Comitato Regionale Pari Opportunità: inziative estive 2018

Soggiorno Montano 2018
Il gruppo pari opportunità dell’Unione Italiana Ciechi del Veneto organizza annualmente un soggiorno montano in diverse località dell’arco dolomitico, quest’anno la meta prescelta è stata quella di Falcade. Un numeroso gruppo di non vedenti e accompagnatori, circa sessanta persone, hanno alloggiato dal 15 al 29 luglio 2018 presso l’hotel Scoiattolo di Caviola. Il soggiorno prevedeva diverse escursioni nelle località della zona, come Feder, Valt, Sappade, Fregona, Carfon e la valle di Gares. Inoltre, alcune visite culturali sono state effettuate presso il MUSAL (Museo Albino Luciani), il museo latteria storica e alla chiesetta monumentale di San Simon di Vallada. Sono stati infine tenuti piccoli incontri sulla geologia delle Dolomiti e proposti momenti di sensibilizzazione relativi alla situazione dei non-vedenti ai bambini del centro estivo Attivamente Agordino. Tutta l’esperienza del soggiorno è stata arricchita da serate musicali con la presenza del coro Val Biois e le “Muse delle Dolomiti”.
Il gruppo pari opportunità desidera ringraziare tutti i volontari che hanno contribuito all’ottima riuscita dell’iniziativa.
La coordinatrice regionale delle pari opportunità Luciana Dalla Molle

Soggiorno Marino 2018
Quest’anno il gruppo delle pari opportunità dell’UICI del Veneto, coordinatrice Sig.ra Luciana dalle Molle, ha organizzato una vacanza dal 26 agosto al 5 settembre c. a., presso una famosa e rinomata “garden city”, città giardino, ispirata dall’urbanista Sir Ebenezer Howard, dove le dimensioni dell’uomo, dell’urbe e della natura, si compenetrano in un sodalizio che costituisce un’armonia perfetta.
In Italia, uno degli esempi meglio riusciti di questa filosofia si trova a Milano Marittima (Ra), dove il sistema viario geometrico solca un tappeto verde, tra la pineta mediterranea e il mare Adriatico e qui si è sviluppato il soggiorno estivo.
I fortunati soci ed amici, che hanno voluto partecipare all’iniziativa, sono stati ospitati nell’hotel Nadir, ubicato nel verde a due passi dal mare.
Molteplici le iniziative che hanno accompagnato il domicilio romagnolo, tra cui ricordiamo l’incontro con la marineria locale, dove i pescatori hanno condiviso l’esperienza del mare con la cultura enogastronomica di Cervia. A questa manifestazione, si sono associate le varie amenità da spiaggia.
Vacanza riuscita, come ormai dalla consolidata tradizione di successi, per cui non resta che affrontare l’incombente autunno, con il ricordo del Sole, e la speranza nel futuro delle prossime vacanze, con l’auspicio di passarle sempre in nostra compagnia.
Simone Andretto

Tutti in classe, di Mario Barbuto

Ecco: il suono della campanella che segna la fine delle vacanze e proietta tutti nel nuovo anno scolastico.
Qualche momento prima di quel suono è bello sentire il brusìo spensierato fatto di tanti racconti di avventure estive, di posti visitati, di piccoli e grandi innamoramenti conosciuti, ritrovati, perduti…
Le piccole voci di bimbi aggrappati alla mano di mamma o di papà, i quali sembrano chiedere conforto nel momento che segna il primo distacco dal nido familiare, il primo passo verso il futuro.
Ecco: la campanella è suonata! E ora, in quei corridoi, scende il silenzio… Un altro anno inizia…
Va tutto bene? Ahimè, no!
Per i tanti alunni con disabilità e per le loro famiglie, spesso le sorprese arrivano proprio quando si entra in classe.
Per i nostri bambini che entrano in classe per la prima volta, oltre a dover fare i conti con i nuovi ambienti e con le persone che li animano, c’è, non di rado, la sorpresa amara dell’assenza dell’insegnante di sostegno, mentre dell’assistente all’autonomia, ad esempio, non si ha alcuna notizia.
Altri ragazzi devono sopportare la mancanza dei libri di testo in caratteri Braille o ingranditi e quindi misurare subito la disuguaglianza rispetto ai loro compagni.
Una volta sono i fondi che mancano. Una volta le amministrazioni che ritardano o latitano addirittura… Passato il primo momento di sconforto e di rabbia, è proprio nelle nostre sedi e con i nostri dirigenti dell’Unione che le famiglie devono trovare quel conforto, ascolto, aiuto, per affrontare e superare, tutti insieme, gli ostacoli della burocrazia, il silenzio delle istituzioni, l’insensibilità dei tanti che ancora occupano posti chiave nell’amministrazione e nelle strutture organizzative.
In un momento così importante per la vita dei propri figli, in quel corridoio che unisce e divide le aule della Scuola, ogni mamma, ogni papà, vorrebbe potersi arricchire del sorriso luminoso della propria creatura che prova ad apprendere, a crescere come tutti i suoi compagni, senza dover subire l’umiliazione della “diversità”, la discriminazione che proviene da un Diritto calpestato.
L’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, fin dalla sua nascita, ha sempre perseguito quale primo e fondamentale obiettivo della propria esistenza l’istruzione; da assicurare a tutti e nelle forme più ampie.
In questi ultimi anni l’Unione ha dovuto fronteggiare il cambiamento epocale verificatosi con il superamento delle scuole speciali e si è impegnata a fondo per rimuovere gli innumerevoli ostacoli e le altissime barriere che pregiudicano i processi di formazione e di crescita dei nostri ragazzi.
Attraverso l’azione delle istituzioni collegate quali la Biblioteca Braille di Monza, il Libro Parlato, gli Istituti e la Federazione pro Ciechi, l’I.Ri.Fo.R., La Stamperia Braille di Catania e tante altre, si è cercato di colmare, almeno in parte, le inefficienze di un sistema scolastico impreparato, per non dire delle carenze profonde delle istituzioni locali, chiamate a fornire servizi di supporto essenziali per garantire un reale processo di inclusione che inizia con la conquista dell’autonomia personale, prosegue con il Diritto ai libri di testo fin dal primo giorno di Scuola, si concretizza quando qualcuno davvero è in grado di insegnarti a leggere e scrivere.
Per vari decenni l’istruzione e la formazione dei ciechi e degli ipovedenti si sono realizzate entro appositi istituti e in seno a scuole speciali. Quel modello, quelle scuole, quegli istituti abbiamo combattuto e contrastato per donare alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi un futuro più ricco, più esaltante, più normale, in seno alla propria famiglia e a contatto con il proprio territorio. Ma chiediamo e vogliamo che quel futuro sia davvero più ricco ed esaltante. Senza perdere nulla delle precedenti conquiste, aggiungendovi quanto di buono proviene da una vita personale svolta in condizioni di parità e di inclusione.
Spesso invece, dietro al processo di inclusione si annidano tutte quelle inadempienze che lo rendono troppo difficoltoso e a volte, addirittura dannoso, compromettendo perfino quanto già le vecchie e inaccettabili scuole speciali degli ancor più vecchi istituti sono comunque riuscite a garantire per oltre mezzo secolo.
Il 23 agosto scorso, dopo lunghissime insistenze e un laborioso processo di elaborazione, a nome di tutte le istituzioni dell’ecosistema della disabilità visiva, abbiamo sottoscritto con il MIUR un protocollo che riconosce all’Unione la titolarità delle azioni volte a favorire i processi di inclusione scolastica e agli enti collegati l’operatività in materia di predisposizione dei testi, fornitura del materiale speciale, formazione degli insegnanti, ecc…
Ci incamminiamo dunque, su questo nuovo sentiero di collaborazione con il mondo della Scuola, consapevoli delle difficoltà e degli ostacoli che ci attendono, ma ben decisi a non abdicare al nostro ruolo e alle nostre responsabilità per cercare un futuro migliore; per non rimpiangere un passato in chiaroscuro.
A tutto il personale operante nel campo dell’istruzione e in particolare ai docenti di sostegno, chiediamo di essere “ali e non trappole” per i nostri ragazzi. Alle istituzioni tutte, un appello a non vanificare le buone pratiche che potrebbero discendere dall’intesa con il MIUR: non soffochiamo la Scuola di burocrazia, ma offriamo invece disponibilità, affidabilità, certezze…
Un percorso dove i nostri ragazzi possano sorridere e gioire con gli altri; che consenta loro di entrare a Scuola con gioia e alle famiglie restituisca la dovuta serenità nella certezza, finalmente, di una Scuola di tutti e per tutti.
Buon anno scolastico e buon lavoro a tutti.

Lavoro, disabilità visiva: costi!, a cura di Valter Calò

Parlare di lavoro è un argomento attuale che purtroppo si esprime solo nella sua negatività, ovvero disoccupazione e ricerca esasperata di una collocazione spesso di ripiego, che non si allinea con il livello di studio raggiunto e spesso accettato per disperazione, senza prospettive di realizzazione e di raggiungimento di un obiettivo, che permane per molti solo un sogno.
Con questo articolo si vuole dimostrare che l’assunzione di una persona con disabilità visiva non è un obbligo sociale, ma una vera e propria opportunità.
La tecnologia e l’innalzamento del livello di studio delle persone con disabilità visiva ci pone rispetto al mercato del lavoro come una vera e propria occasione per tutti gli operatori soffocati dal costo del lavoro in Italia e alla ricerca di validi collaboratori da inserire nell’organico aziendale.
Cosa può fare una persona con disabilità visiva?
Con un normale personal computer o un dispositivo mobile e ausili per la lettura dello schermo, una persona con disabilità visiva può occupare diverse mansioni all’interno di una azienda o attività commerciale che richiedano l’utilizzo dell’informatica, ivi comprese le mansioni dirigenziali e direttive, in piccole e grandi aziende o in strutture pubbliche.
Il mercato dell’e-commerce è in forte sviluppo; anche le piccole aziende potrebbero essere interessate: la gestione telefonica e delle pratiche tramite un normale PC potrebbe essere la soluzione giusta, per impiegare una persona con disabilità visiva, così come la gestione interna di siti aziendali che spesso vengono trascurati.
Molte ancora possono essere le possibilità di impiego all’interno di una azienda, considerando che numerose persone con disabilità visiva conoscono più di una lingua o che hanno parecchie competenze informatiche: per chi non lo sapesse, già quasi 30 anni fa sono stati formati programmatori con disabilità visiva.
I programmi informatici di una azienda girano attorno a 3 o 4 Software di facile apprendimento, se accessibili.
Le persone con un deficit visivo costituiscono una risorsa e un valore aggiunto per un’azienda che, ad esempio, voglia apparire all’avanguardia nell’innovazione digitale, perché potrà elaborare elettronicamente tutti i dati, evitando di stampare migliaia di documenti cartacei e risparmiando così spazio e risorse economiche.
Un non vedente è in grado di muoversi autonomamente, sia per raggiungere il posto di lavoro, sia all’interno dell’azienda, con un dispendio di risorse da parte della stessa o dei colleghi praticamente nullo, se non per poche norme di buon senso, soprattutto nel primo periodo chiamato di adattamento ambientale.
Costi
Riporto sotto il costo reale di una persona con disabilità visiva per una azienda, raffrontato con il costo di un normale dipendente senza incentivo.
Gli incentivi per le nuove assunzioni di disabili:
Al fine di promuovere l’inserimento e l’integrazione lavorativa delle persone disabili nel mondo del lavoro, il Legislatore ha introdotto un’agevolazione contributiva a favore dei datori di lavoro che li assumono.
In particolare, l’articolo 10, comma 1, lettera a) del D.Lgs n. 151 del 14 settembre 2015 (attuativo del “Jobs Act”), modificando l’articolo 13 della Legge n. 68/1999, ha ridefinito la disciplina (misura e durata) relativa all’incentivo per i datori di lavoro che assumono persone con disabilità, prevedendone l’erogazione mediante conguaglio con i contributi dovuti dal datore di lavoro all’INPS. Dal primo gennaio 2016, l’incentivo è gestito dall’INPS. È concesso a domanda un incentivo per periodo di trentasei mesi:

SOGGETTI BENEFICIARI
Possono beneficiare dell’incentivo per l’assunzione di lavoratori disabili i datori di lavoro privati, compresi i soggetti non imprenditori (quali, ad esempio, associazioni culturali, politiche o sindacali, associazioni di volontariato, studi professionali, ecc.) e gli enti pubblici economici (EPE), in quanto a questi ultimi si applica la disciplina dei datori di lavoro privati, a prescindere dalla circostanza che siano soggetti (o meno) all’obbligo di assunzione previsto dalla Legge n. 68/1999.

Chi ha diritto alla fruizione del beneficio
L’incentivo spetta, a favore del datore di lavoro, esclusivamente per le assunzioni di:
lavoratori disabili con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% o minorazioni ascritte dalla 1′ alla 3′ categoria delle tabelle allegate al DPR n. 915/1978 (Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra);
lavoratori disabili con una riduzione della capacità lavorativa compresa tra il 67% e il 79% o minorazioni ascritte dalla 4′ alla 6′ categoria delle tabelle allegate al DPR n. 915/1978 (Testo unico delle norme in materia di pensioni di guerra);
lavoratori con disabilità intellettiva e psichica che comporti una riduzione della capacità lavorativa superiore al 45%. Rapporti di lavoro A Assunzioni con contratto a tempo indeterminato

Quali sono gli incentivi per i datori di lavoro
Si propongono di seguito le schede per il calcolo del costo di un dipendente “agevolato”, con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79%, assunto con contratto a tempo pieno e indeterminato applicando i CCNL Terziario Confcommercio, Metalmeccanica Aziende artigiane, Metalmeccanica Aziende Industriali.
Il costo così calcolato viene confrontato con quello di un lavoratore assunto a tempo indeterminato per il quale non si beneficia di alcuna agevolazione e viene evidenziato il risparmio a favore del datore di lavoro.

SETTORE TERZIARIO
lavoratore inquadrato al IV livello con un retribuzione lorda mensile pari a euro 1.618,75 (paga base pari a euro 1.092,46 + contingenza pari a euro 524,22 + terzo elemento pari a euro 2,07) come stabilito in sede di Accordo di rinnovo del 30 marzo 2015.
L’importo tiene conto di tutte le tranche di aumento stabilite in sede di rinnovo del CCNL, nonché del differimento a marzo 2018 della tranche inizialmente dovuta per il mese di novembre 2016, stabilito dagli Accordi integrativi del 24 ottobre 2016 e del 16 settembre 2017. Il CCNL applicato prevede, inoltre, sia la 13esima che la 14esima mensilità nonché, ovviamente, il TFR (a tale riguardo, si è ipotizzato che il lavoratore abbia optato per il mantenimento in azienda del TFR).

Gli incentivi per i datori di lavoro
Riporto di seguito i totali senza entrare nei dettagli, chi volesse approfondire troverà a fondo pagina i testi da consultare.

ipotesi: lavoratore con una riduzione della capacità lavorativa superiore al 79% assunto a tempo indeterminato – applicazione incentivo INPS pari al 70% dell’imponibile previdenziale
SETTORE COMMERCIO – Azienda fino a 5 dipendenti
Costo totale per assunzione senza agevolazione: 31.067 €
Costo totale per assunzione disabile: 15.203 €
Risparmio: 15.864 €
SETTORE COMMERCIO – Azienda da 5 a 15 dipendenti
Costo totale per assunzione senza agevolazione: 31.135 €
Costo totale per assunzione disabile: 15.271 €
Risparmio: 15.864 €
SETTORE COMMERCIO – Azienda con più di 15 dipendenti
Costo totale per assunzione senza agevolazione: 31.165 €
Costo totale per assunzione disabile: 15.301 €
Risparmio: 15.864 €
SETTORE METALMECCANICO ARTIGIANATO
Costo totale azienda per assunzione senza agevolazione: 24.865 €
Costo totale azienda per assunzione disabile: 12.600 €
Risparmio: 12.265 €
SETTORE METALMECCANICO INDUSTRIA
Costo totale azienda per assunzione senza agevolazione: 31.585 €
Costo totale azienda per assunzione disabile: 16.489 €
Risparmio: 15.096 €

Bibliografia:
Il file prospetto calcolo disabili è tratto dal seguente libro:
GLI INCENTIVI PER I DATORI DI LAVORO – IV Edizione. Editore: SEAC, anno: 2018
Ho consultato anche la guida nel sito del Ministero del Lavoro, facilmente accessibile e scaricabile.
Il professionista del settore che mi ha indirizzato e supportato è il dott. Daniele De Martin, al quale vanno i miei ringraziamenti.

Hanno collaborato:
dott. Marco Pronello, componente Commissione NAL/UICI
dott. Daniele De Martin, Commercialista

Comincia un nuovo anno scolastico e parte una nuova sfida per la Biblioteca, di Pietro Piscitelli

In questi giorni le scuole riaprono i battenti e qualche milione di ragazzi si riverserà nelle aule. È anche cominciata la fila presso le librerie per l’acquisto dei testi scolastici.
Per i non vedenti la procedura è ovviamente diversa, niente cartoleria, ma la rincorsa ai pochissimi centri specializzati che in Italia sono in grado di produrre libri di testo nelle versioni accessibili per i minorati della vista.
Tra questi la Biblioteca “Regina Margherita” è certamente di gran lunga il più importante per storia, vocazione, missione ad essa affidata dallo Stato.
Essere un Ente privato a controllo pubblico impone alla Biblioteca il rispetto delle regole e delle leggi, in particolare, quella sul diritto d’autore che impone a chi vuole produrre una diversa versione del testo, la richiesta di specifica autorizzazione dell’Editore.
Le stime valutate sui dati degli anni scorsi dicono che oltre il 70% degli studenti disabili visivi si rivolgono alla Biblioteca per ottenere i libri di testo e questa distribuisce ogni anno oltre 13.000 titoli di cui almeno 4.000 sono di nuova produzione.
Da qui la presenza di un catalogo di testi già disponibili nelle versioni in sistema braille, a caratteri ingranditi per gli ipovedenti o in versione digitale che possono ridurre notevolmente i costi a carico della collettività.
Per questo la struttura organizzativa della Biblioteca si è mossa per tempo e già da febbraio sta raccogliendo, vagliando ed avviando richieste di fornitura che ci provengono dalle Scuole, dalle Famiglie e dalle Istituzioni Locali.
Al momento la Biblioteca opera in regime di convenzione con Regioni, Comini ed altri Enti Pubblici, risponde a richieste di fornitura da parte di chiunque.
I principali servizi oggi attivi sono:
• la produzione di testi di studio su supporto cartaceo in sistema braille (servizio per cui è previsto un concorso spese)
• la produzione di testi di studio su supporto cartaceo a caratteri ingranditi per ipovedenti (servizio personalizzato realizzato su misura delle residue capacità visive dell’alunno) braille (servizio per cui è previsto un concorso spese)
• la produzione di testi di studio su supporto digitale da utilizzare con ausili informatici come la barra braille, il sintetizzatore vocale e/o il software ingrandente. (servizio gratuito realizzato in collaborazione con gli Editori)
Ma qual è la vera sfida che come ogni anno la Biblioteca si appresta ad affrontare? Certamente la qualità delle trascrizioni e la tempestività nelle consegne.
Sul versante della qualità La Biblioteca ha realizzato uno specifico “manuale di trascrizione” che fissa sia le regole per una buona trascrizione e per le adeguate modifiche tiflologiche del testo, che quelle per i livelli di qualità e per i collaudi resi obbligatori da quest’anno. Ma non basta. Insieme all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti la Biblioteca ha sottoscritto una specifica convenzione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca finalizzata anche al miglioramento della qualità dei testi ad uso dei non vedenti e degli Ipovedenti.
Per assicurare forniture più tempestive, la Biblioteca ha snellito le proprie procedure interne e ha collaborato con i Centri di Trascrizione per la formazione di nuovi operatori.
Inoltre una recente decisione del CdA ha stabilito che per gli alunni delle prime due classi della scuola primaria che chiedono testi su supporto cartaceo, gli stessi vengano forniti a titolo gratuito. Si tratta di oltre 120 studenti sul territorio nazionale che impegneranno la Biblioteca nella produzione di oltre 1.000 libri. È una misura finanziariamente impegnativa che però riduce fortemente i tempi di attesa perché evita l’intervento dell’Ente Locale e quindi abolisce la necessità dei preventivi e delle gare.
Ma all’ordinario, spesso, dobbiamo aggiungere lo “straordinario”. È di questi giorni la notizia circolata su alcuni organi di informazione di un giovane studente padovano a cui nessuno poteva garantire la fornitura del libro. Su segnalazione della Presidenza Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti la Biblioteca ha assunto l’onere della fornitura e provveduto a produrre i testi necessari. Il giovane studente riceverà i libri necessari il giorno prima dell’inizio delle lezioni.
Quanto fatto basterà per vincere la sfida? Certamente no, ma quanto messo in campo rappresenta un ulteriore passo verso quell’obiettivo che vuole i libri per gli studenti disabili visivi pronti con il suono della prima campanella.

Museo Omero – Ottobre: eventi, incontri dedicati all’arte contemporanea, alla scultura tattile, all’Opera e una mostra

Eventi per famiglie:
– Piccole storie da museo
2 ottobre ore 17 – Festa dei nonni
Per bambini 2 – 8 anni.
Chiudi gli occhi, apri le orecchie e allunga le mani. Pronto per accarezzare libri speciali e gigantesche sculture? In ogni stanza c’è qualcosa da fare… “nonna mia” che avventura!
Attività gratuita. Non è necessaria la prenotazione.
Toccare è prezioso
14 ottobre ore 10,30 e 16,30 – FAMU Giornata Nazionale delle Famiglie al Museo
Per bambini 5 – 10 anni.
– Toccare è prezioso. Preziosi sono “i particolari” delle nostre sculture, dettagli che sfuggono agli occhi, sempre di corsa, ma non alla lente delle nostre “preziose” mani. In questa giornata ti chiediamo di indossare i panni del “Cercatore d’arte” colui che utilizza al meglio occhi e mani per scovare i particolari delle opere d’arte!
Attività gratuita. Prenotazione obbligatoria Tel. e whatsapp 335 569 69 85

Eventi per adulti:
– L’arte contemporanea e la scoperta dei valori della tattilità
13 ottobre ore 17 – Giornata del Contemporaneo promossa da AMACI
In occasione della recente pubblicazione dal titolo “L’arte contemporanea e la scoperta dei valori della tattilità” di Aldo Grassini, Andrea Sòcrati, Annalisa Trasatti per Armando editore, il Museo propone un approccio multisensoriale ed interattivo ad alcune opere della sezione di arte contemporanea tra cui le sculture di Marino Marini, Giorgio De Chirico, Girolamo Ciulla e Valeriano Trubbriani che verranno esplorate tattilmente e senza l’ausilio della vista per poi essere riprodotte attraverso il disegno.
Attività gratuita. Prenotazione obbligatoria Tel. 071 28 11 935 email: didattica@museoomero.it
– Leandro Sperduti – La scultura tattile
22 e 23 ottobre ore 18 – In collaborazione con Ankon Cultura
Due incontri dedicati interamente alla scultura, sin dall’inizio della storia dell’umanità una delle Arti nobili.
La Forma dell’Arte
22 ottobre ore 18 – ingresso libero
L’evoluzione formale dell’arte figurativa e della scultura in particolare attraverso i secoli dell’antichità, in una continua ricerca della perfezione naturalistica, dalla Grecia Arcaica alla Tarda Romanità; dalla fissità dello stile detto “severo” alla “conquista dello spazio” e della volumetria dell’ellenismo.
Come gli artisti “toccavano” le loro opere
23 ottobre ore 18 – ingresso libero
Il rapporto dei grandi maestri dell’arte non è solo “forma” né estetica; quasi tutti gli scultori, fin dall’antichità, ebbero con i loro capolavori un rapporto assolutamente “tattile” e per questo alcuni scelsero l’uso della terracotta o della bronzistica, plasmando le loro opere a mani nude. Perfino coloro che lavorarono il marmo, però, non rinunciarono a questo legame e per questo elaborarono tecniche per “sentire” la pietra.
Visita guidata al Museo
23 ottobre ore 17
A cura di Leandro Sperduti e Annalisa Trasatti.
Costo: 4 euro a persona, gratuito disabili e accompagnatori.
Prenotazione obbligatoria 0712811935 e-mail: info@museoomero.it
– A passeggio nel mondo dell’opera
17 e 24 ottobre ore 17,30
Cinque incontri dedicati all’opera a cura di Aldo Grassini.
Rossini, il suo tempo, la sua opera
17 ottobre ore 17,30 – ingresso libero
Fabio Brisighelli
Rossini e il passaggio tra il vecchio e il nuovo mondo, tra le eredità del melodramma di derivazione barocca e i fermenti del Romanticismo alle porte; La categoria saliente del buffo e la vocazione / sperimentazione della musa drammatica, negli anni napoletani di libertà compositiva. L’esperienza in terra di Francia; i lunghi anni del silenzio creativo, rotto dai significativi bagliori del “sacro”; Rossini dalla personalità complessa e sfaccettata.
Franco Corelli: una voce fatale
24 ottobre ore 17,30 – ingresso libero
Antonio Luccarini – Daria Della Croce
Immagini, suoni, aneddoti sulla straordinaria parabola artistica di uno dei più grandi tenori del Novecento. A 15 anni dalla sua scomparsa un omaggio ed un ricordo dalla sua Città che poco lo ricorda.
Gli incontri con l’opera continuano il 7 e 21 novembre, 5 dicembre.
– Inaugurazione mostra
Forma mentis arte in braille
27 ottobre ore 17
La mostra nasce da un’idea degli artisti Sandro Bartolacci e Claudio Fazzini.
Il progetto prevede il coinvolgimento di vari artisti di riconosciuta fama, i quali sono chiamati a creare un’opera, realizzata con il proprio linguaggio espressivo, che accolga nella composizione anche un brano scritto in Braille. L’opera, quindi, potrà essere goduta e percepita attraverso l’impiego di due sensi, sia visivamente che tattilmente, leggendo con le mani un aforisma, un concetto filosofico, una riflessione dell’artista o un verso poetico.
A cura di Massimo Bignardi.
Organizzazione Associazione Don Quijote.
Ingresso libero.
Museo Tattile Statale Omero – Mole Vanvitelliana
Banchina Giovanni da Chio 2 – 60121 Ancona
www.museoomero.it
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Ipotesi di riforma delle pensioni

La pensione anticipata quota 100, ambita e desiderata da molti lavoratori vicini al pensionamento, rischia di trasformarsi in uno svantaggio: all’idea iniziale, che prevedeva la possibilità di ottenere la pensione al semplice raggiungimento della quota 100, senza vincoli di età o di contribuzione minima, si è ora sostituita la proposta che prevede il pensionamento con quota 100, con un’età minima di 64 anni ed una contribuzione minima di 36 anni. Non solo: i contributi figurativi validi per il diritto alla pensione non potranno superare i 3 anni nell’arco della vita lavorativa e si dovrà applicare il ricalcolo contributivo dal 1996. Inoltre, secondo una delle più recenti ipotesi, la pensione quota 100 sostituisce la pensione anticipata ordinaria, quella che ad oggi può essere ottenuta con 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di contributi per le donne: questo comporterebbe, in pratica, l’addio alla pensione prima dei 64 anni di età. L’addio dovrebbe riguardare anche la pensione anticipata contributiva, quella che attualmente può essere raggiunta con 63 anni e 7 mesi di età e 20 anni di contributi, dai soli lavoratori soggetti al calcolo contributivo della pensione. E la pensione anticipata precoci quota 41? Il requisito contributivo dovrebbe essere portato a 42 anni di contributi e la possibilità di ottenere il trattamento estesa anche ai lavoratori non precoci, ma appartenenti alle sole categorie tutelate. Addio anche all’Ape sociale, l’anticipo pensionistico pagato dallo Stato che può essere richiesto dai 63 anni di età, mentre l’Ape volontario proseguirà, ma solo sino al 31 dicembre 2019. Restano un’incognita, invece, la proroga dell’opzione Donna e la nona salvaguardia. Tante opzioni “sul piatto”, dunque, ma ancora nulla di certo: cerchiamo allora di fare il punto della situazione sulla pensione anticipata e di capire quali saranno le nuove regole e che fine faranno i nuovi trattamenti.

Indice
• 1 Quota 100: come funziona
• 2 La quota 100 sostituisce la pensione anticipata?
• 3 La quota 100 sostituisce la pensione anticipata contributiva?
• 4 Quota 41 e quota 42: quale pensione?
• 5 Ape volontario, sino a quando può essere richiesto?
• 6 Ape sociale, sino a quando può essere richiesto?
• 7 L’opzione Donna sarà prorogata?
• 8 La nona salvaguardia sarà attuata?
• 9 Pensione anticipata addetti ai lavori usuranti e notturni: cambia qualcosa?

Quota 100: come funziona
La pensione quota 100 consiste nella possibilità di uscire dal lavoro quando la quota, cioè la somma dell’età e degli anni di contributi, è uguale a 100. Potrebbe pensionarsi con la quota 100, ad esempio, chi ha 60 anni di età e 40 anni di contributi, o chi possiede 63 anni di età e 37 di contributi, o 65 anni di età e 35 anni di contributi. Purtroppo, però, per assicurare la sostenibilità della quota 100, è stato previsto un limite d’età minimo di 64 anni, assieme a un minimo di 36 anni di contributi.
Inoltre, la pensione dovrebbe essere ricalcolata col sistema contributivo, normalmente penalizzante, per le annualità dal 1996 in poi, a prescindere dal possesso di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995: calcolo misto, dunque, anche per chi avrebbe diritto al sistema retributivo sino al 2011. Questa novità non creerà problemi a quei contribuenti che hanno già diritto al calcolo misto della pensione (ossia al calcolo retributivo sino al 31 dicembre 1995, poi contributivo, in quanto possiedono meno di 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995), ma potrebbe portare delle penalizzazioni tutt’altro che irrilevanti a chi, possedendo almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, ad oggi ha diritto al calcolo retributivo della prestazione sino al 31 dicembre 2011.
La quota 100 sostituisce la pensione anticipata?
Ad oggi, non è stato chiarito se la pensione quota 100 si affiancherà alla pensione anticipata ordinaria già esistente, oppure se la sostituirà. Nel secondo caso, a perderci sarebbero i pensionati con carriere lunghe e continuative, che dovrebbero attendere i 64 anni per uscire dal lavoro, anziché uscire con 42 anni e 10 mesi di contributi (o 41 anni e 10 mesi se donne). Perderebbero inoltre i lavoratori aventi diritto al calcolo retributivo, che verrebbe di fatto cancellato per la pensione anticipata e resterebbe in piedi per la sola pensione di vecchiaia.
La quota 100 sostituisce la pensione anticipata contributiva?
Non si sa nemmeno se la quota 100, oltre a sostituire la pensione anticipata ordinaria, sostituirà la pensione anticipata contributiva, alla quale hanno diritto i lavoratori che:
• non possiedono contributi precedenti al 1996, oppure hanno versato contribuzione solo presso la gestione Separata Inps o hanno optato per il computo in questa gestione;
• possiedono almeno 20 anni di contributi;
• hanno almeno 63 anni e 7 mesi di età;
• hanno diritto a una pensione almeno pari a 2,8 volte l’assegno sociale.
Quota 41 e quota 42: quale pensione?
La pensione quota 41 è la pensione anticipata riservata ai lavoratori precoci, cioè a coloro che possiedono almeno 12 mesi di contributi da effettivo lavoro versati prima del compimento del 19° anno di età. Ad oggi, per ottenere la pensione anticipata quota 41 bisogna appartenere a una delle seguenti categorie tutelate: disoccupati di lungo corso, caregiver (che curano un familiare convivente disabile sino al 2° grado), invalidi dal 74%, addetti ai lavori gravosi, addetti ai lavori usuranti.

Istruzione – Riparto fondi alunni disabili, di Marco Condidorio

Semaforo verde alla ripartizione dei fondi destinati per i servizi di sostegno all’inclusione scolastica

Si è finalmente acceso il semaforo verde per la ripartizione del fondo, pari a 75 milioni d’euro al quale ha fatto riferimento lo stesso Ministro Bussetti nell’ultima riunione dell’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica su sollecitazione della stessa compagine associativa presente al tavolo dei lavori, FAND e FISH in primis: Fu proprio il Ministro ad assicurare che presto sarebbero stati ripartiti circa 75 milioni, dichiarando che gli stessi erano già stati stanziati.
E infatti è notizia di queste ultime ore quella secondo cui il Consiglio dei Ministri di ieri, oltre ad aver approvato in un unico decreto legge le misure volute dal Ministro degli Interni, Salvini (decreto sicurezza e immigrazione), Confermando quanto dichiarato dal Ministro Bussetti in seno all’Osservatorio, ha adottato il DPCM sui contributi agli enti territoriali per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con disabilità, in mancanza della prevista intesa nella Conferenza unificata.
La politica ha superata se stessa abbandonando l’esaltazione inutile di taluni tecnicismi ministeriali e di quelli della conferenza unificata, per dar credito alla capacità di saper cogliere i segnali del territorio, che spesso soffre proprio di quel mancato dialogo interistituzionale e burocratico tra i diversi apparati dello stato e quei tecnicismi imposti dalla burocrazia o dalla politica, sempre più spesso alleate in un circolo perverso di competenze/incompetenze e gerarchie.
Notizia, questa, che l’intero comparto associativo accoglie con una certa soddisfazione, se pure la consapevolezza “dell’insufficienza”, che ancora una volta rimarca l’inadeguatezza del fondo sia piuttosto chiara ed oggettiva: occorrerebbero ben oltre i centocinquanta milioni d’euro per poter dare una risposta al Paese circa le criticità e i bisogni della scuola in materia di inclusione scolastica e dei servizi a sostegno della stessa.
Tuttavia apprezziamo l’azione governativa che, accanto ad alcune emergenze del nostro Bel Paese, nella scaletta della riunione del Consiglio dei Ministri ha posto un tema altrettanto emergenziale: i fondi per gli alunni con disabilità;
E così finalmente il diritto allo studio passa anche attraverso il fondo dedicato; il diritto degli alunni e degli studenti in situazione di disabilità sensoriale e/o fisica diventa il punto importante dell’agenda del Consiglio dei Ministri tenutasi ieri, su proposta del Presidente Giuseppe Conte, visto il mancato raggiungimento nei termini previsti dell’intesa nella Conferenza unificata, a norma dell’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
così viene deciso di dare seguito alla ripartizione e lo fa, ovviamente con un proprio decreto a firma del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Lo Stesso ha deliberato l’adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il quale
reca “Il Riparto del contributo di 75 milioni di euro per l’anno 2018 a favore delle Regioni a statuto ordinario e degli enti territoriali che esercitano le funzioni relative all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con disabilità fisiche e sensoriali”.
Il decreto è stato predisposto a norma dell’articolo 1, comma 947 della legge 28 dicembre 2015, n. 208.
A questa nostra Unione in sede regionale e con la cooperazione delle sedi territoriali, corre l’obbligo di applicare l’azione statutaria e di vigilare sull’utilizzo dei fondi erogati alle regioni, presidiando con intelligenza e competenza, secondo gli strumenti associativi a disposizione, non solo le attività e conseguenti decisioni della politica degli organi istituzionali ma anche le attività di quei tavoli tecnici ai quali è affidata la progettazione e scrittura di linee guida, finalizzate a regolare finanziamenti e servizi in favore dell’inclusione scolastica; vigilare, nel nostro caso non significa produrre una politica nella politica, piuttosto una progettazione scientifica e tecnica dei bisogni didattici ed educativi in favore dei nostri alunni ciechi assoluti, parziali, ipovedenti gravi e/o con una qualche minorazione aggiuntiva, che sappia incidere sulle scelte progettuali, sappia pianificare e inserirsi in quei processi sociali atti a guidare e a promuovere il diritto alla cittadinanza, anche per le persone in situazione di disabilità, per le quali le pari opportunità didattico-educative rappresentano la risorsa irripetibile per il perseguimento dell’autonomia personale, intellettiva e umana.

Per rendere operativa e migliorativa l’azione associativa degli addetti ai lavori riporto di seguito la tabella afferente la ripartizione dei 75 milioni di euro:

Abruzzo:
Chieti 975.695,28
L’Aquila 617.589,72
Pescara 699.684,70
Teramo 691.036,61
Totale: 2.984.006,31

Basilicata:
Matera 233.826,66
Potenza 549.088,87
Totale: 782.915,54

Calabria:
Catanzaro 347.299,67
Cosenza 974.820,52
Crotone 133.116,99
Reggio di Calabria 951.955,48
Vibo Valentia 191.161,67
Totale: 2.598.354,34

Campania:
Avellino 632.338,76
Benevento 415.785,55
Caserta 1.494.206,14
Napoli 5.228.378,96
Salerno 1.124.371,17
Totale: 8.895.080,57

Emilia-Romagna:
Bologna 1.189.214,10
Ferrara 518.947,64
Forlì 351.895,80
Modena 975.410,85
Parma 579.430,21
Piacenza 331.873,70
Ravenna 458.049,53
Reggio Emilia 901.976,47
Rimini 445.327,32
Totale: 5.752.125,63

Lazio:
Frosinone 878.923,26
Latina 1.038.274,76
Rieti 346.708,67
Roma 6.965.160,47
Viterbo 451.541,45
Totale: 9.680.608,60

Liguria:
Genova 1.344.704,85
Imperia 257.704,99
La Spezia 263.650,00
Savona 445.126,87
Totale: 2.311.186,70

Lombardia:
Bergamo 1.235.909,46
Brescia 2.263.645,50
Como 730.588,25
Cremona 659.089,49
Lecco 321.699,18
Lodi 677.511,88
Mantova 562.407,44
Milano 3.590.975,06
Monza e Brianza 1.035.463,97
Pavia 606.977,14
Sondrio 293.771,65
Varese 982.999,60
Totale: 12.535.559,50

Marche:
Ancona 737.388,15
Ascoli Piceno 367.762,78
Fermo 228.779,64
Macerata 523.007,58
Pesaro-Urbino 538.194,83
Totale: 2.395.132,98

Molise:
Campobasso 420.262,45
Isernia 102.663,21
Totale: 522.925,66

Piemonte:
Alessandria 344.567,07
Asti 384.761,41
Biella 318.749,82
Cuneo 953.421,71
Novara 537.008,76
Torino 2.671.693,55
Verbania 300.623,53
Vercelli 459.050,57
Totale: 5.969.876,43

Puglia:
Bari 2.420.203,50
Barletta Andria Trani 671.995,85
Brindisi 875.444,05
Foggia 1.476.093,87
Lecce 1.337.112,17
Taranto 892.399,82
Totale: 7.673.249,25

Toscana:
Arezzo 539.345,00
Firenze 1.332.522,93
Grosseto 275.710,29
Livorno 502.943,44
Lucca 541.422,16
Massa-Carrara 307.332,61
Pisa 535.406,04
Pistoia 649.854,04
Prato 352.083,96
Siena 416.887,45
Totale: 5.453.507,94

Umbria:
Perugia 1.108.373,07
Terni 275.497,72
Totale: 1.383.870,80

Veneto:
Belluno 313.329,24
Padova 935.317,74
Rovigo 443.646,83
Treviso 955.276,83
Venezia 1.059.448,47
Verona 1.154.633,80
Vicenza 1.199.946,67
Totale: 6.061.599,59

totale complessivo: 75.000.000,00

Tecnologia e tifloinformatica: la tecnologia assistiva come supporto alla didattica inclusiva – prima parte, di Franco Lisi

Il titolo orienta in modo chiaro il focus di questo pezzo: la tecnologia sta alla didattica come la tifloinformatica sta alla didattica inclusiva; questa è la proporzione che cercherò di indagare nel ragionamento che segue. Partiamo dal primo estremo: la tecnologia.
Non ci siamo stancati di ripetere che questa società dell’informazione, della “tecno-lo-crazia”, porta con sé grandi, grandissime contraddizioni. Per buona sorte esistono sempre gli opposti: come il freddo trova il suo contrario nel caldo, l’ingiusto è bilanciato dal giusto, al disonesto corrisponde l’onesto, così, tecnologicamente parlando, gli effetti dell’ecumenico diluvio di bits mescolano ed alternano aspetti di diverso segno: eccesso, esasperazione, frenesia, volatilità, spreco, impigrimento, dipendenza, discriminazione, esclusione; ancora: abbondanza, precisione, efficacia, opportunità, qualità, utilità, condivisione, inclusione. Parole, e-mail, documenti, animazioni, comandi, popolano display di ogni tipo: schermi di computer, di palmari, di smartphone, di tablet, di barre braille, invadono dalla mattina alla sera le nostre giornate illudendoci di tessere nuove relazioni umane, mettendo spesso di fatto in discussione quelle poche che si danno per scontate di avere.
Il mondo della scuola, naturalmente, non è immune da questa pervasività e ne rimane a sua volta largamente contaminato, tant’è che i più disparati dispositivi tecnologici costituiscono ormai l’estensione dei banchi di classe. E’ solo di una ventina d’anni fa la dichiarazione di Bill Gates che nel 1994 sentenziava: “Verrà un giorno, e non è molto lontano, in cui potremo concludere affari, studiare, conoscere il mondo e le sue culture, assistere a importanti spettacoli, stringere amicizie, visitare i negozi del quartiere e mostrare fotografie a parenti lontani, tutto senza muoverci dalla scrivania o dalla poltrona;” proseguiva: “lasciando l’ufficio o l’aula scolastica, non ci staccheremo dalla rete in quanto il computer sarà più di un oggetto da portare con noi o di uno strumento da acquistare: sarà il nostro passaporto per una nuova vita mediatica”.

Anche al cospetto di questa moltitudine di condizionamenti, si misura quindi inevitabilmente l’integrazione sociale e l’inclusione scolastica dei ciechi. Sì, persino il modo di fare scuola fa slalom entro questo percorso obbligato, sbandando un po’ qua e un po’ là, tenendo talvolta a stento la corsia; perché non è possibile neppure in tale ambito prescindere da ciò che è tecnologico: ogni interazione è basata sulla varietà delle fonti, sulla trasmissione di immagini/video mediante l’utilizzo di proiettori, enormi schermi ad alta risoluzione, sofisticate lavagne elettroniche; ne consegue che la comunicazione verbale e paraverbale, ormai relegate rispettivamente al 7% e al 38%, perdono di valore, diminuiscono di efficacia e di incisività. La trasmissione degli insegnamenti avviene in prevalenza tramite elementi di comunicazione visivi che oggi costituiscono il restante 55% nel panorama delle relazioni.

Ora, andiamo sull’altro versante della nostra proporzione, l’altro estremo, dove il termine didattica sta a significare, nella sua accezione più stringata, basica ed elementare, la modalità di insegnamento, come faccio scuola, a quale metodo ricorro, di quale strumentazione-mezzo mi servo per insegnare. Qui, la didattica, l’insegnamento appunto, si appoggia sulla strumentazione tecnologica moderna per guadagnare e onorare il proprio scopo che sempre più, a sua volta, privilegia il canale visivo: slide, piattaforme di e-learning e documenti multimediali, peraltro, in gran parte non accessibili.
Fin qui, non incontriamo particolari problemi perché la tecnologia è un mezzo di comunicazione generalmente di facile acquisizione e di agevole apprendimento da parte del ragazzo che vede; questa, implicando semmai strategie e metodologie differenti nel momento dell’erogazione degli insegnamenti, affida agli operatori scolastici la responsabilità di ripensare i contenuti e di rimodulare i programmi. Questioncelle, comunque, che fanno leva sulla preparazione, sull’aggiornamento professionale, sulla passione, sul dovere del singolo docente.
A tal proposito, gli esperti di “cose di scuola” ci dicono che “non è più tempo di lezioni frontali, che il maestro-professore deve alzare il “sedere” dalla cattedra, rimboccarsi le maniche, andare in mezzo alla classe. Il maestro-professore “, continuano, “deve avviare un rapporto-relazione a contatto fisico con i ragazzi, deve stimolare attività ed esercitazioni pratiche all’interno dei gruppetti di lavoro precostituiti”. La riduzione delle distanze tra docente e classe e fra i compagni, ancorché favorisca il coinvolgimento nelle attività di gruppo, la socializzazione, l’intrecciarsi di aumentate relazioni nella collettività degli studenti, maschera il rischio reale che il ragazzo con disabilità continui a rimanere isolato in quanto dotato di strumentazione specifica, esclusiva e, possibilmente, non escludente.
Alcuni esempi del passato ci aiutino ad allontanare lo spettro della “solitudine tecnologica”.
Il picchiettio monotono, costante, distraente della macchina per scrivere induceva, attorno agli anni ’80, il docente di turno a smorzare l’assordante frastuono retrocedendo l’allievo cieco, dapprima dalle file davanti fino all’ultima, per poi girargli il banco verso il muro in fondo, per terminare infine la corsa fuori dall’aula, almeno per il tempo dei compiti in classe. Sempre in quegli anni è memoria uditiva di molti il ronzio dell’optacon che costituiva un vero e proprio tormentone per i compagni più indifferenti e per i docenti più insofferenti. Che cosa non si escogitava nei periodi successivi per “soffocare a morte” lo tsunami delle onde sonore delle stampanti braille di cui erano dotate le nostre ingombranti postazioni informatiche! E’ indelebile l’umiliazione di chi è stato privato del monitor perché “non ti serve, tanto non ci vedi” oppure di chi, in assenza dello screen reader per “indisponibilità di fondi”, ha dovuto cimentarsi sulla tastiera del computer scrivendo al buio alla stregua di come si faceva con la macchina per scrivere tipo Olivetti di molti anni prima. Versioni di sistemi operativi e applicativi obsoleti o non aggiornati, installazioni e configurazioni di software e di ausili di tifloinformatica approssimativi e non personalizzati, la voce roca del compagno sintetizzatore, sono altri pochi esempi di come la presenza di un set di strumentazione tecnologica non gestita, subita o presa a carico con scarsa consapevolezza possano rappresentare e dar luogo ad una sorta di involuzione nel processo inclusivo. Dobbiamo evitare cioè di erigere attorno al ragazzo un muro, una barriera, che stronchi di fatto sul nascere ogni potenziale modalità di relazione, disincentivando persino quella dialogica, unità elementare e fondante della più autentica forma di integrazione sociale.

L’inclusione scolastica dei disabili non può, in ogni caso, prescindere dall’apparato tecnologico, indispensabile per il compimento pieno della sua realizzazione e quando allora si accosta il termine inclusione alle parole didattica e tecnologia è opportuno fare una brusca frenata per proporre qualche ulteriore spunto di riflessione.
Molte delle persone ipovedenti e non vedenti, 285 milioni nel mondo di cui 19 milioni sotto i 15 anni, non hanno ancora ricevuto soluzioni efficaci dai dispositivi tecnologici sviluppati finora. Mentre gli educatori sanno generalmente individuare le tecniche più congeniali per far comprendere al gruppo-classe ciò che stanno insegnando, le cose cambiano quando di contro introduciamo ausili specifici che aiutano a declinare e a veicolare gli insegnamenti rispondenti alle necessità dei singoli. Per l’insegnamento della scrittura ad esempio, se per l’uso della penna si applicano strategie didattiche ormai consolidate, per quanto concerne l’insegnamento della scrittura mediante il codice braille occorre avvalersi del necessario apparato strumentale e di una didattica specifica che deve essere in possesso del formatore perché questi trasferisca le tecnicalità in modo efficace e in tempi adeguati; parimenti, lo stesso dicasi relativamente al differente rapporto con la didattica che si evidenzia nell’introduzione della tecnologia: una cosa è l’insegnamento dell’uso del computer per tutti gli allievi, diverso è l’insegnamento del computer dotato di tecnologia assistiva. Se operazioni quali la condivisione del materiale, l’autonomia nella manipolazione di documenti, nella produzione di file, nella navigazione in internet, risultano essere attività di facile svolgimento per l’allievo che vede, per i nostri ragazzi, come per il braille, occorre sviluppare i prerequisiti e le giuste condizioni per poi impostare un percorso d’insegnamento della materia che abbia ragionevole possibilità di soddisfazione per il docente e per il discente. Prima di essere mezzo (uno strumento, un canale attraverso cui far transitare i contenuti), l’uso della tecnologia per chi non vede è un fine, un obiettivo da perseguire con determinazione, impegno e avvedutezza; quindi, valutarla, accertarne il grado di accessibilità, analizzare il contesto, concordare e scegliere le soluzioni tecnologiche più idonee alle caratteristiche del ragazzo, adeguarla al fine delle esigenze scolastiche, acquisirla (comprarla), individuare tempi e luoghi per la proposta didattica, installarla, configurarla, insegnarla, mantenerla aggiornata: questo non è il gioco dell’oca (butto i dadi, c’è un finanziamento e qualcosa succederà), è tutto molto più serio, giochiamo sulla pelle dei nostri ragazzi. Ciò richiede non solo energie, sforzi, passione, competenze specifiche negli operatori, ma anche una compartecipazione consapevole, proattività da parte dell’allievo nell’intero processo; parliamo di insegnare una materia aggiuntiva: prima di essere tramite, un ponte, la tecnologia assistiva è uno scopo, un obiettivo da pianificare e da conseguire.

Indubbiamente, l’ultimo quarantennio è stato caratterizzato da una sete di innovazione tecnologica che ha interessato anche il mondo della disabilità; nel nostro ragionamento, ogni cieco è stato, suo malgrado, bersagliato da corsi lampo di alfabetizzazione informatica e in qualche modo destinatario di una postazione tecnologicamente attrezzata; non importava perché, non importava con quale tecnologia o con quale applicativo e con quali risultati: erogare formazione, questo l’imperativo!
Ciò che è stato ed è oggi ancora di forte criticità, e al riguardo non sono stati fatti significativi passi avanti, è l’assenza pressoché totale della “tiflo-info-didattica”: per quale scopo insegnare? cosa insegnare? con quale ausilio insegnare? come insegnare? In poche parole, dobbiamo scongiurare un altro rischio, peraltro verificatosi troppo spesso, quello cioè di istruire sommariamente l’allievo con disabilità visiva senza renderlo in realtà autonomo nell’uso quotidiano della strumentazione informatica, inducendolo a rinunciare al suo utilizzo. Occorre evitare di trasformare il computer in un’automobile impossibile da guidare!

Sebbene la tifloinformatica, terzo termine preso in esame nella proporzione, vanti una lunga esperienza ed una corposa letteratura, chi ha vissuto l’evoluzione della tecnologia assistiva di questi anni, in qualità di istruttore o di utente, sa che nei corsi di informatica vengono proposte solo alcune delle numerose combinazioni H/W e S/W dell’intero ricco panorama disponibile.
Le trasformazioni sociali conseguenti alla pervasività tecnologica richiedono competenze digitali per lo più solo di prima alfabetizzazione per un coinvolgimento attivo nel processo di cambiamento in atto. Prova ne è che l’accelerazione della diffusione della tecnologia in ogni ambito della nostra vita (nelle istituzioni scolastiche, nel mondo del lavoro, nei servizi pubblici) è stata favorita dall’abbattimento dei costi e dalla semplificazione dell’interfaccia utente. Due elementi che, per un verso, hanno permesso indistintamente ad ogni cittadino di possedere un dispositivo tecnologico, dall’altro, hanno impedito di fatto ad una significativa fascia di potenziali utenti di fruirne direttamente e in modo proficuo. Infatti, disegnare interfacce amichevoli di facile comprensione e di immediato dominio significa, quasi sempre, esaltare il senso della vista; significa, quasi sempre, progettare aprioristicamente solo per una determinata categoria di utilizzatori; significa, quasi sempre, creare a posteriori il fenomeno del digital divide. Poter acquistare con relativa facilità qualsiasi oggetto a valenza tecnologica non equivale automaticamente ad averne piena padronanza. Progettare strumentazione accessibile comporta, fin dal momento dell’ideazione, porre attenzione ed analisi particolari relativamente alle interazioni tra i fruitori e il device, alle modalità di attivazione e di controllo di ciascuna funzione, al livello di usabilità dei dispositivi in ciascun loro aspetto. Più persone saranno messe nelle condizioni di “manipolare” e trarre un qualche beneficio dalle prestazioni del prodotto, maggiore sarà la sua divulgazione nel mercato globale e minore sarà il gap (o divario) tecnologico, vale a dire la distanza qualitativa e anche quantitativa di sviluppo tecnologico esistente fra paesi, fra categorie di persone, fra settori di attività diversi.
Accatastare tuttavia materiale tifloinformatico sul banco di scuola in mancanza di un progetto compiuto può risultare motivo di ansia, frustrazione e suscitare senso di inadeguatezza nell’allievo disabile. A fin di bene e in buona fede, si rincorrono tutti i contributi disponibili per accappararsi questo o quell’ausilio senza che a monte sia stata effettuata una qualsiasi valutazione qualitativa circostanziata. La scelta degli ausili di tecnologia assistiva deve essere ricompresa nell’ambito di un’analisi complessiva che tenga conto della coerenza dell’usabilità della strumentazione individuata in rapporto al grado di accessibilità del sistema tecnologico integrato e al progetto formativo da realizzare. Un display braille, un OCR, un software per la matematica nasconderanno un vero e proprio spreco di danari se inseriti all’interno di una infrastruttura telematica sviluppata attorno a videoproiettori, filmati, slide e apparecchiature non accessibili! L’inutilità sarà certamente conseguente in assenza di competenze tiflotecniche e tiflotecnologiche capaci di integrare e adattare tecnologie differenti, ma anche di massimizzare e veicolare flussi di informazioni per lo scopo prefissato. I risultati attesi, inerenti ad un’effettiva inclusione e agli obiettivi formativi predeterminati, saranno scarsi, deludenti, erroneamente fatti ricadere sull’incolpevole studente con disabilità.
Quanto più vi sarà convergenza fra i molteplici adiacenti fronti interessati e coinvolti, tanto più si raggiungerà il maggiore grado di accessibilità:
a) l’oggettività delle regole dettate dalla normativa vigente dovrà essere conosciuta, condivisa, fatta propria e applicata dai progettisti e dagli sviluppatori di tecnologia, dai formatori e da tutti coloro che, a vario titolo, si occupano di comunicazione e sono responsabili della distribuzione dell’informazione;
b) le competenze tiflotecniche, tifloinformatiche e tiflologiche dovranno ritrovare nella preparazione dell’esperto docente di informatica la capacità di leggere, interpretare e codificare l’ineludibile soggettività che sussiste nel rapporto tra fruitore e usabilità dello specifico strumento tecnologico;
c) la promozione, la pubblicità, la scheda tecnica di assemblaggio della componentistica e il manuale utente di un qualsiasi dispositivo, dovranno muovere da valutazioni e da validazioni fondate su metodi scientifici di rilevazione di accessibilità e usabilità.
Spero, mi auguro, sono convinto che in particolare per quest’ultimo aspetto la nostra Associazione e le strutture collegate sapranno sostenere sui versanti tecnico e politico un percorso che condurrà alla formalizzazione di un sistema di certificazione normato e autorevole.
La stretta collaborazione con le autorità competenti, con i produttori, i fornitori e gli stakeholders caratterizzerà una prospettiva che nel prossimo futuro consentirà di varcare nuove frontiere ed esplorare sorprendenti scenari nelle interazioni uomo-macchina-disabilità.

Per tracciare ulteriormente il perimetro entro il quale si articola il nostro ragionamento attorno all’accessibilità, alla tifloinformatica, alla tiflo-info-didattica e alla didattica inclusiva, occorre prendere in considerazione altre determinanti variabili. In effetti, la definizione dei programmi dei percorsi formativi di informatica di una qualsivoglia tipologia rivolti ai ciechi e agli ipovedenti, volendo naturalmente generalizzare, è influenzata da interferenze esterne non trascurabili. Vediamo schematicamente alcuni elementi utili per la progettazione di un corso.

1. Scopo della proposta formativa:
formazione di base; formazione avanzata; formazione mirata a specifici argomenti (ausili hardware o software); formazione specificatamente funzionale ad apprendimenti di altre discipline.
2. Destinatari della proposta formativa:
corso individuale; corso di gruppo; allievi in età scolare, lavorativa, adulti (tempo libero).
3. Disponibilità di risorse economiche:
assenza di finanziamento; finanziamento pubblico; finanziamento privati; corso finanziato dagli iscritti.
4. Disponibilità di risorse umane:
qualifica/esperienza del docente; presenza del co-docente/tutor; docente vedente, ipovedente o cieco.
5. Scelta degli argomenti:
argomenti programmati dagli organizzatori della proposta formativa, suggeriti dall’allievo/i dettati dalle circostanze (durata della formazione, disponibilità del materiale necessario, prerequisiti riscontrati).
6. Scelta della tecnologia:
tipologia aula; caratteristiche allievi (ipovedenti, ciechi assoluti, gruppo misto); obiettivi formativi.
7. Durata del percorso formativo:
disponibilità del personale, degli allievi, dello spazio-aula; tipologia e complessità degli argomenti in programma; budget economico disponibile; tempistica dettata dalle regole del bando pubblico.
8. Verifica dei prerequisiti d’ingresso:
allievo ipovedente, cieco; possesso del codice braille; conoscenza degli elementi di base degli argomenti del corso.
9. Selezione dei candidati:
verifica dei requisiti per la partecipazione al corso.
10. Fine secondario:
socializzazione; sensibilizzazione.

Se l’esperienza maturata nel campo tifloinformatico ci incoraggia ad accertare con ragionevole consapevolezza le competenze di base indispensabili per il profilo del docente di informatica, resta da colmare l’enorme lacuna concernente la definizione del minimo comune denominatore volto ad attribuire ai corsi un valore aggiunto, un marchio di qualità: non solo quanti e quali argomenti vengono proposti in rapporto ad un dato tempo, ma con quali metodologie, con quali strategie didattiche vengono affrontate le lezioni. Quindi: perché fare? quando fare? cosa fare? come fare?
Le risposte sono necessarie, ma prima dobbiamo metterci d’accordo sulle domande. Di seguito, ancora alcuni quesiti che possono far comprendere meglio la delicatezza e il grado di complessità dell’argomento oggetto di analisi.
Qual è il profilo del tifloinformatico? Chi è autorizzato a fare la scuola guida e a rilasciare la patente? Basta il buon senso, l’intuito, l’esperienza personale per orientarsi e, soprattutto, orientare altri nella scelta fra ciò che è utile e ciò che è spreco o superfluo? Quali sono le competenze di chi intendiamo riconoscere e abilitare ad impartire con autorevolezza buoni consigli ed efficaci insegnamenti? Un ingegnere? Un sistemista? Un esperto di tecnologia assistiva, di accessibilità oppure di didattica informatica, di didattica generale o speciale? Come insegnare la tifloinformatica? Il professionista ci aspettiamo che sia in possesso di un’accertata cultura tiflologica, tiflopedagogica? E’ bene che conosca la didattica dell’insegnamento del braille e avere propri i concetti di aptica per proporre in modo opportuno esplicative mappe in rilievo? Deve conoscere il percorso di insegnamento della tastiera, il significato dei tasti funzione dei display braille, l’utilizzo approfondito degli screen-reader? Vediamo in questa figura un tiflologo specializzato in questioni tecnologiche oppure un informatico specializzato in questioni tiflologiche o più precisamente tiflopedagogiche? Quando e come introdurre il codice braille nei percorsi di alfabetizzazione informatica? Proponiamo un metodo basato su un apprendimento mnemonico e meccanico che trascuri il contesto oppure concettuale e logico che tenga conto della descrizione di finestre, titoli, icone, non tralasciando di nominare elementi e simboli grafici visivi e che si avvalga del supporto di tavole in rilievo per arricchire le esercitazioni e fissare le immagini? La tiflo-info-didattica è altro dalla tiflologia oppure è l’altra faccia della medesima medaglia? Nel porre l’obiettivo didattico, ci si deve strettamente attenere alla trattazione dell’argomento oggetto dell’insegnamento (un sistema operativo, un applicativo, una funzione) oppure finalizzarlo alla comprensione di un altro insegnamento?
E’ necessario, poi, indagare con successivi interrogativi l’altro versante: l’allievo. Quali i prerequisiti necessari per un approccio corretto ed efficace all’avventura tecnologica? Vi è un’età in cui incominciare? Da quali prerequisiti partire?

Stiamo vivendo, tiflologicamente parlando, momenti delicati. Si ha la percezione, peraltro, che i venti stiano cambiando di direzione. La didattica inclusiva richiede incontrovertibilmente anche risposte quantitative: è necessario conoscere piani, regole, tempistiche, oltreché riferimenti economici certi. Elementi meramente burocratici-amministrativi dovrebbero essere comunque in subordine e conseguenti ad aspetti concettuali e teorico-pratici, i quali devono invece essere anteposti e fungere da guida. Dobbiamo far tesoro di un’esperienza di quasi quarant’anni di integrazione scolastica che per una simpatica coincidenza corrisponde più o meno ad altrettanti di tecnologia assistiva.

Siamo chiamati oggi alla messa a punto di un metodo scientifico di validazione di efficacia e di efficienza del rapporto tra tiflo-informatica e didattica inclusiva: ecco l’incognita della nostra proporzione! Qualità dello strumento-mezzo, qualità nella veicolazione dei contenuti, qualità della didattica specifica, qualità nella trasmissione del messaggio. Chi si prende cura di tutto questo? Questa responsabilità non può essere ricompresa nei singoli operatori; non è più tempo degli assoli! Non esiste “Superman”! Occorre operare in team! Dobbiamo avere l’onestà intellettuale di affermare che le competenze necessarie per fare didattica inclusiva con la tiflo-informatica trovano il loro alveo naturale nelle maglie di una rete precostituita sviluppatasi attorno a quegli anelli portanti che hanno tracciato e scritto la storia tiflopedagogica nel nostro paese. Soltanto se proteggiamo, difendiamo, sosteniamo, promuoviamo le nostre strutture che operano in tal senso, a partire dagli Istituti per Ciechi, possiamo trovare o “costruire” le risposte necessarie per garantire un servizio tiflopedagogico che non faccia rimpiangere il passato. Oggi, occorre una convergenza multidisciplinare. Attività di ricerca e di aggiornamento, seminari, veri e propri corsi mirati, valutazioni di dispositivi e di software, attività laboratoriali extra-scolastiche; tutte queste belle cose devono avere fonte, devono muovere da un know-how conquistato e tramandato da chi ci ha preceduto. Affermare il principio della “qualità totale”, concetto oggi tanto caro al moderno mercato imprenditoriale, è il nostro primo dovere, primo obiettivo; ciò significa erogare un servizio utile per rispondere alle reali necessità dei nostri ragazzi e delle loro famiglie.

“Una storia senza nome” di Roberto Andò inaugura la 13a edizione di Cinema senza Barriere

Mercoledì 26 settembre, all’Anteo Palazzo del Cinema di Milano

Torna Cinema senza Barriere®, la rassegna cinematografica ideata da A.I.A.C.E Milano che consente la visione dei film ai disabili sensoriali (ciechi, ipovedenti e sordi) assieme al normale pubblico. Audiodescrizione e sottotitoli permettono alle persone non vedenti di ricevere maggiori informazioni rispetto ai dialoghi del film. I non udenti potranno cogliere più sfumature grazie alla sottotitolatura integrata con aspetti riguardanti le musiche, i suoni e i rumori.

Il progetto, ideato nel 2005 per la direzione di Eva Schwarzwald e Romano Fattorossi, nato grazie alla collaborazione con ENS (Ente Nazionale Sordi Onlus di Milano) e UIC (Unione dei Ciechi e degli Ipovedenti), ha come scopo quello di riconoscere a tutti il diritto di andare al cinema, non udenti e non vedenti inclusi, quale momento culturale e ludico aperto a tutti.

A dare il via alla tredicesima edizione della rassegna sarà la proiezione di Una storia senza nome di Roberto Andò, mercoledì 26 settembre, alle ore 19.30, presso la Sala Rubino dell’Anteo Palazzo del Cinema di Milano, nell’ambito de le vie del cinema | i film di Venezia a Milano.
Dopo Cuori Puri di Roberto de Paolis e Il colore nascosto delle cose di Silvio Soldini, la collaborazione con la manifestazione promossa da AGIS lombarda si rinnova per il secondo anno consecutivo, consentendo la visione di un film de le vie del cinema anche ai disabili sensoriali.

Il film di Roberto Andò, presentato Fuori Concorso alla 75° Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, è interpretato da Micaela Ramazzotti, Laura Morante, Renato Carpentieri, Alessandro Gassmann.

Cinema senza Barriere® ha ampliato le sue attività nel mondo dell’accessibilità ai film, fornendo ai distributori la possibilità di inserire audiocommento e sottotitoli anche nelle successive uscite DVD dei film che vengono proiettati al cinema. Lo ha fatto per Lazzaro felice di Alice Rohrwacher, premio alla sceneggiatura al Festival di Cannes 2018, ed ora per la futura versione DVD di Una storia senza nome di Roberto Andò. Un modo per riaffermare l’importanza dell’accessibilità culturale.

Si ricorda che Cinema senza Barriere®, mette a disposizione, anche per quest’anno, un apposito kit che consente proiezioni senza barriere anche per brevi periodi ai cinema della Lombardia che ne facciano richiesta ad A.I.A.C.E. Milano.
Parallelamente, Cinema senza Barriere®, porta avanti l’attività di conservazione del proprio archivio, che conta ormai ben 100 titoli.
A.I.A.C.E Milano con Cinema senza Barriere® promuove l’utilizzo dei loghi che indicano l’accessibilità alle proiezioni per persone con disabilità della vista e dell’udito.

Il calendario completo delle proiezioni sarà disponibile su www.mostrainvideo.com

UNA STORIA SENZA NOME DI ROBERTO ANDÒ, 26/9 ORE 19.30, ANTEO PALAZZO DEL CINEMA
Biglietti:
€ 8,00 intero
€ 4,50 disabili e non vedenti/non udenti e accompagnatori. Prenotazione obbligatoria scrivendo a info@agislombarda.it entro martedì 25 settembre, indicando nome e cognome.

Cinema senza Barriere® by A.I.A.C.E. Milano
info@mostrainvideo.com // www.mostrainvideo.com // 02 462094

Ufficio stampa Lo Scrittoio
Antonio Pirozzi 339 5238132; ufficiostampa@scrittoio.net
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Ascoli Piceno – L’Unione ciechi nazionale punta sulla provincia di Ascoli per aiutare le famiglie a gestire la pluridisabilità

Marche in primo piano nel tour informativo promosso dall’Uici per fornire ai genitori di bambini con disabilità plurime gli strumenti che favoriscono una serena convivenza e lo sviluppo armonico dei piccoli e di tutta la famiglia

Creare una rete capace di sostenere le tante famiglie con bambini che presentano disabilità plurime, tracciare un percorso comune per arrivare insieme al migliore traguardo possibile: garantire ai piccoli e ai loro genitori una convivenza e una crescita armoniose. Perché la pluridisabilità non si combatte solo dentro gli ambienti sanitari e riabilitativi ma soprattutto quotidianamente, con il lavoro domestico.
È questo l’obiettivo del tour informativo promosso dall’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti nazionale (Uici) e che vede in primo piano le Marche e, in particolare, la provincia di Ascoli Piceno nella quale spicca una struttura di eccellenza: L’Officina dei Sensi.

Partita da Catania nel giugno scorso, la serie di incontri tra famiglie, operatori e sanitari a livello nazionale approda ad Ascoli lunedì 24 settembre con il seminario: “Pluri-Disabilità – Formazione ed Educazione alla Famiglia: luogo di incontro, condivisione e apprendimento”. Stesso tema, ma affrontato da prospettive diverse, per gli appuntamenti di Genova (ottobre) e San Benedetto del Tronto (novembre) che ospiterà l’evento conclusivo.

Sono oltre 450 i soci iscritti alla sezione interprovinciale Uici di Ascoli Piceno e Fermo mentre sono più di 1.200, sul territorio, le persone con disabilità visiva riconosciuta.

“Ad ispirare il progetto – spiega Mirco Fava, componente della Commissione nazionale della Pluridisabilità che ha promosso i seminari – è stata l’esigenza di portare in giro per l’Italia una nuova idea di gestione del bambino con più disabilità. La nascita rappresenta per ogni famiglia una sfida complessa ed entusiasmante. Ma la complessità aumenta con l’arrivo di un figlio con disabilità plurima. Il ruolo che ogni figura professionale deve svolgere è accogliere i genitori e solo insieme a loro strutturare la storia del bambino e della famiglia. Ogni famiglia deve essere accolta, ascoltata e deve uscire dalle stanze di riabilitazione con un bagaglio pieno di strategie concrete, da trasferire e adattare alla vita quotidiana e sociale. Solo in questo modo è possibile garantire lo sviluppo armonico del bambino, del contesto famigliare, e offrirli il più elevato grado di autonomia possibile”.

In quest’ottica è stata ideata la serie di seminari itineranti attraverso cui sensibilizzare le famiglie, la società e le singole strutture Uici per creare una rete capace di sostenere le famiglie che si trovano ad affrontare una disabilità sensoriale con o senza minorazioni aggiuntive.

L’appuntamento con la tappa ascolana è per lunedì 24 settembre, presso la Bottega del Terzo Settore in corso Trento e Trieste 18, a partire dalle 14.30.

Programma seminario: “Pluri-Disabilità - Formazione ed Educazione alla Famiglia: luogo di incontro, condivisione e apprendimento”.

Programma seminario: “Pluri-Disabilità – Formazione ed Educazione alla Famiglia: luogo di incontro, condivisione e apprendimento”.

Foto Officina dei Sensi

Foto Officina dei Sensi