Tentata truffa e funzionari di banca di dubbia onestà, di Nunziante Esposito

La settimana scorsa, in un gruppo tecnico di Whatsapp è passato un messaggio che si può ascoltare da qui:

In questo messaggio vocale si può capire come e quanto siamo esposti a truffe e non solo perché siamo disabili visivi, ma anche perché sono diventati talmente esperti che riescono a convincere chiunque a farsi dare i dati sensibili per perpetrare delle truffe molto pericolose. Se avete ascoltato attentamente questo messaggio vocale, vi sarete resi sicuramente conto, che non ci vuole nulla a mettere a rischio i propri risparmi, quindi, vi esorto ad essere molto attenti, soprattutto quando veniamo contattati telefonicamente. In questo caso, ma vale sempre, non bisogna mai dare a persone estranee, e vale anche per le persone conosciute, i dati sensibili, quali password, codici OTP, i numeri delle carte di credito come scadenza e codici personali, nemmeno se a chiamarvi sono le persone di call center, funzionari di banca, eccetera. Quando vi chiedono codici personali, dato che quelli che ve li hanno dati vi hanno anche raccomandato di conservarli con cura, dovete immediatamente sospettare la truffa. Ricordatevi, quando fornite quei codici, è come se deste le chiavi di casa a qualcuno, quindi, aspettatevi qualsiasi cosa.

Anche le password. Conosco persone che come quando si da una caramella ad un altro, forniscono a cuor leggero le proprie password, fidandosi di chiunque. Non è così che si fa. Quando siamo costretti a fornire, per una qualsiasi esigenza, la password a qualcuno, anche se si trattasse di me medesimo, ricordatevi che subito dopo, dovete cambiare la password.

Altra cosa importante: per i servizi che lo consentono, vi consiglio di attivare il controllo a due fattori, quello che, per le azioni importanti e pericolose, costringono a inserire un ulteriore codice che viene inviato ad un cellulare certificato. Non vi fate problemi a perdere qualche minuto in più a fare certe cose, perché sicuramente risparmiate giorni e giorni per rimediare ai problemi che si hanno quando qualcuno si appropria delle nostre credenziali, a parte il pericolo intrinseco per le truffe che vi possono fare. Tra le tante cose che ho dovuto vivere questa settimana, c’è anche una presa per i fondelli che mi ha fatto la mia Banca, e ci mancava anche questa. Con questa mia comunicazione non intendo per nessuna ragione incutere paura o mettervi in allarme, ma desidero solo rendervi consapevoli che se siete attenti, non andate incontro a certi pericoli. Purtroppo, con quello che viviamo tutti i giorni e per la materia che molto spesso affrontiamo a cuor leggero fino a quando non ci capita qualche cosa, dobbiamo fare come ci consigliavano alcune pubblicità televisive per l’AIDS che dicevano: Se lo conosci, lo eviti. Quindi, se siamo oculati e non consegniamo le chiavi di casa a nessuno, state certi che nessuno sarà in grado di entrare con facilità a casa nostra. Lasciare incustoditi i nostri dati, fornire tali dati a terzi, devono mettere in allarme anche le persone più esperte nell’uso delle nuove tecnologie, perché non ci vuole proprio nulla a passare un guaio, e poiché sono molto preoccupato come lo sono tanti altri amici per questa truffa sventata per caso, a maggior ragione raccomando chi è meno esperto a fare ancora più attenzione.

Ascoltate questo racconto reale di questo messaggio vocale e diffondete la notizia a tutte le persone che conoscete. Il rischio è reale e dobbiamo fare tutti molta attenzione. Anche quello che è accaduto a me con la mia banca è pericoloso e fa scuola, infatti ve lo racconto.

Purtroppo, anche se non è una cosa molto grave, mi hanno praticamente spiegato un contratto di investimento e me ne hanno fatto sottoscrivere un altro. Me ne sono reso conto solo perché ho la registrazione del momento in cui ho sottoscritto quel contratto. È stata la prima e sarà l’ultima volta che firmo un contratto del genere senza aver letto prima e con calma il contratto cartaceo o digitale con gli occhi di un vedente o con la sintesi vocale del mio computer. E se non capirò tutto quello che è scritto nel contratto, mi affiderò sicuramente ad un legale per chiedere conforto, anche a costo di spendere qualche soldino che, credetemi, non sarà speso invano. Purtroppo, le leggi mi vietano di esibire registrazioni fatte senza consenso, quindi, capite da soli che siamo alla mercè di gente senza scrupoli. E anche qui, dobbiamo fare molta attenzione. Alla mia richiesta di investire quei quattro soldi che ognuno ha per poter risolvere problemi che si possono presentare improvvisi in una famiglia, avevo chiesto al funzionario di investire senza rischio per il capitale e di non avere nessun blocco del mio denaro, o che, se proprio doveva esserci, che non superasse un anno; ho avuto a voce tutte le rassicurazioni del mondo. Avere le rassicurazioni da un funzionario che la titolare della banca che mi stava assistendo per la pratica ha chiamato, per farmi spiegare meglio il tutto, è sembrato essere una rassicurazione in più e ci sono cascato come un merlo. Vi giuro che se non avessi a mia disposizione una registrazione di tutto quello che ci siamo detti, non credo che mi sarei ricordato di quello che mi aveva assicurato questo signore e, magari, avrei pensato di non aver capito bene quello che mi era stato spiegato.

Inoltre, cosa molto grave e che comprendo solo adesso, tutto a voce e fiducia massima in colui che parlava e spiegava. Diceva una vecchissima pubblicità di carosello, solo… vuol dire fiducia, per dire che non bisogna avere fiducia di nessuno e in particolar modo quando si tratta dei propri denari.

Vi giuro, con la favella molto spigliata che fa invidia al miglior avvocato del foro, il funzionario, sparito dalla banca perché trasferito, è riuscito a convincere me e la mia consorte a stipulare un contratto di investimento che, molto probabilmente protegge il capitale da rischi, ma non assicura nessun interesse e il tutto è bloccato per 5 anni.

Altra cosa che fa molto pensare, il funzionario che è al momento in banca al posto di questo signore, non fa che dire di non essere lui responsabile e che non mi sa dire altro. Nei prossimi giorni ho appuntamento con il direttore della filiale e capirò meglio se devo rivolgermi ad un avvocato, ai giornali o quello che devo fare.

A questo punto che dire: Fate attenzione! Non vi fate prendere per merli come è capitato a me! Fatevi furbi, facendovi dare i contratti, leggeteli con calma e con il conforto di chi capisce più di noi e poi sottoscrivete, e solo se siete veramente convinti!

Nunziante Esposito.

nunziante.esposito@uiciechi.it

46º Campionato Italiano Meteor 2019, di Massimo Mercurio Miranda

I pontili galleggianti del circolo nautico di Torre del Greco, accolgono, proteggendoli in un grande abbraccio i 60 e più Meteor giunti dai più vicini e lontani specchi d’acqua dolce e salata d’Italia. Le piccole imbarcazioni di 6 metri, tutte uguali nella forma e nelle linee d’acqua ma ognuna diversa dall’altra per attrezzatura, colore dello scafo o delle vele, si lasciano dolcemente cullare dal pacioso respiro del mare che si insinua nello splendido golfo di Napoli.

È mattina presto e sono a bordo di “Mácchese”, il mio Meteor del 2010, con cui ho deciso di affrontare questa nuova avventura e mi godo il tiepido calore del sole del mattino, mentre una leggera brezza mi accarezza il viso. Pian piano, al dolce sciabordío del mare, sovrastato di tanto in tanto dallo stridulo ridacchiare dei gabbiani, si aggiungono le allegre voci dei regatanti che sopraggiungono a gruppetti di tre o quattro per armare le loro imbarcazioni. Il piccolo porto di Torre del Greco, sì è definitivamente svegliato!

È la mattina di mercoledì 1 maggio ed oggi cominciano le regate. Le risate e gli sfottó fra i vari equipaggi, si alternano al caratteristico rumore delle vele, simile ad un crepitio, che vengono estratte da sottocoperta e preparate per essere issate.

Soltanto ieri sera mi è stato presentato Donato, il mio timoniere, membro della flotta del Trasimeno col quale, assieme ad Alfredo e Giulio, conosciuti un paio di giorni fa presso la Lega Navale di Napoli di cui siamo soci, ci apprestiamo a dare inizio alla prima delle tre regate giornaliere.

Randa e genova sono a posto; lo spinnaker appallottolato nel gavoncino di prua è pronto per essere “sparato“ al momento opportuno; le scotte e le drizze sono in chiaro; la radio è sintonizzata sulla giusta frequenza. Bene! Non ci resta che mollare gli ormeggi e prendere il largo!

Appena lasciate le tranquille acque del porto, un leggero moto ondoso ci accoglie e la dolce brezza si trasforma in un vento sostenuto di cinque o sei nodi, Con raffiche intorno ai 10. Spiegate le vele al vento, proviamo qualche virata per cercare quel sincronismo d’azione indispensabile in un equipaggio e che, per le note ragioni, ci manca.

Testiamo anche lo spinnaker ed è entusiasmante, sentire l’accelerazione di “Mácchese” quando la Vela si gonfia pienamente! La radio ci avvisa che mancano 10 minuti all’inizio della competizione. Provvediamo ad effettuare le ultime regolazioni e ci avviciniamo alla linea di partenza. Ai cinque minuti siamo nel pieno della mischia! È come essere in un vespaio! Più di 60 barche, a pochi centimetri l’una dall’altra, in un fazzoletto d’acqua, mentre cercano di guadagnare la miglior posizione per partire allo zero!

Le voci degli equipaggi, quasi 200 persone, riecheggiano nel Golfo con i vari: “Vira!“, “Poggia!“, e “Acqua!“, di chi, in virtù di un diritto di rotta, chiede spazio agli avversari. Sono più che convinto che, se avessi ancora il dono della vista, non riuscirei a scorgere una sola goccia d’acqua, ma soltanto barche, vele spiegate e gente meravigliosa! Via radio, il comitato di regata ci avvisa che siamo all’ultimo minuto! L’adrenalina sale! Le mie mani stringono forte la scotta di sinistra del genova!

Mancano 30 secondi! Donato, con accortezza e precisione, si fa largo nel núgolo di Meteor.

10, 9, 8, 7, 6…

I muscoli delle mie braccia sono tesi allo spasmo, pronti a cazzare la scotta!

5, 4, 3, 2, 1…

Tiro la scotta con tutte le mie forze per mettere a segno la vela!

ZERO!

Un preciso colpo di timone e l’imbarcazione, inclinandosi sulla sinistra, mette la prua alla sua prima bolina!

VIAAAAAAA!!!

“Mácchese” c’è!!!

L’avventurosa follia sì è trasformata in splendida realtà!

L’importanza di praticare sport, di Massimo Mercurio Miranda

Da tempo è noto come lo sport e le attività motorie praticate da persone con disabilità possano contribuire in modo significativo al miglioramento delle loro condizioni psicofisiche, oltre a perfezionarne l’integrazione sociale, attraverso l’acquisizione e il rafforzamento di nuove competenze.
In ciò non fanno eccezione i soggetti affetti da disabilità visiva, per i quali tante Associazioni, tra le quali la Peepul S.D. Sport di cui faccio parte, da anni promuovono ed agevolano attività sportive, come leva per una maggiore integrazione e identificazione sociale di persone altrimenti svantaggiate.
Fra le molte attività sportive praticate da non vedenti ed ipovedenti, la vela agonistica risulta essere una delle più complete ed avvincenti. Da più di vent’anni infatti, grazie al progetto Homerus, persone con disabilità visiva adeguatamente formate, possono condurre un’imbarcazione a vela o partecipare attivamente a regate di flotta ed in certe condizioni, disputare addirittura in totale autonomia regate Match-Race. Qualcuno ha detto che io sarei uno speciale esempio di come la vela ed il mare siano in grado di restituire motivazione e voglia di vivere anche quando per situazioni cliniche secondarie, il deficit visivo sopraggiunge in età adulta, costringendo la persona a ricostruire da capo la propria esistenza. Quella stessa persona, ha scritto testualmente: “Massimo ha perso la vista nel 2014 per glaucoma, e la prima cosa che ha dovuto fare dopo il trauma iniziale è stata vendere metodicamente le sue moto, i caschi, le tute e tutte le attrezzature che usava per correre in pista in una vita precedente. Grazie ad Homerus Massimo ha scoperto la vela ed ha riscoperto il mare. A marzo del 2017 ha frequentato sul lago di Garda il primo corso Homerus di vela autonoma per non vedenti, per imparare i fondamenti della navigazione a vela e per scoprire una nuova passione. Nel maggio dello stesso anno da inizio alla sua nuova realtà sportiva partecipando come timoniere al Campionato Internazionale Homerus Match-race a Salerno, qualificandosi al secondo posto nella sua categoria e ad ottobre, prende parte alla seconda edizione del Trofeo Homerus del Golfo dei Poeti a La Spezia, dove si aggiudica il titolo. Ad aprile 2018 torna a scuola sul Garda, per frequentare un corso di approfondimento su tattiche e regole di regata. A maggio 2018, si classifica nuovamente al secondo posto nella sua categoria alla seconda edizione del Campionato Internazionale Homerus Match-Race a Salerno. E seguendo alla lettera le parole di un grande del teatro napoletano che diceva: “gli esami non finiscono mai”, solo poche settimane or sono, ha seguito un ulteriore corso di perfezionamento tenutosi a Bogliaco, sul lago di Garda. Il passo successivo? All’apparenza naturale, ma in realtà ricco di responsabilità ed impegno, è stato quello di acquistare una barca a vela! Scegliendo di essere armatore della sua imbarcazione, Massimo ha dimostrato che con un caparbio e paziente spirito positivo si possono raggiungere risultati incredibili. Crediamo che il suo sia un buon esempio da seguire”.
Ecco, brevemente enunciato il mio recente passato! Cosa ho in programma? Presto detto! Partecipare con la mia “Mácchese” (con l’accento acuto sulla a), al 46º campionato italiano AssoMeteor, che, organizzato in sinergia dal Circolo Nautico di Torre del Greco, Lega Navale di Napoli (di cui sono socio) e Club Nautico della Vela, si svolgerà nello splendido Golfo partenopeo dal 29 aprile al 4 maggio.
Ovviamente, ben conscio della mia inesperienza in regate di flotta, giacché per la prima volta in assoluto mi troverò fra più di 60 barche contemporaneamente in acqua, pronte a darsi battaglia per conquistare anche un centimetro di vantaggio, ho deciso di partecipare con l’intento di fare quanta più esperienza possibile cercando di ben figurare, vieppiù che, a meno di dieci giorni dall’inizio del campionato, il mio equipaggio ha dato forfait.
Poiché dico sempre che gli ostacoli sono fatti per essere superati e le difficoltà rendono più gustoso il raggiungimento dei propri obiettivi, senza perdermi d’animo, sto ricostituendo il mio team. Ovviamente, è lecito aspettarsi che, da programmata attività velica, questa idea si sia trasformata in avventurosa follia giacché, da emeriti sconosciuti, diventeremo un equipaggio soltanto durante i giorni di regate, con i conseguenti problemi di sintonia fra di noi e sincronismo d’azione dovuti alla totale mancanza di allenamento.
Ma… quanto sarà bello trasformare questa lucida follia in meravigliosa realtà?
Ve lo dirò il 5 di maggio!

Napoli – Tante attività a Napoli, di Mario Mirabile

“Si chiede all’assemblea di approvare questa relazione che dimostra l’enorme lavoro svolto nell’anno 2018 dalla Sezione UICI di Napoli, nella consapevolezza che per mantenere i diritti conquistati in tanti anni di dure battaglie, è necessario non abbassare la guardia e cooperare tutti quanti insieme sotto l’unica bandiera dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.” Così si è conclusa la relazione morale relativa all’anno 2018 approvata lo scorso venerdì dai soci della Sezione di Napoli; una relazione lunga e articolata in cui sono state descritte tutte le attività, i progetti e le iniziative portate avanti lo scorso anno da dirigenti, responsabili dei presidi, dipendenti e volontari che hanno cercato di dare il massimo per fornire servizi di qualità ai disabili visivi residenti nell’area metropolitana di Napoli. Ma la lettura e l’approvazione dei documenti sono stati soltanto uno dei momenti dell’assemblea, infatti essa è stata aperta dall’intervento del socio onorario UICI e amico On. Paolo Russo e dal Presidente Nazionale Mario Barbuto che è intervenuto telefonicamente, manifestando ancora una volta l’affetto verso i soci della sezione partenopea. Come di consueto, l’assemblea è stata anche il momento per conferire dei riconoscimenti a coloro che si sono prodigati nei vari ambiti in favore dei non vedenti e dell’Unione e, questa volta, il Consiglio ha deciso di conferire una pergamena al prof. Stefano Perna – docente dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e tra i responsabili della IOS Developer Academy; al dott. Corrado Pietrantuono – direttore della commissione medico-legale dell’INPS, il quale da tantissimi anni cerca di colmare le varie falle presenti nella burocrazia dell’Istituto di Previdenza e alla prof.ssa Bianca Gasparrini, la quale con la sua associazione realizza progetti finalizzati all’inclusione dei disabili visivi dell’Africa Centrale e l’Ultimo progetto, a cui sta partecipando anche la sezione UICI di Napoli, riguarda la costruzione di una ludoteca per ragazzi ciechi del Benin. Il conferimento di una pergamena ricordo ha simboleggiato soltanto il prosieguio della collaborazione con persone che hanno sposato a pieno la causa dell’Unione Ciechi e hanno compreso le esigenze dei disabili visivi. Il pomeriggio assembleare è stato al centro di una settimana ricca di attività ed iniziative tra le quali:
– la presentazione del percorso tattilo-plantare LOGESVET nella biblioteca comunale di Sant’Anastasia. Percorso fortemente voluto dai responsabili del locale presidio e dall’amministrazione comunale che, ancora una volta, dimostra di essere vicina alle istanze dell’Unione.
L’incontro seminariale “bisogni specifici degli allievi con disabilità visiva nella scuola di tutti e per tutti”, incontro organizzato dalla commissione istruzione per raccogliere le buone prassi in materia di inclusione scolastica e metterle in rete.
– Il laboratorio finalizzato a creare oggetti sul tema della Pasqua organizzato dalla commissione pari opportunità nei locali sezionali il giorno 13 aprile.
– Il seminario “Occhio al bagnante” organizzato in partnership con il comitato Spiagge superabili, nella sala consiliare del Comune di Meta. Il seminario è stato organizzato con l’intento di formare gli operatori balneari per far sì che i disabili sensoriali possano fruire a pieno delle spiagge e del mare nella prossima stagione estiva.

Istituto dei Ciechi di Milano: Rodolfo Masto nominato Presidente, di Mario Censabella

Non avrei mai pensato che il nostro Presidente Cav. di Gran Croce Rodolfo Masto fosse tanto modesto da non comunicare subito l’ultimo importantissimo personale successo: essere stato nominato presidente del nuovo Consiglio di Amministrazione della più recente configurazione dell’Istituto dei Ciechi di Milano.
Rodolfo Masto già nel 1992 è stato nominato dal competente ministero, Commissario straordinario dell’Istituto. Sin d’allora Rodolfo Masto si è battuto per ottenere una normalizzazione delle cariche istituzionali dell’Ente.
Rodolfo Masto in tutti questi anni si è dovuto sobbarcare oneri e responsabilità non comuni facendo mantenere all’ente attività e impegni, non facendo mancare alcuna assistenza a coloro che erano in carico o che si rivolgevano all’Istituto dei Ciechi di Milano per ottenere assistenza e istruzione.
Dal 1992 a ieri Rodolfo Masto ha sfruttato tutte le sue conoscenze e il suo impegno per ottenere che gli organismi ministeriali preposti procedessero a emanare gli opportuni decreti, intesi a far nominare il nuovo consiglio di amministrazione concedendo all’Ente Istituto dei Ciechi di Milano le sue nuove prerogative e configurazioni.
Martedì 22 gennaio 2019 si è riunito il nuovo Consiglio di Amministrazione dell’Ente con tutte le sue facoltà e prerogative, nel corso della riunione ha provveduto alla nomina dei componenti del CdA della nuova Fondazione Istituto dei Ciechi di Milano:
Rodolfo Masto, Presidente;
Giangiacomo Ruggeri, Vice Presidente;
Mario Barbuto, Consigliere;
Laura Stampini, Consigliere;
Alberto Colace, Consigliere;
Non sarebbe mio compito, modesto estensore di una realtà, esprimere pareri ma non posso esimermi dal rivolgere a Rodolfo Masto, al quale meritatamente è stata assegnata la Presidenza, il più vivo compiacimento; a tutti i componenti giungano le felicitazioni per il nuovo importante ruolo assunto: un abbraccio a Giangiacomo Ruggeri con il quale sono legato da sincera amicizia.
Ho conosciuto tutti i componenti poiché il nuovo Presidente mi ha usato l’attenzione di invitarmi al pranzo dopo il loro insediamento, quindi ho avuto modo di conoscerli, sono a tutti grato per l’attenzione e la simpatia con le quali si sono intrattenuti con me, io, modesto presidente onorario dell’Unione Italiana dei Ciechi di Milano.

Grazie di esserci stato, di Rafanelli Virgilio Moreno

Autore: Rafanelli Virgilio Moreno

Venerdì 22 marzo scorso, in silenzio, quasi senza voler disturbare nessuno, Nicola Forese ci ha lasciato; un uomo semplice, modesto, sempre pronto a sorridere e con un animo straordinariamente grande. Ho conosciuto Nicola nella seconda metà degli anni 70 dello scorso secolo e da subito è nata fra noi una istintiva simpatia ed amicizia, corroborata dall’unanime impegno nelle battaglie per la difesa dei diritti dei ciechi, degli ipovedenti e di tutti i disabili. In quegli anni, ancora tanto cammino i ciechi italiani dovevano compiere per raggiungere il sogno di una piena inclusione sociale, il diritto a percepire a titolo della minorazione l’indennità di accompagnamento, il pieno diritto al lavoro, una vera integrazione scolastica, il diritto alla riabilitazione, al superamento delle barriere sensoriali e culturali; ecco, in queste battaglie Nicola è stato sempre in prima fila, sempre pronto ad andare a manifestare a Roma o dove fosse necessario andare, spesso rinunciando al dormire. Allora per viaggiare non vi erano le Freccia Rossa, ma dei lentissimi treni. Era orgoglioso di rappresentare la sua sezione di Pistoia che amava tanto, lui, uomo venuto dal Sud, di cui aveva mantenuto tutte le sue bellissime peculiarità; dicevo, la sua sezione che amava tanto, sopra ogni cosa, e di cui è stato per tantissimi anni, prima consigliere e successivamente consigliere delegato, sempre attento, sempre disponibile. Si era anche distinto nel mondo delle nuove tecnologie, di cui era diventato nel tempo, un vero e proprio esperto, aiutando e sollecitando tanti non vedenti divenuti suoi amici e che oggi insieme a me lo piangono.
Un forte impegno lo aveva dedicato al mondo del lavoro prima e al mondo degli anziani poi, frequentando assiduamente la loro sala virtuale ed impegnandosi in vari progetti riguardanti il mondo dei disabili della terza età. Era vicepresidente provinciale dell’I.Ri.Fo.R., cui aveva dato il suo positivo e fondamentale contributo. È stato componente della F.A.N.D. provinciale di Pistoia, Federazione in cui credeva moltissimo, convinto com’era che, uniti avremmo potuto rappresentare meglio una forte minoranza sociale.
Nicola Forese è stato tutto questo, ma è stato soprattutto un uomo buono, dall’animo nobile, con una profonda visione positiva della vita, dedito alla sua famiglia, ai suoi meravigliosi figli ed al suo lavoro di operatore telefonico presso l’amministrazione comunale di Pistoia, lavoro che ha sempre svolto con serietà, impegno e dedizione, tenendo alta la bandiera dell’uguaglianza e della dignità dei lavoratori ciechi e ipovedenti.
Caro Nicola nel concludere questo mio breve ricordo di te, interpretando sicuramente i sentimenti di quei tanti di noi che hanno avuto la fortuna di conoscerti, vorrei salutarti con l’ultima frase che la Presidente della sezione provinciale di Pistoia dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Tiziana Lupi ha esclamato al termine della sua commemorazione in una splendida giornata di sole di inizio primavera nell’affollatissima chiesa di Albinatico a Ponte Buggianese, alla presenza anche di numerosi non vedenti. Tiziana ha concluso così, commuovendo tutti: “grazie Nicola di esserci stato”.

Ancora sulla pittura tattile, di Aldo Grassini

Ho letto l’interessante intervento di Antonio Greco e Nunziante Esposito nel Corriere Braille n. 8 (22-28 febbraio), pag. 21 e seguenti, sotto il titolo “La pittura tattile”. Credo necessario fare qualche puntualizzazione:
a) se è possibile percepire i colori con le mani;
b) come è possibile per un cieco fruire di un’opera pittorica;
c) se i suoni possono farci “vedere” le immagini, magari con l’ausilio dell’informatica.
Sul primo punto, tu, Antonio, non sei affatto “tonto”, come dici; anzi cogli nel segno quando scrivi: “Il colore deve esser vissuto, gustato e goduto e per poterlo assaporare è necessaria la vista.”
Perfetto. Chi ha visto ed ora non vede più, può immaginare i colori, insomma, può ricordarli. Ma per chi non ha visto mai i colori sono parole che non potranno mai tradursi in rappresentazioni concrete. E ciò vale per tutti i sensi. Essi hanno una specificità che non può esser tradotta: i colori sono colori, i suoni sono suoni, gli odori sono odori, i sapori sono sapori, le sensazioni tattili sono sensazioni tattili. Passiamo pur le mani su una tela o su una superficie: potremo avere sensazioni piacevoli e stimolanti a seconda dei materiali, ma non potremo mai riconoscere i colori. Possiamo accordarci in modo tale che a determinate sensazioni acustiche, olfattive, termiche ecc. corrispondano determinati colori, ma saremmo sempre sul terreno della pura informazione, e ciò non consentirà di rappresentarci percettivamente i colori corrispondenti se non ne abbiamo mai avuto esperienza.
Ma allora la pittura per noi ciechi è un tabù? Non proprio. Fermo restando che nella pittura i colori, la luce, le ombre sono essenziali ai fini di una vera fruizione estetica, un dipinto non è fatto soltanto di colori. Ci sono anche le forme delle cose rappresentate, ci sono i contenuti, i messaggi, la simbologia e tutto questo, in certe condizioni, è accessibile anche per chi non vede.
Facciamo un esempio. Prendiamo la Guernica di Picasso. Da oltre ottant’anni questo grande dipinto emoziona e commuove milioni di fruitori. C’è senza dubbio una straordinaria immagine visiva, fatta di colori e di forme, ma c’è anche un forte messaggio politico ed umano: la denuncia dell’ingiusto scatenamento di una guerra civile, la condanna della violenza, la pietà per chi la patisce crudelmente, il grido di protesta per la libertà violata… Non è solo l’immagine visiva, ma tutto questo insieme, così potentemente espresso, che emoziona e fa gridare al capolavoro.
Al Museo Omero abbiamo una riproduzione della Guernica in bassorilievo. I ciechi non vedono i colori, ma possono apprezzare tattilmente le forme e naturalmente anche il messaggio che esse sanno trasmettere.
Ricordiamo che soltanto la vista e il tatto sono in grado di cogliere la forma, gli altri sensi no. E un bassorilievo ben fatto offre alle mani che lo esplorano la possibilità di riconoscere le figure e di penetrarne perfino i significati più segreti.
Ma, attenti! Un bassorilievo non è una pittura. Esso appartiene a un genere diverso: la scultura. Si tratta in definitiva di una traduzione in un altro linguaggio, con tutti i pregi e i difetti che può avere una traduzione.
E veniamo al terzo punto. Nunziante Esposito dice cose molto interessanti circa le prospettive offerte dagli sviluppi della tecnologia informatica. Tuttavia bisogna chiarire bene una cosa: la sinestesia, cioè la possibilità di associare più sensazioni (p. es. colori e suoni) non può dare la vista a chi non vede!
Mi spiego. Circa la forma, abbiamo già sottolineato che soltanto il tatto e la vista possono consentirci di percepirla. Voler delineare un contorno con variazioni termiche tattilmente percepibili, o con suoni o con odori sarebbe fatica sprecata. La musica e le descrizioni possono stimolare la nostra immaginazione, ma in modo assolutamente soggettivo e senza possibilità di riscontro.
Pensiamo ad una musica a programma, tanto per fare un esempio, ai “Quadri di un’esposizione” di Mussorgskij nella versione orchestrale di Ravel. Si tratta di una mostra di pittura tradotta in musica. Mussorgskij esprime con i suoni le impressioni e le emozioni suscitate in lui da quei dipinti e si tratta di una musica bellissima e giustamente famosa. Ma ascoltandola qualcuno potrebbe dire di “vedere” quei quadri? Di rappresentarsi quelle forme e quei colori?
Con la sinestesia visivo-uditiva una persona, in questo caso Mussorgskij, manifesta lo stato emotivo che in lui produce un colore, un’immagine (che un cieco non può vedere) e lo manifesta attraverso un analogo stato emotivo in lui prodotto da un suono, da una musica che anche un cieco può apprezzare. È come se gli dicesse: “Ti emoziona questa musica? Ebbene, allo stesso modo io mi emoziono davanti a questa immagine.”
Nunziante ci parla nel suo articolo, delle mirabolanti prospettive che ci offre la tecnologia: basta toccare un quadro o soltanto passarci accanto per ascoltare (badate bene: non vedere) gli uccelli che cantano, il ruscello che scorre, il treno che passa, l’aereo che vola! Ascoltare mentre che gli altri vedono.
Nuovo e soggettivo è il mezzo con cui attivare quei suoni, ma la cosa in sé non è poi così rivoluzionaria. Potevamo farlo anche prima semplicemente pigiando il tasto di un povero e vecchio magnetofono! E i film commentati non ci propongono suoni e informazioni contestualmente allo scorrere delle immagini?
Io credo che la tecnologia ci offra delle potenzialità sconfinate, ma la vista ai ciechi ancora non è in grado di restituirla!

Dai Cammei, all’Arte di Raccontare, di Luisa Bartolucci

Da sempre sono una forte lettrice e da diversi anni, ormai, mi accade di dover leggere e recensire libri e, non di rado intervistarne gli autori, uomini, donne, così diversi tra loro. Ma quando accade di dover leggere e presentare il libro di un’amica, le emozioni si fanno più intense. Intanto vi è la curiosità di scoprire qualcosa di nuovo che riguardi forse più l’autrice che l’amica, poi vi è un mondo che si schiude, fatto di sentimenti e continue scoperte. Così quando Erica Monteneri, donna di grande cultura, intelligente e dinamica, della quale già avevo letto e pubblicato anche sul nostro periodico “Kaleidos” alcuni racconti al femminile, colei che ho fortemente voluto fosse la referente della Commissione nazionale Pari Opportunità mi ha parlato del suo volume di racconti, non ho potuto fare a meno di leggerlo immediatamente.
“Cammei – ritratti di donne dagli anni ’60 al 2000” (Pegasus Edition), è un libro che non lascia indifferenti, che ti incolla alla sedia, al computer, finché non si finisce di divorare anche l’ultima riga dell’ultimo racconto. “Ci sono cammei nei cui pochi centimetri quadrati si vede un intero paesaggio. Così come nelle storie delle vite di Marina, Maria, Luciana, Teresa, Giulia e di tutte le altre figure femminili che abitano questo libro e che sono tutte amate da Erica che, con la consapevolezza di non essere politically correct, ha chiesto di fare la prefazione e la presentazione a ben due uomini: Rodolfo Masto, Presidente della sezione di Milano dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS-APS e al critico cinematografico Giancarlo Zappoli.
Erica Monteneri è nata a Modena e si è laureata all’Università degli Studi di Milano, città in cui ha insegnato dal 1967 al 1983 nei Licei. Dal 2000 presta la sua attività da dirigente presso la sezione milanese dell’Unione. Presiede il Circolo Culturale e Ricreativo “Paolo Bentivoglio”, ove organizza spettacoli teatrali, musicali, presentazioni di libri e molto altro. Erica ci ha rilasciato una significativa intervista che riportiamo di seguito:
D. Erica, come è nata l’idea di questo libro?
R. In realtà non ho mai avuto l’idea a priori di pubblicare un libro, i racconti sono stati composti nell’arco di molti anni da quando ho perso la vista e costituiscono una specie di album di ricordi di donne che mi hanno colpito.
D. Il libro si compone di una raccolta di racconti. Quando sono stati scritti e perché hai atteso tanto per pubblicarli? scrivevi più per te, o pensavi che prima o poi li avresti diffusi in qualche modo?
R. Ho sempre scritto solo per me stessa, per fissare i momenti di vita o personaggi che ritenevo importanti per la conoscenza della variopinta casistica umana. Sono stata spinta a pubblicare il libro da alcune amiche che mi hanno aiutato nella stesura scritta e perché ho deciso che se non lo facevo alla mia età non lo facevo più.
D. Il titolo è estremamente bello, significativo, richiama alla mente o eleganti gioielli, o anche collaborazioni eccezionali che impreziosiscono, ad esempio, i film…
R. I Cammei mi sono sempre piaciuti, forse perché li portava mia nonna, una donna elegante raffinata intelligente. Le mie protagoniste per me sono piccoli cammei e ho cercato anche nella copertina del libro di rendere questa idea: volti che racchiudono un’anima, una personalità.
D. Quanto vi è della tua vita in questi scritti?
R. Molto perché tutti i personaggi li ho conosciuti in momenti precisi della mia vita, nessuno è inventato. Quindi c’è la compagna di liceo, di università, c’è la scelta di avere un figlio dopo che avevo perso la vista, ci sono colleghe di scuola e ci sono donne che mi anno raccontato le loro piccole storie quotidiane ricche di un’attualità ancora viva. In uno scritto c’è un protagonista maschile ma in quel caso ci sono vicino a lui due figure femminili particolarmente intense.
D. Personaggi femminili molto diversi: a quale sei più legata?
R. Li ho amati tutti in modo diverso perché ho partecipato con empatia a tutte le loro storie. Forse sono più legata a Giulia perché ho trovato in lei la forza di superare le situazioni più difficili con coraggio e serenità.
D. Attraverso le figure, i cammei di queste donne ripercorri anche la storia ed i costumi del nostro Paese. A quale scansione temporale sei più affezionata, quale senti più tua?
R. Sono senz’altro legata alle ragazze degli anni Sessanta e Settanta con cui ho condiviso la gioia delle grandi scoperte esistenziali: la speranza nel progresso, nel mutamento in meglio della società, nella conquista dei diritti delle donne, ma in realtà ho scritto molti altri racconti in cui parlo anche del presente e mi sento ugualmente immersa in esso. Quindi non mi sento legata solo ad alcuni momenti, fanno tutti parte dello stesso arazzo che è la mia vita.
D. Quanta realtà e quanta fantasia vi è nelle storie che narri?
R. Tutti i nuclei sono reali, il modo di porgere la storia è personale.
D. Hai dei momenti particolari della giornata in cui ti piace scrivere e con quali strumenti scrivi?
R. Mi piace scrivere quando sono sola, molto spesso alla mattina presto o verso il tramonto, sul balcone di casa mia nelle buone stagioni con un piccolo registratore a cui sussurro i miei pensieri.
D. È stato arduo scegliere tra i numerosi racconti che avevi, quelli che sono andati a comporre questa raccolta?
R. Sì molto perché ho eliminato alcuni racconti che avevano come protagoniste le mie più care amiche di cui non intendevo mettere in piazza i segreti. Altri racconti non li ritenevo ancora definiti bene. Perciò diciamo che tra tutti i racconti che ho scritto ne ho scelti sì e no un terzo.
D. Questo libro non è fine a se stesso, ma con i proventi verrà finanziato un progetto interessante ed ambizioso: “L’arte di raccontare”, un corso di scrittura creativa aperto a 16 partecipanti, 8 uomini e 8 donne, ciechi e/o ipovedenti. Erica, vorresti illustrarlo ai nostri lettori?
R. Come scrittrice non vedente ho affrontato molti problemi e non so se li ho risolti. Sono convinta che la scrittura sia liberatoria, serva a oggettivare dei problemi che magari ci avvelenano la vita, ma bisogna sapere come oggettivarli. Ci sono delle regole di scrittura che io stessa ho intuito ma non so se ho realizzato. Per questo ho pensato che creare una classe ideale di scrittori che si confrontano tra loro sarebbe una bella esperienza. Forse è la mia vecchia mentalità da insegnante che viene fuori. Mi sono rivolta a un docente noto che fa lo scrittore, Massimo Tallone, socio fondatore di una scuola di scrittura creativa e comunicazione che ha abbracciato con entusiasmo il progetto. È vero che oggi in Italia tutti scrivono, non importa se creeremo o meno 16 nuovi scrittori di fama, ritengo che sarà un ottimo risultato se queste 16 persone riusciranno a esprimere con chiarezza il loro mondo interiore senza idealizzazioni e mistificazione.

La pittura tattile, di Antonio Greco e Nunziante Esposito

“Sono così tonto che non riesco ancora a capire su quali basi solide si fonda la teoria della percezione della pittura tattile da parte dei non vedenti. Eppure io sono un non vedente di quasi 92 anni e di esperienza ho tanta. Ho provato a strisciare sulle tele che ho appese a casa mia, ma non ho provato nessuna sensazione né di colori, né tattile, e tanto meno emozioni. Ho provato a farmi aiutare, ma si son fermati alla descrizione. Io son d’accordo sulle opere scolpite, sulla scultura e sulla architettura in genere dove si può provare qualche sensazione di bello a metà, perché l’opera scolpita rappresenta anche manifestazioni di bellezze di colori, di sfumature, di bronci, di sguardi torvi, di sorrisi, di manifestazioni di pianto, di gioia ed altro che alle mani sfuggono. Secondo me tutto ciò che si scrive sul gusto dei colori e delle fotografie è solo frutto di fantasia e di emozioni sforzate. Allora, se le descrizioni sono sufficienti per suscitare a questi non vedenti che vantano la fruizione della bellezza dei colori di emozioni particolari, estasi, sensazioni ed altro, perché sperperare tanto denaro per creare opere tattili di pittura che non servono a niente? È inutile mettere chiodini per sforzarsi di dare la fantasia di sensazioni del colore; il colore deve essere vissuto, gustato e goduto e per poterlo assaporare è necessaria la vista. È inutile prenderci in giro. Come si fa a gustare colori, sfumature di colori, profondità del colore, intensità delle forme di spazi frammisti a colori ed altro? Leggendo il Corriere Braille trovo che tali affermazioni di pittura tattile stanno crescendo in tutta Italia come funghi. Ecco perché all’inizio ho scritto che forse sono tonto. Ebbene, illuminatemi voi, assertori convinti di tale argomento. Speriamo che mi pubblichiate questo scritto, in modo da poter sentire e conoscere altre opinioni e altri pareri in merito”.
Antonio Greco

“Sto leggendo sempre più spesso di questo argomento e, sempre più spesso, ne sento parlare sulla stampa e sui media, come se fosse una cosa scontata per chi non vede. Più si va avanti e più siamo bombardati da articoli con i quali si asserisce che si può produrre la pittura in braille, dicendo che si può addirittura percepire i colori dei quadri.
A dire il vero, ho fatto varie prove per rendermi conto, ed ho provato su quadri in tela o stampe, con superfici più o meno lisce o ruvide, sia con colori tenui sia con colori forti, ma non provo nessuna sensazione che mi faccia capire se sto toccando un rosso, piuttosto di un giallo o di un verde. Eppure sono in tanti ad affermare queste cose!
Nel tempo mi sono dovuto convincere che, se non ho queste sensazioni, dipende dall’aver perso la vista a 43 anni e non posso avere la sensibilità che può avere una persona che è nata cieca o che lo è diventata da bambino. Ho acquisito questa convinzione, anche perché non ho una buona dimestichezza a leggere il braille correntemente, pur conoscendone la struttura, e tutti mi hanno sempre detto che dipende dalla poca sensibilità del tatto. Il che se ne voglia dire e spiegare, ma ogni volta che leggo di questo argomento, onestamente, rimango molto perplesso e non riesco a non considerare molto fantasioso chi ci vuole per forza dire che riesce a capire i colori con il tatto.
Era da molto tempo che non affioravano alla mia mente questi pensieri, ma oggi una email di un mio caro amico ha riportato con molta insistenza alla mia mente questo “per me” strano argomento.
Stimolato da questo scambio di opinioni con il mio amico Professore Antonio Greco, sto seriamente riconsiderando le mie convinzioni sulla pittura Braille, proprio perché Antonio non ha perso la vista da adulto come me.
Antonio ha fatto delle considerazioni che concordo e condivido, quindi, mi sono deciso a scrivere per poter anch’io dire quello che penso in merito.
Dopo aver letto le considerazioni di Antonio ed averci riflettuto un poco, prima sono rimasto un po’ perplesso, ma mi sono subito convinto che non ero io a non percepire nulla e che questo riconoscimento dei colori e le sensazioni che non ho mai provato, non sono frutto della perdita della vista da adulto.
Occupandomi di tecnologie ed avendolo visto pubblicizzato soprattutto sul Web, ma anche per averlo provato con le mie mani in un centro di sviluppo, posso dire che siamo veramente in procinto di avere tra non molto tempo la pittura tattile. E non lo dico tanto per dire. Non per voler contrastare questo filone di pensiero con il quale si afferma di queste sensazioni che, personalmente, trovo difficili da sostenere, ma solo per dire la mia in merito e far conoscere cosa ci dobbiamo aspettare in futuro.
Tanto per essere chiaro, lascio a chi le sente tutte le sensazioni che si provano a leggere con le mani i colori e i panorami di pitture e foto, come le sensazioni che si provano, a detta di chi le prova, a vedere i panorami rappresentati con la musica. Personalmente sono convinto che quello che sta per arrivare sarà veramente una rivoluzione per chi non ha mai visto o chi non vede più.
Infatti, quella che ho apprezzato, ma per averla vissuta in prima persona, è una pittura fatta attualmente su uno schermo al quale sono stati associati dei suoni. Mi spiego.
Tramite il computer, su uno schermo gigante, diciamo 40 pollici, di tipo touch, quindi, di quelli che tocchi ed è come se avessi spostato il cursore in quel punto, vengono disegnati dei paesaggi, composti da tutto quello che è in natura, come se fosse una natura disegnata in un quadro.
Se nel quadro è disegnato un albero, con sopra degli uccellini, quando tocchi da quelle parti senti la natura viva, quindi, il frusciare delle foglie per il vento, il canto degli uccelli sull’albero, rumori ambientali, eccetera. Così per un corso d’acqua, un treno che passa, un aereo che vola, e tutti i rumori di quella composizione. Tutto riprodotto da un computer che è connesso al monitor e ne gestisce i suoni.
Praticamente, toccando lo schermo, ci si può rendere conto da soli di quello che si sta toccando ed avere un quadro poi di insieme della rappresentazione. In pratica si hanno dei riscontri reali di quello che è disegnato e non si ha nessun bisogno delle sensazioni, bensì con i suoni riprodotti fedelmente e con l’intensità adeguata.
Altra soluzione per avere lo stesso risultato, ma senza toccare lo schermo, si ottiene dotando il sistema con dei sensori di prossimità che percepiscono la presenza di persone in movimento nell’area davanti a quello che praticamente è un monitor. Con questi sensori di prossimità, si intercettano i movimenti di una persona davanti al monitor e, di conseguenza, si può fare in modo di riprodurre questi suoni anche solo avvicinandosi alla parte di disegno rappresentato su un lato piuttosto che su un altro.
In conclusione, se si mette a parete uno di questi quadri che, possono ricoprire anche un’intera parete di una stanza perché sono praticamente dei fogli di materiale plastico speciale, dotandoli di questo sistema elettronico computerizzato, si possono rappresentare interi paesaggi, ma anche grandi quadri, quindi, avvicinandosi alle parti che compongono l’immagine rappresentata, si percepiscono automaticamente i suoni naturali dei soggetti rappresentati in quello che, praticamente, è un quadro sonorizzato.
E non vale solo per le rappresentazioni o le pitture. Infatti, sono in arrivo in commercio dei fogli di plastica che possono fare da rivestimento anche ad una grande parete per diventare uno schermo, sono più che convinto che nei prossimi anni, veramente potremo vedere, con il sistema sopra descritto, anche i tabelloni pubblicitari che ci raccontano quello che vi è rappresentato. Basta programmarne i suoni in base a quello che è in essi disegnato e, avvicinandoci ad essi, ci verrà raccontato con dei suoni cosa rappresentano.
Non è fantascienza, ma solo quello che al momento è già possibile, anche se i costi sono ancora proibitivi per una soluzione del genere. Però, sappiamo tutti che con il tempo i costi vanno a scemare ed avremo sicuramente una soluzione anche per le rappresentazioni di paesaggi o di pitture.
Nunziante Esposito, nunziante.esposito@uiciechi.it”.

Rinnovamento: il fatto e il percepito, di Luciano Paschetta

In questi giorni si è sviluppato un minimo di dibattito sulla politica associativa, dal quale ho tratto la necessità di una riflessione su il “fatto” e il “percepito”.
Il Presidente e alcuni dirigenti, intervenuti nel dibattito, hanno sottolineato quanto sin qui fatto in termini di innovazione e, in particolare, quanto ci sia intenzione di fare per il necessario rinnovamento di questa nostra unione.
Da quanto emerso ho però rilevato come ci sia un divario tra quanto fatto e quanto percepito in termini di rinnovamento: ho già avuto modo di sottolineare la mia preoccupazione per l’assenza da tempo di un reale dibattito associativo, la stessa lista “UICICongresso”, sede di accesi dibattiti precongressuali, proseguiti all’inizio del nuovo mandato presidenziale, ha smesso di essere un luogo di confronto di idee. Eppure il Presidente sembra rimarcarne l’importanza, quando, in un recente messaggio inviato alla stessa lista, scrive: …”Certo, la grande riforma deve ancora cominciare… Quella che restituirà forza di attrazione alle sezioni; consentirà una riorganizzazione efficiente, guidata dalle Regioni; produrrà maggiori e migliori strumenti di azione per la dirigenza nazionale; rimetterà in moto la passione dei soci e dei rappresentanti; darà spazio maggiore alle aspettative degli ipovedenti e ai diritti delle persone con pluridisabilità; porterà finalmente le nostre ragazze e i nostri ragazzi a impadronirsi del proprio destino e lavorare per offrire all’Unione quella dirigenza numerosa, capace, orgogliosa, libera, consapevole, diffusa e radicata in ogni angolo d’Italia.
Da dove avrà principio questa riforma? Dai soci, dal territorio, dalle sezioni, secondo me.” Per poi concludere: “Scorciatoie non ve ne sono. La strada del rinnovamento profondo e generale è questa!”.
Un messaggio che evidenzia come le cose da fare siano ancora molte, ma soprattutto come un reale rinnovamento non possa avvenire se non partendo dai soci e per farlo occorre che quanto scritto dal Presidente diventi patrimonio comune e condiviso ed altrettanto comuni e condivisi gli obiettivi indicati e, questo non può avvenire senza un dibattito associativo.
Viceversa, quello che si verifica all’interno dell’associazione da parte dei soci è un “silenzio assordante” il che, unito alla loro costante diminuzione, deve stimolare tutti noi a fare molta attenzione al “percepito” di quanto fatto e proposto dall’U.I.C.I..
Chiunque si sia interessato di comunicazione, sa che quando si comunica è fondamentale, verificare non già il “detto”, ma il “percepito”. Tuttavia io non scomoderò gli esperti di comunicazione, ma mi servirò di esempi tratti dalla mia esperienza diretta.
L’unico mestiere che credo di aver imparato a fare nella mia vita è quello del docente e proprio da questa esperienza ho tratto un importante insegnamento: non sono io che, dopo una lezione, devo compiacermi dicendomi “Ho fatto una bella lezione”, ma sarà la percezione che i discenti ne avranno avuto ed il loro coinvolgimento sugli argomenti trattati a dirmi se è stata una bella lezione. L’importante per un insegnante è imparare ad “ascoltare” gli allievi, a non bloccare mai le loro domande, a cogliere il “clima” della classe. Non servirà a nulla dire alla fine di una lezione fatta “senza ascolto” se qualcuno ha qualche domanda da fare: nessuno chiederà nulla. Questo esempio vale per la valutazione della comunicazione all’interno della nostra associazione, dove, se la comunicazione non arriva non serve “bacchettare”, serve capire come fare a farla arrivare meglio. Un esempio, è vero che sul giornale UICI vi sono i rendiconti delle Direzioni e dei Consigli Nazionali (io sono uno che se li va a leggere), ma constatato che molti non fannoo lo stesso, perché non pubblicare i rendiconti in modo più formale con un Comunicato? Ovviamente è solo un banale esempio. Un dato è certo qualcosa non ha funzionato nella comunicazione tra Dirigenti Nazionali e Dirigenti locali e tra questi e i soci, se nessuno sente più la necessità o, peggio, l’utilità di un confronto.
La comunicazione verso l’esterno poi non ha funzionato meglio: la continua diminuzione di soci, non va interpretata come un fatto ineluttabile, ma piuttosto come la nostra incapacità di “attrarre”. Il crudo linguaggio dei numeri ci dice: nel nostro paese ci sono oltre 350.000 ciechi assoluti (dati INPS) e circa un milione e mezzo di ipovedenti, possibile che non si riesca ad incrementare un numero di soci che rappresenta ormai solo un misero 3% (sì avete letto bene tre per cento) di quelli potenziali. Questo è il problema dei problemi al quale dobbiamo tutti porre la massima attenzione e dedicare le nostre energie, secondo una strategia condivisa, diversamente, con questi numeri, sarà sempre più difficile rivendicare il nostro diritto di rappresentanza dei disabili visivi.
Certamente molto è stato fatto sulla via del rinnovamento, ma non dobbiamo nasconderci neanche quelle carenze che non sono solo di comunicazione. Traggo un esempio concreto da un settore chiave, che mi sta particolarmente a cuore: quello della formazione. Quest’anno, per tutta una serie di circostanze, sono stati nominati oltre 30.000 docenti di sostegno senza alcuna preparazione, (una vera emergenza di formazione tiflopedagogica), orbene, né l’U.I.C.I., né gli enti collegati, hanno avuto la capacità di proporre a livello nazionale iniziative utili alla loro formazione. Non sono valse neanche sollecitazioni in tal senso: all’ODG, nel quale si segnalava questa emergenza e si chiedeva di finanziare (in mancanza di meglio) almeno quale intervento “tampone” brevi corsi a livello regionale di informazione/formazione tiflopedagogica, approvato dall’Assemblea dei Quadri Dirigenti del Piemonte tenutasi ad inizio ottobre sulle tematiche dell’istruzione, e inviato alla Direzione Nazionale, non è stato dato alcun riscontro, come se nessuno l’avesse ricevuto.
Spero che questo mio contributo serva a “provocare” un dibattito costruttivo: ormai ci stiamo velocemente avvicinando al Congresso del centenario, un’occasione da non perdere per una nuova rinascita associativa.