Autore: Pierfrancesco Greco
Il simposio “La nuova società dell’informazione multimediale e la disabilità: problematiche e soluzioni a confronto”, svoltosi ieri mattina, nella Sala “Giorgio Leone” della Biblioteca Nazionale di Cosenza, ha visto confrontarsi autorevoli relatori, i quali, tratteggiando la possibilità di rendere, attraverso l’espansione della “democratizzazione” della rete e l’adeguamento dei sistemi informatici a ogni esigenza individuale, la nostra epoca più aperta sui temi dell’integrazione e dell’inclusione, hanno offerto un appassionante sguardo sui tempi di domani.
Un’analisi critica proposta in foggia circostanziata, dal punto di vista valoriale, normativo, scientifico e tecnico, su un aspetto, quale l’universalizzazione dell’accessibilità agli infiniti orizzonti che il web schiude al nostro tempo e alle nostre emozioni, attinente ai diritti, alla dignità e alla libertà delle esistenze che vivono la realtà della disabilità: il simposio “La nuova società dell’informazione multimediale e la disabilità: problematiche e soluzioni a confronto”, svoltosi ieri mattina, nella Sala “Giorgio Leone” della Biblioteca Nazionale di Cosenza, s’è rivelato articolato nei contenuti e rimarchevole nelle prospettive delineate. Promosso e organizzato dalla Biblioteca Nazionale di Cosenza e dal Consiglio Regionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, in collaborazione con la Sezione Territoriale UICI di Crotone, il MIBACT, l’U.N.M.S (Unione Nazionale Mutilati per Servizio), l’ANMIL (Associazione Nazionale fra Lavoratori Mutilati e Invalidi del Lavoro) e il Liceo Classico Statale “Gioacchino da Fiore” di Rende, il convegno ha visto confrontarsi autorevoli relatori, i quali, tratteggiando la possibilità di rendere, attraverso l’espansione dell’accessibilità in rete e l’adeguamento dei sistemi informatici a ogni esigenza individuale, la nostra epoca più aperta sui temi dell’integrazione e dell’inclusione, hanno colorato la mattinata cosentina, durante la quale “lo stretto rapporto, consolidatosi negli anni, tra UICI e Biblioteca Nazionale – ha evidenziato il dottor Massimo De Buono, coordinatore dell’iniziativa e responsabile di quella che è la punta di diamante della succitata istituzione culturale cosentina, ovvero la sezione Braille – ha dato respiro a un confronto di assoluto livello formativo, capace di offrire alla platea, occupata in gran parte dagli studenti del liceo scientifico rendese, l’occasione di riflettere sulla necessità e sulle possibilità di dare, attraverso l’ambito informatico, alla nostra società un profilo più ricco di umanità e competenze, le medesime traenti linfa inesauribile dal vissuto, dai talenti e dalla sensibilità sgorganti dall’unicità connotante tanti nostri simili”. Un’unicità, quella connotante la disabilità, in cui “trova affermazione – ha asserito il dottor Carmine Vizza, Presidente provinciale dell’U.N.M.S. – il nostro diritto di far parte pienamente delle assise sociali”, alla cui “crescita – ha proseguito il Vicepresidente territoriale dell’Anmil di Cosenza, Antonio Domma – possiamo concorrere con successo”, rendendo valore “alla dignità di ogni individuo – ha affermato il Presidente provinciale dell’UICI di Cosenza, Franco Motta – e dando vigore alla costruttiva battaglia che ci vede in prima linea nello sforzo di abbattere ogni barriera, anche tecnologica, in linea con la mission dell’UICI e delle altre associazioni di tutela e rappresentanza dei disabili”, come l’ENS, l’Ente Nazionale Sordi, presente al convegno col presidente provinciale di Cosenza, Carmine Filice, il quale non ha fatto mancare il suo saluto ai convegnisti, auspicando “sempre maggiore interazione tra i sodalizi”, in apertura dei lavori, resi particolarmente significativi dal “corollario odierno, da questa casa del sapere, com’è consono definire questa biblioteca – ha osservato il Presidente Regionale dell’UICI, Pietro Testa – ; biblioteca che ci permette, ancora una volta, di dare voce alle nostre istanze, quelle portate avanti dall’UICI, il cui lavoro di rivendicazione sta producendo importanti risultati, tra cui spicca la recente legge regionale sui pluriminorati, la quale costituisce un nuovo motivo di slancio, per noi ciechi e ipovedenti, verso la costruzione di una realtà sociale accessibile in ogni settore, anche multimediale”. Ma andiamo per ordine: cosa s’intende per accessibilità di un sito web? Sul sito dell’AgID, l’Agenzia per l’Italia Digitale (l’Agenzia pubblica istituita dal governo Monti, per dar seguito agli obiettivi dell’Agenda digitale italiana e contribuire alla diffusione dell’utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione), che nel suo Piano Triennale per la Digitalizzazione della PA ha inserito un capitolo importante al riguardo, per “accessibilità di un sito web” s’intende la pratica di rendere i siti web (e le applicazioni) fruibili dal maggior numero di persone possibili, senza discriminazioni, anche da parte di coloro i quali, a causa di alcune disabilità, necessitano di tecnologie assistive o configurazioni particolari, nel rispetto concreto di un principio morale, che offre diversi vantaggi, non solo alle persone fruitrici di contenuti online, ma anche per chi li pubblica; questo perché le grandi aziende tecnologiche, essendo molto attente alla democrazia di internet, spingono affinchè il web sia quanto più possibile un posto “per tutti”. Un concetto, questo, che è stato sviluppato nel corso del simposio, il quale è risultato alquanto esaustivo in merito alla trattazione delle normative varate negli anni, per affrontare efficacemente le problematiche concernenti il rapporto tra informazione multimediale e disabilità. Ecco, ripartiamo da qui: “la disabilità – ha spiegato la dottoressa Annamaria Palummo, Consigliere Nazionale dell’UICI – assume il suo profilo di dimensione incidente nell’attivamente proficua esperienza esistenziale allorquando la realtà circostante risulta culturalmente ed empaticamente lacunosa in ordine all’efficace decodificazione emozionale e materiale di una condizione fisica e sensoriale contraddistinta da specifiche peculiarità; lacune ambientali di natura “ideale” che vanno a riverberarsi nel contesto strutturale, determinando l’inadeguata predisposizione di opportuni strumenti e ausili in grado di ridurre la discrasia tra condizioni fisiche e sensoriali differenti, da cui, in ultima analisi, dipende la manifestazione degli effetti fattuali in cui si sostanziano le difficoltà del diversamente abile e, quindi, la sua posizione di svantaggio sociale, avente come conseguenza esclusione, discriminazione, frustrazione. Questo, secondo me, è il fulcro della questione: è l’ambiente, la società, il limite in essa radicato a dare deleterio agio alle conseguenze di cui l’handicap è portatore e a creare intorno al disabile una bolla invisibile rispetto al resto del consesso civico. Insomma, il discorso della diversità viene fuori e diventa negativo nel momento in cui il contesto sociale non è attrezzato a ottimizzare le differenze, a far funzionare, questo è il termine esatto, le peculiarità che esse, invece, schiudono. Come osserva, in proposito l’OMS, mentre la minorazione è qualcosa che va a incidere sulla persona, l’handicap è, piuttosto, qualcosa che la persona riceve. Io, noi, quindi, veniamo definiti handicappati quando, nel contesto sociale, non siamo dotati di quegli strumenti funzionali al superamento del nostro limite. Questo è il punto nodale della questione concernente l’approccio alla realtà della disabilità, a cui dare sbocco attraverso specifici processi d’integrazione, per dare a ognuno di noi la possibilità di agire autonomamente nella società, per poter studiare, lavorare, vivere, dare forma al nostro progetto di vita. Qui è intervenuta l’ONU, che ha anche istituito nel 1981 la Giornata Internazionale delle persone con disabilità, a pronunciarsi su tale questione, che è prima di tutto morale, affinché tutte le Nazioni del mondo lavorino sinergicamente, sulla base di un modello unico, sancito nel 2006, con la Convenzione dell’ONU sui diritti delle Persone con disabilità – adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 13 dicembre di quell’anno, entrata in vigore il 3 maggio 2008, ratificata e resa esecutiva in Italia con la legge n. 38 del 3 marzo 2009, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 61 del 14 marzo 2009, con cui si è istituito (art. 3) l’Osservatorio Nazionale sulla condizione delle persone con disabilità –, per rendere le situazioni sociali idonee a consentire a tutte le donne e a tutti gli uomini di avere pari diritti e opportunità, ossia lo spiegamento della libertà a ogni membro della famiglia umana. La medesima libertà che, nel luglio del 1993, la Commissione Europea ha inteso esaltare, rendendo il 3 dicembre anche la Giornata Europea delle Persone con Disabilità, rivolta alla sensibilizzazione dei cittadini europei; la medesima libertà che, focalizzando l’attenzione sul tema del nostro convegno, deve trovare piena espressione anche nell’ambito multimediale, come peraltro previsto dalla normativa statale sull’accessibilità, ossia sulla capacità dei sistemi informatici di erogare servizi e fornire informazioni fruibili anche da parte di coloro i quali, a causa di disabilità, necessitano di tecnologie o configurazioni particolari. Una normativa che è stata introdotta in Italia all’inizio del 2004 con l’approvazione della legge 9 gennaio 2004, n. 4, proposta dall’allora Ministro per l’innovazione e le tecnologie, Lucio Stanca, il quale ha fissato un importante punto per la concreta attuazione della democrazia digitale e per la riduzione del digital divide, ovvvero della disparità nelle possibilità di accesso ai servizi telematici. Purtroppo, questi principi, in certi ambienti, non si traducono ancora in concreta positività, dando luogo a stantie derive di marginalizzazione, soprattutto quando gli Enti, come i comuni o le Asl, non riescono ad affrontare efficacemente determinate questioni, non essendo in grado di dare quel sostegno costante che le Associazioni, come, nel mio caso, l’UICI, sono, invece, maggiormente preparate a offrire, fungendo, secondo il principio di sussidiarietà, da agenzie esecutive di quel lavoro di tutela che lo Stato prevede ma non esegue; quel lavoro attraverso cui andare oltre la bolla di cui si diceva prima, quella che isola il disabile, quella dell’indifferenza e quella determinante l’emarginazione. Ecco, l’obiettivo, di più, l’impegno per questa Giornata Internazionale delle persone con disabilità deve essere quello di infrangere questa bolla, con il soffio della conoscenza, della comprensione, della solidarietà; quel soffio vitale – ha sottolineato la dottoressa Palummo – che dona forza all’inclusione, all’integrazione, alla collaborazione, allo scambio ideale e materiale, sulle cui basi trova perno quella civiltà dei valori con cui illuminare la nostra Vita, anche contestualmente alla nuova società dell’informazione multimediale, quella trovante espressione in uno spazio virtuale che facilita e consente di vivere la modernità della vita a tutti noi, per mezzo del computer, degli smartphone con le varie app, che voi conoscete bene – ha argomentato il Consigliere Nazionale UICI, rivolgendosi ai tanti giovani presenti – e che costituiscono per noi disabili, in particolare per noi ciechi e ipovedenti, non solo la strada verso una piena conquista delle possibilità compendiate nella mondanità, dell’essere parte attiva di essa, ma anche una speranza: la speranza di affrancare la condizione della disabilità da quell’accezione intrinsecamente negativa che produce, in effetti, l’handicap, da superare attraverso la condivisione di un pensiero etico, aperto alle esigenze dell’altro, in grado di ridurre la distanza tra l’esigenza del disabile e il contesto esterno; in grado, sopra ogni altra cosa, di far maturare un senso comune solidale ed empatico, più avanzato, se possibile, di ogni convenzione, di ogni legge, di ogni articolo”. Nello specifico, la succitata legge 9 gennaio 2004, n. 4, “Disposizioni per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici”, ha l’obiettivo e la finalità di tutelare e garantire il diritto di accesso ai servizi informatici e telematici della pubblica amministrazione e ai servizi di pubblica utilità da parte delle persone disabili, in ottemperanza al principio di uguaglianza, statuito dall’articolo 3 della Costituzione. La legge n. 4 del 2004, una delle prime normative a livello europeo sull’accesso ai servizi informatici delle amministrazioni pubbliche da parte delle persone con disabilità, è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 13, del 17 gennaio 2004. Successivamente, il decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 245, del 19 ottobre 2012), convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221 (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 294, del 18 dicembre 2012) ha disposto con l’articolo 9, comma 4, lettere a) e b) rispettivamente la modifica dell’articolo 3, comma 1, e dell’articolo 4, commi 4 e 5. Le disposizioni della legge n. 4 del 2004 sono state successivamente attuate: dal decreto del Presidente della Repubblica 1 marzo 2005, n. 75, “Regolamento di attuazione della legge 9 gennaio 2004, n. 4 per favorire l’accesso dei soggetti disabili agli strumenti informatici” (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 101, del 3 maggio 2005); dal decreto del Ministro per l’innovazione e le tecnologie 8 luglio 2005, “Requisiti tecnici e i diversi livelli per l’accessibilità agli strumenti informatici” (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 183 dell’8 agosto 2005), che stabilisce le linee guida recanti i requisiti tecnici e le metodologie per la verifica dell’accessibilità dei siti Internet, nonché i programmi di valutazione assistita utilizzabili a tale fine; dal decreto del Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione 30 aprile 2008, “Regole tecniche disciplinanti l’accessibilità agli strumenti didattici e formativi a favore degli alunni disabili” (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 136 del 12 giugno 2008); dal decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca 20 marzo 2013, “Modifiche all’allegato A del decreto 8 luglio 2005 del Ministro per l’innovazione e le tecnologie, recante: Requisiti tecnici e i diversi livelli per l’accessibilità agli strumenti informatici” (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 217, del 16 settembre 2013). Il 26 settembre 2018, poi, è entrato il decreto legislativo n.106/2018 (Riforma dell’attuazione della direttiva UE 2016/2102, relativa all’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici, Gazzetta Ufficiale n.221/2018), che aggiorna la legge Stanca, n.4/2004, per usare la nuova e più appropriata definizione “persone con disabilità”, rispetto a “persone disabili”, introdotta dal decreto legislativo. Importanti, in particolare, sono le definizioni che la legge reca all’articolo 2, in tema di “accessibilità”, intesa quale “capacità dei sistemi informatici, nelle forme e nei limiti consentiti dalle conoscenze tecnologiche, di erogare servizi e fornire informazioni fruibili, senza discriminazioni, anche da parte di coloro che a causa di disabilità necessitano di tecnologie o configurazioni particolari, e, per l’appunto, di “tecnologie assistive”, ovvero “gli strumenti e le soluzioni tecniche, hardware e software, che permettono alla persona disabile, superando o riducendo le condizioni di svantaggio, di accedere alle informazioni e ai servizi erogati dai sistemi informatici”. I soggetti destinatari della legge, ai sensi dell’articolo 3, sono: le pubbliche amministrazioni, gli enti pubblici economici, le aziende private concessionarie di servizi pubblici, gli enti di assistenza e di riabilitazione pubblici, le aziende di trasporto e di telecomunicazione a prevalente partecipazione di capitale pubblico, le aziende municipalizzate regionali, le aziende appaltatrici di servizi informatici. La legge si applica anche a tutti i soggetti che usufruiscono di contributi pubblici o agevolazioni per l’erogazione dei propri servizi tramite sistemi informativi o internet. Le disposizioni di legge non si applicano ai sistemi informatici destinati a essere fruiti da gruppi di utenti dei quali, per disposizione di legge, non possono fare parte persone disabili. Le disposizioni introdotte dall’articolo 9 del decreto-legge n. 179 del 2012 prevedono modifiche in ambito di accessibilità delle postazioni di lavoro e dei documenti pubblicati nei siti web delle pubbliche amministrazioni e introduce l’obbligo, a carico delle medesime, di pubblicare sul proprio sito web gli obiettivi annuali di accessibilità. E’ assegnato all’Agenzia per l’Italia digitale il compito di monitoraggio e d’intervento nei confronti dei soggetti erogatori di servizi, inadempienti in ordine all’accessibilità dei servizi medesimi. Per effetto delle disposizioni introdotte l’inclusione digitale deve essere garantita a tutti indipendentemente dal settore (pubblico o privato) e dal tipo di strumento di fruizione, con responsabilità specifiche in caso di mancato rispetto delle norme. L’Agenzia per l’Italia digitale ha emanato la circolare n. 61 del 2013, “Obiettivi di Accessibilità” (comunicato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 90, del 17 aprile 2013), relativa agli obblighi di accessibilità per le pubbliche amministrazioni. A livello internazionale sono state definite e aggiornate le linee guida recanti standard per la realizzazione di siti web accessibili, grazie all’attività del World Wide Web Consortium, anche conosciuto come W3C, un’organizzazione non governativa internazionale (fondata nell’ottobre del 1994 presso il Massachusetts Institute of Technology da uno degli inventori del Web, Tim Berners-Lee, in collaborazione con il CERN) che ha come scopo quello di sviluppare tutte le potenzialità del World Wide Web e che rappresenta il soggetto al quale fa riferimento anche l’Unione europea: esso sviluppa specifiche tecniche e linee guida al fine di assicurare un’alta qualità tecnica ed editoriale. Infine, in sede europea, è stata pubblicata la direttiva UE 2016/2102 del Parlamento europeo e del Consiglio, in data 26 ottobre 2016, relativa all’accessibilità dei siti web e delle applicazioni mobili degli enti pubblici, di cui gli Stati Membri sono stati chiamati a recepire i dettami entro il 23 settembre 2018. Un impianto normativo, nazionale e sovranazionale, corposo, insomma, quello inerente all’accessibilità degli strumenti informatici a cui è necessario corrisponda la sedimentazione di una nuova coscienza civica, da costruire nell’ambito di un rinnovamento culturale, su cui alzare la soglia di attenzione in merito a una questione cruciale, attinente al diritto, intangibile per ogni essere umano, di entrare liberamente e autonomamente in relazione con i propri simili, con l’ambiente che ci circonda, con la conoscenza che esso custodisce ed elargisce, con gli interessi e le passioni che in esso albergano e che esso suscita: società, ambiente, conoscenza, interessi, passioni che, grazie alla grande finestra virtuale, assumono dimensione planetaria, universale, illimitata, in linea con le opportunità offerte dalle tecnologie contemporanee; “quelle opportunità – ha concluso la dottoressa Palummo – a cui l’etica e la civiltà, di cui è formalmente investita la nostra epoca, impongono di valicare ogni barriera, culturale, mentale e materiale, tra abilità e disabilità, rendendo congruenti forma e sostanza, ovvero dando effettività, sulla base di corrette condotte psicologiche e fattuali, e attraverso adeguati ausili e strumenti, a quei principi, a quei valori, a quelle norme che riconoscono a ognuno di noi la facoltà di fare la nostra parte e di realizzare la nostra personalità, in ogni ambito della vita associata”. L’inclusione e l’integrazione sono, in ultima analisi, mete che noi scorgiamo, che abbiamo iniziato a delineare, ma che ancora non abbiamo fatto pienamente nostre; quell’inclusione e quell’integrazione che, anche nel contesto informatico, possono migliorare la quotidianità di ogni individuo, non solo del disabile, contribuendo a rendere, nella pratica, facilmente utilizzabili i sistemi e le reti multimediali a più ampi gruppi di utenti, come coloro che usano dispositivi mobili o che navigano con una connessione internet lenta; quell’inclusione e quell’integrazione che, nell’ambito della Pubblica Amministrazione, aiutano a promuovere l’immagine relativa al senso etico degli Enti; quell’inclusione e quell’integrazione che risultano particolarmente complesse inerentemente alla dimensione della disabilità visiva, o meglio, alla ricerca della strada volgente verso l’obiettivo di rendere integrazione e inclusione dei soggetti con disabilità visiva fattori fattuali; una sfida rispetto a cui una funzione precipua svolge la tiflologia, ovvero la scienza che studia le condizioni di vita e le problematiche delle persone con disabilità della vista, al fine di indicare soluzioni per attuare la loro piena integrazione sociale, professionale e culturale; tiflologia che include diverse aeree di studio, quali la tiflopedagogia, la tiflodidattica, la tiflotecnica, che si occupano dell’educazione e della formazione di coloro i quali sono interessati da minorazione visiva, dello sviluppo cognitivo, della crescita in tutti i loro aspetti, nel campo della relazione, della comunicazione, dell’autonomia orientata all’inclusione della persona, anche in presenza di disabilità plurime, dando grande spazio alle questioni della riabilitazione e dell’assistenza socio-sanitaria, sia nella fase dell’età evolutiva, sia in quella dell’età adulta. Fasi della vita che la tiflologia aiuta ad affrontare al meglio, anche al cospetto della nuova società dell’informazione multimediale, ove la bussola è “la tifloinformatica, ossia – ha spiegato il dottor Carlo Bruni, educatore tiflologico – la scienza che si occupa degli strumenti informatici e delle connesse metodologie d’uso necessarie per l’utilizzo del computer da parte di utenti con disabilità visiva. Nei processi educativi e/o riabilitativi di un cieco o di un ipovedente, la tifloinformatica ha un’importanza fondamentale, in quanto, attraverso gli ausili specifici, di cui si dirà in seguito, fornisce al disabile visivo ottime opportunità d’informazione e di comunicazione, durante i percorsi di studio, nell’inserimento lavorativo e nell’integrazione sociale. L’uso corretto e proficuo delle moderne tecnologie informatiche innalza, nell’utilizzatore non vedente, l’autostima, vera conditio sine qua non, senza la quale il disabile visivo abbandonerebbe ogni percorso di crescita e d’integrazione. Ogni piccolo passo avanti conseguito porta al raggiungimento, prima parziale, poi persino, in alcuni casi, totale, dell’autonomia, che è il traguardo più alto che ogni portatore di handicap si prefigge di raggiungere. Bisogna, però, essere realistici e considerare che anche le nuove tecnologie hanno dei limiti; così avviene anche nel caso della più moderna e innovativa strumentazione pensata per gli utenti disabili visivi. Gli ausili in se stessi non possono abbattere completamente le barriere dell’handicap, nel nostro caso dell’handicap visivo. Infatti, risultano pienamente fruibili, per esempio, i programmi per la gestione dei testi e quelli che permettono la connessione e la navigazione in internet; al contrario quelli che si riferiscono alla grafica o alla modifica delle immagini possono essere usati solo parzialmente dagli utenti non vedenti. Va precisato, comunque, che il personal computer usato dal disabile visivo è un normalissimo computer, corredato da opportuni ausili che ne consentono l’utilizzo da parte di questo particolare utente. La tastiera da utilizzare per un disabile visivo, parziale o totale, è la normale tastiera del PC, fisso o portatile (notebook) che sia. La cosa più assurda è affermare che il cieco/ipovedente abbia bisogno di una tastiera particolare: il cieco, come ogni utilizzatore normodotato, dovrà imparare la tastiera a memoria (tecnica dattilografica), partendo dalla corretta posizione di partenza delle mani sulla tastiera: indice sinistro sul tasto f e indice destro sul tasto j, con i tasti f e j che sono sempre tattilmente riconoscibili, avendo un puntino, o un trattino, o qualsiasi altro segno in rilievo. Ma vediamo rapidamente quali sono e in cosa consistono gli ausili tifloinformatici, illustrandone il funzionamento, accompagnato da riflessioni relative all’importanza che gli stessi assumono per i non vedenti, a iniziare da quello che può definirsi l’ausilio principe della tifloinformatica: lo “screen reader” (lettore dello schermo). Banalmente siamo abituati, per ragioni che possono definirsi “storiche”, a definire “sintesi vocale” il sistema che vocalizza quanto presente sullo schermo. In realtà, è appunto un sistema composto da due entità ben distinte per funzioni, modalità di funzionamento e costo. Agli albori dell’informatica di massa (periodo di riferimento fine anni 80/primi anni 90) il sistema operativo dei pc era il DOS. Con quel sistema operativo, e con la tecnologia di allora, lo screen reader era un piccolo software di lettura della “memoria video” e il sintetizzatore vocale era un ingombrante, pesante e scomodo dispositivo hardware. Il tutto veniva chiamato sintesi vocale, anche ad “alti livelli”: nel nomenclatore tariffario, si continua ancora adesso a parlare di sintetizzatore vocale e non si fa alcun accenno allo screen reader. Con l’avvento dei sistemi operativi a interfaccia grafica Windows, con tutti i pc ormai dotati di scheda audio, la sound blaster, il dispositivo hardware perde significato, la produzione del suono avviene direttamente all’interno del computer, ma diventa importantissimo il software incaricato di leggere la schermata (questo a causa dell’architettura dello stesso windows, che non consentiva l’accesso diretto alla memoria video). Il sistema adesso è tutto software, cosa che aumenta l’importanza dello screen reader; esso diventa più difficile da progettare, diventa molto più costoso. Il prodotto è cambiato, si è migliorato, ma le nostre abitudini mentali e il nostro lessico specifico non si sono evoluti, per cui continuiamo a parlare di sintesi vocale riferendoci al sistema sintesi-screen reader. Lo screen reader non gestisce solo la sintesi vocale, esso è necessario anche per poter utilizzare il display braille, il cui uso è importantissimo: utilizzare esclusivamente la sintesi vocale, causerebbe nel tempo quello che viene definito “analfabetismo di ritorno”. La voce meccanica non perfetta delle sintesi spesso genera confusione e comporta ignoranza del lessico e della sintassi della lingua italiana; ovviamente succede ancor peggio nelle lingue straniere. Un altro strumento è il Display braille, detto anche “barra braille”, che è un apparecchio hardware riportante una schiera di celle braille disposte su una riga. Una cella braille è un dispositivo molto complesso, composto da 8 elementi ceramici che, grazie ad un sistema piezoelettrico, si sollevano in modo da visualizzare in braille le indicazioni ricevute dallo screen reader. La funzionalità del display braille è dinamica, nel senso che quanto visualizzato nella riga braille cambia a seconda delle informazioni che lo screen reader legge sullo schermo. Spesso il display braille possiede una serie di tasti che consentono di navigare nello schermo senza utilizzare la tastiera del pc, e quindi senza spostare il cursore, e dispone anche di un’altra tipologia di tasti per richiamare il cursore, consentendo di spostarlo direttamente da una parte all’altra dello schermo (emulazione del mouse). Naturalmente, per utilizzare il display braille in maniera proficua è indispensabile che l’utente abbia un’ottima conoscenza del braille e un’alta velocità di lettura. Non ho trovato alcuna particolare difficoltà tra coloro che, da buoni braillisti con alta velocità di lettura, ho seguito nell’avventura del cosiddetto “braille informatico”; ognuno di essi ha carpito facilmente e velocemente le differenze con il braille tradizionale e le nuove caratteristiche offerte dai due puntini in più. Se, invece, l’utente ha un residuo visivo sufficiente a leggere autonomamente testi a caratteri ingranditi, allora potrà utilizzare un software ingrandente. I software ingrandenti possono essere immaginati come una lente d’ingrandimento all’interno del PC, che può visualizzare in maniera ingrandita quanto contenuto nella schermata di windows. Naturalmente, a ingrandimenti maggiori corrisponde una porzione di schermo visualizzata sempre più piccola. Infatti, per chi necessita d’ingrandimenti superiori a 4/5 volte, si presenta inevitabilmente la possibilità di perdere l’orientamento all’interno della pagina, specialmente quando si sta utilizzando il pc per navigare in internet. In tal caso, il problema viene risolto con l’utilizzo di uno screen reader con sintesi vocale – spesso, anche se più “leggero” e meno performante di uno screen reader classico, è contenuto nello stesso software ingrandente – . Quasi tutti i software ingrandenti presenti sul mercato offrono alte possibilità di personalizzazione, così come anche il Magnifier, software d’ingrandimento contenuto nello stesso Windows. Essi, infatti, consentono una personalizzazione del puntatore del mouse, in modo da aumentarne la visibilità: puntatori di diverse grandezze e colori, con elementi che evidenziano la posizione dello stesso (un cerchio, un quadrato, una croce a tutto schermo centrati sulla posizione del puntatore). Consentono altresì di ingrandire tutto lo schermo o di dividere lo schermo in due parti (in una viene visualizzata la parte ingrandita, nell’altra la schermata per intero), di utilizzare la funzione “lente d’ingrandimento” (ingrandendo solo una porzione di schermo, centrata sul puntatore del mouse), di invertire i colori o di cambiare i colori visualizzati. Da non dimenticare è, inoltre, la stampante braille, un dispositivo che consente di punzonare un testo in braille o elementi grafici a rilievo su carta a varia grammatura. E’ banale affermare che una stampa braille fatta su un foglio di carta a grammatura 80 (quella che normalmente si usa per fotocopie o stampe in nero) avrà poca durata: dopo qualche lettura la carta si rovina e diventa illeggibile al tatto. Esistono stampanti braille in grado di stampare su ambedue i lati del foglio (interpunto), sfalsando leggermente l’impaginazione in modo che i puntini non si sovrappongano. Il testo, specie se elaborato con un programma di videoscrittura complesso (ad esempio Winword), avrà bisogno di essere preparato per la stampa braille, con una nuova formattazione, eliminando alcuni caratteri e proprietà non traducibili in braille. A tale scopo esistono vari software a disposizione, dai più semplici e intuitivi, che consentono stampe senza troppe pretese, ai più professionali, utilizzati nei centri di trascrizione più avanzati del nostro Paese. Infine, occorre fare un cenno alle grandi praterie d’accessibilità che oggi offrono gli smartphone, i sistemi integrati di tali strumenti, difatti costituenti il mezzo principale utilizzato per diverse funzioni, le quali prima “passavano” dal computer; funzioni la cui esecuzione adesso risulta enormemente semplificata da queste nuove tecnologie, in grado di dare a chi vive la disabilità visiva immense opportunità, le quali non devono, in ogni caso, distogliere i ragazzi dall’apprendimento degli altri sistemi operativi, come la tastiera, a cui occorre accostarsi con interesse – ha concluso il dottor Bruni –, al fine di sedimentare un bagaglio di competenze col quale affrontare e superare le barriere che una società in continua evoluzione presenta sul nostro cammino”. Un cammino ancora arduo, ogni giorno più arduo, la cui felice evoluzione potrà trovare spazio nell’accesso ai mondi inesplorati dell’universo multimediale, vera frontiera di una società effettivamente integrata, aperta e inclusiva: una società, insomma, progredita e moderna, in ogni aspetto della sua essenza.
Il presidente regionale UICI Pietro Testa, il dottor Massimo De Buono e il Consigliere Nazionale UICI Annamaria Palummo