In questi giorni stiamo leggendo molte considerazioni sulle criticità presenti nello schema di decreto 378 del 14 gennaio, ma ce ne sono tante e diffuse anche negli altri;
la grande delusione di molti addetti ai lavori nella galassia delle associazioni delle persone con disabilità,
mi sembra concentrarsi ancora una volta sulle sorti dei docenti di sostegno,
sulla loro stabilizzazione nelle scuole per una durata pari al compimento di un intero ciclo scolastico al fine di garantire la continuità didattica oppure avere la opportunità di chiedere trasferimento alla stregua di qualsiasi altro docente:
ed è qui che mi sorge una domanda:
“ma è proprio vero che la continuità didattica è una variabile dipendente da un docente di sostegno? E perché non lo dovrebbe essere per qualsiasi docente di ogni disciplina?
Lo spirito e la lettera della famosa legge 2444 proposta da Fish e Fand di cui fortemente si è chiesto l’accoglimento nella costituzione dei decreti legislativi della cosiddetta buona scuola, non erano e sono centrati sulla presa in carico dell’alunno con disabilità da parte dell’intero consiglio di classe?
Non è, come in tanti abbiamo sostenuto, il progetto educativo che va costruito a misura delle potenzialità e delle difficoltà dell’alunno e in base al percorso vanno garantite risorse, competenze, adattamenti ai contesti e relative specificità?
Non sono, forse, al centro del piano educativo individualizzato, la specificità delle competenze, la loro convergenza verso l’obiettivo centrale del massimo potenziamento delle abilità individuali dell’alunno, della sistematicità dei saperi, della crescita armonica della personalità, della costruzione di relazioni interne ed esterne alla scuola, della partecipazione attiva a tutti i processi di socializzazione affinché, progressivamente, ciascun ragazzo possa divenire consapevole di sé, della propria soggettività e, dove possibile, giungendo a chiedere una diminuzione di sostegno a vantaggio, magari, di un incremento di altre figure di supporto più funzionali alla propria crescita umana e sociale? Non è questo, forse, l’iter inclusivo che dovremmo auspicare per i nostri studenti ciechi ed ipovedenti? Non intendo, con queste mie osservazioni, sminuire o delegittimare la necessità del sostegno, bensì affermare che da questa figura professionale non dipende tutto il processo formativo di nessuna persona, neppure se è un soggetto con pluridisabilità, perché ogni individuo possiede una molteplicità affettiva e di forme cognitive che possono regredire o accrescersi in base ai contesti e non per le qualità di una sola persona; è, per questo convincimento, che mi deriva dal mio lungo percorso professionale nelle scuole in cui ho insegnato e in quelle di cui sono stata dirigente, ma, anche, dalle attuali esperienze associative nel seguire studenti non ed ipovedenti nelle scuole di Napoli e provincia che traggo una conclusione: non è la continuità delle persone che fa la differenza tra buona o carente attività didattica, bensì la continuità delle competenze che la scuola è in grado di garantire; ed è questo, a mio modesto avviso, il punto sul quale la nostra associazione dovrebbe provare ad ottenere attraverso qualche emendamento al decreto 378, concentrando tutti i suoi sforzi le sue risorse.
Silvana Piscopo
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Importi anno 2017 pensioni ed indennità per i ciechi civili
Con circolare INPS N. 8 del 17-01-2017, allegato 3 Tabella M1 pp. 26-27, sono stati resi noti gli importi delle provvidenze economiche spettanti ai ciechi civili per l’anno 2017.
Fonte normativa di riferimento:
Decreto Ministro Economia e Finanze, di concerto con il Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, N. 17 del 17 novembre 2016 (GU n. 274 del 23-11-2016)
Prestazioni a favore dei ciechi civili categoria INVCIV (pensioni e indennità)
L’indice di aumento di perequazione automatica, calcolata in via provvisoria e con effetto dal 1° gennaio 2017, per le pensioni e limiti di reddito personale lordo annuale è pari allo 0,0%.
Limite di reddito personale lordo annuo per il diritto alla pensione: Euro 16.532,10
Pensione per i ciechi assoluti ricoverati e i ciechi parziali ventesimisti: Euro 279,47
Pensione per i ciechi assoluti non ricoverati: Euro 302,23
Limite di reddito personale annuo per gli ipovedenti gravi con solo assegno a vita a esaurimento: Euro 7.948,19
Assegno a vita a esaurimento: Euro 207,41
L’indice di aumento di perequazione automatica, calcolata in via provvisoria e con effetto dal 1° gennaio 2017, per le indennità è pari allo 1,35%.
Indennità di accompagnamento per ciechi assoluti: Euro 911,53
Indennità speciale per ciechi parziali: Euro 208,83
(*) Nota bene le indennità speciale e di accompagnamento sono indipendenti dai redditi.
Si richiama l’attenzione sulle seguenti ulteriori informazioni utili, sempre riportate in circolare INPS N. 8/2017:
Per i titolari di prestazioni INVCIV con revisione sanitaria scaduta.
I titolari di prestazioni INVCIV in attesa di revisione conservano tutti i diritti acquisiti in materia di benefìci, prestazioni e agevolazioni di qualsiasi natura, come prevede l’art. 25 comma 6-bis del Decreto Legge N. 90/2014.
Pertanto, per le prestazioni a favore di invalidi civili, ciechi civili e sordi, per le quali nell’anno 2017, risulti memorizzata nel database una data di revisione sanitaria, il pagamento è comunque impostato anche per le mensilità successive alla data di scadenza della revisione.
Misure di incremento in favore di titolari di prestazioni INVCIV (pensioni e assegni) che versino in situazioni reddituali personali e/o familiari particolarmente disagiate, quindi con un reddito annuo bassissimo.
Unitamente al presente comunicato, vengono illustrate alcune fattispecie di situazioni, che danno diritto ad incrementi economici dei trattamenti INVCIV (Allegato).
Non sono infrequenti, infatti, casi di nuclei familiari, dove, ad esempio il marito (o parimenti la moglie) sia cieco civile e titolare solo di provvidenze INVCIV e la moglie casalinga o disoccupata o, al massimo, che percepisca la sola pensione sociale.
In tali casi, il reddito familiare sarà certamente molto basso e, pertanto, l’interessato titolare di prestazione INVCIV potrà, a richiesta, ottenere dall’INPS un incremento economico della medesima prestazione INVCIV, secondo le misure sotto riportate.
Il testo completo della circolare INPS N. 8/2017 è sul sito http://www.inps.it/portale/default.aspx, alla sezione INPS COMUNICA, ULTIME CIRCOLARI.
Calcolo dell’aumento INVCIV previsto dall’art. 67 della Legge N. 448 del 1998 (circolare INPS N. 8 del 17-1-2017, allegato 3 Tabella L pag. 25)
Requisiti richiesti:
status visivo: cecità totale e parziale
età: nati prima del 1° gennaio 1931 – ciechi totali ricoverati (fasce 6, 11) e ciechi parziali (fasce 8, 12, 13, 16 e 17)
limite reddito: se pensionato solo, il limite di reddito deve essere inferiore a Euro 3.719,17; se pensionato coniugato, il limite reddituale familiare deve essere inferiore a Euro 15.458,65*
(*) Nota bene le indennità speciale e di accompagnamento non costituiscono reddito.
d) aumento: di Euro 70,72 mensili, che si riducono proporzionalmente, se pensionato solo fino al
limite di reddito di Euro 4.638,53, se pensionato coniugato fino al limite di reddito di Euro 16.378,01
status visivo: cecità totale
età: nati prima del 1° gennaio 1931 – ciechi totali non ricoverati (fasce 7 e 10)
limite reddito: se pensionato solo, il limite di reddito deve essere inferiore a Euro 3.719,17; se pensionato coniugato, il limite reddituale familiare deve essere inferiore a Euro 15.458,65.
(*) Nota bene le indennità speciale e di accompagnamento non costituiscono reddito.
d) aumento: di Euro 54,57 mensili, che si riducono proporzionalmente, se pensionato solo fino al
limite di reddito di Euro 4.638,53, se pensionato coniugato fino al limite di reddito di Euro 16.378,01
status visivo: cecità totale e parziale
età: ultrasessantacinquenni nati dopo il 31 dicembre 1930 – ciechi totali e ciechi parziali (fasce 6,7, 8, 10, 11, 12, 13, 14, 16 e 17)
limite reddito: se pensionato solo, fino a Euro 4.743,70; se pensionato coniugato, il limite reddituale deve essere inferiore a Euro 10.568,61*
(*) Nota bene le indennità speciale e di accompagnamento non costituiscono reddito.
d) aumento di Euro 70,72 mensili, che si riducono proporzionalmente, se pensionato solo fino al limite di reddito di Euro 5.663,06, se pensionato coniugato fino al limite di reddito di Euro 11.487,97.
Aumento della pensione INVCIV previsto dall’art. 70, comma 6, della Legge 388/2000- Finanziaria 2001 (cit. circolare INPS, allegato 3 Tabella M4 pag. 32)
Requisiti richiesti:
status visivo: cecità totale e cecità parziale (fasce 6,7, 8, 10, 11, 12, 13, 14, 16 e 17)
età minima: non è previsto alcun limite di età
limite reddito: se pensionato solo, Euro 5.959,20; se pensionato coniugato, il limite reddituale deve essere inferiore a Euro 12.483,77*
(*) Nota bene le indennità speciale e di accompagnamento non costituiscono reddito.
d) aumento di Euro 10,33 mensili. L’aumento è spettante se non vengono superati i limiti di reddito.
Incremento al milione previsto dall’art. 38 della Legge 448/2001 – Finanziaria 2002, modificato dall’art. 5, comma 5, della Legge N. 127/2007) (cit. circolare INPS, allegato 3 Tabella M5 pp. 33-37)
I soggetti pensionati particolarmente indigenti possono richiedere un aumento mensile della pensione fino ad un massimo di Euro 638,33.
Requisiti richiesti:
status visivo: cecità totale e cecità parziale
età minima: per i ciechi totali 60 anni (fasce 6,7,10 e 11), per i ciechi parziali 70 anni ( fasce 8, 12, 13, 16 e 17)
limite reddito: se pensionato solo, Euro 8.298,29; se pensionato coniugato, il limite reddituale deve essere inferiore a Euro 14.123,20*
(*) Nota bene le indennità speciale e di accompagnamento non costituiscono reddito.
Modalità di calcolo:
L’entità dell’erogazione, che va valutata caso per caso, sarà tale da portare in ogni caso la pensione dell’interessato alla cifra complessiva di Euro 638,33 mensili.
Al fine di agevolare la valutazione, sono di seguito riportate le principali casistiche che potrebbero presentarsi in Sezione:
Ad es.
–>il cieco totale ricoverato tra i sessanta e i sessantacinque anni (fasce 6, 11), solo e con reddito
basso percepirà una somma aggiuntiva mensile di Euro 358,86, oltre alla pensione di Euro 279,47, per arrivare al limite reddituale personale annuale di Euro 8.298,29 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 279,47, il calcolo sarà il seguente: Euro 279,47 + somma aggiuntiva di Euro 358,86 = totale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità darà un reddito personale annuale di Euro 8.298,29);
–>il cieco totale ricoverato tra i sessanta e i sessantacinque anni (fasce 6, 11), coniugato e con un
reddito familiare basso percepirà una somma personale aggiuntiva mensile di Euro 358,86, oltre alla pensione di Euro 279,47, che concorrerà al limite reddituale familiare annuale di Euro 14.123,20 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 279,47 e la moglie è titolare di assegno sociale (che per il 2017 è pari a Euro 448,07), il calcolo sarà il seguente: Euro 279,47 + somma aggiuntiva di Euro 358,86 = totale personale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità e sommato all’assegno sociale di Euro 448,07 della moglie sempre per 13 mensilità darà un reddito familiare annuale di Euro 14.123,20);
il cieco totale non ricoverato tra i sessanta e i sessantacinque anni (fasce 7, 10), solo e con un
reddito basso percepirà una somma personale aggiuntiva mensile di Euro 336,10, oltre alla pensione di Euro 302,23, per arrivare al limite reddituale personale annuale di Euro 8.298,29 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 302,23, il calcolo sarà il seguente: Euro 302,23 + somma aggiuntiva di Euro 336,10 = totale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità darà un reddito personale annuale di Euro 8.298,29);
il cieco totale non ricoverato tra i sessanta e i sessantacinque anni (fasce 7, 10), coniugato e con un reddito familiare basso percepirà una somma personale aggiuntiva mensile di Euro 336,10, oltre alla pensione di Euro 302,23, per arrivare al limite reddituale familiare annuale di Euro 14.123,20 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 302,23 e la mogli è titolare di assegno sociale (che per il 2017 è pari a Euro 448,07), il calcolo sarà il seguente: Euro 302,23 + somma aggiuntiva di Euro 336,10 = totale personale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità e sommato all’assegno sociale di Euro 448,07 della moglie sempre per 13 mensilità, darà un reddito familiare annuale di Euro 14.123,20).
il cieco totale ricoverato ultrasessantacinquenne (fasce 6, 11) e il cieco parziale ultrasettantenne (fasce 8, 12, 13, 16 e 17), soli e con reddito basso percepiranno una somma personale aggiuntiva mensile di Euro 288,14, oltre alla pensione di Euro 350,19 [data da Euro 279,47 INVCIV+ Euro 70,72 aumento ex art. 67 della Legge N. 448/1998], per arrivare al limite reddituale personale annuale di Euro 8.298,29 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 279,47, incrementata di Euro 70,72 per l’applicazione dell’art. 67 della Legge N. 448/1998, il calcolo sarà il seguente: Euro 350,19 + somma aggiuntiva di Euro 288,14 = totale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità darà un reddito personale annuale di Euro 8.298,29);
il cieco totale ricoverato ultrasessantacinquenne (fasce 6, 11) e il cieco parziale ultrasettantenne (fasce 8, 12, 13, 16 e 17), coniugati e con reddito familiare basso percepiranno una somma personale aggiuntiva mensile di Euro 288,14, oltre alla pensione di Euro 350,19 [data da Euro 279,47 INVCIV+ Euro 70,72 aumento ex art. 67 della Legge N. 448/1998], per arrivare al limite reddituale familiare annuale di Euro 14.123,20 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 279,47, incrementata di Euro 70,72 per l’applicazione dell’art. 67 della Legge N. 448/1998, e la moglie è titolare del solo assegno sociale (che per il 2017 è pari a Euro 448,07), il calcolo sarà il seguente: Euro 350,19 + somma aggiuntiva di Euro 288,14 = totale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità e sommato all’assegno sociale di Euro 448,07 della moglie sempre per 13 mensilità, darà un reddito familiare annuale di Euro 14.123,20).
il cieco totale non ricoverato nato prima del 1 gennaio 1931 (fasce 7, 10), solo e con un reddito basso percepirà una somma personale aggiuntiva mensile di Euro 281,53, oltre alla pensione di Euro 356,80 [data da Euro 302,23 INVCIV+ Euro 54,57 aumento ex art. 67 della Legge N. 448/1998], per arrivare al limite reddituale personale annuale di Euro 8.298,29 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 302,23, incrementata di Euro 54,57 per l’applicazione dell’art. 67 della Legge N. 448/1998, il calcolo sarà il seguente: Euro 356,80 + somma aggiuntiva di Euro 281,53 = totale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità darà un reddito personale annuale di Euro 8.298,29);
il cieco totale non ricoverato nato prima del 1 gennaio 1931 (fasce 7, 10), coniugato e con un reddito familiare basso percepirà una somma personale aggiuntiva mensile di Euro 281,53, oltre alla pensione di Euro 356,80 [data da Euro 302,23 INVCIV+ Euro 54,57 aumento ex art. 67 della Legge N. 448/1998], per arrivare al limite reddituale familiare annuale di Euro 14.123,20 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 302,23, incrementata di Euro 54,57 per l’applicazione dell’art. 67 della Legge N. 448/1998, e la moglie è titolare del solo assegno sociale (che per il 2017 è pari a Euro 448,07), il calcolo sarà il seguente: Euro 356,80 + somma aggiuntiva di Euro 281,53 = totale personale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità e sommato all’assegno sociale di Euro 448,07 della moglie sempre per 13 mensilità, darà un reddito familiare annuale di Euro 14.123,20).
il cieco totale non ricoverato ultrasessantacinquenne nato dopo il 31 dicembre 1930 (fasce 7, 10), solo e con un reddito basso percepirà una somma personale aggiuntiva mensile di Euro 265,38, oltre alla pensione di Euro 372,95 [data da Euro 302,23 INVCIV+ Euro 70,72 aumento ex art. 67 della Legge N. 448/1998], per arrivare al limite reddituale personale annuale di Euro 8.298,29 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 302,23, incrementata di Euro 70,72 per l’applicazione dell’art. 67 della Legge N. 448/1998, il calcolo sarà il seguente: Euro 372,95 + somma aggiuntiva di Euro 265,38 = totale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità darà un reddito personale annuale di Euro 8.298,29);
il cieco totale non ricoverato ultrasessantacinquenne nato dopo il 31 dicembre 1930 (fasce 7, 10), coniugato e con un reddito familiare basso percepirà una somma personale aggiuntiva mensile di Euro 265,38, oltre alla pensione di Euro 372,95 [data da Euro 302,23 INVCIV+ Euro 70,72 aumento ex art. 67 della Legge N. 448/1998], per arrivare al limite reddituale familiare annuale di Euro 14.123,20 (ad es. se la sua unica fonte di reddito è la pensione INVCIV di Euro 302,23, incrementata di Euro 70,72 per l’applicazione dell’art. 67 della Legge N. 448/1998, e la moglie è titolare del solo assegno sociale (che per il 2017 è pari a Euro 448,07), il calcolo sarà il seguente: Euro 372,95 + somma aggiuntiva di Euro 265,38 = totale personale mensile di Euro 638,33 che moltiplicato per 13 mensilità e sommato all’assegno sociale di Euro 448,07 della moglie sempre per 13 mensilità darà un reddito familiare annuale di Euro 14.123,20).
Il reddito della pensione INVCIV, oltre agli aumenti INVCIV (ex art. 67 della Legge N. 448 del 1998, ex art. 70, comma 6, della Legge 388/2000 o per l’incremento INVCIV al milione), si somma anche ad eventuali altri redditi personali, se percepiti dal pensionato. Fondamentale ai fini della percezione della somma aggiuntiva, il cui importo va a concorso fino al raggiungimento del limite previsto, è il rispetto dei limiti reddituali che, si ribadiscono, sono: di Euro 8.298,29 se il pensionato fa nucleo familiare a se stante, e di Euro 14.123,20 se coniugato.
Ad. es., se le fonti di reddito di un soggetto cieco totale ultrasessantenne anni (fasce 6,7,10 e 11) o cieco parziale ultrasettantenne ( fasce 8, 12, 13, 16 e 17) – nucleo familiare a se stante – sono la pensione INVCIV e altri Redditi da Pensionato (RP), il calcolo sarà il seguente: Euro INCIV + eventuali maggiorazioni INVCIV o sociali + RP + somma personale aggiuntiva X a concorso= totale mensile di Euro 638,33 che per 13 mensilità darà un reddito personale annuale di Euro 8.298,29.
Analogo calcolo se coniugato, per arrivare al limite reddituale familiare annuale di Euro 14.123,20.
Per ottenere gli aumenti INVCIV (calcolo dell’aumento INVCIV previsto dall’art. 67 della Legge N. 448 del 1998, calcolo dell’aumento INVCIV previsto dall’art. 70, comma 6, della Legge 388/2000 (Finanziaria 2001), l’incremento INVCIV al milione) nonché per richiedere altre tipologie di maggiorazioni sociali non collegate alle prestazioni per invalidità civile (circolare INPS 8/2017, allegato 3), l’interessato dovrà presentare apposita istanza, anche tramite via patronale, compilando il modello INPS AP11 per Prestazioni Accessorie (Barrare la seconda casella).
Infine, per le detrazioni d’imposta per familiari a carico si prenda visione sempre dell’allegato 3 della circolare INPS N. 8 del 17-1-2017, Tabella N pag. 39 e successive (ad es. per ogni figlio portatore di handicap).
Le Prestazioni e gli Indicatori del Decreto sull’inclusione sono da modificare, di Gianluca Rapisarda
Sulla “presunta” continuità didattica garantita agli alunni/studenti con disabilità dall’art 12 del neonato Decreto 378 sulla promozione dell’inclusione scolastica ho già espresso tutte le mie perplessità in un mio precedente contributo.
Con il presente articolo, invece, intendo soffermarmi sulle lacunose prestazioni “essenziali previste dall’art 3 della sopraccitata Delega sull’inclusione (prestazioni e competenze) e sui carenti “criteri di valutazione” (o Indicatori di qualità?) stabiliti dal successivo art 4 ( valutazione ed autovalutazione della qualità dell’inclusione.
Al riguardo, mi permetto di avanzare alcune proposte “migliorative” al testo, che potrebbero essere sottoposte dall’UICI alle competenti Commissioni parlamentari che lo esamineranno nei prossimi 60 giorni, prima della pubblicazione definitiva del Decreto.
Ve le riporto di seguito:
L’articolo 3 (Prestazioni e competenze) individua le prestazioni “essenziali” per l’inclusione scolastica effettuando una ricognizione dei compiti già assegnati, a normativa vigente, a ciascun Ente istituzionalmente preposto a garantire il diritto-dovere all’istruzione degli alunni e degli studenti con disabilità.
In virtù dell’attuale assetto di riparto delle competenze come tracciato dal vigente Titolo V della Costituzione, le funzioni dei vari Enti coinvolti nel processo d’inclusione scolastica, sono ripartite nel seguente modo:
allo Stato competono:
1. l’assegnazione, per il tramite dell’Amministrazione scolastica, dei docenti per il sostegno didattico, al fine di assicurare il diritto all’educazione e all’istruzione degli alunni e degli studenti con disabilità. Io suggerirei di scrivere “l’assegnazione sin dall’inizio dell’anno scolastico…”. Mi pare il minimo, non credete?
2. l’assegnazione, per il tramite dell’ Amministrazione scolastica, del personale ausiliario nella scuola statale, per lo svolgimento dei compiti di assistenza previsti dal profilo professionale, ai sensi della normativa vigente.
3. la costituzione delle sezioni per la scuola dell’infanzia e delle classi prime per ciascun grado di istruzione, in modo da consentire, di norma, la presenza di non più di 22 alunni ove siano presenti studenti con disabilità certificata, fermo restando il numero minimo di alunni o studenti per classe, ai sensi della normativa vigente. Modificherei immediatamente l’espressione “di norma la presenza di non più di 22 alunni ove siano presenti studenti con disabilità certificata”, che sconfessa e non tiene conto del sacrosanto” art 5 del DPR 81 del 2009, con la più efficace e legittima “solo in via eccezionale la presenza di 22 alunni ove siano presenti studenti con disabilità certificata”.
4. la definizione dell’organico del personale ATA, tenendo conto, in sede di riparto delle risorse professionali, della presenza di alunni e di studenti con disabilità certificata presso ciascuna Istituzione scolastica statale, anche in deroga ai vincoli numerici come previsto dalle disposizioni vigenti.
5. assegnare alle istituzioni scolastiche paritarie un contributo economico, parametrato al numero degli alunni e degli studenti con disabilità certificata frequentanti, finalizzato all’inclusione scolastica degli stessi, ai sensi della legislazione vigente.
Integrerei altre due prestazioni “essenziali in capo allo Stato in materia di inclusione scolastica degli alunni/studenti con disabilità visiva e cioè:
6) L’istituzione da parte del MIUR della figura dell’”esperto in scienze tiflologiche” o, quantomeno, di una figura che possieda competenze di base in tiflopedagogia e tiflodidattica, al fine di assicurare il diritto all’educazione ed all’istruzione degli alunni/studenti con disabilità visiva.
7) L’istituzione da parte del MIUR di uno “Sportello di Consulenza” per le principali tipologie di disabilità presso i CTS esistenti su tutto il territorio nazionale, per fornire informazioni ed assistenza di base agli alunni/studenti disabili ed alle loro famiglie, da realizzare attraverso apposite convenzioni con le Associazioni più rappresentative di persone con disabilità. (naturalmente, nel nostro caso, mi riferisco all’Unione)
Alle Regioni, previa intesa in sede di Conferenza unificata, compete assicurare la progressiva uniformità su tutto il territorio nazionale della definizione dei profili professionali del personale destinato all’assistenza educativa e all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale, anche attraverso previsione di specifici percorsi formativi propedeutici allo svolgimento dei compiti assegnati, fermi restando gli ambiti di competenza della contrattazione collettiva e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente. Alla previsione di specifici percorsi formativi, io integrerei l’attributo “universitari”, se si vuole veramente una formazione di qualità di tali operatori.
Agli Enti locali, ferma restando la ripartizione delle competenze prevista dall’articolo 1, comma 85 e seguenti della legge 7 aprile 2014 n. 56, competono:
a) l’assegnazione del personale dedicato all’assistenza educativa e all’assistenza per l’autonomia e per la comunicazione personale, come previsto dall’articolo 13, comma 3, della legge n. 104 del 1992;
b) i servizi per il trasporto per l’inclusione scolastica come garantiti dall’articolo 8, comma 1, lettera c) della legge n. 104 del 1992 e dall’articolo 139, comma 1, lettera c) del decreto legislativo n. 112 del 1998;
c) l’accessibilità e la fruibilità degli spazi fisici delle istituzioni scolastiche statali di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c), ed all’art 24 della legge n. 104 del 1992.
Aggiungerei un’altra prestazione “essenziale in capo agli Enti locali in materia di inclusione scolastica, vale a dire:
D) La creazione da parte degli Enti Locali, nell’ambito della programmazione regionale ed in convenzione con l’UICI ed i suoi Enti collegati, di un Centro di Consulenza Tiflodidattica (ove possibile per ogni provincia o città metropolitana, o comunque di almeno uno per Regione) in modo da favorire la costituzione di una rete tra tutti gli Enti e le strutture deputati al processo di inclusione scolastica degli studenti minorati della vista del territorio.
In ultimo, l’articolo 3 definisce una prestazione comune a ciascuno degli Enti istituzionalmente preposti alla garanzia dell’inclusione scolastica nell’ambito della strumentazione didattica, ovvero statuisce la garanzia in capo allo Stato (Istituzioni scolastiche), alle Regioni (diritto allo studio) e agli Enti locali (erogazione dei sussidi didattici) dell’accessibilità e della fruibilità di strumentazioni tecnologiche e digitali nell’ambito della didattica, oggi indispensabili per l’apprendimento degli alunni e degli studenti con determinate tipologie di disabilità, quali, ad esempio, quelle sensoriali. Io aggiungerei all’accessibilità ed alla fruibilità anche la qualità e l’efficienza delle strumentazioni tecnologiche e digitali nell’ambito della didattica, ed a tali strumentazioni integrerei ovviamente pure i testi scolastici in formato “accessibile”, resi disponibili sin dall’inizio dell’anno scolastico. Infatti, mi pare davvero strano che il legislatore non abbia pensato a tale “prestazione essenziale”, considerate le attuali carenze del “sistema” su tale aspetto specifico.
L’articolo 4 (Valutazione ed autovalutazione della qualità dell’inclusione scolastica) qualifica l’inclusione scolastica quale elemento portante dei processi di valutazione e di autovalutazione delle scuole, nell’ambito del Sistema Nazionale di Valutazione come disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica
n. 80 del 2013.
L’articolo, al comma 2, introduce i criteri relativi al processo di valutazione e di autovalutazione delle Istituzioni scolastiche, statali e paritarie, in tema di inclusione scolastica.
Obiettivo della norma è, quindi, quello di identificare dei criteri che consentano alle scuole di valutare la propria azione inclusiva, di misurarla e di apportare le opportune strategie per migliorarla o consolidarla. I criteri identificati (od Indicatori di qualità) sono i seguenti:
a) qualità del Piano per l’inclusione scolastica (PAI);
b) realizzazione di processi di personalizzazione, individualizzazione e differenziazione dei percorsi di educazione, istruzione e formazione, definiti ed attivati dalla scuola, in funzione delle caratteristiche specifiche degli alunni e degli studenti al fine di garantire loro il successo formativo;
c) livello di coinvolgimento dei diversi soggetti nell’elaborazione del Piano per l’inclusione e nell’attuazione dei processi di inclusione;
d) realizzazione di iniziative finalizzate alla valorizzazione delle competenze professionali del personale scolastico incluse le specifiche attività formative;
e) utilizzo di strumenti e criteri condivisi per la valutazione dei risultati di apprendimento degli alunni e degli studenti, anche attraverso il riconoscimento delle differenti modalità di comunicazione;
f) grado di accessibilità e di fruibilità delle risorse, attrezzature, strutture e spazi. Aggiungerei al grado di accessibilità e fruibilità anche il livello di qualità e l’efficienza ed ovviamente pure l’eliminazione delle barriere architettoniche e percettive.
Integrerei pure i sottostanti indispensabili “Indicatori di qualità” dell’inclusione scolastica:
G) La periodica manutenzione tecnica dei sussidi didattici e delle tecnologie assistive delle scuole di ogni ordine e grado, per assicurarne le condizioni di funzionalità, l’aggiornamento costante e l’efficienza dello stato strutturale.
H) L’obbligo del rilascio da parte del venditore alle scuole, agli Enti locali, alle Asl ed ai privati di una “garanzia”, contenente le seguenti informazioni relative agli strumenti tecnologici, tiflotecnici ed ai sussidi didattici a supporto degli alunni/studenti con disabilità: costruttore, costo, anno di produzione, eventuale venditore ed ovviamente, anche il libretto delle istruzioni trascritto in formato accessibile. Tale “documento d’identità” delle attrezzature “assistive” e dei sussidi didattici costituisce il loro certificato di qualità.
I) L’effettuazione di azioni finalizzate all’educazione, formazione ed istruzione dei disabili visivi, che tengano conto della condizione di cecità o di ipovisione, volte al successo formativo ed al processo inclusivo degli studenti minorati della vista sarà specifico e di tipo tiflopedagogico nel metodo e nell’applicazione, ed avrà come certificatore dei risultati l’equipe “tiflopsicopedagogica”.
J) La definizione da parte delle Istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado di un Piano Annuale d’Inclusività (PAI) che sia parte integrante del Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF).
K) L’uniformità, su tutto il territorio nazionale, della definizione dei profili professionali del personale destinato all’accompagnamento, alla comunicazione, ed all’assistenza specialistica degli alunni con disabilità (l’assistente all’autonomia ed alla comunicazione e l’esperto in scienze tiflologiche), attraverso l’individuazione di specifici percorsi formativi universitari, propedeutici allo svolgimento dei compiti assegnati.
L) Realizzazione del progetto di inclusione/globale di vita da parte delle Istituzioni scolastiche e tipologia di figure di riferimento e/o supporto dell’alunno/studente con disabilità, deputate alla sua redazione e presa in carico.
M) Stesura di un Programma di Orientamento scolastico e professionale dell’alunno/studente con disabilità e tipologia di figure professionali incaricate alla sua elaborazione.
N) Rapporti delle Istituzioni scolastiche con le famiglie degli alunni e degli studenti con disabilità.
O) Rapporti interistituzionali delle Istituzioni scolastiche con gli Enti Locali, con le ASL, con le altre scuole e con le Associazioni più rappresentative di e per disabili.
P) Rapporti delle Istituzioni scolastiche con i Centri Territoriali di Supporto (CTS).
Naturalmente, si tratta di un pacchetto di proposte “migliorative” del Decreto sull’inclusione scolastica, che dovrà essere condiviso dalle principali Associazioni di e per disabili e dalle loro famiglie ed essere compatibile alle modifiche che potranno essere “realisticamente” apportate durante la discussione in seno alle competenti Commissioni parlamentari delle prossime settimane, visto che esse dovranno esprimere soltanto un parere.
Pertanto, lancio un appello di “unità” ed una “chiamata alle armi” ai principali esperti di sostegno didattico della FAND e della FISH affinché, tutti insieme, si lavori in stretta sinergia e collabori fattivamente in questi 60 giorni che ci separano dalla pubblicazione finale del testo, al fine di garantire un’inclusione pienamente di qualità agli alunni/studenti disabili del nostro Paese.
La posta in palio è troppo alta per non rischiare.
Conversazione telefonica con Dacia Maraini, di Cesare Barca
Con il mese di dicembre 2016 la rivista Senior è giunta al ventesimo anno della sua attività.
Vent’anni sono molti, ma sono trascorsi tanto velocemente e gradevolmente senza farci avvertire la fatica dell’impegno. Grazie alla libera attività di collaboratori estremamente motivati la rivista sonora è sempre stata costruita nella consapevolezza di svolgere un volontariato utile a tante persone che avvertivano e ancora vivono il bisogno di essere comprese, informate e sostenute nel percorso, talora difficile e faticoso, di giornate vuote di interessi e, in molti casi ,cariche di difficoltà.
Cogliendo l’occasione del Natale abbiamo pensato di interpellare la grande scrittrice Dacia Maraini che ha risposto immediatamente con entusiasmo e profonda serenità alla nostra richiesta di offrire a tutti i lettori alcune sue riflessioni particolarmente ricche di umanità e di saggezza.
Sono certo che questa conversazione telefonica possa essere gradita da molti e mi permetto perciò di offrirla pubblicamente: potrete ascoltarla integralmente scaricandola dal seguente link http://www.uiciechi.it/GiornaleElettronico/DaciaMaraini.mp3
Buon divertimento.
Cesare Barca
Decreto sull’inclusione e continuità didattica: una “presa in giro”?, di Gianluca Rapisarda
Come ho già avuto modo di osservare più volte sulle pagine di questo giornale, anche in risposta ai docenti specializzati riunitisi nel gruppo dei cosiddetti “Partigiani della scuola pubblica”, ho sempre ritenuto assolutamente indifferibile e necessaria la riforma dell’attuale sistema italiano del sostegno didattico.
A mio modesto avviso, infatti, la riflessione sul Decreto 378, approvato dal Governo Gentiloni lo scorso 14 Gennaio (schema di decreto per la promozione dell’inclusione scolastica), in questi 60 giorni che ci separano dalla pubblicazione del testo finale, non può essere animata dalla voglia di “trincerarsi” nella tutela ad ogni costo dell’esistente o in rimpianti di un passato che poteva essere e che non è stato, da parte delle nostre Associazioni di e per disabili più rappresentative e delle loro famiglie.
E’ tempo, invece, di guardare avanti, anche se con “realismo”, perché solo così si riuscirà finalmente a garantire il migliore futuro possibile all’inclusione scolastica degli alunni/studenti disabili italiani.
E proprio questo “pragmatismo” (unitamente al mio eterno ottimismo) mi inducono a giudicare “sufficientemente” condivisibile il “neonato” Decreto sull’inclusione, perché va nella direzione, da noi tanto auspicata, di:
1) una formazione iniziale ed in servizio specifica sulle diverse disabilità da parte non solo dei docenti specializzati, ma anche di tutto il personale scolastico (docenti curricolari, personale ATA ed anche dirigenti scolastici).
Da ora in poi, per i futuri docenti per il sostegno saranno necessari 120 cfu e non più solo 60 sulle tematiche della Pedagogia speciale e della Didattica inclusiva;
2) una scansione chiara e con tempi ben definiti della procedura di certificazione della disabilità degli alunni;
3) una semplificazione documentale (un solo documento) per la quantificazione delle ore di sostegno didattico per gli alunni/studenti con disabilità;
4) il rafforzamento del carattere “pedagogico ed educativo del Piano Educativo Individualizzato (PEI) e l’integrazione del Piano Annuale di Inclusione (PAI) con il Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF);
5) la definizione di prestazioni “essenziali” ed indicatori di qualità dell’inclusione scolastica degli allievi disabili;
6) una “parziale” continuità didattica, con l’istituzione di 4 ruoli per il sostegno (infanzia, primaria, secondaria di primo e di secondo grado) e con l’obbligo di permanenza per gli insegnanti specializzati sul posto di sostegno per 10 anni e non più cinque, prima di transitare nei posti “comuni”.
Ecco, forse proprio su tali ultimi due punti, previsti rispettivamente dall’art 3 del Decreto (prestazioni e competenze), dall’art 4 ( valutazione ed autovalutazione della qualità dell’inclusione, e dall’art 16 (continuità didattica), il testo mi pare un po’ “lacunoso” ed “emendabile” dalle competenti Commissioni parlamentari che lo esamineranno in queste settimane, tenuto conto però che esse potranno esprimere soltanto pareri non vincolanti per l’Esecutivo.
Sulle “prestazioni “essenziali” in capo allo Stato, alle Regioni ed agli Enti Locali e sui criteri di valutazione in materia di inclusione scolastica mi cimenterò in un altro mio contributo, mentre con il presente articolo vorrei soffermarmi sulla delicata e “spinosa” questione della “continuità didattica” da garantire agli allievi con disabilità
In proposito, dopo aver letto la nota dell’AICE, intitolata “Continuità didattica e schema del Governo? Una presa in giro”, non posso che condividere e associarmi al loro rammarico ed alla loro amarezza nell’aver appreso e dovuto prendere atto della mancata previsione del vincolo per i docenti per il sostegno di permanenza con il medesimo alunno/studente disabile per tutto il suo segmento d’istruzione.
Infatti, se è vero, come sopra accennato, che l’art 12 del D.Lgs 378 obbliga il docente specializzato a rimanere sul posto di sostegno per 10 anni e non più per soli 5 anni, prima di transitare sul posto comune, è altrettanto vero che, durante questi dieci anni, tuttavia, purché restino in quel comparto, essi potranno senza limiti chiedere d’essere trasferiti da Torino a Napoli o da Trento a Palermo senza dover renderne conto all’alunno disabile, ai loro genitori, alla loro scuola.
«È questa la continuità didattica prevista dalla legge e richiamata ripetutamente dalla ministra Fedeli?
E’ questa la domanda che mi sorge subito spontanea e con la quale si interroga preoccupata anche la rivista specializzata Tuttoscuola.com che in questi giorni, con un suo recente dossier, ha posto il dibattito sullo «tsunami» nelle classi di sostegno.
I numeri sono allarmanti: se oltre 2 milioni e mezzo di alunni (il 33% dell’intera popolazione scolastica) si trovano quest’anno con almeno un insegnante nuovo in classe, è andata ancora peggio agli alunni con disabilità, perché – secondo i calcoli del dossier di Tuttoscuola – almeno 100 mila di loro (il 43% dei 233 mila alunni disabili presenti quest’anno nelle classi di ogni ordine di scuola) hanno cambiato il docente di sostegno.
Questa grave situazione determina di fatto l’impossibilità di assicurare agli allievi disabili quella continuità didattica che risulta essere un fattore determinante per favorirne il successo formativo.
A mio parere, tale problema scaturisce dal fatto che numerosi posti di sostegno sono attribuiti a docenti con contratto a tempo determinato: la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (FISH), l’anno scorso, ha stimato che quasi il 40% dei posti sono coperti tuttora da docenti precari.
A ciò si aggiunga che il Piano straordinario di immissione in ruolo, previsto e realizzato dalla legge n. 107/2015, non ha risolto, con le circa 25.000 assunzioni effettuate sui posti di sostegno, il suddetto problema.
Un’ulteriore delusione in tal senso è arrivata dal numero dei posti che sono stati banditi per il sostegno con l’ultimo concorso: 5.766 (in tre anni), quando se ne aspettavano almeno il doppio.
Per non parlare poi delle tantissime mancate ammissioni di quest’ultimo concorso – il cosiddetto “Concorsone” – e dell’enorme domanda di insegnanti di sostegno (circa 120.000 in servizio di cui circa il 60% di ruolo), che hanno letteralmente mandato in tilt il sistema scolastico territoriale.
Si ricordi a tal proposito la Nota Ministeriale Protocollo n. 24306 del 1° settembre 2016, che recitava testualmente: «In caso di esaurimento degli elenchi degli insegnanti di sostegno compresi nelle graduatorie ad esaurimento, i posti eventualmente residuati sono assegnati dai dirigenti scolastici delle scuole in cui esistono le disponibilità, utilizzando gli elenchi tratti dalle graduatorie di circolo e d’istituto, di prima, seconda e terza fascia». Migliaia di cattedre di sostegno sono state perciò affidate a docenti senza alcun tipo di specializzazione, costringendo in tal modo le famiglie di persone con disabilità a ricorrere sempre più spesso ai giudici per dare un’istruzione adeguata ai loro figli.
Temo proprio che, stante così il Decreto sull’inclusione scolastica e cioè senza alcuna modifica parlamentare o “governativa”, i numeri sopra riportati ed il mancato “vincolo” del docente per il sostegno con il suo alunno/studente con disabilità per l’intero suo “grado” di istruzione non potranno garantire di certo un’effettiva continuità didattica e faranno in modo che si perpetui il sistema attuale, sulla base del quale la maggior parte degli allievi disabili sono costretti, ogni anno, a cambiare docente di sostegno e a ricominciare tutto da capo (relazione educativa, nuovo metodo di insegnamento, relazione docente-classe-alunno disabile …).
Un’”ancora di salvezza” potrebbe arrivare dall’assunzione di un numero maggiore di docenti, in modo da abbassare considerevolmente l’attuale percentuale di posti attribuiti a supplenza.
Infatti, se la previsione dell’art 12 del nuovo Decreto sull’inclusione del “vincolo decennale” per i docenti specializzati su loro “posto” va finalmente nella “sacrosanta” direzione di evitare di utilizzare la “via”del sostegno come scorciatoia per anticipare i tempi di immissione nei ruoli ordinari dell’insegnamento, a mio modesto avviso, sono tre le “condizioni necessarie ed ineludibili”, senza le quali, risulterà impossibile garantire la tanto declamata continuità didattica:
la modifica dei criteri di costituzione degli organici dei docenti specializzati a livello nazionale;
l’assunzione di un numero elevato di docenti di sostegno;
l’obbligo del docente specializzato di seguire l’alunno per l’intero segmento d’istruzione seguito (infanzia, primaria e secondaria di primo e di secondo grado).
Il vincolo, pertanto, oltre che essere legato ad un numero predeterminato di anni (e l’obbligo di permanenza decennale ci va benissimo), deve corrispondere anche e soprattutto al percorso dell’alunno con disabilità: un docente per il sostegno della scuola primaria, ad esempio, dovrebbe poter chiedere la mobilità professionale e/o territoriale dopo cinque anni, od un insegnante specializzato della scuola media potrebbe chiederla dopo che l’allievo disabile consegua la licenza, anzi scherzavo, non consegua la licenza media, come pare che dovrebbe sorprendentemente succedere per gli allievi disabili con il nuovo Decreto 384 sulla valutazione degli alunni, approvato lo scorso 14 Gennaio.
Ma questa è un’altra triste storia!
Solo realizzando concretamente le tre condizioni “strutturali” di cui sopra, sarà possibile garantire un’effettiva continuità didattica e realizzare pienamente l’inclusione scolastica degli alunni/studenti con disabilità del nostro Paese.
La certezza è che, di fronte a tali evidenti carenze e criticità del Decreto 378 appena partorito dal Governo, la FAND , la FISH e le famiglie degli allievi con disabilità non rimangano inerti e neutrali in questi giorni di discussione del testo presso le Commissioni della Camera e del Senato.
Tutti insieme dobbiamo innalzare la bandiera della “resistenza” e batterci per una diversa visione dell’inclusione scolastica, che rovesci i meccanismi “perversi” dell’attuale sistema e ponga finalmente l’alunno/studente con disabilità, con la sua dignità ed i suoi bisogni educativi, al centro di un modello di “Buona Scuola”, veramente di qualità ed “inclusiva” per tutti e per ciascuno.
Corso di Vela autonoma per non vedenti 18-25 marzo 2017 – Homerus Associazione Onlus – Scuola di Vela –
“Chiudo gli occhi, sono al timone, concentrato e rilassato allo stesso tempo, sento che il vento, anzi no, il vento e la barca mi dicono dove devo andare, piccoli movimenti della mano, quasi impercettibili, e scivolo senza rumore sulla superfice di questo lago incantato. Apro gli occhi ma non cambia quasi nulla: non ricordavo che ero cieco, non ricordavo che ero ipovedente.”
Homerus Associazione Onlus , Circolo Fiv (Federazione Italiana Vela ), prima scuola di vela dedicata ai non vedenti ed ipovedenti ,
Informa tutti gli interessati che sono aperte le iscrizioni al corso di vela autonoma per non vedenti che si terrà dal 18 al 25 marzo 2017 presso la sede della scuola di vela Homerus, a Bogliaco (sponda bresciana del lago di Garda) comune di Gargnano.
Il corso, tenuto da istruttori volontari con esperienza pluriennale nell’insegnamento ai non vedenti ed ipovedenti, avrà lo scopo di insegnare ai partecipanti la conduzione ed il governo in autonomia di una imbarcazione a. vela, le imbarcazioni utilizzate saranno a chiglia fissa, classe Meteor.
Negli ultimi giorni del corso i nuovi allievi potranno inoltre navigare con altri velisti non vedenti ed ipovedenti, che, navigando da molti anni, condivideranno le loro esperienze completando la formazione con proprie strategie e modalità nella navigazione a vela.
Il costo per persona è di € 270 per il corso e di € 80 per la quota associativa, comprensiva di Tessera Fiv, incluso il salvagente personale che resterà al partecipante al termine del corso.
E’ necessario che il partecipante si munisca di abbigliamento adeguato come, ad esempio, cerata da barca completa di giacca e pantaloni.
Homerus, previo accordi, potrà fornire cerate adeguate ai partecipanti ad un prezzo agevolato.
I costi di vitto ed alloggio e l’organizzazione alberghiera è a carico dei partecipanti, Homerus è disponibile a fornire informazioni se richieste.
Il numero massimo di partecipanti è di 8 allievi
Per potersi iscrivere è necessario telefonare a Luigi Bertanza 347-2320475 o in segreteria al numero 0365-599656.
Entro 20 giorni dall’inizio del corso, previo conferma della segreteria , il partecipante dovrà versare sia la quota che l’iscrizione,
Mediante bonifico bancario su Banca Prossima, Agenzia di Milano,
IBAN IT84I0335901600100000003401
Intestato a HOMERUS ASSOCIAZIONE ONLUS di € 350, e comunicare a info@homerus.it tutti i propri dati:
nome cognome telefono e-mail indirizzo e codice fiscale, oltre al certificato medico in corso di validità, attestante l’idoneità alla pratica sportiva.
Dopo il corso sarà possibile, accompagnati dai nostri volontari ed amici , utilizzare le barche dell’associazione per veleggiate ed allenamenti.
Vi aspettiamo numerosi.
Buon Vento.
Le novità introdotte dal Decreto sull’inclusione, di Gianluca Rapisarda
Il d.lgs. n. 378 del 2017 (Decreto legislativo sull’inclusione scolastica), approvato dal Governo lo scorso 14 Gennaio, è stato adottato in attuazione della delega conferita al Governo dalla norma di cui all’articolo 1, comma 181, lettera c), della legge n. 107 del 2015, recante “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti” che dispone: c) promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità e riconoscimento delle differenti modalità di comunicazione attraverso:
1) la ridefinizione del ruolo del personale docente di sostegno alfine difavorire l’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, anche attraverso l’istituzione di appositi percorsi di formazione universitaria;
2) la revisione dei criteri di inserimento nei ruoli per il sostegno didattico, al fine di garantire la continuità del diritto allo studio degli alunni con disabilità, in modo da rendere possibile allo studente di fruire dello stesso insegnante di sostegno per l’intero ordine o grado di istruzione;
3) l’individuazione dei livelli essenziali delle prestazioni scolastiche, sanitarie e sociali, tenuto conto dei diversi livelli di competenza istituzionale;
4) la previsione di indicatori per l’autovalutazione e la valutazione dell’inclusione scolastica;
5) la revisione delle modalità e dei criteri relativi alla certificazione, che deve essere volta a individuare le abilità residue al fine di poterle sviluppare attraverso percorsi individuati di concerto con tutti gli specialisti di strutture pubbliche, private o convenzionate che seguono gli alunni riconosciuti disabili ai sensi degli articoli 3 e 4 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e della legge 8 ottobre 2010, n. 170, che partecipano ai gruppi di lavoro per l’integrazione e l’inclusione o agli incontri informali;
6) la revisione e la razionalizzazione degli organismi operanti a livello territoriale per il supporto all’inclusione;
7) la previsione dell’obbligo di formazione iniziale e in servizio per i dirigenti scolastici e per i docenti sugli aspetti pedagogico didattici e organizzativi dell’integrazione scolastica;
8) la previsione dell’obbligo di formazione in servizio per il personale amministrativo, tecnico e ausiliario, rispetto alle specifiche competenze, sull’assistenza di base e sugli aspetti organizzativi ed educativo-relazionali relativi al processo di integrazione scolastica;
9) la previsione della garanzia dell’istruzione domiciliare per gli alunni che si trovano nelle condizioni di cui all’articolo 12, comma 9, della legge 5febbraio 1992, n. 104.
Esaminando l’articolato, di seguito, si illustra una sintesi del decreto legislativo sull’inclusione che è costituito di 21 articoli.
Gli articoli sono suddivisi in 7 Capi, segnatamente: Capo I : Principi generali.; Capo II: Prestazioni e indicatori di qualità dell’inclusione scolastica; Capo III: Procedure di certificazione per l’inclusione scolastica; Capo IV: Organizzazione scolastica per l’assegnazione delle risorse; Capo V: Programmazione e progettazione dell’inclusione; Capo VI: Formazione iniziale dei docenti per il sostegno didattico; Capo VII: Ulteriori disposizioni
L’articolo 1 (Principi e finalità) definisce, in linea generale, il concetto di “scuola inclusiva”.
Tale concetto ha avuto un’evoluzione storico-culturale che, a partire dalla legge 30 marzo 1971 n. 118 che propose un nuovo modello di scolarizzazione degli alunni disabili nelle classi comuni anziché nelle classi “speciali”, ha interessato il sistema scuola nel suo complesso. L’inclusione scolastica, inizialmente denominata “integrazione” nasce, originariamente, per garantire il diritto di istruzione e successo formativo dei minori disabili ma, rappresenta, oggi, un valore fondamentale e fondante l’identità stessa delle singole istituzioni scolastiche, siano esse statali o paritarie, valido per tutti gli alunni e studenti.
E ciò, grazie soprattutto alle recenti approvazioni della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (International Classification of Functioning, Disability and Health -ICF) da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS nel 2001 e della Convenzione internazionale sui diritti delle persone con disabilità da parte delle Nazioni Unite nel 2006.
L’inclusione scolastica è individuata quale architrave dell’identità culturale, educativa e progettuale delle scuole caratterizzandone nel profondo la mission educativa, attraverso un coinvolgimento diretto e cooperativo di tutte le componenti scolastiche. Essa, pertanto, è sviluppata e valorizzata nell’ambito dei documenti fondamentali della vita della scuola, quali il Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF) che caratterizza l’identità culturale ed educativa delle singole istituzioni scolastiche.
A fronte della nuova visione di scuola inclusiva, in cui il successo formativo riguarda tutti gli alunni e gli studenti, nessuno escluso, il decreto interviene a rinnovare, ed adeguare, le strategie specifiche messe in atto per gli alunni e studenti con disabilità di cui alla legge 104 del 1992.
L’articolo, infine, sottolinea come tutti gli interventi a favore degli alunni/studenti con disabilità vanno nella direzione di superare necessariamente la vecchia concezione di loro “presa in carico” da parte dei docenti, ribadendo che l’inclusione scolastica, perché sia effettiva, interessa invece tutte le componenti scolastiche, e non solo il docente di sostegno, ovvero dirigenti scolastici, docenti curricolari, personale ATA, studenti e famiglie nonché tutti gli operatori istituzionali deputati al perseguimento degli obiettivi di inclusione.
L’articolo 2 (Ambito di applicazione) individua i soggetti beneficiari del decreto: l’atto è incentrato esclusivamente sull’inclusione scolastica degli alunni e degli studenti con disabilità certificata ai sensi della legge n. 104 del 1992.
L’articolo focalizza l’attenzione sull’inclusione scolastica da realizzarsi in un sistema integrato che, come già anticipato all’articolo 1, opera all’interno di un progetto complessivo di sostegno ed assistenza, realizzato da scuola, famiglia e i diversi soggetti, pubblici e privati, a diverso titolo coinvolti e con diverse competenze e responsabilità. Il Piano Educativo Individualizzato (PEI) è inserito, infatti, quale parte integrante, del Progetto individuale, potenziandone sostanzialmente il ruolo, essendo lo stesso non un mero documento burocratico, ma l’occasione fondamentale per la realizzazione del “progetto di vita” degli alunni e degli studenti con disabilità.
In sostanza, l’art 2 ricalca appositamente l’innovativo concetto di “condivisione” nell’ambito della definizione del PEI, agganciandosi così a quell’idea cooperativa di inclusione scolastica che non riguarda solo il docente per il sostegno, ma tutte le componenti scolastiche, rimarcando al contempo, nell’ambito dei diritti, tutte le misure previste a legislazione vigente per il supporto, anche materiale, necessario per l’inclusione scolastica.
L’articolo 3 (Prestazioni e competenze) individua le prestazioni per l’inclusione scolastica effettuando una ricognizione dei compiti già assegnati, a normativa vigente, a ciascun Ente istituzionalmente preposto a garantire il diritto-dovere all’istruzione degli alunni e degli studenti con disabilità.
L’art 3 ribadisce che le scelte in materia di disabilità vanno nella direzione di definire un sistema integrato degli interventi fra servizio sociale, sanitario ed istruzione.
In virtù dell’attuale assetto di riparto delle competenze come tracciato dal vigente Titolo V della Costituzione, le funzioni dei vari Enti coinvolti nel processo d’inclusione scolastica, sono ripartite nel seguente modo:
allo Stato competono:
l’assegnazione, per il tramite dell’Amministrazione scolastica, dei docenti per il sostegno didattico, al fine di assicurare il diritto all’educazione e all’istruzione degli alunni e degli studenti con disabilità.
l’assegnazione, per il tramite dell’ Amministrazione scolastica, del personale ausiliario nella scuola statale, per lo svolgimento dei compiti di assistenza previsti dal profilo professionale, ai sensi della normativa vigente.
la costituzione delle sezioni per la scuola dell’infanzia e delle classi prime per ciascun grado di istruzione, in modo da consentire, di norma, la presenza di non più di 22 alunni ove siano presenti studenti con disabilità certificata, fermo restando il numero minimo di alunni o studenti per classe, ai sensi della normativa vigente.
la definizione dell’organico del personale ATA, tenendo conto, in sede di riparto delle risorse professionali, della presenza di alunni e di studenti con disabilità certificata presso ciascuna Istituzione scolastica statale, anche in deroga ai vincoli numerici come previsto dalle disposizioni vigenti.
assegnare alle istituzioni scolastiche paritarie un contributo economico, parametrato al numero degli alunni e degli studenti con disabilità certificata frequentanti, finalizzato all’inclusione scolastica degli stessi, ai sensi della legislazione vigente.
Alle Regioni, previa intesa in sede di Conferenza unificata, compete assicurare la progressiva uniformità su tutto il territorio nazionale della definizione dei profili professionali del personale destinato all’assistenza educativa e all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale, anche attraverso previsione di specifici percorsi formativi propedeutici allo svolgimento dei compiti assegnati, fermi restando gli ambiti di competenza della contrattazione collettiva e nei limiti delle risorse disponibili a legislazione vigente.
Agli Enti locali, ferma restando la ripartizione delle competenze prevista dall’articolo 1, comma 85 e seguenti della legge 7 aprile 2014 n. 56, competono:
a) l’assegnazione del personale dedicato all’assistenza educativa e all’assistenza per l’autonomia e per la comunicazione personale, come previsto dall’articolo 13, comma 3, della legge n. 104 del 1992;
b) i servizi per il trasporto per l’inclusione scolastica come garantiti dall’articolo 8, comma 1, lettera c) della legge n. 104 del 1992 e dall’articolo 139, comma 1, lettera c) del decreto legislativo n. 112 del 1998;
c) l’accessibilità e la fruibilità degli spazi fisici delle istituzioni scolastiche statali di cui all’articolo 8, comma 1, lettera c), ed all’art 24 della legge n. 104 del 1992.
In ultimo, l’articolo definisce una prestazione comune a ciascuno degli Enti istituzionalmente preposti alla garanzia dell’inclusione scolastica nell’ambito della strumentazione didattica, ovvero statuisce la garanzia in capo allo Stato (Istituzioni scolastiche), alle Regioni (diritto allo studio) e agli Enti locali (erogazione dei sussidi didattici) dell’accessibilità e della fruibilità di strumentazioni tecnologiche e digitali nell’ambito della didattica, oggi indispensabili per l’apprendimento degli alunni e degli studenti con determinate tipologie di disabilità, quali, ad esempio, quelle sensoriali.
L’articolo 4 (Valutazione della qualità dell’inclusione scolastica) qualifica l’inclusione scolastica quale elemento portante dei processi di valutazione e di autovalutazione delle scuole, nell’ambito del Sistema Nazionale di Valutazione come disciplinato dal decreto del Presidente della Repubblica
n. 80 del 2013.
L’articolo, al comma 2, introduce i criteri relativi al processo di valutazione e di autovalutazione delle Istituzioni scolastiche, statali e paritarie, in tema di inclusione scolastica.
In pratica, l’art delinea le direttrici fondamentali verso cui si deve muovere l’azione educativa e formativa nell’ambito dell’inclusione scolastica da parte delle Scuole nei più ampi processi di valutazione e di autovalutazione necessari per la definizione dei cosiddetti “piani di miglioramento”.
Obiettivo della norma è, quindi, quello di identificare dei criteri che consentano alle scuole di valutare la propria azione inclusiva, di misurarla e di apportare le opportune strategie per migliorarla o consolidarla. I criteri identificati sono i seguenti:
a) qualità del Piano per l’inclusione scolastica (PAI);
b) realizzazione di processi di personalizzazione, individualizzazione e differenziazione dei percorsi di educazione, istruzione e formazione, definiti ed attivati dalla scuola, in funzione delle caratteristiche specifiche degli alunni e degli studenti al fine di garantire loro il successo formativo;
c) livello di coinvolgimento dei diversi soggetti nell’elaborazione del Piano per l’inclusione e nell’attuazione dei processi di inclusione;
d) realizzazione di iniziative finalizzate alla valorizzazione delle competenze professionali del personale scolastico incluse le specifiche attività formative;
e) utilizzo di strumenti e criteri condivisi per la valutazione dei risultati di apprendimento degli alunni e degli studenti, anche attraverso il riconoscimento delle differenti modalità di comunicazione;
f) grado di accessibilità e di fruibilità delle risorse, attrezzature, strutture e spazi.
L’articolo 5 (Certificazione e valutazione diagnostico-funzionale) individua la “valutazione diagnostico-funzionale” in luogo della “diagnosi funzionale” (DF) e del “profilo dinamico-funzionale” (PDF), quale nuovo strumento per la definizione del cosiddetto “funzionamento” dell’alunno e dello studente con disabilità certificata ai sensi della legge n. 104 del 1992, che costituisce il fondamento su cui definire le diverse provvidenze, ivi incluso il diritto al sostegno didattico.
Si tratta, in concreto, di una semplificazione sia in termini documentali (un solo documento in luogo di due) che in termini temporali e di un tentativo di addivenire ad una definizione uniforme del documento su tutto il territorio nazionale (anche attraverso apposite Linee guida che saranno elaborate dall’INPS), onde evitare difformità applicative e superare le attuali discrasie normative.
L’articolo 6 (Commissioni mediche) modifica l’attuale assetto delle Commissioni mediche, prevedendo che siano composte da un medico specialista in medicina legale che assume le funzioni di presidente e da due medici dei quali uno scelto tra gli specialisti in neuropsichiatria infantile e l’altro tra gli specialisti in pediatria. Le Commissioni sono obbligatoriamente integrate dal medico INPS.
Al comma 2, la norma prevede che, al fine della predisposizione della valutazione diagnostico-funzionale, le Commissioni siano integrate da un rappresentante dell’ Amministrazione scolastica con specifiche competenze in materia di disabilità, nominato dall’Ufficio scolastico regionale competente per territorio e scelto tra i docenti impegnati in progetti e convenzioni di rilevanza culturale e didattica (organico dell’autonomia).
Nella fase della valutazione diagnostico-funzionale, si aggregheranno alle Commissioni pure uno specialista (terapista della riabilitazione) ed un operatore sociale, figure già previste dalle commissioni disciplinate all’articolo 4 della legge n. 104 del 1992.
Si tratta, in sostanza, di una inversione di tendenza rispetto all’attuale prassi che conduce all’assimilazione della condizione di gravità, come certificata ai sensi della legge n. 104 del 1992, all’attribuzione delle provvidenze, ivi incluso il sostegno didattico, senza che sul caso concreto vengano rilevati i bisogni effettivi di assistenza e di educazione, che mutano certamente in esito alla tipologia di disabilità, ma che non sono sempre certamente gli stessi in quanto, come è noto, una tipologia di disabilità incide sulla persona in maniera differente e plurima.
Reputo che in tal modo si corrisponderà meglio agli effettivi bisogni educativi e formativi dell’alunno/studente con disabilità nell’ambito delle provvidenze che ciascun soggetto istituzionale è tenuto ad erogare, evitando attribuzioni “meccaniche” che nulla hanno a che vedere con i suoi bisogni effettivi di integrazione.
Il comma5, infine, chiarisce che la quantificazione del sostegno didattico è di stretta competenza del Gruppo Inclusione Territoriale (GIT) come disciplinato dal presente decreto legislativo.
L’articolo 7 (Procedure della certificazione degli alunni/studenti con disabilità) al comma 1, precisa che l’INPS, soggetto a cui ordinariamente deve essere rivolta inizialmente l’istanza per la certificazione, deve trattare quelle relative all’inclusione scolastica in via prioritaria onde consentirne la calendarizzazione dell’accertamento entro 30 giorni dalla data di ricevimento dell’istanza. Le Commissioni mediche, conseguentemente, effettuano gli accertamenti e redigono il documento unico di cui al precedente articolo 6, entro 30 giorni dalla data di calendarizzazione dell’accertamento.
Il comma 2 scandisce le fasi relative all’inclusione scolastica, nel seguente modo:
a) presentazione da parte del medico di medicina generale o di un pediatra di libera scelta, in via telematica e su richiesta dei genitori o del soggetto con responsabilità genitoriale, della domanda di accertamento della condizione di disabilità. La domanda deve essere corredata dalla certificazione e dalla documentazione del medico specialista, redatte ai sensi di quanto previsto dal precedente articolo 5;
b) accertamento della condizione di disabilità, redazione della valutazione diagnostico-funzionale, individuazione e quantificazione di quanto previsto al precedente articolo 6 da parte della Commissione e successiva trasmissione ai genitori della documentazione;
c) trasmissione dei documenti da parte dei genitori all’Istituzione scolastica nonché al competente Ente locale ai fini della elaborazione, rispettivamente, del Piano Educativo Individualizzato, e del Progetto individuale ove richiesto dai Genitori;
d) elaborazione del Progetto Individuale da parte dell’Ente locale e trasmissione all’Istituzione scolastica;
e) trasmissione, a cura del Dirigente scolastico al Gruppo Territoriale Inclusione (GIT) di cui all’articolo 15 della legge n. 104 del 1992, come modificato dal presente decreto, ai fini della proposta delle risorse per il sostegno didattico, dei seguenti documenti:
1) documenti di cui ai precedenti articoli 5 e 6;
2) progetto individuale;
3) piano per l’inclusione (PAI);
4) elaborazione del Piano Educativo Individualizzato (PEI) da parte dell’Istituzione scolastica.
La procedura, in sintesi, solleva la famiglia da numerose incombenze burocratiche perlopiù demandate al medico di base e alla scuola. L’elaborazione della procedura, per completezza e per logica conseguenza, prevede che la redazione del Piano Educativo Individualizzato sia posto al termine dell’iter, in quanto il documento, d’ora in poi, dovrebbe avere un forte contenuto didattico-pedagogico, spogliandosi così definitivamente di qualsiasi richiamo burocratico. Esso sarà calibrato sulla base del progetto individuale nonché delle risorse di sostegno didattico definite nella procedura apposita.
L’articolo 8 (Gruppo per l’inclusione territoriale) novella l’articolo 15 della legge n. 104 del 1992, istituendo il GIT (Gruppo per l’inclusione territoriale) e sopprimendo tutti gli altri gruppi di lavoro ormai obsoleti.
Il GIT avrà il compito di procedere ad effettuare la proposta di risorse per il sostegno didattico all’USR competente per territorio. Esso sarà costituito per ogni ambito territoriale di cui all’articolo 1, comma 66, della legge n. 107 del 2015.
L’articolo 9 (Il Progetto individuale) prevede che il PEI sia parte integrante del progetto individuale di cui all’articolo 14, comma 2, della legge n. 328 del 2000.
L’articolo 10 (Piano per l’inclusione) definisce modalità e contenuti del “Piano per l’inclusione” (PAI), che rappresenta il principale documento programmatico-attuativo della scuola in materia di inclusione e costituisce uno dei momenti fondamentali per la definizione del progetto individuale, per la proposta di assegnazione delle risorse per il sostegno didattico da parte dei GIT e per la definizione del Piano Educativo Individualizzato.
Al fine di rendere veramente “inclusivo” il “contesto” delle istituzioni scolastiche, opportunamente, esso confluisce nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF) quale elemento caratterizzante l’identità culturale e l’autonomia progettuale delle scuole. In esso sono contenute le azioni che la scuola intende intraprendere nell’ambito del contesto in cui opera. A tal fine è la scuola stessa a dover definire le opportunità che intende sfruttare nonché i vincoli di contesto in cui si deve muovere.
L’articolo 11 (Piano Educativo Individualizzato) delinea i contenuti e le modalità di approvazione del Piano Educativo Individualizzato (PEI) che confluisce a pieno titolo nel progetto individuale di cui al precedente articolo 10.
Nell’ottica di una scuola pienamente “inclusiva”, la redazione e l’approvazione del PEI sono giustamente visti quale impegno fondante non solo del docente per il sostegno, ma di tutto il consiglio di classe in cui è presente un alunno/studente con disabilità.
Il concetto fondamentale, pertanto, è che la progettazione e l’azione educativa sia esercitata da tutto il consiglio di classe che programma, unitamente all’insegnante per il sostegno, le strategie didattico-educative per il successo formativo di tutti e di ciascuno.
Viene rimarcato e potenziato, pertanto, il precedente concetto della “presa in carico globale” da parte di tutto il consiglio di classe, già declinato nella legge n. 104 del 1992 e non sufficientemente attuato nell’ambito dell’azione inclusiva quotidiana.
Infine, si rafforza l’”ineccepibile” principio secondo cui il PEI, sempre nell’ambito della progettazione integrata, è elaborato con la necessaria “partecipazione” delle famiglie e di tutti gli operatori assegnati alla classe in supporto alla disabilità.
L’articolo 12 (Ruoli per il sostegno didattico) istituisce le articolazioni del personale per il sostegno didattico per ciascun grado di istruzione, inclusa la scuola dell’infanzia, nell’ambito di quelli previsti dall’articolo 1, comma 66, della legge n. 107 del 2015.
Elemento di novità, oltre alla definizione di una sezione specifica che assegna una “dignità” particolare al docente assunto sul posto per il sostegno didattico, mi pare essere senz’altro la permanenza sul predetto posto che viene modificata dagli attuali 5 anni ai nuovi 10 anni, con computo anche del servizio pregresso.
Ritengo si tratti di una disposizione di particolare rilievo che favorisce finalmente la continuità didattica ed elimina definitivamente trattamenti giuridici differenziati tra personale con contratto di lavoro a tempo determinato e personale a tempo indeterminato.
L’articolo 13 (Corso di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria) introduce una nuova disciplina per l’accesso alla carriera di docente per il sostegno didattico nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria. In particolare, si prevede con decorrenza dall’anno 2019 che per l’accesso al corso di specializzazione in pedagogia e didattica speciale per le attività di sostegno didattico e l’inclusione scolastica, organizzato dalle Università autorizzate, di durata annuale e ad accesso programmato, che sostituisce il precedente corso annuale come disciplinato all’articolo 13 del Regolamento approvato con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca n. 249 del 2010, lo studente consegua preventivamente 60 crediti formativi universitari relativi alle didattiche dell’inclusione oltre a quelli già previsti nel corso di laurea (31 CFU). Ai sensi della normativa vigente, l’accesso al corso di specializzazione per il sostegno didattico nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria era consentito con il solo conseguimento della laurea magistrale in scienze della formazione primaria.
In pratica, per rafforzare le conoscenze necessarie per poter svolgere la professione di docente specializzato, si richiede agli aspiranti una preparazione più solida sui temi dell’inclusione, corrispondente in totale a 120 CFU da acquisire, 60 preventivamente allo svolgimento del corso e ulteriori 60 nell’ambito del predetto corso di specializzazione, fermo restando il conseguimento preventivo della laurea abilitante in scienze della formazione primaria quale requisito “base” per lo svolgimento della funzione docente. L’articolo specifica che la positiva conclusione del corso è titolo per l’insegnamento sui posti di sostegno della scuola dell’infanzia e della scuola primaria.
L’articolo 14 (Corso di specializzazione per le attività di sostegno didattico agli alunni con disabilità nella scuola secondaria di primo e secondo grado) introduce, in analogia con quanto previsto nel precedente articolo 13 per la scuola dell’infanzia e per la scuola primaria un’analoga modalità d’accesso alla professione di docente di sostegno per la scuola secondaria, attraverso l’istituzione del corso di specializzazione per le attività di sostegno agli alunni con disabilità nella scuola secondaria a decorrere dall’anno 2019. Le modalità sono le medesime previste dalll’articolo 13. Dunque, anche nel caso della scuola secondaria, si prevede il conseguimento di una solida preparazione sui temi dell’inclusione, pari a 120 CFU, da conseguire 60 prima della frequenza al corso e ulteriori 60 durante la frequenza del corso di specializzazione.
L’articolo 15 (Formazione in servizio del personale della scuola) definisce, per ciascuna tipologia di personale della scuola, la tipologia delle attività formative che dovranno essere svolte in materia di inclusione scolastica.
Finalmente, la formazione viene considerata uno “snodo” fondamentale anche per l’innalzamento della qualità della didattica inclusiva e si precisa che essa deve coinvolgere tutte le componenti scolastiche chiamate ad operare in maniera “cooperativa” ai fini del raggiungimento del successo scolastico di tutti gli alunni/studenti.
A tal fine, si afferma opportunamente che il “Piano Nazionale di Formazione obbligatoria”, di cui all’articolo 1, comma 124 della legge n, 107 del 2015, può rappresentare un’occasione concreta per garantire lo svolgimento delle necessarie attività formative per la piena realizzazione di quanto previsto dal “neonato” decreto legislativo sull’inclusione.
In proposito, l’articolo 15 specifica che le scuole, nell’ambito del Piano di formazione inserito nel Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF), definiscano specifiche attività formative appositamente calibrate per quei docenti, curricolari e di sostegno, che insegnano in classi in cui sono presenti alunni/studenti con disabilità.
La formazione, finalmente e “fortunatamente”, dovrà essere rivolta anche al personale ATA (che è tenuto a parteciparvi) e al personale dirigenziale, sia all’atto dell’immissione in ruolo che durante lo svolgimento dell’intera carriera.
L’articolo 16 (Continuità didattica) introduce il principio “sacrosanto” della continuità didattica anche per gli alunni e gli studenti con disabilità certificata, che è posto inequivocabilmente una volta per tutte in capo non solo al docente di sostegno, ma anche a tutto il personale della scuola. Il principio, che ha natura di indirizzo generale per le attività delle scuole, deve estrinsecarsi nell’ambito sia del piano per l’inclusione che del Piano Educativo Individualizzato.
L’articolo 17 (Osservatorio permanente per l’Inclusione scolastica) cristallizza l’istituzione dell’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica che, in raccordo con l’Osservatorio nazionale, supporta il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca nei seguenti aspetti:
a) analisi e studio delle tematiche relative all’inclusione degli alunni/studenti con disabilità a livello nazionale e internazionale;
b) monitoraggio delle azioni per l’inclusione scolastica;
c) proposte di accordi inter-istituzionali per la realizzazione del progetto individuale di
inclusione;
d) proposte di sperimentazione in materia di innovazione metodologico-didattica e
disciplinare.
L’osservatorio è presieduto dal Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca o da un suo delegato, ed è composto dai rappresentanti delle Associazioni delle persone con disabilità maggiormente rappresentative sul territorio nazionale nonché da altri soggetti pubblici e privati individuati dal Ministro.
L’articolo 18 (Istruzione domiciliare) introduce una norma di particolare rilievo che supera alcune criticità emerse in tema di istruzione domiciliare, ad oggi non precipuamente normata e resa effettiva da linee di indirizzo del Ministero che hanno in parte assimilato la disciplina relativa alla “scuola in ospedale” di cui all’articolo 12, comma 9, della legge n. 104 del 1992, all’istruzione domiciliare. L’articolo specifica che le istituzioni scolastiche, in collaborazione con l’Ufficio scolastico regionale, gli Enti locali e le aziende sanitarie locali individuino azioni per garantire il diritto all’istruzione agli alunni e studenti per i quali sia accertata l’impossibilità della frequenza scolastica per un periodo non inferiore a trenta giorni di lezione, a causa di gravi patologie certificate, anche attraverso la definizione di progetti che possono avvalersi dell’uso delle nuove tecnologie.
Viene superato, quindi, in generale, il concetto della preventiva ospedalizzazione e della sola “sezione in ospedale”, che, pur permanendo nell’ordinamento, ormai da sola non risulta essere più coerente con le evoluzioni temporali, in campo medico, tecnologico e didattico.
L’articolo 19 (Abrogazioni), l’articolo 20 (Decorrenze) e l’articolo 21 (Copertura) chiudono il provvedimento, stabilendo la legislazione da esso abrogata, le decorrenze temporali per la sua entrata in vigore ed infine ne fissano gli aspetti finanziari.
Queste le nostre considerazioni tecnico-scientifiche sul Decreto 378 del 2017, che nelle intenzioni della neoministra Fedeli dovrebbe “rivoluzionare” l’attuale sistema dell’inclusione scolastica e garantire finalmente un’inclusione di qualità agli allievi con disabilità del nostro Paese.
Aspettiamo ovviamente anche i vostri commenti.
Il nostro auspicio è che in questi 60 giorni che precedono la pubblicazione del testo finale del Decreto sull’inclusione, durante i quali il provvedimento sarà discusso nelle competenti Commissioni parlamentari, la Ministra, come d’altronde ha già promesso di fare, cambi radicalmente atteggiamento nei confronti delle Associazioni delle persone con disabilità e delle loro famiglie. Aspettiamo con ansia che la Ministra Valeria Fedeli ci convochi finalmente in audizione per ascoltare la “voce” di chi come noi affronta sul campo la “faticosa” quotidianità del sostegno didattico e, pertanto, può contribuire a rendere quel testo ancora più “efficace” ed alla portata del successo scolastico di tutti e di ciascuno.
L’inclusione non può prescindere dallo sforzo collaborativo del Ministero, che deve essere sempre in grado di confrontarsi a “tutto tondo” e di attivare sinergie positive e cercare sintonie strategiche con tutto il contesto scolastico (dunque anche con gli allievi con disabilità, con i loro genitori e con chi li rappresenta), senza sconfinamenti in campi altrui e nell’unico interesse del loro diritto allo studio.
Seminario Donna come tutte le altre. Storie, problemi e prospettive di donne non vedenti Napoli, 20 gennaio 2017
Su proposta del comitato provinciale pari opportunità, la Sezione di Napoli dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti organizza per venerdì 20 gennaio 2017 nell’Aula Magna dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” (via Acton n. 38, 80133, Napoli) il seminario “Donna come tutte le altre. Storie, problemi e prospettive di donne non vedenti. Nella progettualità di tempi di vita e tempi di lavoro.”
Il seminario che avrà inizio alle ore 09,00, ha lo scopo di avviare una riflessione sul ruolo della donna non vedente al confronto con sfide esistenzialmente rilevanti: l’autonomia personale, l’inserimento nel mondo del lavoro, la famiglia, la maternità, la separazione.
I lavori organizzati in tre sessioni intitolate “Storytelling di esistenze ed esperienze”, “Temi e problemi” e “Strategie e politiche” daranno spazio a: testimonianze privilegiate di donne non vedenti, che narreranno delle loro storie in prima persona; esperti di settore; politici ed amministratori con l’intento di raccontare diversi aspetti della disabilità visiva quando questa attraversa e si scontra con alcuni diritti fondamentali della vita delle donne, in generale, e di quelle non vedenti, in particolare, come il diritto all’autonomia personale, il diritto alla genitorialità biologica e all’adozione ed infine il diritto ad autodeterminarsi nelle unioni come nelle separazioni.
Il convegno sarà trasmesso in diretta streaming su SlashRadio collegandosi al seguente link: http://www.uiciechi.it/radio/radio.asp ;
PROGRAMMA
h.8.30: Registrazione dei partecipanti
h.9.00: Saluti istituzionali
Alberto Carotenuto, Magnifico Rettore Universita’ degli Studi di Napoli Parthenope;
Rosaria Giampetraglia, Presidente Comitato Unico di Garanzia, Università degli Studi di Napoli Parthenope
Mario Mirabile, Presidente Sezione di Napoli Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti
Vincenzo Massa, Presidente Consiglio Regionale Campania Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti
Nunziante Esposito, Consigliere Nazionale Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti
Alberto Odierno, Presidente Fondazione Istituto Strachan Rodinò
Antonella Bozzaotra, Presidente Ordine Psicologi
Rappresentanti di Regione Campania, Comune di Napoli, Città Metropolitana di Napoli
Prima sessione: Storytelling di esistenze ed esperienze
(h. 09.45-10.30)
La mia sfida sul Tatami
di Matilde Lauria
Mamma come tutte le altre
di Gilda Sportelli
C’è …Luce in Cucina
di Lucia Esposito
Il mio sogno (cieco) di diventare madre
di Maria Sicignano
Accompagnamento musicale:
Violino: Tsvetanka Asatryan
Violoncello: Tina Pugliese
Seconda sessione: Temi e problemi
(h. 10.30 – 12.00)
Introduce e coordina:
Maria Luisa Iavarone, Università degli Studi di Napoli “Parthenope”
Io-donna non vedente: vincoli, possibilità, diritti
Irene Montuori, avvocato matrimonialista
Il sostegno psicologico alla donna non-vedente
Giovanna Lautieri, psicologa e psicoterapeuta
Imparare l’autonomia
Giovanni Bosco Vitiello, esperto di orientamento, mobilità e autonomia personale
Diventare mamma nella disabilità visiva
Sara Riefolo, Ostetrica
Terza sessione: strategie e politiche
(h. 12.00-13.30)
Tavola rotonda:
Paola Aiello (Docente di Didattica e pedagogia speciale, Università di Salerno)
Antonella Bozzaotra (Presidente Ordine Psicologi)
Roberta Cotronei (Coordinatrice comitato pari opportunità Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Napoli)
Silvana Piscopo (Presidente unione Nazionale Italiana Volontari Pro-Ciechi)
Isabella Bonfiglio (Consigliera di parità Città Metropolitana di Napoli)
Immacolata Troianiello (Consigliere di amministrazione di Cassa Forense)
Coordina e Conclude:
Luisa Bartolucci, responsabile Pari opportunità Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti
h.14.00: Aperitivo rinforzato a Buffet
A latere del seminario, sarà possibile effettuare visite oculistiche gratuite, grazie ad una unità mobile oftalmica.
Si ringrazia “Cantine Varchetta”
Questa iniziativa è contro il “sistema” della camorra
Coordinamento didattico e scientifico:
M. L. Iavarone, M. Mirabile.
Segreteria organizzativa: Domenico Vitucci tel. 3398811209 mimmo86@fastwebnet.it ; Antonella Improta tel. 3346048860 antonella.improta@alice.it ; Valeria Ferra tel. 3335775707 valeriaferra@virgilio.it .
Si ringrazia la prof.ssa Rita Ruggiero per aver prestato la voce nello storytelling
Non si vede bene che col cuore,
l’essenziale è invisibile agli occhi.
Antoine De SaintExupery”
Approvata la riforma del sostegno, di Gianluca Rapisarda
Sono 8 su 9 le deleghe della legge Buona Scuola approvate ai senzi del comma 181 dal Consiglio dei ministri Sabato 14 gennaio.
In particolare, le deleghe riguardano: inclusione scolastica; cultura umanistica; diritto allo studio; formazione iniziale e accesso all’insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado; istruzione professionale; scuole italiane all’estero; sistema integrato di istruzione dalla nascita fino a sei anni; valutazione, certificazione delle competenze ed Esami di Stato.
I provvedimenti vanno ora in Conferenza Unificata per l’apposito parere e alle competenti Commissioni parlamentari.
Naturalmente, per le Associazioni di e per disabili e per le loro famiglie, uno dei tasselli più qualificanti delle deleghe de La Buona Scuola è costituito dall’intervento sul sostegno che prevede un cambiamento significativo nell’inclusione degli alunni/studenti con disabilità nel sistema educativo italiano.
In attesa del testo approvato a Palazzo Chigi (nei prossimi giorni al vaglio della Conferenza Unificata e delle commissioni parlamentari di competenza, per l’acquisizione dei prescritti pareri), forniamo ai nostri lettori la sintesi della delega sul sostegno didattico prodotta dallo stesso Consiglio dei ministri lo scorso 14 Gennaio.
Sulla promozione dell’inclusione scolastica degli allievi con disabilità, sono diverse le novità introdotte. Ve le riassumiamo.
Il decreto aggiorna, riorganizza e razionalizza i provvedimenti vigenti in materia, tenendo conto della nuova prospettiva nazionale ed internazionale dell’inclusione scolastica, riconosciuta quale identità culturale, educativa e progettuale del sistema di istruzione e formazione in Italia. Il testo chiarisce chi sono i beneficiari di specifiche misure di inclusione scolastica peculiari per i minori disabili. Viene previsto che, ove siano presenti studenti con disabilità certificate, le sezioni per la scuola dell’infanzia e le classi prime per ciascun grado di istruzione, non abbiano classi di più di ventidue alunni, fermo restando il numero minimo di alunni e studenti per classe previsto dalla normativa vigente.
Le linee guida del decreto puntano ad una semplificazione e snellimento delle pratiche burocratiche, ad una maggiore continuità didattica (si prevede quindi un incremento, probabilmente fino a 10 anni, della permanenza sul sostegno per i neo-assunti prima di chiedere il passaggio su insegnamento curricolare n.d.r.) ad una formazione del personale docente e della comunità scolastica ed alla costruzione di un progetto di vita che coinvolgerà più attori della società che collaborano in rete”.
Inoltre, sottolineano da Viale Trastevere, “non sarà solo la gravità della disabilità a determinare le risposte offerte dagli alunni: si cercherà di determinare in senso più ampio i loro bisogni”.
Questo significa che l’attività di presa in carico degli alunni sarà più condivisa: la scuola fornirà al nuovo Gruppo di Inclusione Territoriale (GIT) il Piano di inclusione (PAI), la valutazione diagnostico-funzionale e il progetto individuale per l’alunno che costituiranno la base delle richieste all’Ufficio scolastico regionale.
A delega approvata, gli insegnanti di sostegno saranno “più preparati, con l’obbligo di 120 crediti formativi universitari sull’inclusione scolastica (oggi sono 60) per tutti i gradi di istruzione, 60 prima del percorso di specializzazione e 60 durante, (il doppio rispetto ad oggi)”.
Inoltre, “tutti i futuri docenti avranno nel loro percorso di formazione iniziale materie che riguardano le metodologie per l’inclusione e ci sarà una specifica formazione anche per il personale della scuola, Ata compresi”.
Ne consegue, dunque, che i corsi di specializzazione sul sostegno diventeranno più impegnativi, oltre che specifici rispetto al panorama delle tante disabilità presenti.
In definitiva, anche se tale testo noi non lo abbiamo mai avuto tra le mani ed, ad oggi, (ma la speranza è l’ultima a morire) nessuno del MIUR si è ancora preso la briga di convocarci per una seria consultazione ed un confronto diretto su di esso, la Delega sull’inclusione scolastica “partorita” dal Governo Sabato scorso, mi pare abbastanza condivisibile, in quanto fa perno su quattro aspetti principali da sempre rivendicati dalle organizzazioni dei disabili e dai genitori dei nostri ragazzi:
formazione adeguata e specifica sulle diverse disabilità degli insegnanti e continuità didattica;
garanzia dei diritti degli alunni;
migliore organizzazione territoriale e del “contesto”;
rapporti con le famiglie
Si tratta, infatti, di quattro punti cardine che, non dimentichiamolo, traggono origine dalla “famosa” PDL 2444 presentata dalla FAND e dalla FISH, in seguito all’emanazione del Dpr del 4 ottobre 2012 con il quale veniva approvato dal Governo il Piano d’azione per attuare la Convenzione Onu sulla disabilità del 2006.
Ritornando all’attuale Delega sull’inclusione scolastica, per esaminare il decreto le Commissioni parlamentari avranno a disposizione esattamente 60 giorni a partire dal momento in cui i testi dei provvedimenti saranno consegnati ai presidenti delle Commissioni stesse (si presume che questo possa avvenire la prossima settimana). Scaduti i 60 giorni il Governo sarà autorizzato ad emanare i testi definitivi dei decreti anche senza il parere di deputati e senatori.
Tuttavia, per esaminare un decreto particolarmente delicato e complesso come quello sulla riforma del sostegno didattico, io ritengo ci vorranno tempo e attenzione. Dunque, non escludo che i 60 giorni risultino davvero pochi.
La stessa Ministra Fedeli, per parte sua, ha già detto che i decreti approvati lo scorso 14 Gennaio dall’Esecutivo sono solamente delle bozze molto provvisorie e che adesso bisogna aprire un’ampia campagna di ascolto.
Allora, mi sorge spontanea una domanda: Considerato che quella sulla riforma dell’inclusione scolastica è ancora una “bozza provvisoria”, perché si è perso così tanto tempo nell’ascoltare le associazioni di e per le persone con disabilità e le loro famiglie e lo si promette di fare soltanto dopo aver già adottato il Decreto attuativo?
Di tutta questa storia, a mio modesto avviso, un fatto è assolutamente evidente e chiaro e su di esso non potremo transigere: Le persone con disabilità visiva, come credo tutte le organizzazioni di e per disabili e le loro famiglie, da ora in poi, non potranno più accettare che il Governo proceda sulla riforma dell’inclusione scolastica senza di loro e senza tenere conto del loro punto di vista.
Non ci si può dimenticare in un baleno del ruolo decisivo e “centrale” che, da quarant’anni a questa parte, il “mondo” dei disabili, i loro genitori e, soprattutto gli stessi insegnanti per il sostegno hanno avuto nella vittoria della “via inclusiva” nel sistema scolastico italiano.
. E poi, nel merito, ci sono aspetti su cui dobbiamo necessariamente “chiarirci” con il MIUR.
La Ministra Valeria Fedeli ha definito la delega sul sostegno “una delle parti più innovative e significative de la Buona Scuola.
Ma perché ciò avvenga efficacemente, occorrerà dare corso ad un confronto concreto e fattivo con la FAND e la FISH, gli alunni/studenti con disabilità, i loro genitori ed i docenti per il sostegno.
Con loro e soltanto con loro, quindi, il Miur dovrà apportare le modifiche finali al testo della Delega sull’inclusione scolastica.
Il nostro auspicio è che oggi cominci un percorso diverso rispetto al recente passato, che rappresenti finalmente il punto di partenza di un coinvolgimento diretto e più strategico e di un dialogo costruttivo con chi, come noi, i problemi del sostegno didattico li vive quotidianamente, nell’unico interesse dell’inclusione dei nostri ragazzi.
. Aver dato il primo via libera in Cdm non significa pensare che il testo sia chiuso. Adesso, la ministra dovrà adoperarsi in tutti i modi perché nelle Commissioni parlamentari vengano ascoltate in audizione anche e soprattutto le istanze degli allievi con disabilità e delle loro famiglie. Soltanto così, il testo finale del Decreto attuativo della riforma del sostegno sarà frutto della massima condivisione possibile.
Infatti, nel corso di un’intervista a RaiNews24, il ministro Fedeli ha affermato che “è stato importante, a due giorni dalla scadenza, avere questa delega. Ma, a parere di chi scrive, altrettanto importante è che ora parta un ascolto “vero” di tutti i soggetti che vivono nella comunità scolastica, ed in particolar modo delle associazioni di e per disabili, dei loro genitori e degli insegnanti per il sostegno.
Scriveva Feuerbach “Non c’è un “io” e non c’è un “tu”, ma solo un “noi”.
Ecco, se il MIUR non investirà realmente ed adeguatamente sugli alunni/studenti con disabilità, sulle loro famiglie e sui docenti specializzati e se non costruirà con loro un effettivo ed efficace “clima” di condivisione e di collaborazione, potrà varare anche decine di riforme sul sostegno, ma farà sempre fatica a creare le condizioni affinchè ci sia un’inclusione di qualità per tutti e per ciascuno.
L’inclusione scolastica non la garantiscono i giudici, di Luciano Paschetta
La sentenza del giudice catanese che assegna un sostegno per l’intero orario scolastico pone a tutti coloro che si occupano di inclusione scolastica un obbligo di riflessione: quel giudice ha potuto scrivere quella sentenza perché le leggi in vigore e , soprattutto la loro applicazione, glielo hanno consentito. Le sentenze infatti , parlo da non tecnico del settore, non sono mai giuste o sbagliate purché siano fondate su norme vigenti e cogenti. Ho cercato quindi di capire su quali basi sentenze simili (quella Catanese non è la prima) possano giustificarsi e, soprattutto, perché esse soddisfacciano i genitori convinti che in tal modo il loro figlio, figlia avrà i giusti interventi per crescere ed essere educato.
Abbiamo cercato spesso la risposta nel ruolo e nella preparazione o meno dei docenti per il sostegno e dei docenti curriculari, piuttosto che in una diversa organizzazione del tempo scuola, questo è stato sicuramente necessario, ma credo che, per arrivare alla radice del problema , occorra andare “oltre”.
Ho già avuto modo di dire che l’inclusione non la fa il docente di sostegno , ma il contesto e che uno dei punti di debolezza del nostro modello di inclusione è stato quello di aver visto nel docente per il sostegno il deus ex machina capace di assicurare il successo del processo di inclusione, abbiamo anche dibattuto sul livello e sulla tipologia della sua preparazione e sulla preparazione di tutti i docenti ma abbiamo omesso di riflettere sul fatto che l’intervento di inclusione di cui stiamo parlando si attua in una scuola, una istituzione nella quale operano delle figure professionali e (i docenti) che devono essere preparati si ad educare, ma attraverso percorsi didattici di “istruzione”, una istituzione che ha come finalità l’”istruzione” dei bambini/ragazzi e che questa sua funzione , e non altre, deve svolgere con tutti compresi gli alunni con disabilità.
La scuola, non è l’unica agenzia educante, essa è quella che ha come obiettivo l’educazione del bambino/ragazzo attraverso la sua istruzione. Se è vero che alla scuola materna il binomio educazione/istruzione è difficilmente scindibile nel senso che ciò che si insegna al bambino fa parte di un bagaglio di competenze intrinseche all’educazione delle sue potenzialità di base, la scuola , a partire dalla primaria e sempre più nella secondaria, ha come compito l’istruzione ossia l’insegnamento di conoscenze e competenze dei diversi saperi attraverso i codici formali delle varie discipline siano esse la lingua, la logica matematica , la geografia , le scienze, la storia, e così via, alla scuola quindi si potrà e si dovrà chiedere di fornire questo e non altro anche al disabile, secondo il livello del grado di istruzione nel quale egli è inserito e tenuto conto delle sue potenzialità di apprendimento. A questo si aggiunga un compito di educazione alla socialità e alla cittadinanza . E’ su questa base che dovrà essere redatto il profilo funzionale dal quale i docenti potranno trarre gli elementi per scrivere un P.E.I. nel quale siano indicati gli obiettivi didattici di apprendimento , le modalità ed i percorsi per raggiungerli e per valutarli sia per ciò che concerne l’istruzione sia per quanto riguarda gli aspetti della “socializzazione”, gli strumenti e le risorse che la scuola con i suoi docenti curriculari e per il sostegno può dare con una didattica inclusiva al bambino/ragazzo per soddisfare i suoi bisogni di apprendimento scolastico. Per le altre necessità educative che il bambino dovesse avere la scuola non ha le competenze necessarie e non potrà mari averle.
Tener conto di questo porta la scuola ha dover ragionare sul numero di ore di sostegno necessarie non più in relazione alla gravità della disabilità, ma guardando alle capacità in riferimento al livello di “istruzione” possibile per l’alunno rapportato alla tipologia di scuola frequentata: un disabile intellettivo grave ed un cieco, hanno entrambi una grave disabilità, ma il loro grado di “istruibilità” (consentitemi questo neologismo) è ben diverso e al ragazzo cieco potranno servire un numero di ore di sostegno a scalare via, via che lui acquisisce autonomia personale, di mobilità e nel lavoro didattico e competenza nell’uso degli ausili, mentre all’alunno con un grave ritardo di apprendimento, verificato che la sua “istruzione” così come sopra descritta, non può andare oltre un certo limite e le ore di un docente per il sostegno non servono più, di lì in poi la scuola potrà offrire solo occasioni di socializzazione con i compagni, tenendo altresì conto che la socializzazione passa anch’essa attraverso una analogia di conoscenze.
Non spetta alla scuola scrivere il “progetto di vita” del bambino/ragazzo con disabilità , né esserne la sola responsabile, essa dovrà essere un importante soggetto di questo progetto, che però deve essere “scritto” in un ambito più ampio con il coinvolgimento di più agenzie: il P.U.A.D. previsto dalla nuova legge delega dovrebbe svolgere questa funzione. In questi quarant’anni di inserimento/integrazione/inclusione la scuola, spesso lasciata sola, è stata comunque l’unica che ha sviluppato una organizzazione mirata al problema della diversità e che ha garantito se non altro l’accoglienza dei ragazzi con disabilità. Per questo ad essa sono stati di fatto demandati la responsabilità e tutto il “carico” educativo, dell’alunno con disabilità ed essa , con tutti i suoi limiti, è riuscita comunque, in questi anni, a garantire una adeguata istruzione e una vera inclusione scolastica a molti alunni con disabilità, ma per altri i cui bisogni educativi travaricano le problematiche dell’istruzione e le sue competenze non è riuscita, né si può pensare potrà mai farlo.
Non prendere atto di ciò, continuando a cercare delle risposte al mancato successo dell’inclusione solo all’interno della scuola, vuol dire non rendersi conto che quelle risposte essa non potrà darle perché non rientrano nelle sue finalità ed al suo interno non potrà avere il personale preparato a soddisfarle.
Forti dell’esperienza e della certezza che l’inclusione è il modello giusto per la scolarizzazione dei ragazzi con difficoltà, è il momento di cambiare la prospettiva della nostra azione: uscire dall’hortus conclusus della scuola e rivedere questo modello di inclusione che “scarica” alla scuola ogni responsabilità nell’educazione del bambino con disabilità , sostituendolo con un modello nel quale la scuola in rete dia all’alunno con disabilità ciò che lui è in grado di apprendere, questo però in un contesto che si faccia carico di quant’altro necessario alla sua crescita e alla sua inclusione sociale al di là dell’istruzione, e secondo un vero progetto di vita.
Diversamente continueremo a guardare il dito senza vedere la luna e i giudici continueranno a decidere comi si realizza l’inclusione e a discutere sul numero di ore di sostegno necessarie fino ad arrivare alla totalità dell’orario scolastico senza che questo dia al disabile le occasione di crescita di cui avrebbe bisogno.