Diritti nei trasporti, Commissione NAL – Coordinatore Valter Calò

Commissione Nuove Attività Lavorative (NAL) gennaio 2017
Coordinatore dott. Valter Calò

Nella progettualità, una delle prime cose da prendere in considerazione è l’accessibilità del posto di lavoro, intesa come arrivarci autonomamente con mezzi pubblici o privati.
Muoversi in autonomia è, per noi, una libertà che ci dà grande soddisfazione e che deve essere perseguita con ragionevolezza e determinazione. Come sappiamo, a volte, purtroppo possono insorgere dei problemi, per ignoranza o superficialità. Per questo motivo, ho chiesto ad un componente della mia commissione di redigere un documento su quali fossero i nostri diritti come Persone con ridotta Mobilità. Mi sarei accontentato di due paginette, invece, Marco Pronello, come tutti i miei ragazzi e ragazze della commissione NAL, lasciatemeli chiamare così, si è dedicato con professionalità e dedizione, elaborando un documento pregevole, analizzando tutte le possibilità di trasporto e scavando nei meandri dei cavilli normativi. Più che un documento è un vero e proprio Vademecum.
Il mio solito consiglio è copiatelo e archiviatelo in una cartella del vostro computer, augurandovi che non vi serva mai, ma all’occorrenza un clic e troverete tutto ciò che vi potrebbe essere utile, per far valere i vostri diritti. Fatelo girare anche tra i vostri amici o Presidenti di sezione. Il documento è lungo e tecnico, ma merita una attenta lettura, questi sono i nostri diritti e dobbiamo conoscerli. Il documento viene condiviso anche dalla Commissione mobilità coordinatrice Annita Ventura.
Un caro saluto a tutti
Valter

Ha redatto il documento:
dott. Marco Pronello (Torino)

DISABILITÀ E TRASPORTI: LO STATO DELL’ARTE NEGLI ORDINAMENTI INTERNO E COMUNITARIO.

Premessa.
Ogni normativa, per trovare effettiva ed efficace applicazione, deve inserirsi in un contesto culturale e sociale pronto ad accettare i nuovi doveri, collettivi ed individuali, che si impongono a fronte di nuovi diritti che vengono riconosciuti. Sotto questo profilo sicuramente, nel nostro Paese, tanta strada è stata percorsa da quando si riteneva che certe disabilità, non solo psichiche e intellettive, dovessero comportare ipso iure l’inabilitazione, fatta salva un’espressa e contraria dichiarazione del tribunale, come statuiva l’art. 340 cod. civ. del 1865, a fronte della diversa , ma anch’essa desueta ed estremamente anacronistica, formulazione del vigente art. 415 terzo comma cod. civ. secondo la quale possono essere inabilitati il sordo e il cieco dalla nascita o dalla prima infanzia, se non hanno ricevuto un’educazione sufficiente.
Non è necessario specificare il perché dell’anacronismo di questa norma, che è fin troppo ovvio, ma se questa de iure risulta ancora in vigore e non espressamente abrogata, anche se fortunatamente ormai totalmente inapplicata, ciò vuol dire che molta strada è ancora da percorrere ai fini di una totale costruzione di un humus culturale veramente inclusivo, paritario e non discriminatorio.
Una sempre più affinata definizione di disabile, che evidenzi la relatività della condizione, anche in rapporto al contesto ambientale, favorisce l’intera evoluzione del quadro normativo.
Riferendoci al tema dei trasporti, l’associazione, ormai frequente in tanti provvedimenti, della condizione di disabile con quella di persona con mobilità ridotta fa comprendere meglio che, al di là di astratti sentimenti di solidarietà sociale, è conveniente per tutti disporre di un soddisfacente apparato di protezione sociale soprattutto con riferimento alla mobilità. Per ogni cittadino è da ritenersi, infatti, statisticamente molto più elevato il numero di probabilità di trovarsi in situazioni di disabilità, se non altro temporanea, per infortuni con prognosi di totale guarigione, o permanente per ragioni di età o per infortuni invalidanti, senza considerare che la mobilità ridotta si ha anche quando si è in presenza, per esempio, di passeggini.
Più in generale, l’apparato normativo riguardante i disabili migliorerà quando sarà elemento fondante del sentire sociale l’assunto che non è affatto importante la causa della disabilità, se congenita o acquisita, o la sua natura di temporaneità o permanenza, ma è importante la sua esistenza in capo ad una persona, anche per breve tempo ed incidentalmente.

Definizioni.
In campi come quello della regolamentazione del trasporto dei disabili, ove è molto frequente trovare normative frammentarie e di dettaglio, si palesa il rischio di contraddizioni o di soluzioni applicative differenti per fattispecie simili, con una sostanziale violazione del fondamentale principio di uguaglianza. Quindi si avverte la necessità di individuare regole e criteri generali comuni, che costituiscano delle linee guida sia a fini ermeneutici delle normative esistenti, sia per la creazione di un vero e proprio diritto uniforme di settore.
L’esigenza di uniformità si estende anche, per ovvi motivi, alle normative tecniche, che in Italia sono affidate spesso ai regolamenti attuativi, per quanto riguarda, ad esempio, i contrassegni per la circolazione e il parcheggio in zone a traffico limitato, la segnaletica ad alta visibilità per gli ipovedenti o audio per i non vedenti, i percorsi tattili individuabili con il bastone bianco, ecc..
A tal fine, è necessario preliminarmente trovare una definizione giuridica di disabilità e di contigue espressioni quali menomazione, handicap, mobilità ridotta e simili.
L’art. 1 comma 2 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006, ratificata in Italia con la legge 18/2009, definisce le persone con disabilità “…quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri”.
Definizioni tratte da normative di livello ordinamentale statuale o comunitario possono ampliare i limiti concettuali, ma non restringerli.
Sulla base della classificazione dell’O.M.S. denominata ICF –International Classification of Functioning, Disability and Health per la descrizione delle componenti della salute e degli stati ad essa correlati a fini clinici, statistici, di ricerca e di politiche di welfare, nel valutare la disabilità di una persona, con particolare riferimento alle concrete conseguenze, si tiene conto, caso per caso, anche dell’incidenza dei fattori ambientali. Questo assunto è dirimente per la differenza sostanziale e quantitativa di disabilità come menomazione oggettiva e handicap come interrelazione soggettiva tra il disabile e l’ambiente sociale in cui vive, nel senso che, per esempio, un intervento sull’individuo portatore di handicap per l’applicazione di protesi, o sull’ambiente per l’eliminazione di barriere architettoniche o sensoriali, modificazioni adeguate ai veicoli, speciale segnaletica ecc., pur non eliminando in radice la menomazione, attenua l’handicap e consente la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata sulla base di eguaglianza con gli altri.
Non si tratta qui di adempiere a semplici doveri assistenziali a titolo di solidarietà, ma dell’obbligo di porre in essere tutte quelle misure che, in concreto ed il più possibile, consentano al disabile di colmare lo svantaggio rispetto agli altri, muovendo dal presupposto della pari dignità di tutti e, nello specifico, di garantire a tutti l’effettivo esercizio del diritto alla mobilità (cfr. art.16 Cost.). a questo proposito, va sottolineato con forza che l’identità delle definizioni di disabilità e mobilità ridotta dalle norme sui trasporti dovrebbe espandersi ad ogni quadro normativo e sociale).
Normativa comunitaria.

Sul piano comunitario, si riscontra nei vari regolamenti una sostanziale identità di definizioni. Sotto il profilo del trasporto, come già accennato, viene compiuta un’equiparazione delle espressioni “persona con disabilità” e “persona con mobilità ridotta”.
L’art. 3 numero 15 del Regolamento UE 1371/2007 sul trasporto ferroviario, l’art. 3 lettera a) del regolamento 1177/2010 relativo ai diritti dei passeggeri che viaggiano via mare e per vie navigabili interne, l’art. 3 lettera j) del regolamento 181/2011 relativo ai diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus (questi ultimi due regolamenti apportano modifiche al regolamento CE n. 2006/2004) e l’art. 2 lettera a) del regolamento CE 1107/2006 relativo ai diritti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta nel trasporto aereo definiscono, con assunti praticamente identici, la persona a mobilità ridotta come “…qualsiasi persona la cui mobilità sia ridotta, nell’uso del trasporto, a causa di qualsiasi disabilità fisica (sensoriale o locomotoria, permanente o temporanea), disabilità o handicap mentale, o per qualsiasi altra causa di disabilità, o per ragioni di età, e la cui condizione richieda un’attenzione adeguata e un adattamento del servizio fornito a tutti i passeggeri per rispondere alle esigenze specifiche di detta persona”.
La direttiva 18/1998 CE amplia ulteriormente l’ambito di applicazione, definendo all’art. 2 lettera w), aggiunta dall’art. 1 paragrafo 1 della direttiva 24/2003 CE, le persone a mobilità ridotta tutte le persone che abbiano “…una particolare difficoltà nell’uso dei trasporti pubblici, compresi gli anziani, i disabili, le persone con disturbi sensoriali e quanti impiegano sedie a rotelle, le gestanti e chi accompagna bambini piccoli.”
Alla normativa europea in tema è sotteso il principio di non discriminazione, che può ritenersi un’applicazione lato sensu dell’art. 12 del Trattato UE e che nella materia è da ritenersi ormai teoricamente consolidato (per una definizione di discriminazione e per le azioni di tutela giurisdizionale vedasi, per l’ordinamento italiano, gli artt. 2 e 3 l. 67/2006).
Nel dettaglio, il principio può trovare innumerevoli applicazioni: dal divieto di rifiuto di prenotazione ed imbarco a causa della disabilità e di maggiorazione del biglietto per il trasporto dei disabili, compresi i casi in cui è necessario un accompagnatore, che viaggia gratuitamente, a quello di evitare, per quanto possibile, che tali trasporti si svolgano con mezzi speciali, con o senza specifica chiamata, impedendo l’integrazione con il resto della comunità viaggiante. Le eccezioni al divieto di rifiuto riguardano unicamente l’obbligo di osservanza delle regole sulla sicurezza e, ovviamente, la materiale impossibilità di eseguire la prestazione per le caratteristiche del mezzo o delle infrastrutture. In quest’ultimo caso esiste l’obbligo di eventuali offerte alternative (art. 3 e combinato disposto dell’art. 4 paragrafi 1 e 2 e dell’art. 13 reg. 1107/2006, art. 7, 8 paragrafi 1 e 2 e art. 11 paragrafo 4 reg. 1177/2010, art. 18 paragrafo 5 e 19 del reg. 1371/2007, artt. 9 e 10 reg. 181/2011).
Il problema del miglioramento della mobilità dei disabili si supera più agevolmente attraverso una sorta di “internalizzazione” della soluzione. Quanto alle infrastrutture ed ai mezzi di locomozione, il progettista deve già nella fase di progettazione ed ideazione tener presente che le costruzioni dovranno essere utilizzabili anche da chi è in condizione permanente o temporanea di disabilità in applicazione del principio della progettazione per tutti. In tal senso esistono già normative vincolanti a livello comunitario, ma esse abbisognano di maggiore estensione dei limiti di applicazione e forse di una abbreviazione su alcune date riguardanti l’effettivo inizio dell’applicazione stessa relativamente ad alcune fattispecie. Ciò, peraltro, potrebbe essere compensato da maggiori aiuti finanziari pubblici.
Quanto al personale, la formazione specifica minima per l’assistenza ai disabili dovrebbe, ove ancora non accada, entrare a far parte del programma generalizzato di base del personale operativo e non essere limitata a poche categorie di addetti al compito specifico. In questo senso si pone l’art. 11 del regolamento 1107/2006, che vincola i vettori aerei e i gestori aeroportuali a formare e a tenere periodicamente aggiornato tutto il personale alle proprie dipendenze che lavora in aeroporto a diretto contatto con i viaggiatori e il personale alle dipendenze di un subappaltatore che fornisce un’assistenza diretta alle persone con disabilità o a mobilità ridotta, sulla disabilità, sull’uguaglianza nei confronti della disabilità e su come soddisfare le necessità di tali persone, a seconda della disabilità o dell’handicap motorio. Analogamente si esprimono anche l’art. 14, lett. b, reg. 1177/2010 per navigazione marittima e fluviale che però allarga il vincolo alla formazione anche di tutto il personale alle dipendenze di altre parti di fatto e non solo di chi si occupa espressamente dell’assistenza, e l’art. 16 reg. 181/2011, che però conteneva una deroga temporale di cinque anni per l’obbligo formativo dei conducenti d’autobus.
Quanto al trasporto aereo, prima ancora della normativa comunitaria, va menzionata la sez. 5 del doc. 30 dell’European Civil Aviation Conference (ECAC), che come organismo intergovernativo svolge un ruolo rilevante nell’armonizzazione delle politiche regionali di settore e per un sistema efficiente e sostenibile.
La portata delle funzioni dell’ECAC si evidenzia anzitutto per lo stretto collegamento con l’ICAO ai fini della conformità di pratiche e normative dell’U.E. e degli Stati europei aderenti, anche non membri dell’Unione, rispetto alle regole ed alle raccomandazioni dell’ICAO stesso. Ciò viene reso possibile con un altrettanto stretto collegamento dell’ECAC con l’Unione , compresa l’EASA (European Aviation Safety Agency).
In quest’ottica, il doc. 30 dell’ECAC, nella parte in cui si occupa di agevolazioni al trasporto di persone a mobilità ridotta, richiama preliminarmente l’annesso 9 della Convenzione di Chicago del 1944, che pone delle norme agli Stati per assicurare ai disabili l’accessibilità alle strutture ed agli altri elementi della catena del trasporto aereo.
Le pratiche raccomandate dell’annesso 9 prevedono che gli Stati contraenti assicurino che le persone disabili, quando viaggiano, beneficino di un’assistenza speciale in modo da utilizzare gli stessi servizi di cui godono tutti gli altri utenti, che tutte le strutture ed apparecchiature relative al servizio dei viaggiatori in genere siano fruibili, dall’inizio alla fine, anche dalle persone con disabilità, particolarmente per menomati della vista o dell’udito, a cura di agenti di viaggio, compagnie aeree, gestori aeroportuali e gestori di servizi a terra, che il personale addetto all’assistenza abbia ricevuto uno speciale addestramento, che i punti di attesa riservati siano collocati in prossimità delle porte d’ingresso, che gli aeromobili abbiano sedili con braccioli mobili ed altri accorgimenti che facilitino i disabili, che se è richiesto un accompagnatore, sia concesso uno sconto sulle tariffe.
In conformità all’annesso 9 dell’ICAO, il doc. 30 dell’ECAC ha provveduto a specificare nel dettaglio le categorie di persone che abbisognano di un’assistenza speciale , soffermandosi espressamente sulla necessità di armonizzare i sistemi d’informazione e diffusione delle notizie, la formazione del personale addetto all’assistenza dei disabili, gli accessi e le aree riservate negli aeroporti, i parcheggi riservati, l’accessibilità per i disabili dei percorsi pedonali, la connessione facilitata tra accessi all’aeroporto e fermata dei mezzi di pubblico trasporto, le facilitazioni d’accesso a servizi igienici, ristoranti, negozi, casse, l’idoneità della segnaletica, l’assistenza adeguata durante le operazioni d’imbarco e sbarco e durante la permanenza a bordo degli aeromobili per i quali, a loro volta, sono previsti, secondo il numero dei posti, particolari caratteristiche dei sedili, servizi igienici con spazi adeguati, ecc. Le previsioni di dettagli si estendono ai cani guida e ad altri aspetti dell’assistenza.
Il regolamento comunitario n. 1107 /2006 costituisce la fonte normativa centrale dell’intera materia, precisando (art. 1 paragrafo 5) che ogni qualvolta le disposizioni del regolamento sono in conflitto con le disposizioni della direttiva 96/67 CE sui servizi di assistenza a terra negli aeroporti, esse prevalgono sulle disposizioni della direttiva.
Il regolamento, sulla base delle competenze e del potere impositivo diretto con efficacia sul territorio dei Paesi aderenti, traduce in specifiche norme cogenti quanto in precedenti atti degli organismi cui si è fatto cenno costituiva o un generico obbligo per gli Stati di provvedere con disposizioni adeguate o una semplice raccomandazione (il documento 30 dell’ECAC è espressamente richiamato nel decimo considerando).
Fondamentale è la previsione di mettere a disposizione in formati accessibili e almeno nelle lingue in cui vengono messe a disposizione al pubblico in generale le norme di sicurezza e le restrizioni applicate al trasporto di persone con disabilità o a mobilità ridotta e per i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso» organizzate, vendute o proposte da un operatore turistico e ogni qual volta viene esercitata una deroga a norma dei paragrafi 1 e 2 dell’art. 4, la persona interessata dev’essere immediatamente informata delle ragioni ivi sottese per iscritto , se richiesto, entro cinque giorni lavorativi dalla richiesta (art. 4 paragrafi 3 e 4).
Il gestore aeroportuale designa, in cooperazione, tra l’altro, con le associazioni rappresentative delle categorie interessate, i punti di arrivo e di partenza presso cui le persone con disabilità o a mobilità ridotta possano agevolmente annunciare il proprio arrivo in aeroporto e chiedere assistenza. Tali punti sono segnalati in modo chiaro e vi si trovano, in formati accessibili, le informazioni di base sull’aeroporto (art. 5).
Ai sensi del successivo articolo, i vettori aerei, i loro agenti o gli operatori turistici adottano tutte le misure necessarie per fare in modo di ricevere le notifiche di richiesta di assistenza in tutti i loro punti vendita nel territorio degli Stati membri, compresa la vendita per telefono o via Internet, e le trasmettono almeno 36 ore prima dell’ora di partenza del volo, o comunque quanto prima possibile, ai gestori degli aeroporti di partenza, arrivo e transito e al vettore aereo effettivo, qualora la prenotazione non sia stata effettuata con il vettore in questione. Dopo la partenza del volo, il vettore aereo effettivo comunica al gestore dell’aeroporto di destinazione, qualora sia situato nel territorio di uno Stato membro, il numero di persone con disabilità o a mobilità ridotta presenti su detto volo che richiedono l’assistenza, specificando la natura dell’assistenza necessaria.
Il gestore aeroportuale deve garantire la prestazione dell’assistenza in aeroporto, in proprio o subappaltandola a fornitori terzi, alle persone con disabilità o a mobilità ridotta in transito, in arrivo o in partenza da un aeroporto al quale si applica questo regolamento, a condizione che le esigenze particolari della persona siano state notificate almeno quarantotto ore prima dell’ora di partenza del volo pubblicata e a condizione che la persona si presenti alla registrazione all’ora stabilita in anticipo e comunicata per iscritto o, qualora non sia stato stabilito un orario, almeno un’ora prima dell’ora di partenza pubblicata, o che la persona arrivi a un punto designato all’interno del perimetro aeroportuale all’ora stabilita in anticipo e comunicata per iscritto o, qualora non sia stato stabilito un orario, almeno due ore prima dell’ora di partenza pubblicata. Tale notifica deve indicare anche il volo di ritorno, se il volo di andata e quello di ritorno sono stati acquistati con lo stesso vettore aereo (combinato disposto dell’art. 7 paragrafi 1 e 4, dell’art. 8 paragrafi 1 e 2 e dell’art 10).
La presenza di un cane guida andrà notificata al vettore aereo, al suo agente o all’operatore turistico, in conformità delle norme nazionali applicabili al trasporto di cani guida a bordo degli aerei, ove tali norme sussistano (art. 7 paragrafo 2).
In caso di mancata notifica a norma del paragrafo 1, ma si potrebbe aggiungere in via estensiva e analogica anche del paragrafo 2, il gestore compie tutti gli sforzi ragionevoli per offrire l’assistenza in modo che la persona in questione possa prendere il volo per cui è in possesso di una prenotazione.
Ad eccezione degli aeroporti con un transito annuo di passeggeri commerciali inferiore a 150 000 unità, il gestore fissa e pubblica, ai sensi dei primi tre paragrafi dell’art. 9, norme di qualità per l’assistenza e stabilisce le risorse necessarie per rispettarle, in collaborazione, tra l’altro, con le organizzazioni che rappresentano i passeggeri con disabilità o a mobilità ridotta, tenendo pienamente conto delle politiche e dei codici di condotta riconosciuti a livello internazionale riguardanti l’agevolazione del trasporto di tali persone, in particolare il codice di buona condotta dell’ECAC per l’assistenza a terra di persone a mobilità ridotta.
Il quarto paragrafo specifica che un vettore aereo e il gestore aeroportuale possono concordare la fornitura di un’assistenza di livello superiore a quello previsto dalle norme di cui al paragrafo 1 o servizi supplementari rispetto a quelli elencati all’allegato I del regolamento.
Nel caso in cui le sedie a rotelle, le altre attrezzature per agevolare la mobilità o i dispositivi di assistenza vengano persi o danneggiati durante la gestione in aeroporto o il trasporto a bordo degli aeromobili, il passeggero cui appartengono è risarcito in conformità di quanto prevede il diritto internazionale, comunitario e nazionale (art. 12).
Ogni Stato membro designa uno o più organismi responsabili dell’applicazione del presente regolamento per quanto riguarda i voli in partenza o in arrivo negli aeroporti situati sul proprio territorio. Ove opportuno, tali organismi adottano le misure necessarie per garantire il rispetto dei diritti delle persone con disabilità o a mobilità ridotta, compreso il rispetto delle norme di qualità (art. 14 paragrafo 1).
La persona con disabilità o a mobilità ridotta può richiamare su una presunta violazione del regolamento l’attenzione del gestore aeroportuale o del vettore aereo interessato e qualora non riesca a ottenere soddisfazione in tal modo, i reclami possono essere presentati presso l’organismo o gli organismi designati di cui all’art. 14 paragrafo 1, o presso qualsiasi altro organismo competente designato da uno Stato membro. Gli Stati membri adottano misure per informare le persone con disabilità o a mobilità ridotta dei loro diritti istituiti dal presente regolamento e della possibilità di sporgere reclamo presso l’organismo o gli organismi designati (art. 15 paragrafi 1, 2 e 4).
Infine, ex art. 16 gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili alle infrazioni delle presenti disposizioni e adottano tutte le misure necessarie per garantirne l’applicazione. Le sanzioni previste devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione e provvedono a notificare immediatamente le eventuali successive modificazioni.
Sono fattispecie sanzionabili: il rifiuto di prenotazione, il rifiuto d’imbarco, il diniego di rimborso o di volo alternativo, la mancata designazione in modo chiaro dei punti di partenza e di arrivo delle persone con disabilità o a mobilità ridotta, la violazione degli obblighi d’informazione, il mancato adempimento degli obblighi di formazione del personale, la mancata assistenza da parte dei vettori aerei. Altre sanzioni riguardano, tra l’altro, il rifiuto d’imbarco di apparecchi medici e dispositivi di mobilità, malgrado preavviso e malgrado l’imbarco risulti compatibile con la normativa di sicurezza e le caratteristiche dell’aeromobile.
L’art. 2 comma 1 del DLGS 24/2009 individua l’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) come responsabile in Italia dell’accertamento delle violazioni e per l’irrogazione delle sanzioni previste per le finalità di cui all’articolo 16, facendo salvo, in linea generale e quale norma di chiusura, quanto previsto dall’art. 1174 cod. nav. sull’inosservanza delle norme di polizia emanate dall’autorità competente in materia di aeroporti e fatti salvi altresì i casi in cui il fatto non costituisca reato.
Le entrate provenienti dall’applicazione delle sanzioni vengono devolute ad un fondo speciale per le iniziative di ricerca e di informazione a favore dei passeggeri disabili o a mobilità ridotta.
La circolare ENAC 8 luglio 2008 n. GEN-02 contiene due allegati: il primo dedicato agli standards di qualità del servizio di assistenza dei passeggeri disabili e con mobilità ridotta, il secondo riguardante la formazione specifica del personale addetto. Nella fattispecie si sofferma soprattutto sulla determinazione e le caratteristiche degli indicatori di qualità del servizio, per esempio il tempo d’attesa per ricevere assistenza, il numero delle informazioni, ecc.
Un’altra circolare richiama l’attenzione dei gestori aeroportuali, dei vettori e delle imprese che concretamente forniscono i servizi di assistenza ai disabili collegati con il trasporto aereo in merito all’opportunità di avvalersi, nelle fasi di progettazione o di attuazione dei corsi di specifica formazione professionale, della collaborazione e/o partecipazione di quelle realtà del privato sociale che hanno specifiche finalità e competenze in materia di disabilità, quali, ad esempio, le associazioni rappresentative. Viene poi indicato un modello analitico di programma di formazione.
L’intero capo secondo del regolamento 1177/2010 viene dedicato ai diritti delle persone con disabilità e a mobilità ridotta.
Anche qui, per il trasporto via nave, troviamo norme analoghe al trasporto aereo quanto all’assistenza di cui agli allegati II e III e alle modalità con le quali il cliente dovrà informare il fornitore del servizio delle sue esigenze specifiche (artt. 10, 11 e 12), compreso il trasporto di cani guida (art. 11 paragrafo 5).
In presenza delle notifiche di cui sopra e di prenotazione o biglietto , se alla persona viene comunque negato l’imbarco, essa e l’eventuale accompagnatore possono scegliere tra il diritto al rimborso e il trasporto alternativo, come previsto dall’allegato I, ma tale diritto di scelta è subordinato al rispetto di tutti gli obblighi in materia di sicurezza e se strettamente necessario , i fornitori del servizio di trasporto possono esigere che una persona con disabilità o a mobilità ridotta sia accompagnata da un’altra persona, che viaggerà gratuitamente, in grado di fornirle l’assistenza necessaria.
In tutti questi casi, il fornitore del servizio comunica immediatamente i motivi specifici dell’impossibilità della prestazione alla persona, anche per iscritto ,, non oltre cinque giorni dopo la richiesta. In caso di rifiuto ai sensi dell’art 8 paragrafo 1, lettera a), si fa riferimento agli obblighi in materia di sicurezza applicabili (art. 8 paragrafi 3, 4 e 5).
I vettori e gli operatori dei terminali stabiliscono condizioni d’accesso non discriminatorie, in collaborazione con le associazioni rappresentative delle persone con disabilità o a mobilità ridotta. Tali condizioni, come le condizioni degli operatori turistici riguardanti le tratte comprese nei pacchetti “tutto incluso”, sono comunicate su richiesta agli organismi nazionali preposti all’esecuzione e sono messe a disposizione del pubblico fisicamente o su internet, in formati accessibili su richiesta e nelle stesse lingue in cui l’informazione è normalmente fornita a tutti i passeggeri. La conferma dell’assistenza sarà notificata anche in forma elettronica o via SMS (art. 9).
Nei terminali portuali o per servizi passeggeri che contano complessivamente più di 100 000 movimenti passeggeri commerciali nell’anno d’esercizio precedente vengono fissate le norme di qualità per l’assistenza di cui agli allegati II e III e vengono stabilite le risorse necessarie per rispettare tali norme, in collaborazione con le organizzazioni che rappresentano i passeggeri con disabilità o a mobilità ridotta, tenendo pienamente conto delle politiche e dei codici di condotta riconosciuti a livello internazionale riguardanti l’agevolazione del trasporto di tali persone, in particolare la raccomandazione dell’IMO e la gestione di navi da passeggeri al fine di rispondere alle necessità degli anziani e dei disabili. Le norme di qualità sono messe a disposizione del pubblico fisicamente o su internet in formati accessibili e nelle stesse lingue in cui l’informazione è normalmente fornita a tutti i passeggeri (art. 13).
Ex art. 15, il vettore e l’operatore del terminale sono responsabili del danno derivante dalla perdita o dal danneggiamento di attrezzature per la mobilità o altre attrezzature specifiche usate da persone con disabilità o a mobilità ridotta, se l’evento dannoso è imputabile a colpa o negligenza del vettore o dell’operatore del terminale, e il risarcimento corrisponde al valore di sostituzione dell’attrezzatura in questione o ai costi di riparazione, a meno che il fatto non rientri nella previsione dell’art. 4 del regolamento CE 392/2009. Va comunque compiuto ogni sforzo per fornire rapidamente un’attrezzatura temporanea sostitutiva, che rappresenti un’alternativa adeguata.
Quanto alle ipotesi di cancellazione o ritardo ex art. 18 paragrafi 1 e 2, il legislatore comunitario ha opportunamente ribadito al paragrafo 3 che il vettore dovrà prestare particolari attenzioni alle persone con disabilità o a mobilità ridotta e ai loro accompagnatori.
Per il trasporto ferroviario, il regolamento UE 1371/2007 provvede con modalità analoghe al trasporto marittimo e aereo, mosso dalla necessità di proteggere le persone con disabilità o a mobilità ridotta durante ogni fase del viaggio in treno (art. 1 paragrafo 1 lettera d)) e dai principi di non discriminazione e di parità di trattamento enunciati nel decimo e undicesimo considerando, in cui si statuisce l’importanza della comunicazione accessibile anche ai minorati sensoriali (vedasi anche art. 3 paragrafo 14 lettera d) e art. 8 paragrafo 3), dell’accessibilità a tutti degli edifici adibiti a scalo ferroviario e di tutto il materiale rotabile e l’importanza di dare la possibilità alle persone con disabilità o a mobilità ridotta di comprare il biglietto a bordo senza maggiorazioni, nonché il diritto all’assistenza in caso di ritardi e cancellazioni (art. 18 paragrafo 5).
A questa ratio è sotteso il capo quinto, nel quale si prevede che le aziende operanti nel settore ferroviario stabiliscano, in concerto con le associazioni rappresentative delle persone con disabilità o a mobilità ridotta, norme di accesso non discriminatorie. Se vi è una deroga, la persona dovrà essere informata dei motivi per iscritto su richiesta, entro cinque giorni lavorativi dal rifiuto della prenotazione o dell’emissione del biglietto, oppure dall’imposizione della condizione di essere accompagnata (art. 20 paragrafo 2).
Su richiesta, l’impresa ferroviaria, il venditore di biglietti o il tour operator forniscono alle persone con disabilità e a mobilità ridotta informazioni in merito all’accessibilità dei servizi ferroviari e alle condizioni di accesso al materiale rotabile e le informano in merito ai servizi offerti a bordo. Inoltre garantiscono, ai sensi del successivo articolo, l’accessibilità delle stazioni, delle banchine, del materiale rotabile e degli altri servizi alle persone con disabilità o a mobilità ridotta. In mancanza di personale di accompagnamento a bordo di un treno o di personale in una stazione, le imprese ferroviarie e i gestori delle stazioni compiono tutti gli sforzi ragionevoli per consentire alle persone con disabilità o a mobilità ridotta di avere accesso al trasporto ferroviario.
La necessità di specifica assistenza, che non dovrà avere costi aggiuntivi, a meno di deroghe poste dagli Stati membri ove un servizio pubblico abbia standard più elevati di quanto previsto dal regolamento in oggetto, è normata analogamente a quanto visto in precedenza per il trasporto aereo e navale (artt. 22, 23 e 24).
Se l’impresa ferroviaria è responsabile della perdita totale o parziale o del danneggiamento di attrezzature per la mobilità o altre attrezzature specifiche per le persone con disabilità o a mobilità ridotta, non si applicano limiti finanziari per il risarcimento (art. 25).
Nell’ordinamento italiano, l’art. 16 del DLGS 70/2014 fissa le sanzioni in capo alle imprese ferroviarie e ai gestori delle stazioni per le violazioni degli artt. 19 paragrafo 2, 20, 21 paragrafo 2, 22 paragrafi 1 e 3, 23 paragrafo 2, 24 e 25 e per la mancata comunicazione all’organismo di controllo delle norme adottate in tema di assistenza alle persone di cui al regolamento comunitario.
Il quadro normativo comunitario viene completato con il regolamento 181/2011 sui diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus. Anche questo testo ha L’intendimento di garantire un livello di protezione comparabile a quello offerto con gli altri modi di trasporto (primo considerando), con particolare riferimento, per l’argomento che qui rileva, alla non discriminazione, alle informazioni in formato accessibile anche ai disabili sensoriali, alla formazione e all’aggiornamento periodico del personale viaggiante sulle esigenze delle persone con disabilità o a mobilità ridotta, alla progettazione delle stazioni degli autobus secondo il principio dell’Universal design, al coinvolgimento delle associazioni rappresentative delle persone disabili o a mobilità ridotta nella preparazione del contenuto della formazione al personale e per la preparazione di intese a livello europeo anche per quanto riguarda condizioni di accesso non discriminatorie, ed all’assistenza obbligatoria nei confronti di dette persone (considerandi dal settimo al quattordicesimo e diciassettesimo, art. 1 lettera c) e art. 11 paragrafo 1).
L’intero capo terzo è dedicato ai diritti delle persone con disabilità o a mobilità ridotta. Le disposizioni sono analoghe a quelle degli altri settori, in particolare quanto alle prenotazioni, l’acquisto dei biglietti e l’imbarco a bordo (art. 9), l’obbligo di assistenza e le deroghe (artt. 10 e 14) e le informazioni in formati accessibili (art. 11).
Gli Stati membri designano le stazioni di autobus nelle quali è fornita l’assistenza alle persone con disabilità o mobilità ridotta. La Commissione dovrà rendere disponibile su internet l’elenco delle stazioni designate (art. 12).
In particolare l’assistenza, prestata gratuitamente ex art. 13, secondo l’allegato 1 del regolamento renderà possibile, a seguito di comunicazione e richiesta nei punti designati, lo spostamento al banco d’accettazione, alla sala d’aspetto ed alla zona d’imbarco, la salita a bordo, la sistemazione e recupero del bagaglio, la discesa dal veicolo, la presenza di un cane guida a bordo purché sia riconosciuto, la sistemazione nel posto a sedere.
Anche il dovere di assistenza a bordo degli autobus è oggetto di ampia specificazione: salire e scendere durante le pause di un viaggio se è disponibile a bordo altro personale oltre al conducente, ottenere le informazioni essenziali relative al viaggio in formati accessibili.
Analogamente alle altre fattispecie di cui sopra, è previsto il risarcimento in caso di perdita o di danneggiamento delle attrezzature necessarie alle persone con disabilità o a mobilità ridotta pari al costo della sostituzione o della riparazione di dette attrezzature. Ove possibile, si dovrà fare ogni sforzo per fornire temporaneamente attrezzature sostitutive equivalenti (art. 17).
L’art. 18 prevede che, fatto salvo l’art. 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono esentare i servizi regolari interni dall’applicazione di tutte o di alcune delle disposizioni di cui sopra, purché assicurino che il livello di protezione delle persone con disabilità o a mobilità ridotta ai sensi delle loro norme nazionali sia almeno uguale a quello previsto da questo regolamento. Gli Stati membri notificano alla Commissione la concessione delle deroghe accordate, la Commissione adotta gli opportuni provvedimenti nel caso in cui ritenga la deroga non conforme alle disposizioni appena enunciate e presenta, entro il 2 marzo 2018, al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulle deroghe.
Il regolamento si applica interamente per viaggi non inferiori a 250 chilometri. Per viaggi di lunghezza inferiore saranno applicabili soltanto le disposizioni indicate nell’art. 4 paragrafo 1, mentre altre restrizioni sono previste per i servizi occasionali.
In Italia, il DLGS 169/2014 irroga sanzioni amministrative e pecuniarie le aziende di trasporto che rifiutano la prenotazione, l’emissione del biglietto o l’imbarco per causa della disabilità al di fuori delle fattispecie di deroga o che emettono il biglietto con oneri aggiuntivi e che non fanno viaggiare l’accompagnatore a titolo gratuito (artt. 8 e 9). Sono altresì sanzionate le fattispecie ex art. 11 del regolamento, allorché le aziende di trasporto non concertino con le associazioni di categoria condizioni d’accesso non discriminatorie, o che non offrano le informazioni in formati accessibili, sia quelle generali che quelle particolari sul viaggio e sia quelle su richiesta che quelle disponibili a tutti (art. 10). Anche gli obblighi ex art. 13 e art. 14 paragrafi 3, 4 e 5 del regolamento sono sanzionati dall’art. 11, così come è sanzionata dall’art. 12 la violazione dell’obbligo di formazione del personale.

Normativa nazionale.
L’obbligatorietà del trasporto dei disabili discende, va detto subito, dalla regola di base prevista per tutti gli utenti di tutti i servizi di linea dall’art. 1679 cod. civ. e di conseguenza, per il risarcimento quando dovuto, dall’art. 1781. Va precisato altresì che la carenza di strutture e mezzi di trasporto idonei per i disabili, quando invece sono imposti da normative vigenti, non può costituire causa legittima di esonero dall’obbligo legale a contrarre o ad adempiere la prestazione del trasporto, anche perché l’obbligazione del vettore può essere eseguita, fatti salvi espressi divieti e limitazioni, ricorrendo all’attività di altra impresa (subtrasporto). Ne deriva il diritto alla richiesta di risarcimento.
Va da sé che resta fermo il principio che impone di assicurare altrimenti la mobilità del disabile laddove l’utilizzazione del normale mezzo pubblico non sia possibile (v. per tale obbligo gravante sui comuni,art.26.2 della legge n.104 del 1992).
Analogo diritto potrà essere vantato dal disabile a titolo di inesatto adempimento, quando malgrado tali carenze di strutture, attrezzature o assistenza, il trasporto sia avvenuto, ma con notevoli disagi o ulteriori spese a carico dell’interessato.
Detto questo e scendendo nel merito, la già citata legge n. 104 /1992, nella consapevolezza della forte correlazione tra determinate caratteristiche ambientali ed il permanere dello svantaggio, insisteva, in sede di definizione di “persona handicappata“(ai fini del riconoscimento dei diritti, dell’assistenza e dell’integrazione sociale, non tanto sulla sussistenza della minorazione fisica, psichica o sensoriale, quanto sulle conseguenze. Si indicavano le situazioni da rimuovere, costituite da difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa quali cause di un “processo di svantaggio sociale o di emarginazione”, cioè l’handicap nel significato più proprio del termine (art. 3 comma 1).
L’intreccio di competenze tra Stato e Regioni sulla materia è reso complesso dalla formulazione dell’art. 117 della Costituzione, che tuttavia rafforza, nella sua nuova formulazione, sensibilmente le competenze regionali. La norma attribuisce al potere concorrenziale di normazione di Stato e regioni, tra l’altro, le regole su porti e aeroporti civili, su cui le regioni possono legiferare, salvo che per la determinazione dei principî fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Soprattutto per il ristretto campo di applicazione del regime comunitario in materia di trasporti con autobus, è particolarmente notevole la disciplina integratrice dettata a livello nazionale e regionale, con particolare riferimento a ciò che costituisce il trasporto pubblico locale. In particolare, per le funzioni amministrative ci si muove dal principio generale che esse spettano ai Comuni e che l’attribuzione ad altri enti territoriali di una serie di competenze debba trovare giustificazione, per determinate materie, solo dall’esigenza di un esercizio unitario delle competenze stesse. Indipendentemente da puntuali obblighi normativi, gli enti locali hanno dunque ampie possibilità d’intervento, fatte salve le disponibilità finanziarie, tanto più che l’art. 118 Cost. fa salvo il principio di sussidiarietà, dettato e chiarito anche dall’art. 4 comma 3 lettera a) legge delega 59/1997.
In questo ambito, costituiscono servizi pubblici di trasporto di interesse nazionale i servizi di trasporto aereo, marittimo, automobilistico a carattere internazionale, ferroviario internazionali e quelli nazionali di percorrenza medio-lunga caratterizzati da elevati standards qualitativi, i servizi di collegamento via mare fra terminali ferroviari e i servizi di trasporto di merci pericolose, nocive ed inquinanti (DLGS 422/1997 art. 3).
Nella materia del trasporto regionale e locale, sono di competenza dello Stato esclusivamente gli accordi, le convenzioni ed i trattati internazionali relativi a servizi transfrontalieri per il trasporto di persone e merci e le funzioni in materia di sicurezza, di cui al D.P.R. 753/1980, oltre che l’adozione delle linee guida e dei principi quadro per la riduzione dell’inquinamento derivante dal sistema di trasporto pubblico (art. 4). Al di fuori di questi, tutti i compiti e tutte le funzioni relativi al servizio pubblico di trasporto di interesse regionale e locale, in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrale o periferica, anche tramite enti o altri soggetti pubblici, sono demandati ex art. 5 agli enti locali per delega ai sensi degli artt. 6 e segg.
Va da sé che la legge 104/1992 rientra in questo quadro laddove questa, facendo riferimento ai doveri di Regioni e Comuni, fissa l’obbligo di assicurare alle persone handicappate la possibilità di muoversi liberamente sul territorio usufruendo, alle stesse condizioni degli altri cittadini, dei servizi del trasporto collettivo o di servizi alternativi mediante la previsione di piani regionali di mobilità per i disabili e fonti di finanziamento per l’abbattimento delle barriere architettoniche (art. 26).
Si può ravvisare un’analogia di definizione, come vedremo più sotto nel paragrafo della normativa regionale, tra barriera architettonica e barriera percettiva o localizzativa, considerando come barriera in questo senso anche l’assenza di adeguate guide tattili utilizzabili da chi si muove con il bastone bianco per raggiungere gli attraversamenti pedonali, o i punti di imbarco e i servizi all’interno di una stazione, come bar, biglietteria, sportelli bancari o postali, toilettes, ecc..
La norma successiva della legge quadro si occupa invece dei veicoli privati statuendo, al primo comma, che le unità sanitarie locali contribuiscono alla spesa per la modifica degli strumenti di guida, quale strumento protesico extra-tariffario, nella misura del 20 per cento, a carico del bilancio dello Stato, a favore dei titolari di patente di guida delle categorie A, B, o C speciali, con incapacità motorie permanenti.
L’art. 28 vincola i Comuni ad assicurare appositi spazi riservati ai veicoli delle persone handicappate, sia nei parcheggi gestiti direttamente o dati in concessione, sia in quelli realizzati e gestiti da privati. È obbligatoria l’esposizione del contrassegno di cui all’art. 6 del regolamento approvato con D.P.R. 384/78, valido per l’utilizzazione dei suddetti parcheggi.
Ancora prima, la legge quadro 21/1992 normava il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea e all’art. 14 statuisce che i servizi di taxi e di noleggio con conducente devono essere accessibili a tutti i soggetti portatori di handicap e dà mandato ai comuni, mediante regolamenti, di dettare norme per stabilire specifiche condizioni di servizio per il trasporto di detti soggetti, nonché il numero e il tipo di veicoli già esistenti da attrezzare anche al trasporto di soggetti portatori di handicap di particolare gravità.
Un’altra legge quadro, la 328/2000, in un ambito più generale, interessa la materia con particolare riferimento alla “prevenzione, eliminazione o riduzione delle condizioni di disabilità” ed in relazione, tra l’altro, alle competenze regionali sulla materia dei trasporti. Su questa base giuridica, spetta alle singole Regioni la programmazione il coordinamento e l’indirizzo degli interventi sociali in attuazione delle politiche integrate di settore (art. 8, in particolare comma 3 lettera b).
Nell’ambito dell’intreccio di competenze tra leggi quadro e leggi regionali, è particolarmente significativa la sentenza della Corte costituzionale del 30 aprile 2009 n. 124 la quale, pur riguardando il trasporto ferroviario, riafferma un principio di più generale portata nella materia che ci occupa.
La Corte aveva già affermato che tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti e a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario», rientrano nel più generale ambito dei servizi sociali attribuito alla competenza legislativa residuale delle Regioni (sentenza n. 287 del 2004).
Ciò non esclude tuttavia che alla disciplina del Fondo in esame concorra l’esercizio della competenza dello Stato in materia di trasporti pubblici non locali, appagando le esigenze unitarie inerenti alla specifica destinazione del Fondo stesso, le quali vanno soddisfatte senza trascurare quelle locali, in materia di assistenza, in ottemperanza al principio di leale cooperazione.
Nel caso di specie l’intervento statale in esame non contempla alcuna partecipazione delle Regioni; quindi la Corte ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l’art. 2. comma 474 della legge n. 244 del 2007, legge finanziaria 2008, nella parte in cui non prevede che il “decreto ministeriale di concerto” per la disciplina delle modalità di funzionamento del fondo per la mobilità dei disabili sia adottato previa intesa con la Conferenza permanente Stato-Regioni.
Scendendo nel dettaglio delle norme tecniche di progettazione e di costruzione, ferma restando l’applicabilità anche a questo scopo dell’art. 82 del Testo Unico in tema di edilizia, D.P.R. 380/2001 e del DM 236/89 riguardante l’edilizia privata, rileva il D.P.R. 503/96, recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici, laddove si impone il simbolo di “accessibilità” secondo il modello di cui all’allegato A da apporre su tutti gli edifici, strutture e, per quello che qui concerne, i mezzi di trasporto progettati o costruiti secondo le norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche, fatta salva la specifica simbologia dell’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile ove prescritta (art. 2 commi 1 e 2).
Da segnalare anche quanto prescritto dagli artt. 11 e 12, a precisazione e in combinato disposto con quanto previsto dall’art. 28 della legge 104/1992, ma soprattutto sono di interesse le disposizioni degli artt. Da 24 a 29 sull’accessibilità dei mezzi di trasporto.
L’art. 24 prevede sui mezzi di trasporto tranviario, filoviario e metropolitano almeno tre posti a sedere in prossimità della porta di uscita per persone con difficoltà motorie, che possono accedere da tale porta. Almeno un’autovettura del convoglio deve avere una piattaforma di spazio sufficientemente ampio per permettere lo stazionamento di sedia a ruote, senza intralciare il passaggio, con opportuni ancoraggi che blocchino la sedia. Nelle stazioni metropolitane l’accesso e lo stazionamento su sedia a ruote dev’essere reso possibile anche con l’installazione di idonei ascensori e rampe a seconda dei dislivelli. Il Ministero dei trasporti ha disposto con Decreto del 18 luglio 1991 le norme per i veicoli adibiti al trasporto in comune di persone su strada ad uso pubblico.
Analogamente, l’art. 25prevede che le principali stazioni ferroviarie siano dotate di passerelle, rampe mobili o altri idonei mezzi di elevazione al fine di facilitare l’accesso alle stesse ed ai treni alle persone con difficoltà di deambulazione. In relazione alle specifiche esigenze tecniche degli impianti ferroviari è consentito il superamento, mediante rampe inclinate, anche di dislivelli superiori a m 3,20. In assenza di tali impianti, il disabile su sedia a ruote può utilizzare i passaggi di servizio a raso purché accompagnato da personale di stazione appositamente autorizzato. Il sistema di chiamata per l’espletamento del servizio di assistenza deve essere realizzato nelle principali stazioni presenziate dal personale ferroviario, mediante l’attivazione di appositi centri di assistenza opportunamente pubblicizzati. Un adeguato numero di carrozze per i treni circolanti su linee principali, o comunque appositi spazi, devono essere attrezzati per l’accesso degli utenti su sedia a ruote. La sedia a ruote va trasportata gratuitamente e l’ente che gestisce il servizio è tenuto ad evidenziare i treni ed i servizi offerti alla clientela portatrice di handicap, sia nelle stazioni che nel proprio orario ufficiale. Quanto qui previsto non è vincolante per gli edifici e per gli impianti delle stazioni e delle fermate sprovviste di personale ferroviario sia in via temporanea che in via permanente.
I servizi per i viaggiatori nelle stazioni devono essere accessibili (art. 29). Questa disposizione, non chiarendo se per stazioni intende quelle ferroviarie o anche le stazioni aeroportuali, degli autobus e gli imbarchi navali, va senz’altro interpretata in quest’ultima accezione.
Quanto alle navi nazionali per navigazione marittima, l’art. 26 statuisce che le aperture dei portelloni di accesso a bordo impiegabili per persone con impedita capacità motoria o sensoriale, trasportate con autovettura o sedia a ruote, devono avere dimensioni adeguate all’agevole passaggio dell’autovettura o sedia a ruote e non presentare soglie o scalini. Per il passaggio della sedia a ruote è richiesta una larghezza non inferiore a m 1,50. Le rampe o passerelle di accesso da terra a bordo devono avere pendenza non superiore all’8%, salvo che non siano adottati speciali accorgimenti per garantirne la sicura agibilità per l’incolumità delle persone.
La zona di ponte ove si accede a bordo deve permettere il passaggio fino all’area degli alloggi destinati alle persone con impedita capacità motoria o sensoriale con percorso sullo stesso ponte, ovvero fino all’ascensore od alla rampa, nel caso che gli alloggi siano su altro ponte. In tal caso la zona antistante l’ascensore o la rampa deve avere dimensioni tali da permettere lo sbarco della persona con impedita capacità motoria o sensoriale dall’autovettura, e il trasferimento su sedia a ruote, nonché la manovra di essa. Questo percorso raccordato da rampe deve essere privo di ostacoli, con eventuali dislivelli non superiori di norma al 5% e di larghezza, nel caso di impiego di sedie a ruote, non inferiore ad 1,50 m. La zona di ponte corrispondente deve essere rivestita con materiale antisdrucciolevole. Eventuali soglie e simili devono avere altezza non superiore a cm 2,5.
Gli ascensori accessibili alle persone su sedie a ruote devono avere le caratteristiche rispondenti alle norme dell’art. 15. Le rampe sostitutive degli ascensori, non essendo ammesse scale se non di emergenza, devono avere le caratteristiche rispondenti alle norme dell’art. 7 del regolamento in questione. Ascensori e rampe devono sfociare al chiuso entro 1’area degli alloggi, preferibilmente ubicata su un solo ponte, che deve essere tale da consentire, in caso di emergenza, un agevole accesso ai mezzi di sfuggita e di salvataggio e deve avere corridoi, passaggi e relative porte di larghezza non inferiori a m 1,50 e privi di ostacoli, porte, comprese quelle di locali igienici, di larghezza non inferiore a m 0,90 e provviste di agevoli dispositivi di manovra, pavimenti antisdrucciolevoli nelle zone di passaggio, apparecchi di segnalazione per chiamata del personale di servizio addetto alle persone con ridotta o impedita capacita motoria o sensoriale, locali igienici riservati alle stesse persone, rispondenti alle norme dell’art. 15.
Quanto ai servizi di navigazione interna (art. 27) le passerelle e gli accessi alle navi devono essere larghi almeno metri uno, essere idonei al passaggio delle sedie a ruote ed avere pendenza modesta, e comunque non superiore all’8 per cento, salvo che non siano adottati speciali accorgimenti per garantirne la sicura agibilità per l’incolumità delle persone. Sulle navi nelle immediate vicinanze dell’accesso deve essere ricavata una superficie di pavimento opportunamente attrezzata per dislocarvi sedie a ruote salvo gravi difficoltà tecniche.
Tutte queste disposizioni non si applicano alle unità veloci o a sostentamento dinamico quali aliscafi, catamarani, SES, le cui dimensioni siano tali da non rendere ragionevole e praticabile l’applicazione delle disposizioni di cui sopra.
L’art. 28 stabilisce che le aerostazioni devono essere dotate di appositi sistemi per consentire un percorso continuo e senza ostacoli dall’aerostazione all’interno dell’aereo o viceversa. Qualora non siano presenti pontili di imbarco, l’accesso all’aeromobile è assicurato da elevatore a cabina chiusa. Le strutture esterne connesse agli edifici debbono avere le caratteristiche di cui agli articoli 4, 10 e 11; le strutture interne degli edifici aperti al movimento dei passeggeri debbono avere le caratteristiche di cui agli articoli 7, 15 e 17. All’interno del l’aeromobile deve essere prevista la dotazione di sedie a ruote per garantire, per quanto possibile, un’autonoma circolazione del passeggero disabile.
A conclusione di questa disamina il più possibile esaustiva possiamo affermare, per una volta, che tutto sommato l’impianto normativo in tema di trasporto di persone disabili è soddisfacente e tale da non dare adito, ragionevolmente, a difficoltà interpretative, perché molto chiaro nelle formulazioni.
Dal lato pratico molto resta sicuramente ancora da fare, soprattutto perché c’è ancora la necessità di creare una cultura della disabilità, o per meglio dire, della mobilità ridotta, come abbiamo già avuto modo di notare in premessa.
Il concetto di progettazione universale si sta affermando, non solo da un punto di vista legislativo, ma anche, e in qualche caso addirittura prima, da un punto di vista di concezione del prodotto, sia esso un mezzo di trasporto, un accesso ai punti di imbarco, o un qualsiasi altro prodotto della vita comune. Auspichiamo che questo significhi un avvicinamento della società civile e degli operatori alla comprensione che una vita accessibile a tutti è una vita più agevole e migliore per tutti, non solo per chi ha necessità particolari.

Fonti normative regionali.
Sul tema alcune regioni hanno legiferato molto dettagliatamente, altre hanno rimandato, più o meno esplicitamente, alle norme statali di riferimento (D.P.R. 503/1996, legge delega 59/1997 e conseguente DLGS 422/1997, legge 328/2000, nonché le leggi quadro 104/1992 e 21/1992) in ottemperanza al principio di sussidiarietà e alla competenza concorrente.
In questo ambito, è lodevole la legge 38/1998 sull’eliminazione delle barriere architettoniche della regione Calabria, che all’art. 2 definisce le barriere architettoniche e localizzative “…ogni ostacolo che limita o nega l’uso autonomo a tutti i cittadini di spazi, edifici, servizi, strutture e, in particolare, impedisce la mobilità dei soggetti con difficoltà motoria, sensoriale e/o psichica, di natura permanente o temporanea, dipendente da qualsiasi causa”. interessante qui la locuzione in un disposto legislativo di barriera localizzativa, che assimila semanticamente la barriera fisica alla barriera sensoriale intesa come incapacità di localizzare un oggetto fermo o in movimento per assenza di rumore o di segnaletica visiva adeguata o per inquinamento acustico o luminoso. Anche se, per lo stesso dettato legislativo, questa definizione è solo ai fini di questa legge, può valere in via estensiva come definizione globale. Notevole è il dettato dell’art. 3 laddove si statuisce che La realizzazione e le modifiche delle strutture e delle costruzioni e gli interventi in materia di trasporto pubblico di persone devono perseguire la compatibilità dell’ambiente costruito con la variabilità e la mutabilità nel tempo delle esigenze dei cittadini. Di conseguenza, l’ambito di applicazione della norma ex art. 4 è veramente onnicomprensivo e la regione si fa carico (art. 6 comma 8 lettera d) di organizzare corsi di formazione e di aggiornamento, in collaborazione con le università e con le associazioni rappresentative dei disabili, per tutto il personale che deve applicare questa legge. Si introduce qui un combinato tra i concetti di disabilità/mobilità ridotta e di mutabilità delle esigenze, che fa quindi pensare ad un avvicinamento a quanto auspicato in premessa, cioè un’assimilazione tra mobilità ridotta ed esistenza anche solo incidentale dell’impedimento.
Analoga formulazione si trova all’art. 4 della legge regionale della Sardegna 32/1991. Si veda anche l’art. 20 comma 1 lettera f) della legge 21/2005 della Sardegna per quanto riguarda il trasporto delle persone a mobilità ridotta inserito tra i servizi minimi garantiti, il comma 2 lettera d) per gli standard di qualità, e l’art. 26 per le tariffe agevolate. Infine segnaliamo l’art. 6 comma 2 legge regionale della Sardegna 17/2015 per la destinazione dei proventi delle sanzioni trattenute dalle aziende di trasporto, tra l’altro, al potenziamento delle misure per i diversamente abili.
In ottemperanza alle norme della legge 56/2014 recante disposizioni in materia di città metropolitane, province, unioni e fusioni di comuni si veda, per l’Abruzzo, l’art. 13 legge 32/2015 quanto al trasferimento dalla regione in bilancio agli enti locali per il trasporto degli studenti disabili di ogni ordine e grado.
La legge regionale 1/2000 del Piemonte, all’art. 2 comma 2 vincola all’adeguamento progressivo di Tutte le reti ed i servizi alle esigenze degli utenti con ridotta capacità motoria ed alla loro effettuazione con materiale rotabile idoneo e all’art. 13 istituisce l’osservatorio regionale per la mobilità, Al fine di verificare l’efficacia delle politiche di trasporto pubblico messe in atto.
La legge regionale della Campania 3/2002 e successive modificazioni all’art. 16 statuisce che la Giunta Regionale approva le linee direttive del trasporto pubblico (comma 1) che orientano la programmazione dei servizi di mobilità in modo, tra l’altro, da eliminare le barriere e sviluppare la mobilità dei soggetti disabili (comma 3 lettera m) e istituisce all’art. 21 l’agenzia campana per la mobilità sostenibile che verifica, tra l’altro, il rispetto dell’uguaglianza di trattamento degli utenti (art. 22 comma 1 lettera e). I contratti di servizio, previsti dall’art. 19 del DLGS 422/97, regolano l’esercizio di tutti i servizi di trasporto pubblico regionale e locale (art. 30 comma 1), tra l’altro (comma 8 lettera p) l’affidatario è obbligato ad utilizzare personale qualificato e mezzi idonei a garantire la sicurezza del servizio e a prevedere un piano di progressivo adeguamento dei mezzi di trasporto alla normativa di accessibilità di cui al D.P.R. n.503/96;
Per la regione Veneto si veda l’art. 12 legge regionale 41/1993, per i trasporti speciali delegati a comuni e province il comma 5 dell’art. 1 legge 46/1994 e per le agevolazioni tariffarie l’art. 30 commi 3, 5, 6, 7, 9 e 10 legge 54/1985 e successive modificazioni.
Per la regione Toscana, si veda l’art. 1 comma 1 lettera c) e l’art. 4 comma 1 lettera b) legge regionale 42/1998. Per la pianificazione provinciale dei trasporti si veda l’art. 7 comma 1 lettera b), per la pianificazione comunale l’art. 9 comma 1 lettera b) e per le tariffe agevolate la legge regionale 100/1998.
Per la regione Liguria si veda l’art. 3 comma 2 legge regionale 33/2013 e l’art. 6 comma 3 lettera i) della stessa legge, laddove stabilisce che la regione opera di concerto con la Consulta regionale per la tutela dei diritti della persona handicappata di cui alla legge regionale 19/1994. L’art. 10 istituisce il comitato per la concertazione delle attività sul trasporto pubblico, di cui fa parte, tra l’altro, un referente nominato dalla Consulta regionale per la tutela dei diritti della persona handicappata (comma 2). L’agenzia regionale di cui all’art. 11 si coordina con la consulta regionale per le persone con disabilità (comma 9).
La legge 6/2012 della regione Lombardia all’art. 4 comma 2 lettera j) tra i compiti delle province segnala che il posizionamento delle paline delle fermate dev’essere accessibili anche ai portatori di handicap. formulazione analoga per i compiti del comune ex art. 6 comma 2 lettera i). i programmi dei bacini territoriali ex art. 7 comprendono tra l’altro i piani previsti dall’art. 26 comma 3 legge 104/1992 (art. 13 comma 1) e si veda anche il comma 3 lettera f). ex art. 19 comma 3 lettera e) la regione determina con le modalità di cui alla norma citata, anche il numero di mezzi accessibili alle persone con disabilità e ex art. 21 comma 5, gli accordi tra regione ed agenzie per il trasporto pubblico prevedono accorgimenti tecnici per le persone a mobilità ridotta nelle fermate dei comuni che non abbiano autostazioni e nelle stazioni alle quali non si possono applicare le norme tecniche dell’allegato della legge regionale 6/1989 punto 2.1.2. l’art. 27 comma 3 lettera b) vincola gli esercenti il trasporto privato, mediante contributi pubblici, ad utilizzare veicoli accessibili ai portatori di disabilità.
Per la regione Marche si veda l’art. 2 comma 2 lettera g) legge regionale 6/2013. L’art. 5 comma 3 lettera f) legge regionale 45/1998, nell’elenco delle tipologie di mezzi per il trasporto pubblico, inserisce mezzi speciali per le persone portatrici di disabilità o a ridotta capacità motoria. Le province approvano i piani di bacino ex art. 14 (si veda in particolare per le loro competenze il comma 2 lettera f), tra l’altro, quanto alla mobilità dei disabili (art. 8 comma 2 lettera a). I comuni, anche in forma associata come comunità montane, approvano i piani per la mobilità ex art. 5 legge 104/1992 (art. 9 comma 2 lettera a e comma 4). I piani urbani del traffico devono eliminare le barriere architettoniche (art. 16 comma 3 lettera b)
In Umbria, si veda in generale l’art. 2 comma 2 lett. A) e b) legge regionale 37/1998. In particolare alla lettera f) si vincola la regione ad accantonare annualmente risorse finanziarie a favore dei comuni per l’applicazione di tariffe speciali per le persone con disabilità (si veda anche art. 3 comma 1 lettera h). la regione inoltre, col piano regionale dei trasporti ex art. 11, individua gli interventi per le persone a mobilità ridotta (art. 11 comma 2 lettera f). il piano di bacino ex art. 12, al comma 4 lettera h) individua interventi specifici ai sensi dell’art. 26 della legge 104/1992 (analogo per i piani urbani dei comuni, art. 13 comma 3 lettera d e vedasi anche art. 19 comma 2 lettera c). priorità negli investimenti è individuata dalla giunta regionale per le persone a ridotta capacità motoria (art. 16 comma 2 lettera c) i servizi minimi ex art. 21 sono individuati anche secondo le esigenze delle persone a ridotta capacità motoria e sensoriale (art. 21 comma 1 lettera c).
Nel Lazio la norma di riferimento è la legge regionale 30/1998 che all’art. 4 comma 4 tra i servizi su strada speciali pone quelli per il trasporto di persone portatrici di handicap. Si veda poi l’art. 6 comma 1 lettera l) n. 6), art. 7 lettera h e art. 10 comma 1 lettera a), nonché, per la definizione di servizi minimi, l’art. 17 comma 1 lettera e). per le agevolazioni tariffarie si veda l’art. 31 (il primo comma lettera a) è specifico per i disabili visivi), l’art. 32, l’art. 33 per l’onere della regione a corrispondere all’azienda di trasporto il corrispondente per il minore introito, e l’art. 34 per agevolazioni tariffarie a carico degli enti locali.
Analogamente ad altre regioni, il Testo Unico della Puglia 18/2002 all’art. 7 comma 2 lettera i) attribuisce al piano regionale dei trasporti ex comma precedente il compito di definire i criteri per l’eliminazione delle barriere e lo sviluppo della mobilità dei soggetti disabili (vedi anche, per i piani provinciali di bacino, l’art. 11 comma 1 lettera d) e per i piani urbani del traffico l’art. 12 comma 5). Quanto al rilascio di titoli di viaggio gratuiti vedi art. 30 specialmente comma 3 (alla lettera a) compaiono i minorati della vista e i loro accompagnatori).
Per la Basilicata si veda l’art. 7 comma 1 lettera a) della legge regionale 22/1998 e successive modifiche quanto alle competenze dei comuni sul trasporto delle persone a ridotta mobilità, e in tema si veda per il piano regionale dei trasporti l’art. 8 comma 2 lettera c). per i servizi minimi si veda in particolare l’art. 11 comma 2 lettera e). Gli artt. 24 e 25 normano la libera circolazione sulla rete di trasporto pubblico alle varie categorie di disabili e relativi accompagnatori, tra cui i minorati della vista (art. 24 lettera a).
In Emilia Romagna, si veda l’art. 29 comma 3 lettera d) e art. 30 comma 1 lettera g) della legge regionale 30/1998 per gli interventi regionali in favore del trasporto dei disabili.
In virtù dei maggiori poteri conferiti dal DLGS 111/2004 alla regione Friuli Venezia Giulia, interviene il decreto del presidente della Regione n.80/2013 il cui art. 4 comma 1 lettera a) prevede il miglioramento del servizio tramite l’abbattimento delle barriere architettoniche. Allo scopo interviene il piano regionale per il trasporto pubblico locale di cui all’art. 13 che provvede ai sensi del comma 1 lettera h). ex art. 34 comma 3 possono beneficiare di tariffe speciali, tra l’altro, i minorati della vista e i loro accompagnatori (lettera b).
Sempre quanto alle tariffe agevolate, in Valle d’Aosta la legge regionale 29/1997 stabilisce che tra i servizi integrativi non di linea ci sono i servizi per disabili (art. 55 comma 1 lettera a) tra cui per i minorati della vista (art. 56 comma 1 lettere d) ed e), gratuiti ex art. 24 commi 2 e 4 (per i privi della vista comma 4 lettera b) purché residenti in regione con onere a carico della Regione per i trasporti in valle e con una compartecipazione della regione per i trasporti fuori valle. Si veda in generale tutto l’art. 56, mentre in Molise la legge regionale 19/1998 norma le agevolazioni tariffarie per i disabili elencati all’art. 2 comma 1, compresi i minorati della vista.
Nella provincia autonoma di Bolzano è gratuito l’utilizzo del sistema integrato di trasporto per varie categorie di disabili e non solo, (art. 16 delibera provinciale 760/2016) tra cui i minorati della vista residenti in provincia che esibiscano la relativa tessera (comma 3) e vengono riconosciute le agevolazioni previste da leggi statali (art. 17, in particolare lettera a) per l’accompagnatore dei privi della vista, concessione speciale III). Quanto al trasporto di sedie a rotelle e di bambini in carrozzina si veda l’art. 21. Il comma 3 stabilisce che qualora lo spazio per carrozzine a bordo dell’autobus sia già occupato, per motivi di sicurezza non è ammissibile far salire un altro passeggero nelle medesime condizioni, perché deve essere garantita la salita e la discesa di tutti i passeggeri senza impedimenti o interferenza di sorta.
Per la provincia autonoma di Trento si veda la legge provinciale 16/1993, art. 1 comma 2 e l’art. 12 per la delega a deliberare alla giunta provinciale sulle condizioni di trasporto per disabili.
La Legge della Regione Sicilia 68/1981 all’art. 6 prevede che i Comuni, singoli o associati, sono tenuti all’istituzione (lettera c) dei servizi di trasporto gratuiti a favore dei disabili per la frequenza delle scuole di ogni ordine e grado, compresa la scuola preparatoria, e dei centri educativo-riabilitativo a carattere ambulatoriale e diurno (si veda anche il Decreto Assessoriale N° 867/S7/2003). Sull’istituzione nel 2013 dei liberi consorzi comunali, eredi delle province che erano l’ente competente per il trasporto dei disabili, si veda www.anffas.net/download.asp/file=marcellino.pdf. A tutt’oggi c’è ancora un vuoto normativo sulle competenze effettive di tali consorzi.

Sitografia.
Oltre al sito appena citato, per un’analisi giuridica sul tema generale del trasporto dei disabili aggiornata alla fine del 2011, quindi che non contempla le ultime disposizioni normative sulle sanzioni in ottemperanza ai regolamenti europei sul trasporto ferroviario (DLGS 70/2014) e per autobus (DLGS 169/2014), si veda www.giureta.unipa.it-phpfusion-images-articles-5Camarda_28052011_dirtrasp.pdf, con riferimenti giurisprudenziali della Corte di Giustizia Europea e di alcuni tribunali italiani ed internazionali. Per un elenco di fonti legislative e regolamentari si veda www.handylex.org/cgi-bin/hl3/cat.pl?v=b&d=7700&c=7001.
Sul trasporto aereo in Italia si veda il sito dell’ENAC, www.enac.gov.it.

Beni Culturali – 28 Gennaio: Giornata della Memoria 2017 al Museo Omero

GIORNATA DELLA MEMORIA 2017
“MEMORIA, TESTIMONIANZA E VITA”
28 Gennaio 2017, ore 21
Museo Tattile Sfatale Omero

In occasione della celebrazione della Giornata della Memoria 2017, la Comunità Ebraica di Ancona organizza, con la collaborazione del Museo Tattile Statale Omero di Ancona, l’incontro “Memoria, testimonianza e vita”, con gli interventi di Rita Baldoni e Clara Ferranti. L’iniziativa vuole essere un’occasione di riflessione sulla necessità di salvare e valorizzare la Memoria della Shoah, mettendo in campo le energie e la volontà di proteggere la verità della storia contro la sua mistificazione e adulterazione che il revisionismo storico continua ancora oggi a perpetrare.

A questo proposito verrà proiettato un video, frutto di un lavoro di ricerca degli studenti del Liceo Linguistico “ Leonardo da Vinci” di Civitanova Marche, coordinati dalla prof.ssa Rita Baldoni, che punta l’attenzione sul primo documento negazionista della Storia, un filmato di propaganda girato dai nazisti nel 1944 nel campo di concentramento di Theresienstadt, dal titolo “Il führer dona una città agli ebrei”. Il filmato viene ancora continuamente chiamato in causa dai negazionisti a dimostrazione delle loro tesi.
Nel tentativo di ridefinire la verità, il video realizzato dal liceo, propone una rilettura di quelle sequenze, basate soprattutto sulla testimonianza di coloro che allora a Theresienstadt erano bambini, perché solo i testimoni hanno l’autorità e possiedono la forza di contrastare chi intende negarla.

Rita Baldoni è docente di letteratura tedesca presso il Liceo Linguistico Leonardo da Vinci di Civitanova Marche, si dedica da vari anni alla ricerca, scoperta e valorizzazione delle voci femminili inedite della Shoah e alla didattica della Shoah; ha partecipato a prestigiosi progetti e iniziative, conseguendo premi e riconoscimenti.

Clara Ferranti è ricercatrice di Glottologia e Linguistica presso l’Università di Macerata, dove insegna Linguistica generale. Dirige, insieme a Paolo Coen, la Collana “Il tempo, la storia e la memoria”, edita dalle Edizioni Università di Macerata. E’ responsabile scientifico e organizzativo, dal 2013, dei corsi e seminari istituiti presso l’Università di Macerata per la formazione e l’aggiornamento di insegnanti di scuole primarie e secondarie sulla didattica e sui molteplici aspetti della Shoah, promossi dalla “Rete Universitaria per il Giorno della Memoria” e dal “Centro interuniversitario 27 gennaio”, nonché organizzatrice di varie iniziative legate alle celebrazioni per la Giornata della Memoria.

Manifesto Giornata della Memoria al Museo Omero

Manifesto Giornata della Memoria al Museo Omero

La politica inclusiva dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti onlus: l’approccio maggiormente comprensivo allo schema di decreto sull’inclusione, di Marco Condidorio

Autore: Marco Condidorio

L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ha tra le mani, finalmente, lo schema di decreto recante le norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli alunni e degli studenti con disabilità.
Sarà la commissione nazionale per l’istruzione e la formazione della stessa UICI a esaminarne nei prossimi giorni i ventun articoli che compongono il decreto delega. questo perché il ruolo politico atto a delineare le linee sull’istruzione e la formazione, dunque anche quelle specificatamente afferenti l’inclusione scolastica degli alunni minorati visivi, ciechi assoluti o ipovedenti gravi, è compito della stessa UICI attraverso la commissione, nominata dalla Direzione Nazionale e coordinata dal sottoscritto e magistralmente operativa nonostante le innumerevoli lacune dello stesso Ministero per l’istruzione l’Università e della ricerca.
Trovo corretto ricordare qui i Componenti della Commissione Nazionale Istruzione e Formazione UICI:
La Preside Silvana PISCOPO;
Ex Dirigente dell’Amministrazione Provinciale di Brescia, che da sempre si è occupato di istruzione, Francesco BUSETTI; Il Prof. GIUSEPPE LAPIETRA; La Docente di storia e filosofia Daniela FLORIDUZ, nonché referente della Commissione medesima e coordinatrice della sotto-commissione per la tutela degli insegnanti non vedenti; Su proposta del sottoscritto la Direzione Nazionale ha accolto la richiesta di nominare quali esperti di didattica e pedagogia il Prof. Giancarlo ABBA (Consulente tiflologo per l’Istituto dei Ciechi di Milano) e il Prof. Enzo BIZZI (Psicopedagogista esperto in tiflologia) Ad affiancare la commissione nazionale nella lettura dello schema di decreto in questa lettura dello schema ci saranno:
Luciano PASCHETTA (docente e referente nazionale del Gruppo-scuola della FAND) Marinica MECCA (Esperta d’istruzione e collaboratrice amministrava del gruppo di lavoro).
L’UICI può contare poi sul NIS: Network per l’inclusione scolastica, organo tecnico che si costituisce per volontà della Presidenza Nazionale della stessa Unione Italiana dei ciechi e degli Ipovedenti nell’aprile del 2016 e appoggiato dal Coordinamento degli enti: Biblioteca per ciechi Regina Margherita; la Federazione nazionale delle istituzioni pro-ciechi; l’I.Ri.Fo.R. e la stessa UICI che, del NIS ne fa parte assieme agli enti citati.
L’argomento scuola, nello specifico dell’inclusione scolastica interessa e coinvolge molti dei protagonisti associativi a vari livelli, dalle commissioni provinciali delle sezioni UICI che si occupano di istruzione e formazione a quelle regionali, con i responsabili a cui sono affidate le competenze e la vicinanza circa le attività e iniziative che il territorio realizza o che intende realizzare in favore degli alunni disabili visivi della regione.
Per questo il ruolo/compito di ogni dirigente dell’UICI, in particolare di chi si occupa d’istruzione e formazione rappresenta uno degli anelli della catena associativa; dall’altro canto il loro ruolo è strategico nel senso che, alle regioni ad oggi, è affidata la pianificazione e l’assegnazione delle risorse per la stessa inclusione scolastica (vedasi Leggi di Stabilità 2016 “28 dicembre 2015, n. 208 -2017 “11 dicembre 2016, n. 232”): le risorse destinate per l’assistenza scolastica; per quella post-scolastica e domiciliare; la assegnazione dei materiali e degli strumenti, nonché delle tecnologie ad uso degli studenti non vedenti; il trasporto casa-scuola/scuola-casa rientrano necessariamente in una programmazione economica delicata che richiede un’attenta attività politica ed associativa da attuarsi alla luce di conoscenze specifiche e competenze strategiche cui deve seguire un’altrettanta capacità dialettica attraverso cui progettare e strutturare interventi che siano condivisi dalle diverse istituzioni, in primis la scuola, la regione, i comuni e quegli enti che in base alla normativa vigente, dovranno o potranno occuparsi dell’assistenza scolastica e post per gli alunni con disabilità.
Inoltre l’informazione e la formazione circa le procedure di iscrizione a scuola del proprio figlio minorato visivo, piuttosto che le procedure per l’accertamento e la certificazione della disabilità sensoriale; la richiesta di strumenti e materiali ad uso dell’alunno; il reperimento delle normativa a tutela del proprio figlio riguardante la garanzia del pieno diritto allo studio, spetta all’UICI, alle istituzioni compresa la scuola. La famiglia avverte troppo spesso quell’isolamento sociale che altro non è se non la mancanza di cultura e di impegno politico da parte dell’intera società; l’UICI ha l’onore e l’onere di accompagnare i genitori verso il successo scolastico e sociale, nonché lavorativo e professionale del proprio figlio, incidendo positivamente sulla politica del Parlamento, del Governa, della Conferenza Stato-Regioni, delle singole istituzioni regionali, provinciali e comunali, in materia d’istruzione, formazione, educazione e autonomia.
Nelle ultime settimane la carta stampata, quella digitale, radiofonica e televisiva hanno inondato le nostre case di troppe riflessioni/teorie più o meno comprensibili, talvolta astruse attorno all’argomento scuola e inclusione scolastica. La verità è che, se di verità si può parlare, volevamo l’inclusione scolastica, di fatto abbiamo trovato l’impreparazione e l’emarginazione non solo della scuola cui tutti affidano responsabilità strutturali organizzative, didattiche, educative nonché professionali; non può essere solo la scuola a farsi carico del processo inclusivo: esso appartiene “in termini di responsabilità sociale e di cittadinanza” alle associazioni storiche, come l’UICI, le Federazioni nazionali FAND e FISH; la classe politica, il territorio con tutte le sue caratteristiche culturali, sociali, economiche ed ambientali, alla famiglia e alle famiglie degli alunni, compagni di classe, di scuola dell’alunno, degli alunni minorati sensoriali.
Dal ruolo politico dell’UICI, alla storia dell’inclusione per arrivare allo schema di decreto legislativo licenziato n questi ultimi giorni dal MIUR in cammino nel complesso iter parlamentare, per cui una permanenza, la più breve possibile, e dove dobbiamo sperare che subisca il minor numero di emendamenti; al più migliorato in talune parti.
Non mancheremo di far sentire la nostra voce, il nostro peso politico in un frangente come questo che potrebbe rappresentare la vittoria della luce della ragione sulla cecità del politico che ignora le reali richieste delle associazioni.
Il concetto di “scuola inclusiva” ha “subito” un’evoluzione storico-culturale rispetto alle leggi n.118 del 1971 e n.517 del 1977: la prima propose una parziale apertura verso la scuola di tutti, la seconda, propose il modello di scolarizzazione che vedeva gli alunni delle classi “speciali” fare ingresso nella scuola di tutti, per tutti, definitivamente. oggi tale modello, fortemente sottoposto a critiche “laceranti” e talvolta a giudizi positivi si conferma in tutta la sua fragilità sociale, politica, didattica ed educativa oltre che e, non è poco, economica; tuttavia resta il valore didattico-educativo, sia per l’istruzione che per la formazione, il più coerente all’idea di inclusione scolastica.
L’inclusione scolastica, perché sia efficace, deve coinvolgere tutte le componenti della scuola; al fine di evitare che, a determinare il processo dell’inclusione scolastica, sia il giudice, come di recente è stato riportato sulle pagine di questo giornale dalla voce autorevole di LUCIANO PASCHETTA. Pertanto non deve essere delegata al solo il docente di sostegno, l’inclusione scolastica, ma ai dirigenti scolastici, docenti, personale ATA, studenti e famiglie e tutti gli operatori istituzionali incaricati al perseguimento degli obiettivi per il raggiungimento dell’ inclusione scolastica e che vivono l’esperienza inclusiva in termini di “supporto” dell’alunno/studente con disabilità, qualificandola quale impegno fondamentale per tutte le risorse umane e professionali che operano nella scuola.
L’unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti conserva e al tempo stesso nutre un patrimonio straordinario di esperienze didattiche, pedagogiche e sociali, troppo prezioso perché sia lasciato ai margini del dibattito sulla scuola e in particolar modo di quello sull’inclusione scolastica degli alunni minorati dalla vista.

Di seguito, in sintesi alcuni dei punti essenziale su cui l’UICI intende strutture la propria strategia politica associativa, nulla vieta che vi si apportino ulteriori contributi durante i lavori della Commissione nazionale Istruzione e formazione dell’UICI che nei prossimi giorni si riunirà, proprio per progettare la strategia politica di cui sopra.
Dallo schema di decreto legislativo leggiamo:
1.Capo III PRESTAZIONI E INDICATORI DI QUALITA’ DELL’INCLUSIONE SCOLASTICA, Articolo 3 (PRESTAZIONI E COMPETENZE), comma 2, lettera d) ed e):
“d)alla costituzione delle sezioni per la scuola dell’infanzia e delle classi prime per ciascun grado di istruzione, in modo da consentire, di norma, la presenza di non più di 22 alunni ove siano presenti studenti con disabilità certificata, fermo restando il numero minimo di alunni o studenti per classe, ai sensi della normativa vigente; e)ad assegnare alle istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione un contributo economico, parametrato al numero degli alunni e studenti con disabilità accolti e della percentuale di alunni con disabilità rispetto al numero complessivo degli alunni frequentanti”.
L’idea è quella di informare il territorio circa l’opportunità di formulare preventivamente un documento nei tempi (dell’Istituzione scolastica) che consenta al singolo istituto o complesso scolastico di ottenere le risorse umane ed economiche fondamentali per l’inclusione scolastica degli alunni/studenti. Il documento va inviato al GIT (Gruppo Inclusione Territoriale) che lo invierà all’Ufficio scolastico regionale che a sua volta lo inoltrerà al MIUR come da art. 7, commi 1-2 Capo III – PRESTAZIONI E INDICATORRI DI QUALITA’ DELL’INCLUSIONE SCOLASTICA (PRODURE PER L’INCLUSIONE SCOLASTICA DEGLI ALUNNI E DEGLI STUDENTI CON DISANILITA’).
Procediamo con:
2. CAPO V PROGRAMMAZZIONE E PROGETTAZIONE DELL’INCLUSIONE, Articolo 12 comma2 (Ruoli per il sostegno didattico) – Articolo 11, comma 2 (Il Piano Educativo Individualizzato) Probabilmente è superflua e scontata la considerazione secondo cui la garanzia dei 10 anni sia piuttosto fantasiosa se non irreale esclusivamente diversamente che per gli aspetti amministrativi, di carriera scolastica, e sindacale; contrariamente dunque alle aspettative sulla continuità didattica ed educativa di cui si parla nell’art 16 comma 1 il CAPO VII che ha per titolo ULTERIORI DISPOSIZIONI e che recita, riporto per dovere di cronaca quanto segue: “La continuità educativa e didattica per gli alunni e gli studenti con disabilità certificata è garantita dal personale della scuola, dal piano di inclusione e dal progetto educativo individualizzato.
A seguire, altro tema assai caldo e quanto mai significativo dal punto di vista della socializzazione da parte dell’alunno cieco e per la sua e altrui inclusione sociale è quello dell’alternanza scuola-lavoro, a cui fa riferimento L’articolo 11 comma 2. Lo stesso infatti nei contenuti e nelle modalità di approvazione del Piano Educativo Individualizzato, evidenzia la necessità di garantire lo svolgimento dei percorsi di alternanza scuola-lavoro anche per gli alunno/studente con disabilità. Dall’altro canto troppo spesso gli alunni disabili con minorazioni sensoriali sono esclusi dalle attività pur obbligatorie in linea generale per tutti gli alunni.
Passiamo all’argomento successivo:
3. CAPO VI FORMAZIONE INIZIALE DEI DOCENTI PER IL SOSTEGNO DIDATTICO che negli art. 13-14 dove si prevede il Corso in pedagogia e didattica speciale per acquisire la specializzazione per attività di sostegno didattico a favore alunni con disabilità nella scuola dell’infanzia della primaria e della secondaria di primo e secondo grado. La formazione sarà annuale e consentirà il riconoscimento di 60 CFU, da notare con una certa perplessità che i corsi di specializzazione saranno patrimonio dei corsi di didattica e pedagogia speciale. Ciò significa che le Scienze tiflologiche hanno la lor ragion d’esse (di tipo formativo e didattico), entro l’area no della specializzazione o della specificità, ma di quella “speciale”.
Dunque, la didattica del Braille per esempio impartita ad un alunno non vedente avrà ancora il carattere di attività speciale.
Procediamo con il CAPO VII: ULTERIORI DISPOSIZIONI dove troviamo l’art. 17 che istituisce finalmente l’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica dove al comma 2 lettera d) si trovano elencati gli scopi dell’Osservatorio stesso: “d) proposte di sperimentazione in materia di innovazione metodo logico-didattica e disciplinare In conclusione proporrò alla Commissione, in uno spirito di condivisione, i seguenti obiettivi politici con la che auspico possano diventare piano tecnico e operativo per rilanciare il ruolo di leader dell’UICI in materia di istruzione e formazione, di didattica ed educazione con l’immancabile apporto delle scienze tiflogiche.
In linea con lo Schema di decreto legislativo recante le norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità (378), qualora fosse emanato e abbia conservato più o meno integralmente il testo di cui sopra, potrebbe rappresentare la base di confronto su cui costruire:
a) Un’ ipotesi di piano politico e tecnico da discutere attorno ad un ipotetico tavolo di confronto tra la Conferenza Stato-Regioni, L’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti/FAND – FISH e il NIS;
b) Un documento tecnico-politico, quale proposta da discutersi al tavolo dell’Osservatorio permanete per l’inclusione scolastica e da condividersi con le associazioni afferenti le disabilità sensoriali; c)La pianificazione di strategie operative e strutturali da condividersi in accordo con i Consiglio regionali dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti al fine di formare ed informare adeguatamente, secondo una tempistica idonea, ad offrire soluzioni o percorsi sia di tipo normativo, tecnico, politico, afferente le scienze tiflologiche.

Marco CONDIDORIO
Docente incaricato di Tiflologia all’Università degli Studi del Molise; Coordinatore della Commissione Nazionale per l’Istruzione e la Formazione dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti Onlus

Continuità didattica e progetto educativo nello schema di decreto 378 del 14 gennaio 2017, di Silvana Piscopo

Autore: Silvana Piscopo

In questi giorni stiamo leggendo molte considerazioni sulle criticità presenti nello schema di decreto 378 del 14 gennaio, ma ce ne sono tante e diffuse anche negli altri;
la grande delusione di molti addetti ai lavori nella galassia delle associazioni delle persone con disabilità,
mi sembra concentrarsi ancora una volta sulle sorti dei docenti di sostegno,
sulla loro stabilizzazione nelle scuole per una durata pari al compimento di un intero ciclo scolastico al fine di garantire la continuità didattica oppure avere la opportunità di chiedere trasferimento alla stregua di qualsiasi altro docente:
ed è qui che mi sorge una domanda:
“ma è proprio vero che la continuità didattica è una variabile dipendente da un docente di sostegno? E perché non lo dovrebbe essere per qualsiasi docente di ogni disciplina?
Lo spirito e la lettera della famosa legge 2444 proposta da Fish e Fand di cui fortemente si è chiesto l’accoglimento nella costituzione dei decreti legislativi della cosiddetta buona scuola, non erano e sono centrati sulla presa in carico dell’alunno con disabilità da parte dell’intero consiglio di classe?
Non è, come in tanti abbiamo sostenuto, il progetto educativo che va costruito a misura delle potenzialità e delle difficoltà dell’alunno e in base al percorso vanno garantite risorse, competenze, adattamenti ai contesti e relative specificità?
Non sono, forse, al centro del piano educativo individualizzato, la specificità delle competenze, la loro convergenza verso l’obiettivo centrale del massimo potenziamento delle abilità individuali dell’alunno, della sistematicità dei saperi, della crescita armonica della personalità, della costruzione di relazioni interne ed esterne alla scuola, della partecipazione attiva a tutti i processi di socializzazione affinché, progressivamente, ciascun ragazzo possa divenire consapevole di sé, della propria soggettività e, dove possibile, giungendo a chiedere una diminuzione di sostegno a vantaggio, magari, di un incremento di altre figure di supporto più funzionali alla propria crescita umana e sociale? Non è questo, forse, l’iter inclusivo che dovremmo auspicare per i nostri studenti ciechi ed ipovedenti? Non intendo, con queste mie osservazioni, sminuire o delegittimare la necessità del sostegno, bensì affermare che da questa figura professionale non dipende tutto il processo formativo di nessuna persona, neppure se è un soggetto con pluridisabilità, perché ogni individuo possiede una molteplicità affettiva e di forme cognitive che possono regredire o accrescersi in base ai contesti e non per le qualità di una sola persona; è, per questo convincimento, che mi deriva dal mio lungo percorso professionale nelle scuole in cui ho insegnato e in quelle di cui sono stata dirigente, ma, anche, dalle attuali esperienze associative nel seguire studenti non ed ipovedenti nelle scuole di Napoli e provincia che traggo una conclusione: non è la continuità delle persone che fa la differenza tra buona o carente attività didattica, bensì la continuità delle competenze che la scuola è in grado di garantire; ed è questo, a mio modesto avviso, il punto sul quale la nostra associazione dovrebbe provare ad ottenere attraverso qualche emendamento al decreto 378, concentrando tutti i suoi sforzi le sue risorse.
Silvana Piscopo

Importi anno 2017 pensioni ed indennità per i ciechi civili

Con circolare INPS N. 8 del 17-01-2017, allegato 3 Tabella M1 pp. 26-27, sono stati resi noti gli importi delle provvidenze economiche spettanti ai ciechi civili per l’anno 2017.

Fonte normativa di riferimento:
Decreto Ministro Economia e Finanze, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, N. 17 del 17 novembre 2016 (GU n. 274 del 23-11-2016)

Prestazioni a favore dei ciechi civili categoria INVCIV (pensioni e indennità)

L’indice di aumento di perequazione automatica, calcolata in via provvisoria e con effetto dal 1° gennaio 2017, per le pensioni e limiti di reddito personale lordo annuale è pari allo 0,0%.
Limite di reddito personale lordo annuo per il diritto alla pensione: Euro 16.532,10
Pensione per i ciechi assoluti ricoverati e i ciechi parziali ventesimisti: Euro 279,47
Pensione per i ciechi assoluti non ricoverati: Euro 302,23
Limite di reddito personale annuo per gli ipovedenti gravi con solo assegno a vita a esaurimento: Euro 7.948,19
Assegno a vita a esaurimento: Euro 207,41

L’indice di aumento di perequazione automatica, calcolata in via provvisoria e con effetto dal 1° gennaio 2017, per le indennità è pari allo 1,35%.
Indennità di accompagnamento per ciechi assoluti: Euro 911,53
Indennità speciale per ciechi parziali: Euro 208,83
(*) Nota bene le indennità speciale e di accompagnamento sono indipendenti dai redditi.

Si richiama l’attenzione sulle seguenti ulteriori informazioni utili, sempre riportate in circolare INPS N. 8/2017:

Per i titolari di prestazioni INVCIV con revisione sanitaria scaduta.
I titolari di prestazioni INVCIV in attesa di revisione conservano tutti i diritti acquisiti in materia di benefìci, prestazioni e agevolazioni di qualsiasi natura, come prevede l’art. 25 comma 6-bis del Decreto Legge N. 90/2014.
Pertanto, per le prestazioni a favore di invalidi civili, ciechi civili e sordi, per le quali nell’anno 2017, risulti memorizzata nel database una data di revisione sanitaria, il pagamento è comunque impostato anche per le mensilità successive alla data di scadenza della revisione.

Misure di incremento in favore di titolari di prestazioni INVCIV (pensioni e assegni) che versino in situazioni reddituali personali e/o familiari particolarmente disagiate, quindi con un reddito annuo bassissimo.
Unitamente al presente comunicato, vengono illustrate alcune fattispecie di situazioni, che danno diritto ad incrementi economici dei trattamenti INVCIV (Allegato).
Non sono infrequenti, infatti, casi di nuclei familiari, dove, ad esempio il marito (o parimenti la moglie) sia cieco civile e titolare solo di provvidenze INVCIV e la moglie casalinga o disoccupata o, al massimo, che percepisca la sola pensione sociale.
In tali casi, il reddito familiare sarà certamente molto basso e, pertanto, l’interessato titolare di prestazione INVCIV potrà, a richiesta, ottenere dall’INPS un incremento economico della medesima prestazione INVCIV, secondo le misure sotto riportate.

Il testo completo della circolare INPS N. 8/2017 è sul sito http://www.inps.it/portale/default.aspx, alla sezione INPS COMUNICA, ULTIME CIRCOLARI.
Calcolo dell’aumento INVCIV previsto dall’art. 67 della Legge N. 448 del 1998 (circolare INPS N. 8 del 17-1-2017, allegato 3 Tabella L pag. 25)
Requisiti richiesti:
status visivo: cecità totale e parziale
età: nati prima del 1° gennaio 1931 – ciechi totali ricoverati (fasce 6, 11) e ciechi parziali (fasce 8, 12, 13, 16 e 17)
limite reddito: se pensionato solo, il limite di reddito deve essere inferiore a Euro 3.719,17; se pensionato coniugato, il limite reddituale familiare deve essere inferiore a Euro 15.458,65*
(*) Nota bene le indennità speciale e di accompagnamento non costituiscono reddito.
d) aumento: di Euro 70,72 mensili, che si riducono proporzionalmente, se pensionato solo fino al
limite di reddito di Euro 4.638,53, se pensionato coniugato fino al limite di reddito di Euro 16.378,01

status visivo: cecità totale
età: nati prima del 1° gennaio 1931 – ciechi totali non ricoverati (fasce 7 e 10)
limite reddito: se pensionato solo, il limite di reddito deve essere inferiore a Euro 3.719,17; se pensionato coniugato, il limite reddituale familiare deve essere inferiore a Euro 15.458,65.
(*) Nota bene le indennità speciale e di accompagnamento non costituiscono reddito.
d) aumento: di Euro 54,57 mensili, che si riducono proporzionalmente, se pensionato solo fino al
limite di reddito di Euro 4.638,53, se pensionato coniugato fino al limite di reddito di Euro 16.378,01

status visivo: cecità totale e parziale
età: ultrasessantacinquenni nati dopo il 31 dicembre 1930 – ciechi totali e ciechi parziali (fasce 6,7, 8, 10, 11, 12, 13, 14, 16 e 17)
limite reddito: se pensionato solo, fino a Euro 4.743,70; se pensionato coniugato, il limite reddituale deve essere inferiore a Euro 10.568,61*
(*) Nota bene le indennità speciale e di accompagnamento non costituiscono reddito.
d) aumento di Euro 70,72 mensili, che si riducono proporzionalmente, se pensionato solo fino al limite di reddito di Euro 5.663,06, se pensionato coniugato fino al limite di reddito di Euro 11.487,97.
Aumento della pensione INVCIV previsto dall’art. 70, comma 6, della Legge 388/2000- Finanziaria 2001 (cit. circolare INPS, allegato 3 Tabella M4 pag. 32)
Requisiti richiesti:
status visivo: cecità totale e cecità parziale (fasce 6,7, 8, 10, 11, 12, 13, 14, 16 e 17)
età minima: non è previsto alcun limite di età
limite reddito: se pensionato solo, Euro 5.959,20; se pensionato coniugato, il limite reddituale deve essere inferiore a Euro 12.483,77*
(*) Nota bene le indennità speciale e di accompagnamento non costituiscono reddito.
d) aumento di Euro 10,33 mensili. L’aumento è spettante se non vengono superati i limiti di reddito.
Incremento al milione previsto dall’art. 38 della Legge 448/2001 – Finanziaria 2002, modificato dall’art. 5, comma 5, della Legge N. 127/2007) (cit. circolare INPS, allegato 3 Tabella M5 pp. 33-37)

I soggetti pensionati particolarmente indigenti possono richiedere un aumento mensile della pensione fino ad un massimo di Euro 638,33.
Requisiti richiesti:
status visivo: cecità totale e cecità parziale
età minima: per i ciechi totali 60 anni (fasce 6,7,10 e 11), per i ciechi parziali 70 anni ( fasce 8, 12, 13, 16 e 17)
limite reddito: se pensionato solo, Euro 8.298,29; se pensionato coniugato, il limite reddituale deve essere inferiore a Euro 14.123,20*
(*) Nota bene le indennità speciale e di accompagnamento non costituiscono reddito.

Modalità di calcolo:
L’entità dell’erogazione, che va valutata caso per caso, sarà tale da portare in ogni caso la pensione dell’interessato alla cifra complessiva di Euro 638,33 mensili.
Al fine di agevolare la valutazione, sono di seguito riportate le principali casistiche che potrebbero presentarsi in Sezione:
Ad es.
–>il cieco totale ricoverato tra i sessanta e i sessantacinque anni (fasce 6, 11), solo e con reddito
basso percepirà una somma aggiuntiva mensile di Euro 358,86, oltre alla pensione di Euro 279,47, per arrivare al limite reddituale personale annuale di Euro 8.298,29 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 279,47, il calcolo sarà il seguente: Euro 279,47 + somma aggiuntiva di Euro 358,86 = totale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità darà un reddito personale annuale di Euro 8.298,29);
–>il cieco totale ricoverato tra i sessanta e i sessantacinque anni (fasce 6, 11), coniugato e con un
reddito familiare basso percepirà una somma personale aggiuntiva mensile di Euro 358,86, oltre alla pensione di Euro 279,47, che concorrerà al limite reddituale familiare annuale di Euro 14.123,20 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 279,47 e la moglie è titolare di assegno sociale (che per il 2017 è pari a Euro 448,07), il calcolo sarà il seguente: Euro 279,47 + somma aggiuntiva di Euro 358,86 = totale personale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità e sommato all’assegno sociale di Euro 448,07 della moglie sempre per 13 mensilità darà un reddito familiare annuale di Euro 14.123,20);
il cieco totale non ricoverato tra i sessanta e i sessantacinque anni (fasce 7, 10), solo e con un
reddito basso percepirà una somma personale aggiuntiva mensile di Euro 336,10, oltre alla pensione di Euro 302,23, per arrivare al limite reddituale personale annuale di Euro 8.298,29 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 302,23, il calcolo sarà il seguente: Euro 302,23 + somma aggiuntiva di Euro 336,10 = totale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità darà un reddito personale annuale di Euro 8.298,29);
il cieco totale non ricoverato tra i sessanta e i sessantacinque anni (fasce 7, 10), coniugato e con un reddito familiare basso percepirà una somma personale aggiuntiva mensile di Euro 336,10, oltre alla pensione di Euro 302,23, per arrivare al limite reddituale familiare annuale di Euro 14.123,20 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 302,23 e la mogli è titolare di assegno sociale (che per il 2017 è pari a Euro 448,07), il calcolo sarà il seguente: Euro 302,23 + somma aggiuntiva di Euro 336,10 = totale personale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità e sommato all’assegno sociale di Euro 448,07 della moglie sempre per 13 mensilità, darà un reddito familiare annuale di Euro 14.123,20).
il cieco totale ricoverato ultrasessantacinquenne (fasce 6, 11) e il cieco parziale ultrasettantenne (fasce 8, 12, 13, 16 e 17), soli e con reddito basso percepiranno una somma personale aggiuntiva mensile di Euro 288,14, oltre alla pensione di Euro 350,19 [data da Euro 279,47 INVCIV+ Euro 70,72 aumento ex art. 67 della Legge N. 448/1998], per arrivare al limite reddituale personale annuale di Euro 8.298,29 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 279,47, incrementata di Euro 70,72 per l’applicazione dell’art. 67 della Legge N. 448/1998, il calcolo sarà il seguente: Euro 350,19 + somma aggiuntiva di Euro 288,14 = totale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità darà un reddito personale annuale di Euro 8.298,29);
il cieco totale ricoverato ultrasessantacinquenne (fasce 6, 11) e il cieco parziale ultrasettantenne (fasce 8, 12, 13, 16 e 17), coniugati e con reddito familiare basso percepiranno una somma personale aggiuntiva mensile di Euro 288,14, oltre alla pensione di Euro 350,19 [data da Euro 279,47 INVCIV+ Euro 70,72 aumento ex art. 67 della Legge N. 448/1998], per arrivare al limite reddituale familiare annuale di Euro 14.123,20 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 279,47, incrementata di Euro 70,72 per l’applicazione dell’art. 67 della Legge N. 448/1998, e la moglie è titolare del solo assegno sociale (che per il 2017 è pari a Euro 448,07), il calcolo sarà il seguente: Euro 350,19 + somma aggiuntiva di Euro 288,14 = totale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità e sommato all’assegno sociale di Euro 448,07 della moglie sempre per 13 mensilità, darà un reddito familiare annuale di Euro 14.123,20).
il cieco totale non ricoverato nato prima del 1 gennaio 1931 (fasce 7, 10), solo e con un reddito basso percepirà una somma personale aggiuntiva mensile di Euro 281,53, oltre alla pensione di Euro 356,80 [data da Euro 302,23 INVCIV+ Euro 54,57 aumento ex art. 67 della Legge N. 448/1998], per arrivare al limite reddituale personale annuale di Euro 8.298,29 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 302,23, incrementata di Euro 54,57 per l’applicazione dell’art. 67 della Legge N. 448/1998, il calcolo sarà il seguente: Euro 356,80 + somma aggiuntiva di Euro 281,53 = totale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità darà un reddito personale annuale di Euro 8.298,29);
il cieco totale non ricoverato nato prima del 1 gennaio 1931 (fasce 7, 10), coniugato e con un reddito familiare basso percepirà una somma personale aggiuntiva mensile di Euro 281,53, oltre alla pensione di Euro 356,80 [data da Euro 302,23 INVCIV+ Euro 54,57 aumento ex art. 67 della Legge N. 448/1998], per arrivare al limite reddituale familiare annuale di Euro 14.123,20 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 302,23, incrementata di Euro 54,57 per l’applicazione dell’art. 67 della Legge N. 448/1998, e la moglie è titolare del solo assegno sociale (che per il 2017 è pari a Euro 448,07), il calcolo sarà il seguente: Euro 356,80 + somma aggiuntiva di Euro 281,53 = totale personale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità e sommato all’assegno sociale di Euro 448,07 della moglie sempre per 13 mensilità, darà un reddito familiare annuale di Euro 14.123,20).
il cieco totale non ricoverato ultrasessantacinquenne nato dopo il 31 dicembre 1930 (fasce 7, 10), solo e con un reddito basso percepirà una somma personale aggiuntiva mensile di Euro 265,38, oltre alla pensione di Euro 372,95 [data da Euro 302,23 INVCIV+ Euro 70,72 aumento ex art. 67 della Legge N. 448/1998], per arrivare al limite reddituale personale annuale di Euro 8.298,29 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 302,23, incrementata di Euro 70,72 per l’applicazione dell’art. 67 della Legge N. 448/1998, il calcolo sarà il seguente: Euro 372,95 + somma aggiuntiva di Euro 265,38 = totale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità darà un reddito personale annuale di Euro 8.298,29);
il cieco totale non ricoverato ultrasessantacinquenne nato dopo il 31 dicembre 1930 (fasce 7, 10), coniugato e con un reddito familiare basso percepirà una somma personale aggiuntiva mensile di Euro 265,38, oltre alla pensione di Euro 372,95 [data da Euro 302,23 INVCIV+ Euro 70,72 aumento ex art. 67 della Legge N. 448/1998], per arrivare al limite reddituale familiare annuale di Euro 14.123,20 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 302,23, incrementata di Euro 70,72 per l’applicazione dell’art. 67 della Legge N. 448/1998, e la moglie è titolare del solo assegno sociale (che per il 2017 è pari a Euro 448,07), il calcolo sarà il seguente: Euro 372,95 + somma aggiuntiva di Euro 265,38 = totale personale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità e sommato all’assegno sociale di Euro 448,07 della moglie sempre per 13 mensilità darà un reddito familiare annuale di Euro 14.123,20).

Il reddito della pensione INVCIV, oltre agli aumenti INVCIV (ex art. 67 della Legge N. 448 del 1998, ex art. 70, comma 6, della Legge 388/2000 o per l’incremento INVCIV al milione), si somma anche ad eventuali altri redditi personali, se percepiti dal pensionato. Fondamentale ai fini della percezione della somma aggiuntiva, il cui importo va a concorso fino al raggiungimento del limite previsto, è il rispetto dei limiti reddituali che, si ribadiscono, sono: di Euro 8.298,29 se il pensionato fa nucleo familiare a se stante, e di Euro 14.123,20 se coniugato.
Ad. es., se le fonti di reddito di un soggetto cieco totale ultrasessantenne anni (fasce 6,7,10 e 11) o cieco parziale ultrasettantenne ( fasce 8, 12, 13, 16 e 17) – nucleo familiare a se stante – sono la pensione INVCIV e altri Redditi da Pensionato (RP), il calcolo sarà il seguente: Euro INCIV + eventuali maggiorazioni INVCIV o sociali + RP + somma personale aggiuntiva X a concorso= totale mensile di Euro 638,33 che per 13 mensilità darà un reddito personale annuale di Euro 8.298,29.
Analogo calcolo se coniugato, per arrivare al limite reddituale familiare annuale di Euro 14.123,20.

Per ottenere gli aumenti INVCIV (calcolo dell’aumento INVCIV previsto dall’art. 67 della Legge N. 448 del 1998, calcolo dell’aumento INVCIV previsto dall’art. 70, comma 6, della Legge 388/2000 (Finanziaria 2001), l’incremento INVCIV al milione) nonché per richiedere altre tipologie di maggiorazioni sociali non collegate alle prestazioni per invalidità civile (circolare INPS 8/2017, allegato 3), l’interessato dovrà presentare apposita istanza, anche tramite via patronale, compilando il modello INPS AP11 per Prestazioni Accessorie (Barrare la seconda casella).

Infine, per le detrazioni d’imposta per familiari a carico si prenda visione sempre dell’allegato 3 della circolare INPS N. 8 del 17-1-2017, Tabella N pag. 39 e successive (ad es. per ogni figlio portatore di handicap).

Le Prestazioni e gli Indicatori del Decreto sull’inclusione sono da modificare, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

Sulla “presunta” continuità didattica garantita agli alunni/studenti con disabilità dall’art 12 del neonato Decreto 378 sulla promozione dell’inclusione scolastica ho già espresso tutte le mie perplessità in un mio precedente contributo.
Con il presente articolo, invece, intendo soffermarmi sulle lacunose prestazioni “essenziali previste dall’art 3 della sopraccitata Delega sull’inclusione (prestazioni e competenze) e sui carenti “criteri di valutazione” (o Indicatori di qualità?) stabiliti dal successivo art 4 ( valutazione ed autovalutazione della qualità dell’inclusione.
Al riguardo, mi permetto di avanzare alcune proposte “migliorative” al testo, che potrebbero essere sottoposte dall’UICI alle competenti Commissioni parlamentari che lo esamineranno nei prossimi 60 giorni, prima della pubblicazione definitiva del Decreto.
Ve le riporto di seguito:
L’articolo 3 (Prestazioni e competenze) individua le prestazioni “essenziali” per l’inclusione scolastica effettuando una ricognizione dei compiti già assegnati, a normativa vigente, a ciascun Ente istituzionalmente preposto a garantire il diritto-dovere all’istruzione degli alunni e degli studenti con disabilità.
In virtù dell’attuale assetto di riparto delle competenze come tracciato dal vigente Titolo V della Costituzione, le funzioni dei vari Enti coinvolti nel processo d’inclusione scolastica, sono ripartite nel seguente modo:
allo Stato competono:
1. l’assegnazione, per il tramite dell’Amministrazione scolastica, dei docenti per il sostegno didattico, al fine di assicurare il diritto all’educazione e all’istruzione degli alunni e degli studenti con disabilità. Io suggerirei di scrivere “l’assegnazione sin dall’inizio dell’anno scolastico…”. Mi pare il minimo, non credete?
2. l’assegnazione, per il tramite dell’ Amministrazione scolastica, del personale ausiliario nella scuola statale, per lo svolgimento dei compiti di assistenza previsti dal profilo professionale, ai sensi della normativa vigente.
3. la costituzione delle sezioni per la scuola dell’infanzia e delle classi prime per ciascun grado di istruzione, in modo da consentire, di norma, la presenza di non più di 22 alunni ove siano presenti studenti con disabilità certificata, fermo restando il numero minimo di alunni o studenti per classe, ai sensi della normativa vigente. Modificherei immediatamente l’espressione “di norma la presenza di non più di 22 alunni ove siano presenti studenti con disabilità certificata”, che sconfessa e non tiene conto del sacrosanto” art 5 del DPR 81 del 2009, con la più efficace e legittima “solo in via eccezionale la presenza di 22 alunni ove siano presenti studenti con disabilità certificata”.
4. la definizione dell’organico del personale ATA, tenendo conto, in sede di riparto delle risorse professionali, della presenza di alunni e di studenti con disabilità certificata presso ciascuna Istituzione scolastica statale, anche in deroga ai vincoli numerici come previsto dalle disposizioni vigenti.
5. assegnare alle istituzioni scolastiche paritarie un contributo economico, parametrato al numero degli alunni e degli studenti con disabilità certificata frequentanti, finalizzato all’inclusione scolastica degli stessi, ai sensi della legislazione vigente.
Integrerei altre due prestazioni “essenziali in capo allo Stato in materia di inclusione scolastica degli alunni/studenti con disabilità visiva e cioè:
6) L’istituzione da parte del MIUR della figura dell’”esperto in scienze tiflologiche” o, quantomeno, di una figura che possieda competenze di base in tiflopedagogia e tiflodidattica, al fine di assicurare il diritto all’educazione ed all’istruzione degli alunni/studenti con disabilità visiva.
7) L’istituzione da parte del MIUR di uno “Sportello di Consulenza” per le principali tipologie di disabilità presso i CTS esistenti su tutto il territorio nazionale, per fornire informazioni ed assistenza di base agli alunni/studenti disabili ed alle loro famiglie, da realizzare attraverso apposite convenzioni con le Associazioni più rappresentative di persone con disabilità. (naturalmente, nel nostro caso, mi riferisco all’Unione)
Alle Regioni, previa intesa in sede di Conferenza unificata, compete assicurare la progressiva uniformità su tutto il territorio nazionale della definizione dei profili professionali del personale destinato all’assistenza educativa e all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale, anche attraverso previsione di specifici percorsi formativi propedeutici allo svolgimento dei compiti assegnati, fermi restando gli ambiti di competenza della contrattazione collettiva e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente. Alla previsione di specifici percorsi formativi, io integrerei l’attributo “universitari”, se si vuole veramente una formazione di qualità di tali operatori.

Agli Enti locali, ferma restando la ripartizione delle competenze prevista dall’articolo 1, comma 85 e seguenti della legge 7 aprile 2014 n. 56, competono:
a) l’assegnazione del personale dedicato all’assistenza educativa e all’assistenza per l’autonomia e per la comunicazione personale, come previsto dall’articolo 13, comma 3, della legge n. 104 del 1992;
b) i servizi per il trasporto per l’inclusione scolastica come garantiti dall’articolo 8, comma 1, lettera c) della legge n. 104 del 1992 e dall’articolo 139, comma 1, lettera c) del decreto legislativo n. 112 del 1998;
c) l’accessibilità e la fruibilità degli spazi fisici delle istituzioni scolastiche statali di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c), ed all’art 24 della legge n. 104 del 1992.
Aggiungerei un’altra prestazione “essenziale in capo agli Enti locali in materia di inclusione scolastica, vale a dire:
D) La creazione da parte degli Enti Locali, nell’ambito della programmazione regionale ed in convenzione con l’UICI ed i suoi Enti collegati, di un Centro di Consulenza Tiflodidattica (ove possibile per ogni provincia o città metropolitana, o comunque di almeno uno per Regione) in modo da favorire la costituzione di una rete tra tutti gli Enti e le strutture deputati al processo di inclusione scolastica degli studenti minorati della vista del territorio.
In ultimo, l’articolo 3 definisce una prestazione comune a ciascuno degli Enti istituzionalmente preposti alla garanzia dell’inclusione scolastica nell’ambito della strumentazione didattica, ovvero statuisce la garanzia in capo allo Stato (Istituzioni scolastiche), alle Regioni (diritto allo studio) e agli Enti locali (erogazione dei sussidi didattici) dell’accessibilità e della fruibilità di strumentazioni tecnologiche e digitali nell’ambito della didattica, oggi indispensabili per l’apprendimento degli alunni e degli studenti con determinate tipologie di disabilità, quali, ad esempio, quelle sensoriali. Io aggiungerei all’accessibilità ed alla fruibilità anche la qualità e l’efficienza delle strumentazioni tecnologiche e digitali nell’ambito della didattica, ed a tali strumentazioni integrerei ovviamente pure i testi scolastici in formato “accessibile”, resi disponibili sin dall’inizio dell’anno scolastico. Infatti, mi pare davvero strano che il legislatore non abbia pensato a tale “prestazione essenziale”, considerate le attuali carenze del “sistema” su tale aspetto specifico.

L’articolo 4 (Valutazione ed autovalutazione della qualità dell’inclusione scolastica) qualifica l’inclusione scolastica quale elemento portante dei processi di valutazione e di autovalutazione delle scuole, nell’ambito del Sistema Nazionale di Valutazione come disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica
n. 80 del 2013.
L’articolo, al comma 2, introduce i criteri relativi al processo di valutazione e di autovalutazione delle Istituzioni scolastiche, statali e paritarie, in tema di inclusione scolastica.
Obiettivo della norma è, quindi, quello di identificare dei criteri che consentano alle scuole di valutare la propria azione inclusiva, di misurarla e di apportare le opportune strategie per migliorarla o consolidarla. I criteri identificati (od Indicatori di qualità) sono i seguenti:
a) qualità del Piano per l’inclusione scolastica (PAI);
b) realizzazione di processi di personalizzazione, individualizzazione e differenziazione dei percorsi di educazione, istruzione e formazione, definiti ed attivati dalla scuola, in funzione delle caratteristiche specifiche degli alunni e degli studenti al fine di garantire loro il successo formativo;
c) livello di coinvolgimento dei diversi soggetti nell’elaborazione del Piano per l’inclusione e nell’attuazione dei processi di inclusione;
d) realizzazione di iniziative finalizzate alla valorizzazione delle competenze professionali del personale scolastico incluse le specifiche attività formative;
e) utilizzo di strumenti e criteri condivisi per la valutazione dei risultati di apprendimento degli alunni e degli studenti, anche attraverso il riconoscimento delle differenti modalità di comunicazione;
f) grado di accessibilità e di fruibilità delle risorse, attrezzature, strutture e spazi. Aggiungerei al grado di accessibilità e fruibilità anche il livello di qualità e l’efficienza ed ovviamente pure l’eliminazione delle barriere architettoniche e percettive.
Integrerei pure i sottostanti indispensabili “Indicatori di qualità” dell’inclusione scolastica:
G) La periodica manutenzione tecnica dei sussidi didattici e delle tecnologie assistive delle scuole di ogni ordine e grado, per assicurarne le condizioni di funzionalità, l’aggiornamento costante e l’efficienza dello stato strutturale.

H) L’obbligo del rilascio da parte del venditore alle scuole, agli Enti locali, alle Asl ed ai privati di una “garanzia”, contenente le seguenti informazioni relative agli strumenti tecnologici, tiflotecnici ed ai sussidi didattici a supporto degli alunni/studenti con disabilità: costruttore, costo, anno di produzione, eventuale venditore ed ovviamente, anche il libretto delle istruzioni trascritto in formato accessibile. Tale “documento d’identità” delle attrezzature “assistive” e dei sussidi didattici costituisce il loro certificato di qualità.

I) L’effettuazione di azioni finalizzate all’educazione, formazione ed istruzione dei disabili visivi, che tengano conto della condizione di cecità o di ipovisione, volte al successo formativo ed al processo inclusivo degli studenti minorati della vista sarà specifico e di tipo tiflopedagogico nel metodo e nell’applicazione, ed avrà come certificatore dei risultati l’equipe “tiflopsicopedagogica”.
J) La definizione da parte delle Istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado di un Piano Annuale d’Inclusività (PAI) che sia parte integrante del Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF).
K) L’uniformità, su tutto il territorio nazionale, della definizione dei profili professionali del personale destinato all’accompagnamento, alla comunicazione, ed all’assistenza specialistica degli alunni con disabilità (l’assistente all’autonomia ed alla comunicazione e l’esperto in scienze tiflologiche), attraverso l’individuazione di specifici percorsi formativi universitari, propedeutici allo svolgimento dei compiti assegnati.
L) Realizzazione del progetto di inclusione/globale di vita da parte delle Istituzioni scolastiche e tipologia di figure di riferimento e/o supporto dell’alunno/studente con disabilità, deputate alla sua redazione e presa in carico.
M) Stesura di un Programma di Orientamento scolastico e professionale dell’alunno/studente con disabilità e tipologia di figure professionali incaricate alla sua elaborazione.
N) Rapporti delle Istituzioni scolastiche con le famiglie degli alunni e degli studenti con disabilità.
O) Rapporti interistituzionali delle Istituzioni scolastiche con gli Enti Locali, con le ASL, con le altre scuole e con le Associazioni più rappresentative di e per disabili.
P) Rapporti delle Istituzioni scolastiche con i Centri Territoriali di Supporto (CTS).
Naturalmente, si tratta di un pacchetto di proposte “migliorative” del Decreto sull’inclusione scolastica, che dovrà essere condiviso dalle principali Associazioni di e per disabili e dalle loro famiglie ed essere compatibile alle modifiche che potranno essere “realisticamente” apportate durante la discussione in seno alle competenti Commissioni parlamentari delle prossime settimane, visto che esse dovranno esprimere soltanto un parere.
Pertanto, lancio un appello di “unità” ed una “chiamata alle armi” ai principali esperti di sostegno didattico della FAND e della FISH affinché, tutti insieme, si lavori in stretta sinergia e collabori fattivamente in questi 60 giorni che ci separano dalla pubblicazione finale del testo, al fine di garantire un’inclusione pienamente di qualità agli alunni/studenti disabili del nostro Paese.
La posta in palio è troppo alta per non rischiare.

Conversazione telefonica con Dacia Maraini, di Cesare Barca

Autore: Cesare Barca

Con il mese di dicembre 2016 la rivista Senior è giunta al ventesimo anno della sua attività.
Vent’anni sono molti, ma sono trascorsi tanto velocemente e gradevolmente senza farci avvertire la fatica dell’impegno. Grazie alla libera attività di collaboratori estremamente motivati la rivista sonora è sempre stata costruita nella consapevolezza di svolgere un volontariato utile a tante persone che avvertivano e ancora vivono il bisogno di essere comprese, informate e sostenute nel percorso, talora difficile e faticoso, di giornate vuote di interessi e, in molti casi ,cariche di difficoltà.
Cogliendo l’occasione del Natale abbiamo pensato di interpellare la grande scrittrice Dacia Maraini che ha risposto immediatamente con entusiasmo e profonda serenità alla nostra richiesta di offrire a tutti i lettori alcune sue riflessioni particolarmente ricche di umanità e di saggezza.
Sono certo che questa conversazione telefonica possa essere gradita da molti e mi permetto perciò di offrirla pubblicamente: potrete ascoltarla integralmente scaricandola dal seguente link http://www.uiciechi.it/GiornaleElettronico/DaciaMaraini.mp3

Buon divertimento.
Cesare Barca

Decreto sull’inclusione e continuità didattica: una “presa in giro”?, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

Come ho già avuto modo di osservare più volte sulle pagine di questo giornale, anche in risposta ai docenti specializzati riunitisi nel gruppo dei cosiddetti “Partigiani della scuola pubblica”, ho sempre ritenuto assolutamente indifferibile e necessaria la riforma dell’attuale sistema italiano del sostegno didattico.
A mio modesto avviso, infatti, la riflessione sul Decreto 378, approvato dal Governo Gentiloni lo scorso 14 Gennaio (schema di decreto per la promozione dell’inclusione scolastica), in questi 60 giorni che ci separano dalla pubblicazione del testo finale, non può essere animata dalla voglia di “trincerarsi” nella tutela ad ogni costo dell’esistente o in rimpianti di un passato che poteva essere e che non è stato, da parte delle nostre Associazioni di e per disabili più rappresentative e delle loro famiglie.
E’ tempo, invece, di guardare avanti, anche se con “realismo”, perché solo così si riuscirà finalmente a garantire il migliore futuro possibile all’inclusione scolastica degli alunni/studenti disabili italiani.
E proprio questo “pragmatismo” (unitamente al mio eterno ottimismo) mi inducono a giudicare “sufficientemente” condivisibile il “neonato” Decreto sull’inclusione, perché va nella direzione, da noi tanto auspicata, di:
1) una formazione iniziale ed in servizio specifica sulle diverse disabilità da parte non solo dei docenti specializzati, ma anche di tutto il personale scolastico (docenti curricolari, personale ATA ed anche dirigenti scolastici).
Da ora in poi, per i futuri docenti per il sostegno saranno necessari 120 cfu e non più solo 60 sulle tematiche della Pedagogia speciale e della Didattica inclusiva;
2) una scansione chiara e con tempi ben definiti della procedura di certificazione della disabilità degli alunni;
3) una semplificazione documentale (un solo documento) per la quantificazione delle ore di sostegno didattico per gli alunni/studenti con disabilità;
4) il rafforzamento del carattere “pedagogico ed educativo del Piano Educativo Individualizzato (PEI) e l’integrazione del Piano Annuale di Inclusione (PAI) con il Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF);
5) la definizione di prestazioni “essenziali” ed indicatori di qualità dell’inclusione scolastica degli allievi disabili;
6) una “parziale” continuità didattica, con l’istituzione di 4 ruoli per il sostegno (infanzia, primaria, secondaria di primo e di secondo grado) e con l’obbligo di permanenza per gli insegnanti specializzati sul posto di sostegno per 10 anni e non più cinque, prima di transitare nei posti “comuni”.
Ecco, forse proprio su tali ultimi due punti, previsti rispettivamente dall’art 3 del Decreto (prestazioni e competenze), dall’art 4 ( valutazione ed autovalutazione della qualità dell’inclusione, e dall’art 16 (continuità didattica), il testo mi pare un po’ “lacunoso” ed “emendabile” dalle competenti Commissioni parlamentari che lo esamineranno in queste settimane, tenuto conto però che esse potranno esprimere soltanto pareri non vincolanti per l’Esecutivo.
Sulle “prestazioni “essenziali” in capo allo Stato, alle Regioni ed agli Enti Locali e sui criteri di valutazione in materia di inclusione scolastica mi cimenterò in un altro mio contributo, mentre con il presente articolo vorrei soffermarmi sulla delicata e “spinosa” questione della “continuità didattica” da garantire agli allievi con disabilità
In proposito, dopo aver letto la nota dell’AICE, intitolata “Continuità didattica e schema del Governo? Una presa in giro”, non posso che condividere e associarmi al loro rammarico ed alla loro amarezza nell’aver appreso e dovuto prendere atto della mancata previsione del vincolo per i docenti per il sostegno di permanenza con il medesimo alunno/studente disabile per tutto il suo segmento d’istruzione.
Infatti, se è vero, come sopra accennato, che l’art 12 del D.Lgs 378 obbliga il docente specializzato a rimanere sul posto di sostegno per 10 anni e non più per soli 5 anni, prima di transitare sul posto comune, è altrettanto vero che, durante questi dieci anni, tuttavia, purché restino in quel comparto, essi potranno senza limiti chiedere d’essere trasferiti da Torino a Napoli o da Trento a Palermo senza dover renderne conto all’alunno disabile, ai loro genitori, alla loro scuola.
«È questa la continuità didattica prevista dalla legge e richiamata ripetutamente dalla ministra Fedeli?
E’ questa la domanda che mi sorge subito spontanea e con la quale si interroga preoccupata anche la rivista specializzata Tuttoscuola.com che in questi giorni, con un suo recente dossier, ha posto il dibattito sullo «tsunami» nelle classi di sostegno.
I numeri sono allarmanti: se oltre 2 milioni e mezzo di alunni (il 33% dell’intera popolazione scolastica) si trovano quest’anno con almeno un insegnante nuovo in classe, è andata ancora peggio agli alunni con disabilità, perché – secondo i calcoli del dossier di Tuttoscuola – almeno 100 mila di loro (il 43% dei 233 mila alunni disabili presenti quest’anno nelle classi di ogni ordine di scuola) hanno cambiato il docente di sostegno.
Questa grave situazione determina di fatto l’impossibilità di assicurare agli allievi disabili quella continuità didattica che risulta essere un fattore determinante per favorirne il successo formativo.
A mio parere, tale problema scaturisce dal fatto che numerosi posti di sostegno sono attribuiti a docenti con contratto a tempo determinato: la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (FISH), l’anno scorso, ha stimato che quasi il 40% dei posti sono coperti tuttora da docenti precari.
A ciò si aggiunga che il Piano straordinario di immissione in ruolo, previsto e realizzato dalla legge n. 107/2015, non ha risolto, con le circa 25.000 assunzioni effettuate sui posti di sostegno, il suddetto problema.
Un’ulteriore delusione in tal senso è arrivata dal numero dei posti che sono stati banditi per il sostegno con l’ultimo concorso: 5.766 (in tre anni), quando se ne aspettavano almeno il doppio.
Per non parlare poi delle tantissime mancate ammissioni di quest’ultimo concorso – il cosiddetto “Concorsone” – e dell’enorme domanda di insegnanti di sostegno (circa 120.000 in servizio di cui circa il 60% di ruolo), che hanno letteralmente mandato in tilt il sistema scolastico territoriale.
Si ricordi a tal proposito la Nota Ministeriale Protocollo n. 24306 del 1° settembre 2016, che recitava testualmente: «In caso di esaurimento degli elenchi degli insegnanti di sostegno compresi nelle graduatorie ad esaurimento, i posti eventualmente residuati sono assegnati dai dirigenti scolastici delle scuole in cui esistono le disponibilità, utilizzando gli elenchi tratti dalle graduatorie di circolo e d’istituto, di prima, seconda e terza fascia». Migliaia di cattedre di sostegno sono state perciò affidate a docenti senza alcun tipo di specializzazione, costringendo in tal modo le famiglie di persone con disabilità a ricorrere sempre più spesso ai giudici per dare un’istruzione adeguata ai loro figli.
Temo proprio che, stante così il Decreto sull’inclusione scolastica e cioè senza alcuna modifica parlamentare o “governativa”, i numeri sopra riportati ed il mancato “vincolo” del docente per il sostegno con il suo alunno/studente con disabilità per l’intero suo “grado” di istruzione non potranno garantire di certo un’effettiva continuità didattica e faranno in modo che si perpetui il sistema attuale, sulla base del quale la maggior parte degli allievi disabili sono costretti, ogni anno, a cambiare docente di sostegno e a ricominciare tutto da capo (relazione educativa, nuovo metodo di insegnamento, relazione docente-classe-alunno disabile …).
Un’”ancora di salvezza” potrebbe arrivare dall’assunzione di un numero maggiore di docenti, in modo da abbassare considerevolmente l’attuale percentuale di posti attribuiti a supplenza.
Infatti, se la previsione dell’art 12 del nuovo Decreto sull’inclusione del “vincolo decennale” per i docenti specializzati su loro “posto” va finalmente nella “sacrosanta” direzione di evitare di utilizzare la “via”del sostegno come scorciatoia per anticipare i tempi di immissione nei ruoli ordinari dell’insegnamento, a mio modesto avviso, sono tre le “condizioni necessarie ed ineludibili”, senza le quali, risulterà impossibile garantire la tanto declamata continuità didattica:
la modifica dei criteri di costituzione degli organici dei docenti specializzati a livello nazionale;
l’assunzione di un numero elevato di docenti di sostegno;
l’obbligo del docente specializzato di seguire l’alunno per l’intero segmento d’istruzione seguito (infanzia, primaria e secondaria di primo e di secondo grado).
Il vincolo, pertanto, oltre che essere legato ad un numero predeterminato di anni (e l’obbligo di permanenza decennale ci va benissimo), deve corrispondere anche e soprattutto al percorso dell’alunno con disabilità: un docente per il sostegno della scuola primaria, ad esempio, dovrebbe poter chiedere la mobilità professionale e/o territoriale dopo cinque anni, od un insegnante specializzato della scuola media potrebbe chiederla dopo che l’allievo disabile consegua la licenza, anzi scherzavo, non consegua la licenza media, come pare che dovrebbe sorprendentemente succedere per gli allievi disabili con il nuovo Decreto 384 sulla valutazione degli alunni, approvato lo scorso 14 Gennaio.
Ma questa è un’altra triste storia!
Solo realizzando concretamente le tre condizioni “strutturali” di cui sopra, sarà possibile garantire un’effettiva continuità didattica e realizzare pienamente l’inclusione scolastica degli alunni/studenti con disabilità del nostro Paese.
La certezza è che, di fronte a tali evidenti carenze e criticità del Decreto 378 appena partorito dal Governo, la FAND , la FISH e le famiglie degli allievi con disabilità non rimangano inerti e neutrali in questi giorni di discussione del testo presso le Commissioni della Camera e del Senato.
Tutti insieme dobbiamo innalzare la bandiera della “resistenza” e batterci per una diversa visione dell’inclusione scolastica, che rovesci i meccanismi “perversi” dell’attuale sistema e ponga finalmente l’alunno/studente con disabilità, con la sua dignità ed i suoi bisogni educativi, al centro di un modello di “Buona Scuola”, veramente di qualità ed “inclusiva” per tutti e per ciascuno.

Corso di Vela autonoma per non vedenti 18-25 marzo 2017 – Homerus Associazione Onlus – Scuola di Vela –

“Chiudo gli occhi, sono al timone, concentrato e rilassato allo stesso tempo, sento che il vento, anzi no, il vento e la barca mi dicono dove devo andare, piccoli movimenti della mano, quasi impercettibili, e scivolo senza rumore sulla superfice di questo lago incantato. Apro gli occhi ma non cambia quasi nulla: non ricordavo che ero cieco, non ricordavo che ero ipovedente.”

Homerus Associazione Onlus , Circolo Fiv (Federazione Italiana Vela ), prima scuola di vela dedicata ai non vedenti ed ipovedenti ,

Informa tutti gli interessati che sono aperte le iscrizioni al corso di vela autonoma per non vedenti che si terrà dal 18 al 25 marzo 2017 presso la sede della scuola di vela Homerus, a Bogliaco (sponda bresciana del lago di Garda) comune di Gargnano.
Il corso, tenuto da istruttori volontari con esperienza pluriennale nell’insegnamento ai non vedenti ed ipovedenti, avrà lo scopo di insegnare ai partecipanti la conduzione ed il governo in autonomia di una imbarcazione a. vela, le imbarcazioni utilizzate saranno a chiglia fissa, classe Meteor.
Negli ultimi giorni del corso i nuovi allievi potranno inoltre navigare con altri velisti non vedenti ed ipovedenti, che, navigando da molti anni, condivideranno le loro esperienze completando la formazione con proprie strategie e modalità nella navigazione a vela.
Il costo per persona è di € 270 per il corso e di € 80 per la quota associativa, comprensiva di Tessera Fiv, incluso il salvagente personale che resterà al partecipante al termine del corso.
E’ necessario che il partecipante si munisca di abbigliamento adeguato come, ad esempio, cerata da barca completa di giacca e pantaloni.
Homerus, previo accordi, potrà fornire cerate adeguate ai partecipanti ad un prezzo agevolato.
I costi di vitto ed alloggio e l’organizzazione alberghiera è a carico dei partecipanti, Homerus è disponibile a fornire informazioni se richieste.

Il numero massimo di partecipanti è di 8 allievi
Per potersi iscrivere è necessario telefonare a Luigi Bertanza 347-2320475 o in segreteria al numero 0365-599656.
Entro 20 giorni dall’inizio del corso, previo conferma della segreteria , il partecipante dovrà versare sia la quota che l’iscrizione,
Mediante bonifico bancario su Banca Prossima, Agenzia di Milano,
IBAN IT84I0335901600100000003401
Intestato a HOMERUS ASSOCIAZIONE ONLUS di € 350, e comunicare a info@homerus.it tutti i propri dati:
nome cognome telefono e-mail indirizzo e codice fiscale, oltre al certificato medico in corso di validità, attestante l’idoneità alla pratica sportiva.
Dopo il corso sarà possibile, accompagnati dai nostri volontari ed amici , utilizzare le barche dell’associazione per veleggiate ed allenamenti.

Vi aspettiamo numerosi.
Buon Vento.

Le novità introdotte dal Decreto sull’inclusione, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

Il d.lgs. n. 378 del 2017 (Decreto legislativo sull’inclusione scolastica), approvato dal Governo lo scorso 14 Gennaio, è stato adottato in attuazione della delega conferita al Governo dalla norma di cui all’articolo 1, comma 181, lettera c), della legge n. 107 del 2015, recante “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti” che dispone: c) promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità e riconoscimento delle differenti modalità di comunicazione attraverso:
1) la ridefinizione del ruolo del personale docente di sostegno alfine difavorire l’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, anche attraverso l’istituzione di appositi percorsi di formazione universitaria;
2) la revisione dei criteri di inserimento nei ruoli per il sostegno didattico, al fine di garantire la continuità del diritto allo studio degli alunni con disabilità, in modo da rendere possibile allo studente di fruire dello stesso insegnante di sostegno per l’intero ordine o grado di istruzione;
3) l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni scolastiche, sanitarie e sociali, tenuto conto dei diversi livelli di competenza istituzionale;
4) la previsione di indicatori per l’autovalutazione e la valutazione dell’inclusione scolastica;
5) la revisione delle modalità e dei criteri relativi alla certificazione, che deve essere volta a individuare le abilità residue al fine di poterle sviluppare attraverso percorsi individuati di concerto con tutti gli specialisti di strutture pubbliche, private o convenzionate che seguono gli alunni riconosciuti disabili ai sensi degli articoli 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e della legge 8 ottobre 2010, n. 170, che partecipano ai gruppi di lavoro per l’integrazione e l’inclusione o agli incontri informali;
6) la revisione e la razionalizzazione degli organismi operanti a livello territoriale per il supporto all’inclusione;
7) la previsione dell’obbligo di formazione iniziale e in servizio per i dirigenti scolastici e per i docenti sugli aspetti pedagogico didattici e organizzativi dell’integrazione scolastica;
8) la previsione dell’obbligo di formazione in servizio per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, rispetto alle specifiche competenze, sull’assistenza di base e sugli aspetti organizzativi ed educativo-relazionali relativi al processo di integrazione scolastica;
9) la previsione della garanzia dell’istruzione domiciliare per gli alunni che si trovano nelle condizioni di cui all’articolo 12, comma 9, della legge 5febbraio 1992, n. 104.
Esaminando l’articolato, di seguito, si illustra una sintesi del decreto legislativo sull’inclusione che è costituito di 21 articoli.
Gli articoli sono suddivisi in 7 Capi, segnatamente: Capo I : Principi generali.; Capo II: Prestazioni e indicatori di qualità dell’inclusione scolastica; Capo III: Procedure di certificazione per l’inclusione scolastica; Capo IV: Organizzazione scolastica per l’assegnazione delle risorse; Capo V: Programmazione e progettazione dell’inclusione; Capo VI: Formazione iniziale dei docenti per il sostegno didattico; Capo VII: Ulteriori disposizioni
L’articolo 1 (Principi e finalità) definisce, in linea generale, il concetto di “scuola inclusiva”.
Tale concetto ha avuto un’evoluzione storico-culturale che, a partire dalla legge 30 marzo 1971 n. 118 che propose un nuovo modello di scolarizzazione degli alunni disabili nelle classi comuni anziché nelle classi “speciali”, ha interessato il sistema scuola nel suo complesso. L’inclusione scolastica, inizialmente denominata “integrazione” nasce, originariamente, per garantire il diritto di istruzione e successo formativo dei minori disabili ma, rappresenta, oggi, un valore fondamentale e fondante l’identità stessa delle singole istituzioni scolastiche, siano esse statali o paritarie, valido per tutti gli alunni e studenti.
E ciò, grazie soprattutto alle recenti approvazioni della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (International Classification of Functioning, Disability and Health -ICF) da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS nel 2001 e della Convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità da parte delle Nazioni Unite nel 2006.
L’inclusione scolastica è individuata quale architrave dell’identità culturale, educativa e progettuale delle scuole caratterizzandone nel profondo la mission educativa, attraverso un coinvolgimento diretto e cooperativo di tutte le componenti scolastiche. Essa, pertanto, è sviluppata e valorizzata nell’ambito dei documenti fondamentali della vita della scuola, quali il Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF) che caratterizza l’identità culturale ed educativa delle singole istituzioni scolastiche.
A fronte della nuova visione di scuola inclusiva, in cui il successo formativo riguarda tutti gli alunni e gli studenti, nessuno escluso, il decreto interviene a rinnovare, ed adeguare, le strategie specifiche messe in atto per gli alunni e studenti con disabilità di cui alla legge 104 del 1992.
L’articolo, infine, sottolinea come tutti gli interventi a favore degli alunni/studenti con disabilità vanno nella direzione di superare necessariamente la vecchia concezione di loro “presa in carico” da parte dei docenti, ribadendo che l’inclusione scolastica, perché sia effettiva, interessa invece tutte le componenti scolastiche, e non solo il docente di sostegno, ovvero dirigenti scolastici, docenti curricolari, personale ATA, studenti e famiglie nonché tutti gli operatori istituzionali deputati al perseguimento degli obiettivi di inclusione.
L’articolo 2 (Ambito di applicazione) individua i soggetti beneficiari del decreto: l’atto è incentrato esclusivamente sull’inclusione scolastica degli alunni e degli studenti con disabilità certificata ai sensi della legge n. 104 del 1992.
L’articolo focalizza l’attenzione sull’inclusione scolastica da realizzarsi in un sistema integrato che, come già anticipato all’articolo 1, opera all’interno di un progetto complessivo di sostegno ed assistenza, realizzato da scuola, famiglia e i diversi soggetti, pubblici e privati, a diverso titolo coinvolti e con diverse competenze e responsabilità. Il Piano Educativo Individualizzato (PEI) è inserito, infatti, quale parte integrante, del Progetto individuale, potenziandone sostanzialmente il ruolo, essendo lo stesso non un mero documento burocratico, ma l’occasione fondamentale per la realizzazione del “progetto di vita” degli alunni e degli studenti con disabilità.
In sostanza, l’art 2 ricalca appositamente l’innovativo concetto di “condivisione” nell’ambito della definizione del PEI, agganciandosi così a quell’idea cooperativa di inclusione scolastica che non riguarda solo il docente per il sostegno, ma tutte le componenti scolastiche, rimarcando al contempo, nell’ambito dei diritti, tutte le misure previste a legislazione vigente per il supporto, anche materiale, necessario per l’inclusione scolastica.
L’articolo 3 (Prestazioni e competenze) individua le prestazioni per l’inclusione scolastica effettuando una ricognizione dei compiti già assegnati, a normativa vigente, a ciascun Ente istituzionalmente preposto a garantire il diritto-dovere all’istruzione degli alunni e degli studenti con disabilità.
L’art 3 ribadisce che le scelte in materia di disabilità vanno nella direzione di definire un sistema integrato degli interventi fra servizio sociale, sanitario ed istruzione.
In virtù dell’attuale assetto di riparto delle competenze come tracciato dal vigente Titolo V della Costituzione, le funzioni dei vari Enti coinvolti nel processo d’inclusione scolastica, sono ripartite nel seguente modo:
allo Stato competono:
l’assegnazione, per il tramite dell’Amministrazione scolastica, dei docenti per il sostegno didattico, al fine di assicurare il diritto all’educazione e all’istruzione degli alunni e degli studenti con disabilità.
l’assegnazione, per il tramite dell’ Amministrazione scolastica, del personale ausiliario nella scuola statale, per lo svolgimento dei compiti di assistenza previsti dal profilo professionale, ai sensi della normativa vigente.
la costituzione delle sezioni per la scuola dell’infanzia e delle classi prime per ciascun grado di istruzione, in modo da consentire, di norma, la presenza di non più di 22 alunni ove siano presenti studenti con disabilità certificata, fermo restando il numero minimo di alunni o studenti per classe, ai sensi della normativa vigente.
la definizione dell’organico del personale ATA, tenendo conto, in sede di riparto delle risorse professionali, della presenza di alunni e di studenti con disabilità certificata presso ciascuna Istituzione scolastica statale, anche in deroga ai vincoli numerici come previsto dalle disposizioni vigenti.
assegnare alle istituzioni scolastiche paritarie un contributo economico, parametrato al numero degli alunni e degli studenti con disabilità certificata frequentanti, finalizzato all’inclusione scolastica degli stessi, ai sensi della legislazione vigente.
Alle Regioni, previa intesa in sede di Conferenza unificata, compete assicurare la progressiva uniformità su tutto il territorio nazionale della definizione dei profili professionali del personale destinato all’assistenza educativa e all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale, anche attraverso previsione di specifici percorsi formativi propedeutici allo svolgimento dei compiti assegnati, fermi restando gli ambiti di competenza della contrattazione collettiva e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.
Agli Enti locali, ferma restando la ripartizione delle competenze prevista dall’articolo 1, comma 85 e seguenti della legge 7 aprile 2014 n. 56, competono:
a) l’assegnazione del personale dedicato all’assistenza educativa e all’assistenza per l’autonomia e per la comunicazione personale, come previsto dall’articolo 13, comma 3, della legge n. 104 del 1992;
b) i servizi per il trasporto per l’inclusione scolastica come garantiti dall’articolo 8, comma 1, lettera c) della legge n. 104 del 1992 e dall’articolo 139, comma 1, lettera c) del decreto legislativo n. 112 del 1998;
c) l’accessibilità e la fruibilità degli spazi fisici delle istituzioni scolastiche statali di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c), ed all’art 24 della legge n. 104 del 1992.
In ultimo, l’articolo definisce una prestazione comune a ciascuno degli Enti istituzionalmente preposti alla garanzia dell’inclusione scolastica nell’ambito della strumentazione didattica, ovvero statuisce la garanzia in capo allo Stato (Istituzioni scolastiche), alle Regioni (diritto allo studio) e agli Enti locali (erogazione dei sussidi didattici) dell’accessibilità e della fruibilità di strumentazioni tecnologiche e digitali nell’ambito della didattica, oggi indispensabili per l’apprendimento degli alunni e degli studenti con determinate tipologie di disabilità, quali, ad esempio, quelle sensoriali.
L’articolo 4 (Valutazione della qualità dell’inclusione scolastica) qualifica l’inclusione scolastica quale elemento portante dei processi di valutazione e di autovalutazione delle scuole, nell’ambito del Sistema Nazionale di Valutazione come disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica
n. 80 del 2013.
L’articolo, al comma 2, introduce i criteri relativi al processo di valutazione e di autovalutazione delle Istituzioni scolastiche, statali e paritarie, in tema di inclusione scolastica.
In pratica, l’art delinea le direttrici fondamentali verso cui si deve muovere l’azione educativa e formativa nell’ambito dell’inclusione scolastica da parte delle Scuole nei più ampi processi di valutazione e di autovalutazione necessari per la definizione dei cosiddetti “piani di miglioramento”.
Obiettivo della norma è, quindi, quello di identificare dei criteri che consentano alle scuole di valutare la propria azione inclusiva, di misurarla e di apportare le opportune strategie per migliorarla o consolidarla. I criteri identificati sono i seguenti:
a) qualità del Piano per l’inclusione scolastica (PAI);
b) realizzazione di processi di personalizzazione, individualizzazione e differenziazione dei percorsi di educazione, istruzione e formazione, definiti ed attivati dalla scuola, in funzione delle caratteristiche specifiche degli alunni e degli studenti al fine di garantire loro il successo formativo;
c) livello di coinvolgimento dei diversi soggetti nell’elaborazione del Piano per l’inclusione e nell’attuazione dei processi di inclusione;
d) realizzazione di iniziative finalizzate alla valorizzazione delle competenze professionali del personale scolastico incluse le specifiche attività formative;
e) utilizzo di strumenti e criteri condivisi per la valutazione dei risultati di apprendimento degli alunni e degli studenti, anche attraverso il riconoscimento delle differenti modalità di comunicazione;
f) grado di accessibilità e di fruibilità delle risorse, attrezzature, strutture e spazi.
L’articolo 5 (Certificazione e valutazione diagnostico-funzionale) individua la “valutazione diagnostico-funzionale” in luogo della “diagnosi funzionale” (DF) e del “profilo dinamico-funzionale” (PDF), quale nuovo strumento per la definizione del cosiddetto “funzionamento” dell’alunno e dello studente con disabilità certificata ai sensi della legge n. 104 del 1992, che costituisce il fondamento su cui definire le diverse provvidenze, ivi incluso il diritto al sostegno didattico.
Si tratta, in concreto, di una semplificazione sia in termini documentali (un solo documento in luogo di due) che in termini temporali e di un tentativo di addivenire ad una definizione uniforme del documento su tutto il territorio nazionale (anche attraverso apposite Linee guida che saranno elaborate dall’INPS), onde evitare difformità applicative e superare le attuali discrasie normative.
L’articolo 6 (Commissioni mediche) modifica l’attuale assetto delle Commissioni mediche, prevedendo che siano composte da un medico specialista in medicina legale che assume le funzioni di presidente e da due medici dei quali uno scelto tra gli specialisti in neuropsichiatria infantile e l’altro tra gli specialisti in pediatria. Le Commissioni sono obbligatoriamente integrate dal medico INPS.
Al comma 2, la norma prevede che, al fine della predisposizione della valutazione diagnostico-funzionale, le Commissioni siano integrate da un rappresentante dell’ Amministrazione scolastica con specifiche competenze in materia di disabilità, nominato dall’Ufficio scolastico regionale competente per territorio e scelto tra i docenti impegnati in progetti e convenzioni di rilevanza culturale e didattica (organico dell’autonomia).
Nella fase della valutazione diagnostico-funzionale, si aggregheranno alle Commissioni pure uno specialista (terapista della riabilitazione) ed un operatore sociale, figure già previste dalle commissioni disciplinate all’articolo 4 della legge n. 104 del 1992.
Si tratta, in sostanza, di una inversione di tendenza rispetto all’attuale prassi che conduce all’assimilazione della condizione di gravità, come certificata ai sensi della legge n. 104 del 1992, all’attribuzione delle provvidenze, ivi incluso il sostegno didattico, senza che sul caso concreto vengano rilevati i bisogni effettivi di assistenza e di educazione, che mutano certamente in esito alla tipologia di disabilità, ma che non sono sempre certamente gli stessi in quanto, come è noto, una tipologia di disabilità incide sulla persona in maniera differente e plurima.
Reputo che in tal modo si corrisponderà meglio agli effettivi bisogni educativi e formativi dell’alunno/studente con disabilità nell’ambito delle provvidenze che ciascun soggetto istituzionale è tenuto ad erogare, evitando attribuzioni “meccaniche” che nulla hanno a che vedere con i suoi bisogni effettivi di integrazione.
Il comma5, infine, chiarisce che la quantificazione del sostegno didattico è di stretta competenza del Gruppo Inclusione Territoriale (GIT) come disciplinato dal presente decreto legislativo.
L’articolo 7 (Procedure della certificazione degli alunni/studenti con disabilità) al comma 1, precisa che l’INPS, soggetto a cui ordinariamente deve essere rivolta inizialmente l’istanza per la certificazione, deve trattare quelle relative all’inclusione scolastica in via prioritaria onde consentirne la calendarizzazione dell’accertamento entro 30 giorni dalla data di ricevimento dell’istanza. Le Commissioni mediche, conseguentemente, effettuano gli accertamenti e redigono il documento unico di cui al precedente articolo 6, entro 30 giorni dalla data di calendarizzazione dell’accertamento.
Il comma 2 scandisce le fasi relative all’inclusione scolastica, nel seguente modo:
a) presentazione da parte del medico di medicina generale o di un pediatra di libera scelta, in via telematica e su richiesta dei genitori o del soggetto con responsabilità genitoriale, della domanda di accertamento della condizione di disabilità. La domanda deve essere corredata dalla certificazione e dalla documentazione del medico specialista, redatte ai sensi di quanto previsto dal precedente articolo 5;
b) accertamento della condizione di disabilità, redazione della valutazione diagnostico-funzionale, individuazione e quantificazione di quanto previsto al precedente articolo 6 da parte della Commissione e successiva trasmissione ai genitori della documentazione;
c) trasmissione dei documenti da parte dei genitori all’Istituzione scolastica nonché al competente Ente locale ai fini della elaborazione, rispettivamente, del Piano Educativo Individualizzato, e del Progetto individuale ove richiesto dai Genitori;
d) elaborazione del Progetto Individuale da parte dell’Ente locale e trasmissione all’Istituzione scolastica;
e) trasmissione, a cura del Dirigente scolastico al Gruppo Territoriale Inclusione (GIT) di cui all’articolo 15 della legge n. 104 del 1992, come modificato dal presente decreto, ai fini della proposta delle risorse per il sostegno didattico, dei seguenti documenti:
1) documenti di cui ai precedenti articoli 5 e 6;
2) progetto individuale;
3) piano per l’inclusione (PAI);
4) elaborazione del Piano Educativo Individualizzato (PEI) da parte dell’Istituzione scolastica.
La procedura, in sintesi, solleva la famiglia da numerose incombenze burocratiche perlopiù demandate al medico di base e alla scuola. L’elaborazione della procedura, per completezza e per logica conseguenza, prevede che la redazione del Piano Educativo Individualizzato sia posto al termine dell’iter, in quanto il documento, d’ora in poi, dovrebbe avere un forte contenuto didattico-pedagogico, spogliandosi così definitivamente di qualsiasi richiamo burocratico. Esso sarà calibrato sulla base del progetto individuale nonché delle risorse di sostegno didattico definite nella procedura apposita.
L’articolo 8 (Gruppo per l’inclusione territoriale) novella l’articolo 15 della legge n. 104 del 1992, istituendo il GIT (Gruppo per l’inclusione territoriale) e sopprimendo tutti gli altri gruppi di lavoro ormai obsoleti.
Il GIT avrà il compito di procedere ad effettuare la proposta di risorse per il sostegno didattico all’USR competente per territorio. Esso sarà costituito per ogni ambito territoriale di cui all’articolo 1, comma 66, della legge n. 107 del 2015.
L’articolo 9 (Il Progetto individuale) prevede che il PEI sia parte integrante del progetto individuale di cui all’articolo 14, comma 2, della legge n. 328 del 2000.
L’articolo 10 (Piano per l’inclusione) definisce modalità e contenuti del “Piano per l’inclusione” (PAI), che rappresenta il principale documento programmatico-attuativo della scuola in materia di inclusione e costituisce uno dei momenti fondamentali per la definizione del progetto individuale, per la proposta di assegnazione delle risorse per il sostegno didattico da parte dei GIT e per la definizione del Piano Educativo Individualizzato.
Al fine di rendere veramente “inclusivo” il “contesto” delle istituzioni scolastiche, opportunamente, esso confluisce nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF) quale elemento caratterizzante l’identità culturale e l’autonomia progettuale delle scuole. In esso sono contenute le azioni che la scuola intende intraprendere nell’ambito del contesto in cui opera. A tal fine è la scuola stessa a dover definire le opportunità che intende sfruttare nonché i vincoli di contesto in cui si deve muovere.
L’articolo 11 (Piano Educativo Individualizzato) delinea i contenuti e le modalità di approvazione del Piano Educativo Individualizzato (PEI) che confluisce a pieno titolo nel progetto individuale di cui al precedente articolo 10.
Nell’ottica di una scuola pienamente “inclusiva”, la redazione e l’approvazione del PEI sono giustamente visti quale impegno fondante non solo del docente per il sostegno, ma di tutto il consiglio di classe in cui è presente un alunno/studente con disabilità.
Il concetto fondamentale, pertanto, è che la progettazione e l’azione educativa sia esercitata da tutto il consiglio di classe che programma, unitamente all’insegnante per il sostegno, le strategie didattico-educative per il successo formativo di tutti e di ciascuno.
Viene rimarcato e potenziato, pertanto, il precedente concetto della “presa in carico globale” da parte di tutto il consiglio di classe, già declinato nella legge n. 104 del 1992 e non sufficientemente attuato nell’ambito dell’azione inclusiva quotidiana.
Infine, si rafforza l’”ineccepibile” principio secondo cui il PEI, sempre nell’ambito della progettazione integrata, è elaborato con la necessaria “partecipazione” delle famiglie e di tutti gli operatori assegnati alla classe in supporto alla disabilità.
L’articolo 12 (Ruoli per il sostegno didattico) istituisce le articolazioni del personale per il sostegno didattico per ciascun grado di istruzione, inclusa la scuola dell’infanzia, nell’ambito di quelli previsti dall’articolo 1, comma 66, della legge n. 107 del 2015.
Elemento di novità, oltre alla definizione di una sezione specifica che assegna una “dignità” particolare al docente assunto sul posto per il sostegno didattico, mi pare essere senz’altro la permanenza sul predetto posto che viene modificata dagli attuali 5 anni ai nuovi 10 anni, con computo anche del servizio pregresso.
Ritengo si tratti di una disposizione di particolare rilievo che favorisce finalmente la continuità didattica ed elimina definitivamente trattamenti giuridici differenziati tra personale con contratto di lavoro a tempo determinato e personale a tempo indeterminato.
L’articolo 13 (Corso di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria) introduce una nuova disciplina per l’accesso alla carriera di docente per il sostegno didattico nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria. In particolare, si prevede con decorrenza dall’anno 2019 che per l’accesso al corso di specializzazione in pedagogia e didattica speciale per le attività di sostegno didattico e l’inclusione scolastica, organizzato dalle Università autorizzate, di durata annuale e ad accesso programmato, che sostituisce il precedente corso annuale come disciplinato all’articolo 13 del Regolamento approvato con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca n. 249 del 2010, lo studente consegua preventivamente 60 crediti formativi universitari relativi alle didattiche dell’inclusione oltre a quelli già previsti nel corso di laurea (31 CFU). Ai sensi della normativa vigente, l’accesso al corso di specializzazione per il sostegno didattico nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria era consentito con il solo conseguimento della laurea magistrale in scienze della formazione primaria.
In pratica, per rafforzare le conoscenze necessarie per poter svolgere la professione di docente specializzato, si richiede agli aspiranti una preparazione più solida sui temi dell’inclusione, corrispondente in totale a 120 CFU da acquisire, 60 preventivamente allo svolgimento del corso e ulteriori 60 nell’ambito del predetto corso di specializzazione, fermo restando il conseguimento preventivo della laurea abilitante in scienze della formazione primaria quale requisito “base” per lo svolgimento della funzione docente. L’articolo specifica che la positiva conclusione del corso è titolo per l’insegnamento sui posti di sostegno della scuola dell’infanzia e della scuola primaria.
L’articolo 14 (Corso di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità nella scuola secondaria di primo e secondo grado) introduce, in analogia con quanto previsto nel precedente articolo 13 per la scuola dell’infanzia e per la scuola primaria un’analoga modalità d’accesso alla professione di docente di sostegno per la scuola secondaria, attraverso l’istituzione del corso di specializzazione per le attività di sostegno agli alunni con disabilità nella scuola secondaria a decorrere dall’anno 2019. Le modalità sono le medesime previste dalll’articolo 13. Dunque, anche nel caso della scuola secondaria, si prevede il conseguimento di una solida preparazione sui temi dell’inclusione, pari a 120 CFU, da conseguire 60 prima della frequenza al corso e ulteriori 60 durante la frequenza del corso di specializzazione.
L’articolo 15 (Formazione in servizio del personale della scuola) definisce, per ciascuna tipologia di personale della scuola, la tipologia delle attività formative che dovranno essere svolte in materia di inclusione scolastica.
Finalmente, la formazione viene considerata uno “snodo” fondamentale anche per l’innalzamento della qualità della didattica inclusiva e si precisa che essa deve coinvolgere tutte le componenti scolastiche chiamate ad operare in maniera “cooperativa” ai fini del raggiungimento del successo scolastico di tutti gli alunni/studenti.
A tal fine, si afferma opportunamente che il “Piano Nazionale di Formazione obbligatoria”, di cui all’articolo 1, comma 124 della legge n, 107 del 2015, può rappresentare un’occasione concreta per garantire lo svolgimento delle necessarie attività formative per la piena realizzazione di quanto previsto dal “neonato” decreto legislativo sull’inclusione.
In proposito, l’articolo 15 specifica che le scuole, nell’ambito del Piano di formazione inserito nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF), definiscano specifiche attività formative appositamente calibrate per quei docenti, curricolari e di sostegno, che insegnano in classi in cui sono presenti alunni/studenti con disabilità.
La formazione, finalmente e “fortunatamente”, dovrà essere rivolta anche al personale ATA (che è tenuto a parteciparvi) e al personale dirigenziale, sia all’atto dell’immissione in ruolo che durante lo svolgimento dell’intera carriera.
L’articolo 16 (Continuità didattica) introduce il principio “sacrosanto” della continuità didattica anche per gli alunni e gli studenti con disabilità certificata, che è posto inequivocabilmente una volta per tutte in capo non solo al docente di sostegno, ma anche a tutto il personale della scuola. Il principio, che ha natura di indirizzo generale per le attività delle scuole, deve estrinsecarsi nell’ambito sia del piano per l’inclusione che del Piano Educativo Individualizzato.
L’articolo 17 (Osservatorio permanente per l’Inclusione scolastica) cristallizza l’istituzione dell’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica che, in raccordo con l’Osservatorio nazionale, supporta il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca nei seguenti aspetti:
a) analisi e studio delle tematiche relative all’inclusione degli alunni/studenti con disabilità a livello nazionale e internazionale;
b) monitoraggio delle azioni per l’inclusione scolastica;
c) proposte di accordi inter-istituzionali per la realizzazione del progetto individuale di
inclusione;
d) proposte di sperimentazione in materia di innovazione metodologico-didattica e
disciplinare.
L’osservatorio è presieduto dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca o da un suo delegato, ed è composto dai rappresentanti delle Associazioni delle persone con disabilità maggiormente rappresentative sul territorio nazionale nonché da altri soggetti pubblici e privati individuati dal Ministro.
L’articolo 18 (Istruzione domiciliare) introduce una norma di particolare rilievo che supera alcune criticità emerse in tema di istruzione domiciliare, ad oggi non precipuamente normata e resa effettiva da linee di indirizzo del Ministero che hanno in parte assimilato la disciplina relativa alla “scuola in ospedale” di cui all’articolo 12, comma 9, della legge n. 104 del 1992, all’istruzione domiciliare. L’articolo specifica che le istituzioni scolastiche, in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale, gli Enti locali e le aziende sanitarie locali individuino azioni per garantire il diritto all’istruzione agli alunni e studenti per i quali sia accertata l’impossibilità della frequenza scolastica per un periodo non inferiore a trenta giorni di lezione, a causa di gravi patologie certificate, anche attraverso la definizione di progetti che possono avvalersi dell’uso delle nuove tecnologie.
Viene superato, quindi, in generale, il concetto della preventiva ospedalizzazione e della sola “sezione in ospedale”, che, pur permanendo nell’ordinamento, ormai da sola non risulta essere più coerente con le evoluzioni temporali, in campo medico, tecnologico e didattico.
L’articolo 19 (Abrogazioni), l’articolo 20 (Decorrenze) e l’articolo 21 (Copertura) chiudono il provvedimento, stabilendo la legislazione da esso abrogata, le decorrenze temporali per la sua entrata in vigore ed infine ne fissano gli aspetti finanziari.
Queste le nostre considerazioni tecnico-scientifiche sul Decreto 378 del 2017, che nelle intenzioni della neoministra Fedeli dovrebbe “rivoluzionare” l’attuale sistema dell’inclusione scolastica e garantire finalmente un’inclusione di qualità agli allievi con disabilità del nostro Paese.
Aspettiamo ovviamente anche i vostri commenti.
Il nostro auspicio è che in questi 60 giorni che precedono la pubblicazione del testo finale del Decreto sull’inclusione, durante i quali il provvedimento sarà discusso nelle competenti Commissioni parlamentari, la Ministra, come d’altronde ha già promesso di fare, cambi radicalmente atteggiamento nei confronti delle Associazioni delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Aspettiamo con ansia che la Ministra Valeria Fedeli ci convochi finalmente in audizione per ascoltare la “voce” di chi come noi affronta sul campo la “faticosa” quotidianità del sostegno didattico e, pertanto, può contribuire a rendere quel testo ancora più “efficace” ed alla portata del successo scolastico di tutti e di ciascuno.
L’inclusione non può prescindere dallo sforzo collaborativo del Ministero, che deve essere sempre in grado di confrontarsi a “tutto tondo” e di attivare sinergie positive e cercare sintonie strategiche con tutto il contesto scolastico (dunque anche con gli allievi con disabilità, con i loro genitori e con chi li rappresenta), senza sconfinamenti in campi altrui e nell’unico interesse del loro diritto allo studio.