Impegno personale e scelte associative, di Mario Barbuto

Autore: Mario Barbuto

All’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti devo tanto, tantissimo… Per certi versi, tutto…       L’istruzione, il lavoro, le soddisfazioni professionali, l’integrazione sociale, sono i frutti più preziosi che questa nostra Associazione mi ha donato nell’arco dei quarantacinque anni di mia appartenenza.       Per quanta dedizione io possa mettere nel servirne gli scopi e gli obiettivi, non sarò mai in grado di ricompensare per intero l’Unione di tutto il bene che da essa ho ricevuto.       Il bene di vivere una vita pressoché normale, di conservare tutta la mia dignità di persona e di cittadino, di godere di una autonomia personale straordinaria, nonostante il grave handicap dovuto alla minorazione visiva.       Bambino del profondo Sud, ho trovato a Catania, la mia città d’origine, un istituto che mi ha accolto per otto anni e ha provveduto alla mia istruzione di base, dotandomi degli strumenti per affrontare un più impegnativo corso di studi a Bologna, città del Nord vagheggiata e temuta allo stesso tempo.       Bologna, una città che mi ha catturato con il fascino delle sue architetture e il calore della sua gente, offrendomi un titolo, una casa, un lavoro, una vita sociale degna di essere vissuta.       Un lavoro in posizione apicale nel più importante e famoso istituto dei ciechi d’Italia, che mi ha regalato esperienze professionali e relazioni umane straordinarie. Gestire un bilancio annuale di alcuni milioni di Euro; amministrare un patrimonio immobiliare di qualche centinaio di unità urbane e agricole; coordinare un gruppo di una trentina di dipendenti e collaboratori impegnati in attività tanto diverse quali la formazione professionale, il supporto all’integrazione scolastica, la produzione e distribuzione di ausili tiflotecnici; la produzione e distribuzione di prodotti librari, le iniziative culturali, sportive e del tempo libero.       Una città, Bologna, dove ho avuto l’onore, la gioia e la soddisfazione di essere eletto nel consiglio comunale, nel quale ho lavorato come vice presidente della commissione Bilancio e come componente della commissione servizi sociali.       Una città dalla quale ha preso il via il mio impegno associativo circa quarant’anni or sono, nelle  varie e successive funzioni di presidente provinciale, vice presidente regionale, componente del Consiglio Nazionale e della Direzione Nazionale.       Proprio in quest’ultimo ruolo, tra l’altro, ho avuto dal presidente Daniele l’incarico di creare il sistema informatico dell’Unione, del quale mi reputo molto modestamente una specie di papà e grazie al quale, già nel 1995 la nostra Associazione risultava dotata di un proprio sito internet e di una rete di posta elettronica estesa alle sedi regionali e alle sezioni provinciali.       Per motivi professionali e associativi ho anche avuto l’opportunità di viaggiare molto all’estero e di entrare in contatto con numerose e variegate realtà del mondo delle organizzazioni per ciechi e per ipovedenti in Europa, in America e in Africa, dando così ulteriore corpo al mio personale bagaglio di esperienze e di conoscenze nel settore.       Oggi, pertanto, come mai in passato, credo sia venuto per me il tempo di porre la mia modesta persona e la mia umile esperienza al servizio dell’Unione in modo totale e al livello più alto, restituendo così, almeno in parte, con il lavoro e con l’impegno, quanto di prezioso ho ricevuto nel corso di una intera esistenza.       Già quattro anni fa, con la candidatura a presidente che incontrò il favore di un terzo dei delegati in congresso, ho avuto modo di muovere i primi, timidi passi, di questo nuovo percorso, sia pure, a quel tempo, da una posizione che mi ha posto talvolta in dissonanza relativamente ad alcuni specifici atti e orientamenti dell’azione associativa del momento.       Oggi, tuttavia, diversamente da allora, si tratta di assumere e svolgere un ruolo del tutto differente, per il quale mi ritengo umilmente preparato, dinanzi alla possibilità concreta di essere chiamato alle più alte responsabilità, al più grande onore e al maggior onere che si possano immaginare nella nostra famiglia associativa.       Un ruolo che impegnerebbe tutto me stesso, anima e corpo, nello svolgimento del compito più arduo, più faticoso e più esaltante della mia vita.       Quel ruolo al quale sono pronto a dedicare tutto il mio tempo e tutte le mie energie, operando di concerto con gli altri, mediante un lavoro di squadra che ci veda fattivamente impegnati e coinvolti alla pari verso i comuni traguardi.       Come ha detto e scritto più volte Tommaso Daniele, è tramontato il tempo dell’uomo solo al comando. Mai più dunque, un presidente solitario, unico traino di un pesante rimorchio; al contrario, invece, un gruppo dirigente, compatto, operoso, determinato, alla guida dell’Unione, al servizio della causa dei ciechi e degli ipovedenti italiani.       L’Unione, per fortuna, è una struttura associativa fondata su princìpi democratici, grazie ai quali, le più alte cariche si raggiungono solo con il consenso e con il sostegno delle maggioranze, auspicabilmente ampie, significative e qualificanti.       La mia disponibilità è totale, il mio impegno, garantito; sempre che gli organi associativi preposti vogliano giovarsene, manifestando le proprie scelte meditate e consapevoli, nelle forme, nei tempi e con le modalità democratiche previste dal nostro statuto.       Sarà il tempo, a darmi e a darci presto una risposta.

Mario Barbuto