Replica al sig. Barbuto, di Immacolata Di Fiore

Autore: Immacolata Di Fiore

Gent.mo Sig. Barbuto,

anzitutto grazie della risposta.

Premetto che ogni giorno della mia vita, ringrazio il Signore che ha permesso l’esistenza dell’Unione e di tutte le persone che in essa vi operano.

Tuttavia, devo ribadire che gli sforzi fatti dall’Unione, negli ultimi 15 anni, hanno prodotto poco, non risolutivo e niente di duraturo.

Restano sul campo le difficoltà di accessibilità informatica, (Vd. Gli insegnanti non vedenti con il registro digitale,) i lavoratori che a seguito dei processi di informatizzazione del mercato del lavoro in generale, debbono essere ricollocati (Vd. I lavoratori dell’Agenzia delle Entrate), la disoccupazione giovanile dei non vedenti e ipovedenti ecc..

L’Unione va riformata a partire dallo Statuto, nella rete dei servizi, nel criterio della distribuzione delle risorse economiche statali.

In quanto alla candidatura, sarebbe stato opportuno condividerla con tutta la base associativa con le moderne tecnologie, non solo con gli amici della parrocchietta (sul sito dell’Unione, si poteva aprire un referendum con una rosa di nomi autorevoli, su cui si poteva esprimere democraticamente la propria preferenza).

Quando lei nella sua mail, fa riferimento a altri candidati, avvalora le mie convinzioni.

La persona scelta come presidente, non godrà il consenso di tutti, ci saranno delle correnti interne che ostacoleranno la normale attività dell’Unione (Vd. Tentativo di commissariamento dell’Unione di qualche tempo fa).

Per quanto riguarda la sua lista di ciò che non fa un buon presidente, la prego di riflettere sul fatto che:

La giovane età, presuppone la conoscenza della realtà socio lavorativa attuale e non per sentito dire (non è possibile che ad affrontare problematiche del lavoro attuali, sono persone che sono uscite dal mercato del lavoro decenni fa);

Continuare ad avere dei rappresentanti istituzionali di età avanzata, non giova all’immagine dell’Unione, dal punto di vista socioculturale, dell’affidabilità amministrativa e relazionale.

La nostra forza dovrà essere l’apertura mentale e questa è prerogativa fisiologica solo dei giovani.
Io voglio credere in lei Sig. Barbuto!, abbia il coraggio di presentare a me e a tutta la categoria, le sue idee concrete per affrontare pochi temi, ma che costituiscono l’integrazione sociale del presente e del futuro della categoria:

Occupazione lavorativa dei giovani e ricollocazione degli occupati;

Libri e registri digitali;

Rete dei servizi (riforma della struttura e compiti dei vari organismi dell’Unione);

Offerta formativa aggiornata alle nuove esigenze lavorative;

Interventi mirati alla sensibilizzazione per la cultura della disabilità visiva in ambito lavorativo e scolastico;

Interventi per riaccreditare in ambito lavorativo, il lavoratore non vedente (la disoccupazione e la ricollocazione dei non vedenti, è dovuta al fatto che un’alta percentuale di lavoratori del presente e del passato, non hanno avuto e non hanno voglia di lavorare, creando di fatto un grave pregiudizio nei confronti di tutta la categoria che si va ad aggiungere a quello della disabilità).

Fiduciosa che l’aspirante presidente dell’Unione renda note a tutti le sue idee per un presente e futuro migliore e con la speranza che la mia critica risulti meno sterile, la saluto cordialmente.

Immacolata Di Fiore

 

Ai candidati alla presidenza dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti: dr. Mario Barbuto, avv. Giuseppe Terranova, di Silvana Piscopo

Autore: Silvana Piscopo

Auspicio di una socia rispettosa, ma poco addomesticabile.
Gentilissimi candidati, voglio, innanzitutto esprimere la mia soddisfazione per aver messo a disposizione di tutti coloro che desiderano condividere l’importanza della designazione del presidente nazionale da parte del consiglio nazionale, i documenti programmatici che, indipendentemente dall’adesione ideale di ciascuno all’una o all’altra impostazione di conduzione dell’associazione,
costituiscono una importante spinta alla riflessione e, perché no, una efficace iniezione di fiducia per tanti che, come me, si sono disaffezionati, perché frequentare la sezione locale, o partecipare a manifestazioni collettive si traduce in una mera funzione numerica.
Contrariamente a quanti, a voce troppo alta, o nel silenzio assordante, vanno sostenendo che le 2 candidature costituiscono l’esplicitazione di una spaccatura che indebolisce l’associazione, una lotta tra opposti destinata a, eufemisticamente, lasciare feriti sul campo e ferite nei cuori, io credo, e non mi sento sola, che poter scegliere tra 2 modalità possibili di pensiero attivo ed agente, sia una testimonianza di forza, di richiamo alla responsabilità, di superamento dell’unanimismo, talvolta dissenziente e dagli effetti poco edificanti.
Chiunque di voi prevarrà a seguito della votazione che si terrà il 15 marzo si assumerà un pesante carico di responsabilità e potrà farlo solo se non trasformerà la dialettica della diversità, della differenza e dell’opposizione, in pregiudizievole contrapposizione da ridurre all’inessenzialità e al silenzio.
Premesso quanto sopra, vengo all’auspicio:
che non si faccia di questa votazione una prova di muscoli per neutralizzare chi non venga eletto;
chiunque di voi avrà l’onere e l’onore di guidare la nostra uici fino al congresso, lo faccia coinvolgendo tutti e non in sola chiave retorica;
ciascuno di voi ha esperienze di direzione, organizzazione di comunità e di relazione e questo, oltre che fare curriculum, impone una condotta etica e politica che faccia della trasparenza amministrativa un punto fermo del governo dell’UICI.
Personalmente non posso definirmi altro che una osservatrice attenta e appassionata della storia e della politica associativa del nostro sodalizio, ma mi sta a cuore il suo sviluppo evolutivo, perché l’immobilismo, l’attendismo, costituirebbero un danno irreversibile per i ciechi.
Auspico, in conclusione, che possa aprirsi uno spazio per restituire speranza, fiducia e credibilità a quanti si sono allontanati;
che le maggioranze non si “traducano in dittature delle maggioranze” per dirla alla Tocqueville, e le minoranze non siano confinate al rango d dissolutori, come frequentemente ho potuto constatare attraverso la lettura di atti e documenti del recente passato.
Auguri di buon lavoro, dunque, al consiglio nazionale e che prevalgano le ragioni dei ciechi!
Preside-professoressa Silvana Piscopo.

 

PERCHE’ E’ MEGLIO UN VOTO PER BARBUTO? di Francesco Fratta

Autore: Francesco Fratta

Se andiamo a rileggere il documento  con Cui Terranova avanzava la sua candidatura, in largo anticipo sulla data del Congresso (cosa di cui qualcuno si stupì), e ben prima che Daniele formulasse le proprie dimissioni, comprendiamo tra l’altro che egli pensava già a queste imminenti elezioni, che ipotizzava appunto imminenti o forse addirittura già sapeva in qualche modo esser tali. Per contro, chi ha pensato che Barbuto esitava troppo a metter in campo la propria, di candidatura, ora è in condizione di riconoscere il significato di quel presunto ritardo: era già stato intavolato un dialogo con Nicola Stilla per sviluppare un confronto ad ampio raggio sui diversi aspetti della vita associativa, sulle sue varie problematiche e sui punti di criticità, su questioni di metodo e sui criteri da adottare per giungere all’individuazione del candidato che meglio era in grado di rappresentare le urgenti istanze di rinnovamento avvertite anche nella base associativa, direi anche al di là di quanti, in modo crescente, si sono riconosciuti espressamente nelle battaglie e nelle idee portate avanti dal movimento UICIRINNOVAMENTO. Correttamente, quindi, a partire proprio dall’idea che la prossima dirigenza dovrà inaugurare uno stile di lavoro collegiale anche al supremo vertice dell’organizzazione, Mario Barbuto ha atteso di portare sufficientemente avanti  il confronto con Nicola Stilla insieme ad un piccolo gruppo di collaboratori, prima di avanzare in modo non ambiguo, per questa fase di fine mandato, la propria candidatura. Per il prossimo mandato, che scaturirà dal voto congressuale,  si vedrà, sempre ragionando e confrontandosi apertamente con chi in vario modo sente l’urgenza di un cambio di struttura organizzativa e di strategia politica, per individuare oltre al miglior candidato presidente, la migliore squadra e un programma adeguato alla sfida dei tempi.

Ed anche qui, pensiamo, rileggendoli, ai vari documenti di Barbuto e Stilla da una parte, e a quello di Terranova dall’altra.

Terranova, al di là di una scrittura senz’altro elegante che ben padroneggia gli strumenti della retorica, ci disegna una Unione più che tradizionale, con un comandante supremo che detta la linea, con un’associazione monolitica e unanimista, dove neppure viene ipotizzata la possibilità che vi siano voci di dissenso e che abbiano pieno diritto di cittadinanza, tutta intenta a fare una politica di lobbying sui governi che si dovessero succedere, preferibilmente da sola, poco o nulla concedendo al confronto e all’accordo con altre forze sociali, fossero esse anche altre associazioni di disabili.

A sostegno di questa idea di associazione e di strategia politica vengono addotti i grandi successi del passato conseguiti, secondo lui, appunto in questo modo.

Egli cita tra l’altro, come esempio di successi ottenuti,  l’integrazione scolastica. Si dimentica però di dire, che quella battaglia non partì propriamente dalla dirigenza dell’UICI,ma dalle lotte degli istituti di Bologna, di Padova e di Genova, e che l’allora presidente Fucà vedeva con molta preoccupazione le istanze portate avanti dagli studenti ciechi. Ricordo ancora quando una delegazione degli studenti del Cavazza, di cui facevano parte Carlo Loiodice, Antonio Frau e il sottoscritto, fu convocata a Roma per un colloquio con Fucà in persona, che non comprendeva le ragioni di quelle agitazioni, e nei congressi degli anni ’70, molti dirigenti erano per lo meno al quanto perplessi sull’integrazione, e più d’uno si spese decisamente per osteggiarla. Ma se oggi l’integrazione è una realtà, sia pure resa difficile dalle miopie delle politiche scolastiche portate avanti dai governi liberisti di questi tempi, ciò è  perché , sia pure obtorto collo la dirigenza UICI dovette finire con l’assumere le istanze che le vennero imposte dal movimento di allora. Quante energie si sarebbero potute meglio mettere in campo e spendere se l’Unione fosse stata più aperta e democratica, più  pronta a cogliere quelle istanze e a interloquire con coloro che se ne facevano  portatori, alcuni dei quali già fin da allora cominciarono ad abbandonare un’associazione ritenuta troppo chiusa al suo interno e troppo sorda ai bisogni che stavano  emergendo nella società di quegli anni?

Ecco, l’elezione di Terranova esporrebbe l’UICI ad un rischio analogo, se non più grave, viste le indicazioni che l’interessato fornisce nel suo documento di candidatura, e visti anche i metodi utilizzati, ovvero contatti esclusivamente presi a livello individuale e basati essenzialmente su una promessa di fedeltà personale.

Insomma, se ci si rende conto delle difficoltà politiche e sociali del momento che attraversiamo, la cosa migliore è favorire una discussione ampia e franca, senza limitazioni preventive e senza timori di sorta, che affronti alla luce  del sole i vari problemi di strategia e di organizzazione interna,in modo da mettere in moto tutte le   risorse disponibili intorno a progetti chiari, dibattuti e condivisi, con una dirigenza autorevole e collegiale, che mantenga un costante e vitale scambio con la base associativa e i suoi bisogni reali. Ecco perché  credo che la scelta indicata dall’accordo tra Stilla e Barbuto sia la migliore, anche per prepararsi in un modo nuovo e  più partecipativo al prossimo congresso.

Anch’io ho temporeggiato prima di esprimere queste considerazioni che andavo mettendo insieme da un po’, perché volevo attendere l’esito del confronto in corso con Stilla e i suoi sostenitori, pur avendo, insieme a tutti coloro con cui ho parlato, più di un motivo per ritenere che si sarebbe concluso in modo positivo.

Cordiali saluti, insieme all’augurio che il 15 marzo prossimo tutti votino in piena coscienza e in piena autonomia di valutazione, pensando al futuro della vita associativa nel suo insieme, che avrà a mio parere molte  più chances di tornare ad essere propositiva e partecipata se il Consiglio Nazionale avrà il coraggio di scegliere la via del rinnovamento, sia nel metodo che nelle persone.

UNA RISPOSTA DOVUTA, di Mario Barbuto

Autore: Mario Barbuto

Gentile signora Immacolata,

la sua lettera aperta è stata per me motivo di riflessione e quindi la ringrazio di averla scritta e inviata.

Alla lista delle cose che non fanno un buon Presidente, aggiungerei che:

la giovane età, non fa un buon Presidente.

L’amore di polemica, non fa un buon Presidente.

La critica sterile, non fa un buon Presidente.

Quando lei afferma che “l’Unione è “un mero passatempo per pensionati”, temo faccia torto alla sua intelligenza, dimenticando il lavoro di centinaia e centinaia di soci e dirigenti che si adoperano con dedizione sul territorio, tutti i giorni, in ogni parte d’Italia, spesso senza nemmeno percepire il rimborso delle spese vive.

Quando lei afferma: “sono almeno quindici anni che questa Unione campa di rendita”, ho l’impressione che trascuri di ricordare le tante leggi di tutela approvate; la difesa di una indennità di accompagnamento sempre minacciata; i traguardi raggiunti, nonostante tutto, nei campi dell’istruzione, del lavoro, dell’accessibilità, della mobilità; insomma nella quotidiana riaffermazione della nostra dignità di persone e di cittadini.

Quando scrive che “lo statuto sociale è uno scudo dietro cui vogliamo rifugiarci” credo non tenga nel debito conto che esso costituisce la nostra carta fondamentale, l’insieme delle regole che tengono unita la nostra grande famiglia, che assicurano alla nostra associazione una vita regolata da princìpi democratici e garantiscono a ciascun socio la certezza e la tutela dei propri diritti.

Insieme a Nicola Stilla, da mesi abbiamo dato corso a un processo che sta portando alla definizione di un programma unitario e largamente condiviso dalla base associativa che il Presidente e gli altri organi dirigenti avranno il compito e l’onere di attuare, con le modalità e i tempi più consoni e più giusti.

Nella presente situazione, dinanzi alle forzate dimissioni anticipate del Presidente Tommaso Daniele, al quale vanno il mio augurio più fervido e il mio affetto più sincero, dovendo eleggere il nuovo Presidente come prevede lo statuto, abbiamo fornito un primo, significativo esempio del nostro stile e della nostra idea di associazione, ben lontano da qualsiasi mania di protagonismo personale.

Nonostante i tempi ristretti, abbiamo aperto una riflessione condivisa con tanti dirigenti e soci, senza dare nulla per scontato e senza calare candidature dall’alto.

Tutti insieme abbiamo scelto una candidatura comune e condivisa, frutto di una riflessione a 360 gradi sullo stato attuale della nostra Unione, nella convinzione e nella speranza di agire per il meglio, a salvaguardia degli interessi reali dei ciechi e degli ipovedenti italiani.

Altri candidati, al contrario, si sono regolati diversamente, secondo uno stile a senso unico, dall’alto verso il basso; secondo una specie di presunzione di diritto naturale alla successione, che ovviamente rispettiamo, ma che non condividiamo.

Noi lavoriamo per una collegialità nelle scelte e nella gestione, proprio a cominciare dal Presidente. e dagli organi nazionali di vertice.

Noi saremo conservatori nei valori, progressivi negli obiettivi, moderni nei metodi e tecnologici negli strumenti.

Noi rafforzeremo la presenza dell’Unione sul territorio, offrendo il massimo sostegno alle sezioni provinciali e ai consigli regionali.

Noi difenderemo l’unità associativa; intransigenti verto i demolitori, ma disponibili e pronti al dialogo e al confronto con tutte le persone di buona volontà.

Noi terremo sempre spalancate le nostre porte alle idee di tutti, per farne una sintesi dove ciascuno si possa ritrovare e sentire rappresentato; per trasformarle in una forza propulsiva capace di aggiungere nuove e luminose pagine alla storia dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.

Si unisca anche lei con fiducia a questa grande forza associativa, cara signora Immacolata!

Le assicuro che sarà un’avventura affascinante, insieme a tutti noi, nell’Unione, dove potrà trovare la risposta più convincente ai suoi legittimi interrogativi. Potrà anzi lavorare lei stessa, accanto agli altri, per costruire quella risposta con le sue proprie mani.

 

Lettera aperta agli aspiranti Presidenti dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, di Immacolata Di Fiore

Autore: Immacolata Di Fiore

Come socia di questa Unione, che crede con molta umiltà, di fare parte della base associativa che conta, visto che nel proprio piccolo, ha prodotto contributi utili alla categoria, chiedo agli aspiranti presidenti, di conoscere: Gli intenti programmatici del nuovo presidente. La dimostrazione di godere un ampio consenso associativo, per la propria candidatura. Colgo l’occasione per esprimere la mia opinione in merito. Sono almeno 15 anni che questa Unione campa di rendita ovvero, di risultati conquistati in tempi migliori di questi che stiamo vivendo. Come umile socia, debbo constatare, che l’Unione è diventata senza offesa per nessuno, un mero passatempo per pensionati. I pochi giovani non riescono ad emergere ed esprimersi, i tanti anziani non fanno un passo di lato per offrire alle nuove generazioni l’opportunità di contribuire nella maniera consona alle nuove esigenze socio-culturali. In più parti (mondo del lavoro, politica, governo ecc.), si è visto che i più giovani hanno apportato una marcia in più per smuovere una situazione di stallo che ha nuociuto a tutta la collettività. Io credo che non servono solo esperienze di vita vissuta, esperienze lavorative e “amicizie varie”, per affrontare le sfide presenti e future dell’Unione. Servono, invece, nuove idee, coraggio e tanto intuito. Auguro alla mia Unione, un presidente che rispecchi l’energia di un giovane coraggioso che sappia fare tesoro della saggezza di tanti anziani. A lei Sig. Barbuto, desidero dirle con grande consapevolezza: nel mondo reale, aver servito  l’Unione per tanti anni perché si è ricevuto molto, non fa un buon presidente; aver diretto un eccellente istituto e coordinato del personale dipendente, non fa un buon presidente; a aver informatizzato l’UICI, non fa un buon presidente; conoscere le analoghe realtà internazionali, non fa un buon presidente; la buona volontà e l’umiltà, non fanno un buon presidente. Qui servono buone idee, una agenda programmatica a breve termine, su cui convergono l’assenso di tutta la base e che tiene conto delle esigenze primarie di tutta la categoria. Sicuramente non servono le “prime donne”, il protagonismo e la presunzione di essere il presidente giusto. L’aspirante presidente della nuova Unione, abbia il coraggio: Di confrontarsi, non solo con “gli ospiti della casa di riposo chiamata UICI; Di non nascondersi dietro lo scudo dello statuto; Di rendere note a tutta la base, le sue idee. In fede, Immacolata Di Fiore

 

Impegno personale e scelte associative, di Mario Barbuto

Autore: Mario Barbuto

All’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti devo tanto, tantissimo… Per certi versi, tutto…       L’istruzione, il lavoro, le soddisfazioni professionali, l’integrazione sociale, sono i frutti più preziosi che questa nostra Associazione mi ha donato nell’arco dei quarantacinque anni di mia appartenenza.       Per quanta dedizione io possa mettere nel servirne gli scopi e gli obiettivi, non sarò mai in grado di ricompensare per intero l’Unione di tutto il bene che da essa ho ricevuto.       Il bene di vivere una vita pressoché normale, di conservare tutta la mia dignità di persona e di cittadino, di godere di una autonomia personale straordinaria, nonostante il grave handicap dovuto alla minorazione visiva.       Bambino del profondo Sud, ho trovato a Catania, la mia città d’origine, un istituto che mi ha accolto per otto anni e ha provveduto alla mia istruzione di base, dotandomi degli strumenti per affrontare un più impegnativo corso di studi a Bologna, città del Nord vagheggiata e temuta allo stesso tempo.       Bologna, una città che mi ha catturato con il fascino delle sue architetture e il calore della sua gente, offrendomi un titolo, una casa, un lavoro, una vita sociale degna di essere vissuta.       Un lavoro in posizione apicale nel più importante e famoso istituto dei ciechi d’Italia, che mi ha regalato esperienze professionali e relazioni umane straordinarie. Gestire un bilancio annuale di alcuni milioni di Euro; amministrare un patrimonio immobiliare di qualche centinaio di unità urbane e agricole; coordinare un gruppo di una trentina di dipendenti e collaboratori impegnati in attività tanto diverse quali la formazione professionale, il supporto all’integrazione scolastica, la produzione e distribuzione di ausili tiflotecnici; la produzione e distribuzione di prodotti librari, le iniziative culturali, sportive e del tempo libero.       Una città, Bologna, dove ho avuto l’onore, la gioia e la soddisfazione di essere eletto nel consiglio comunale, nel quale ho lavorato come vice presidente della commissione Bilancio e come componente della commissione servizi sociali.       Una città dalla quale ha preso il via il mio impegno associativo circa quarant’anni or sono, nelle  varie e successive funzioni di presidente provinciale, vice presidente regionale, componente del Consiglio Nazionale e della Direzione Nazionale.       Proprio in quest’ultimo ruolo, tra l’altro, ho avuto dal presidente Daniele l’incarico di creare il sistema informatico dell’Unione, del quale mi reputo molto modestamente una specie di papà e grazie al quale, già nel 1995 la nostra Associazione risultava dotata di un proprio sito internet e di una rete di posta elettronica estesa alle sedi regionali e alle sezioni provinciali.       Per motivi professionali e associativi ho anche avuto l’opportunità di viaggiare molto all’estero e di entrare in contatto con numerose e variegate realtà del mondo delle organizzazioni per ciechi e per ipovedenti in Europa, in America e in Africa, dando così ulteriore corpo al mio personale bagaglio di esperienze e di conoscenze nel settore.       Oggi, pertanto, come mai in passato, credo sia venuto per me il tempo di porre la mia modesta persona e la mia umile esperienza al servizio dell’Unione in modo totale e al livello più alto, restituendo così, almeno in parte, con il lavoro e con l’impegno, quanto di prezioso ho ricevuto nel corso di una intera esistenza.       Già quattro anni fa, con la candidatura a presidente che incontrò il favore di un terzo dei delegati in congresso, ho avuto modo di muovere i primi, timidi passi, di questo nuovo percorso, sia pure, a quel tempo, da una posizione che mi ha posto talvolta in dissonanza relativamente ad alcuni specifici atti e orientamenti dell’azione associativa del momento.       Oggi, tuttavia, diversamente da allora, si tratta di assumere e svolgere un ruolo del tutto differente, per il quale mi ritengo umilmente preparato, dinanzi alla possibilità concreta di essere chiamato alle più alte responsabilità, al più grande onore e al maggior onere che si possano immaginare nella nostra famiglia associativa.       Un ruolo che impegnerebbe tutto me stesso, anima e corpo, nello svolgimento del compito più arduo, più faticoso e più esaltante della mia vita.       Quel ruolo al quale sono pronto a dedicare tutto il mio tempo e tutte le mie energie, operando di concerto con gli altri, mediante un lavoro di squadra che ci veda fattivamente impegnati e coinvolti alla pari verso i comuni traguardi.       Come ha detto e scritto più volte Tommaso Daniele, è tramontato il tempo dell’uomo solo al comando. Mai più dunque, un presidente solitario, unico traino di un pesante rimorchio; al contrario, invece, un gruppo dirigente, compatto, operoso, determinato, alla guida dell’Unione, al servizio della causa dei ciechi e degli ipovedenti italiani.       L’Unione, per fortuna, è una struttura associativa fondata su princìpi democratici, grazie ai quali, le più alte cariche si raggiungono solo con il consenso e con il sostegno delle maggioranze, auspicabilmente ampie, significative e qualificanti.       La mia disponibilità è totale, il mio impegno, garantito; sempre che gli organi associativi preposti vogliano giovarsene, manifestando le proprie scelte meditate e consapevoli, nelle forme, nei tempi e con le modalità democratiche previste dal nostro statuto.       Sarà il tempo, a darmi e a darci presto una risposta.

Mario Barbuto

In vista del Congresso nazionale: come ci prepariamo?, di Massimo Vita

Autore: Massimo Vita

In vista del prossimo Congresso si sono fatte varie riflessioni, ancora poche, ma oggi il quadro è radicalmente mutato a causa dell’imprevisto stop del presidente Daniele.

 

Auspico una sua rapida ripresa ma ritengo che se il suo rientro dovesse tardare l’associazione dovrebbe aprire un momento di confronto su come deve essere gestita questa fase così delicata per l’intera organizzazione.

 

Se Daniele era in postazione di comando, poteva anche essere schierato a favore di questo o quel candidato, di questa o quella cordata, ma sarebbe comunque stato un non candidato.

 

Oggi di fatto, la condizione di partenza rischia di non essere paritaria per chi volesse avanzare la propria candidatura perché il vice presidente, legittimamente si candida a succedere a Daniele.

 

Vorrei poter dire che lo spazio per il confronto esiste per tutti ma nei fatti così non è.

Faccio appello a tutti i dirigenti nazionali e ai presidenti regionali affinché il prossimo consiglio nazionale venga svolto il prima possibile e apra una riflessione su questi temi per poter dare all’associazione quella forza che gli manca per l’assenza di Daniele.

 

Il quadro di riferimento politico nazionale è così complesso che non possiamo permetterci di avere una struttura organizzativa precaria e non condivisa.

 

So di essere impopolare se affermo che al presidente nazionale non si possono concedere altre proroghe perché questo danneggerebbe l’associazione.

 

Se, invece, Daniele dovesse essere in condizioni di riprendere il timone, come auspico, perché questo significherebbe una buona notizia per la sua salute, abbiamo il dovere di chiedergli di strutturare un percorso che porti l’associazione al congresso con il massimo di agibilità per tutti i candidati alla presidenza e al consiglio nazionale.

 

Per quanto riguarda le candidature sin qui in campo, penso che sarebbe necessario poter aprire un confronto per poter giungere al congresso con due candidati, due squadre e due programmi.

 

Mi auguro, per il bene dell’associazione che questa occasione storica non venga depauperata a causa di egoismi personalistici.

 

Massimo Vita

Accanimento verso i veri ciechi, di Marco Lijoi

Autore: Marco Lijoi

Buongiorno, la presente per esprimere il mio dolore per una storia veramente agghiacciante. Nel 2009 l’inps mi riconosce non vedente totale, poiché affetto da uveiti distacco di retina, con protesi bulbare. Solo dopo due anni vengo richiamato a  visita mi presento con il mio cane guida “fata” e  non vengo neanche visitato mi vengono chieste le solite due domande lei vive da solo?, da cosa è  affetto? presento tutta la mia documentazione recente, la loro risposta le arriverà il verbale a casa.

Così è  stato arriva il verbale il quale evidenziava che il sottoscritto non aveva più i  criteri per essere dichiarato non vedente totale, ma bensì cieco parziale, qui mi voglio soffermare che tutti i referti medici rilasciati da strutture pubbliche riferivano visus occhio destro percezione luminosa, occhio sinistro protesi endobulbare.

Come si fa a  dichiarare la stessa persona non vedente e dopo ipovedente senza aver avuto alcuna modifica del visus?

L’inps ad oggi mi ha messo in ginocchio perché io come tanti miei coetanei devo essere accompagnato; usufruisco sempre, o meglio spesso, di taxi; qualcuno che mi venga a pulire la casa in cui vivo. Tutto grava su un misero stipendio.

Il mio messaggio non vuole essere di disperazione, ma un messaggio di solidarietà a  tutti coloro che si sono trovati a  subire ingiustizie come questa appena descritta, non molliamo. La volontà di farci rispettare, la nostra dignità di persone che spesso l’inps calpesta pensando solo ad un rientro fiscale proprio, la misera quota che ci viene accreditata serve per mantenerci e far fronte a situazioni non facili. La lotta ai  falsi ciechi è  giustissima, ma ciò che non condivido è l’accanimento su persone realmente disabili, le commissioni in seduta devono, e sottolineo devono, essere in grado di distinguere un finto da un vero disabile, altrimenti viene meno il loro operato.

Dico basta con questa lotta inutile contro i veri ciechi, prendete i falsi ciechi, non potete lasciarci privi di diritti che ci spettano, ma soprattutto ci lasciate dentro il cuore cicatrici enormi che non si riempiono con un assegno di invalidità.

Personalmente lotto ogni giorno per adeguarmi agli stili di vita di una  qualsiasi persona, per cui non ho energia da spendere per far valere i miei diritti solo perché un istituto deve fare cassa.

Cari colleghi non vedenti non mollate  mai

Marco Lijoi

 

Persone giuste al posto giusto, di Mario Barbuto

Autore: Mario Barbuto

Libere riflessioni per la scelta del nuovo presidente

Fra poco più di un anno la nostra associazione sarà chiamata a eleggere il suo nuovo presidente.

Quanti desiderino avanzare la propria candidatura dovranno dimostrare di essere in possesso di qualità e caratteristiche ben precise, a garanzia di una scelta che risulti la migliore possibile per l’associazione.

Vero che ciascun candidato ha tutto il diritto di nutrirsi delle proprie ambizioni e delle proprie vanità, ma altrettanto vero che l’Unione ha il dovere di esigere da chi intenda svolgere il ruolo di presidente, abilità rare, provate capacità e indiscutibili requisiti di competenza e affidabilità.

Il congresso non può permettersi errori nell’eleggere il presidente e quindi ciascuno di noi sarà chiamato a una scelta di saggezza basata sulla riflessione, nell’unico, vero interesse dei ciechi e degli ipovedenti italiani.

Le simpatie personali e i calcoli opportunistici dovranno lasciare il passo alle valutazioni obiettive delle caratteristiche del candidato, nel superiore interesse dell’Unione.

Qui si tratta, innanzitutto, di sapere, di capire e di mettere in chiaro cosa l’Unione debba aspettarsi da un presidente e quanto ciascun candidato sia capace di corrispondere a tali aspettative.

La nostra Unione non è una Repubblica dove si corre per la più alta carica dello Stato, né un partito politico dove si compete per la carica di segretario.

L’Unione è un organismo associativo molto speciale, da trattare con la massima cura e da considerare con la particolare attenzione che richiedono quei meccanismi meravigliosi, ma un po’ delicati.

Proviamo quindi a evitare le facili analogie e stiamo attenti soprattutto a non scimmiottare il mondo della politica il quale, tra l’altro, ultimamente, non offre di sé una immagine tanto positiva.

Il primo e superiore compito del presidente riguarda la custodia e la tutela dei valori fondativi dell’Unione, quei valori che ci hanno portato fin qui in oltre novanta anni di storia, di sacrifici, di lotte e di conquiste.

L’unità associativa, prima di tutto. Quella che ci deve aiutare quotidianamente a essere compatti come acciaio e saldi come roccia dinanzi alle sfide continue che ci attendono.

L’unità che non significa unanimismo, ma che sappia, al contrario, valorizzare tutte le diversità in un processo continuo di arricchimento delle idee e di sintesi delle proposte del quale il presidente deve saper essere interprete, mediatore e garante.

Il rispetto delle regole, inoltre, delle persone e delle opinioni, perché tutti ci si senta in casa propria quando si mette piede in qualsiasi delle tante sedi dell’Unione; perché tutti ci si senta tutelati nella propria individualità, ma partecipi, al contempo, della vita attiva di una grande famiglia.

Lo spirito di servizio, infine, anima e motore dell’azione di tutti i dirigenti, giovani e meno giovani, i quali devono vedere nell’Unione una meravigliosa occasione di impegno sociale e non invece un’arena di carrierismo interessato solo alla conquista di posizioni di privilegio.

 

Dal proprio presidente l’Unione deve pretendere autorevolezza, competenza, esperienza, dedizione, accortezza, prudenza, audacia, sicurezza e soprattutto carisma.

Un carisma derivante dalla capacità di motivare piuttosto che comandare; dalla pazienza di convincere invece che imporre; dall’abilità di unire e non di dividere; di amalgamare piuttosto che separare.

Il presidente, in estrema sintesi, dovrà saper essere sempre:

– conservatore nei valori da custodire;

– progressista negli obiettivi da perseguire;

– moderno nei mezzi da impiegare.

Per ogni candidato che desideri concorrere alla carica di presidente, ponendosi davvero al servizio dell’Unione, al di sopra della mera ambizione individuale, parlino piuttosto i fatti.

La storia professionale, politica, associativa e umana di ciascuno, siano testimonianza per certificare al di là di ogni ragionevole dubbio, il possesso di quelle prerogative personali utili davvero all’associazione e al suo futuro.

Come dirigenti, come soci e come ciechi, nell’atto di manifestare il nostro orientamento e accordare il nostro favore, chiediamoci serenamente quale candidato possieda davvero, in maggior misura, i requisiti più adatti a ricoprire la carica di presidente con onore, profitto, capacità, efficienza ed efficacia.

Più la nostra risposta sarà libera, intelligente e meditata, più la nostra scelta risulterà appropriata e vincente.

Mario Barbuto

 

Alcune domande ai tre candidati alla Presidenza UICI

Autore: Lorenza Vettor

Come è noto giornale uici.it, vuole essere anche sede di dibattito e confronto. La Professoressa Lorenza Vettor ci ha inviato uno scritto che riportiamo di seguito. Desideriamo precisare e chiarire, però, che quanto scritto in premessa dall’autrice del testo che pubblichiamo non è in alcun modo una notizia, bensì esclusivamente una supposizione, od ipotesi espressa dalla Professoressa Vettor.

Al Vicepresidente UICI Avv. Giuseppe Terranova

Al DR. Mario Barbuto

Al DR. Nicola Stilla

 

Alcune domande ai tre candidati alla Presidenza UICI

 

Ormai è chiaro, almeno a parere di chi scrive, che Tommaso Daniele non sarà più alla guida dell’UICI. Ed è altresì  noto che vi sono tre candidati alla Presidenza nazionale. Ad essi vogliamo rivolgere alcune domande: “Cosa vi impegnate a fare:

Per una scuola che aiuti gli alunni non vedenti e ipovedenti a conoscere le loro abilità, a infondere e valorizzare i saperi, a far capire che la mancanza o la riduzione della vista non è motivo di essere pietiti o di giustificare esclusioni sociali? Per una scuola realmente inclusiva e non solo a parole?

–         Per un lavoro che rispetti le aspettative di ciascuno, non vedente o ipovedente? Che realizzi effettivamente la persona come tale, dandole gratificazione, autonomia economica, segno tangibile di inclusione sociale. Un lavoro intellettuale, manuale, organizzativo, esecutivo… Ma sempre con la dignità di poter dimostrare che c’è un risultato?

–         Per una vecchiaia dove la cecità o l’ipovisione non sia motivo di isolamento. Dove vi siano molteplici occasioni di incontro, di risocializzazione , di spendere per gli altri la saggezza e le la abilità acquisite durante la vita.

–         Per gli utenti di ausili e tecnologie: perché questi siano aggiornati puntualmente sui ritrovati della scienza medica e della tecnologia in maniera disincantata e non illusoria. E senza l’ombra di interessi particolari o fini commerciali?

–         Per la ricerca in campo tecnologico: per istituire un’autorità indipendente e per rimuovere l’evidente conflitto di interessi sussistente in capo a quegli istituti che sono anche venditori di ausili e tecnologie?

–         Per un trattamento pensionistico egualitario, dove la condizione di cecità o ipovisione non sia differenziata per le cause, dato che i provvedimenti economici servono a ridurre gli aspetti nefasti degli effetti. Ristabilire la stessa dignità delle invalidità civili, molte per malasanità, a quelle per cause di guerra o di lavoro?

–         Per una firma che attesti in ogni condizione e situazione la piena capacità di intendere e di volere delle persone cieche e ipovedenti, rimuovendo una volta per tutte la vergognosa situazione per cui davanti al notaio che dovrebbe tutelare, la persona cieca o ipovedente non è uguale agli altri?

–         Per un esercizio del diritto di voto in assoluta libertà, dove la persona possa scegliere in totale autonomia da chi farsi assistere?

–         Per un ambiente costruito in modo che chi non vede o chi vede poco possa muoversi agevolmente, avendo le opportune segnalazioni, senza per questo giustificare vergognose speculazioni che vedono la realizzazione di opere oltre che inutili, dannose ed esteticamente di dubbio gusto?

–         Per la realizzazione di un sistema informativo che sia davvero fruibile da tutti: giornali, libri e quant’altro, facilmente riproducibili in sintesi vocale, codice braille o ingrandimento, senza che vi sia bisogno di organizzazioni di mediazione che sottraggono ingenti risorse senza produrre efficaci risultati immediatamente fruibili da tutti?

–         Per favorire l’associazionismo senza discriminazioni, associazionismo come opportunità per confrontarsi, fare tesoro delle esperienze comuni, unirsi nelle lotte per ottenere il soddisfacimento dei giusti bisogni e favorire le condizioni di piena partecipazione alla vita di tutti i ciechi e gli ipovedenti. Associarsi per combattere le discriminazioni, orientare la spesa pubblica per i progetti di inclusione sociale e favorire le pari opportunità?????????