2019, un anno da non perdere!, di Massimo Vita

Mentre ci apprestiamo a vivere le festività più classiche della nostra comunità e delle nostre famiglie, il pensiero va al prossimo anno. Un anno da non perdere in vista del tanto atteso anno del centenario.
Se guardiamo a quanto ci propone la situazione politica del paese non possiamo non essere inquieti, ma vorrei riflettere su come la nostra organizzazione debba vivere questo anno in preparazione del centenario. Dobbiamo ancora necessariamente completare con determinazione il progetto che avevamo costruito nel Congresso di Chianciano. Molto si è fatto, ma rimane molto da fare per rendere efficiente tutto l’apparato organizzativo, soprattutto a livello territoriale. Le nostre strutture sono ancora sofferenti per la canonica mancanza di risorse umane e di risorse economiche, malgrado la grande azione di sostegno svolta dalla Direzione Nazionale.
Qualche problema esiste ancora nella comunicazione tra il centro e la periferia, ma la maggiore criticità si evidenzia nel passaggio alla nuova contabilità e nel sistema di organizzazione delle nostre strutture, ancora troppo burocratizzata e affaticata per stare al passo con le normative che regolano la vita delle Onlus.
In questo periodo, in cui si sta per dispiegare l’effetto del nuovo codice del terzo settore, la vicenda si complica ulteriormente.
Nel Congresso di Chianciano uno dei temi, ripreso anche nello Statuto, era quello della razionalizzazione delle nostre sedi territoriali. In questo senso il dibattito è stato carente o, meglio, quasi inesistente. Qualche voce giustifica questa mancanza con le difficoltà di stabilire la rappresentanza congressuale qualora si decidesse di accorpare delle sedi. A mio avviso questa è una giustificazione molto debole. Il prossimo congresso dovrà stabilire metodi e procedure che spingano verso un nuovo assetto delle nostre strutture.
Ritengo che la questione della rappresentanza si debba e si possa declinare con un diverso modello congressuale.
Vedrei tre livelli: congressi territoriali, congressi regionali e congresso nazionale.
Questo modello avrebbe alcuni vantaggi: maggiore spazio per il dibattito congressuale, più coinvolgimento del territorio e un Congresso Nazionale più approfondito e meno elefantiaco.
Una questione da affrontare è quella delle incompatibilità di cariche che, a mio avviso, lo scorso congresso ha elevato eccessivamente. Le troppe incompatibilità tra i vari livelli di cariche ci mettono in seria difficoltà nel reperire la classe dirigente e una classe dirigente di qualità.
Una domanda è d’obbligo: le incompatibilità sono una foglia di fico per mascherare i ruoli dei dirigenti?
Un consigliere nazionale oggi non può partecipare né alle Direzioni Regionali né agli Uffici di Presidenza delle sedi territoriali.
Questa norma, giusta in via di principio, comporta delle difficoltà notevoli alle sedi territoriali.
Io fisserei tale incompatibilità solo tra le strutture verticalmente dipendenti, e cioè tra il Consiglio Nazionale e le Direzioni Regionali e tra le Direzioni Regionali e gli Uffici di Presidenza territoriali.

Ruolo dei genitori o tutori
Un tema poco discusso è quello del ruolo dei genitori e dei tutori.
A mio modesto avviso la loro presenza negli organi non dovrebbe essere calcolata tra i vedenti bensì tra i soci effettivi.
Io li vedrei anche presenti negli uffici di presidenza fino alla vice presidenza.
Metterei solo un limite di presenza dei genitori o tutori negli organi come è per i vedenti.
Faccio un esempio per meglio esprimere il mio pensiero: su cinque persone, darei spazio a un esterno vedente e a un genitore; in un organo di sette persone darei spazio a un vedente e a due genitori.

Consiglio Nazionale
Un tema connesso al Consiglio Nazionale e alla sua composizione è quello dei componenti di diritto.
Se organizziamo i congressi come proposto sopra, nel Consiglio Nazionale non ha molto senso la presenza di diritto dei presidenti regionali e, inoltre, il Consiglio Nazionale dovrebbe essere un organo con maggiori poteri di controllo e indirizzo rispetto alla Direzione Nazionale.
Oggi questo organismo è pletorico e condizionato dalla presenza dei componenti della Direzione Nazionale e del Presidente.
Io ritengo che un candidato alla presidenza dovrebbe proporre la lista o le liste candidate al Consiglio Nazionale e con essa anche quella dei candidati alla Direzione Nazionale.
I candidati alla Direzione almeno in parte, non dovrebbero essere candidabili o eleggibili in Consiglio Nazionale.

Enti collegati
Gli enti collegati come: I.Ri.Fo.R., INVAT, Associazione per il Fundraising e Progettazione, hanno come presidente di diritto quello dell’UICI, mentre io penso che questi enti dovrebbero essere controllati dall’UICI ma dovrebbero avere una presidenza diversa.
Con il nuovo codice del terzo settore, se non vi saranno cambiamenti, dovremo adeguare molte delle nostre strutture e quindi studiare nuove forme per I.Ri.Fo.R., Biblioteca di Monza e gli altri enti.
Una forma potrebbe essere quella delle fondazioni di partecipazione con maggioranza nelle mani dell’UICI.
Affiderei al Consiglio Nazionale il compito di nomina dei rappresentanti UICI negli enti controllati.

Probiviri
Il collegio dei probiviri oggi ha armi parzialmente spuntate, dal momento che non può decretare l’espulsione ma questo comporta che, soprattutto i dirigenti si sentano immuni.
Si potrebbe immaginare la possibilità di espulsione legata a comportamenti reiteratamente scorretti e sanzionati.

Organizzazione degli uffici
In questo campo, si devono compiere riflessioni diverse a seconda che si guardi alla sede nazionale o alle sedi regionali o territoriali.
La Sede Nazionale ha una organizzazione ancora troppo ingessata e burocratica ma ancora riesce a fornire risposte alle diverse esigenze, tuttavia i temi da affrontare sono sempre più complessi per le costanti variazioni del quadro legislativo di riferimento.
Le strutture regionali dovrebbero essere tarate in modo da potersi occupare sempre di più e meglio dell’amministrazione delle sedi territoriali.
Se i consigli regionali si occupassero delle strutture territoriali per i servizi principali come la contabilità e i bilanci, se ne avrebbe un quadro omogeneo mentre oggi ogni sezione territoriale si comporta in modo diverso.

Autofinanziamento e progettazione
Questo settore, che la nostra organizzazione in passato aveva affrontato in modo disorganico, sta vedendo una concreta crescita e, in questo senso, la nascita di una struttura che segua il settore potrebbe essere importante.
Penso che in futuro questo settore dovrà sempre di più essere lasciato nelle mani dei tecnici mentre a noi deve rimanere il controllo e l’indirizzo.
Per convincere i cittadini a donare si deve puntare sulla proposta di progetti concreti, verificabili e soprattutto si deve rendere conto con chiarezza di come si sono utilizzate le risorse ottenute nelle singole campagne.
Dobbiamo riuscire a costruire una immagine più unitaria sul territorio altrimenti le miriadi di iniziative oggi in campo potrebbero indurre in confusione coloro che ci osservano con interesse.

Conclusione
Il prossimo anno sarà un anno complesso ma entusiasmante perché la nostra organizzazione, nonostante i limiti, ha ancora tanto entusiasmo e grandi ideali.
Nella grande famiglia ci sono tanti figli devoti, tante donne e tanti uomini che si vogliono mettere in gioco che, guidati da un padre equilibrato e coraggioso, sapranno dirigerci verso porti sicuri e mete sempre più alte.
Massimo Vita

2019, di Massimo Vita

Difronte a un nuovo anno che inizia, nei miei pensieri si affastellano mille emozioni, infiniti dubbi, timori e speranze.
I primi pensieri sono per la mia famiglia, per come ha vissuto questo anno appena trascorso, per come vive la sua esistenza. Siamo in un periodo tranquillo ma, come in tutte le famiglie, qualche inquietudine non manca. Spero possa, ancora una volta e per sempre, guidarci l’amore che unisce me e la mia sposa. Un amore che ci lega ai figli e alla famiglia più allargata dei parenti.
Io e la mia sposa ci amiamo, stimiamo e rispettiamo e questo ci ha regalato 33 anni di matrimonio.
Il secondo pensiero va a quanti, come la mia mamma non sono più con me. Ricordo Enrico, e quanti ci hanno lasciato un vuoto pesante.
Un pensiero che fruga la mia coscienza e che non si presenta solo il primo dell’anno è quello che mi interroga sul mio essere.
Essere padre, essere sposo, essere socio, essere dirigente, essere cittadino.
Mi chiedo e non so darmi una risposta se dovrei chiedere scusa a qualcuno, se dovrei apportare modifiche al mio essere padre, marito, socio, dirigente e cittadino.
Penso che ogni essere pensante, debba guardarsi intorno a trecentossessanta gradi per non perdere il contatto con la realtà e apprezzare quello che ha costruito ma, allo stesso tempo, deve saper discriminare le sue azioni e portare avanti le più utili a tutti i suoi riferimenti: famiglia, associazione e società.
Oggi non serve compilare un elenco di buoni propositi, è certamente il tempo di ripartire per il sentiero che abbiamo davanti impegnandosi a percorrerlo con determinazione, coerenza, amore per la famiglia, per la società e per la legalità.
Oggi serve rivolgere un pensiero a chi non può festeggiare, a chi non sa amare, a chi non riesce a sperare.
Mi sento di augurare buon anno a tutti coloro che si impegnano per gli altri, per coloro che hanno meno possibilità; per coloro che in questo mondo lavorano senza attendersi un grazie e spesso rischiano la vita; a coloro che nei giorni di festa sono al servizio degli altri con il proprio lavoro pagato o volontario.
Oggi, dunque, si inizia un nuovo anno e si riprende il cammino con una bisaccia piena di sogni e speranze ma anche di timori e paure come sempre.
Se ci penso bene, questa è la vita.
Una vita che vale la pena vivere e che va vissuta con impegno e determinazione che, se sono conditi con l’Amore, certamente daranno soddisfazione.
Massimo Vita

Il Servizio Civile protagonista alla XXIII Edizione del Premio Louis Braille, di Pierfrancesco Greco

La kermesse, organizzata dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e condotta dalla bellissima Elisa Isoardi, si è svolta, nella serata dello scorso 3 dicembre, a Roma, nell’imponente cornice dell’Auditorium della Conciliazione. «L’attività dei volontari è una missione che serve ai nostri Cuori, facendoci superare i nostri limiti», ha affermato nel corso della manifestazione Annamaria Palummo, coordinatrice della Commissione Uici per il Servizio Civile e i soci. L’evento sarà trasmesso il prossimo 27 dicembre, in seconda serata, su Rai 1. Poche cose nell’esperienza della vita riescono a scaldare il cuore, colmandolo con la piacevole sensazione della soddisfazione, della compiutezza, della gioia interiore: una di queste cose è senz’altro l’impegno nel dar forma a ciò in cui si crede. Impegno che, quando viene tradotto nel servizio agli altri, diventa ragione di vita; una ragione di vita, la quale, allorché essa trova ispirazione nella dimensione del volontariato, si trasfigura in missione.
Ecco, il volontariato è una missione, che ha trovato la sua istituzionalizzazione, attraverso apposite leggi dello Stato, nella fantastica realtà del Servizio Civile Nazionale, diventato Universale con il Decreto Legislativo n. 40 del 2017. Una realtà che vive grazie all’impegno di tante ragazze e tanti ragazzi, innamorati della vita e disponibili a rendere più bella la vita di tutti; un Servizio che chiama, come si legge sul sito predisposto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, a «impegnarsi in un progetto finalizzato alla difesa, non armata e non violenta, della Patria, all’educazione, alla pace tra i popoli e alla promozione dei valori fondativi della Repubblica Italiana, con azioni concrete per le comunità e per il territorio. È un impegno per gli altri, è una partecipazione di responsabilità, è un’occasione per crescere confrontandosi, è un modo per conoscere (…), per capire e condividere, è una crescita professionale, è uno strumento di pace e di integrazione, è una forma di aiuto a chi vive in disagio o ha minori opportunità, è un atto di amore e di solidarietà verso gli altri, è una occasione di confronto con altre culture, è una risorsa per il Paese, è una esperienza utile per avvicinarsi al mondo del lavoro».
Una risorsa, quella del Servizio Civile Universale, che quest’anno è stata protagonista alla XXIII Edizione del Premio Louis Braille, svoltasi, nella serata dello scorso 3 dicembre, a Roma, nell’imponente cornice dell’Auditorium della Conciliazione, a due passi da piazza San Pietro. «Con il Premio Braille – ha sottolineato il Presidente Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, Mario Barbuto – la nostra Associazione intende mantenere vivo il dialogo con i cittadini e con le istituzioni, a ogni livello, per evidenziare le principali criticità che coinvolgono le persone con disabilità visiva. Questo evento, quindi, è un’occasione d’incontro, di riflessione e anche di festa, da condividere con tutti, col pubblico presente in teatro e con quello che si avvarrà della trasmissione televisiva offerta a noi da Rai 1; trasmissione che consentirà a tantissime famiglie di vedere e ascoltare le emozioni che hanno preso vita in quest’edizione del Premio».
Un’Edizione che non è fuori luogo definire speciale: condotta dalla bravissima Elisa Isoardi, splendida nel calcare l’impegnativo proscenio in uno scintillante abito da sera, la manifestazione, oltre a registrare la partecipazione d’illustri artisti, quali, Michele Placido, Biagio Izzo, Cristiano de Andrè, Peppino di Capri, Annalisa Minetti, Simona Molinari, Violante Placido, Paolo Ruffini, Paolo Migone, Giovanni Caccamo, Piero Mazzocchetti, Miriam Candurro, Annabelle Belmondo, Roberta Morise, Sarah Jane Morris e Tony Remy, è stata impreziosita dai tre momenti dedicati alle premiazioni, destinate per il 2018 a protagonisti d’assoluta eccezione, come Andrea Camilleri, la Banca d’Italia e Dalila Addario, Volontaria del Servizio Civile; una vincitrice, quest’ultima, che, come evidenziato da Elisa Isoardi, ha recato sul palcoscenico dell’Auditorium capitolino, accompagnata da altri volontari, dal Presidente Mario Barbuto e dai dirigenti Nazionali dell’Uici, «un onore particolare». Un onore traboccante senso civico e altruismo, spiegato alla conduttrice e alla vasta platea da Annamaria Palummo, Consigliere Nazionale dell’Uici e coordinatrice della Commissione per il Servizio Civile e i soci, salita sulla ribalta per raccontare una missione alta: «questo riconoscimento – ha asserito la dott.ssa Palummo – rende onore a tutti i ragazzi che portano avanti questa missione del Servizio Civile. Seppur istituzionalizzato, esso, infatti, ha i crismi dell’afflato empatico, della compenetrazione, della condivisione emotiva in cui sboccia lo slancio missionario, avente dentro i valori che noi vogliamo rappresentare con questo premio. Valori aulici, incommensurabili, quali la solidarietà, la propensione all’aiuto e, soprattutto, l’impegno quotidiano verso le persone come noi, le quali, pur avendo la minorazione sensoriale, trovano la bellezza della vita grazie a loro, ai nostri volontari. Perciò credo che quella di stasera sia l’espressione massima della riconoscenza per l’opera che le nostre ragazze e i nostri ragazzi profondono ogni giorno: l’espressione massima della riconoscenza per il modus operandi con cui tante ragazze e tanti ragazzi rendono concreta quotidianamente la loro disponibilità a servire lo Stato attraverso il servizio che prestano a noi. Sì, la loro è veramente una missione: una missione che serve ai nostri Cuori, facendoci superare i nostri limiti». Quei cuori che hanno palpitato d’emozione nel sentire queste parole, a cui hanno fatto seguito quelle in cui si articola la motivazione dell’assegnazione del Premio Braille 2018 a un rappresentante del Servizio Civile, lette dalla scrittrice e giornalista Rai Vittoriana Abate: «Ai volontari del Servizio Civile Universale: care ragazze e cari ragazzi, a voi, che con la vostra presenza e con il vostro aiuto rendete più semplici le nostre giornate; a voi che sapete costruire legami d’amicizia ben oltre i doveri del Servizio». Dolce e significativa, in particolare, è la ragione che ha indotto l’Uici ad assegnare il prestigioso riconoscimento proprio a Dalila Addario, la quale, come ha spiegato la conduttrice Isoardi, pur in gravidanza, non ha voluto mancare al soggiorno estivo per i pluridisabili: «Un esempio, questo, della sensibilità – ha affermato il Presidente Nazionale Mario Barbuto – che connota i nostri volontari. Quei volontari che Dalila, in quest’occasione, rappresenta splendidamente». Uno splendore che, dopo la consegna del premio, effettuata dalla modella francese Annabelle Belmondo, nipote del grandissimo Jean Paul, si è promanato anche nelle parole di Dalila, per la quale «il Servizio Civile prestato nell’Uici è volontariato, ma è anche sfida, è rivincita, è crescita personale: ecco perché voglio invitare tutti i ragazzi a prendere parte a questa bellissima e indimenticabile avventura, soprattutto in seno all’Uici, ove impegno, bontà d’animo e voglia di mettersi in gioco rendono ogni istante importante, per noi e per tutti».
Un momento di toccante bellezza, incastonato in una serata ove arte e solidarietà hanno trovato impeccabile fusione, tra musica, risate, commozione e poesia, come quella regalata dal maestro Andrea Camilleri nel video registrato qualche giorno fa presso la sua casa romana, ove ha ricevuto il Premio Braille alla carriera dalle mani del presidente Barbuto: visibilmente commosso, il grande scrittore siciliano ha ringraziato l’Uici per questo riconoscimento, che lo fa «sentire parte di una grande famiglia», indugiando a lungo, nella sua riflessione, sulla sua sopraggiunta condizione di non vedente, da cui egli sta traendo nuove risorse interiori, nuova forza mentale, nuova vena ispirativa, grazie a cui, certamente, saprà regalare altre storie, altri intrecci, altri personaggi «fantastici, eppure tanto vivi e reali», come sta scritto nella motivazione del premio, alla nostra quotidianità. Quella quotidianità che per molti ciechi ha riservato e riserverà nuove prospettive professionali, grazie anche ad aziende e istituzioni come la Banca d’Italia, terzo soggetto premiato durante la serata, quale riconoscimento alla sua politica di promozione lavorativa dei non vedenti, sulla cui scorta è possibile valicare le già acquisite funzioni proprie dei centralinisti. Insomma, sono stati refoli verbali e artistici di straordinaria intensità umana, morale e artistica, quelli che lo scorso 3 dicembre hanno attinto la formale e monumentale eleganza dell’Auditorium della Conciliazione; momenti unici, rispetto ai quali le parole fanno fatica a veicolare il valore in essi insito; attimi che solo la poesia può aiutare a disegnare… Attimi di vera emozione tersa carpiti a una sera da altre diversa.

Una stupenda esperienza, di Matteo Tiraboschi

Carissimi lettori, sono Matteo Tiraboschi, faccio parte e sono co-fondatore con il giovane amico Gabriele Scorsolini del gruppo «risolviamo», un gruppo WhatsApp nato il 23 maggio di quest’anno. È un gruppo che tenta di risolvere e di far conoscere i problemi che non vanno e che coinvolgono tutti i disabili, in primis noi che non vediamo, e ci appoggiamo a tutte le associazioni di categoria. Vi voglio parlare di un bel fine settimana trascorso in Umbria, a Terni precisamente, dal 30 novembre al 03 dicembre. Il primo dicembre, sabato scorso, abbiamo dato realtà a una campagna che stiamo promuovendo da mesi, ossia quella di fare un video per sensibilizzare i tanti guidatori di ogni mezzo che spesso per distrazione fretta o cattiva volontà non si fermano davanti alle strisce pedonali causando pericoli a loro stessi e a tutti i pedoni, compresi noi. Siamo andati in Umbria in 14 persone, tantissimi media ci hanno dato voce e supporto: c’erano il Messaggero, la Repubblica, il Corriere dell’Umbria, la Rai regione Umbria, tele Terni, il giornale on-line Terni today e la voce dell’Umbria. Abbiamo fatto alcune riprese con loro e sono già sulla pagina Facebook del nostro gruppo, dove vi invitiamo in tanti a cliccare mi piace; basta scrivere “risolviamo” e troverete foto e diversi contributi che attestano ciò che sto dicendo. Abbiamo fatto anche un altro video che prima delle feste faremo girare. Ora voi direte: perché costui ci racconta sta storia? Per dire che assieme la nostra voce diventa grande e che è giusto far conoscere le nostre esigenze e problemi ma è soprattutto giusto tentare di farli conoscere per poi risolverli; il nostro gruppo, infatti, ha la voglia di scrivere alle istituzione, agli enti, ai ministeri, nessuno escluso. Per il prossimo anno abbiamo già più di 13 argomentazioni che vorremmo mettere sul piatto e che vorremmo cercare di risolvere e questo lo potremo fare con l’apporto di tutti voi, anche della nostra Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti dove noi siamo tutti iscritti regolarmente. Quindi ci affidiamo anche a voi e a tutte le associazioni che si occupano di noi, non per farci la guerra ma per vincerla piuttosto e far conoscere che noi ci siamo, esistiamo e che vogliamo vivere con la massima autonomia possibile. Quindi vi chiedo di nuovo di mettere un bel mi piace su Facebook alla pagina “risolviamo” e se volete far parte della chat su WhatsApp contattate pure Beatrice Bologna al numero 348 6807340 o Daniela Nuccio al 3398845138 oppure Gabriele Scorsolini al 3201991446 o direttamente me al numero 3385092651.
Permettetemi di fare alcuni ringraziamenti: in primis all’azienda per cui lavoro da oltre 20 anni come centralinista, la multinazionale mondiale Tenaris Dalmine che ci ha finanziato il video, l’associazione “apri tutte le radio” che ci ha dato man forte e voce, la prima è stata la radio della nostra Unione “Slash Radio”, poi la radio di Giuseppe Cesena, la radio Tor di Domenico Mancusi, la radio Orizzonte di Florance Della Valle e radio Stella Marina di Max e Meri e per ultima radio Azzurra. Grazie alle persone che hanno tradotto il video in diverse lingue leggendo il messaggio scritto dall’amica amministratrice dottoressa Daniela Nuccio, grazie a Beatrice Bologna che li ha contattati, grazie al cameramen Fabio che sta lavorando a questo video, grazie a Gabriele Scorsolini e alla sua stupenda famiglia che ci hanno fatto sentire tutti come a casa nostra. Grazie agli amici tutti che son venuti e ai restanti del gruppo WhatsApp che son stati sempre aggiornati e collegati con noi. Insomma questa è solo la prima di una serie di campagne e di ritrovi che faremo per crescere sempre meglio insieme a tutti voi o ai tanti di voi che lo vorranno fare insieme a noi. Vogliamo essere come una grande orchestra che suona all’unisono e che arriva al dunque per risolvere più problemi possibili. Davvero, ancora grazie a tutti… ah, non sono mancati i momenti culinari ottimi che ci hanno unito ancora di più!

Cefalù – Presentazione del libro di Tommaso Di Gesaro “Colori nella penombra” pubblicato da Spazio Cultura Edizioni, di Peppino Re

“Il messaggio principale del mio libro a tutti quelli che avranno la pazienza di leggere fino in fondo è di non arrendersi, di seguire i propri obiettivi indipendentemente dagli ostacoli, che vanno affrontati e superati”.

Mercoledì 21 novembre nel pomeriggio eravamo in tanti nella sala dedicata a Michele Perriera, un prof. Palermitano, un artista che davvero si è potuto considerare “uomo libero”, che ha portato nella nostra città il bello del teatro e della recitazione.
Accanto a me diverse persone non vedenti che conoscevano Tommaso da una vita, curiose e speranzose di trovare in questa presentazione, una foto di personaggio che ha vissuto pienamente il nostro mondo associativo e, che, quindi, parlando di sé ne avrebbe messo a fuoco aspetti e situazioni. Mi punto però sulla immagine e sulla persona di Lia, una fila avanti a me. Quella signora lo ha seguito da sempre, e me la sarei immaginato in prima fila.
Il clima è quello della grande festa, e anch’io non ho voluto essere da meno presentandomi in vestito, come tanti lì.
Finalmente Enzo Gueli, caporedattore di radio Rai presenta la serata, e Nicola Macaione, l’editore, racconta il ruolo che ognuno ha avuto nella creazione di questo libro anche in formato audio-libro, quindi le musiche di Salvo Capizzi, la voce di Laura Ephrikian che legge, il montaggio di Giacomo Cuticchio, il disegno della copertina di Stefano Canzoneri e come ognuno di essi si sia entusiasmato per quel testo e abbia dato il proprio contributo con grande partecipazione emotiva.
E finalmente Tommaso racconta i quattro anni che ci sono voluti per scrivere la sua vicenda e della demotivazione seguita per il disinteresse mostrato da altri editori cui si era rivolto, e la gioia di essere arrivati alla pubblicazione odierna. Precisa che il suo vero messaggio è quello di convincere tutti che gli ostacoli vanno combattuti e superati, che non bisogna arrendersi e lottare, andare avanti.
Intanto Laura Ephrikian ci fa ascoltare l’introduzione, quella per cui ognuno di noi che arrivato a un punto alto della sua vita, vorrebbe sottrarre al tempo il privilegio di cancellarci. Ognuno di noi vorrebbe conservare qualcosa e lasciarlo ad altri, magari ai più cari.
Dopo una esecuzione musicale con due magnifiche chitarre, si svolge un bel dialogo in cui Gueli intervista Tommaso e gli fa uscire quel anelito di libertà, di composta ma ferrea determinazione, quella capacità di cogliere i movimenti del sociale e del personale che tutti gli riconosciamo come forza profonda, e che gli merita l’attenzione e la stima dei presenti.
Poi un altro ascolto con la voce di Laura Ephrikian, quel momento dell’adolescenza in cui l’autore dell’opera scopre la cecità come peso, sente attorno a sé la minaccia della discriminazione che lo separa dai coetanei. Fatica e vive di radio come finestra sul mondo e fuga da Isnello, una finestra che gli racconta di un mondo capace di trafiggere il Presidente degli stati Uniti John Kennedy, l’imperatore pro tempore del mondo. E allora l’umana preoccupazione di non farcela, di non trovare una donna con cui fare famiglia capace di sopportare tutto ciò, e quindi la decisione di farsi prete, di sublimare, di trovare al suo interno un modo per esserci, da protagonista. Il colloquio con don Carmelo,suo padre, comunista e anticlericale, con la delusione nel cuore, e Tommaso che ritiene di non farcela a vivere questa vita e insiste su questa scelta. Don Carmelo cede, ma la chiesa no, non lo vorrà.
Come non ricordare per me il dramma filosofico di san Tommaso che, volendo andare dai domenicani, fu contrastato dal padre e dalla sua famiglia. Ma tenne duro e fu forse il più grande filosofo del medioevo. Come non pensare ai miei tanti alunni che volevano seguire questa vocazione, e al mio dolore e al tenue tentativo di scoraggiarli, per poi accettare e sperare che loro potessero essere un vero aiuto per il popolo.
Dopo un altro brano di chitarre, Enzo Gueli lancia alcuni interventi: Gigi Di Franco,, l’amico di sempre, con cui Tommaso ha diviso da quando io lo conosco gioie e dolori, successi e fallimenti, sogni e realtà, e l’aneddoto citato nel libro del precipitare in piscina del costa verde per la scarsità di vista, ma da alcuni letto come un tuffo liberatorio dopo una estenuante campagna elettorale. Poi Renzo Minincleri, presidente del Consiglio regionale U.I.C.I. della Sicilia, che, con il suo potente realismo chiarisce che i guai e le discriminazioni e le porte chiuse e le radio di Di Gesaro sono quelle che incontrano quasi tutti i ciechi e a cui ognuno reagisce come può e come sa. E infine Bianca che chiede le motivazioni profonde del libro, che Tommaso riespone.
Non posso nascondere che anch’io avevo la mia domanda, ma che non mi sono sentito di fare in quel momento. Avrei voluto chiedergli dell’amicizia, di come diventa importante per noi anche per il bisogno di aiuto, ma diventa occasione per parlare e ascoltare l’altro e sentirsi reciprocamente insieme. Ma, per questa volta è andata.
Alla fine la serata scivola sulla solidarietà, su Laura e i suoi viaggi in Africa e sul suo lavoro per i bambini africani. Così Tommaso ha il suo libro che io ho comprato per leggerlo con chi avrei voluto con me in quel pomeriggio; chi vi ha collaborato sarà soddisfatto e Gigi potrà confermare la sua scelta. Ha puntato su una grande persona, capace anche di scrivere un libro, non solo qualche articolo delle sgangherate leggi regionali mai troppo applicate.
Colori nella Penombra, un’altra testimonianza di un non vedente che sente di incoraggiare amici e lettori verso la volontà di vivere a pieno la propria vita. Incontrando Tommaso lo si sente come un uomo mite, poco incline al contrasto, sereno e pronto a riflettere. Dunque, da dove prendere quello spirito guerriero che serve per vivere realizzandosi? Ma, guardandolo meglio, affiora un uomo che voleva fare politica e l’ha fatta; voleva fare l’avvocato come libera professione, e lo sta ancora facendo; voleva creare attorno a sé affetti, famiglia e un gruppo, e vi è riuscito. Per cui, il suo messaggio, forse, va letto, nel trovare la propria strada e seguirla, per… fare uscire questi colori dalla penombra.

Cefalù 25/11/2018

Savona – In memoria del nostro ex presidente Enzo Vaglini, di Andrea Bazzano

La scomparsa di un amico, di una persona con cui si è fatto un lungo tratto di strada nel cammino della vita, lascia immancabilmente un grande vuoto difficilmente colmabile. Quando poi l’amico in questione è stato un grande dirigente associativo come è stato Enzo Vaglini, il vuoto è davvero incolmabile.
A Enzo va innanzitutto il merito di aver fatto conoscere alla comunità savonese, grazie alla sua poliedrica attività, le problematiche relative alla disabilità visiva, di aver inserito la sezione dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti a pieno titolo nella vita della comunità cittadina, non solo per aver saputo sollevare col garbo e il senso delle istituzioni che gli era proprio le tematiche inerenti la categoria, ma per averne saputo fare un elemento attivo per la risoluzione dei problemi di tutti.

Enzo Vaglini è stato capace, con prudenza e decisione perfettamente coniugate, di traghettare l’unione dalla fase prevalentemente assistenziale che vedeva i ciechi oggetto di istituzionalizzazione, privi o quasi di provvidenze che andassero al di là di interventi episodici, ad una nuova struttura associativa, pienamente protagonista dell’integrazione a tutto tondo dei privi di vista, dove l’inserimento lavorativo rappresenta il vero coronamento di tutta la sua opera.

Nei quasi 50 anni che hanno visto Enzo Vaglini dirigente protagonista all’interno dell’unione, sia come responsabile della sezione di Savona che come dirigente regionale e in quanto tale partecipe delle vicende nazionali, assolutamente incontestabili risultano i traguardi raggiunti dalla categoria, dall’inserimento lavorativo di numerosi privi di vista, all’integrazione sempre problematica, ma ineludibile, nella scuola di tutti

Ma noi, attuali dirigenti della sezione savonese dell’Uici, oggi dobbiamo esprimere il nostro più sincero grazie a Enzo per averci indicato la strada per mostrare alla comunità che i ciechi non sono povere creature da compatire e assistere, ma sanno essere lavoratori e cittadini a pieno titolo e ciò acquista valore inestimabile proprio per le difficoltà che siamo chiamati ad affrontare, in primo luogo la necessità di garantire ai giovani gli strumenti che consentano loro una piena realizzazione professionale, in una fase socioeconomica critica per tutti, nonché servizi sociali in linea coi bisogni di una popolazione sempre più anziana, in un periodo purtroppo contrassegnato dalla tendenza alla riduzione dello stato sociale.

Grazie, Enzo, per ciò che hai fatto ed è molto e per l’eredità che ci lasci, assieme alla via per onorarla; faremo del nostro meglio per non deludere le tue aspettative e continuare seguendo il tuo esempio.

Il Borgo più bello d’Italia 2019: Perché votare per Monteverde?

Monteverde, un Comune al confine tra Irpinia e Puglia, dal 2013 è annoverato tra i borghi più belli d’Italia. In epoche non proprio recenti, i Longobardi lo convertirono in una fortezza invalicabile, infatti, dalle torri del castello si poteva controllare l’intero territorio e dal quale si vedono tre Regioni, Puglia, Basilicata e Campania. Nel 2016, l’Amministrazione di Monteverde, lancia la sua sfida per un progetto di accessibilità per i disabili, in collaborazione con diverse Associazioni, in primis con l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (Uici). I tre percorsi, naturalistico, storico e religioso, sono stati resi accessibili, per i video lesi, grazie alla creazione di loges che costituiscono parte integrante della pavimentazione per ben 4 chilometri e alla rete cablata la quale permette, ai disabili della vista, di connettersi ad App in modo da essere aiutati durante il percorso. Al fine di realizzare il progetto “Un paese accessibile”, l’Amministrazione di Monteverde si rivolge alla Commissione Nazionale Ausili, Nuove Tecnologie e Accessibilità dell’Uici, la quale ha inviato alcuni dei suoi componenti, Giuseppe Fornaro e Nunziante Esposito, per studiare i percorsi da rendere accessibili e gettare le basi per il lavoro che sarà completato nei prossimi anni; infatti, dopo aver realizzato il percorso tattilo-plantare che permette ai video lesi di visitare il borgo grazie all’utilizzo del bastone bianco, il passo successivo sarà realizzare l’impianto tecnico-informatico. Grazie alla rete cablata, il disabile visivo, potrà avere l’audio-descrizione dei punti di interesse, nonché, potrà essere coadiuvato durante il tragitto per mezzo di un assistente vocale che riconosce l’attuale posizione. Il progetto dell’inclusione è stato reso possibile da un bando promosso dalla Comunità Europea e vinto da Monteverde. L’esperienza dell’antico borgo deve costituire un esempio per il nostro Paese e replicarla in tutte le Regioni d’Italia affinché il concetto di “inclusione” possa diventare un fatto concreto.
Per votare Cliccate su questo link:
http://www.rai.it/borgodeiborghi/
nel gruppo c’è “votate per Monteverde”. Per votare bisogna registrarsi e cliccando su Vota, verrà visualizzata una schermata per la registrazione. Una volta registrati si può votare una volta al giorno fino al 22 novembre. Grazie a tutti.

La musica: un ponte fra noi, di Ilaria Cavallaro e Gabriele Sacchi

Nella giornata di domenica 16 settembre 2018, la nostra orchestra giovanile, ha avuto modo di partecipare ad un iniziativa svolta in collaborazione con la ludoteca il “Castello dei sogni” dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù della sede di Palidoro. Il progetto è nato dall’idea di far vivere un esperienza significativa ai ragazzi della Junior, affinché tramite il valore unificante della musica, potessero donare momenti di gioia e spensieratezza ai bambini ricoverati e alle loro famiglie.
Chi meglio degli stessi giovani può raccontarci cosa ha significato per loro quest’esperienza?

• “È stato bello… mi sono sentita bene” (Alessandra, 10 anni);
• “C’erano tanti bambini malati…ma loro sono uguali a noi, perché ci siamo divertiti insieme con la musica” (Viola, 6 anni);
• “È stato toccante e mi sono sentito arricchito. Sono stato sollevato per i bambini che potevano essere spensierati” (Gioele, 14 anni);
• “Ero molto concentrato a suonare le note. Quando ho finito, mi sono accorto che i bambini di fronte a me erano felici” (Federico, 10 anni);
• “È stato toccante, emozionante, ma anche un po’ triste” (Sofia, 11 anni);
• “Mi sono sentito fortunato: vorrei in futuro diventare un chirurgo per aiutarli” (George, 14 anni);
• “È stata una cosa bella che mi ha fatto scoprire nuovi punti di vista per guardare il mondo” (Valentina, 11 anni);
• “Non mi sono accorto di nulla, ma quando tutti i bambini mi hanno guardato…mi sono emozionato” (Daniele, 9 anni);
• “Ho sentito molta emozione, perché i bambini ricoverati volevano vedere altri bambini che suonavano” (Andrea, 11 anni);
• “Ho sentito tanta felicità, perché siamo andati lì per fare contenti i bambini dell’ospedale e stare insieme a loro con la musica” (Giulia, 9 anni).

Abbiamo donato musica ed in cambio abbiamo ricevuto consapevolezza, empatia e grande forza, la stessa di cui hanno bisogno quotidianamente queste persone per sentirsi meno sole e continuare a combattere.

Il Professore, di Valter Calò

Una lunga chiacchierata con una persona a molti di voi sconosciuta, che per la sua costanza e dedizione, ma soprattutto per i risultati che ha raggiunto, illumina la nostra categoria di Persone con disabilità visiva. Persa la vista a 13 anni, imperterrito continua a perseguire i suoi obiettivi. I genitori hanno sempre creduto in lui, lo hanno sempre incoraggiato a rapportarsi e confrontarsi con il mondo.

A ogni mia domanda, il Prof. Massimo Morelli risponde con tranquillità e professionalità, riflettendo sempre prima di parlare. Voce importante, serena; soprattutto delinea una personalità consapevole, sicura di se, delle sue possibilità e dei suoi limiti.
Da “La voce d’Italia ” (2015), giornale italiano di New York, estrapolo un concetto importante da una intervista al Prof. Morelli:
“Fondamentale è il rispetto delle regole, avere la reale sensazione che nessuno possa superarti se non ne ha i meriti. Non devono esistere domande di carattere personale né pregiudizi. Dobbiamo essere giudicati solo per le nostre capacità e meriti. Quindi, se si ha un handicap, non devi essere discriminato, solo così si possono avere possibilità di crescere e dimostrare il proprio valore”.
Link: https://voce.com.ve/2015/07/02/119241/morelli-meritocrazia-e-rispetto-delle-regole-queste-le-grandi-differenze/

Massimo Morelli
Docente Professore Ordinario, Dipartimento di Scienze sociali e politiche, Università Bocconi Milano.
Note biografiche
Degree in Economics and Social Sciences (summa cum laude) all’Università Bocconi University nel 1991. Relatore Professore Mario Monti;
Dottorato in Economia Politica all’Università di Pavia, 1995;
Ph.D. in Economics Harvard University, 1996.
Curriculum Accademico
Professor of Political Science, Bocconi University, since 2014;
Professor of Political Science and Economics, Columbia University, since 2007;
Fellow Innocenzo Gasparini Institute for Economic Research (IGIER);
Research Associate National Bureau of Economic Research; Visitor Einaudi Institute for Economics and Finance;
Part-time Professor of Economics at the European University Institute, 2009-11;
Associate Professor of Economics and Political Science at the Ohio State University (2004-07).
Aree di interesse scientifico
Game theory, mechanism design, political economy, governance institutions, development economics, behavioral and public economics, comparative politics and international relations.
Link: https://www.sdabocconi.it/it/faculty/morelli-massimo

Bene iniziamo, mettetevi comodi, due chiacchiere con “il Professore”.
V: Tra i nostri lettori ci sono tanti ipovedenti e non vedenti. Prof. Morelli, può descriversi affinché possano farsi un’immagine della sua persona.
M: Ho 53 anni, compiuti il 18 settembre, sono alto 2,11 m. Sono affetto dalla sindrome di Marfan, una malattia genetica che colpisce il tessuto connettivo, con evidente gigantismo, abbastanza robusto. Sono completamente pelato, alcune mie foto mi riportano con i capelli, ma ultimamente li ho persi tutti. Diversamente non ho altri segni particolari da evidenziare.
V: Professore ci può spiegare di cosa si occupa in questi giorni e qual è il suo compito in questa prestigiosa Università Italiana?
M: Sono Professore Ordinario nel Triennio e in un Master. Nel corso della triennale, insegno materie come Relazioni Internazionali, con tematiche riguardanti la teoria dei conflitti, come emergono i conflitti civili interstatali, come si possono razionalizzare purtroppo fenomeni storici come il genocidio, spiegare l’uso della violenza nella storia e nel presente, risoluzione dei conflitti, potenziamento della pratica della mediazione tra parti in conflitto, mentre la parte finale del corso riguarda le relazioni internazionali più “pacifiche”, la costruzione dell’Unione Europea, così come l’unione fiscale e l’unione politica, il funzionamento dell’Unione Europea. L’ultimo tema del corso affronto la tematica, molto attuale, come le migrazioni dei popoli.
Nel corso di Master invece insegno la teoria dei giochi per capire non solo le problematiche conflittuali ma anche capire la partecipazione strategica al voto. Il comportamento strategico dei burocrati nei loro comitati decisionali e il comportamento dei burocrati, all’interno della struttura di uno Stato. Ci sono dei comportamenti non solo dettati dalle preferenze di voto, esiste sempre il modo per applicare la teoria dei giochi. Attualmente il tema di ricerca che va per la maggiore, tra noi economisti politici è “il populismo”; Il populismo è un atteggiamento culturale politico che risalta genericamente il popolo, sulla base di un forte sospetto nei confronti della democrazia rappresentativa. Studiamo come si arriva ad avere nelle democrazie una crescita del populismo sia da destra che da sinistra, quali potrebbero essere le conseguenze del populismo nelle grandi potenze economiche, poiché nei paesi piccoli o intermedi possono avere più o meno valenza, soprattutto nelle dinamiche interne del paese, mentre una politica populista degli USA può avere effetti molto più rilevanti. Ad esempio se la caratteristica principale dovesse essere un protezionismo estremo, o American first, si creerebbe un effetto domino o a catena su moltissime altre Nazioni; si verrebbero a formare conflitti determinati dal venir meno di un grande partner, abituato ad assorbire le esportazioni di tanti paesi. Ci sono fenomeni a livello mondiale che stanno insorgendo, come Erdogan Presidente della Turchia, Modi Presidente in India, Imran Khan primo Ministro in Pakistan, così come in Indonesia, Malesia e Tailandia, non pensiamo siano fenomeni solamente europei come Austria, Spagna, Francia con Marine Le Pen, Danimarca e la conosciuta Brexit, e chiaramente Italia. Questi fenomeni vanno studiati, vanno analizzati. Bisogna capire qual è il mal di pancia comune tra tutte le Nazioni che ho sopracitato; esiste sicuramente un fattore comune che determina questa trasformazione che è in atto, da questo cambiamento ci saranno delle conseguenze che noi esperti in Economia Politica siamo chiamati a interpretare e prevedere. Il tema di cui mi occupo come ricercatore, da circa una decina di anni è la teoria dei conflitti.
Nota: potete trovare un approfondimento su questo link: https://www.knowledge.unibocconi.it/notizia.php?idArt=17727
V: Dopo 22 anni passati negli USA rientrando in Italia quali sono state le sue prime impressioni?
M: Dall’America, sono tornato a Milano, quindi non ho risentito molto del passaggio, anche se mi è chiaro che ci sono realtà diverse e situazioni più difficili sul territorio nazionale. Pensando però alla sua domanda, mi viene istintivamente da riflettere, su quel giorno che da studente sono partito per l’America e il mio ritorno in Italia da Professore. Ho ben chiare queste due immagini, separate da un lasso di tempo abbastanza lungo, trovo un cambiamento enorme tra quel giorno che iniziai una nuova avventura in America, e adesso che sono tornato da professore. Oggi la Bocconi è una Università internazionale con studenti provenienti da tutto il mondo. La prima cosa che mi viene in mente è che all’interno dell’Università si parla in Inglese come normale linguaggio di comunicazione; questo cambiamento lo reputo un’ottima evoluzione. La mobilità a Milano è migliorata tantissimo: sintesi vocali su tram, autobus, metro.
Avevo 13 anni nel ’78 quando ho perso la vista e per 14 anni, fino al ’92, non ho mai usato il bastone bianco, per difficoltà psicologiche. Cercavo di dissimulare la cecità, avevo gli occhiali neri alla Stevie Wonder. Questo freno psicologico tra l’altro è scomparso improvvisamente e deliberatamente quando sono arrivato in America. In ogni caso è difficile valutare obiettivamente, dopo 22 anni. Ci sono stati cambiamenti radicali della città, ma non solo; anch’io come persona sono cambiato molto.
V: Matematica. Lei è vincitore di un progetto sulla matematica, ERC (European Research Council) advanced. Solo 3 italiani lo hanno vinto. La matematica è una componente fondamentale nei suoi studi accademici e sappiamo delle numerose difficoltà che gli studenti incontrano; vediamo come le ha risolte. Su questa tematica ho delle sottodomande….
V, 1: Come sono organizzate le università americane?
M: In America si usava la coordinazione dei centri simili al libro parlato. Quando sono partito, in Italia il libro parlato non era organizzato ma distribuito in maniera frammentata su tutto il territorio senza una coordinazione Nazionale, gli studenti richiedevano un testo e il LP lo preparava senza coordinazione fra le varie strutture e senza un piano di studi adeguato, ovvero non c’era mai nulla di disponibile a meno che non fosse stato richiesto da uno studente. In America invece c’era una organizzazione che si chiamava Recording for the blind & dislexic (RFB&D) mentre adesso si chiama Learning Ally di Princeton, una organizzazione molto grande; ogni qualvolta che uno studente richiedeva un libro loro fornivano un lettore e un assistente che controllava mentre il lettore leggeva, e interrompeva ogni volta che la lettura non veniva fatta bene, quindi un prodotto di alta qualità.
La matematica non veniva trattata diversamente dalle altre materie, sceglievamo dei volontari che ci aiutavano. Nell’audioteca erano presenti più di 100000 testi e trovavo molti testi di utilità per lo studio mentre quelli che non erano presenti li facevo fare. Aspettando che il libro arrivasse avevo una disponibilità di 5000 dollari all’anno da spendere per farmi leggere i testi da altri studenti, questa era una borsa di studio annuale, dedicata a studenti con disabilità visiva. Il PC l’ho iniziato ad usare nel ’93 al secondo anno di dottorato ad Harvard, il primo anno tutto su audiocassette e con lettura diretta con un assistente pagato con questa borsa di studio dedicata; all’Università del Michigan avevano molte sale computer, in poco tempo la hi technolgy è cresciuta e ha invaso gli Atenei Americani. Adesso con il computer è tutto più facile, troviamo tutto lì.
V, 2: Come legge e scrive testi contenenti formule?
M: Lì dovevo trovare un assistente bravo quindi tutto a voce e poi dovevo fissare concetti e formule ordinandole, ma soprattutto configurandole mentalmente. Adesso si è passati dalle cassette ai libri digitalizzati e con un software dedicato tipo Daisy, si può interagire facilmente con il testo, apponendo marker oppure saltando da un paragrafo all’altro velocemente. Attualmente il software giapponese Infty, trasforma il pdf in un file di testo. Se il testo matematico è troppo complicato, o le formule sono difficili, solo con l’audio non si riesce ad interagire bene, allora mi aiuto con la barra Braille. Personalmente io lavoro al 99% con file audio, sono abituato così. La sera, se leggo un articolo senza formule faccio fatica a rimanere sveglio, la matematica mi aiuta a rimanere concentrato.
V, 3: Ha mai usato LaTeX per scrivere documenti contenenti formule?
M: Sì, lo uso abitualmente.
V, 4: Per la statistica usa BrailleR [su libero scritto da Jonathan Godfrey della Massey University (Nuova Zelanda)]?
M: Lo conosco di nome, ma sinceramente io non mi occupo molto di statistiche, il mio lavoro è più improntato sul profilo organizzativo, o l’aspetto matematico teorico. Adesso le tecnologie sono andate avanti e parecchi studenti usano Excel molto bene: io non avendolo imparato quando ero studente mi dedico ad altro, ogni tanto entro in qualche tabella Excel, ma mi ci perdo dentro.
V, 5: Come accede a/redige grafici?
M: I grafici alcuni li facciamo direttamente con LaTeX, altrimenti vengono fatti da un assistente.
V: Quando ha finito il suo percorso formativo quali erano le sue prospettive, le sono arrivate offerte e proposte di lavoro, o pensava già alla carriera di ricercatore e di Professore?
M: Nell’89 quando ho scelto di andare in America prima del dottorato la mia intenzione era di occuparmi di mercati finanziari e di andare a lavorare in una azienda, mentre ero lì ho cambiato idea e mi sono appassionato agli studi di teoria economica, lì ho conosciuto Valiant, un esperto di microeconomia, mi disse che c’era un non vedente spagnolo ad Harvard University Boston, che studiava microeconomia. Quello è stato un punto di svolta nella mia vita.
V: Non ha mai pensato ad un’altra possibilità lavorativa ovvero tornando indietro farebbe un’altra strada o altro percorso formativo?
M: Nella mia famiglia sono tutti imprenditori, ho una buona percezione di cosa significhi questa professione, la mia prima idea era quella di percorrere la stessa strada. Un’altra idea che avevo in testa, partecipare ad una organizzazione per progetti di sviluppo di tecnologie o agricoltura o un’organizzazione dedicata alla sostenibilità dell’ambiente o altri campi, non so come avrei potuto acquisire sufficienti competenze e conoscenze per poterlo fare. Faccio notare che i bivi della vita, dove uno si trova a dover scegliere, esistono anche sulle materie di studio infatti io scelsi l’Università Bocconi solo perché aveva un pensionato attaccato all’università stile Campus all’Americana e per me era molto più facile orientarmi e muovermi senza difficoltà, ma soprattutto perché volevo un minimo di indipendenza. Credo che la passione per la ricerca sarebbe nata anche in altri ambiti Universitari, come ad esempio in agraria penso sia possibile, per una persona con disabilità visiva, un lavoro d’ufficio e ricerca. Se una persona con disabilità visiva si specializza in Scienze Sociali, forse è un po’ più facile, sono lavori d’ufficio e si viaggia meno. Mi sono specializzato in scienze economiche e discipline economiche sociali alla Bocconi, la passione per la ricerca probabilmente sarebbe nata anche in altri ambiti. Ho fatto un colloquio con Mc Kinsey & Company, Società internazionale di consulenza,
una loro domanda per l’assunzione era come potevo risolvere i problemi della mobilità e logistica. Alla Mc Kinsey non mi hanno assunto, forse avevano ragione loro.
V: In ambito lavorativo e della sua formazione quali sono state le sue difficoltà?
M: Credo il primo periodo che mi sono trovato ad insegnare, avevo difficoltà a comprendere e saper come guidare l’attenzione di una classe, per un Professore, non c’è mezzo migliore di comunicare con gli studenti avendo una lavagna e un gesso in mano, capire di aver catturato l’attenzione degli studenti è fondamentale. Ho avuto bisogno di un po’ di tempo ma sono problemi risolvibili, adesso con i lucidi si ovvia alla lavagna così come con i PowerPoint, nel complesso non mi ricordo di avere avuto un problema serio. Mentre qualche problema l’ho avuto quando ho finito il primo livello di formazione e ho provato a cercare consensi nelle persone che conoscevo, un professore famoso di Roma mi suggerì di non fare la carriera accademica, ma eventualmente di andare ad insegnare in qualche liceo, anche il Prof. Monti, mio relatore nell’esame di laurea, mi suggerì di andare a lavorare come ricercatore alla Comit.
Al presidente UICI di Milano chiesi cosa potevo fare, lui mi rispose: “Ma cosa vai a fare all’Università, quando finisci, andrai a guadagnare un paio di cento mila lire in più di un centralinista”, feci altre domande su mie problematiche ed interessi, rimasi senza alcuna risposta. Da quel giorno non ho messo più piede all’UICI di Milano, so che sono cambiate tante cose e mi sono ripromesso di tornare. Una cosa voglio sottolineare, che ho avuto sempre il sostegno e supporto da parte dei miei genitori; un ostacolo, potrebbero essere proprio i genitori che accudiscono in maniera troppo protettiva i figli.
V: Una domanda cattiva, non è mai entrato in competizione con un collega che provava a scavalcarla, usando, come minus, la sua disabilità visiva?
M: In Italia prima di partire per gli USA, avevo questa sensazione, non tanto verso le persone, ma verso l’intera disponibilità del sistema che ritenevo molto bassa. Infatti quando feci il colloquio con Mc Kinsey di Milano, non mi fecero l’offerta di lavoro e magari uno dei motivi era proprio perché non ci vedevo, può darsi che la loro idea sia stata che un non vedente, non potesse fare consulenze, leggere bilanci e documenti velocemente. Nell’ambito della ricerca, sia al dipartimento Europeo che in America, parecchi anni dopo, mi è stato riferito che non sono stato ammesso a dottorati particolari perché avevano paura che
non avrei potuto gestire e reggere lo stress del dottorato, quando me lo hanno riferito si sono resi conto che a quel tempo c’erano ancora molti pregiudizi e spero che dopo il mio passaggio abbiano capito che avevano sbagliato.
V: Potrebbe dare un consiglio ad un giovane disabile visivo, cosa gli indicherebbe o consiglierebbe di studiare?
M: Il consiglio non lo vorrei dare in base al vedere o meno, vorrei considerare esclusivamente quello che è il mercato del lavoro, indicherei le Hi-Technology come possibilità come informatica e le biotecnologie. Insomma noi dobbiamo usare la logica deduttiva nelle materie scientifiche, non dobbiamo farci condizionare dai laboratori, perché quello è solo un passaggio.
V: Approfitto subito del suo ruolo e le chiedo, può darmi un consiglio o una idea per una attività lavorativa da suggerire ai nostri ragazzi?
M: È una bellissima domanda ma su due piedi non riesco a dare una risposta, devo rifletterci sopra ma le giro un po’ la domanda, un invito che mi sento di suggerire è quello di perseguire anche nel tempo libero, ovvero al di fuori di un lavoro o studio, un linguaggio di programmazione come Python, o lingue come il cinese, l’Arabo o russo, in pratica impegnate del tempo per investire su voi stessi. Una conoscenza o formazione che nel tempo libero possa migliorare il livello o qualità della vostra vita in un prossimo futuro. Quindi magari accettare anche un lavoro come il centralinista, ma non fermatevi lì.
V: Insomma ricapitolando o dando un titolo al suo messaggio, formazione e va dove ti porta il cuore!
M: Sì, proprio così, ma mi rendo conto che la domanda che mi ha fatto è molto importante e tecnica, devo pensarci sopra sperando di trovare delle reali possibilità.
V: Come occupa il suo tempo libero?
M: Mi piace molto la musica Jazz, avevo molte soddisfazioni chiaramente in America, a Milano meno, ma mi diverto ugualmente. Pratico per il mio benessere e per il mio piacere molto sport, per tenermi in forma e come si dice “mens sana in corpore sano”.
Nota: Per quanto riguarda lo sport, il Professore si sofferma a lungo: su questa tematica scriverò un secondo articolo.
V: Può mandare un messaggio ai nostri ragazzi?
M: Davanti ai problemi non bisogna assolutamente scoraggiarsi, ma perseguire il proprio obiettivo. Secondo un mio personale calcolo bisogna investire mediamente duemila ore di lavoro prima di dire o meno se si è in grado di saper fare qualsiasi cosa, prima non ti è permesso di dire che non sei capace o non hai talento. Vorrei che passasse il messaggio che il talento conta molto meno, rispetto la volontà di perseguire un obiettivo, ma è necessario molto impegno e costanza.

80 anni: una vita spesa per l’Unione, di Mario Mirabile

Festa organizzata in onore di Giovanni D’Alessandro

“Parlare di Giovanni non è semplice! L’ho conosciuto qualche anno fa, durante un’assemblea dell’U.I.C.I., proprio in questo salone. Sin da allora capii che era il carro portante della Sezione di Napoli; di primo acchito può sembrare burbero, autoritario, ma basta frequentarlo un attimo in più per accorgersi della sua bontà, dell’umanità e della sua enorme caratura morale. Negli anni ha affrontato con professionalità ed estrema attenzione le problematiche degli associati, curando gli interessi. Ma la cosa più importante è sicuramente quella che ha fatto da chioccia a tanti pulcini ed oggi questi pulcini sotto la sua guida, sono cresciuti, maturati e rappresentano il futuro dell’associazione. Un vero capo questo fa: da le linee guida, dispensa consigli. Per tutti noi Giovanni è un padre; un fratello maggiore”.
Con queste parole Bruno Mirabile ha voluto descrivere Giovanni D’Alessandro, Presidente Onorario della Sezione UICI di Napoli che venerdì 5 ottobre ha festeggiato i suoi 80 anni nei locali sezionali insieme a dirigenti e a tanti soci, volontari ed amici, che hanno voluto stare insieme a lui per una ricorrenza così importante. Tanti sono stati coloro che hanno voluto raccontare un aneddoto, portare un saluto, o dire semplicemente grazie ad un uomo che ha speso gran parte della sua vita all’interno dell’Unione e per l’Unione, cercando con tutte le sue forze l’integrazione dei ciechi e degli ipovedenti napoletani. La serata è stata allietata da tanta buona musica grazie a Rosario, Nicola, Cristina, Dario e Bruno. Giovanni D’Alessandro, emozionato più che mai, ha voluto condividere questo importante traguardo con tutti noi, con i suoi amici.