CheFirma: una interessante firma elettronica remota gratuita

Autore: Nicola Ferrando

In questo articolo non parlerò del concetto di firma elettronica e del suo valore legale, ma illustrerò un servizio che presenta un aspetto peculiare, che lo rende molto interessante per tutti coloro che non sanno se e quando effettivamente dovranno usare la firma elettronica e tuttavia vogliono averne una pronta all’uso. Si tratta di cheFirma, la firma elettronica proposta da LetteraSenzaBusta.com in collaborazione con Intesi Group. La particolarità di questo servizio è che, a differenza di tutti gli altri servizi analoghi, non prevede il pagamento di un canone annuale, ma solo il pagamento di una cifra ogni volta che si appone una firma elettronica, una marca temporale o un contrassegno digitale. Parliamo di € 5,99 per la firma elettronica e € 0,99 per la marca temporale e il contrassegno digitale. È evidente che, se si pensa di dover utilizzare il servizio dieci volte in un anno l’importo può risultare non particolarmente conveniente, ma per una persona che non sa neppure se gli capiterà di usare il servizio o che ha solo la necessità di firmare digitalmente la domanda di partecipazione ad un concorso pubblico, la mancanza di un canone fisso annuale e magari di un vincolo pluriennale può rappresentare una opzione interessante.

Il primo passo per poter utilizzare il servizio cheFirma è registrarsi sul sito www.letterasenzabusta.com. Questo sito offre servizi postali, quali l’invio di una raccomandata, di un telegramma o di una disdetta. Da qualche tempo ha aggiunto il servizio di firma elettronica chiamato cheFirma. Se non si è già registrati, occorre cliccare sul link Registrati gratis. Si apre la pagina di registrazione, nella quale dovremo inserire i nostri dati personali e scegliere una password. È necessario riempire tutti i campi, compreso il numero di cellulare, che ci servirà per completare la creazione della firma elettronica. Una volta compilato ed inviato il modulo di registrazione, riceveremo una mail contenente un link da cliccare per confermare la validità della nostra mail.

A questo punto possiamo cliccare sul link Login ed inserire le nostre credenziali.

Nella nuova pagina che ci si presenta individuiamo il link Firma digitale. Potete leggere tutte le spiegazioni e quindi cliccare sul link Attivazione. Come sempre è opportuno leggere le spiegazioni, quindi cliccare su Attivazione Firma Digitale gratis. Nella nuova pagina che si apre è necessario confermare i propri dati, scegliere una password, che può essere anche diversa da quella usata per accedere a letterasenzabusta.com, quindi dovrete caricare le immagini della vostra carta d’identità e del codice fiscale. Il tutto è completamente accessibile. È importante essere in possesso di 4 file contenenti ciascuno una faccia del documento, altrimenti il sistema non li accetta.

Dopo aver caricato le immagini dei documenti, si deve scegliere il metodo di identificazione. Il sistema offre due possibilità: se si possiede SPID, il sistema pubblico di identità digitale, lo si può utilizzare, altrimenti si dovrà ricorrere alla video identificazione. Se si ha fretta, si può effettuare la video identificazione immediatamente pagando circa € 25, altrimenti si può programmare un appuntamento per i giorni successivi. La video identificazione viene effettuata tramite il programma Zoom. Durante la video identificazione sarà necessario confermare a voce i propri dati e mostrare all’operatore gli originali dei documenti. L’operatore vi guiderà indicandovi come ruotare o spostare il documento in modo da allinearlo con la telecamera del vostro computer o smartphone. Tenete presente che vi verrà chiesto anche di pronunciare il numero della vostra carta d’identità.

Alla fine della procedura riceverete una mail che vi consentirà di compiere l’ultimo passo: la generazione del certificato di firma elettronica. In questa fase vi verrà inviato tramite sms un codice OTP da inserire nell’apposito campo.

Per firmare i propri file si deve utilizzare l’apposita procedura presente sul sito www.letterasenzabusta.com. È possibile firmare in formato PAdES, CAdES e XAdES a seconda del tipo di file che si vuole generare. La procedura, accessibile anche mediante browser mobile, consente di caricare un file presente sul proprio dispositivo, scegliere il tipo di firma, aggiungere eventualmente la marca temporale e il contrassegno digitale, pagare la prestazione con carta di credito o Postepay e scaricare il file firmato digitalmente.

Avendo provato personalmente il servizio, mi sento di consigliarlo a tutte quelle persone che non devono fare un uso professionale e periodico della firma elettronica.

Aggiornamento del 30 Aprile 2021.

Su sollecitazione di un lettore ho contattato il servizio clienti di Letterasenzabusta.com, il quale mi ha comunicato che non è previsto un tempo massimo per l’inserimento dell’OTP numerico che viene inviato tramite sms dopo aver effettuato il pagamento della singola operazione di firma elettronica, il che è sicuramente un grosso vantaggio rispetto a molti altri servizi analoghi, che invece richiedono di inserire l’OTP in un tempo molto breve.

Inoltre proprio oggi è stato comunicato a tutti gli iscritti alla newsletter di Letterasenzabusta.com che a partire da Lunedi 3 Maggio 2021, la Video Identificazione Online per ottenere la Firma Digitale cheFirma! NON sarà più gratuita. Sarà infatti richiesto un costo operatore RAO pari a Euro 9,90 (iva inclusa). Rimane gratuita l’identificazione mediante SPID.

Per eventuali ed ulteriori spiegazioni, scrivere a: Nicola Ferrando, nicola.ferrando@libero.it

CheFirma: una interessante firma elettronica remota gratuita

Autore: Nicola Ferrando

In questo articolo non parlerò del concetto di firma elettronica e del suo valore legale, ma illustrerò un servizio che presenta un aspetto peculiare, che lo rende molto interessante per tutti coloro che non sanno se e quando effettivamente dovranno usare la firma elettronica e tuttavia vogliono averne una pronta all’uso. Si tratta di cheFirma, la firma elettronica proposta da LetteraSenzaBusta.com in collaborazione con Intesi Group. La particolarità di questo servizio è che, a differenza di tutti gli altri servizi analoghi, non prevede il pagamento di un canone annuale, ma solo il pagamento di una cifra ogni volta che si appone una firma elettronica, una marca temporale o un contrassegno digitale. Parliamo di € 5,99 per la firma elettronica e € 0,99 per la marca temporale e il contrassegno digitale. È evidente che, se si pensa di dover utilizzare il servizio dieci volte in un anno l’importo può risultare non particolarmente conveniente, ma per una persona che non sa neppure se gli capiterà di usare il servizio o che ha solo la necessità di firmare digitalmente la domanda di partecipazione ad un concorso pubblico, la mancanza di un canone fisso annuale e magari di un vincolo pluriennale può rappresentare una opzione interessante.

Il primo passo per poter utilizzare il servizio cheFirma è registrarsi sul sito www.letterasenzabusta.com. Questo sito offre servizi postali, quali l’invio di una raccomandata, di un telegramma o di una disdetta. Da qualche tempo ha aggiunto il servizio di firma elettronica chiamato cheFirma. Se non si è già registrati, occorre cliccare sul link Registrati gratis. Si apre la pagina di registrazione, nella quale dovremo inserire i nostri dati personali e scegliere una password. È necessario riempire tutti i campi, compreso il numero di cellulare, che ci servirà per completare la creazione della firma elettronica. Una volta compilato ed inviato il modulo di registrazione, riceveremo una mail contenente un link da cliccare per confermare la validità della nostra mail.

A questo punto possiamo cliccare sul link Login ed inserire le nostre credenziali.

Nella nuova pagina che ci si presenta individuiamo il link Firma digitale. Potete leggere tutte le spiegazioni e quindi cliccare sul link Attivazione. Come sempre è opportuno leggere le spiegazioni, quindi cliccare su Attivazione Firma Digitale gratis. Nella nuova pagina che si apre è necessario confermare i propri dati, scegliere una password, che può essere anche diversa da quella usata per accedere a letterasenzabusta.com, quindi dovrete caricare le immagini della vostra carta d’identità e del codice fiscale. Il tutto è completamente accessibile. È importante essere in possesso di 4 file contenenti ciascuno una faccia del documento, altrimenti il sistema non li accetta.

Dopo aver caricato le immagini dei documenti, si deve scegliere il metodo di identificazione. Il sistema offre due possibilità: se si possiede SPID, il sistema pubblico di identità digitale, lo si può utilizzare, altrimenti si dovrà ricorrere alla video identificazione. Se si ha fretta, si può effettuare la video identificazione immediatamente pagando circa € 25, altrimenti si può programmare un appuntamento per i giorni successivi. La video identificazione viene effettuata tramite il programma Zoom. Durante la video identificazione sarà necessario confermare a voce i propri dati e mostrare all’operatore gli originali dei documenti. L’operatore vi guiderà indicandovi come ruotare o spostare il documento in modo da allinearlo con la telecamera del vostro computer o smartphone. Tenete presente che vi verrà chiesto anche di pronunciare il numero della vostra carta d’identità.

Alla fine della procedura riceverete una mail che vi consentirà di compiere l’ultimo passo: la generazione del certificato di firma elettronica. In questa fase vi verrà inviato tramite sms un codice OTP da inserire nell’apposito campo.

Per firmare i propri file si deve utilizzare l’apposita procedura presente sul sito www.letterasenzabusta.com. È possibile firmare in formato PAdES, CAdES e XAdES a seconda del tipo di file che si vuole generare. La procedura, accessibile anche mediante browser mobile, consente di caricare un file presente sul proprio dispositivo, scegliere il tipo di firma, aggiungere eventualmente la marca temporale e il contrassegno digitale, pagare la prestazione con carta di credito o Postepay e scaricare il file firmato digitalmente.

Avendo provato personalmente il servizio, mi sento di consigliarlo a tutte quelle persone che non devono fare un uso professionale e periodico della firma elettronica.

Per eventuali ed ulteriori spiegazioni, scrivere a: Nicola Ferrando, nicola.ferrando@libero.it

Dopo 15 anni torno a scuola

Autore: Sipontina Principe

Il 6 aprile del 2005 mi sono laureata in Lingue e Letterature Straniere, presso l’Università La Sapienza di Roma, con 105. L’anno scorso, dopo 15 anni sono tornata a scuola. Da ottobre 2020 a gennaio 2021 ho frequentato online i corsi organizzati dall’I.Ri.Fo.R. Ho scelto 4 moduli:

– la persona disabile visiva in età evolutiva, con deficit complessi: integrazione delle competenze diagnostiche, riabilitative ed educative;

– l’apprendimento della scrittura Braille, per gli alunni non vedenti ed ipovedenti;

– sussidi didattici e discipline;

– tifloinformatica e scuola.

Mi manca il modulo riguardante l’integrazione scolastica che, spero venga riproposto il prossimo settembre.

Tutti i temi trattati sono stati molto interessanti, ma alcuni mi hanno colpito maggiormente:

– la gestione del comportamento problema;

– la didattica del Braille;

– i sussidi didattici consigliati, per studenti non vedenti ed ipovedenti;

– l’informatica.

Le lezioni si sono svolte tramite il sistema di video conferenza Zoom, il martedì, mercoledì e giovedì, dalle 15.00 alle 19.00. L’aula per me non era virtuale, ma fisica; immaginavo di stare seduta al banco, come a scuola, insieme ai compagni di diverse età e categorie: insegnanti, genitori di ragazzi con disabilità visiva, responsabili dei centri di consulenza tiflodidattica. Di fronte a me c’erano gli insegnanti che spiegavano gli argomenti con dedizione, passione, professionalità. Amavo sedermi davanti, per ascoltare meglio i concetti fondamentali. Intervenivo spesso, per domande ed osservazioni. Ho avuto riscontri positivi con gli organizzatori ed i docenti dell’I.Ri.Fo.R., perché a prescindere dalle lezioni, mi hanno trasmesso l’esperienza, guida importante per il mio cammino formativo. L’ente ha lavorato e lavora tanto, per rendere accessibile il materiale per lo studio e le prove d’esame. Il 25 marzo ho sostenuto il colloquio orale sui 4 moduli, superandolo brillantemente. La commissione mi ha chiesto: “Come mai lei ha frequentato questi corsi?”, ho risposto: “Per cultura personale, offrire la consulenza ai genitori, insegnanti ed educatori dei diversamente abili. Un giorno vorrei insegnare il Braille e l’Informatica ai non vedenti ed ipovedenti con e senza minorazioni aggiuntive, affiancando il docente di sostegno in classe. Nella città in cui vivo vige una scarsa cultura della disabilità visiva, eccezion fatta per chi conosce le mie abilità”.

I corsi sono stati un trampolino di lancio, visto che l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Foggia mi ha nominata rappresentante di zona, per il territorio di Manfredonia, Mattinata e Monte Sant’Angelo; quindi, chi ha bisogno, può chiedermi una consulenza e riferirò al Consiglio sezionale le difficoltà di integrazione scolastica e sociale dei soggetti interessati.

Il 18 aprile 2021 sono intervenuta in videoconferenza come ospite al programma “Quelli della Domenica”, in onda ogni domenica alle 10.30 trasmesso in streaming su Radio Manfredonia Centro. L’emittente radiofonica è stata sensibilissima nei miei confronti, concedendomi l’opportunità di trattare le problematiche relative alla pluridisabilità.

Il 21 aprile ho ricevuto via e-mail gli attestati dei moduli frequentati; sono riconoscimenti, per i traguardi da me raggiunti e non semplici pezzi di carta. Certamente, rappresentano un motivo in più, per farmi spazio nella società in cui vivo.

Concludo questo articolo, facendo 2 appelli:

appena ripartiranno i corsi I.Ri.Fo.R., non perdete l’occasione, perché sono treni importanti per la vostra vita.

I non vedenti ed ipovedenti hanno il rifiuto dell’informatica e delle nuove tecnologie; è inaccettabile questo! Iscrivetevi ai corsi di informatica, per scoprire le novità offerte dai nuovi software adattativi e dispositivi touch screen.

Digitale Terrestre DVB T2?

Autore: Rocco Clementelli

Di cosa si tratta?

Nessuna materia fantascientifica, si tratta di frequenze di trasmissione dei segnali delle nostre TV, i canali attraverso i quali ci arrivano al nostro televisore di casa tutti i programmi che trasmette la RAI, Mediaset e tutti gli altri operatori televisivi.

Anche se stiamo ancora in piena pandemìa, in questi giorni si sente parlare sempre di più di questo cambio di frequenze televisive e, soprattutto, del passaggio al nuovo Digitale Terrestre denominato appunto DVB T2.

Questo nuovo protocollo di trasmissione non compatibile con vecchi televisori e anche con quelli di pochi anni fa, ci vedrà costretti a cambiare questo elettrodomestico, oppure, danno minore, ci costringerà ad aggiungere al nostro tv un decoder. Questa seconda opzione, anche se meno onerosa, ancora una volta ci porterà ad avere più telecomandi. Inoltre, non sono da escludere anche tanti fastìdi di ricezione e di montaggi sui nostri tv, anche se moderni, ma non abilitati al nuovo protocollo di trasmissione. ma andiamo per ordine.

come prima cosa verifichiamo se la nostra tv e pronta a decifrare il dvdt2.

Per saperlo, ci basterà sintonizzare il canale 100 oppure il 200. Se apparirà una schermata che ci informa, appunto, della presenza del protocollo, possiamo tirare un sospiro di sollievo: il televisore è abilitato.

Se invece appare un canale, provate a risintonizzare tutti i canali. Fatto ciò, se proprio non appare lo schermo blu con il messaggio, allora bisogna cambiare tv o, come dicevo in precedenza, dobbiamo dotarci di un decoder.

Se proprio non possedete un televisore abbastanza recente ed avete un televisore di vecchia concezione, Questa potrebbe essere una buona occasione per acquistare qualcosa di nuovo e soprattutto accessibile.

Infatti, da qualche tempo, le case produttrici di televisori hanno integrato nei loro “Smart tv” la tecnologia assistiva, con l’uso di sintesi vocali belle, gestite da veri e propri screen reader, in grado di gestire il mondo televisione quasi completamente: vedi sintonizzazione canali, volume, guida programmi, eccetera. Inoltre, solo nei canali rai, anche la gestione delle audio descrizioni. Da tener presente che le audio descrizioni sono presenti sui canali Rai, ma solo se nei programmi è stato implementato ed è quindi disponibile.

Per verificare se si dispone della possibilità di avere le audio descrizioni, basta cercare il tasto giallo, per alcuni TV è il penultimo in basso a destra, ultima riga, e intorno ad esso ci sono tutte le altre funzioni che possono appunto servire alla buona gestione dei canali e delle altre funzionalità in autonomia .

Questi nuovi televisori vengono definite Smart tv. Ma cosa sarebbe in pratica un televisore denominato con la parola Smart?

Le Smart tv sono provviste di connessione a internet ed hanno un sistema operativo proprio come i nostri pc e smartphone. Sono in grado di navigare in internet, ma soprattutto sono capaci di trasmettere in streaming, naturalmente tramite le app scaricabili da Play Store, tutti i programmi nelle varie piattaforme quali “NETFLIX, AMAZON PRIME, YOUTUBE, RAI PLAY, Disney plus” e molto altro…

Questi contenuti sono fruibili tramite connessione Wi-Fi, o tramite LAN cablata, e sono più o meno gestibili dagli screen reader presenti a bordo dei televisori. Non a caso, quelli che ho citato sopra sono appunto già accessibili e solo se abbiamo sottoscritto un abbonamento con chi gestisce queste piattaforme.

Le Smart tv sono tutte chiacchierone, nel senso che sono tutte dotate di screen-reader?

Purtroppo no!

Infatti, al momento della stesura di questo articolo, la gamma di tv dotate di screen-reader è limitata a 3 marchi: ” SONY, ANDROID TV. LG, WESO TV. Tizen (Smart HUB) di Samsung”.

Come capire se sono parlanti e, quindi, dotate di screen-reader?

In merito alla prima Sony, si tratta di tv Smart Android e, appunto, è il sistema operativo di Google che sapientemente la casa a sviluppato per gestire i televisori Smart, e come in ogni Android, è presente il TalkBack che permette di gestire a pieno tutto il mondo tv e anche diverse piattaforme streaming. Ma la Sony ha fatto qualcosa in più; nelle impostazioni è presente alla voce accessibilità, anche uno Screen reader, chiamato semplicemente così, che in scioltezza gestisce il suo sistema in maniera discreta e sapiente.

Dico discreta,) in quanto tale screen reader parla, ma se vogliamo ad esempio sapere di che canale si tratta e che film è in onda, dobbiamo premere un tasto e la tv partirà con descrizione e appunto numero canale; le tv SONY che ci permettono di fare questo e avere l’accessibilità sono i modelli Android da 43 pollici in su. Vi basterà sapere appunto che è installato Android e poi il resto si attiva nelle impostazioni.

La seconda casa che consente la gestione con screen reader del suo tv è la LG che, in ogni televisore Smart con sistema operativo WEB SO, dalla versione 3.5 in poi, ha integrato il lettore di schermo, appunto denominato da LG “guida vocale”, .

In questo caso, la LG ha sviluppato in proprio un ottimo sistema operativo basato su Linux, ovviamente, riscrivendo il sistema operativo proprio per i tv. Tanto è valido questo sistema operativo che circa 20 altre case produttrici di televisori hanno deciso di installarlo nei loro prodotti. Questo ci consentirà nei prossimi anni di avere altri marchi con le sintesi vocali già installate.

LG ha fatto qualcosa di fantastico, in quanto, le sue tv Smart partono dalla piccolissima 24 pollici a salire, quindi, abbiamo modo di poter scegliere sia le dimensioni, sia il prezzo. Si può prendere una piccola 24 pollici a meno di 200 euro. Praticamente quanto un normalissimo tv anonimo.

Cosa dobbiamo tener conto quando prendiamo una lg?

Il sistema operativo deve essere come sigla “web so 3.5” e versioni successive. Versioni precedenti non vanno bene. Un’altra cosa è da tener conto: per quale mercato è stata prodotta. Questa informazione conta moltissimo, perché, anche se i modelli sono uguali per tutti i paesi, in tv non prodotti per il mercato italiano, dicasi “mercato parallelo”, potrebbe avere qualche differenza nel sistema operativo e vanificare l’acquisto.

Il terzo marchio produttore di tv con una guida vocale, è la coreana Samsung. Questa casa è stata la prima a presentare un prodotto accessibile per i non vedenti, almeno nel mercato Italiano.

Senza soffermarci sulla qualità del prodotto televisore Samsung e su quale modello scegliere, perché questo, come per le altre marche, dipende dai gusti e dai prezzi, vediamo cosa ci offre.

La Smart tv Samsung ha un suo sistema operativo “Tieni (Smart HUB) di Samsung.” nato con base Linux e sviluppato in collaborazione dal colosso coreano, è riuscito a creare una notevole piattaforma semplice e completa, ove ha integrato la sua guida vocale che permette la gestione in autonomia del televisore e di qualche app. Vedi Amazon Prime e poco altro.

Ovviamente tutto il televisore è accessibile e programmabile. In pratica, se dobbiamo usare i canali classici, tutto funziona in maniera facile e accessibile.

Anche su questa Smart tv, come su Sony, la presenza dello screen-reader si può trovare su modelli da 40 pollici in su.

Qualche tempo fa, si parlava di inserirlo in modelli più piccoli ed economici, vedi LG, ma di questo attualmente ancora non abbiamo conferme.

In conclusione, rispetto a 4 o 5 anni fa, abbiamo un po’ di scelte per un nuovo televisore, con scelte di prezzi piccoli con la 24 LG, o esagerati, vedi i mega 80 pollici Oled, da migliaia di euro.

Per fare una scelta oculata, soprattutto dobbiamo capire bene cosa vogliamo farci con la tv, quindi, dobbiamo valutare che, per esempio, la Sony Android rimane la scelta più valida per chi ama i canali streaming, con la possibilità di uno Store ricco e con accessibilità più concreta nelle app. D’altronde, le altre hanno una maggior prosodìa nei canali tv, cosa che magari a molti potrebbe essere utile, mentre non hanno un’accessibilità come la Sony.

Nota non da poco: quasi tutte queste Smart tv sono compatibili con i nostri assistenti vocali in domotica, vedi “AMAZON ALEXA E GOOGLE OME”.

Addirittura alcune hanno l’assistente vocale integrato e si può interagire con esso tramite un telecomando opzionale che è provvisto di microfono e di un tasto dedicato.

Questo mondo accessibile, purtroppo, ancora non si può attivare in piena autonomia. Per la prima attivazione e, successivamente per la configurazione, oltre ad una connessione ad Internet, è necessario un occhio in prestito, perché bisogna attivare lo screen-reader. La rete internet, invece, serve per poter scaricare i pacchetti vocali per la lingua italiana.

Successivamente, se servisse utilizzare il televisore senza connessione, ovviamente tutto quello collegato alla parte Smart non potrà funzionare, è possibile farlo. Comunque, una volta attivato lo screen-reader, la sintesi vocale continuerà ad assisterci in tutte le funzionalità del televisore.

Pur essendo prodotti Smart, quindi intelligenti, è doveroso specificare che si tratta di Tv che, anche se dotate di sistema operativo e di assistenza vocale, sono sempre strumenti limitati che ci consentono di fare tanto, ma per il momento non tutto, e non li dobbiamo considerare come i pc, gli smartphone, i Tablet, eccetera. La cosa importante è che abbiamo la possibilità di scegliere tra tre marchi e tanti modelli e che la scelta non è poca.

Inoltre, finalmente abbiamo la soddisfazione di sapere cosa sta trasmettendo in quel momento un determinato canale e questa possibilità che, fino a qualche anno fa ci era preclusa, è veramente grande.

Far conoscere ai disabili visivi questo tipo di prodotto in questo momento di cambiamento delle frequenze televisive sicuramente servirà ad orientare qualcuno nella scelta di un televisore adeguato alle proprie esigenze, ma volutamente ho deciso di non entrare nelle specifiche tecniche e nei dettagli dei vari modelli, perché come sicuramente immaginerete, la scelta è talmente ampia che una tale spiegazione particolareggiata non sarebbe stata utile, ma anche perché le tecnologie si aggiornano talmente in fretta che un modello uscito oggi, domani potrebbe già essere vecchio.

Per ulteriori spiegazioni, scrivere a: Rocco Clementelli, cle.rocco@gmail.com

Accessibilità dei servizi digitali: dalle sanzioni alle opportunità

Autore: Roberto Scano

L’accessibilità può essere un’occasione di miglioramento della qualità dei servizi e non solo un obbligo da rispettare per evitare una sanzione dirigenziale nel caso delle pubbliche amministrazioni o una sanzione fino al 5% del fatturato per le grandi aziende. Vediamo perché.

Se il vostro fornitore di servizi digitali, durante una riunione operativa, vi chiedesse: “quali utenti volete escludere dai vostri servizi?” probabilmente sobbalzereste sulla sedia dicendo: “nessuno!”. Questa è la normale reazione che ognuno di noi avrebbe ad una proposta del genere, in quanto è pensiero comune che un servizio digitale sia fatto per raggiungere il maggior numero di utenti possibili, al fine di proporre informazioni, servizi o prodotti commerciali.

Ma se il vostro fornitore non ve lo chiedesse e, per sua ignoranza o incapacità, lasciasse fuori parte dell’utenza, creandovi un danno che potrebbe andare dalla perdita di potenziali utenti fino ad una sanzione che può raggiungere il 5% del vostro fatturato?

Questa imbarazzante situazione è purtroppo largamente diffusa sia nel settore delle PA che nel settore privato, e deriva da una problematica di cui si parla da anni, ma sempre girandoci intorno: le competenze digitali, sia di chi fornisce che di chi acquista prodotti ICT.

Nello specifico, sto parlando di competenze in tema di accessibilità informatica, ossia l’acquisto di soluzioni ICT (hardware, software, documenti, app mobili, ecc.) sviluppate secondo criteri internazionali (standard) in modo che possano garantire di essere utilizzate dalla maggior parte degli utenti, comprese le persone con disabilità.

Si, perché proprio questa fascia di utenza è quella oggetto di discriminazione da parte di servizi della PA e di aziende del settore privato.

Accessibilità, autonomia e standard.

Per comprendere meglio il problema partiamo da due concetti di base: autonomia e standard.

L’autonomia delle persone con disabilità è sacrosanta, e deve essere garantita in quanto le persone con disabilità non sono utenti di serie b e quindi devono avere le medesime possibilità che abbiamo noi di ottenere informazioni e servizi da siti web della PA così come prodotti e servizi da aziende del settore privato, il tutto in completa autonomia.

Se un utente con disabilità desidera utilizzare un servizio della PA (esempio: poter richiedere documenti come un referto medico, pagare un servizio on line), deve poterlo fare in autonomia, senza richiedere aiuto a terzi, anche a tutela della riservatezza delle informazioni a cui accede.

Allo stesso modo, se un cliente con disabilità intende fruire di un servizio (es: home banking, accesso ad aree riservate di compagnie di telecomunicazioni, assicurazioni, prenotazioni alberghiere, taxi, ecc.) o vuole conoscere meglio un prodotto e acquistarlo on line (tramite servizi e-commerce), deve poterlo fare in autonomia, senza alcuna discriminazione rispetto agli altri utenti.

Impedire l’autonomia delle persone con disabilità, significa discriminarle rispetto agli altri utenti, e ciò fornisce la possibilità alla persona discriminata di agire contro il soggetto che la discrimina, grazie alla LEGGE 1 Marzo 2006, n. 67 “Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni”. Basta una veloce ricerca con Google per vedere quanti siano i casi, anche nel nostro paese e anche di risalto mediatico, come il recente caso dell’app IO che non consentiva agli utenti non vedenti, in autonomia, di poter richiedere il bonus vacanze.

Questa norma non solo impone la rimozione della barriera (fisica o digitale) riscontrata dall’utente con disabilità, ma prevede pure un risarcimento per tale soggetto discriminato.

E gli standard?

Esistono da anni, tanti, troppi per utilizzare ancora oggi la scusa: questo tema dell’accessibilità è complicato, una cosa di nicchia, che fa realizzare prodotti brutti e di pessima qualità. Le prime regole di accessibilità, nate per il web, risalgono al 5 maggio 1999. Sono quasi 22 (ventidue) anni quindi che il tema dell’accessibilità è pubblico e ben documentato per chi sviluppa soluzioni web. E questo tema si è sviluppato nel corso degli anni, con la pubblicazione dell’ultima versione delle regole di accessibilità (WCAG 2.1) il 5 giugno 2018, portando i maggiori player che operano nel settore della produzione di strumenti di sviluppo a rendere accessibili i prodotti.

Da Microsoft a Google, Apple, sino alle community di prodotti open source come WordPress si sono adoperate per garantire strumenti che consentano il rispetto di questi standard, aiutando quindi a garantire una maggiore inclusione degli utenti con disabilità. Attualmente in Europa lo standard di riferimento per l’acquisto dei prodotti ICT si chiama EN 301549 v. 2.1.2, in Italia disponibile gratuitamente sul sito dell’ente di normazione nazionale (previa registrazione) come UNI 301549:2018.

In questo standard sia il committente che il fornitore possono trovare tutte le informazioni utili a capire quali siano i requisiti di accessibilità da applicare ai propri prodotti.

La pandemia e la discriminazione digitale.

Durante il periodo pandemico, c’è stata una forte crescita del miglioramento dell’accessibilità da parte dei grandi player per alcune specifiche disabilità.

Pensiamo solo al diffondersi delle dirette on line su social come Facebook in cui venivano condivise informazioni importanti, che ha portato Facebook a garantire una sottotitolazione in tempo reale per ogni diretta consentendo quindi alle persone sorde di poter comprendere tali contenuti.

Purtroppo, lato PA e aziende, non vi è stata medesima attenzione. In rete si possono riscontrare ancora oggi moltissime pubblicazioni effettuate in modo discriminatorio, a partire da documenti scansionati pubblicati nei siti delle PA, all’impossibilità di fruire di servizi on line sia nel settore pubblico che nel settore privato.

Pensiamo ad esempio al periodo di lockdown forte, in cui era vietato spostarsi oltre qualche centinaio di metri da casa, che ha portato quindi alla diffusione di soluzioni e-commerce sia da parte dei piccoli commercianti che delle grandi catene di distribuzione. Purtroppo, in quest’ultimo caso molti servizi risultavano non essere accessibili ed impedivano a clienti con disabilità di procedere all’acquisto di prodotti e servizi. Non meglio se la passa la PA dove gran parte dei servizi implementati “last minute” per soddisfare le richieste dell’utenza erano totalmente inaccessibili: la prenotazione di un appuntamento presso gli uffici, di un esame, del vaccino sono state vere e proprie barriere.

Perché capita tutto questo?

Tornando all’inizio dell’articolo ripongo la domanda: perché nascono soluzioni che non sono per tutti, e discriminano utenti, facendo perdere nel settore privato anche potenziali clienti?

La risposta è poco confortante: perché vi è una pessima qualità delle forniture ICT. Si, utilizzo proprio il termine qualità in quanto l’accessibilità è una delle caratteristiche di qualità di un prodotto e, in assenza di essa, un prodotto non si può definire di qualità.

Rievocando le parole di Tim Berners-Lee, inventore del web, il web fu inventato per consentire a tutti, indipendentemente dalle disabilità di poterlo utilizzare.

Tutto questo capita nonostante vi siano normative ben chiare sia per la PA che per il settore privato. Per la PA esiste la Legge 4/2004, conosciuta come Legge Stanca che obbliga, pena nullità, a inserire il tema dell’accessibilità nei contratti di fornitura. Obbliga pure le PA ad effettuare una dichiarazione pubblica di accessibilità (entro il 23 settembre per i siti web a partire dallo scorso anno ed entro il 23 giugno per le app mobili a partire da quest’anno), ovvero di conformità dei propri servizi rispetto alle regole internazionali citate sopra.

La responsabilità del tema a livello centrale di ogni PA ricade sul Responsabile per la Transizione Digitale (RTD), che chiaramente dovrà “suddividerla” con i vari responsabili interni all’amministrazione in quanto il tema impatta in ogni attività (dalla gestione documentale, agli acquisti, alla trasparenza amministrativa, ecc.).

Attenzione che questo vale anche per il settore privato, attualmente per le aziende con fatturato superiore ai 500 milioni di euro di media nell’ultimo triennio. Per questi ultimi, a seguito di segnalazione di inaccessibilità da parte di utenti all’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) viene fissato un termine di adeguamento che, se non rispettato, comporta una sanzione amministrativa che può arrivare al 5% del fatturato.

Come si verifica l’accessibilità.

La domanda più frequente che mi viene posta è sempre la stessa: ma come verifico l’accessibilità?

E la mia risposta è sempre la stessa: dipende. Dipende dalla tipologia di sito web, di servizio erogato. In alcuni casi ci si può aiutare con degli strumenti automatizzati di verifica che però non possono garantire un’analisi completa di tutti i criteri necessari per definire un servizio accessibile.

Vi è pertanto necessità di competenze interne e/o acquisizione di consulenti esterni con capacità di valutazione di siti web, applicazioni web e app mobili.

È importante anche il coinvolgimento degli utenti con disabilità, in quanto una verifica meramente tecnica non consente di identificare eventuali criticità nell’uso dei prodotti ICT da parte delle persone con disabilità. È per tale motivo che la normativa vigente prevede anche delle verifiche di usabilità con il coinvolgimento delle persone con disabilità.

Che succederà in futuro.

Quanto detto sopra è già vigente, ricordando che l’utente con disabilità può sempre utilizzare la legge n. 67 del 2006 per una tutela diretta verso qualsiasi tipo di PA o azienda, anche se l’azienda non rientra nel fatturato superiore ai 500 milioni di euro.

In un futuro non lontano, (entro giugno 2025), come previsto dall’European Accessibility Act , tutti i prodotti e servizi ICT immessi sul mercato europeo dovranno essere accessibili. Ciò significa che già da oggi, chi non ha ancora pensato al tema dell’accessibilità ha pochi anni per adeguare le soluzioni ICT e la necessità di adeguamento chiaramente ricade sia nel cliente finale ma soprattutto nel fornitore che dovrà pianificare una transazione verso soluzioni conformi.

Oggi l’accessibilità non è più come nel 1999, dove per garantire una soluzione accessibile era necessario creare qualcosa di “brutto” o “parallelo” al servizio principale. Con le regole di accessibilità vigenti è possibile creare siti web di alta qualità, aggiungendo delle caratteristiche “invisibili” agli utenti che non necessitano di tecnologie assistive. Oggi il design for all esiste, basta applicarlo nel modo corretto.

Roberto Scano – Presidente IWA Italy (International Web Association Italia).

Come segnalare i problemi di accessibilità per i servizi digitali di PA ed aziende

Autore: Roberto Scano

Quante volte ci è capitato di imbatterci in problemi di accessibilità di siti, servizi web o applicazioni mobili delle PA e di aziende e molte volte ci siamo detti: “ecco, l’ennesimo problema di accessibilità!”, abbiamo chiuso il sito e siamo passati altrove.

Grazie anche a questo comportamento, spesso le PA e le aziende non ricevono comunicazioni sulle problematiche di accessibilità riscontrate dalle persone con disabilità e pertanto non possono migliorare i servizi. In altri casi invece, la modalità con cui l’utente segnala non è adeguata per una risoluzione del problema.

Come scrivere ai gestori dei servizi digitali.

La calma è la virtù dei forti.

Prima di arrabbiarsi verso la pubblica amministrazione o l’azienda nei cui servizi troviamo problemi di accessibilità, pensiamo sempre che il problema che abbiamo riscontrato potrebbe essere un errore non voluto, una distrazione, un problema non ancora identificato. Per tale motivo il consiglio è di scrivere a questi soggetti.

Scrivere alle Pubbliche Amministrazioni.

Stavate cercando un documento importante nella pubblicità legale (albo), della modulistica e le avete trovate in formato PDF ma come scansione di documenti cartacei? Non riuscite ad utilizzare un servizio di prenotazione di servizi della PA o una determinata app in quanto ha delle criticità sotto l’aspetto dell’accessibilità? In questi ed altri casi penso sia giunta l’ora di scrivere alla pubblica amministrazione inadempiente rispetto alle normative vigenti in materia di accessibilità.

Nel caso delle pubbliche amministrazioni la modalità di contatto da utilizzare si chiama meccanismo di feedback, ossia una modalità di contatto accessibile che la PA deve rendere disponibile agli utenti per questa tipologia di segnalazione.

Dove si trova questo meccanismo di feedback?

Accedendo al sito web dell’amministrazione, dovreste identificare a piè di pagina del sito una voce “Dichiarazione di accessibilità”, che vi porterà ad una pagina dedicata del sito dell’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) in cui troverete tali riferimenti.

Come esempio, porto proprio la pagina relativa al sito dell’AgID.

All’interno della dichiarazione di accessibilità compare quindi il link al meccanismo di feedback di AgID nonché un link alla procedura di attuazione.

Cerchiamo quindi di capire meglio di cosa si parla per agire nel modo corretto:

1. il meccanismo di feedback  va utilizzato come primo contatto ufficiale con l’amministrazione, segnalando dettagliatamente il problema riscontrato. L’amministrazione ha trenta giorni di tempo  per risolvere il problema in modo soddisfacente per l’utente.

2. la procedura di attuazione si attiva ove l’amministrazione non risponda nei tempi previsti o nei casi in cui la risposta non sia stata considerata soddisfacente dall’utente. Inviando una segnalazione tramite la procedura di attuazione , si attiva il Difensore Civico per il Digitale il quale, dopo attenta valutazione, si attiva e dispone eventuali misure correttive (art. 3-quinquires legge n. 4/2004).

In ogni caso va ricordato che le problematiche di accessibilità effettivamente riscontrate sono rilevanti “ai fini della misurazione e della valutazione della performance individuale dei dirigenti responsabili e comporta responsabilità dirigenziale e responsabilità disciplinare ai sensi degli articoli 21 e 55 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, ferme restando le eventuali responsabilità penali e civili previste dalle norme vigenti”, ai sensi dell’art. 9 della legge n. 4/2004).

In tutti i casi di particolare urgenza, la persona con disabilità può comunque utilizzare la legge 67/2006, già oggetto di articoli nel nostro sito, ovvero può attivarsi in sede giudiziaria per richiedere sia la rimozione delle problematiche di accessibilità che un indennizzo per il danno subito.

Scrivere alle aziende.

Non riuscite ad acquistare un prodotto in un sito e-commerce, prenotare un taxi o effettuare delle operazioni postali e/o bancarie on line perché le procedure non sono accessibili, ad esempio, con lettori di schermo? In questo caso è arrivata l’ora di scrivere alle aziende inadempienti.

Come primo tentativo consiglio sempre un contatto alla casella e-mail ufficiale, o se si vuole qualcosa di più formale, tramite PEC. Se l’azienda non rende pubblicamente disponibile la PEC è sufficiente collegarsi al sito registroimprese.it che contiene i dati ufficiali delle Camere di Commercio tra cui, appunto, l’indirizzo PEC ufficiale.

Consiglio di scrivere sempre in modo non offensivo, descrivendo chiaramente la problematica e facendo presente che tale situazione è discriminatoria rispetto agli altri utenti / clienti del servizio. In questo caso non essendoci tempistiche definite per legge, consiglio comunque di richiedere una risposta soddisfacente con risoluzione del problema sempre entro 30 giorni, come avviene per le pubbliche amministrazioni.

Se volete saltare questo primo passo, potete saltare direttamente a quanto prevede la legge n. 4/2004 che obbliga all’accessibilità i soggetti diversi dalle pubbliche amministrazioni che “offrono servizi al pubblico attraverso siti web o applicazioni mobili, con un fatturato medio, negli ultimi tre anni di attività, superiore a cinquecento milioni di euro” (art. 3 comma 1-bis). In rete trovate diversi siti web, come ad esempio reportaziende.it, in cui rendono visibile il fatturato dell’ultimo anno utile, che può già far comprendere se l’azienda rientra o meno tra i destinatari della legge. Come per le pubbliche amministrazioni, anche per le aziende con fatturato inferiore a quello previsto dalla legge n. 4/2004 la persona con disabilità può comunque utilizzare la legge 67/2006, già oggetto di articoli nel nostro sito, ovvero può attivarsi in sede giudiziaria per richiedere sia la rimozione delle problematiche di accessibilità che un indennizzo per il danno subito.

Utilizzando invece la procedura ufficiale, sarà necessario inviare richiesta formale (ovvero sottoscritta dall’utente con firma digitale e/o corredata di copia di documento d’identità valido) da inviare all’Agenzia per l’Italia Digitale (AgID) utilizzando i contatti ufficiali (preferibile via PEC).

La richiesta può essere redatta in carta semplice, non essendoci attualmente una procedura automatizzata. Consiglio l’uso di una comunicazione formale come da esempio seguente:

“Oggetto: segnalazione inaccessibilità servizi digitali della società XYZ.

 Il sottoscritto ABC, con la presente segnala la non conformità dei servizi digitali della società XYZ, riscontrando le seguenti problematiche che mi impediscono la fruibilità dei loro servizi:

– Problema n. 1.

– Problema n. 2.

– Problema n. X.

Ai sensi di quanto previsto dall’art. 9 comma 1-bis si richiede all’Agenzia per l’Italia Digitale, dopo aver ravvisato le suddette violazioni, di fissare un termine congruo per l’eliminazione delle infrazioni stesse da parte del trasgressore, con applicazione delle sanzioni previste in caso di inottemperanza alla diffida di adempimento.

Resto in attesa di comunicazioni eleggendo la presente casella PEC come modalità di contatto per il procedimento.

Distinti saluti.

ABC

Conclusioni.

Nell’articolo sono riportate le diverse modalità di contatto con l’amministrazione per la risoluzione delle problematiche di accessibilità, da quelle più amichevoli a quelle meno accondiscendenti verso l’inadempimento e la relativa creazione di barriera digitale verso specifiche disabilità.

Lo scopo di queste modalità non deve essere di tipo “vendicativo” verso un soggetto, ma deve avere sempre una valenza di miglioramento dei servizi digitali della pubblica amministrazione e delle aziende rimuovendo sempre più quegli errori di progettazione e sviluppo che innalzano barriere digitali verso le persone con disabilità.

Roberto Scano, https://www.webaccessibile.org/legge-stanca/come-segnalare-i-problemi-di-accessibilita-per-i-servizi-digitali-di-pa-ed-aziende/#content

Enna – Il GSD UICI Fucà punta alla serie B

Autore: Anna Buccheri

Nel weekend scorso (12-14 marzo 2021) a Silvi Marina in provincia di Teramo per la Prima giornata del Campionato di Serie C di Showdown grazie a entusiasmo, impegno, sano spirito agonistico, preparazione e voglia di farcela l’atleta Dario La Paglia del GSD UICI “G. Fucà” di Enna si è aggiudicato il primo posto. È stato “un brillante esordio”, come sottolinea il coach Marta Zocco che ha accompagnato per la prima volta l’atleta ennese.

In gara, per questo girone di andata, c’erano 12 atleti. Dario La Paglia ha vinto 10 incontri su 11 e ha totalizzato 20 punti, guadagnandosi così il primo posto. Al secondo posto, pari merito, si sono piazzati l’atleta emiliano Stefano Tortini (ASD La Ghirlandina) e il siciliano Pietro Finistrella (GSD Catania Torball) con 18 punti, a seguire con 16 punti Ercole Fabriani  (La Fenice di Pescara).

La Sezione Territoriale UICI di Enna ha sostenuto la partecipazione di Dario alla gara con convinzione ed emozione, credendo fermamente nel valore dello sport che è disciplina di vita, formativa e capace di riconoscere l’impegno della persona e l’importanza della fatica necessaria per raggiungere ogni traguardo.

L’appuntamento per le gare del girone di ritorno è fissato per il fine settimana del 21-23 maggio a Lignano Sabbiadoro dove l’atleta ennese, come dice il coach Marta Zocco: “dovrà tenacemente difendere il primo posto per assicurarsi la promozione in serie B”.

Catania – L’UICI e le visite ai senza fissa dimora

Autore: Simonetta Cormaci

Settimana Mondiale del Glaucoma

“Immaginate di trovarvi in strada senza sapere dove andare, perché non avete né una casa, né un amico, né un parente, nessuno che vi accolga. Come siete finiti nella condizione di non-ritorno poco importa, certo è che dalla strada non potete andarvene. La strada diviene così un campo di concentramento senza reticolato, una prigione senza sbarre, ma senza via di scampo”.
Così scriveva qualche anno fa l’antropologo urbano Federico Bonadonna nel saggio “In nome del barbone” da cui è tratto il brano succitato. A tale realtà di emarginazione, presente anche a Catania, si è voluta avvicinare la nostra Sezione grazie a una iniziativa voluta dalla Presidente Rita Puglisi c he ha colto l’invito di collaborazione della Croce Rossa internazionale Comitato di Catania con l’indispensabile supporto specialistico della Società Oftalmologica Siciliana (SOSI),
l’Agenzia Internazionale per la prevenzione della Cecità (IAPB) e la Clinica Oculistica Universitaria dell’azienda Policlinico-San Marco.
Così sabato13 marzo, nell’ambito della Settimana mondiale della prevenzione del Glaucoma, L’Unita mobile oculistica ha sostato in piazzale Rocco Chinnici, zona della città frequentata da persone senza dimora, eseguendo visite oculistiche a 25 persone. In un clima cordiale e aperto i senza dimora sono stati accolti dalla Presidente e dai presenti, fra cui l’Assessore ai Servizi sociali e Politiche della famiglia del Comune di Catania, e accompagnati dai volontari della Croce Rossa all’Unità mobile per lo screening.
Le persone senza dimora, ultime fra gli ultimi, vittime di discriminazione e rifiuto sociale , non sarebbero in condizioni di accedere facilmente a visite del Servizio sanitario pubblico. Così, ancora una volta, l’UICI Sezione di Catania ha voluto esprimere solidarietà e vicinanza con gesti concreti. Come ha detto Rita Puglisi parlando con l’Assessore.. presente alla mattinata di screening: ”Noi disabili spesso siamo visti come persone da assistere e aiutare invece noi stessi siamo una risorsa e vogliamo essere utili alle nostre concittadine e concittadini con gesti positivi e concreti”. E tra il gruppo di servizio all’Unita mobile, mentre si accolgono i senza dimora che hanno voluto farsi visitare, si fa strada un’idea bellissima a cui tutti si impegnano a dare seguito: la creazione di un corridoio sanitario per venire incontro alle esigenze di cura delle persone più svantaggiate, senza dimora ma anche tutte quelle persone e famiglie che -causa pandemia- sono ridotte in povertà.
Per una mattina mondi diversi si sono incontrati e , in nome della salute degli occhi, si sono ritrovati in un momento gioioso che speriamo di ripetere ancora tante volte. Un caloroso grazie alle oculiste e oculisti, ai volontari della Croce Rossa, al personale UICI senza la cui collaborazione non si sarebbe potuta realizzare l’iniziativa.

Semplicemente Donna

Autore: Gaetano Aquilino

In occasione della “Giornata internazionale della Donna” l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, nel pieno rispetto delle disposizioni vigenti per contenere la diffusione dei contagi da Covid-19, ha organizzato un evento in modalità telematica intitolato “Semplicemente Donna”.

Luisa Bartolucci, moderatrice e storica voce di Slash Radio Web, insieme ad un gruppo nutrito di ospiti individuati per dar valore e risalto alla giornata, si è soffermata sull’importanza e sul valore della donna, partendo da un video storico dell’8 marzo 1911.

A guidare tutto il “viaggio” Linda Legname, vice presidente nazionale, che dopo il video ha aperto con una riflessione che rappresenta la naturale evoluzione di un percorso al quale la donna, purtroppo, ha dovuto far fronte. Forte e toccante la proiezione del video storico di Helen Keller, volto a sottolineare come, appunto, la condizione a cui si è arrivati oggi, si è raggiunta solo tramite delle battaglie sofferte e a volte dolorose, così come confermato dalla Consigliera Nazionale Angelina Pimpinella, col suo energico intervento. Un cambio di passo, un’iniezione di energia e fiducia, si è avuta durante la messa in onda di un video realizzato con tutte le splendide voci delle dipendenti della sede nazionale, che con entusiasmo hanno interpretato le grandi donne del passato e del presente che hanno fatto la storia: da Madre Teresa di Calcutta a Samantha Cristoforetti, da Maria Montessori a Miuccia Prada, un excursus veramente emozionante, ma allo stesso tempo frizzante che ha dato una sferzata di ottimismo e gioia alla giornata e ha introdotto nel migliore dei modi l’arrivo dell’onorevole Maria Elena Boschi.

“In Europa, uomini e donne non sono uguali. Con la crisi del Covid lo sono ancora meno e il rischio è di compromettere anche i diritti acquisiti”. Questo il monito, forte e chiaro con cui apre il suo intervento.

“La Giornata internazionale della donna quest’anno non ammette retorica. I dati sono chiari, e le vicissitudini dovute alla pandemia hanno acuito il divario di genere in termini di disoccupazione, peso del lavoro domestico, sicurezza finanziaria e autonomia personale”, sottolinea. “Le donne sono state le prime a perdere il lavoro e a finire in cassa integrazione. I settori più colpiti hanno una forte presenza femminile: turismo, cultura, tempo libero, ristorazione, servizi”. L’identikit della situazione è così presto servito.

“Quanto alle violenze, abbiamo il dovere – afferma – di stabilire che la violenza sulle donne è un reato sanzionabile ovunque. Questa crisi ci consegna la grande opportunità di sostenere la dignità delle persone, rendere giustizia alle donne, costruire uno spazio che sia punto di riferimento in un mondo in cui l’uguaglianza non trova cittadinanza.

Ma a suo avviso “c’è anche speranza di cambiamento. La pandemia non ha soltanto alzato il velo sulle gravi carenze della nostra società, ci ha anche costretto ad agire in modo diverso. Per questo oggi, invito tutti, donne e uomini, a rompere insieme gli schemi e abbracciarne di nuovi, più consoni alle necessità del presente, e anche se la pandemia ha messo chiaramente in luce lo squilibrio fra uomini e donne in termini di lavoro non retribuito, ci ha anche dimostrato che insieme possiamo farci carico di tutto”.

Alla fine dell’intervento, il Presidente Mario Barbuto ha voluto omaggiare l’onorevole con dei doni, tra cui la medaglia del Centenario e uno splendido bouquet di fiori: “perché sia sempre la giornata delle donne e non solo oggi, con questo piccolo pensiero voglio ringraziarla della presenza, della vicinanza alle questioni dell’Unione, e della pazienza, perché sappiamo, a volte, di essere anche insistenti”. Così il presidente saluta e gli interventi continuano.

Ana Pelaez Narvaez (Vice Presidente del Comitato delle Nazioni Unite per l’eliminazione della discriminazione contro le donne), Donata Pagetti (Componente del Comitato FID), Anna Barbaro (campionessa paralimpica), la lettura a quattro mani di Francesca Panzica e Claudia de Lillo a cura della fondazione LIA. E ancora Barbara Leporini (Consigliera Nazionale UICI/IRIFOR), Simonetta Cormaci (Referente UICI del progetto FISH), la straordinaria intervista alle ragazze non vedenti, su alcuni spot pubblicitari che “usano” l’immagine della donna in maniera impropria, la toccante poesia di Alda Merini e la lettera di Giovanni Paolo II alle donne, a cura del Centro Nazionale del Libro Parlato. In mezzo agli interventi anche un piacevolissimo momento musicale con la meravigliosa “Fatti bella per te” di Paola Turci.

La giornata volge al temine e il presidente omaggia anche i due capitani al timone dell’evento, con degli splendidi fiori, ringraziandole per l’organizzazione e l’ideazione dell’evento. Chiude Linda Legname dando merito a chi le è stato vicino e donando simbolicamente una mimosa a chi, da dietro le quinte, ha fatto sì che tutto riuscisse nel migliore dei modi. Un gesto di grande umiltà e attenzione anche a chi non “appare” ma è comunque parte integrante dei lavori.

Un’altra fantastica esperienza, un altro tassello che va ad aggiungersi al mio bagaglio di esperienze che porto nel cuore. E se anche per me, l’8 Marzo non è l’unico giorno dove ricordarsi delle donne e di tutto ciò che le circonda, oggi ho avuto la dimostrazione tangibile che anche chi lavora con noi e per noi la pensa allo stesso modo! W le donne sempre!

Dobbiamo veramente usare App alternative a Whatsapp?

Autore: Nunziante Esposito

Da quando Whatsapp, proprietà di Facebook, ha informato tutti i suoi utenti che se non accetteranno la nuova privacy, non potranno più usare questa app, siamo in molti a pensare di trasferirci su altri social, abbandonando l’applicazione, quindi, i nostri gruppi.

Quello che ha fatto la proprietà di Facebook non è una bella cosa, ma se ci pensiamo un attimo con calma, possiamo analizzare meglio il tutto e poi decidere il da farsi.

La privacy è una cosa seria e con serietà bisogna analizzarla, quindi, la prima cosa da valutare: ma con tutti i dispositivi che usiamo  connessi ed interconnessi, la nostra privacy non è già compromessa?

Ad una domanda del genere la risposta ce la possiamo dare da soli. Infatti, se ci pensiamo bene, basta fare una ricerca su Amazon, ma anche su Internet con un motore di ricerca, per avere le pagine internet inondate di pubblicità delle cose che abbiamo cercato. E’ praticamente un delirio. Senza parlare delle email di pubblicità mirata che, dopo aver fatto una ricerca, ci vengono inviate tutti i giorni.

Abbiamo diversi mezzi per cercare di bloccare questo tipo di pubblicità:

– Le email le blocchiamo come posta indesiderata se il nostro browser lo consente, oppure le blocchiamo come posta indesiderata da web nel nostro account, ma poi, se non vogliamo magari perdere delle email, siamo costretti a controllare anche la posta indesiderata.

– Per il browser di navigazione, invece,  basta andare nelle opzioni del programma ed impostare le opzioni che ci possono evitare questa pubblicità, bloccandola all’origine, ma se usassimo questo blocco, molti dei siti che visitiamo abitualmente, non si aprirebbero più.

In pratica, dobbiamo cercare dei compromessi che non è facile gestire con semplicità.

Per l’uso di Whatsapp, d’altronde, sottostare alle nuove regole di privacy, significa dare l’autorizzazione alla proprietà di questo social di gestire tutti i nostri dati a suo piacimento.

Questo cambiamento di privacy per i nostri dati, era mormorato sui social da diverso tempo, ma nessuno avrebbe mai immaginato che fosse stata una cosa vera.

Fino a quando non c’è stata la comunicazione ufficiale, tutti abbiamo pensato a dicerie per allarmare gli utenti. Intanto, i dati di Whatsapp che Facebook vende a terzi, dovrebbero servire agli investitori pubblicitari di Facebook a migliorare la pubblicità dei prodotti e dei servizi.

La data prevista per l’applicazione di queste nuove regole di privacy era stata fissata per l’8 Febbraio, ma dopo il putiferio che si è scatenato, è stato rimandato tutto al 15 Maggio 2021. Intanto, per l’Italia, si è già attivato il garante per la privacy e staremo a vedere cosa accadrà.

Nonostante la dirigenza dell’app abbia rassicurato gli utenti, si è creato un movimento di opinioni, molto contrastanti tra loro, e molti utenti stanno valutando, analizzando innanzitutto le app alternative, se vale la pena abbandonare questo social.

Al di la di quello che ognuno deciderà in merito, vediamo di seguito le possibili alternative a questa app di messaggistica istantanea molto usata e, per  noi disabili della vista, molto semplice da utilizzare.

Alcune alternative a Whatsapp si chiamano Signal, Session, Telegram, Threema e Wire, app per la messaggistica istantanea che proteggono ugualmente la nostra privacy. Per noi disabili della vista, in base ad esperienze fatte, possiamo usare sicuramente le app che seguono e che sono accessibili alle tecnologie assistive.

1. Signal. Questa app mette la privacy al primo posto ed ha avuto un inatteso boom di download. Utilizza una forma di crittografia che permette di inviare messaggi non leggibili da altri e di fare chiamate che non si possono ascoltare, nemmeno con le intercettazioni. Inoltre, il numero di cellulare non è collegato all’account, ma viene utilizzato solo per creare una chiave privata utilizzata solo per la registrazione dell’account. Per il suo funzionamento non ci sono problemi e la funzionalità offre messaggi individuali, messaggi di gruppi, chiamate audio e video, messaggi che scompaiono dopo un determinato tempo e, volendo,  di tenere i nostri messaggi personali protetti dagli occhi indiscreti dei familiari.

2. Telegram. Questa app Non è una novità per i disabili visivi: infatti è già largamente usata, sia in ambiente iOS, sia in ambiente Android. Offre delle opzioni che Whatsapp non possiede. Consente di inviare messaggi e di parlare al telefono usando semplicemente un nome utente, senza bisogno di rendere palese il numero di cellulare. L’utente ha diversi vantaggi. Per esempio, consente di condividere file di grandi dimensioni e consente di creare gruppi aperti fino ad un massimo di 200.000 utenti.

Fin dal primo momento della sua creazione, chi l’ha programmata  ha sempre criticato Whatsapp per la sua pericolosità per la privacy, imputando tale pericolosità proprio a Facebook. Però, allo stesso modo di Whatsapp, anche Telegram conserva i metadati in forma non cifrata. Tali dati vengono conservati e riportano per quanto tempo, con chi e da dove abbiamo comunicato. Con Signal, per esempio,  questo non avviene. Però, devo dire che Telegram adotta un approccio di sicurezza, distribuendo le sue chiavi di crittografia. Telegram è stato proibito da Iran e Russia, un motivo per usarlo senza crearsi troppi problemi.

3. Threema. Questa app prende molto sul serio la privacy. Infatti, crittografa tutto, compreso messaggi, file e anche cambiamenti di stato. Tutto anonimo, tanto che non serve nemmeno  l’email o il numero di telefono per l’account. E’ un’app a pagamento, costa 4 Euro, ed è un’applicazione Svizzera, ecco il motivo principale per cui è così protetta. Solo che essendo poco diffusa, è difficile poter usare questa applicazione se gli altri non la utilizzano. Però, se serve un’app per comunicare con una persona specifica, per la sua sicurezza estrema, la possiamo usare.

In conclusione, non conoscendo benissimo le conseguenze per quello che Whatsapp applicherà alla privacy dei suoi utenti, attenderò gli eventi e, nel caso gli interventi di chi ha acquistato i diritti sui nostri dati fossero troppo invasìvi, provvederò a prendere i provvedimenti del caso.

Inoltre, sono certo che, essendo intervenuta l’autorità italiana sulla privacy, qualche soluzione migliorativa l’avremo e potremo usare questa app di messaggistica istantanea con un po’ di tranquillità e di privacy in più, rispetto a quello che tutti temiamo.

Nunziante Esposito, nunziante.esposito@uici.it