Sviluppare ricerca per una formazione scolastica di qualità, di Silvana Piscopo

Autore: Silvana Piscopo

Con l’avvio dell’anno scolastico sto avendo l’opportunità di girare tra varie scuole di Napoli e provincia in qualità di referente per i problemi dell’istruzione ed inclusione scolastica dei ragazzi ciechi ed ipovedenti; naturalmente incontro consigli di classe che già hanno orientamenti costruttivi, altri che vanno sostenuti e rassicurati con cura e pazienza; ciò che, però, riscontro, è la scarsa innovazione di programmi specifici per l’insegnamento delle discipline scientifiche.
Oggi non è più tempo di ritenere che i ragazzi con disabilità visiva abbiano o debbano avere come strada prioritaria di professionalità alta o media, gli indirizzi universitari a carattere umanistico, storico, giuridico; ciò sarebbe fortemente improprio se lo permettessimo, sia pure indirettamente, con il silenzio assenso della nostra associazione: un silenzio magari non fatto di mancanza di parole, comunicati o convegni, ma materialmente prodotto dalla carenza di sviluppo di programmi adeguati agli insegnamenti della matematica nei trienni delle scuole secondarie superiori, della fisica, chimica, scienze applicate, del disegno in campo di prospettiva, nel perfezionamento delle lingue straniere applicate alle discipline scientifiche ed altro ancora.
La nostra associazione dispone di importanti risorse come l’Irifor, la Biblioteca di Monza, la Federazione pro ciechi: perché mai tutti questi enti, ormai consolidati e di lungo corso, non possono fare rete tra loro, contattare università, istituti di ricerca, coordinamenti di studenti che, pur esistono e fanno rete tra loro, coordinarsi con i responsabili dei servizi per disabili delle varie università per promuovere una vera e propria attività di ricerca applicata all’innovazione dei programmi nelle aree scientifiche e linguistiche?
Ci concentriamo sempre su come ottenere insegnanti di sostegno formati, sull’assistenza scolastica, post-scolastica, mentre trascuriamo o, forse, facciamo un po’ di rimozione, il fattore più importante che è, a mio avviso, la qualità della formazione e la possibilità di elevare gli obiettivi di conoscenze e competenze di quanti possano e vogliano andare oltre le tradizionali aree di professionalità seguite nel passato remoto e prossimo.
Continuiamo, dunque, tutte le nostre battaglie con le istituzioni a tutti i livelli per l’esigibilità dei diritti, ma diamo forma e materia anche al nostro essere erogatori di servizi mediante gli enti collegati. Facciamo in modo da differenziarci dal comune agire politico che, con l’abuso di slogan e promesse, sostituisce la scarsità di risoluzione dei problemi concreti; noi, almeno proviamoci, invertiamo la rotta e partiamo dai fatti, dai bisogni reali dell’oggi per costruire prospettive in grado di promuovere sane ambizioni, valorizzare eccellenze, favorire capacità inventive, permettere di sognare un futuro soddisfacente alle nuove generazioni.

Presentata ufficialmente la candidatura di Nicola Stilla alla Presidenza Nazionale U.I.C.I., di Massimiliano Penna

Autore: Massimiliano Penna

L’UNIONE CHE VORREI. VERA PARTECIPAZIONE PER UN VERO CAMBIAMENTO
Era questo il titolo dell’evento di presentazione ufficiale della candidatura di Nicola Stilla, Presidente del Consiglio Regionale Lombardo dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, alla Presidenza nazionale dell’Associazione svoltosi sabato 3 ottobre presso la sala Barozzi dell’Istituto dei Ciechi di Milano, e già il titolo stesso contiene tutti gli elementi che hanno caratterizzato il clima dell’intera giornata.
“Soffia il vento del Congresso, ma questo vento non deve spazzare l’elemento principale: i temi”, ha affermato il Commissario dell’Istituto dei Ciechi di Milano Rodolfo Masto nel suo intervento di apertura in veste di moderatore. E si può certamente dire che, almeno qui, l’auspicio del Cav. Masto ha avuto esito felice. Al di là delle singole tematiche trattate, l’intero dibattito ha avuto come filo conduttore il confronto. Un confronto attivo, scevro di polemiche sterili e prive di ogni utilità per l’Associazione; un momento dai toni pacati nel quale si è perseguito un solo ed unico intento: dare il proprio contributo, ognuno con le proprie conoscenze e con le proprie esperienze, per costruire tassello dopo tassello quel mosaico di idee che dovrà essere il riferimento per l’azione della nuova dirigenza associativa che scaturirà dal XXIII Congresso che si svolgerà a novembre.
Afferma Stilla: “In termini di “certezza, tutela ed esigibilità dei diritti delle persone con disabilità visiva la fase che stiamo attraversando non è delle più felici. Sempre più spesso, infatti, i diritti acquisiti vengono messi in discussione subordinandoli a revisioni di spesa ed esigenze di bilancio, che inesorabilmente si traducono in tagli selvaggi ai servizi ad esse rivolti. Se a ciò si aggiunge la campagna condotta contro i falsi invalidi, che spesso ha finito per diffondere una concezione distorta secondo la quale tutte le persone con disabilità (veri invalidi compresi) sarebbero dei privilegiati per via dei benefici concessi, ci si rende perfettamente conto dell’assoluta urgenza di un confronto approfondito sul ruolo che l’Unione sarà chiamata a svolgere nell’immediato futuro”.
Da dove prendere le mosse? Guardando il futuro non si potrà che iniziare investendo sul presente, ovvero sulle nuove generazioni, e pertanto un’azione forte e decisa andrà posta in essere nel sensibilizzare le istituzioni affinché pongano fine alle innumerevoli incertezze presenti nell’erogazione dei servizi di supporto all’integrazione scolastica.
Come ben evidenziato dal Direttore Scientifico dell’Istituto dei Ciechi di Milano, Prof. Giancarlo Abba, attualmente vi è una forte tendenza a segmentare le esigenze dell’alunno non vedente o ipovedente. Al contrario, a tutti i livelli andrà rivendicata con forza e con la massima convinzione la “specificità” di quest’ultimo dal punto di vista didattico e pedagogico, ma considerandolo come una persona che in ambito scolastico sta sviluppando la propria individualità, coltivando i propri interessi e ampliando le proprie conoscenze. Non un “soggetto da assistere, ma una PERSONA A TUTTI GLI EFFETTI”.
L’alunno, infatti, necessita non solo di un insegnante di sostegno adeguatamente formato (il che, stante la situazione attuale, è già una grande conquista), ma anche di un apparato di strumenti che gli permettono un corretto apprendimento delle conoscenze (personal computer dotato di sintesi vocale e/o display Braille, videoingranditore, testi in Braille o a caratteri ingranditi, tavole tattili per l’apprendimento della geometria, ecc.). Tutti strumenti di estrema importanza, ma che vanno presentati agli stessi insegnanti in maniera adeguata in modo che questi ultimi possano insegnarne il corretto utilizzo ai loro alunni. E’ proprio in questa fase che appare in tutta la sua evidenza la fondamentale importanza dei servizi svolti dai tiflologi, figure indispensabili poiché in possesso di quel bagaglio di conoscenze che permette loro di svolgere quella funzione importantissima di “raccordo” fra alunno, famiglia e corpo docente.
Il passo successivo verso una piena inclusione sociale è l’ingresso nel mondo lavorativo dove, come nella scuola, risulta fondamentale un’adeguata formazione inerente non solo le problematiche delle persone non vedenti ed ipovedenti, ma che sia mirata a far conoscere a fondo ai responsabili per l’inserimento lavorativo degli enti preposti, nonché alle aziende, le potenzialità di queste ultime e le enormi opportunità offerte dalle nuove tecnologie.
Notevole interesse ha suscitato anche l’intervento del Responsabile del Polo Informatico dell’Istituto dei Ciechi di Milano Franco Lisi, che con estrema lucidità e precisione ha trattato l’estrema rilevanza dei principali problemi connessi all’accessibilità. Spesso si tende a pensare che il concetto di accessibilità indichi un aspetto a se stante, magari riferito solamente all’ambito tecnologico. Al contrario, l’accessibilità può senza ombra di dubbio essere considerato un elemento trasversale che interessa svariati aspetti della nostra quotidianità: dagli spazi al tempo libero, dalla scuola al lavoro, alla cultura e così via. Insieme al concetto di accessibilità, non va nel modo più assoluto trascurata l’usabilità di tutto quanto la quotidianità ci presenta. Un esempio emblematico, come opportunamente evidenziato dal dott. Lisi, riguarda i percorsi predisposti per favorire la mobilità delle persone con disabilità visiva in parchi, musei, ecc..
“Sovente, afferma Lisi, si tende a dare per dato acquisito che un determinato spazio sia accessibile solo perché è stata effettuata preventivamente la mappatura di quest’ultimo. Al contrario l’accessibilità, e con essa la piena fruibilità di uno spazio, presuppone uno studio approfondito da parte di esperti qualificati, che assicurino il rispetto di determinati standard. Solo facendo questo si può garantire una vera accessibilità, che con sé garantisce altresì una vera usabilità del suddetto spazio”. L’esempio proposto è emblematico, e può essere esteso ad altri ambiti come i servizi (bancomat, telecomunicazioni, ecc.) per i quali molto spesso viene garantita un’accessibilità solo teorica.
tutto questo deve spronare l’Associazione affinché si faccia portatrice delle esigenze delle persone con disabilità visiva, le quali reclamano a gran voce un’accessibilità che non sia solo sporadica e di facciata, ma che si concretizzi nella moltitudine di ambiti della vita quotidiana e tramite la quale ognuno possa compiere, passo dopo passo, il percorso che dovrebbe portare ad una buona autonomia e alla concreta inclusione sociale.
Le tematiche proposte sono di indubbia importanza, e hanno suscitato notevole interesse dando vita ad un dibattito pacato e partecipato sia grazie agli interventi dei presenti in sala, sia grazie a quelli di coloro che ascoltavano la diretta streaming dell’evento e tramite e-mail hanno potuto porre quesiti direttamente al candidato Stilla, che al termine dell’evento, rispondendo ad alcune domande, ha espresso viva soddisfazione per l’ottima riuscita dell’iniziativa. Dichiara infatti Stilla:
“Constato con vivo piacere l’interesse suscitato dall’evento di oggi e l’ampia partecipazione avutasi. Credo che quanto abbiamo vissuto noi in sala, e gli ascoltatori da casa, abbia una sola chiave di lettura: confronto nel rispetto reciproco. In questo senso faccio mie senza alcuna esitazione le parole di Rodolfo Cattani, che con estrema puntualità e con la massima lucidità hanno riassunto lo spirito della giornata. Penso che il messaggio lanciato oggi sia chiaro: un incondizionato, forte, e deciso NO alle polemiche, agli attacchi personali e ai colpi bassi che non hanno altro effetto se non creare divisioni interne all’Associazione. Totale disponibilità, invece, ad un confronto aperto, serio, e senza preconcetti verso le idee altrui. Nel totale rispetto di tutti, qualunque risultato scaturisca dal XXIII Congresso, sono fermamente convinto che sia giunto il momento di avviare un dialogo per giungere a scelte comuni, assumendo nella massima collegialità decisioni che richiederanno coraggio e onestà intellettuale da parte di tutti, tutti nessuno escluso”.
Fra i temi affrontati, nel suo programma quale ritiene richieda la priorità assoluta?
“La giornata ha offerto ampi spunti di riflessione. Sia gli interventi che le successive 3 ore di dibattito ancora una volta, ma ne sono sempre stato convinto, mi hanno fatto capire che le persone non vedenti ed ipovedenti non chiedono semplicemente considerazione. Non chiedono cortese attenzione, non chiedono buone azioni di circostanza, ma chiedono azioni concrete. Chiedono, e noi dobbiamo farci interpreti di queste richieste, che sia loro offerto un percorso che li porti alla piena inclusione sociale. I temi emersi, a mio modo di vedere, non vanno considerati singolarmente, ma come componenti di questo percorso! E allora da dove partire? Dalle famiglie dei nostri ragazzi. Il futuro sono proprio loro, ed è nostro preciso dovere far sentire ai nostri ragazzi, proprio tramite le loro famiglie, la presenza dell’Associazione garantendo loro il massimo sostegno soprattutto in questo momento di enorme incertezza per quanto concerne i servizi di supporto all’inclusione scolastica. Le prime risposte concrete ritengo debbano riguardare proprio la scuola, poiché dalla scuola inizia la vera formazione della persona che, se adeguatamente supportata, acquisisce tutto quell’insieme di conoscenze che le permetteranno non solo di avere una buona cultura, ma di formare il proprio carattere e la propria personalità. Proprio per questo ringrazio di cuore le famiglie che oggi coi loro bimbi sono state presenti a Milano; tramite loro ho sentito la vicinanza di tutte le famiglie, e a queste dico una cosa semplice: avete, e avrete sempre, il massimo sostegno da parte della nostra e vostra Unione”.
Al di là delle linee programmatiche, al di là delle considerazioni inerenti i singoli settori, la giornata di sabato ha avuto un filo conduttore unico, solido e infrangibile: il confronto. Non una serie di enunciazioni altisonanti, non la proposta della panacea di tutti i mali dell’Associazione, e nemmeno l’annuncio di un treno dei desideri con destinazione sicura sul quale affannarsi a salire. Al contrario, un momento di vero confronto, nel quale ognuno ha potuto dare il proprio contributo senza timore, nella massima serenità e con la consapevolezza di non essere giudicato in alcun modo. Se questa esperienza sarà estesa, se diverrà un modello da adottare per tutte le future scelte associative, allora l’Associazione potrà proporsi alla base associativa con maggior credibilità, gettando così le basi del VERO CAMBIAMENTO.
Le linee programmatiche predisposte da Nicola Stilla sono consultabili sul suo blog all’indirizzo www.lunionechevorrei.blogspot.it, dove è possibile anche scaricare i file audio relativi all’evento di sabato 3 ottobre.

Massimiliano Penna

Sostenitori e scudieri, di Rodolfo Cattani e Claudio Romano

Autore: Rodolfo Cattani e Claudio Romano

Dobbiamo ammettere di aver letto con qualche iniziale curiosità e interesse, ma con crescente delusione, sul giornale UICI l’articolo “Ma cos’è una partecipazione vera?” a firma del neoeletto componente della Direzione Nazionale Francesco Fratta.

A dire la verità, dal titolo dell’articolo era lecito attendersi qualcosa di più dei soliti logori argomenti, rispolverati non a caso un mese prima del XXIII Congresso.

Essendo stati chiamati in causa da Fratta nel suo scritto in quanto sostenitori di Nicola Stilla, mentre lasciamo a Nicola se ne avrà la voglia e il tempo di chiarire ciò che riterrà opportuno chiarire, non possiamo esimerci da parte nostra, confidando nella pazienza dei lettori, di commentare alcuni passaggi dell’articolo in oggetto.

1. Il 15 settembre 2014 a Bologna c’eravamo anche noi e, con buona pace di Fratta, circa l’esito della riunione, rimandiamo al comunicato sottoscritto congiuntamente e liberamente da Barbuto e Stilla, evitando così che ognuno la racconti come più gli conviene. Più interessante, invece, ci pare chiedere a Fratta perché, nella sua ricostruzione storica degli avvenimenti più significativi, egli non faccia alcun cenno alla riunione del novembre 2013 a Bologna, nel corso della quale Barbuto propose a Stilla di andare al XXIII Congresso con le candidature dello stesso Barbuto alla presidenza nazionale e di Stilla alla vicepresidenza.
E’ lecito chiedersi se gli amici di UICI rinnovamento furono consultati prima di quell’incontro sulla proposta di accordo e, più specificatamente nel merito della stessa? Infatti, se Stilla avesse accettato, forse che l’Unione avrebbe avuto una leadership nata dal basso come Fratta legittimamente sembra auspicare?
Tuttavia Nicola non accettò, facendo notare che prima di discutere sui nomi, era opportuno concordare sul programma e soprattutto su un percorso condiviso per giungere al confronto congressuale con posizioni chiare e concordate.
Seguirono gli incontri allargati dell’11 gennaio 2014 a Milano ed alla luce delle dimissioni di Tommaso Daniele, quella del 2 marzo 2014 a Bologna.

2. Per quanto riguarda il rilievo circa la mancata collegialità da parte di Barbuto dopo la sua elezione alla presidenza nazionale, ci preme semplicemente ribadire che il rilievo espresso da Stilla e dai suoi sostenitori e non solo, non riguardava ovviamente la gestione degli organi collegiali, ma gli impegni di consultazione e di collaborazione che avevano preceduto quella elezione. L’intesa che portò all’elezione di Mario Barbuto, infatti, era il frutto di un accordo tra i sostenitori dello stesso Barbuto e di Stilla con l’impegno da entrambe le parti a ricercare una candidatura condivisa in sede congressuale. Tra i presupposti di quell’accordo vi era che, data la straordinarietà della situazione associativa venutasi a creare, Mario e Nicola avrebbero mantenuto una regolare consultazione all’interno dello schieramento che aveva determinato l’elezione di Barbuto. Ed è proprio questa carenza di consultazione e di dialogo su questioni di notevole importanza associativa a cui si riferisce Stilla e non alla gestione degli organi associativi, su cui non intendiamo esprimerci.

3. Ma chi sono quei sostenitori di Stilla che non hanno ritenuto o che non ritengono gli amici di Barbuto “fautori di un “vero” rinnovamento”?
In realtà, per chiarirlo, basterebbe rispondere a una semplice domanda: se non ci fosse stata una visione comune di intendere il ruolo dell’associazione, avremmo mai compiuto un tratto di strada insieme? Avremmo mai dato fiducia a Mario Barbuto affidandogli la responsabilità di gestire l’Unione fino al Congresso? Non sarà che proprio Fratta non sia stato mai convinto dell’opportunità di stringere accordi con Stilla e i suoi sostenitori?

4. Per quanto riguarda l’elaborazione del programma del candidato Stilla, sarà egli stesso a darne conto quando e come riterrà di farlo; ci auguriamo comunque che in occasione dell’iniziativa di sabato3 ottobre a Milano, Nicola abbia potuto soddisfare anche i legittimi interrogativi di Francesco Fratta.

5. Noi non crediamo che la scelta di autocandidarsi al consiglio nazionale prima o dopo l’apertura del Congresso abbia una valenza etico-associativa superiore alla scelta di farlo con il sostegno dei rispettivi consigli regionali, i quali sono indubbiamente l’espressione democratica dei ciechi e degli ipovedenti delle rispettive regioni. O non è così?

6. In ordine alla polemica circa l’opportunità di accordi tra le delegazioni, riteniamo opportuno sottoscrivere in toto l’articolo di Stilla “Presidenzialismo o democrazia rappresentativa? Riflessioni per una scelta responsabile“ ed a quello rimandiamo l’amico Francesco Fratta e tutti gli appassionati all’argomento.
Riguardo poi al sostegno che l’avvocato Terranova deciderà di dare come delegato al Congresso, non ci sembra particolarmente sconveniente cercare di ottenerlo per Stilla. In democrazia sono i voti che contano e tutti noi per primi dovremmo prenderne atto.
In fine, vorremmo rassicurare Fratta che le persone che il Consiglio regionale lombardo ha inteso sostenere, e cioè Rodolfo Masto, Erica Monteneri e Claudio Romano, non hanno alcuna intenzione di attendere la vigilia del Congresso per rendere pubblica la propria candidatura al Consiglio nazionale, in quanto lo hanno già fatto.

Noi, il 15 marzo 2014, Mario Barbuto l’abbiamo votato convintamente e non siamo affatto pentiti di averlo fatto. Siamo stati sempre e continueremo a essere leali nei suoi confronti se il Congresso lo rieleggerà alla presidenza nazionale.
Ma siamo davvero sicuri che l’amico Fratta ed il “cerchio magico” di Barbuto farebbero lo stesso nel caso fosse Stilla il prossimo Presidente nazionale?

Tranquilli, noi voteremo e chiederemo di votare Nicola Stilla quale Presidente perché egli ha le capacità e il temperamento per essere un buon presidente.

In conclusione, su una cosa almeno concordiamo con Francesco Fratta:
“Ai delegati del XXIII Congresso spetta comunque l’ultima parola………”…… ed i delegati farebbero bene a ringraziare Francesco per questo generoso riconoscimento.
Per ora stia sereno, lo ringraziamo noi.

Rodolfo Cattani
Claudio Romano

Riflessioni e spunti per l’azione futura, di Mario Girardi

Autore: Mario Girardi

Negli ultimi 25 anni ho ricoperto un po’ tutte le cariche, dalla presidenza in giù, presso la Sezione di Treviso ed il Consiglio Regionale Veneto. In occasione delle assemblee elettive della scorsa primavera, ho ritenuto che in questo ambito fosse il momento di passare la mano, per favorire l’ingresso di forze nuove, pur continuando a dare il mio concreto contributo in diversi settori, nella mia Sezione. Dopo alcuni mesi di riflessione, anche su invito di alcuni cari amici, ho pensato che potesse essere di qualche utilità mettere a disposizione la mia esperienza ad un diverso livello del nostro sodalizio, considerato anche il clima di apertura e compartecipazione, venutosi maggiormente a creare nell’ultimo periodo; ho così deciso di candidarmi al Consiglio Nazionale.
Non intendo qui esporre un programma organico, in quanto l’Unione è retta da organi collegiali, ad iniziare dal Congresso, ed è in tali sedi che si approvano obbiettivi e strategie per gli anni a venire; desidero però condividere alcuni spunti che derivano dall’esperienza maturata in tanti anni di impegno nell’Associazione.
In primo luogo, dobbiamo fare ogni sforzo perché personale e dirigenti sezionali possano dedicare la quota maggiore di tempo e risorse possibile, ai soci e agli altri non vedenti del territorio, mediante la semplificazione più spinta degli adempimenti amministrativi e contabili. Dovremo quindi compiere una scelta decisa in favore della contabilità semplificata, individuando lo strumento più semplice ed adeguato alle nostre esigenze, che garantisca però certezza e trasparenza dei dati e la possibilità di rendicontare agevolmente l’attività svolta, quando ce ne sia bisogno, come ad esempio alla conclusione di un progetto finanziato da una istituzione esterna. Si dovrebbe poi scegliere un programma gestionale per tutte le nostre strutture, che permetta di condividere ed elaborare con sicurezza e semplicità, la mole di dati con cui ci confrontiamo quotidianamente, in modo da snellire al massimo gli adempimenti amministrativi e permettere un vicendevole supporto. Se vogliamo ad esempio, che i Consigli Regionali possano sollevare da molti impegni le Sezioni in maggiore difficoltà, gli stessi devono poter accedere con facilità alle informazioni necessarie e poter interagire rapidamente con le Sezioni e la Presidenza Nazionale. Naturalmente poi, personale ed almeno in parte i dirigenti, dovrebbero essere formati al miglior utilizzo degli strumenti adottati.
Quanto sopra dovrebbe servire a liberare risorse, umane e strutturali, per affrontare i principali problemi della categoria; come ad esempio quello del lavoro. In questo ambito è necessario sfruttare fino in fondo le possibilità fornite dal collocamento obbligatorio; quindi dovremo insistere per il completamento dell’iter di riforma della L. 113; ma è sempre più indispensabile percorrere strade alternative, con dei percorsi sostanzialmente personalizzati che valorizzino le attitudini individuali. Di questo difficilissimo compito dovrebbe occuparsi principalmente l’I.RI.FO.R., facendo tesoro anche di alcune importanti esperienze, come quelle dell’Istituto Chiossone. L’I.RI.FO.R. dovrebbe impegnarsi anche nella qualificazione e riqualificazione di ciechi ed ipovedenti già occupati, ma relegati in posizioni marginali, come accade ad esempio in alcuni enti importanti, come l’INPS e l’Agenzia delle Entrate.
In questi anni mi sono occupato molto anche dei pluridisabili, trovandomi spesso in difficoltà nel fornire indicazioni veramente puntuali ed efficaci. L’I.RI.FO.R. può essere fondamentale anche in questo settore; dobbiamo creare un nucleo di esperti che si possano muovere sul territorio per fornire consulenze davvero all’altezza, attingendo anche alle competenze maturate da altre istituzioni, come la Lega del Filo d’Oro. Importantissima è poi la formazione degli operatori delle strutture dove i nostri amici meno fortunati sono inseriti. Appare realistico ora pensare che potremo avere un punto di riferimento nel Centro Nazionale di Alta Specializzazione; ma non dobbiamo dimenticare di valorizzare gli esempi positivi sul territorio.
Dalla mia esperienza ho tratto inoltre la convinzione che nei confronti delle istituzioni, nazionali e locali, per ottenere dei risultati concreti, è necessario presentarci unitamente alle altre associazioni di disabili ogni volta che sia possibile. Non è sempre facile gestire determinati rapporti, ma è indispensabile; ho potuto riscontrarlo soprattutto nel mio ruolo di Presidente Regionale, anche di recente, nelle battaglie per garantire la continuità del servizio di integrazione scolastica, argomento di drammatica attualità, che ci toglie il sonno.
Ancora l’I.RI.FO.R. dovrà servirci come strumento per la formazione permanente ed aggiornata in materia previdenziale e della legislazione socio-sanitaria. Se vogliamo saper consigliare i soci nelle loro scelte, creare una rete di contatti qualificati tra i funzionari degli enti pubblici, difendere i diritti dei non vedenti nelle sedi deputate, dobbiamo essere credibili nell’esposizione delle nostre competenze e conoscenze.
Ho imparato poi, che è fondamentale rafforzare lo spettro dei servizi da offrire ai nostri soci anziani, cioè la maggioranza della compagine associativa; persone che dobbiamo saper coinvolgere, con i loro famigliari nella vita delle Sezioni. L’aspetto formativo è anche in questo caso importante: al nostro esterno, dobbiamo saper fornire agli operatori delle case di riposo e a domicilio, le nozioni e metodologie per assistere nel modo migliore un non vedente; al nostro interno dobbiamo saper dare le giuste informazioni su diversi argomenti, come solo per fare un esempio, l’amministratore di sostegno, o la capacità di testare; Abituarli con la dovuta calma ad usare gli ausili più utili e sostenerli psicologicamente.
Molti sarebbero ancora gli argomenti da toccare, ad iniziare dall’istruzione, all’accessibilità in senso lato, alla mobilità, all’aggiornamento tecnologico, alle esigenze specifiche degli ipovedenti e via dicendo; però per adesso mi fermo qui. Tuttavia credo sarebbe molto utile riuscire a realizzare una raccolta delle risposte ai quesiti che ci vengono più di frequente sottoposti, uno strumento attendibile ed agile da consultare, da ampliare mano a mano e da tenere costantemente aggiornato.
Concludo queste brevi ed incomplete riflessioni, sottolineando che, qualora non dovessi essere eletto, il mio impegno, specie in Sezione, o in altro ruolo che risultasse utile, non verrebbe meno di sicuro.

Mario Girardi

Una proposta per migliorare, di Luciano Paschetta

Autore: Luciano Paschetta

Non sono né un candidato, né un delegato al Congresso, ma un semplice socio impegnato da anni nel servizio all’Associazione a livello nazionale, e per questo mi permetto di condividere con tutti voi alcune mie riflessioni e proposte tecniche per il rinnovamento organizzativo della nostra Unione in vista del prossimo congresso.

ALCUNE CONSIDERAZIONI DI FONDO

In questi ultimi 10 anni si erano venuti affievolendo lo spirito associativo e la voglia di cambiamento: nonostante l’apertura agli ipovedenti , abbiamo assistito ad una costante “emorragia” di soci e ad un progressivo “appiattirsi” dell’azione rivendicativa dell’unione, fino al venir meno di una vera nostra politica di welfare.
Unica a rafforzarsi è stata la nostra credibilità internazionale, ma all’interno l’azione della sede centrale era diventata sempre più autoreferenziale e sempre meno autorevole: anche nei confronti del Governo italiano e dei governi regionali, pur rimanendo l’autorevolezza del presidente , la “voce” dell’associazione nel suo complesso, si era via , via affievolita e, troppo spesso, appiattita su posizioni rinunciatarie fino a venire sovrastata dalle iniziative più incisive di altre organizzazioni. Poco o nulla veniva fatto per favorire l’inclusione socio-lavorativa degli ipovedenti, del centro polifunzionale per pluriminorati si continuava solo a parlare, si assisteva quasi senza reagire al venir meno dell’obbligo di assunzione dei centralinisti da parte delle banche, era assente un reale dibattito sulle carenze socio-assistenziali nei confronti degli anziani e di quelli disabili visivi in particolare, solo per citare alcuni esempi.
Nei confronti di queste carenze si potrebbe dire che la maggior responsabilità sta nella aumentata insensibilità delle autorità e nella “crisi” che dal 2008 ha colpito il nostro paese e non solo , è stata però tutta interna la responsabilità del mancato rinnovamento del modello organizzativo della nostra associazione , davanti alle trasformazioni in atto nella società ed ai mutamenti dell’organizzazione statale, infatti mentre l’azione politico-sociale della sede centrale riduceva la sua incisività, parallelamente diminuiva la fiducia e aumentava la distanza della periferia dal centro.
Al decentramento dello stato con la delega alle regioni di materie come scuola, sanità ed assistenza, (che sono quelle che a noi interessano particolarmente e che ci devono vedere maggiormente impegnati in periferia) , non abbiamo saputo rispondere con una riorganizzazione della sede centrale capace di garantire un idoneo supporto al nuovo lavoro al quale venivano chiamate le sezioni provinciali ed i consigli regionali. Questo ritardo nell’adeguarsi al cambiamento è , a mio avviso, una delle cause dell’aumentata distanza tra il centro e la periferia che si vedeva arrivare solo “circolari” che dicevano loro cosa fare, senza però che ci fosse una struttura centrale in grado di sostenerne e guidarne l’azione sul “come” fare. Tutto questo ha impedito alle nostre sedi locali di interpretare i nuovi bisogni dei soci ed essere così in grado di dar loro risposte valide contribuendo al loro allontanamento.
Al rinnovamento politico avviatosi in questo ultimo periodo ed al quale auspico il Congresso voglia dare ulteriore forza, per un rilancio dell’azione associativa occorre affiancare un profondo rinnovamento nell’organizzazione.

ALCUNE PROPOSTE PER UN RINNOVAMENTO DELL’AZIONE
Quale premessa vi è la necessità di un rilancio del dibattito sullo stato sociale, sul modello di inclusione scolastica e socio lavorativa attenta alle specificità della disabilità visiva, tutto ciò non nell’isolamento di categoria, ma cercando e favorendo, come sottolineato dal presidente Mario Barbuto nel Convegno sul lavoro di Napoli, una unità di azione di tutte le associazioni dei disabili ingenerale e con quelle dei disabili visivi in particolare: l’unità dei più deboli paga sempre.

ORGANIZZAZIONE
Come detto io sono un semplice “socio impegnato” impegnato a livello tecnico e quindi lascio ai politici le proposte politiche , io mi permetto solo alcuni suggerimenti di tipo tecnico organizzativo per un rinnovamento dell’organizzazione della sede centrale, utili, a mio avviso, a migliorare l’efficacia dell’azione associativa.

LE PROPOSTE
Rendere efficace la sede centrale significa riorganizzarla, sul piano operativo in modo che possa funzionare come un “Centro studi” che, a livello politico , definisce le linee di sviluppo e di azione dell’associazione e le propone e “difende” nei confronti delle istituzioni e dei politici, mentre al suo interno, a livello tecnico, si struttura in modo da poter tradurre l’azione politica in progetti, servizi e azioni concrete da disseminare in periferia facendo così sentire la sua presenza supportando e guidando le sezioni ed i consigli regionali nell’azione sul territorio.

Concretamente ciò richiede:
Una riorganizzazione della direzione che garantisca una maggiore collegialità nella gestione con una più ampia corresponsabilità ed autonomia dei singoli direttori nella gestione dei settori a ciascuno affidati (, quale quella degli assessori rispetto al sindaco);
La creazione di un livello tecnico costituito dai responsabili operativi dei gruppi di lavoro ,(in sostituzione delle attuali commissioni di lavoro ) composti sulla base delle competenze dei singoli;
la realizzazione, entro i primi mesi del prossimo anno, di “week end” di formazione/aggiornamento , per approfondire con i componenti dei singoli gruppi il quadro giuridico e la normativa di riferimento e individuare i principali strumenti operativi dei gruppi di lavoro, così che possano essere reali punti di riferimento per la direzione e un supporto per le sedi territoriali;
La trasformazione degli attuali uffici istruzione, lavoro, servizio civile ecc. da strutture burocratiche e deresponsabilizzate, in servizi di “supporto” operativo ai direttori, ai responsabili operativi dei gruppi di lavoro e alle sezioni sia con l’emanazione di “linee guida”, sia con l’affiancamento e l’accompagnamento (anche on line e audioconferenze) delle sedi locali nella predisposizione di progetti e la realizzazione di iniziative.

Una organizzazione di questo tipo è assolutamente necessaria per i tre settori chiave: istruzione, lavoro e welfare: essi hanno visto recentemente un profondo cambiamento normativo dalla cui approfondita, conoscenza i responsabili operativi, i gruppi di lavoro, ed i relativi servizi non potranno esimersi , pena l’inefficacia della nostra azione.
Luciano Paschetta

Ma cos’è una partecipazione vera?, di Francesco Fratta

Autore: Francesco Fratta

Chi ha seguito le vicende associative e il dibattito sviluppatosi sulla lista uicicongresso e sul nostro giornale on line di quest’ultimo anno, avrà certamente notato, negli interventi di Nicola Stilla, il ricorrere di alcune parole come “collegialità”, “vera partecipazione”, “presidenzialismo” e simili, nonché il rammarico più volte espresso per non esser riusciti a pervenire ad una candidatura unica alla carica di Presidente Nazionale. Tuttavia, chi si sarebbe aspettato chiare delucidazioni circa il significato diciamo così “storico” di queste parole, cioè a quali circostanze e, soprattutto, a quali fatti verificabili e a quali elementi concreti facciano riferimento, fino ad ora non ha visto soddisfatta questa sua legittima curiosità. In attesa di risposte più esaurienti sul piano dell’ argomentazione e della ricostruzione “storica” da parte dell’interessato, proviamo a svolgere qualche considerazione sul senso di quelle parole impugnate come slogan nella campagna elettorale dal candidato Stilla. Anzitutto, cos’è precisamente accaduto per cui rammaricarsi il 15 settembre 2014 a Bologna, che ha sancito la fine dell’accordo che aveva portato all’elezione a Presidente di Mario Barbuto, il precedente 15 marzo?

C’ero anch’io quel giorno, e quando Nicola Stilla ha dichiarato che non era ulteriormente procrastinabile l’indicazione di un candidato unico alla Presidenza Nazionale e che a decidere fra Barbuto e lui, che comunque non intendeva rinunciarvi, doveva essere il gruppo di persone che si erano incontrate sempre a Bologna il 2 marzo per lanciare la candidatura di Mario Barbuto, ricordo che gli è stato fatto notare non solo che il gruppo del 2 marzo non aveva sufficiente titolo a scegliere il candidato presidente proprio perché non comprendeva una parte molto significativa dei diciamo sottoscrittori dell’accordo stesso, ma anche che l’indicare eventualmente, a più di un anno dal Congresso, la sua candidatura unica, avrebbe comportato la messa in fuori gioco immediata del presidente in carica, con gravissime conseguenze non solo per la gestione interna dell’Unione, ma anche per l’efficacia della sua azione politica nel momento in cui incombevano questioni serie come, tra le altre, la Legge di stabilità e il destino del Centro Polifunzionale.

Ricordo anche di aver detto che mi pareva incomprensibile proporre di convergere fin da subito sulla candidatura unica di Stilla, non essendo giustificabile un così repentino cambio di cavallo: con quale motivazione avremmo infatti dichiarato che Mario non andava bene?Ci si era tutti sbagliati il 15 marzo? Si potevano imputare gravi manchevolezze all’atteggiamento tenuto dal Presidente nei primi sei mesi del suo mandato? Quali? L’unica risposta, ripetuta ma non suffragata da prove e dimostrazioni di sorta, è stata la mancanza di collegialità, locuzione che è aleggiata anche durante le assemblee precongressuali, nella trasmissione del 17 settembre scorso e nell’articolo di Stilla che continua ad insinuare, tra l’altro, sulla presunta volontà accentratrice e il cosiddetto “presidenzialismo” rinvenibili nella bozza del nuovo statuto che, giova sottolinearlo, egli stesso ha contribuito a formulare senza muovere alcuna obiezione durante la sua stesura, a detta di tutti coloro che vi hanno partecipato direttamente. Ma che cosa esattamente egli e i suoi sostenitori intendano per “collegialità”, non è dato saperlo, così come non è dato sapere dove e quando tale collegialità sarebbe mancata nella gestione degli organi associativi da parte del Presidente Barbuto. E veniamo alla “vera” partecipazione: che cosa distingue una “vera partecipazione” da una partecipazione non vera? Neppure qui si specifica, però si insinua che i paladini della “vera” partecipazione e quindi del “vero” rinnovament,o sarebbero Nicola Stilla e i suoi sostenitori, ergo, per contro, chi non è con lui, come quelli del movimento UICI Rinnovamento (ma non solo) oppure, il presidente in carica Mario Barbuto, non sarebbero in realtà fautori di un “vero” rinnovamento.

Al di là del facile giochetto retorico, andiamo a guardare in concreto quali sono state le iniziative messe in campo e quali i metodi adottati. I sostenitori di Barbuto indìcono un convegno aperto a tutti (Napoli, novembre 2014) per dibattere e individuare alcuni punti programmatici, le cui bozze vengono elaborate da gruppi di lavoro pubblicamente annunciati. Il nostro candidato Presidente viene chiamato come gli altri a partecipare e a dare il suo contributo alla stesura del programma stesso, per cui scegliere di sostenere quel programma è tutt’uno col scegliere quel candidato presidente e viceversa. Questo cos’è: presidenzialismo, o non piuttosto autentica e trasparente partecipazione? Per contro, abbiamo un candidato Presidente come Peppino Simone che scrive il suo programma, sul quale chiede poi il consenso degli elettori, o un altro candidato presidente come Nicola Stilla, che lo fa elaborare da gruppi di lavoro che nessuno sa da chi siano costituiti, e ai quali non è possibile partecipare se non invitati. Sono questi il vero rinnovamento e la vera partecipazione? Da un lato abbiamo candidati consiglieri che si propongono liberamente e che decidono altrettanto liberamente di unirsi intorno a un programma che essi stessi hanno contribuito a elaborare e a un candidato presidente col quale si riconoscono reciprocamente, dall’altro candidati consiglieri indicati dal Consiglio Regionale di appartenenza il cui presidente si adoprerà per farli votare sulla base di accordi con altri Presidenti Regionali che procederanno nello stesso modo, secondo tradizione: io ti voto il tuo se tu voti il mio… e questo sarebbe il vero rinnovamento? Oltre tutto, mentre la stragrande maggioranza degli attuali candidati consiglieri – per lo più autocandidati – si sta facendo conoscere e si offre al confronto scrivendo nelle liste, pubblicando articoli e partecipando a trasmissioni radio, altri avvalendosi dell’attuale dettato statutario che prevede la formalizzazione della candidatura in sede congressuale, non si confrontano proprio con nessuno su idee e programmi, ma si preoccupano solo di strappare quante più promesse di voto possibili stipulando accordi di cui nessuno sa, né saprà mai niente. Scommettiamo che un certo numero di candidature salterà fuori soltanto pochissimi giorni prima del congresso? Saranno loro, forse, i veri fautori del rinnovamento?È a dir poco curioso che da un lato si chieda di fare come se le nuove norme sulla tutela delle minoranze contemplate dalla bozza di statuto, elaborata dall’apposita commissione, fossero già operanti ancorché non ratificate (vedi intervento di Nicola Stilla nell’incontro radiofonico del 17 settembre scorso), e dall’altro ci si richiami al dettato dello statuto vigente per rivendicare il pieno diritto di candidarsi all’ultimo, senza l’onere di un qualsiasi preventivo confronto con chicchessia. Quand’ero molto più giovane di adesso si soleva dire: “ciascuno è quel che fa, e non quello che dice di essere”!In conclusione un’ultima domanda al candidato Stilla: se è così convinto della ineluttabile necessità di candidarsi, perché non si è fatto avanti il 15 marzo 2014? Molto probabilmente avrebbe avuto i numeri per battere la concorrenza di Terranova; ora, invece, mi sa che dovrà cercarne il sostegno, sempre in nome del vero rinnovamento, naturalmente! Ai delegati del XXIII Congresso spetta comunque l’ultima parola, e mi auguro che sapranno distinguere tra rinnovatori vecchi e nuovi, veri e meno veri…

Francesco Fratta

Lettera aperta al Presidente Barbuto, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

Caro Presidente, questi ultimi mesi sono stati per me molto difficili e di grande e profonda “sofferenza”.
Infatti, l’onestà, la trasparenza e la correttezza nell’agire associativo ed ancor prima amministrativo che tu da grande mio “maestro” mi hai insegnato e che io, grazie ad i tuoi sempre cari e preziosi consigli, ho cercato di mettere in pratica, sono stati ultimamente fortemente e strumentalmente messi in discussione.
E’ inutile che io ti rammenti tutte le “vicissitudini” e “tribolazioni” che ho attraversato di recente nell’assolutamente “gratuito” svolgimento del mio incarico di Presidente del “glorioso” Istituto per ciechi “Ardizzone Gioeni” di Catania. Tutto ciò a causa di una vera e propria “consorteria” che non ha fatto altro che spargere quotidianamente veleno ed innalzare sistematicamente sospetti sul mio conto anche con l’esecrabile uso di “riprovevoli e calunniosi” esposti anonimi .
Evidentemente, l’opera di risanamento e di rinnovamento dell’Ardizzone Gioeni da me esperita, sulla scorta anche e soprattutto dei tuoi “unici” insegnamenti morali ed etici, ha dato e procurato tanto fastidio a chi ha invece cercato di ostacolarmi ed osteggiarmi in tutti i modi possibili ed immaginabili (leciti ed illeciti).
Ma la classica “goccia che ha fatto traboccare il vaso” è stata l’imminente apertura del Centro per ciechi pluriminorati dell’Istituto Ardizzone da me fortemente voluto contro tutto e tutti.
Tale Centro per ciechi pluriminorati, infatti, sarebbe un vero e proprio “fiore all’occhiello” non solo dell’Istituto per ciechi catanese, ma dell’intera Sanità siciliana e di tutto il Sud Italia, in quanto trattasi di una struttura di oltre 2000 metri quadrati, dotata di strumenti, attrezzature ed ambulatori all’avanguardia, con cortili, giardino esterno ed ampio parcheggio, e vedrebbe all’opera un’equipe multidisciplinare davvero unica nel suo genere dalle nostre parti.
Ma soprattutto, come tu mi hai sempre e reiteratamente inculcato nella mente e nell’anima, darebbe la possibilità di diventare finalmente “soggetti di diritto” a quei soci che noi dell’UICI dobbiamo considerare la nostra assoluta PRIORITA’: I ciechi pluriminorati!
Questa nobile “mission”, pensavo forse ingenuamente avrebbe promosso quella voglia di collaborare, quella determinazione e fiducia “cieca” reciproca che a noi della Federazione ed ai Direttori Nazionali dell’Unione, trascinati da te, ha consentito il “meraviglioso” successo del Centro polifunzionale per ciechi pluridisabili di Roma ormai di prossimo allestimento. Ed invece niente di tutto questo!
Infatti il Centro di cui sopra del Gioeni di Catania si è paradossalmente trasformato, scusandomi il “bisticcio di parole”, nel centro della discordia, accendendo invidiucce, gelosie ed appetiti vari che hanno provocato l’immobilismo dell’Istituto etneo e soprattutto la mia ingiusta “rimozione”.
Prova di tale grave torto arrecatomi è l’ordinanza 717 del 24 Settembre scorso del Tar di Catania, con la quale è stato ufficialmente dimostrato come il provvedimento della mia decadenza dall’Ardizzone Gioeni fosse illegittimo e basato su una relazione che, non volendo entrare nel merito, è a dir poco “lacunosa e carente” sotto diversi ed importanti aspetti. Insomma, il Tar Catania, accogliendo il ricorso dei miei legali, ha finalmente fatto GIUSTIZIA!
A questo punto, al Presidente Barbuto, che nell’immaginario collettivo di noi “giovani” minorati della vista italiani, rappresenta il SIMBOLO del rinnovamento, il CAMPIONE del cambiamento ed il nostro LEADER indiscusso, io chiedo con forza che intervenga con tutta l’autorevolezza ed il carisma che gli sono riconosciuti unanimemente. Basterebbe una tua lettera ufficiale all’Assessorato Regionale della Famiglia perché provveda senza indugi e senza se e ma alla reintegrazione immediata del Consiglio d’amministrazione del Gioeni di Catania, nominando contestualmente i due componenti il C.d.a., le cui designazioni giacciono inspiegabilmente sul tavolo della Regione Sicilia dal mese di Febbraio scorso. Aurelio Nicolodi era solito affermare che il riscatto dei ciechi dipende solo dai ciechi e, con la reintegrazione richiesta, tornerebbero a fare parte del C.d.A. tre componenti minorati della vista su quattro con tutto quello che di favorevole ne conseguirà per la nostra categoria e per il rilancio definitivo dell’Istituto.
Ti ricordo, infine che oltre a due componenti non vedenti ancora in carica, il terzo privo della vista (uno dei due consiglieri in pectore) è stato indicato dal consiglio regionale UICI Sicilia e da me più volte tanto formalmente quanto inutilmente sollecitato.
Con l’occasione data dalla presente lettera aperta, allo scopo di allargare il respiro della stessa, desidero invitarti alla conclusione della vicenda relativa al reale numero di soci iscritti ad alcune sezioni provinciali siciliane di cui nel recente passato ti sei occupato, senza che la direzione nazionale abbia assunto, come suo preciso dovere, alcuna posizione definitiva. Giunge voce che sarebbe stato stabilito il termine del 30 settembre p.v. come data di scadenza per la presentazione dei report ufficiali di tale delicata attività di accertamento. Non ti sembri peregrino evidenziare come il differimento della risoluzione di tale vicenda potrebbe riflettersi negativamente sulla regolarità del prossimo congresso di Chianciano cui potrebbero partecipare delegati non aventi diritto.
Convinto che anche tu condividi l’importanza delle due questioni in oggetto ed in attesa del Tuo benevolo e sollecito riscontro, Ti porgo cordiali saluti.

Vivere l’Unione attivamente, di Francesca Misseri

Autore: Francesca Misseri

Sebbene sono iscritta all’Unione dal ’69, solo da una quindicina di anni sono attivista. Premetto che ho sempre seguito la politica Unionale, proprio per questo ho sempre riscontrato tante criticità, cosa importante che non mi faceva decidere ad impegnarmi attivamente. Sono sempre stata molto critica, onestamente non per il gusto di farlo, ma di una critica costruttiva. Questa Unione così burocratizzata, pesante come un pachiderma. Questo Statuto capestro, soggetto apparentemente a frequenti cambiamenti di congresso in congresso, ma di fatto sempre capestro! Associazione tanto, troppo centralizzata, con un presidente troppo rappresentante legale, fino al punto di non fidarsi dei propri tecnici facenti parte delle commissioni di categoria. In questi quindici anni ho vissuto l’Unione da dirigente, ho cercato di spingere per il cambiamento, purtroppo con un solo risultato, quello di essere stata considerata scomoda, onesta, ma pur sempre scomoda!  La realtà Unionale vissuta da me a livello locale, ha quasi sempre costituito potere frenante per le mie attitudini. Ciò nonostante, ho cercato, non con poco sforzo,  di dare priorità all’Unione alla causa di questa nostra associazione, che tanti dicono di servire, mentre nella realtà  spesso accade il contrario! Negli ultimi 5 anni ho ricoperto il ruolo di Consigliere delegato nella sezione di Ragusa, non solo sulla carta, come purtroppo fanno tanti dirigenti, ma ho cercato di addentrarmi studiando e documentandomi  su come si amministra un’azienda, che ovviamente non si differenzia molto dall’amministrare un’associazione come la nostra. Con spirito di servizio mi sono predisposta ad imparare ciò che ho potuto su questa materia ostica, almeno per me, visto che svolgo un lavoro totalmente diverso, dove neanche lontanamente si tratta di amministrazione come quella di un CDA. Ho deciso di candidarmi per puro spirito di servizio, per contribuire e restituire all’Unione ciò che mi ha permesso di imparare, per la gratitudine per avermi permesso di diventare cittadina tra i cittadini attraverso la formazione tramite lo studio ed il lavoro. Chi mi conosce sa quanto  io non sia avvezza a portare avanti ruoli figurativi, non amo collezionare incarichi, solo per il gusto di fregiarsi   di ciò per puro narcisismo. Fino ad oggi l’Unione ha sempre cercato di bloccare le teste troppo pensanti, con il risultato di mettere in fuga  persone  che avrebbero voluto e potuto rappresentare l’associazione rafforzandone l’immagine, probabilmente  si sarebbe potuta evitare questa ingente emorragia di soci, anche perché la concezione di vivere l’associazione da dirigenti, che via, via, è andata radicandosi e stata quella del feudalismo. Mi si conceda questo dire, non me ne vogliate per questa  crudezza. Auspico pertanto, un vero ed autentico cambiamento, lasciamo che avvenga questa svolta epocale; occorre l’impegno di tutti per chiudere seriamente questo trentennio.

Francesca Misseri

I Crocevia, di Mario Censabella

Autore: Mario Censabella

In un recente passato si era creata fra le sezioni dell’Unione Italiana Ciechi una sorta di gara intesa a ottenere nell’ambito di ciascuna circoscrizione il maggior numero di vie dedicate a «noi» cioè a personaggi che avevano avuto un ruolo nel miglioramento delle condizioni di vita dei non vedenti in Italia e nel mondo.
Ora mi rifaccio alla memoria, agli atti e configuro un quadro che si attiene alla sezione Unione Italiana Ciechi di Milano e quindi alla nostra Città.
In verità nel corso degli anni in relazione alle celebrazioni del nostro movimento erano intervenute sollecitazioni della Presidenza nazionale intese a ottenere vie intitolate ai personaggi che hanno reso grande la nostra Unione. Per quanto mi concerne la più sospirata e sofferta, vi erano state pressioni dalla Presidenza nazionale perché l’evento avvenisse entro una data prevista, è stata la via dedicata a Paolo Bentivoglio, uno dei fondatori della nostra Unione e secondo presidente nazionale dell’Associazione. Quel giorno, ne è ancora vivo in me il ricordo, l’evento è avvenuto contestualmente alla data di una assemblea sezionale: Paolo Bentivoglio – educatore – è in zona Forze Armate.
Un pullman ha trasferito un gruppo di ciechi: discorsi di circostanza del sindaco, di assessori, corona di fiori, applausi e un poco di commozione per me che ho effettuato un breve discorso di circostanza.
Le altre dedicazioni che ora elenco per storia e cronaca sono avvenute quasi per forza di inerzia quando cioè alle autorità competenti erano venute a noia le sollecitazioni dell’Unione di Milano. Avevamo richiesto nella circostanza del 150o dalla morte di Louis Braille che gli fosse intitolata Via Mozart nella quale ha sede l’Unione Ciechi di Milano e un’entrata del plesso del nostro Istituto dei Ciechi, la risposta … intitolate l’Istituto dei Ciechi a Braille.
Non sarebbe stato male, ma…
Ad un certo punto quando eravamo per tornare a rinnovare la richiesta ecco a renderci conto che un’intitolazione era già stata dedicata a Luigi Braille (zona Chiesa Rossa) gli è toccato, guarda la fantasia degli amministratori un… vicolo cieco.
Proseguendo nella mia ricerca vengo a imparare che pure Aurelio Nicolodi, primo Presidente e fondatore dell’Unione Italiana Ciechi ha la sua brava via (zona fra Affori e Bovisa) in verità un poco periferica ma si sa le vie assolutamente centrali toccano solo ai Cardinali.
Una recentissima intitolazione non ancora neppure inserita negli annuari è stata fatta per ricordare un cieco di guerra di recente scomparsa: medaglia d’oro Vincenzo Capelli (Piazza Gae Aulenti) una zona di recente realizzazione di gran struscio.
Conoscevo molto bene Vincenzo Capelli aveva in gran stima l’Unione; aveva perso la vista sul fronte greco era in possesso di un diploma di massofisioterapista conseguito all’Istituto dei Ciechi di Firenze. Vincenzo Capelli aveva ricoperto diversi incarichi nell’Associazione Mutilati e Invalidi di Guerra; aveva vissuto intensamente gli anni bui della nostra città, conosceva particolari inediti che non mi ha mai potuto svelare relativi alla tragica morte del cieco di guerra Medaglia d’Oro della Repubblica Sociale Italiana Carlo Borsani freddato su un marciapiede della nostra città con il proprio cane guida.
A Limbiate la via nella quale ha sede la scuola Cani Guida dei Lions è intitolata a Maurizio Galimberti (aviatore) divenuto cieco per un incidente aviatorio e per diversi anni Presidente dell’Unione Italiana Ciechi di Milano, gli sono stato fedele vicepresidente.
Non sempre eravamo d’accordo sulle decisioni da prendere, io per portarlo a condividere le mie tesi gli dicevo: «ascolta la tua coscienza», e lui che coscienza sporca che ho. E io di rimando ognuno ha la coscienza che si merita.
Era ingegnere uomo estremamente colto da lui ho imparato tante cose compresi l’atteggiamento e la postura da assumere quando in qualche circostanza mi era stato dato l’incarico di portare la bandiera italiana con insegne della nostra Associazione.
Galileo Galilei, cieco di Arcetri una via ormai datata nella toponomastica della nostra città (zona stazione centrale).
E’ morto nel 1642, ha perso la vista per aver scrutato a lungo l’Universo.
Anche Galileo come gli altri si è sacrificato per il miglioramento delle nostre condizioni di vita di tutti.
Mario Censabella

Invito ai candidati al Consiglio Nazionale, di Francesco Busetti, Silvana Piscopo e Giovanni Taverna

Autore: Francesco Busetti, Silvana Piscopo e Giovanni Taverna

I sottoscritti invitano tutti i candidati al consiglio nazionale a collaborare per costruire un insieme di proposte programmatiche comuni da sottoporre al congresso. La proposta di collaborazione si basa sui seguenti presupposti:
E’ ilCcongresso che ha l’obbligo e il potere statutario di approvare il programma del prossimo quinquennio, pertanto tutte le proposte individuali avanzate dai singoli consiglieri in pectore e dai candidati presidenti nazionali hanno puro significato di proposte che devono necessariamente integrarsi con quelle emergenti dal congresso.
– La consuetudine democratica ispirandosi ai principi della nostra carta costituzionale garantisce la possibilità di costituire forme di aggregazione, compresi gruppi omogenei e unitari  che si riconoscano in ideali, valori, programmi a sostegno e promozione di una linea politica associativa sostenendo il proprio candidato presidente eletto dal congresso unitamente ai delegati che liberamente hanno aderito al gruppo per il governo e le iniziative e risposte ai bisogni e alle esigenze dell’associazione.
Si ritiene pertanto sommamente opportuno che la preminenza congressuale sia rimarcata e rinforzata dalla condivisione di un programma comune da parte di un gruppo di candidati consiglieri che manifestano in tal modo una coesione basata su ipotesi concrete di soluzione dei problemi piuttosto che su apparentamenti e accordi impropri e non previsti dallo statuto.
Le proposte sottoscritte da un gruppo di candidati e sottoposte al dibattito congressuale hanno anche il senso di garantire maggiormente che gli eletti in consiglio non vi giungano ognuno con un suo programma personale, magari da sovrapporre a quello uscito dal congresso, ma che i futuri consiglieri si applichino a dar corso ai dettami congressuali programmatici nei quali potranno riconoscere anche, almeno in parte, punti derivanti dalle loro proposte, e assicurino inoltre una solida base numerica in appoggio allo svolgimento del programma stesso.
Ovviamente si reputa del tutto positivo che i candidati mantengano la piena libertà di occuparsi prevalentemente di campi di loro particolare interesse o di quelli ove le loro competenze individuali siano più sviluppate. Peraltro si ritiene di dover fornire comunque una base di proposte da integrare, soppiantare o ampliare prendendo come base della discussione sia i programmi individuali finora pubblicati sia le schede programmatiche emerse nel corso del convegno di Napoli del 2014, che saranno messe a disposizione di tutti gli aderenti all’iniziativa.
Infine, per trasparenza e chiarezza nei confronti dei delegati al congresso si richiede di indicare la preferenza per il candidato Mario Barbuto, con il quale si concorderanno le proposte programmatiche, mettendo in condizione il congresso di valutare senza opacità il candidato presidente, i consiglieri che intendono sostenerlo e le proposte programmatiche che il congresso è chiamato ad approvare.
Le adesioni possono essere inviate agli indirizzi mail che trovate dopo le firme, possibilmente entro il 27 settembre p. v. .

Busetti, Piscopo, Taverna

busetti.francesco@gmail.com
silvanapiscopo@alice.it
giovanni.taverna@alice.it