Virus, di Massimo Vita

Un giorno, Enzo Tomatis mi disse: ragazzo, potrai essere un buon dirigente se ti farai colpire da un virus molto forte. Il virus a cui lui faceva e fa riferimento è il virus dell’Unionite.

Non so se io sia stato colpito da quel virus e soprattutto non so se sono un buon dirigente ma so che l’Unione ha un posto importante nella mia vita. Molte volte sono stato tentato di lasciare l’impegno associativo ma poi non ci sono mai riuscito. Ho lasciato la tessera associativa per soli due anni e me ne sono pentito amaramente.

In molte occasioni sono stato trattato male dai dirigenti che nel tempo hanno guidato le strutture a cui appartenevo, ma la mia passione associativa non è mutata. Mi sono sempre battuto per il rinnovamento dell’associazione e sono orgoglioso di aver partecipato all’avventura di Mario fino ad oggi.

Credo che la presidenza di Mario sia stata illuminata e come tutte le esperienze può essere stata punteggiata da qualche errore, ma certamente è stata una boccata di aria nuova. Ci sarà luogo e tempo di discutere sui contenuti di questa esperienza e soprattutto ci sarà tempo per progettare il futuro.

Oggi voglio soffermarmi sugli effetti di questa tragica esperienza pandemica ma solo per quanto riguarda i suoi effetti sulla vita associativa.

Avremmo dovuto e voluto celebrare degnamente il centenario e certamente lo ricorderemo, ma soprattutto per la tragedia che ha coinvolto le nostre famiglie e la nostra comunità. Il distanziamento sociale non so quando ci permetterà di riprendere le attività ma penso che dovremo aspettare molto tempo.

Ho sentite molte ipotesi in merito allo svolgimento delle nostre assemblee territoriali, alle assemblee pre-congressuali e allo stesso congresso. Tutte ipotesi legittime e legate all’incertezza dello stato attuale delle cose.

In ogni parte del mondo si discute su come ripartire, su cosa confermare e cosa rinviare dei tanti eventi programmati e qualche volta già organizzati.

Mi permetto di avanzare una proposta:

il prossimo consiglio nazionale potrebbe decidere di prorogare tutte le attuali cariche associative e gli organi collegiali di un anno per poter ripartire con il nuovo anno in modo sistematico e organizzato al fine di permettere un compiuto, sereno dibattito che ci porti in modo ordinario e ordinato al congresso.

So bene che la mia proposta potrebbe trovare delle obiezioni in merito agli impegni presi con le strutture alberghiere, con il teatro e con lo stesso Bocelli ma penso che se si sono rinviate le olimpiadi, si possa rinviare anche il nostro congresso.

Comunque sono convinto che il presidente nazionale e il Consiglio Nazionale sapranno valutare tutti gli aspetti del problema e decidere di conseguenza.

Un’altra proposta che mi sento di fare è quella di organizzare riunioni online tematiche per aprire un dibattito sereno su:

scuola, riabilitazione pluridisabilità, lavoro e ipovisione.

Concludo con un pensiero affettuoso per quanti ci hanno lasciato a causa di questo virus assassino e per i loro familiari. Un giorno, spero non troppo lontano, potremo recarci alle loro dimore eterne per un degno saluto.

Spero che il virus che è nel nostro cervello, come dice il nostro presidente, non ci logori troppo e ci permetta di ripartire nel segno della nostra gloriosa storia.

Agrigento – Lettera aperta a tutti i dirigenti, di Innocenzo Ferraro

Autore: Innocenzo Ferraro

Durante questo periodo di emergenza sanitaria, un lasso di tempo pesante per ciascun cittadino, diverse richieste di aiuto, hanno messo allo scoperto uno squarcio, visibile alla base di quel rapporto tra dirigenti e dipendenti pubblici o privati, ad oggi oscurato dalla normale quotidianità.

In questo momento fragile, dove il subalterno dovrebbe maggiormente essere tutelato ed indirizzato verso il lavoro agile, in continuità della propria dignità lavorativa, e non dovrebbe subire disinteressatamente, azioni irresponsabili da parte del proprio datore di lavoro.

Un alternativa lavorativa, perché no, anche di pari opportunità, lo (Smart Working), oggi messo in evidenza rispetto ad un recente passato, da particolari coercizioni normative a tutela della salute pubblica.

Mi risulta, che diversi datori di lavoro, hanno immediatamente adottato le disposizioni impartite dal Governo, quella parte di amministratori ligi al proprio dovere, rendendo efficiente la macchina amministrativa.

Quella classe dirigenziale preposti a capo della pubblica amministrazione, meritevoli di ulteriore considerazione da parte delle Istituzioni, per l’attenzione e la sensibilità verso una parte di società, che quotidianamente lavora nonostante le molte difficoltà circostanziali.

Impossibile far “finta di non vedere” e di non sentire, la tutela del diversamente abile, deve essere continuamente al centro dell’attenzione, da quanti oggi occupano una posizione lavorativa dirigenziale, e dagli organi istituzionali, ciascuno con le proprie competenze.

I dirigenti pigri e latitanti, devono non aver compreso la gravità dell’attuale realtà, e delle disposizioni impartite dagli organi di Governo, in cui un giorno, li potrebbe vedere come principali protagonisti sul banco degli imputati.

Al fine di migliorare questo rapporto con la classe dirigenziale, esorto gli stessi, a premurarsi ad attivare quanto necessario per far rimanere i propri lavoratori a casa, come da D.L. Cura Italia del 17 marzo 2020 n. 18 Art. 87, ed invito gli organi di competenza ad aumentare i controlli e sanzionare il dirigente inadempiente.

Concludo, assicurando un mio continuo interesse, e mi attiverò per quanto mi sarà possibile, a monitorare particolari esigenze messi alla luce dai nostri soci.

Il componente del CDA della sezione territoriale UICI di Agrigento, Dott. Innocenzo Ferraro

Lazio – Presentazione tesi Fiorini Giada

Riceviamo e pubblichiamo:

“Presentazione
Prima di illustrare il mio lavoro, vorrei presentarmi e spiegare le motivazioni che mi hanno spinto a stendere un elaborato intitolato “Le figure professionali a sostegno della disabilità visiva” nella mia tesi di laurea magistrale in Scienze Pedagogiche.
Mi chiamo Fiorini Giada, sono un’educatrice e pedagogista, nata a Frosinone il 29/01/1995 e residente a Veroli.
Ho svolto il servizio civile Ad personam nel 2016 e, terminato tale progetto, sono diventata volontaria presso l’U.N.I.Vo.C di Frosinone, ricoprendo tale ruolo tutt’oggi.
Proprio grazie all’osservazione di un mondo a me sconosciuto, ma soprattutto all’affetto ed al legame instaurato con alcune persone non vedenti, ho capito come sia possibile sognare anche al buio. Ho imparato che spesso, noi vedenti, siamo ciechi di fronte a tante cose, mentre il disabile visivo riesce ad andare oltre, guardando tramite un organo più importante, il cuore.
La frequentazione di questo mondo mi ha spinto ad approfondire alcune tematiche, quali appunto gli ausili specifici utilizzati dai non vedenti, e l’importanza delle figure professionali come sostegno valido alla loro autonomia ed indipendenza.
Ci tenevo inoltre, a ringraziare Rita Iannarilli per aver mostrato interesse per il mio lavoro ed avermi spinto a contattare Claudio Cola, il quale ringrazio allo stesso modo per il tempo a me dedicato e per aver reso possibile tale pubblicazione.
Procederò ora all’esposizione del mio lavoro.
Scopo di tale elaborato è quello di sottolineare l’importanza e la necessità dell’indipendenza personale del disabile visivo, sia esso un bambino o un adulto. Maria Montessori infatti affermava: “Non si può essere liberi se non si è indipendenti”, in quanto libertà significa proprio poter disporre di sé, far affidamento alle proprie capacità ed abilità, senza dover essere dipendenti da altri.
Ecco che conquistare la propria indipendenza significa “arrivare a sentirsi capaci di fare da sé, di compiere un’azione utile, importante, senza l’aiuto di altri, potendo risolvere da soli i propri problemi e riuscire ad un fine difficile col proprio sforzo”.
Raggiungere l’indipendenza implica quindi conquistare anche la propria autonomia, anche se per un disabile visivo non è sempre facile. Occorrono ausili specifici da poter utilizzare e figure professionali che possano supportarlo e condurlo alla piena integrazione sociale; ma per poter raggiungere tale obiettivo, bisogna anche sapere cosa sia la disabilità visiva e cosa essa implica nel non vedente.
Ecco che, nella stesura dell’elaborato, nel primo capitolo, ho voluto riportare la definizione di disabilità visiva, termine con il quale si indica un tipo particolare di disabilità in cui il deficit consiste nella minorazione del senso della vista, minorazione che, in relazione alla sua entità, può essere caratterizzata attraverso l’utilizzo di termini specifici come “cecità” o “ipovisione”.
Ho poi delineato le cause di insorgenza di tale deficit, dividendo la disabilità in congenita quando la vista del soggetto è ridotta o mancante sin dalla nascita, ed acquisita quando il deficit insorge nell’infanzia o in seguito, a causa di malattie degenerative, traumi nel sistema visivo o altre patologie come infezioni. Mi sono soffermata ulteriormente su alcune malattie degli occhi come la cataratta, il glaucoma, la degenerazione maculare senile e la retinopatia diabetica ed ho sottolineato l’importanza della prevenzione, sostenuta anche dalla Giornata Mondiale della Vista.
Ho sottolineato l’importanza del cane guida, valido ausilio per l’autonomia e la mobilità per “chi non ha luce nel mondo quotidiano” e descritto il decalogo che occorre osservare in sua presenza; il cane guida è “un’estensione del non vedente stesso, un prolungamento del corpo. E’ chiamato a sostituire gli occhi della persona e pertanto diventa la sua chiave di accesso al mondo”.
Infine, ho posto l’attenzione sulla possibilità di compensazione del deficit visivo attraverso le altre facoltà percettive, ovvero l’udito, il senso cinestesico e l’organo dell’equilibrio, il tatto, il gusto e l’olfatto. Per un non vedente affinare tali sensi rappresenta un’ottima possibilità di compensazione per conoscere il mondo circostante, anche in mancanza della vista. Essa è certamente il mezzo più rapido, abitualmente considerato anche il più efficace, per conoscere il mondo che ci circonda e per guidare le nostre azioni e per questo motivo, finché abbiamo la possibilità di vedere, siamo poco inclini ad usare pienamente le altre facoltà percettive, quindi gli altri nostri sensi non saranno mai potenziati al pari di quelli di un disabile visivo.
Nel secondo capitolo, invece, ho voluto delineare le tappe dello sviluppo del bambino con deficit visivo e la necessità, da parte della famiglia, di “elaborare il lutto”, in quanto i genitori avevano basato sogni e progetti sull’idea di un bambino sano e di uno sviluppo normale ed ora trovano sconvolto il loro ciclo familiare e devono accettare la condizione del proprio bambino. Si passa così dallo shock e dal dolore iniziali, ai sensi di colpa e rabbia, fino ad arrivare ad una fase di “trattativa”, ovvero accettazione del problema ed elaborazione di un progetto.
Si deve anche tener conto che la dilazione di alcune tappe evolutive è ineliminabile, poiché solo con ritmi più lenti, connaturati alle caratteristiche dei sensi residui, il bambino potrà acquisire fiducia e sicurezza. Egli presenterà alcuni ritardi psico-motori, difficoltà nell’alimentazione, difficoltà nel linguaggio e nello sviluppo affettivo.
Spesso sviluppa dei tic, i cosiddetti “ciechismi”, come il ritmico dondolio, perché preferisce dondolarsi avanti ed indietro piuttosto che esplorare l’ignoto. Ciò che lo caratterizza è la “riluttanza all’azione” che consiste “in una caratteristica inerzia motoria riconducibile alla mancata possibilità di esplorare autonomamente il mondo circostante”.
Per quanto concerne il linguaggio, invece, il bambino tende ad utilizzare un linguaggio imitativo, caratterizzato da ripetizioni di frasi, che gli permette di mantenere il contatto comunicativo con l’interlocutore. I bambini non vedenti mostrano anche difficoltà nello sviluppo sociale, nelle regole dello scambio comunicativo, sono meno espressivi ed i loro comportamenti interattivi sono carenti, quindi spesso vengono isolati dai coetanei.
È importante che vi sia sempre un lavoro educativo di stimolazione sensoriale costante, la stimolazione della curiosità verso l’ambiente circostante e la motivazione delle proibizioni. Indispensabile anche l’educazione della mano che ne permette l’uso autonomo come tramite di percezione, quindi è fondamentale fornire al bambino giochi e stimoli piacevoli al tatto.
Ho poi sottolineato l’importanza dell’integrazione scolastica dei minorati visivi ed ho delineato il percorso che l’ha resa effettiva. A partire dal Regio Decreto n.3126 del 1923, che prevedeva per ciechi e sordi l’ingresso nelle scuole speciali o nelle classi differenziali, si è arrivati alla legge 118 del 1971, che formalizzava l’inserimento nelle classi comuni dei disabili, senza però abrogare le classi speciali. Si passò poi alla promulgazione della Legge del 4 agosto 1977, n. 517, che venne considerata l’atto legislativo più importante sul piano dell’integrazione, in quanto aboliva le classi differenziali e le scuole speciali ed apriva le porte della scuola a tutti.
Non potevo poi non citare la legge 104 del 92, che garantisce alle persone disabili il diritto all’educazione in ogni ordine e grado di scuola, università compresa e delinea le modalità operative da mettere in atto, attraverso tre documenti ufficiali: la Diagnosi Funzionale (DF), il Profilo Dinamico Funzionale (PDF) ed il Piano Educativo Individualizzato (PEI).
Per favorire la piena integrazione scolastica è opportuno che la didattica sia differenziata, che il disabile partecipi attivamente a tutte le attività e che vi sia collaborazione ed aiuto reciproco in classe.
Essendo io una pedagogista, ho concluso il secondo capitolo parlando della rivoluzione pedagogica di Augusto Romagnoli, le cui intuizioni sono valide tutt’oggi per progettare percorsi inclusivi a scuola. Egli auspicava che tutti i ragazzi ciechi potessero essere educati insieme ai vedenti e che tra loro vi fosse coeducazione, sottolineava la specificità della minorazione visiva e la necessità di non assumere atteggiamenti di discredito e sottovalutazione delle difficoltà.
Romagnoli, allo stesso modo della Montessori, riteneva che non si può essere liberi se non si è indipendenti ed autonomi; per questo la pedagogia deve guardare con atteggiamento critico e problematizzante alle strategie necessarie per un’effettiva emancipazione che porti ad una concreta e reale attuazione delle pari opportunità anche per i differenti.
Nell’ultimo capitolo infine ho descritto quali sono le figure professionali che possono supportare il disabile visivo verso la propria autonomia.
In primis, l’educatore tiflologico o Typhlology Skilled Educator, che secondo Condidorio “non lotta per ridare la vista al cieco, ma combatte affinché ogni persona cieca sia messa nella condizione di poter guardare il mondo attraverso le proprie abilità”.
Egli si occupa della disabilità visiva nella sua forma assoluta o parziale, al fine di migliorare la situazione sociale e culturale attraverso la didattica, l’informatica e la tecnica, affianca i disabili visivi nell’utilizzo di ausili specifici, e delinea itinerari, strategie e soluzioni volte alla risoluzione dei problemi. Il tiflologo dovrebbe “trarre fuori” dal bambino cieco o ipovedente tutte le abilità, le capacità, le competenze che gli permettono di “fare da sé”, di essere attivo e propositivo, di partecipare e di contribuire alla vita della collettività. Egli consente ad un bambino/ragazzo cieco di stare a scuola, di starci bene e di apprendere. Si serve di uno strumento di programmazione detto PRO.MO, crea un ambiente “su misura” per il bambino e lo affianca nell’utilizzo di ausili tiflodidattici come il Braille, il casellario Romagnoli, il cubaritmo, le mappe a rilievo ecc.
Ho poi delineato la figura del Tiflopedagogista, che rappresenta un operatore altamente specializzato, formatosi presso l’I.Ri.Fo.R attraverso un master di 2° livello. Egli si colloca al centro di una rete di competenze tra le istituzioni e le agenzie educative che ruotano attorno al disabile visivo, e svolge attività di coordinamento per facilitarne il miglior funzionamento. In sostanza, deve svolgere la funzione di sollecitazione e di coordinamento tra le molte competenze disponibili sul territorio, garantendo e promuovendo l’informazione reciproca e la ricerca scientifica, valorizzando la complementarità dei ruoli e promuovendo metodologie di lavoro condivise.
Parlare dell’assistente all’orientamento, alla mobilità e all’autonomia personale era d’obbligo, in quanto egli opera nell’ambito della prevenzione, cura e riabilitazione funzionale dei soggetti affetti da patologie visive degenerative e permanenti ed utilizzando attività espressive, prassico-operative, manuali-rappresentative, ludiche e della vita quotidiana, insegna al non vedente a gestire i movimenti e gli spostamenti nello spazio in modo autonomo.
Per concludere il lavoro ho posto l’attenzione alla figura dell’ad personam, dal momento in cui io stessa ho svolto questo ruolo. Nonostante essa non sia una figura professionale, si tratta di un accompagnatore personale per il non vedente e forse è l’ausilio più utilizzato. Egli deve fornire confort e sicurezza in quanto rappresenta “gli occhi” della persona e ciò permette l’instaurarsi di un rapporto di fiducia e stima reciproca.
Il lavoro svolto essenzialmente tratta di due concetti: “autonomia” ed “integrazione”, in quanto sono questi due gli elementi essenziali che occorrono per far sì che un disabile visivo, cieco o ipovedente che sia, possa sentirsi pienamente realizzato nonostante la disabilità.
Solo essendo autonomo e ben integrato, il disabile visivo può sentirsi parte attiva a scuola, in famiglia, a lavoro e nella società civile in cui è inserito; solo così può evitare di scivolare in situazioni di isolamento ed emarginazione e vivere in modo soddisfacente la propria vita.
Il cammino che porta a tali condizioni non è sempre facile, ma sono stati fatti passi da gigante, sul piano scolastico, sul piano lavorativo, sul piano delle figure professionali, sul piano tecnologico e per la vita di tutti i giorni.
Basti pensare che a scuola, l’alunno disabile visivo può essere affiancato da un tiflodidatta che utilizza strategie per lui adeguate, può accedere ad una didattica differenziata in base alle proprie esigenze e può utilizzare ausili tiflodidattici come la dattilobraille, la stampante Braille, il cubaritmo, il cubo Romagnoli, il piano di gomma, le mappe tattili a rilievo ecc, che gli facilitano il processo di apprendimento, consentendogli di arrivare agli stessi obiettivi dell’intera classe, seppure con strumenti e metodologie differenti.
Questo non è certo di poco conto, se pensiamo che nel lontano 1923, il Regio Decreto n.3126, prevedeva per alunni ciechi e sordi, l’ingresso nelle scuole speciali e nelle classi differenziali. Non si poteva certo parlare di integrazione scolastica, mentre oggi, per fortuna, la scuola è aperta a tutti e privilegia non l’uniformità, bensì le differenze, attraverso una didattica integrata/differenziata.
La svolta non si presenta solamente a scuola, in quanto il non vedente può usufruire di ausili specifici anche nella quotidianità. Pensiamo ai computer e ai telefoni cellulari con la sintesi vocale, alle sveglie e alle bilance parlanti, alle app tecnologiche che attraverso lo screen reader leggono cosa è scritto su un foglio e così via; sono tutti supporti che facilitano la vita di tutti i giorni, rendendo meno difficoltose tutte le situazioni che possono crearsi, come sapere semplicemente chi sta chiamando sul cellulare, o sapere che ore sono.
Possono sembrare attività banali, ma per chi vive al buio è un passo fondamentale per essere autonomi nelle piccole cose. Pensiamo ancor di più all’uso del bastone bianco o del cane guida, ausili che permettono al disabile visivo di essere libero negli spostamenti e nell’orientamento.
Sono tutti passi da gigante che consentono alla persona di non sentirsi smarrito in un mondo in cui le informazioni provenienti sono essenzialmente di tipo visivo. La possibilità di compensare la mancanza della vista, sia con il rafforzamento degli altri sensi percettivi, sia con l’utilizzo degli ausili specifici, rende meno traumatica la vita di chi il mondo non lo vede, o lo vede sfocato.
Ed, a questo punto, come si può non evidenziare l’importanza delle figure professionali a sostegno della disabilità visiva?
Il cieco o l’ipovedente, non hanno un pacchetto delle istruzioni per imparare a vivere al buio, e tanto meno da soli possono essere in grado di acquisire strategie e modalità che gli consentano di vivere al meglio la loro condizione. Grazie alla loro forza di volontà e motivazione, ed al sostegno e supporto di personale altamente specializzato, di cui si è parlato in questo elaborato, è possibile che essi superino la situazione di handicap in cui si trovano e riescano a vivere una vita degna di essere vissuta, nonostante i limiti e le difficoltà che questa disabilità impone.
Si può sognare anche al buio, solo che noi vedenti, spesso, non riusciamo a capirlo o a crederlo possibile. Io, che è possibile lo so, e senza quell’esperienza che nel 2016 mi ha aperto le porte di questo mondo, non l’avrei mai saputo”.

Cosa bolle in pentola per i fisioterapisti, di Giovanni Cancelliere

Autore: Giovanni Cancelliere

Riceviamo e diffondiamo:

Nel periodo pandemico che ci è stato dato da vivere e la volontà di emergere dei politicanti della professione

Ad un mese dalla chiusura del Sistema Nazione, a ridosso della Santa Pasqua, governanti, scienziati, politicanti, politologi, economisti, giornalisti stanno confrontandosi, più appropriato usare il verbo scontrare, su quale ricetta sarebbe migliore per questo nostro Paese; le stesse dinamiche avvengono nelle stanze delle Commissioni di Albo delle Professioni Sanitarie, lasciando sconcerto per chi segue, chiarisco il pensiero.

La Comunità scientifica, al momento, non ha riscontrato nessuna validità all’utilizzo della riabilitazione pneumologia in fase di acuzie in pazienti sottoposti a infezione da COVID-19, anzi, il delicato stato del tessuto del parenchima polmonare, potrebbe inficiare una ripresa o stubare da respirazione artificiale.

Non esistono Linee Guida al momento che supportano una validazione in tal senso.

Per i neofiti in materia di professione sanitaria, questo non potrebbe dire nulla, ma per chi ha nella sua carriera basato l’uso della scientificità e appropriatezza su qualsiasi gesto riabilitativo la cosa pesa come un macigno nel constatare che c’è un’agire interventista per scopi di immagine e politica….

La risonanza mediatica ha oggi elevato ad Angeli medici rianimatori, anestesisti, di pronto soccorso, infermieri, operatori socio sanitario, tecnici di radiologia medica, tecnici di laboratorio, tecnici della prevenzione, educatori professionali, MMG, farmacisti….. in un Paese normale non ci sarebbe niente di male nel confermare che le necessità di cura, in questa fase,  non riguardano altre professioni come la nostra ma, che il nostro supporto potrebbe essere utile in una fase successiva allo stato infiammatorio del tessuto polmonare, quando la necessità del rimodellamento tissutale è il nostro campo di azione…. Questa seconda fase fa paura perché potrebbe non esserci la rilevanza mediatica tale da rendere improcrastinabile la nostra utilità e quindi, si attuano strategie forzate di comunicazione per rendere visibile nel mondo social: ci sono appelli di dirigenti associativi e degli Ordini che tentano di dimostrare tutto il vacuo.

Oggi l’unica comunità scientifica che ha pubblicato una linea guida di intervento, con margini molto stringenti e contingentati e quella australiana, in un contesto e condizione lontano dalla nostra situazione; oggi chi è chiamato a svolgere il ruolo di comunità scientifica è l’A.T.S. di AIFI che fa parte delle Associazioni iscritte negli Elenchi dell’Istituto Superiore di Sanità per la produzione di linee guida.

Le buone pratiche, al momento indicate in un documento congiunto ARIR (Associazione Riabilitatori dell’Insufficenza Respiratoria) e A.T.S. AIFI (Associazione Tecnico Scientifica AIFI), pubblicato in data 16 marzo u.s. dichiara quanto segue:

“PROCEDURE DA NON APPLICARE IN FASE ACUTA

In presenza di quadri clinici di IRA che determinino riduzione della compliance polmonare, aumento del lavoro respiratorio e alterazione dell’ossigenazione ematica, il pattern respiratorio rapido e superficiale adottato spontaneamente dal soggetto rappresenta una strategia nel tentativo di ridurre al minimo lo sforzo inspiratorio e massimizzarne l’efficienza. Inoltre, in tali condizioni cliniche anche la forza dei muscoli respiratori può risultare gravemente ridotta. Diventa pertanto estremamente importante che le richieste e le procedure messe in atto dal fisioterapista non determinino un ulteriore aggravio del lavoro respiratorio che il soggetto deve sostenere e non lo espongano ad un aumentato rischio di distress respiratorio.

Elenchiamo di seguito alcune tra le pratiche più comunemente utilizzate in fisioterapia respiratoria sconsigliate con pazienti affetti da Covid-19 in fase acuta:

– respirazione diaframmatica;

– respiro a labbra socchiuse;

– disostruzione bronchiale/riespansione polmonare (PEP Bottiglia, EzPAP®, macchine della tosse, ecc);

– utilizzo di spirometria incentivante;

– mobilizzazione manuale/stretching della gabbia toracica;

– lavaggi nasali;

– allenamento dei muscoli respiratori;

– allenamento allo sforzo;

– mobilizzazione in fase di instabilità clinica (necessaria una valutazione multidisciplinare)

N.B. È necessario, sempre allo scopo di non incrementare il lavoro respiratorio, limitare le strategie di disostruzione bronchiale ai soli casi in cui risulta indispensabile tenendo sempre in forte considerazione il rischio di contaminazione dell’ambiente circostante e dotando il personale sanitario di adeguati DPI.”

Allora mi chiedo e vi chiedo: perché tanto affannarsi a voler per forza evidenziare la nostra utilità in quei contesti? Chi ne guadagna visto che il pool tra medici e riabilitatori che lavorano sulle E.B.Ph. hanno sconsigliato il nostro intervento? Sicuramente i pazienti no, i fisioterapisti ne sotto gli aspetti professionalizzanti, tantomeno di incolumità per se e per gli altri professionisti che, invece, in quegli ambienti sono chiamati a dare il meglio di loro.

Si torna sempre a quel essere “italioti”, provincialotti dove anche noi dobbiamo far vedere che serviamo altrimenti divento secondario ad altri, non vengo nominato in tv, non faccio i selfie bardato a puntino e non esco su FaceBook o su Instagram, anche noi siamo per forza Angeli….. Lo saremo quando in sicurezza riusciremo a migliorare la respirazione, l’equilibrio tono/trofico, ecc… nelle fasi che ci competono, sicuramente meno apparente agli occhi dei media, ma indispensabile per i nostri futuri pazienti.

Questa “APPARENTE NECESSITÀ” è utile a tutti coloro che hanno deciso di affermare il proprio impegno non più con i pazienti ma attraverso l’attività di rappresentanza, le politiche associative, ecc… con un ruolo di visibilità pubblica che potrebbe essere soppesata un futuro a bocce ferme; chiedo a coloro che hanno voluto terminare di leggere questo articolo di riflettere attentamente sulla vera ragione dell’essere professionista sanitario in riabilitazione, l’azzeccagarbugli di manzoniana memoria è fuori luogo mentre la gente muore e il Paese si prepara alla convivenza con il virus fino al vaccino liberatore: sono scomparsi i NOVAX perché in questi momenti sarebbe anche fuori luogo professare l’immunizzazione naturale di gregge, come in un primo momento ipotizzato dal Primo Ministro Inglese.

La concretezza e il pragmatismo scientifico devono segnare il nostro agire, le mode le lasciamo agli influencer di turno; la politica sanitaria torni al suo ruolo indispensabile senza ansie da prestazioni, trovando il suo ruolo come ha fatto negli ultimi tre anni, questo sì che ne è valsa la pena consumarsi nella visibilità per difendere le professionalità che anche il Comitato Nazionale dei Fisioterapisti e Massofisioterapisti UICI ha difeso e che ho avuto L’onore di coordinare”.

Assistenza visiva in remoto con Be My Eyes, di Michele Paris

Autore: Michele Paris

Nelle ultime settimane ci siamo dovuti tutti riadattare ad uno stile di vita diverso, come conseguenza della diffusione del nuovo COVID-19 nel nostro paese. In questa situazione in cui l’isolamento e la quarantena diventano necessarie per fermare la diffusione del virus, é importante utilizzare ogni mezzo disponibile per continuare a vivere la nostra vita nel modo più normale possibile.

5 anni fa abbiamo lanciato Be My Eyes, un’applicazione gratuita che permette alle persone non vedenti o ipovedenti di ricevere assistenza visiva in tempo reale tramite la fotocamera del proprio smartphone. Il suo funzionamento è molto semplice: nella pagina principale é possibile cliccare il tasto per avviare una videochiamata. Una notifica viene inviata a uno dei nostri volontari che si renderà immediatamente disponibile per assistere in qualunque attività: identificare confezioni di cibo e controllarne la scadenza, scegliere i vestiti, trovare qualcosa, ricevere direzioni all’interno dell’abitazione e molto altro. Ad oggi, più di 2500 persone in tutta Italia utilizzano Be My Eyes per ricevere assistenza da oltre 45000 volontari. L’applicazione è scaricabile sia su smartphone e tablet Android dal Play Store che su IPhone e IPad dall’App Store.

La sicurezza dei nostri utenti è il nostro obiettivo principale. Ogni videochiamata è anonima e potrete condividere esclusivamente le informazioni necessarie per ricevere assistenza. I nostri volontari sono disponibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7 e in maniera completamente gratuita. Per garantire ad ogni nostro utente la miglior esperienza possibile, forniamo un sistema di feedback alla fine di ogni chiamata per controllare l’operato dei nostri volontari e bloccare ogni utente che utilizzi l’applicazione in modo scorretto. 

In aggiunta a questo, abbiamo recentemente introdotto anche un servizio di “Aiuto Specializzato”, che permette ai nostri utenti di contattare gli esperti del supporto clienti di molte aziende tramite l’applicazione Be My Eyes. Tra queste, Google, Microsoft e Pantene. Il servizio è al momento disponibile in Italia solo in lingua inglese. Nella nostra pagina in italiano è possibile trovare ulteriori informazioni riguardo all’applicazione e al suo funzionamento. 

https://www.bemyeyes.com/language/italian

Restare a casa non significa restare soli. Ci sono milioni di persone che vogliono continuare a fare la loro parte anche In questo momento difficile. Siamo vicini a tutti coloro che stanno combattendo con il virus e tutti noi non vediamo l’ora di tornare alla normalità e a riabbracciare i nostri amici, la nostra famiglia e i nostri colleghi.

Michele Paris – Communication Officer a Be My Eyes

L’utilizzo del computer con tecnologia assistiva, di Giuseppe Fornaro

Autore: Giuseppe Fornaro

GLI AUSILI PER NON VEDENTI

Il computer è stato uno strumento di lettura e non di ascolto fino a non molto tempo fa. Grazie all’introduzione di nuove tecnologie assistive le cose sono nettamente cambiate e  i disabili della vista hanno progressivamente utilizzato i computer per leggere e scrivere, informarsi, comunicare.
Oggi tale strumento, affianco agli smartphone, è diventato per molti di loro indispensabile per il lavoro e nella vita di tutti i giorni.
Il senso mancante e’ stato sostituito da altri e l’informazione, costituita da caratteri o numeri, viene trasferita all’utente tramite il tatto o l’udito.
I moderni smartphone consentono non solo di telefonare ma anche di utilizzare le email, i social network, applicazioni di messaggistica come ad esempio Whatsapp, ed altre applicazioni legate all’uso della telecamera che aumentano l’autonomia del non vedente in svariate situazioni, a partire dalla lettura di un testo a stampa fino al riconoscimento dei colori.

Ecco i dispositivi maggiormente utilizzati.

– Barra Braille:

La barra Braille (detta anche barra labile, Braille labile o display Braille) è il principale strumento informatico per ciechi che hanno conoscenza del Braille. Applicata ad un qualsiasi computer o smartphone, trasforma il contenuto di una riga del monitor in un testo Braille a rilievo.
Importante è il numero di celle di una barra, ossia la sua lunghezza in caratteri Braille. Ci sono barre da 80, 40, 20 celle. Quelle da 80 sono molto costose ed utilizzate principalmente per scopi professionali, ai tempi del DOS avevano il vantaggio di contenere un’intera riga del monitor. Il monitor dei computer che lavoravano in DOS contenevano, infatti, righe da 80 colonne. Con l’avvento dei sistemi grafici come Windows, grazie al fatto che possono essere utilizzati diversi formati di caratteri, e diverse dimensioni, non c’è più il legame diretto con le 80 colonne.
Le barre Braille più comuni hanno 40 celle, una lunghezza simile a quella della riga dei testi Braille su carta. Le barre con meno di 40 celle sono decisamente più economiche e probabilmente più comode da collegare via bluetooth agli smartphone.
Attualmente il mercato offre display Braille di tipo piezoelettrico ma, all’inizio della commercializzazione dei display braille erano in vendita display di tipo elettro-meccanico, molto lenti, con la rielaborazione dei punti sequenziale, da sinistra a destra e, col grande problema che se l’operatore manteneva la mano sopra la matrice, gli aghetti potevano non alzarsi.
Il tipo piezoelettrico è molto veloce, perché gli aghetti si alzano contemporaneamente, anche se l’operatore copre il display con le mani.

– Sintesi vocale:

Ai tempi del DOS la sintesi vocale era un apparecchio esterno/interno al computer in grado di farlo “parlare”, trasformando in suono il contenuto dello schermo. Era composto da una parte hardware che si montava appositamente sul PC (scheda audio, amplificatore, diffusori, acustici…) e da una parte software. Attualmente, con i moderni PC e smartphone, la sintesi vocale è un programma software che oltre ad effettuare la lettura, definisce le regole di pronuncia delle parole e per adeguarsi alle diverse esigenze dell’utente.
A seconda della Sintesi vocale che si installa, si possono avere voci maschili o femminili, nella lingua che si desidera.
Un testo può essere letto in vari modi. Si può avere una lettura per singolo carattere, parola per parola, oppure riga per riga. Inoltre, la lettura può essere continua e scorrevole, con punteggiatura, con indicazione degli attributi del testo (maiuscole, corsivi, sottolineature), con spelling, ecc.


– Screen reader:

Lo screen reader è un programma software che in base ad un sistema di controllo chiamato Focus che, si sposta sullo schermo, comanda il display Braille e la sintesi vocale al fine di scrivere/leggere quanto evidenziato dal Focus.
Il focus viene spostato tramite appositi comandi sulla tastiera del PC o da gesti sullo schermo dello smartphone.
Grazie agli screen reader, attualmente quasi tutte le applicazioni PC o SmartPhone sono diventate accessibili.
I moderni smartphone sono quasi tutti equipaggiati con screen reader. Questi, tramite appositi gesti da eseguire sullo schermo, consentono di compiere tutte le operazioni di cui si ha bisogno, dando accesso all’applicazione che si desidera utilizzare.
Attualmente gli smartphone più utilizzati si basano su due sistemi operativi differenti: Android e iOS. Lo screen reader di Android è il Talk Back mentre iOS utilizza Voice Over. Entrambi i sistemi, oltre alla lettura dello schermo tramite sintesi vocale, consentono il collegamento di tastiere esterne e/o display Braille.
Ancora, si sono evoluti i sistemi di input, per la fornitura dei comandi, con l’introduzione di “assistenti vocali” che consentono di chiedere con la propria voce l’operazione che si vuol far compiere allo smartphone o al computer.
Per quanto riguarda i computer, i sistemi più diffusi sono basati sul sistema operativo Windows e sul sistema operativo macOS. Abbastanza utilizzato è anche il sistema operativo Linux.
Per lavorare in Windows esistono diversi screen reader. In Windows 10,​ troviamo l’Assistente vocale che legge e interagisce con gli elementi sullo schermo, come il testo e i pulsanti.
Il più conosciuto è Jaws, di buona qualità ma da acquistare.
Negli ultimi 10 anni, si è diffuso il sistema NVDA, gratuito, che con comandi simili a quelli di Jaws, consente un buon controllo del PC da parte del non vedente.
Il sistema operativo macOS ha un suo screen reader gratuito, il Voice Over, che ha anche funzioni di ingrandimento per gli ipovedenti, che viene installato con il sistema e quindi è gratuito.
Attualmente non ci sono screen reader di prestazioni elevate che funzionino in Linux.


– Stampanti Braille:

Le stampanti Braille consentono la stampa a rilievo, su carta, di un qualsiasi testo in formato elettronico (ASCII). I vari modelli in commercio si differenziano principalmente per la velocità di stampa e per la possibilità di stampare ad interpunto. Tale possibilità è presente nei modelli più complessi e permette di stampare su entrambe le facciate di una pagina ma in modo che i due testi non interferiscano. Questa modalità di stampa consente di ridurre praticamente a metà l’ingombro di un testo Braille. Anche se il funzionamento è simile a quello di una normale stampante in nero, la stampa in Braille presenta, in genere, la necessità di transcodificare il testo predisponendolo per una stampa corretta in Braille a 6 punti.
Negli ultimi anni sono stati fatti grossi sforzi per introdurre sul mercato stampanti in grado di stampare grafica a rilievo.

– Scanner e sistemi OCR:

Lo scanner è un apparecchio che cattura una immagine grafica trasformandola in informazione digitale. I programmi OCR (Optical Character Recognition) riconoscono i caratteri di un testo stampato su carta. Trasformano l’immagine di questi caratteri in un documento elettronico che potrà essere memorizzato su disco, stampato (in nero o in Braille), letto con la barra Braille o la sintesi vocale.
Sia scanner che OCR sono prodotti di uso generale.
Esistono però dei programmi OCR progettati espressamente per l’uso da parte di persone non vedenti. Essi sono in grado, ad esempio, di decodificare il testo anche se non viene posizionato correttamente sul piano dello scanner, di riconoscere la struttura della pagina anche se articolata in colonne, titoli e paragrafi, di eliminare disegni, fotografie e tabelle. Esistono infine scanner con OCR collegati direttamente ad una sintesi vocale per la lettura istantanea del testo.
Da qualche anno gli scanner possono essere sostituiti da fotocamere che, inquadrando da una certa distanza, riescono ad ottenere buoni risultati OCR anche su superfici curve.
Come è successo per le altre tecnologie, anche il sistema di scansione e lettura è attualmente disponibile su smartphone.

GLI AUSILI PER IPOVEDENTI

Le persone con una ridotta capacità visiva e/o campo visivo sono dette ipovedenti. Ad esse la flessibilità del computer consente in modo dinamico sia l’ingrandimento che la variazione di colori e di sfondi di quanto appare sullo schermo.

– Videoingranditori:

Sono apparecchi che, attraverso un sistema di telecamera a circuito chiuso, riprendono l’immagine di un testo e la proiettano ingrandita, su un video. Con un sistema ottico/elettronico (zoom) è possibile definire il grado di ingrandimento. Chiaramente, più si ingrandisce, minore sarà la porzione di immagine visualizzata sullo schermo per cui l’utente deve spostare il testo da leggere sotto l’obiettivo. L’operazione si ottiene facilmente attraverso un carrello a slitta mosso manualmente.
Gli ingranditori si usano essenzialmente per leggere.
Per quanto riguarda la scrittura, la soluzione oggi preferita è il computer con sistema ingrandente.

  Ingranditori per computer

Software che aumentano le dimensioni di quanto mostrato sul monitor del computer consentendo, in tal modo, la visione a persone con gravi minorazioni visive.
Sono installabili su qualsiasi computer e disponibili anche per gli smartphone.
L’ingrandimento riduce la porzione di schermo che può essere consultata ma utilizzando appositi comandi da tastiera, il mouse o particolari gesti sui touch screen, è possibile selezionare la parte del video che interessa.
Alcune versioni di software ingrandente contiene delle funzioni di lettura dello schermo tramite sintesi vocale.
Alcuni ingranditori per computer hanno la possibilità di essere collegati a videoingranditori funzionando a schermo “diviso” per cui su una parte apparirà l’immagine, ad esempio, del libro ingrandito e sull’altra i caratteri che vengono digitati al computer in modo da consentire all’utente ipovedente di procedere alla lettura del libro/digitazione di un testo senza mai togliere lo sguardo dallo schermo.
Per essere efficace il sistema deve però essere integrato da un leggio elettronico. Si tratta di un apparecchio che sposta automaticamente il testo da leggere sotto l’obiettivo della telecamera alla velocità e nel modo desiderato.
In casi in cui è possibile, il problema dell’ingrandimento dei caratteri può avere  una soluzione adeguata anche attraverso normali programmi di scrittura in ambiente grafico WINDOWS tm dove è possibile utilizzare set di caratteri di varie dimensioni.


Giuseppe Fornaro Referente della Commissione Nazionale Ausili e Tecnologie Dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Consigliere della Sezione Provinciale di Napoli dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (Uici)

E quindi uscimmo ad ascoltar le stelle: Astronomia ed attività spaziali fra scienza, musica ed arti varie, di Massimo Vita

Autore: Massimo Vita

Per celebrare il “Dantedì”, la giornata dedicata al Sommo Poeta, si propone questa sessione remota, dal titolo ispirato al verso liberatorio con cui Dante accompagna la fine dell’avventura all’Inferno dei due protagonisti. La sessione, proposta a tutti ma pensata in particolare per le persone con disabilità visiva, espone un percorso nella storia alla scoperta dei legami tra astronomia e “canto”, in omaggio al ruolo di Dante quale sommo poeta della condizione umana “Fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza”. Esistono infatti connessioni tra astronomia e “canto”, inteso anche in senso musicale, a partire da Pitagora, che esploreranno i tanti legami tra personaggi quali Galileo, Paganini, i fratelli Herschel, Puccini, Van Gogh, ma che coinvolgono anche poeti e musicisti minori, nonché…  l’equipaggio dell’Apollo 11.

L’iniziativa è organizzata su proposta dell’Unione Astrofili Italiani – Sezione Nazionale Divulgazione Inclusiva, e la collaborazione dell’I.Ri.Fo.R. e grazie alla radio web dell’UICI.

Essere italiani al di là della menomazione sensoriale, di Giovanni Cancelliere

Il non vedente e ipovedente in questo tragico periodo per la nazione: i professionisti non vedenti e ipovedenti, il loro ruolo nel periodo del COVID-19.

Quando ognuno di noi ha scelto di fare il professionista sanitario di area riabilitativa, non aveva sicuramente messo in conto che un giorno si doveva trovare di fronte ad un bivio:

– continuare a svolgere la propria professione seppur supportato dai D.P.I.;

– decidere di chiudere i propri ambulatori (autonomi), messi in ferie obbligate se lavoratori subordinati di cooperative o servizi ADI o aziende accreditate private: i dipendenti pubblici hanno deciso le singole regioni che tipo di servizi e prestazioni continuare ad erogare o far svolgere altre attività ritenute più utili all’emergenza come, ad esempio, la raccolta dati dei fenomeni e stilare banche dati. Sappiamo benissimo che uno delle caratteristiche del professionista moderno è quello di redigere studi epidemiologici, normalmente del proprio ambito, ma la statistica usa mezzi univoci e ci può stare di fare ricerche, raccolte dati di rischio, incidenza e prevalenza.

Il federalismo italiano e stiamo vedendo anche quello tedesco seppur più strutturato e più di tradizione, sta creando discrasie nei vari territori di una nazione.

Il nostro dovere di cittadini italiani, professionisti sanitari, ci impone un fondamento prioritario che va salvaguardato su tutto e su tutte le nostre opinioni personali di riabilitatori: ridurre al massimo la vita sociale e la diffusione del virus ponendoci nelle condizioni di vettori per i nostri assistiti e per i nostri familiari più fragili (familiari, amici, conoscenti, colleghi).

La smania di rendersi protagonisti in questo scenario è fuori luogo; i veri protagonisti sono i rianimatori, anestesisti, radiologi, infermieri, operatori socio sanitari, tecnici di radiologia, tecnici di laboratorio, educatori professionali, psicologi dell’area sanitaria, metalmeccanici, elettricisti, tecnici di impianti industriali sanitari, operai che lavorano nelle fabbriche che producono macchinari e mascherine riguardo alla logistica: spero di non aver dimenticato nessuno.

In questi giorni c’è stato l’accaparrarsi di una funzione indifferibile da parte di qualcuno del mondo riabilitativo, a mio modesto modo di vedere fuori luogo, basta andare nei siti dei singoli collegi e commissioni d’Albo per rendersi conto che questa smania di apparire è inopportuna e danneggia l’immagine del professionista sanitaria dell’area riabilitativa.

Mai come questa volta le nostre differenze tra vedenti e non vedenti è appiattita dall’essere non necessaria, non rappresentiamo una categoria “salvavita” come invece in altre calamità come quelle delle catastrofi o delle guerre invece ci esalta nel recupero delle funzioni residue o negli adattamenti ad ausili e protesi. Conoscenza e coscienza devono prevalere sulla saccenza. Uno dei nostri cavalli di battaglia e il Contatto, la   meta comunicazione, l’empatia. #iorestoacasa perché non deve essere solo uno slogan ma perché voglio bene ai miei pazienti, ai miei colleghi, a chi devo incrociare sui mezzi (magari un infermiere o un centralinista che è obbligato ad andare sul suo posto di lavoro per necessità reale di servizio), il ragazzo del Servizio civile che mi accompagna al lavoro e non essere “il loro paziente contatto O”. L’etica dell’essere cittadino mi ha imposto di prendermi le ferie perché la mia Azienda ritiene che i casi post intervento chirurgico per un ciclo è un’attività indifferibile ma il mio senso di responsabilità mi ha detto di mettermi in ferie per cercare di evitare che il paziente, il suo accompagnatore, la sua famiglia fossero protagonisti passivi della scelleratezza dei miei dirigenti: così procederò finché avrò le ferie e i congedi o fino a quando la mia Azienda bloccherà le ferie.

Anche voi restate a casa.

Ciechi in prima linea, di Alfio Pulvirenti

Autore: Alfio Pulvirenti

I ciechi, centralinisti e fisioterapisti, manifestano un alto senso di responsabilità  svolgendo  il proprio lavoro, necessario per il buon andamento della nazione.

Sono i centralinisti che lavorano in ospedale e negli altri poli nevralgici del paese a fornire, mediante i media, la percezione dello stato di tensione a cui la popolazione italiana è sottoposta in questi giorni.

Oggi, in Sicilia, una centralinista cieca ha affermato di rinunciare la fruizione, in questa giornata, dei benefici della legge 104 per dare manforte ai colleghi in modo da rendere più sostenibile lo sforzo di tutti. Ancora un altro centralinista dell’isola ha affermato, stando in servizio, : “noi centralinisti siamo in prima linea”.

Anche i fisioterapisti e massofisioterapisti ciechi ed ipovedenti si trovano in prima linea. Questi professionisti sanitari manifestano il proprio contributo,  come i centralinisti,  non sottraendosi al servizio ma manifestando l’esigenza di svolgere il proprio lavoro con la massima qualità a beneficio dei cittadini destinatari delle cure riabilitative.

Sia i centralinisti, sia i fisioterapisti e massofisioterapisti ciechi ed ipovedenti dimostrano mediante questo atteggiamento la propria capacità di integrarsi nel sistema sociale e produttivo della nostra nazione, annoverandosi fra coloro che sono virtuosi.

Tuttavia, è necessario riflettere su quegli aspetti specifici dei ciechi che, malgrado gli strumenti offerti dalla tecnologia,  non sono prescindibili.  Uno di questi è rappresentato del supporto di accompagnamento a lavoro, effettuato in molti casi dai ragazzi del servizio civile e dai volontari, il quale è stato compromesso proprio a seguito della sospensione dell’attività dei progetti del servizio civile.  

La sincronizzazione fra le scelte dei decisori relativamente al servizio civile e la possibilità per i ciechi di astensione dal lavoro per l’impossibilità di raggiungerne la sede operativa non è automatica. Ciò comporta inevitabilmente per i ciechi il riaffiorare dei problemi di sempre ma in un contesto socioeconomico più complesso.

Per i fisioterapisti e massofisioterapisti insiste un’ulteriore grande criticità. Essendo professioni che prevedono un contatto diretto con i pazienti da curare, l’assenza di misure protettive idonee esporrebbe i professionisti al rischio di contagio. Paradossalmente, malgrado l’Italia abbia un Sistema Sanitario fra i migliori nel mondo, la disponibilità di presidi di prevenzione individuale è carente e ciò costituisce elemento di grande criticità per i professionisti non vedenti che per curare i pazienti debbono avvalersi, inevitabilmente, del contatto, debbono toccare.

Allo stato attuale non c’è alcuna norma nazionale o regionale che favorisca il superamento del problema, lasciando da soli i professionisti con disabilità visiva, i quali si sentono collocati fra la necessità di agire secondo i canoni della scienza e delle buone prassi e l’incertezza della propria sicurezza.

È necessario, pertanto,  l’intervento dell’Unione dei Ciechi e degli Ipovedenti sulle istituzioni al fine da contenere il disagio e il rischio a cui molti ciechi e ipovedenti vanno incontro in questo preciso momento della storia.

Parte da Catania il Centenario 1920-2020 dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, di Anna Buccheri

Autore: Anna Buccheri

Il 20 febbraio 2020 alla Conferenza Stampa nell’Aula Consiliare del Comune di Catania alle ore 10.30 erano presenti giornalisti, rappresentanti del Comune, i massimi dirigenti UICI e personalità cittadine.

La giornalista Sarah Donzuso ha condotto l’incontro, ha ringraziato i giornalisti presenti e le autorità, ha rilevato l’importanza della manifestazione che ha come prima di 17 tappe che percorreranno tutta l’Italia proprio Catania a riconoscimento dell’impegno della Sezione territoriale dell’UICI di Catania e della sua Presidente, Rita Puglisi, che ha trovato nelle istituzioni e nel Comune di Catania in particolare una fattiva collaborazione.

Il Presidente del Consiglio Comunale, Giuseppe Castiglione ha ringraziato il Presidente Nazionale UICI, Mario Barbuto, per aver scelto Catania, ha quindi salutato tutti i presenti: i Dirigenti UICI (Presidente Nazionale, Mario Barbuto; Presidente del Consiglio Regionale UICI Sicilia, Gaetano Minincleri; Presidente Sezione Territoriale di Catania, Rita Puglisi), l’Assessore ai Servizi Sociali e alle Politiche per la famiglia Giuseppe Lombardo, il Sovrintendente Teatro Massimo Bellini di Catania Giovanni Cultrera, i giornalisti Sarah Donzuso e Ruggero Sardo, il Direttore di Banca d’Italia Gennaro Gigante. Ha quindi portato i saluti del Sindaco Salvo Pogliese e del Consiglio Comunale.

L’Assessore ai Servizi Sociali e alle Politiche per la famiglia, Giuseppe Lombardo, ha riconosciuto l’UICI di Catania come una realtà fondamentale in grado di dare un contributo quotidiano anche al Comune per la programmazione delle attività in favore dei disabili grazie al dinamismo e alla determinazione della Presidente UICI Rita Puglisi. Ha quindi voluto ricordare due iniziative del Comune per le quali il contributo dell’UICI catanese potrà essere certamente decisivo: i piani personalizzati per i disabili e il centro diurno per i disabili.

È quindi intervenuta l’Assessore alla Pubblica Istruzione, Attività e Beni Culturali, Pari Opportunità e Grandi Eventi, Barbara Mirabella, nel frattempo sopraggiunta, che ha rilevato che le pari opportunità non sono solo per le donne, ma anche per i disabili e ha invitato l’UICI ad essere parte attiva con i Dirigenti Scolastici per agire in modo sistemico e tempestivo in sinergia con il Comune.

A questo punto Sarah Donzuso ha salutato: il vice-Presidente del Consiglio Comunale Carmelo Nicotra che è subentrato al Presidente Castiglione che si è dovuto allontanare per impegni istituzionali, il Presidente della Commissione Servizi Sociali Seby Anastasi e il vice-Presidente della Commissione Servizi Sociali Daniele Bottino.

Il Presidente Nazionale UICI, Mario Barbuto, ha dato la giusta rilevanza a questa giornata di inizio dei festeggiamenti del Centenario e ha parlato di utopia, l’utopia di cancellare la cecità dal mondo. Il Centenario è allo stesso tempo punto di arrivo (misura dei risultati raggiunti) e punto di partenza (confine mobile tra ciò che si raggiunge e ciò che si deve ancora raggiungere). Ha sottolineato l’importanza del dialogo con la cittadinanza, ha ricordato gli sponsor dell’evento (Enel Cuore Onlus, Coca Cola, Banca d’Italia) e i numerosi partner (Biblioteca Italiana per Ciechi Regina Margherita, Stamperia Regionale Braille di Catania, Centro Nazionale del Libro Parlato, Museo Antheros, tra gli altri) e ha auspicato di incontrare migliaia di persone nei giorni 21 e 22 febbraio qui a Catania in piazza Università.

Il Presidente del Consiglio Regionale UICI Sicilia, Gaetano Minincleri, ha posto l’attenzione sul fatto che in cento anni l’UICI ha percorso un lungo cammino che ha condotto a numerose conquiste nel mondo del lavoro e della cultura sia come fruizione attraverso il Braille sia come produzione. Ha quindi ricordato il ruolo indispensabile svolto dalla Stamperia Regionale Braille di Catania per la trascrizione dei libri in Braille e in large print per i bambini e i ragazzi che studiano e del Centro Regionale Helen Keller di Messina per l’addestramento dei cani guida supporto imprescindibile per l’autonomia dei disabili visivi.

Il Sovrintendente del Teatro Massimo Bellini di Catania Giovanni Cultrera ha dato un taglio personale al suo intervento ricordando gli anni di studio in comune con la Presidente UICI Puglisi, entrambi diplomati in pianoforte, e ha affermato con forza la valenza significativa dell’arte e della musica in particolare ricca di potenzialità.

Ruggero Sardo ha ringraziato per l’accoglienza riservata a lui e alla collega Donzuso, accolti dal sorriso, che è la migliore delle accoglienze perché esprime emozioni e avvicina.

Sarah Donzuso ha ricordato che il 21 febbraio è la Giornata Nazionale del Braille, ha quindi passato la parola a Nicola Stilla Presidente del Club Italiano del Braille che ha evidenziato le caratteristiche di accessibilità, completezza, universalità e versatilità del codice di lettura e scrittura Braille. Infatti il Braille è un alfabeto e come tale viene usato in tutte le lingue come testimonia il segnalibro con la scritta Braille=libertà in quattro lingue (italiano, russo, cinese e arabo) in omaggio con il Settimanale Sette del Corriere della Sera del 21 febbraio.   

La Presidente della Sezione Territoriale UICI di Catania Rita Puglisi infine ha parlato della responsabilità che richiede l’atto di rappresentare qualcuno: gli altri Presidenti UICI sul territorio, i Soci UICI, le persone, le istituzioni, i dipendenti UICI, i volontari del Servizio Civile, i medici e tutti coloro che a vario titolo sostengono e conducono la battaglia che l’UICI ha iniziato cento anni fa con Aurelio Nicolodi il fondatore dell’Associazione.