruppo che la valenza formativa contribuisce a dare senso all’educazione e si fa lievito per la crescita di tutti. L’atto educativo non sarà quindi un tecnicismo, un puro addestramento, ma processo di crescita culturale e sociale.

Salvatore Maugeri
Célestin Freinet, La scuola del fare, ed.junior, 2002
Autori Vari, Disability studies e inclusione, Erickson 2018
Autori vari, Storie di scuola, Erickson, 2016
Alain Goussot, La pedagogia speciale come scienza delle mediazioni e delle
differenze, Aras Edizioni, 2015
Andrea Canevaro in: Suggerimenti per una didattica della vicinanza
Autori vari, La sfida dell’apprendere, ed.junior, 2006

Salvatore Maugeri, ha insegnato all’Istituto per Ciechi di Firenze, come
insegnante di sostegno nella scuola primaria e secondaria di primo grado. È
stato distaccato come psicopedagogista presso il comune di Firenze.
Attualmente conduce laboratori presso l’Università di Firenze, è attivo nel
Movimento di Cooperazione Educativa e svolge attività di consulenza per
l’unione italiana ciechi.

Ma chi l’ha detto che ad una certa età il Braille è precluso?, di Giorgio Piccinin

Autore: Giorgio Piccinin

È opinione comune che l’insegnamento del Braille ad età avanzata sia sì possibile e fattibile ma con risultati di praticità, velocità e dimestichezza non certo entusiasmanti. Ad età inoltrata la maggior parte ci rinuncia dato che la sensibilità delle dita risulta per così dire compromessa e non esercitabile più di tanto; non per tutti però. Prendiamo il caso di Antonio, 73 anni, una vita passata in fabbrica. Ora, si trova con una forte ipovisione, causa una maculopatia. Ha iniziato a frequentare alcuni anni fa la nostra sezione territoriale di Pordenone dell’U.I.C.I., prima per avere informazioni e supporti, poi per dare una mano, compatibilmente con le sue facoltà.

Si era iscritto ad un corso di alfabetizzazione Braille ma dopo un paio di lezioni ha abbandonato, restituendo tavoletta e punteruolo e decretando come impossibile da raggiungere il suo obiettivo, quello cioè non di imparare a leggere speditamente bensì di riconoscere almeno le lettere e capire come scriverle, interagendo così con l’acquisita competenza nel sovraintendere alle stampe Braille che da tempo, sempre in associazione, gestisce. Antonio infatti si rende disponibile ad avviare e seguire le apposite stampanti durante i processi di realizzazione per conto della nostra biblioteca e dell’intera sezione territoriale ma gli mancava un tassello, quello cioè di connettersi direttamente con i fogli scritti che uscivano e di dare loro una consecutio precisa in caso di bisogno o di intoppo tecnico.

Dennis, un suo quasi coetaneo ipovedente, piano piano lo ha convinto a riprovarci, con delle pillole di insegnamento ad personam che erogava a tempo perso tra un volontariato e l’altro e quattro chiacchere in compagnia. La riluttanza di Antonio si sgretolò col tempo e, ripresi i ferri del mestiere, con molta pazienza, dedizione e costanza, imparò l’alfabeto prima, a riconoscere le lettere poi, a scrivere qualche parola in seguito e a portarsi a casa, infine, qualche piccola rivista per carpirne il significato di qualche articolo.

Antonio è un esempio di come anche ad una certa età si possa e ci si debba provare. Si tiene in allenamento ed esegue i compiti che Dennis gli affida con zelo e soddisfazione.

Non si può certo pretendere che ad una certa età la sensibilità dei polpastrelli sia fresca e assorbente come quella di un bambino, tuttavia se ci si impegna un pochino e ci si crede si può ancora fare!

Bravo Antonio e…. bravo Dennis!

Il Braille può essere davvero ancora un’opportunità per tutti.

L’esempio di Antonio serva soprattutto ai giovani, ai ragazzi e alle loro famiglie che, a volte, non credono nel Braille come investimento imprescindibile di cultura, autonomia e manualità, considerandolo obsoleto, superato dalle moderne applicazioni informatiche.

Ad una certa età acquisire, per quanto si può, il Braille rappresenta anche un motivo di fiducia e autostima dovendo fare i conti con una disabilità progressiva e, magari, improvvisa.

Come è vero che talune persone che perdono la vista da anziani riescono ad utilizzare con buon profitto le tecnologie touchscreen, così risulta altrettanto vero che il Braille non costituisce un confine invalicabile e anagraficamente incontrovertibile. Allenare il tatto costituisce comunque motivo di riscatto sociale e personale, sentendosi parte di una realtà sì disagiata ma con risorse da sfruttare, in una condizione in cui l’autonomia personale resta una priorità ed un obiettivo inconfutabile anche nelle piccole cose come saper interagire, seppur minimamente, con quella grande rivoluzione culturale che ancora oggi il Braille rappresenta.

Inoltre, la continuità di un sapere e la sua applicazione personale è il giusto riconoscimento ed il più alto esempio valoriale che si possa riservare ai nostri padri che tanto hanno dato per la nostra categoria e per il suo affrancamento sociale.

Ritroviamoci, è necessario, di Michele Corcio

Autore: Michele Corcio

Mie modestissime, forse insignificanti riflessioni che sottopongo all’autorevole valutazione del Presidente e dei Componenti la Direzione Nazionale di IAPB Italia ONLUS.

Caro Presidente, cari tutti.

Il mio, non è solo l’auspicio a ritrovarci nuovamente a Roma, stringerci la mano, abbracciarci, scambiare battute (che pure sarebbe un grandissimo piacere dopo mesi di forzata separazione), ma è soprattutto un vivo e sincero desiderio di recuperare il tempo perduto, con l’entusiasmo e la passione che ha sempre caratterizzato il nostro agire per il bene comune e per la tutela della vista.

Durante questi mesi di isolamento in casa, ho molto riflettuto su tutte le nostre vicende, personali ed associative, stimolato in ciò anche dalla nuova fatica del nostro Prof. Filippo Cruciani, che ho avuto l’onore di leggere in bozze, e che ripercorre, con la forza dei fatti storici e dovizia di riferimenti documentali, le storie parallele, e sovente convergenti, dell’oftalmologia e della tiflologia sin dagli inizi dell’Ottocento. La lettura di questo interessantissimo lavoro, infatti, meritevole di pubblicazione e diffusione, non può lasciare indifferenti e molti sono gli spunti di riflessione che esso suscita, perché numerosi sono stati gli eventi che hanno visto, per la prevenzione delle patologie oculari, illustri oculisti italiani fianco a fianco di illuminati Direttori di istituti per ciechi e successivamente, con la nascita dell’Unione Italiana dei Ciechi, di indomiti e lungimiranti leader associativi. E felice sintesi dei comuni intenti fu, agli inizi del Novecento, la Rivista “Tiflologia e igiene oculare”, ben presto divenuta “Tiflologia e prevenzione della cecità”. Capitolo dopo capitolo, il Prof. Cruciani evidenzia i notevoli risultati clinici e sociali conseguiti grazie alle azioni sinergiche di oculisti e rappresentanti di organizzazioni di e per ciechi. Indispensabili sinergie, che, dalla costituzione della Sezione Italiana dell’Agenzia Internazionale per la Prevenzione della Cecità, hanno permesso di tessere quella tela di rapporti scientifici, sociali ed istituzionali, che ha portato a conseguire negli ultimi decenni importanti e fondamentali Leggi per la prevenzione e la riabilitazione visiva.

Ritroviamoci! Per riprendere a tessere insieme quella bella tela che si è sfilacciata in qualche punto, ma che è ancora ben robusta e di notevole qualità, sempre più riconosciuta e apprezzata da istituzioni e privati cittadini. Quella robusta tela dove l’ordito è costituito dalle aree strategiche individuate e definite dalla Direzione Nazionale nel dicembre del 2017 (Informazione e Prevenzione; Ricerca, Formazione e Sviluppo; Gestione e risorse umane; Promozione e coordinamento dei Servizi di riabilitazione visiva; Comunicazione; Fundraising), e dove la trama è costituita dalla molteplicità delle attività annualmente messe in campo per la tutela della vista, tra le priorità dei piani nazionale e regionali di prevenzione e di riabilitazione.

Ritroviamoci! Perché è necessario implementare le attività dell’organizzazione a cui nel 1977, meritoriamente, hanno dato vita la Società Oftalmologica Italiana e l’Unione Italiana dei Ciechi. E’ necessario affrontare insieme le molte sfide del presente e del futuro, con l’indispensabile competenza scientifica della SOI e con la diffusa presenza territoriale dell’UICI. Ci restano pochi mesi per adeguare il vigente Statuto di IAPB Italia al Codice del Terzo Settore e l’occasione potrà essere utile per apportare anche altre modifiche che, insieme, riterremo opportune. In questi ultimi anni, grazie all’azione corale di tutti, inclusi Dipendenti e Collaboratori, IAPB Italia ONLUS non solo ha saputo conservare ed accrescere i contributi di Legge per le proprie finalità istituzionali, ma ha conquistato crescente credibilità nazionale ed internazionale ed ha anche creato non poche aspettative, che non possono essere disattese.

Ritroviamoci. Perché abbiamo tutti il dovere di salvaguardare il patrimonio di esperienze e competenze professionali maturate da IAPB Italia in tanti anni e continuare a metterle quotidianamente al servizio dell’interesse comune per la tutela della vista, quale inestimabile prezioso bene che garantisce ad ogni persona autonomia e indipendenza.

Nel suo messaggio per la Festa della Repubblica di quest’anno, il Presidente Mattarella ha rivolto a politici, cittadini ed Istituzioni un accorato appello ad essere uniti e coesi per superare l’emergenza epidemiologica e tornare a crescere come Paese. Questo autorevole appello, io credo, valga anche per ritrovare la nostra unità come Direzione Nazionale, perché IAPB Italia, nel suo insieme, possa andare sempre più lontano.

Catania – L’estate 2020 della Sezione UICI, di Anna Buccheri

Autore: Anna Buccheri

Anche quest’anno le stagioni si succedono, come gli altri anni, come sempre, in un tempo strano che ci ha costretti ad altre abitudini, ad assumere altri modi di affrontare le cose e di stare con gli altri, in una straniante e insolita modalità che ha un nome orrendo: distanziamento sociale.

E l’estate è il tempo delle vacanze e del divertimento, e non solo. L’estate può essere il tempo dell’isolamento, della solitudine: negozi che chiudono, gente che parte, orari ridotti.

La sezione UICI di Catania è riuscita e riesce ad essere vicina e di sostegno ai Soci e alle Socie, anche al tempo del Coronavirus.

La Consigliera decana Carmen Romeo e la neo-eletta Giovanna, Jenny, Cangemi hanno organizzato e trovato il modo di dare a questa estate lo spirito giusto di tempo condiviso, di allegria e di divertimento.

Carmen Romeo, in qualità di Coordinatrice della Commissione terza età, ha proposto per piccoli gruppi di 6-7 persone più un paio di ragazzi del Servizio Civile la granita ogni venerdì mattina a partire da venerdì 28 agosto e per tutto settembre ad Aci Bonaccorsi, paese a 365 metri sul mare, sulle ultime propaggini del versante sud-orientale dell’Etna, che si affaccia come un balcone naturale sul mar Ionio.

Al fresco, all’aperto e nel pieno rispetto delle regole dettate dal Coronavirus, un primo gruppo di partecipanti sotto gli alberi il 28 agosto si è goduto il fresco e quel meraviglioso dono che ti concede il tempo lento e sereno, non pressato da impegni improrogabili e scadenze, quando puoi vivere ogni attimo gustandotelo in pace e tranquillità con una granita e una brioche e in compagnia di amici.

Jenny Cangemi ha invece organizzato l’andata al mare per piccoli gruppi sfruttando gli ingressi che la Sezione UICI di Catania tradizionalmente acquista per la stagione balneare fino a metà settembre al lido Le Palme, lungomare di Catania, la cosiddetta Playa, sabbia dorata e fine, con la possibilità di pranzare con un piccolo contributo da parte del Socio. Un giorno è stato riservato esclusivamente ai giovani.

Peraltro il lido Le Palme ha in dotazione la sedia Job che il primo agosto 2019 il Presidente dei Lions Acitrezza Verga, Mario Seminara, ha consegnato alla Presidente UICI di Catania, Rita Puglisi, nella sede UICI catanese e che consente alle persone con disabilità motorie di accedere in tutta sicurezza alla spiaggia e di entrare in acqua e poter così fare il bagno in mare come tutti, dal momento che la sedia Job va in acqua e galleggia come un salvagente.

In Sezione inoltre sono proseguite le attività: di ginnastica dolce e di teatro per la terza età (Corso IRIFOR Sicilia per la terza età) rispettivamente con l’insegnante Giorgia Bucisca e con l’attrice e regista Tiziana Giletto; di ginnastica per over 35 con l’insegnante Giorgia Bucisca; di teatro per i ragazzi con l’attrice e regista Tiziana Giletto; di stimolazione basale e di attività motoria per bambini (Corso IRIFOR Sicilia Intervento precoce bambini 0-6 anni) rispettivamente con la dottoressa Dora Messina e con la dottoressa Alessia Puglisi.   

Le attività di ginnastica e di teatro si svolgono in terrazza, quelle di stimolazione basale e di psicomotricità per i bambini in giardino, in sicurezza e nel rispetto delle regole di distanziamento previste per il Coronavirus, in quattro giorni alla settimana dal lunedì al giovedì e vedono impegnati piccoli gruppi di 5 partecipanti alla volta. 

Un’altra esperienza significativa e importante, una “sfida” ai pregiudizi e ai limiti, è stata “Scaliamo la vetta”, gita ai crateri sommitali dell’Etna, prevista all’interno del  Progetto IRIFOR Sicilia Gioco la mia parte per i ragazzi non vedenti della provincia di Catania, il 24 agosto 2020. Il Progetto prevede un’altra gita per un secondo gruppo di ragazzi alle Gole dell’Alcantara con percorso in canoa.

I ragazzi, di età compresa tra i 13 e i 16 anni, sono: Carmelo Colletta, Francesco Licandro, Valerio Messina, Matteo Panebianco. Li hanno accompagnati: Nando Sutera (Tiflologo del Centro di Consulenza Tiflodidattica di Catania e Coordinatore del Progetto), Luca Cosma (Guida alpina), Rosario Calcagno (Esperto della flora e dell’ambiente del vulcano), Elisabetta Sapuppo (Pedagogista e Assistente alla comunicazione, collaboratrice della Sezione UICI di Catania) e Federico Grasso (che collabora con la Sezione UICI di Catania dove ha svolto il Servizio Civile).

«Abbiamo fatto una cosa indimenticabile» dice Carmelo, 16 anni cieco assoluto, «è stata un’esperienza che la stragrande maggioranza dei nostri coetanei non fa per paura, pigrizia o disinteresse. Abbiamo raggiunto i crateri sommitali del Vulcano, il più alto del continente euroasiatico, siamo saliti sul tetto della Sicilia».

In una prospettiva di esperienza globale, olistica e sinestesica le parole di Nando Sutera rivelano: «Sentiamo ancora la polvere della lava sulla nostra pelle, la fatica del camminare sulla pietra lavica, l’odore acre dello zolfo e di altri minerali, sentiamo ancora sulle nostre mani il vapore caldissimo che fuoriesce dalle piccole fenditure che si trovano lassù, sentiamo ancora il senso di libertà che abbiamo provato quando siamo arrivati sul tetto della nostra meravigliosa isola…».

Elisabetta Sapuppo racconta del confronto con Francesco Licandro, prima della partenza, del timore di fare un percorso noioso e faticoso sotto il sole e sulle pietre, per scoprire poi che invece vale la pena, che ci si viene a trovare in un ambiente fresco, gradevole.

L’orario di partenza ha dato la possibilità di sperimentare insieme la colazione presto, per un viaggio lungo come durata e breve nella percezione delle proprie emozioni, tutto scorreva veloce perché si stava bene.

Si è provata una fatica che è anche soddisfazione, si è vissuta la sosta con gli altri (escursionisti, guide) che ti danno del tu, sono estranei con cui si crea un clima di familiarità tipico della gente di montagna, si è scoperto un doversi affidare reciproco, in uno spirito di amicizia, solidarietà, fiducia, è stata la rivelazione di un’umanità che si sostiene reciprocamente, derivandone un senso di appagamento.

Il gruppo ha funzionato da rete, da contenitore, da propulsore di energia, ci si è sentiti spronati e sostenuti vicendevolmente.

Gioia, condivisione, quasi un percorso spirituale, stare insieme avendo un obiettivo comune, una meta da raggiungere, ha riassunto così l’esperienza Elisabetta Sapuppo.

Ma un Congresso è solo questione di numeri?, di Giovanni Taverna

Autore: Giovanni Taverna

Ho letto con sommo interesse l’articolo di Mario Mirabile comparso su questo quotidiano; ne ho tratto motivi di condivisione ma anche qualche brividino. Dal punto di vista del noto principio “una testa un voto”, il suo discorso non fa una grinza, neppure un plisset: sulla base dei suoi numeri le piccole sezioni hanno una rappresentanza dei soci ampiamente sopravvalutata . A colpo d’occhio, pardon, d’orecchio, mi colpisce un poco che non venga proposto alcun correttivo, ma questo potrà essere trovato proseguendo la discussione. Il  quesito che mi provoca i brividini è invece su tutt’altro piano: il Congresso è  solo una questione di numeri? Messa così la domanda , potrei risultare non particolarmente presente a  me stesso, dato che tutti mi direbbero che ovviamente qualsiasi consesso democratico si basa sui numeri e se i numeri non rappresentano perfettamente il corpo totale si possono avere squilibri e  storture. Fin qui tutto bene, entro certi limiti sono totalmente in sintonia con questa visione. I limiti ai quali accenno non so se stiano a lato, sopra o sotto la questione e spero di riuscire a spiegarmi con soddisfacente chiarezza. Se l’unico compito del congresso fosse elettorale, il problema posto da Mario avrebbe una soluzione draconiana: raddoppiare la rappresentanza delle sezioni più grandi o dimezzare la rappresentanza delle sezioni piccole; ambedue le soluzioni foriere di qualche conseguenza forse indigeribili dal corpo associativo: il raddoppio delle rappresentanze porterebbe a congressi ancor più elefantiaci dei presenti, con gli aggravi di spesa e le difficoltà organizzative derivanti. Ma comunque, con un po’ di sacrifici magari sarebbe affrontabile. La riduzione alla metà della rappresentanza delle piccole sezioni potrebbe invece causare traumi più massivi con conseguenti mal di pancia generalizzati. Ma anche qui un consiglio nazionale votato al suicidio potrebbe adottare la misura, dato che con i congressi composti come ora alla votazione congressuale una proposta del genere passerebbe difficilmente. Ora arrivo al centro del discorso; il Congresso non ha solo una funzione elettorale, ma anche una funzione di creazione o modificazione di norme della vita sociale e la programmazione delle linee guida delle attività globali dei cinque anni successivi. L’approvazione di norme e linee è  certo sottoposta al principio di rappresentanza numerica ma non solo a questo, almeno a mio parere. Chi ha responsabilità dirigenziali nazionali e regionali sa benissimo quanta strada ci sia ancora da fare per ottenere omogeneamente in tutto il territorio nazionale una applicazione puntuale delle regole e una altrettanto puntuale persecuzione delle linee guida stabilite da un congresso; tutto questo non è  frutto di una generalizzata impreparazione della dirigenza territoriale, che pure in parte è reale, ma deriva anche in gran parte dalla condivisione piena e sentita delle regole e delle linee guida; chi le approva fino ad un certo punto o le ritiene pleonastiche, confuse o non adattabili alla realtà locale tende a svicolare; è fin troppo ovvio affermare che regole e linee saranno tanto più applicate fedelmente e precisamente quanto più la loro formulazione sarà stata condivisa da tutte le realtà anche quelle piccole o minime. Quindi una riduzione sostanziale della presenza congressuale di 66 sezioni temo porterebbe con se il rischio di abbassare la soglia di condivisione delle regole e delle linee guida sotto una soglia pericolosa, causata proprio dalla mancata partecipazione alla loro formulazione.Temo quindi che la soluzione al problema posto da Mario si riduca all’aumento di quasi il doppio delle rappresentanze delle grandi sezioni, se ce lo possiamo permettere dal punto di vista economico. Mi permetto di aggiungere un ulteriore motivo di riflessione su un tema affine; in ogni modo, nelle condizioni attuali, anche una proporzione uniforme tra rappresentanti congressuali e soci sarebbe reale e democraticamente pesante  se le assemblee sezionali non raggiungessero certi numeri? O se questi numeri fossero troppo bassi il problema del rapporto democrazia  versus numeri rappresentati  non sarebbe ugualmente falsato? Tra epidemia e il resto i numeri di questa tornata assembleare potrebbero non avere un valido valore statistico, ma andrà valutato attentamente il risultato dei mezzi che sono stati messi in campo per aumentare i numeri delle presenze assembleari, cioè le assemblee on line e il voto informatico, ma se non riusciamo ad apportare mutamenti sostanziali a questa situazione temo che anche con tutti i bilanciamenti congressuali possibili lo squilibrio della rappresentanza non sarà realmente superato alla radice.

Vera o finta democrazia: cosa vogliamo fare nei prossimi anni?, di Mario Mirabile

Autore: Mario Mirabile

Prima di entrare nel merito dell’articolo, è doveroso da parte mia fare alcune di precisazioni per sgomberare il campo da ogni equivoco:

  1. mi permetto di esprimere la mia opinione, perché credo nel ruolo fondamentale che il nostro sodalizio ha avuto, ha ed avrà per tutti i disabili visivi italiani;
  2. non ambisco ad alcun incarico nazionale, né intendo muovere critiche alla Presidenza e alla Dirigenza attuale, ma voglio soltanto condividere alcune riflessioni, a mio parere molto importanti, atte a stimolare la discussione in vista dell’imminente congresso in cui dobbiamo mettere le basi per il prossimo quinquennio e non solo;
  3. avendo partecipato ad assemblee di altre associazioni storiche, sono fermamente convinto che la nostra associazione è una delle poche in cui i soci possano con il proprio voto, contribuire alla scelta dei quadri dirigenti, sia a livello locale, sia a livello nazionale, ma al contempo credo che qualcosa nel nostro statuto in tema di rappresentanza debba essere assolutamente rivista;
  4.  non intendo fare la guerra alla piccole sezioni, ma voglio soltanto rappresentare la necessità delle sezioni con un maggior numero di soci di avere maggiore considerazione.

Qualche mese fa, ci è stato inviato l’elenco numerico degli associati al 31 dicembre 2019: 38.901 disabili visivi che al 31 dicembre 2019 risultavano essere iscritti all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti. Non voglio addentrarmi in discussioni finalizzate a ricercare le motivazioni da cui deriva questo dato, ma è fuor di dubbio che il numero è di gran lunga inferiore rispetto ai 120/130 mila individui che percepiscono una indennità dall’INPS. Un numero ancora più scarno, se si considerano i numeri degli Ipovedenti di cui, teoricamente, la nostra associazione dovrebbe farsi carico. In virtù di alcune scelte portate avanti in questi ultimi anni dalla dirigenza nazionale, vedi criteri di ripartizione del fondo sociale,  e in vista del prossimo congresso, sento l’esigenza di soffermarmi su alcuni dati. Nel nostro sodalizio ci sono 66 sezioni con meno di 300 soci ciascuna, tra queste 13 sezioni hanno addirittura meno di 100 soci ciascuna, che, in totale, hanno n. 11.508 soci effettivi. Dette sezioni, in base alle disposizioni statutarie attualmente in vigore, esprimono n. 132 delegati al congresso. Ci sono invece n. 8 sezioni che hanno più di 1.000 soci ciascuna, che, in totale, hanno 10.809 soci effettivi. Dette sezioni, in base alle disposizioni statutarie attualmente vigenti, esprimono n. 34 delegati al congresso.  Tenendo conto del dato appena enunciato, credo che sia palese un vero e proprio difetto di rappresentanza democratica. Volendo giocare un po’ con le statistiche, un delegato eletto in una sezione con meno di 300 soci al congresso rappresenta in media n. 87 soci; mentre un delegato eletto in una sezione con più di mille soci ne rappresenta in media 317. A tutto ciò si aggiunga il fatto che i presidenti regionali sono membri di diritto in quanto consiglieri nazionali. Dunque le piccole regioni possono contare su un ulteriore delegato che fa aumentare ancora di più il divario e il difetto di rappresentanza delle realtà più grandi. I numeri appena citati, ovviamente, creano difetti di rappresentanza anche nei consigli regionali. Anche in questi organismi, infatti, con le regole attuali, minoranze organizzate diventano maggioranze. Spero che da queste poche righe possa avviarsi una discussione profiqua atta a correggere eventuali difetti dello Statuto e rendere la nostra Grande Associazione più democratica nel vero senso della parola.

Ad un passo dalla nuova stagione, di Luisa Bartolucci

Autore: Luisa Bartolucci

Con due affollate puntate di Slashbox estate, che hanno avuto quali protagonisti unicamente dirigenti e curatori delle nostre rubriche e gli ascoltatori che ne hanno avvertito il desiderio, si è conclusa la stagione 2019-2020 di Slash Radio Web, la radio dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus Aps. È trascorso un anno con una velocità incredibile, forse perché anche estremamente denso di avvenimenti, episodi e, per la nostra radio, di tante novità. Abbiamo ripreso le dirette a fine agosto 2019, sapendo che avremmo avuto davanti una stagione impegnativa, quella che ci avrebbe condotti al centenario della nostra associazione ed al Congresso. Abbiamo quindi iniziato a lavorare alacremente, desiderosi, come sempre, di dare il massimo e di coinvolgere il maggior numero di ascoltatori nelle nostre attività e trasmissioni, riprendendo il consueto palinsesto, arricchendolo di volta in volta, di mese in mese con nuove rubriche. Ma proviamo ad andare con ordine.

Il 18 di settembre abbiamo festeggiato insieme a molti ascoltatori, alcuni dei quali sono venuti anche a trovarci in sede, lo slash radio Day, una sorta di rinascita, di rimodulazione della nostra emittente, che ha avuto luogo dal 2016. È piacevole e emozionante avere gli ascoltatori in sede, che si conoscono e incontrano spesso per la prima volta, che dialogano tra loro, che si alternano ai nostri microfoni, che condividono con noi bei momenti, fatti di chiacchiere, di confronto, di racconto. In genere sono ascoltatori di Roma, ma non di rado sono venuti a trovarci anche da altre regioni e questo ci ha ancora più inorgogliti, perché hanno dovuto viaggiare, hanno proprio scelto di venire da noi. A chi non farebbe piacere? È stato un pomeriggio molto gradevole, arricchito dai tanti vostri messaggi. Riporto qui lo stralcio di uno scritto che Luciana Brida di Trento, una ascoltatrice fedelissima della prima ora, con noi dal 2007, anno di nascita della nostra radio, ci ha inviato per l’occasione. Così scrive: “Nella civiltà dell’immagine la radio è ancora uno strumento poderoso di diffusione di vari contenuti, perché consente ad una molteplicità di soggetti un utilizzo del proprio tempo realmente produttivo, sia che si tratti di intrattenimento o di crescita culturale”.

La compagnia dell’ascolto è, infatti, il migliore abbinamento per chi, ad esempio, viaggia spesso alla guida di un veicolo o svolge attività manuali. Ecco dunque la nostra emittente, via web o tramite la specifica app, una realtà che grazie ai vari passaggi della sua evoluzione, ha saputo proporsi in una veste completa.

Noi conosciamo i contenuti, sui quali non mi soffermo. Un aspetto che, invece, mi colpisce, anche se apparirà scontato, è l’idea di far comprendere come fra i ciechi e gli ipovedenti si possano trovare persone in grado di contribuire attivamente alla crescita di questa realtà. Lo dimostrano le svariate collaborazioni per alcune rubriche, che vengono curate in maniera qualitativamente eccellente.

Proprio con la concretezza si valorizza l’immagine del disabile visivo come persona dai molteplici interessi e dalle potenzialità che non vengono ancora riconosciute; credo che proprio questo, accanto allo spessore generale dei contenuti proposti, soprattutto grazie al lavoro dello staff di qualità di cui si avvale, sia il perno sul quale la nostra radio possa continuare a girare.

Del resto gli ospiti che si alternano durante le nostre dirette e che vengono intervistati anche in differita, dimostrano la giusta considerazione per un’iniziativa che merita, secondo me, una maggiore diffusione e conoscenza da parte di un pubblico più allargato, per questo motivo mi sento di invitare gli ascoltatori a promuovere la nostra radio nella cerchia delle proprie conoscenze, partendo anzitutto dai contenuti di qualità che sta proponendo.

Buon compleanno, dunque, e un grazie a chi rende grande Slashradio!

Altri eventi sono seguiti, così come altri incontri con piccoli gruppi di ascoltatori, in numero proporzionato alla grandezza della sede naturalmente. Proseguendo nel nostro excursus, il 21 novembre abbiamo incentrato una trasmissione sulla violenza contro le donne, con interventi davvero di livello, in vista della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne 2019 del 25 novembre. Si è trattato di un approfondimento sul tema in collaborazione con la Commissione Nazionale Pari Opportunità dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus-APS. Sono intervenuti tra gli altri: la Dirigente della Divisione Polizia Anticrimine della Questura di Torino, Primo Dirigente della Polizia di Stato dott.ssa Barbara Detoma, la Responsabile Terza Sezione Ufficio Commissario della Polizia di Stato dott.ssa Paola Fuggetta, Milena Di Gennaro (vittima di violenza), il magistrato Fabio Roia (autore del libro “Crimini contro le donne. Politiche Leggi e buone pratiche”, FrancoAngeli editore), la giornalista Marianna Aprile (autrice de “Il grande inganno”, edizione Piemme), Marisa Guarnieri della Libreria delle Donne Milano e fondatrice della Casa di Accoglienza delle donne maltrattate di Milano e l’avv. Antonella Faieta (telefono rosa). È stato un momento di dibattito di grande importanza, con testimonianze estremamente toccanti, che ha visto partecipare anche le forze dell’ordine ed un magistrato impegnato da sempre sul fronte della lotta contro la violenza di genere.

Siamo stati presenti con Chiara Maria Gargioli e Renzo Giannantonio in qualità di intervistatori, commentatori ed audiodescrittori al Premio Braille, tenutosi presso il Teatro Quirino. Il 5 marzo è andato in onda, come ogni anno, l’ormai classico ed immancabile “Meeting dei lettori di Kaleidos”, giunto alla sua XII edizione, l’ultimo evento che ha portato ascoltatori nella nostra sede, poiché subito dopo è sopravvenuto, purtroppo, il lockdown. Anche questa edizione del Meeting, organizzato come sempre dalla Commissione Nazionale Pari Opportunità, ha avuto un grosso successo, suscitando interesse nel numeroso pubblico che lo ha seguito. Il 20 di marzo su idea e sollecitazione della Presidenza nazionale, a lockdown appena iniziato si è dato vita ad un pomeriggio incredibile, che ha visto la partecipazione di numerose personalità del mondo dello spettacolo, della cultura, della letteratura, della radio, della televisione della musica. Questo importante momento che ha riunito una miriade di persone intorno alla nostra associazione e alla nostra Slash radio web è stato trasmesso anche dal canale del MIBACT ed ha avuto ascolti elevatissimi. Abbiamo ovviamente mandato in diretta eventi e riunioni istituzionali, cercando di dare diffusione al maggior numero possibile di manifestazioni, convegni ed altro, come è nella nostra migliore tradizione.

Ma veniamo alle novità e alle rubriche, che con i mesi sono aumentate esponenzialmente, le citerò in ordine sparso, seguendo un po’ il nostro palinsesto.

Slash sport: abbiamo voluto dedicare ben due rubriche allo sport, una mensile ed una settimanale, questa ultima con i risultati, i commenti e i dettagli su campionati, gare e tornei, che hanno visto protagonisti i nostri atleti e cultori dello sport. La rubrica, nello specifico è stata curata da Hubert Perfler coordinatore della Commissione di settore e dal referente Ciro Taranto e condotta dal nostro Renzo Giannantonio. Dalla collaborazione con Hubert e Ciro e da molte richieste è nata una nuova opportunità durante il periodo della pandemia, quella di utilizzare la radio affinché gli ascoltatori e tutte le persone interessate fossero posti in condizione di svolgere esercizi ginnici, in un periodo piuttosto critico, in cui non si poteva uscire, né recarsi a fare attività fisica. È stato un vero successo e, naturalmente, stiamo proseguendo l’esperienza. Vi è una ulteriore novità: grazie all’interessamento di Hubert Perfler a partire da settembre Slash Radio Web manderà in onda i gran Premi di Formula1 con una speciale descrizione, maggiormente dettagliata ed accurata. Se l’esperienza riuscirà verrà esportata anche in altri paesi europei e non solo. L’iniziativa vedrà collaborare Slash Radio web, l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS APS, ovviamente, e un club della Ferrari sito a riga.

I.Ri.Fo.R. informa. Ogni secondo martedì del mese è andata in onda una trasmissione realizzata in collaborazione con l’I.Ri.Fo.R, Istituto per la Ricerca, La formazione e la riabilitazione, finalizzata a portare a conoscenza del maggior numero di persone tutte le attività alle quali l’istituto, emanazione della nostra associazione, ha dato e continuamente dà vita. Il programma ha visto la partecipazione attiva, tra gli altri di Massimo Vita e Carmelo Gurrieri.

Uicicom: è proseguita ed è divenuta una interessantissima realtà la rubrica Uicicom. Abbiamo voluto strutturarla in due puntate a settimana: una prima trasmissione in onda il mercoledì, in cui abbiamo dato notizie su tutto ciò che avviene sul territorio, sia a livello regionale che provinciale, con interviste approfondimenti e molto altro, oltre ad informare relativamente alle iniziative della Presidenza nazionale, anche attraverso la lettura dei diversi comunicati. La trasmissione del venerdì, invece è stata un vero tour attraverso tutte le sezioni provinciali ed intercomunali, nonché i consigli regionali del sodalizio. Terminato questo incredibile viaggio, abbiamo realizzato un cofanetto che è stato inviato a chiunque ne abbia fatta richiesta e distribuito nel corso di una seduta del Consiglio Nazionale. Si è trattato di una bella e completa panoramica della nostra realtà associativa. Uicicom è stata curata prevalentemente dal nostro Renzo Giannantonio.

Scuola alla radio: la rubrica iniziata da Marco Condidorio, è stata curata successivamente dalla componente della Direzione nazionale Linda Legname, che le ha dato vita, arricchendola con le testimonianze e i contributi, oltre che di esperti e personalità del mondo della scuola e della politica, tra i quali il ministro Azzolina e il presidente del Consiglio Conte, di studenti, docenti, genitori, operatori dei CCT e molto altro. Questo appuntamento è divenuto un importante riferimento per chi si occupa di scuola. Il programma è stato condotto e curato sotto il profilo redazionale dalla nostra Chiara Maria Gargioli.

È continuata la produzione e messa in onda in assoluta diretta degli appuntamenti mensili con i componenti della Direzione Nazionale, dialogo con la Direzione, mentre, soprattutto nel periodo del lockdonw, “Chiedi al Presidente” è divenuta rubrica con cadenza settimanale, onde far sentire la vicinanza della nostra associazione e, in particolare del Presidente, a tutte le persone cieche ed ipovedenti, che numerose hanno contattato Mario Barbuto per informazioni, richieste, consigli e anche solo per scambiare due parole in un periodo piuttosto duro per tutti.

Scodinzolando: sono tornate le amiche che curano Scodinzolando, il programma dedicato alle nostre guide a quattro zampe, Elena Ferroni e Irene Balbo.

Anche questa rubrica durante il lockdown ha avuto un ulteriore spazio, con cadenza settimanale, finalizzato a spiegare come mantenere attivi i nostri quadrupedi. Il titolo che chi cura Scodinzolando ha voluto dare a questo ulteriore momento di comunicazione è stato: Scodinzolando con il Covid.

Anche la tecnologia ha avuto spazi importanti: oltre a Nunziante Esposito e Giuseppe Fornaro, rispettivamente Coordinatore e referente della Commissione nazionale Ausili e tecnologie, che ogni mese e, al bisogno, anche più di frequente, si sono messi a disposizione dei nostri ascoltatori per rispondere a quesiti e fornire loro informazioni preziose, Marino Attini ha curato per conto dell’INVAT l’interessante rubrica Orizzonti Multimediali, di grande successo.

Importante spazio è stato dato anche alla musica, Renzo Giannantonio e Antonio Quatraro sono stati i conduttori di Musical-mente, un programma volto ad evidenziare talenti tra persone cieche ed ipovedenti, oltre a discutere delle diverse problematiche che può incontrare un cieco e/o un ipovedente che intraprenda lo studio della musica, o una carriera conseguente.

SlashMusic: il nostro socio Giuseppe Voci ha curato, in maniera encomiabile, una rubrica mensile, nella quale ha analizzato di volta in volta, i più interessanti esponenti della musica italiana e/o straniera, realizzando delle vere e proprie monografie molto apprezzate.

Slashtunes: il nostro ascoltatore Gianluca Nucci ogni quindici giorni ha allietato gli ascoltatori di Slash Radio Web con una pregevole e ascoltatissima trasmissione incentrata sulla musica internazionale, arricchendola, non solo con notizie sugli artisti e i pezzi prescelti, ma anche con traduzione dall’inglese degli stessi.

Gocce di Jazz: il pianista Filippo Visentin, sempre nostro ascoltatore e socio, ci ha proposto uno spazio settimanale di 30 minuti, dedicato al Jazz, con ascolti e contestualizzazione degli artisti e dei brani. anche questa rubrica ha riscosso un grande successo.

C’è Luce in cucina: due volte a settimana la nostra ascoltatrice, anch’ella non vedente Lucia Esposito, cura una rubrica di cucina, in cui fornisce squisite ricette e ottimi consigli per realizzarle al meglio.

Scrivono di noi: il martedì e il giovedì mattina Renzo Giannantonio e Chiara Maria Gargioli informano i nostri ascoltatori sul punto di vista dei diversi quotidiani e periodici in materia di disabilità visiva.

Ci siamo soffermati anche sul cinema, con una rubrica mensile dedicata alle audiodescrizioni, con la partecipazione di Vera Arma e Carlo Caffarella oltre che ad un programma settimanale, Grandangolo, curato dalla nostra bravissima ascoltatrice e socia Marika Giori, nel corso del quale offre a tutti gli Slashers, recensioni sulle ultime uscite cinematografiche, comparazioni con romanzi da cui sono stati tratti i film, commenti su trasmissioni e/o fiction televisive, con perizia e destrezza. Una volta al mese, inoltre, Marika approfondisce alcuni aspetti anche durante il nostro contenitore pomeridiano Slashbox.

Guida tv: ogni giorno va in onda una guida tv, nella quale offriamo anche alcune trame o indicazioni specifiche.

Teste di calcio: da diverso tempo coinvolgiamo i nostri ascoltatori amanti del calcio, o per meglio dire, tifosi, nella realizzazione di un talk, Teste di calcio, in cui gli ascoltatori si confrontano e discutono animatamente di calcio e delle loro squadre del cuore, ora da opinionisti, ora da veri e propri tifosi sfegatati.

Il simposio dei lettori: Come è noto durante Slashbox siamo soliti offrire ai nostri ascoltatori numerose presentazioni di libri di ogni genere, best-seller ma anche pubblicazioni di nicchia, intervistandone gli autori. Abbiamo pensato, però, di dar vita ad uno spazio incentrato sulla letteratura straniera. Così abbiamo chiesto alla nostra ascoltatrice e ormai amica, Rossella Lazzari, che ha un blog dedicato proprio ai libri, di curare per noi, ogni settimana, una trasmissione in cui ci propone la lettura di un romanzo di uno scrittore straniero. La rubrica è seguitissima e Rossella davvero brava, come tutti i curatori delle nostre rubriche. Così scrive Rossella in merito alla stagione 2019-2020 della nostra radio: “La stagione 2019-2020 ha confermato il trend positivo di Slash radio Web: la nostra radio sta crescendo sempre di più e quest’anno, in particolare, ha avuto un exploit non indifferente. Agli appuntamenti consueti, che pure sono risultati arricchiti, si sono aggiunte molte occasioni di socialità e condivisione. Penso ai pomeriggi con le playlist, con le colonne sonore, con i commenti al festival di Sanremo, con l’appassionante Slash quiz canzoni! Penso anche alle nuove rubriche mattutine che arricchiscono la programmazione: Raccontami, Scrivono di noi, UiciCom, Slash Sport News, ma anche la neonata e molto apprezzata Slash fitness la cui nascita è emblematica del respiro sociale di questa radio perché è seguita ad un’esigenza degli ascoltatori. E gli ascoltatori sono sempre più al centro di questa radio: basti pensare a tutte le rubriche che sono nate quest’anno, curate, appunto, da noi ascoltatori. Lo dico da tempo: la forza di questa radio è proprio il rapporto con gli ascoltatori e la possibilità di crescere insieme, consentendo a ciascuno di esprimersi in ciò che conosce ed ama. Io, per esempio, amo i libri, ho un blog e mi piace recensire e consigliare letture. Ebbene, dal 31 gennaio curo una rubrica settimanale in cui consiglio libri agli ascoltatori… e lo stesso vale per chi sa consigliare i film, la musica (italiana, internazionale, Jazz), le ricette. Noi ascoltatori ci sentiamo parte di questa radio, la radio cresce e si intercettano sempre più temi di interesse per tutti. Detto ciò, tengo a fare un ringraziamento particolare a Slash radio Web per l’immenso lavoro svolto durante il lockdown: quando ci si sente spaesati, sperduti, impreparati, si ha bisogno di punti di riferimento… ebbene voi, in quei mesi, per me lo siete stati ancor più del solito. Accendere la radio la mattina, fare gli esercizi di ginnastica sapendo che in altre case sparse per l’Italia altri stavano facendo la stessa cosa, affidarsi alla rassegna stampa come un’ancora nel bombardamento continuo delle notizie spesso contrastanti, rilassarsi o impegnare la mente in altri argomenti che non fossero il Covid, è stato fondamentale per traghettarmi fuori dal lockdown senza impazzire prima. E poi le voci: la cosa più bella ed importante è stata, in quei giorni d’incertezza, ritrovare voci familiari, quelle di Chiara, Renzo, Luisa e degli altri ascoltatori… di persone conosciute, non di ectoplasmi venuti fuori dal nulla urlante del sensazionalismo! E infine, ma non ultimo, un grazie infinito ai fonici che, tra telefonate, ospiti, quiz, rubriche, montaggi vari, collegamenti skype, musica e chi più ne ha più ne metta, davvero, fanno un GRAN lavoro. Perciò, quest’anno più che mai, grazie, grazie, grazie Slash radio Web… grazie a tutti noi. All’anno prossimo… anzi, a fra poco!”.

Approfondimenti: abbiamo poi dei momenti di approfondimento, generalmente mensili, dedicati a diverse specialità. Ci occupiamo di Moda, con la collaborazione della stilista Stefania Cavalieri e di Gianluca Peverada, esperto in calzature e non solo; ci soffermiamo sulla naturopatia grazie ai consigli della naturopata Federica Fiano, anch’ella nostra socia; di particolare spessore l’approfondimento mensile dedicato alla psicologia, curato dalla dott.ssa Chandra Massetti, la quale interloquisce e si confronta con altri esperti del settore. Sono stati affrontati numerosi argomenti di grande importanza per la vita di tutti e, anche, in particolare, per la quotidianità di ciechi ed ipovedenti.

Sono continuate ad andare in onda le rubriche: Almanaccando, Raccontami, curate dal nostro gruppo di lavoro; il meteo, l’oroscopo, spotlight, la nostra rassegna stampa, nel corso della quale ogni giorno viene approfondito un argomento con ospiti e, soprattutto, giornalisti di chiara fama; un libro al giorno, curata dal centro Nazionale del Libro Parlato e il Giornale radio del sociale. Da rimarcare anche la rubrica Classic rock On Air, rubrica musicale curata da Renato Marengo.

È proseguita la collaborazione con il MIBACT e sono andate in onda anche nel corso di questa stagione le nostre ormai consuete conversazioni d’arte. Nel periodo del lockdown, poi la nostra offerta è stata arricchita grazie al Museo tattile statale Omero, che ha curato una interessantissima rubrica settimanale dal titolo “Toccare l’arte alla radio”, che ci ha accompagnati fino a quasi tutto il mese di giugno e che ci auguriamo di riprendere quanto prima.

Non sono mancate le puntuali relazioni sui lavori della Direzione nazionale del sodalizio, curate dal nostro Eugenio Saltarel. Sempre Renzo Giannantonio ha curato una rubrica incentrata sulle attività delle Commissioni Nazionali e sui gruppi di lavoro della nostra Associazione.

Durante il periodo del lockdown vi sono stati anche dei musicisti che ci hanno allietato con la loro arte: l’eccellente Massimo Tagliata, fisarmonicista di notevole spessore e la nostra strepitosa Silvia Zaru, cantante e pianista. Anche Filippo Visentin ci ha fatto dono di una performance live, di estremo interesse.

Non sono mancati anche i momenti ludici: abbiamo realizzato il I torneo di SlashQuizCanzoni, che ha visto la partecipazione di numerosi concorrenti. È stato divertente ed avvincente insieme. La finale è stata tutta al maschile, tra il nostro irriducibile Gianluca Monni e Antonio Brunetti, che ha vinto il torneo e si è aggiudicato il premio, Echostudio di Alexa. Abbiamo coinvolto gli ascoltatori anche in altre minigare, la playlist più bella, e altri giochi e miniquiz. E che dire del nostro contenitore pomeridiano, la nostra scatola magica, Slashbox? Ha ospitato veramente personalità di grandissimo spessore, mai come in questa stagione, possiamo ritenerci soddisfatti. Rai2 ha realizzato due servizi sulla nostra radio web, inviando persino una troupe televisiva per le riprese; la giornalista ci ha fatto anche molti complimenti, che ci hanno indubbiamente fatto piacere.

Che dire degli ospiti, ne abbiamo avuti davvero tanti: il vincitore del premio Strega, tanti e tanti scrittori di chiarissima fama, attori, giornalisti della carta stampata, della radio e della televisione, cantanti, citiamo solo Edoardo Bennato, Eugenio Bennato, Luca Barbarossa; personalità del mondo della politica, citiamo qui il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte che, grazie al Presidente Nazionale ci ha fatto pervenire un messaggio per i nostri studenti e il ministro Lucia Azzolina. Non sono mancati neanche uomini di sport, professori universitari, medici, proprio nel periodo del lockdown. Insomma, vi è stata un’offerta molto vasta e variegata, unita ad un grande lavoro di informazione relativo al sociale e alla disabilità visiva. Abbiamo anche organizzato delle audioconferenze con i nostri ascoltatori, onde confrontarci e conoscerci meglio. Slash-Magazine è giunta sempre nelle vostre case portandovi il meglio delle nostre trasmissioni e anche nuovi contributi, tra i quali mi piace qui ricordare Le pillole di Inglese, rubrica curata dalla nostra Rosa Martellucci. Il 12 di agosto sono giunti numerosi messaggi dei nostri ascoltatori, alcuni in audio, altri su facebook, altri ancora via telefono, e-mail o sul form. A voi tutti il nostro grazie più sentito. La nostra radio non sarebbe nulla senza di voi, senza la vostra presenza, la vostra collaborazione, elementi che ci inducono ad andare sempre più avanti. Ma prima di lasciarvi con qualche contributo dei nostri ascoltatori, alcuni dei quali hanno partecipato attivamente alle nostre trasmissioni presentando insieme a noi libri, cd musicali o iniziative di grande interesse e spessore, tra i quali cito qui: Lorenza Vettor, Rossella Lazzari, Cristina Della Bianca, Monica Nolli, Ely Basone, Marino Tambuscio, Arturo Vivaldi, Carlo Piccini, Massimo vita, Antonio Quatraro, Erica Monteneri, Vincenzo Massa, ma so di far torto sicuramente a molti di cui mi sfuggono i nomi, perché sono davvero numerosi, desidero ringraziare di vero cuore per l’eccellente lavoro svolto i componenti dello staff di Slash Radio Web, Chiara Maria Gargioli e Renzo Giannantonio per la parte redazionale e i nostri tre straordinari fonici, che sanno davvero realizzare ogni nostro desiderio, con professionalità, rapidità e grande efficienza. Grazie di vero cuore a tutti, come un ringraziamento desidero rivolgerlo ai curatori delle nostre rubriche, che profondono grande impegno, perizia e professionalità a titolo di assoluto volontariato.

Ora alcuni contributi:

Marco Trombini:

Ciao Luisa, ciao Chiara e Renzo, un saluto a tutto lo staff della radio e a coloro che leggeranno queste poche righe. Per chi come me ha avuto diverse occasioni per scrivere dei miglioramenti della nostra radio, è difficile scrivere qualcosa di diverso senza correre il rischio di incorrere nella ripetitività o nella retorica. Ogni anno però la nostra radio coinvolge nuove persone che con una notevole voglia di fare ci propongono sempre trasmissioni diverse che in poco tempo ottengono il successo dei programmi già consolidati. Questa a mio parere, sarà la ricetta che farà sempre crescere al meglio la nostra radio. Buona estate a tutti da Marco Trombini.

Monica Nolli:

La mia radio

È un pomeriggio d’estate, uno strano agosto di una strana estate, di un anno stranissimo! Come spesso accade in questi ultimi due anni, sono qui in casa sola, che attendo notizie dall’ospedale. Si sa, quando i genitori sono anziani, è routine, ma non lo è mai. Cerco di distrarmi come posso fino alle 16, quando accendo o meglio, mi connetto a Slash Radio Web. Ebbene, mi connetto proprio nel momento in cui parte la musichetta. È la sigla di Slash box, la trasmissione pomeridiana di Slash Radio Web. Oggi al microfono c’è Chiara, Che durante la settimana, si alterna con Renzo. Spesso c’è anche Luisa, direttrice e conduttrice… ogni giorno si affrontano temi ed argomenti diversi. Ci sono interviste a scrittori, c’è tanta cultura musicale, e ci sono anche i momenti istituzionali. Come è normale che sia, ci sono temi ed argomenti che mi interessano di più, altri… Un pochino meno… Ma io, anche se a volte mi distraggo, o ascolto portando avanti anche qualche altra attività manuale, le voci di conduttori ed intervistati, sono li con me. La novità di questa radio è che, non solo lei entra in casa mia, ma io entro in una grande casa, in una specie di famiglia allargata e molto variegata. Dopo due anni che frequento questa casa, sento di farne parte. non sono solo voci che ti sparano nelle orecchie informazioni e buona musica, ma attraverso le onde sonore, si percepisce tanta umanità. Ci sono momenti divertenti ed anche momenti tristi che soprattutto quest’anno abbiamo condiviso. Ci sono voci strazianti, come quella del presidente dell’UICI di Bergamo, che a marzo in piena pandemia, parlava e piangeva, pensando a tutti i morti di quella città… Per me, è stato il momento più triste… non so come Renzo, Chiara e Luisa, siano riusciti a trattenere le lacrime, forse nemmeno loro le hanno trattenuto e… Ma hanno semplicemente spento il microfono in alcuni momenti… Forse ha pianto anche Alessio, dietro il vetro… Che di solito quando ti chiama, solo con la sua voce ed il suo accento romano, ti mette di buon umore… ma fortunatamente, ci sono i momenti molto, molto divertenti. Le playlist, i quiz, e tutte le baggianate che noi ascoltatori, me compresa, tirano fuori dal cilindro, giusto per scacciare la malinconia e la pesantezza della vita… non so cosa ci sia di straordinario in questa radio, o forse, l’ho intuito. C’è un ingrediente in più, un valore aggiunto, che credo nessun’altra radio a: l’empatia. Addirittura i personaggi del mondo della cultura dello spettacolo e dello sport, che vengono intervistati, e che a volte sentiamo anche in altri contesti radiofonici e televisivi quando parlano ed intervengono su Slash Radio Web, si rilassano, e tolgono quelle tante maschere che tutti noi, e soprattutto i personaggi più famosi, indossano per rendersi appetibile al pubblico. Slash Radio Web è mia, proprio per questo. Nessuno è un ascoltatore o un personaggio, ma tutti siamo persone e come tali, siamo importanti e protagonisti. Torniamo al pomeriggio di uno strano agosto, di una strana estate di un anno… Stranissimo. Suona il telefono ed arrivano buone notizie. Mamma non verrà ricoverata e così, al termine di questo anno stressante, potrò concedermi una settimana di vacanza. Sia mai, che questa radio porti anche fortuna? Grazie sempre Slash Radio Web.

Massimo Vita:

Credo che la stagione radiofonica si possa racchiudere in tre parole: qualità, cortesia e socialità.

Irene:

Mi sono divertita un mondo con il quiz canzoni. rifatelo, è stata un’idea vincente, come quella delle telenovelas, dei caroselli. giusto parlare di cose serie, ma lecito divertirsi e farlo con molta intelligenza.

Rita:

Parlare della nostra radio non è semplice, poiché è così variegata. Ciò che a me è piaciuto tanto è questo coinvolgere tutti noi, far venire le persone nella radio, far scegliere la musica e ultimamente anche invitare quelli che lo vogliono nelle presentazioni di libri che piacciono. Non esiste radio al mondo che fa questo. poi siete sempre cortesi e pronti a rispondere ad ogni richiesta, ci siete sempre e per qualche verso una risposta a noi ci arriva comunque. spero che questa radio resti sempre così. Buone vacanze amici, perché è così che vi percepisco, siete degli amici.

Gianluca:

Peccato che il Covid ci abbia rubato la festa. Sarebbe stato fichissimo incontrarci, conoscerci e divertirci tutti insieme sotto l’egida della nostra stella, slash radio web. belle ferie per tutti.

Simona:

Voglio esprimere la mia gratitudine per questa stagione radiofonica stupenda. Una cosa per tutte l’intervista ad Oleg Mandic. Ho sentito Luisa e l’altra signora così commosse ed io vi dirò, ho pianto tutte le mie lacrime. Vi ringrazio perché in un mondo così freddo questi sono momenti di radio che molti dovrebbero aver modo di seguire.

E concludiamo con una poesia scritta da una nostra ascoltatrice da sempre, Antonella Iacoponi.

Poesia per Slash Radio, di Antonella Iacoponi

Slash Radio: un refolo di vento,

dolce e impetuoso a un tempo,

soave per l’amore, l’amicizia che reca,

impetuoso per l’entusiasmo, la forza che emana,

la propria joie de vivre,

infinito scrigno di sogni,

fruscio di foglie,

canto di un fanello in un sentiero di campagna,

melodia che si spande nella sera,

suonata da mille zufoli.

Slash Radio: una mano amica,

per rendere magico ogni istante.

Cosa altro aggiungere? Non ci resta che darvi appuntamento su Slash radio web per una nuova e ci auguriamo avvincente ed interessante stagione radiofonica.

Luisa Bartolucci

60 anni di cecità trascorsi nei 100 dell’Unione, di Carlo Carletti

Autore: Carlo Carletti

Forse l’età e i condizionamenti del Corona-virus, hanno favorito il vagare dei miei pensieri nelle vicende della mia esistenza, riportandomi anche ai ricordi dei momenti più infelici, coincidenti con l’acquisita cecità, che il tempo, mi aveva portato a credere ormai sepolti e dimenticati nel profondo dell’animo. Una fortuita pallonata sul viso durante una partita di calcio, giocata nel mese di novembre del 1960, mi aveva provocato il distacco della retina con la complicanza di emorragie in entrambi gli occhi. Trascorsi circa otto mesi nel reparto oculistico dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna, fra speranze e delusioni sull’esito delle terapie e dei necessari interventi chirurgici, sono tornato nella mia città di Pesaro, al compimento dei miei 18 anni, con la sola percezione della luce e un profondo stato depressivo. La cecità, che già conoscevo, in quanto mio fratello di 6 anni più grande era cieco dalla nascita, per un glaucoma infantile, ha evidenziato in me, inattesi problemi. la normalità, che caratterizzava la sua convivenza con la cecità, mi induceva a credere di non possedere la stessa capacita di affrontare la mia nuova condizione. Provavo enorme disagio nel percepire, che la mia angoscia per la perdita della vista, non fosse pienamente compresa da parte di mio fratello e dagli amici ciechi, che conoscevo e frequentavo. Considerando la mia nuova condizione, ormai identica alla loro, mi spronavano a seguire il loro esempio per costruirmi un futuro, che io, invece non ero nemmeno in grado di percepire possibile. La convinzione, che la mia sofferenza non fosse compresa nemmeno da coloro che vivevano la cecità, mi aveva indotto ad interrompere anche la loro frequentazione e a rifugiarmi in uno stato di totale solitudine. La nostra comune condizione di cecità, che pur aveva effetti pratici identici, era vissuta molto diversamente sotto l’aspetto psicologico e di prospettiva. Mentre mio fratello, cieco dalla nascita, viveva con la curiosità di conoscere l’ambiente che lo circondava e il senso di ogni aspetto del vedere, io vivevo con angoscia la perdita di quel senso conosciuto. Mentre lui viveva valorizzando la sua attività lavorativa, il suo impegno politico e le relazioni umane e sociali, io vivevo in assoluta solitudine l’assenza di ogni prospettiva per il futuro pensando alla perdita dell’attività sportiva, del lavoro e degli amici. Mentre lui pensava e operava per costruirsi una famiglia, e a migliorare la propria esistenza, io meditavo come poter porre fine alla mia. Le mie frequentazioni sociali si erano pressoché azzerate, in quanto gli amici si trovavano al cospetto di una persona profondamente diversa da quella conosciuta, depressa, incapace di partecipare attivamente alla vita comune. Ogni progetto e ogni azione o divertimento nei quali cercavano di rendermi partecipe, mi apparivano inadeguati alla mia nuova condizione. La totale mancanza di autostima, mi induceva a considerare forma pietistica ogni attenzione che mi veniva riservata. Le persone che frequentavano la famiglia, mi riservavano espressioni compassionevoli, mettendo a confronto l’attuale triste e penosa condizione, con quella precedente, di promettente calciatore e di disegnatore di moda per calzature. Era divenuta una consuetudine dovermi rifugiare nella mia camera, in occasione di visite di parenti o amici di famiglia, per evitare ogni possibile loro commento. Solo mia madre, ormai esperta in problemi di cecità e senza più lacrime da versare, sapeva arginare i commenti, che potevano, anche involontariamente ferire. Sapeva rassicurare tutti affermando, che se il destino e il buon Dio, hanno voluto quanto accaduto, significava che un futuro sarebbe esistito anche per me, come avvenuto per mio fratello, occupato come centralinista e in procinto di formarsi una propria famiglia. Il trascorrere del tempo, ha contribuito ad attenuare il dolore più acuto e l’esempio rappresentato dal vivere di mio fratello e degli amici ciechi, che avevo ripreso a frequentare, ha gradualmente ricreato anche in me la speranza di un possibile percorso per una nuova esistenza. Quando sono riemerso dal profondo abisso della depressione e il pensiero positivo ha ricominciato ad illuminare la mente, ho iniziato ad accettare e ravvivare qualche sopita amicizia, con la consapevolezza di aver rifiutato ogni gesto di vera solidarietà ed anche di profondo amore, che ingiustamente avevo valutato essere soltanto attenzioni pietistiche . Avevo già acquisito la consapevolezza che avrei dovuto convivere con la cecità affrontando le problematiche connesse, quando un giorno, le ombre che vedevo, cominciarono a divenire forme, che si arricchivano anche di sbiaditi tenui colori. Incerto fra sogno e realtà, ricordo di essere restato per alcuni giorni a fissare un preciso punto della finestra, cercando di individuare ulteriori segni di speranza. Gradualmente ho recuperato, anche se da un solo occhio, un piccolissimo residuo visivo, che mi ha consentito di riprovare quella meraviglia del vedere, che credevo definitivamente perduta. Nel momento della contentezza, confermato dal Prof. Caramazza dell’oftalmico S. Orsola di Bologna, che mi ha diagnosticato un modesto parziale riassorbimento dell’emorragia retinica, ho assunto con me stesso, l’impegno che quel residuo visivo, anche se piccolo, sarebbe stato un patrimonio a disposizione di tutte le persone cieche e non solo mio. Con emozione ho gradualmente ripreso ad accompagnare mio fratello e gli altri amici ciechi, fra i quali, anche il Presidente dell’Unione di Pesaro, che mi ha rilasciato la prima tessera associativa. Nel ricordo di mio fratello prematuramente scomparso, per molti anni, mi sono portato dentro molti sensi di colpa, per aver compreso le sue difficolta connesse alla cecità, soltanto quando io stesso, mi sono trovato a doverle vivere. Soltanto approfondendo l’argomento, con l’aiuto dell’amico, prof. Mario Mazzeo, studioso delle problematiche dei ciechi, ho compreso con sollievo, che da vedente, non potevo disporre degli elementi necessari per compenetrarmi nella sua condizione. Ho altrettanto compreso, che mio fratello, non avendo mai visto, non possedeva elementi sufficienti per valutare le vere ragioni del tanto dolore che io provavo per aver perduto la vista. La triste condizione, i ricordi, le esperienze e le riflessioni riguardanti la mia persona, sono sicuramente particolari per alcuni aspetti e sul piano psicologico, ma nella pratica simili a quelle di molte persone cieche, che hanno costituito e costituiscono anima e corpo della nostra Associazione. Infatti, l’Unione, capace di comprendere le difficolta e le esigenze di ciascuno, mi ha accolto, sostenuto e guidato per farmi conseguire obiettivi nuovi e possibili, compreso il posto di lavoro, rendendo la mia nuova esistenza dignitosa e positiva, tanto da poterla vivere con serenità. All’Unione e alle persone, che con immenso spirito di solidarietà, l’hanno fondata e guidata, riservo tutta la riconoscenza e la gratitudine per questa mia nuova vita, che è stata attratta dai valori umani e sociali dell’Associazione, fino a confondersi positivamente nelle sue vicende e nella sua storia. Dal 1962, ho partecipato e vissuto ogni istante della vita Associativa, ricoprendo nel tempo, incarichi ad ogni livello, fino alla Direzione Nazionale. Trasferendomi a Roma, Ho potuto conoscere apprezzare e collaborare con tutti i Presidenti e i dirigenti Nazionali, che si sono succeduti nel tempo. La loro frequentazione mi ha consentito di conoscere, apprezzare e condividere i valori umani e sociali, che hanno ispirato e sostenuto il loro solidale impegno per rappresentare con passione, forza e tanta dignità i diritti delle persone cieche. La fortuna, mi ha davvero assistito, consentendomi di conoscere, di crescere e operare, guidato da persone di altissimo valore umano, che hanno illuminato il percorso dell’Unione e il progresso sociale dei ciechi. Come in altri contesti sociali, anche nella vita associativa dell’Unione, si sono sempre svolti approfonditi confronti sulle possibili soluzioni dei problemi da prospettare alle autorità di governo, sempre finalizzate al conseguimento di migliori condizioni di vita delle persone cieche, escluse dal contesto sociale e lavorativo. Consapevole del ruolo e dei diritti, mi sono trovato ad esprimere, nel contesto associativo, opinioni anche diverse da coloro che la rappresentavano,, non tanto sugli obiettivi, ma soprattutto sulle priorità, sui tempi e sulle modalità delle azioni da intraprendere per conseguirli . Ho partecipato attivamente, fin dal 1964,quando Presidente Nazionale era Paolo Bentivoglio, alla organizzazione e al coordinamento delle manifestazioni dei ciechi nelle piazze di Roma, anche non autorizzate dalle pubbliche autorità, per sensibilizzare l’opinione pubblica, i rappresentanti dei vari Governi e dei partiti politici, estremizzando le rivendicazioni, per favorire e consentire il più alto livello di mediazione al Presidente e alla Dirigenza Nazionale dell’Unione. Scomparso il Presidente Bentivoglio nel dicembre 1965, verso il quale mi sentivo di dover solo assecondare le sue disposizioni, le rivendicazioni e le manifestazioni continuarono con il Presidente Giuseppe Fucà che l’ho ha sostituito alla guida dell’Unione. La scelta di manifestare nelle piazze, non era condivisa da tutti i dirigenti, alcuni la ritenevano disdicevole e perfino umiliante per i ciechi stessi, tanto da richiedere l’espulsione dei dirigenti del Lazio, quali promotori e organizzatori . Nel corso di una riunione del Consiglio Nazionale, nella quale venivo contestato per le esuberanti manifestazioni, il Presidente Fucà, pose fine alle incomprensioni, informando che i dirigenti nazionali dell’Unione per conseguire i positivi risultati, concernenti l’indennità di accompagno, l’aumento della pensione e la soppressione dell’Opera Nazionale ciechi civili, si sono avvalsi anche delle, non ufficialmente condivise, ma in privato sostenute, manifestazioni di piazza organizzate dai dirigenti locali, che hanno riscosso anche la solidarietà di altre componenti sociali. Nel 1978, dopo una serie di travagliate vicende connesse al ritorno dell’Unione, ad essere nuovamente una Associazione privata, il Congresso nel riconfermare alla Presidenza Giuseppe Fucà, ha anche consentito di eleggere alla Vice presidenza, l’avv. Roberto Kervin, cieco vittima civile di guerra, al quale va riconosciuto il merito di aver intuito e proposto la necessità di dover equiparare la indennità di accompagno dei ciechi civili a quella percepita dai ciechi per causa di guerra, in quanto anche se diversa era la causa della cecità, identico ne era il conseguente bisogno. Tale equiparazione fu approvata dal parlamento nel dicembre 1979, ma per renderla fruibile ai ciechi civili per la carenza dei finanziamenti, furono necessarie numerose manifestazioni di protesta, che culminarono con quella organizzata il 22 ottobre 1982, con circa mille ciechi a Roma, davanti a palazzo Chigi, sede del Governo, durante la quale, insieme al Presidente dell’Unione di Latina e Frosinone, fui tratto in arresto e condotto nel carcere di Regina Coeli, fino all’arrivo del magistrato, che ci ha liberati nella tarda serata. Anche questa manifestazione, che ad alcuni di noi organizzatori, ha comportato problemi sul piano personale, ha contribuito a far assicurare i necessari finanziamenti per l’effettiva equiparazione dell’indennità di accompagnamento. Nella vita associativa non sono mancati dissapori e contrasti sulle cose da fare e su ruoli da attribuire, che in alcune circostanze, hanno inciso profondamente e negativamente anche sui rapporti personali. Ho partecipato attivamente alla vita associativa, nel proporre, nel fare, ma anche nel subire, come ho subito, un provvedimento di espulsione dall’associazione, ritenuto ingiusto dalla totalità dei soci della mia Sezione e anche dal Tribunale di Roma. Il tempo e la vicinanza delle tante persone che con me avevano condiviso azioni e obiettivi hanno mitigato le amare delusioni. Il saldo convincimento, che il primario ruolo dell’Unione, non potesse essere oscurato e mitigato, nemmeno dai comportamenti errati dei suoi dirigenti, ha accompagnato me e molti altri ciechi, anche nella migrazione in altre associazioni. Dopo 16 anni, fortemente sollecitato dai comuni amici, Franco Valerio e Giovanni D’Alessandro, è avvenuto il positivo incontro con il Presidente Nazionale Tommaso Daniele, che ha sancito la nostra riconciliazione, ponendo fine ad ogni possibile recriminazione e il mio ritorno, insieme a molti amici ciechi, alla vita associativa nell’Unione. Un momento veramente importante ed emozionante sul piano umano, quello della riconciliazione fra persone che si erano fortemente contrapposte e che con umiltà hanno convenuto di dover rivolgere ogni loro pensiero al futuro dell’ Associazione. Il ruolo dell’Unione, è stato di fondamentale importanza Per il progresso umano sociale e culturale dei ciechi italiani. Ha consentito loro di conseguire nel tempo, molti obiettivi nei vari settori: pensione, indennità di accompagnamento, lavoro istruzione ecc. L’impegno attuale è volto a conservare quanto acquisito, ha programmare il raggiungimento di nuovi obiettivi e nuovi diritti, rispondenti alle mutate esigenze e condizioni delle persone cieche e ipovedenti. La cecità, attualmente, colpisce in prevalenza le persone adulte, le quali possono usufruire del sostegno economico, pensione e indennità di accompagno, ma ancora non dispongono del necessario sostegno psicologico e pratico, per fronteggiare la loro nuova condizione. Penso con profondo dispiacere che ognuna di queste persone, ancora oggi, è costretta a vivere la stessa difficile e infelice condizione che ho vissuto io in tempi lontani. Nel corso del mio impegno associativo, l’attività di “Consulenza alla pari”, ha assorbito molto del mio tempo. Ricorrendo a questa positiva esperienza umana, e nel corso dell’attuale impegno, rilevo situazioni di persone che riescono in pochi mesi e con pochi incontri a ritrovare in loro stessi le necessarie risorse per ricostruire una nuova esistenza, ma rilevo anche la situazione di persone più fragili, sconvolte dal tragico evento nel quale sono incorse, che vivono la nuova condizione nello sconforto e nella profonda depressione. Alcune, soltanto dopo vari incontri percepiscono che il Consulente alla pari è persona amica, che comprende e condivide il loro stato emotivo, al quale possono aprirsi per confidare anche i loro pensieri più nascosti. Può anche accadere che alcuni confessino anche di aver pensato al suicidio, nei momenti di maggior disperazione, trovando sollievo nel sapere che tale pensiero affiora nella mente anche di altre persone che vivono la loro stessa condizione. Qualche volta è accaduto che anch’io avessi confessato di averlo pensato, senza però, riuscire ad essere sincero fino in fondo, in quanto, ho sempre tentato di sfuggire al triste ricordo di quel giorno, che giunto sul ponte della Via Adriatica, che sovrasta la ferrovia, ho trovato la persona, a me più cara, che avendo intuito l’intenzione del folle gesto, mi ha ricondotto a casa. Una triste vicenda sepolta dal complice e più assoluto riserbo, un segreto, che non so, con quanto dolore, mia madre, si è portata fino alla fine dei suoi giorni. Ripercorrendo come in un film la mia esistenza, credo che la colonna sonora possa essere attribuita di diritto al brano: “Meraviglioso”, che sembra far riferimento alla mia personale vicenda. Modugno ha lanciato quel brano nel lontano 1968, proprio in coincidenza con il mio matrimonio con Giovanna, che ci ha regalato due figli, 5 nipoti e due piccoli pronipoti, ai quali è affidata la nostra proiezione nel futuro. Penso di dover riservare tutto il mio tempo e il mio bene ai più piccoli della famiglia, per compensarli del minor tempo che mi resta da riservare loro. . Genera in me forti emozioni l’ascolto di quel brano, che mi ripropone il ricordo di un momento disperato, ma anche il ricordo di una persona speciale, che con quella sua puntuale presenza ha reso possibile il mio sereno cammino verso un mondo, che si è rilevato davvero meraviglioso . Il desiderio di ricondurre al pensiero positivo persone che vivono la sofferenza della cecità, è stato un impegno che ha accompagnato la mia esistenza. Operando a contatto con queste persone, ho potuto costatare che lo strumento della Consulenza alla pari è molto efficace. Il Consulente alla pari risulta efficace soprattutto nel promuovere il primo contatto di relazione e informazione, con la persona che ha acquisito il deficit visivo al quale, quando necessario, può far seguito, quello con lo Psicologo con specifiche competenze sulla disabilita visiva. La consulenza e l’informazione può essere estesa anche al contesto famigliare, quando manifesta difficolta nell’ affrontare le problematiche connesse alla nuova situazione. Il Consulente alla pari non offre soluzioni, ma induce la persona consultata a ritrovare in se stessa le risorse per ridefinire la propria esistenza. Credo che la Consulenza alla pari per la sua sperimentata validità, se estesa presso le strutture associative, potrebbe divenire anche una riconosciuta professione per giovani e meno giovani ciechi e ipovedenti., I Consulenti alla pari risultano essere anche Dirigenti dell’Unione più motivati, più competenti e consapevoli di dover corrispondere a nuove problematiche associative. Nonostante il mio doloroso ritorno alla cecità totale e la mia avanzata età, mi sento profondamente e doverosamente impegnato affinché l’Unione di oggi e di domani possa programmare anche attività e interventi diretti alle problematiche delle persone, che perdono la vista in età adulta, che rappresentano circa l’80% dei ciechi totali e parziali. All’Unione, che rappresenta e tutela tutte le persone con disabilita visiva, compete il difficile compito di adeguare le proprie strutture e formare i dirigenti alle nuove e più complesse problematiche tenendo conto che coloro che perdono la vista, molto spesso, si auto- condannano a quell’isolamento, che solo i consulenti alla pari hanno le maggiori probabilità di rimuovere. L’Unione dovrà promuovere e organizzare le modalità per informarle circa le loro possibilità e i loro diritti. Diffondere e donare loro almeno la prima tessera associativa, accompagnata da una semplice informativa sulle finalità dell’Unione, quale simbolo di accoglienza e appartenenza alla nostra comunità, potrebbe rappresentare uno dei momenti più significativi del ruolo della nostra Associazione. L’Unione, fin dalla sua fondazione, ha, sempre operato con generosità per raggiungere e offrire solidarietà a coloro che non la conoscevano e che non possedevano alcun punto di riferimento. Su coloro che fortunati come me, sostenuti dall’Unione hanno conseguito autonomia, soddisfacenti condizioni economiche, sociali e culturali, ricade la responsabilità di offrire il loro impegno per riorganizzarla, adeguandola alla nuova e più complessa realtà sociale.

All’Unione, che ha portato con se i miei 60 annidi cecità, in occasione del suo “centenario”, venendo meno anche al riserbo delle cose più private e mai confessate, affido, nel giorno del mio 77° compleanno, le emozioni e, i ricordi personali di una vita, costituita da grandi speranze deluse, da immensi dolori, da grandi speranze rinate, da sicurezze conseguite, da serenità ed anche da momenti di vera felicita. Per questa vita intensa, sorprendente, appagante e bella per essere vissuta con dignità, un immenso e vero grazie lo riservo alle tante persone cieche che con alto senso di umana solidarietà, illuminato e coinvolgente impegno sociale hanno, nel tempo, assicurato e assicurano l’esistenza della nostra Associazione.

Duemila più venti, uguale cento, di Sergio Prelato

Autore: Sergio Prelato

Percorro senza fretta i portici nel cuore del centro della mia città, in questa limpida mattina d’agosto. L’aria è tiepida, piacevole dopo la calura africana dei giorni scorsi.

Spazzolo con il bastone bianco la pietra dura del selciato di corso Vittorio Emanuele secondo, facendo un po’ Di rumore, il giusto, quel tanto da far spostare chi a la sventura di incrociare un retinopatico con un campo visivo ingannevole e capriccioso.

Passo davanti alla sezione territoriale della nostra associazione e procedo verso il mio obiettivo.

Attivo il secondo semaforo sonoro per attraversare via san secondo, mi dispiace come sempre notare la mancanza di percorso tattile a terra, ma purtroppo sotto i portici è difficile intervenire. Ascolto con soddisfazione il suono intermittente del semaforo ottenuto con tanta fatica, proprio sotto la sede dell’Unione.

Mentre mi dirigo verso via sacchi, noto con disappunto il groviglio di tavolini sotto il porticato, che si sono estesi come dei biscioni per molti metri, dheors concessi per la crisi post covid, limitando l’utilizzo della guida naturale. Con qualche difficoltà guadagno via sacchi, anche qui semaforo sonoro fresco fresco, a pochi metri da punti strategici per l’accesso alla stazione ferroviaria di Porta Nuova.

Attraverso la via con calma, godendomi il traffico rallentato d’agosto.

Approdo al percorso l. v. e. (loges vettor evolution) che fiancheggia la stazione così famigliare. Il comitato autonomia e mobilità che coordino, ha contribuito alla sua progettazione.

Una signora anziana con il suo bastone di sostegno mi affianca e mi supera. accelero il passo seguendo i binari del percorso e la supero a mia volta per questioni di orgoglio urbano, poi mi sento ridicolo: facile battere una persona anziana, con difficoltà ben più gravi delle mie nel muoversi. Arrivo davanti alla fermata della metro di fronte alla stazione, ma devio verso il percorso parallelo che mi porterà a prendere il 35 bus di superficie, gettando lo sguardo prima a sinistra, verso il bel giardino della stazione di piazza Carlo Felice, con le sue fontane e laghettini, poi a destra, lungo il bel porticato della stazione di testa appena restaurato.

Lancio un pensiero preoccupato all’atrio tutto transennato per creare i flussi in entrata e in uscita allestito in questa fase di emergenza Covid, sconvolgendo la logica dei percorsi che finalmente erano stati completati fin sulle banchine, su via sacchi, e davanti al giardino, con collegamenti sotterranei alla metro, dopo anni di mail, sopralluoghi e confronti con Grandi Stazioni, Rete Ferrovie Italiane e Comune di Torino.

Speriamo che il Virus molli la presa, fra i tanti effetti collaterali mi rattrista la riduzione della libertà di movimento di chi non vede.

Mi attesto sulla palina della fermata, passa un bus l’autista apre e suggerisce il numero e mi fa salire dalla porta anteriore, concessione avuta dall’azienda torinese di trasporti in deroga ai protocolli che indicano la salita posteriore.

Noto soddisfatto che la formazione sul personale sulla quale tanto abbiamo insistito, funziona. Salgo e subito constato che nonostante le numerose segnalazioni, la sintesi vocale che annuncia le fermate previste, nei nuovi mezzi Mercedes, non funziona ancora nonostante la rete G.P.S.

Il bus gira subito a destra in via Nizza, osservo dal mio sedile lo scorrere della lunga doppia pista ciclabile che ha rivoluzionato chilometri di questo tratto di città, fino in piazza Carducci.

Anche in questo caso siamo stati coinvolti nella progettazione, di percorsi tattili e semafori sonori, che servono oltre 80 attraversamenti, su 600 incroci totali: altro bel pezzo di accessibilità raggiunto.

Supero piazza Carducci e sfilo a fianco del grattacielo in costruzione nell’ex area lingotto che ormai svetta nel cielo azzurro, alto 39 piani , che accoglierà tutti gli uffici sparsi della regione Piemonte. Un percorso L.V.E. collegherà una nuova stazione metro, Italia 61, e la stazione ferroviaria del lingotto, ad un centro congressi e giardini annessi, parte integrante del grattacielo, in questo caso lavorando con il comitato regionale autonomia. Alle mie spalle alcuni passeggeri discutono, scommettendo sui ritardi della messa in opera di questo grattacielo in costruzione dal 2014. Inevitabile ripensare ai verbali, dei sopralluoghi, alle mille riunioni. Il profilo avveniristico di quest’area si sta delineando con precisione, fra il fiume Pò, la collina e il quartiere che ha abbandonato la sua vocazione storico industriale. Scendo dal bus dopo pochi isolati per fare un giro nel cantiere del nuovo capolinea della metro, Piazza Bengasi, che entrerà in esercizio forse nella primavera prossima.

Mi accoglie un architetto di Infra to., società che gestisce la metropolitana di superficie e sotterranea, con cui collaboro ormai da anni nell’impegnativa impresa di rendere la metropolitana di Torino un luogo completamente accessibile a tutti coloro che ne fruiscono in linea con il principio internazionale dell’accessibilità per tutti, codificato nelle linee guida del U.D.L. (Universal Design for Learning guidelines).

Penso soddisfatto che la fermata metro Italia 61 e quella che sto esplorando (Bengasi) le abbiamo portate a casa.

I percorsi in superficie nella grande piazza, adibita ad area mercatale al confine fra Torino e Nichelino, sono puntuali e precisi, collegano le scale della metro e l’ascensore alle fermate dei bus di superficie, agli attraversamenti con semaforo sonoro e all’area taxi adiacente, nonché ai primi edifici utili come guida naturale. Mentre parlo con l’architetto Dhebora Lamberti, una strana sensazione mi assale.

Ho percorso senza volerlo vent’anni di storia dell’accessibilità della mia città, senza contare altri cantieri e quartieri, un mosaico, un puzzle che l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ha saputo, tramite i suoi soci più impegnati, portare a termine.

I progetti in cantiere ormai sono esecutivi, i giochi nel bene e nel male sono fatti, in questa parte dell’ex capitale d’Italia. Trattative lunghe con ferrovie, regione, comune, Società di trasporti, privati, tecnici, ingegneri e architetti che rendono concrete e fruibili le norme di legge e le esperienze di anni dei cittadini non vedenti. Bel modo di festeggiare il centenario della nostra associazione.

Cari padri fondatori, ovunque voi siate, spero che tutto ciò vi renda orgogliosi. Chissà dove ci porteranno fra altri cento anni le fermate della metropolitana.