La mia rinascita, di Patrizia Onori

Autore: Patrizia Onori

La mia vita è cambiata da quando con grande forza e coraggio, ho deciso di sottopormi ad un delicato intervento chirurgico agli occhi poiché avevo dei forti dolori quindi ho preso la decisione di farmi applicare delle protesi.
Dubbi e paure mi pervadevano ma la voglia di ricominciare a vivere e soprattutto di riprendere in mano la mia vita con dignità, è stata talmente grande così, guardando principalmente dentro me stessa, alla fine ho risolto partendo alla ricerca di un totale cambiamento.
I medici, che da un lato mi incoraggiavano ma dall’altro mi ponevano davanti le probabili complicazioni relative all’operazione, sono stati straordinariamente in grado di descrivermi nei dettagli ogni particolare ed io ho così potuto affrontare il tutto con maggiore consapevolezza.
Di mattina presto, sono partita da Latina con la mia famiglia per raggiungere l’ospedale San Giovanni di Roma, in macchina si parlava del più e del meno ma la mia mente essendo altrove, non riusciva ad entrare perfettamente in quei discorsi seppur interessanti e particolarmente positivi.
Eccoci in ospedale ed ecco arrivare l’infermiere a prendermi, è giunto il momento di entrare in sala operatoria.
Dipendeva solo da me, non ero triste poiché sapevo di essere in buone mani e soprattutto sapevo che un giorno tutto questo sarebbe terminato e sarebbe diventato solo un lontano ricordo negativo ma, mi veniva da piangere ed avevo paura, mi chiedevo se la decisione di operarmi fosse stata giusta così, assorta nei miei numerosi pensieri, rispondendo alle domande dell’anestesista mi addormento tranquillamente.
Al risveglio, ho avuto forti dolori alla testa e agli occhi ma, pian piano, grazie all’aiuto di medici e familiari, ho cominciato il cammino verso la mia nuova vita senza i forti dolori che per molti anni ho dovuto subire all’interno dei miei occhi.
Ho vissuto una serena convalescenza circondata di cure e di particolare affetto, fino ad arrivare alla completa guarigione fisica e, soprattutto, alla piena ed assoluta serenità interiore.
Nei momenti di difficoltà le persone a me vicine, non hanno compiuto per me solamente grandi gesti di bontà ma hanno saputo donarmi anche quelle piccole cose che sono servite per strapparmi un sorriso.
Oggi, grazie al mio coraggio ma anche grazie ai miei genitori che mi hanno accompagnato nelle cure e sostenuto in questa importante decisione, vivo a pieno ogni momento, ho dimenticato letteralmente il senso del dolore fisico e della preoccupazione, affronto tutto con grande energia ed in modo migliore.
Uscendo tra gli amici e tornando al lavoro, mi sento dire da tutti di essere bellissima, fisicamente e moralmente, questo mi trasmette una grande gioia ma provo estrema serenità soprattutto per aver compreso che anche se la vita spesso ci pone davanti a forti problematiche, dobbiamo essere in grado di coglierle ed affrontarle con dignità.
Il momento della mia decisione è stato frutto di notti insonni e di notevole preparazione interiore ma, la preoccupazione maggiore l’ho provata pensando ai miei genitori poichè credo che nel momento in cui ho subito l’intervento chirurgico, si siano trovati ad affrontare un grande dolore e per questo mi sentivo in colpa, dato che essendo mamma, non vorrei mai vedere mio figlio dover far fronte ad una così dolorosa realtà, però oggi credo di aver dato loro un’immensa felicità in quanto hanno avuto modo di godere a pieno della mia rinascita fisica, psicologica ed interiore, della mia totale rinascita.
Grazie di tutto ciò che avete fatto per me, ma soprattutto grazie per avermi fatto capire che valeva la pena farlo per me!
Ho vissuto un’esperienza dura e difficile che mi ha reso più forte ma ho affrontato il tutto con estrema fiducia e ne sono orgogliosa.
Se a volte un momento può sembrarci difficile e stressante, facciamo in modo che diventi un’occasione di crescita che in seguito illumini il nostro vivere e ci fornisca l’opportunità di affrontare il cammino della vita in modo migliore.
Patrizia Onori

Non perdiamo l’occasione, di Valter Calò

Autore: Valter Calò

In agosto 2015, è stata approvata in via definitiva dal Senato una legge sull’agricoltura sociale.
Ho analizzato a fondo, girato e rigirato ogni suo articolo: la conclusione immediata è stata un grande punto di domanda.
Sono passati dei mesi e quell’interrogativo ancora permane, anzi, si è fatto più grande e ad alto contrasto
Penso sia chiaro a tutti noi che l’Italia sia un insieme di culture, usi ed abitudini completamente diversi tra nord e sud, mari e montagne oltre che isole e continente, per non parlare dei mille campanili, dei Guelfi e dei Ghibellini, tutti componenti che rendono la nostra Nazione unica ed inimitabile.
Oriana Fallaci scrisse, a ragion veduta, che il nostro Paese per ogni decisione si divide in due: metà a favore e metà contro, tanto che dopo l’unità d’Italia, un manipolo di camicie rosse Garibaldine decisero di attraversare l’oceano direzione America.
Il gruppo di valorosi giunti sulla terra del grande sogno, non fecero altro che dividersi in due, Nordisti e Sudisti…
Cosa c’entra tutto ciò con Agricoltura Sociale?
Tanto, tantissimo! Varata la legge, non è successo nulla, perché?
Ogni Regione, Provincia o Ente Locale, dovrà prendere la legge in mano e adattarla ad usi e consuetudini locali.
Quindi una legge riordinata in Piemonte potrebbe avere molteplici sfumature, diverse rispetto ad una della Puglia. Tutto ciò rientra in quello che attualmente è il decentramento delle responsabilità; questo sta a significare che un progetto presentato in Liguria, potrebbe non essere attuabile in Emilia e viceversa.
In ogni caso noi saremo pronti, anzi prontissimi a cambiare la nostra morfologia, i nostri convincimenti e ci adatteremo agli usi ed alle consuetudini: l’importante è non lasciarsi sfuggire questa opportunità.
Dovremmo lavorare in simbiosi e a stretto contatto con i nostri rappresentanti locali per conoscere, apprendere ed adattarci, proprio come fanno i camaleonti che si trasformano e cambiano colore, così faremo noi per il fine unico ed ultimo di aiutare i nostri soci.
In breve, di cosa si occupa la legge?
Nel contesto dell’integrazione, le possibilità che essa offre sono molte, principalmente lo sfruttamento delle risorse agricole e i suoi prodotti derivati, allevamento, agriturismo, agriasili, agrinidi, scuole didattiche, ecc.
Questa normativa è destinata alle disabilità, pluridisabilità e cooperazione tra le disabilità.
Non volendo entrare nei consueti dettagli e cavilli che ogni legge porta con sé a prescindere, mi soffermerei ad analizzare la procedura di esecuzione che permarrà identica per ogni progetto.
Prendiamo il caso di un gruppo di minorati della vista o pluridisabili, ad esempio composto da tre ipovedenti e un non vedente. Esaminando il gruppo, dobbiamo ricordare che è il progetto a doversi adattare al gruppo e mai il contrario: questo mi preme sottolinearlo, poiché non è contemplato all’interno della legge!
Il secondo step è ricercare il luogo dove sviluppare il progetto.
A tal proposito la normativa ci aiuta, in quanto le aree Pubbliche, Demaniali o quelle sequestrate verranno destinate con priorità a imprenditori agricoli singoli, aggregati in società o meglio, cooperative sociali.
Se non dovessero essere presenti aree Pubbliche o Demaniali bisognerà rivolgersi al libero mercato, che normalmente prevede un aumento dei costi fissi in ogni caso accettabili.
Individuato il sito adatto, dovranno essere valutati i diversi progetti possibili, in questo caso sarebbe molto utile far nascere una cooperazione con assistenti sociali, psicologi, sociologi che in team scelgano il meglio fra le affinità e le predisposizioni lavorative del gruppo.
Anche questo punto, non è previsto dalla legge, tuttavia mi piace pensare che lo sviluppo progettuale abbia una testa analitica e non solo un cuore.
Bene, sicuramente molti di voi si porranno la domanda: è meglio creare prima un progetto e poi cercare un sito per svilupparlo, oppure cerchiamo un sito e poi sviluppiamo un progetto?
Il mio punto di vista è, prima il sito e poi il progetto.
Perché? Molto semplice, la posizione del sito è fondamentale per le persone con disabilità in quanto deve rispondere a caratteristiche ben precise:
– vicino a centri abitati;
– facile da raggiungere (meglio se il sito possa essere raggiungibile autonomamente dalla persona con disabilità);
– adatto alla mobilità interna (la persona con disabilità deve potersi muover in autonomia);
Lo step successivo riguarda l’avvio del progetto vero e proprio.
Il mio motto è produrre, trasformare e vendere grazie alle opportunità offerte dalla vendita diretta di prodotti agricoli primari, semilavorati e lavorati.
A seconda della latitudine o longitudine del sito, oltre che altitudine, ho in serbo numerose possibilità produttive, che hanno il principale compito di garantire autonomia lavorativa ed economica ai nostri giovani o meno giovani interessati ad entrare o rientrare nel mondo bucolico che credo comunque faccia parte di noi.
Adattare un progetto per me significa valutare parametri come competenza e capacità, accessibilità e sicurezza, autonomia nella mobilità interna al luogo di lavoro e nel raggiungimento dello stesso.
Progettare nel mondo del sociale, significa condividere e creare posti di lavoro che diano soddisfazioni agli operatori, formino identità e personalità lavorative esaltando le peculiarità di ciascuno.
Termini come tracciabilità e qualità, dovranno sposarsi pienamente in modo da far trasparire il valore intrinseco del prodotto, poiché oggi più che mai, è l’immagine a “parlare da sola” ed offrire una rilevanza pari alla sua qualità.
Invito i lettori, i presidenti di sezione e Regione a rifletterci su e ad individuare gruppi di lavoro o di contattarmi per approfondire le tematiche e i progetti che in un articolo non possono essere così esaustivi.
I temi sopra indicati, non solo interessano l’agricoltura sociale, ma riguardano anche l’agriturismo e tutti i settori che il moderno imprenditore agricolo ricopre; inoltre fra le novità, si potrà spaziare dall’agriasilo fino ai centri per il recupero di persone con disabilità. A questo proposito, approfondiremo se l’autonomia domestica potrà avere un ruolo in questa legge.
La commissione nuove attività lavorative, della quale sono Coordinatore deve ancora insediarsi, ma personalmente ritengo che l’agricoltura sociale o agricoltura per la disabilità sia un tema che vada approfondito, analizzato e sfruttato a dovere, non perdiamo questa occasione!
Questa Commissione per i minorati della vista, non tratterà solamente agricoltura ma cercherà di riordinare le attività già esistenti svolte dai nostri soci oltre che fornire nuovi input al collocamento dei nostri giovani.
Carissimi amici, mi metto a vostra disposizione sperando nella vostra partecipazione con idee ed eventuali critiche, così da poter crescere correttamente e raggiungere i nostri comuni obiettivi.

Dott. Valter Calò
Coordinatore commissione nuove attività lavorative
Presidente UICI Alto Adige

Intervista a Nunziante Esposito, di Giorgia Filippi

Autore: Giorgia Filippi

Di seguito qualche domanda generale per indagare il campo degli ebook accessibili

• Per iniziare vi chiederei di presentarvi brevemente: chi è l’UIC e in che posizione si pone nei confronti del mondo dell’editoria accessibile?

Fin dall’inizio dell’anno 2000, l’unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ha messo in campo un gruppo di disabili visivi per verificare quello che stava ormai accadendo con la grafica spinta, per farlo presente alle autorità preposte.

La grafica che cominciava a farla da padroni, causava problemi insormontabili per le tecnologie assistive per l’utilizzo di tutto quello che si usufruiva tramite il computer: programmi graficamente accattivanti, Internet con molta grafica e con effetti speciali, e quanto di grafico si cominciava a programmare dando ampio spazio alla fantasia. Ovviamente, senza considerare il danno che si faceva a chi la vista non la possedeva, o per chi l’aveva molto carente. Ci siamo sempre battuti per far comprendere i problemi di accessibilità e, quasi sempre, aiutando i programmatori a programmare in modo accessibile.

Avendo avuto sempre un occhio di riguardo sull’accessibilità a 360 gradi, in qualsiasi occasione si riesce sempre a far capire quali sono i nostri problemi e, molto spesso, anche come risolverli.

. Oltre a fornire supporto a tutti i webmaster dei siti internet per far comprendere loro i problemi che avevano ciechi ed ipovedenti con la navigazione Internet, ci siamo sempre occupati dell’accessibilità anche per i software e gli applicativi Web.

Quando sono cominciati a circolare i primi E-book, sono cominciate anche le prime illusioni. Infatti, pensando ad un libro digitale, la mente è stata portata a pensare subito che avendo un libro digitale, non era più necessario usare un OCR, con tutti gli errori e i problemi di un riconoscimento ottico di caratteri. Ci eravamo sbagliati e anche di molto. Infatti, non essendoci un software accessibile per poter leggere un libro digitale, sono cominciati problemi seri con i produttori di questo tipo di libro. Oggi abbiamo la possibilità di leggere tramite il software di Adobe e, precisamente, tramite Adobe Digital Edition che da un paio di anni è stato prodotto anche in lingua italiana.

Tuttora, con i libri digitali i problemi si verificano ancora e, per lo più dipende dalla produzione di libri digitali che si possono aprire solo con il software proprietario e, generalmente, questi tipi di software non sono accessibili con le tecnologie assistive usate abitualmente dai disabili visivi.

Essendo cieco assoluto, utilizzo uno screen-reader con sintesi incorporata ed avendo perso la vista da adulto all’età di 43 anni, non uso il display Braille collegato al computer e comandato dallo screen-reader. L’utilizzo di questa periferica di Input/output, tante volte, aiuta a leggere anche quello che non viene riprodotto in voce con una sintesi vocale comandata dallo screen-reader, il che facilita non poco la fruizione dei libri e del computer in genere.
Comunque, pur essendo un dispositivo molto importante per avere un supporto alla lettura molto più efficace, e al di la che personalmente non utilizzo il linguaggio braille, questi ausili sono molto costosi e la spesa non è mai totalmente sostenuta dalle ASL di appartenenza, il che rende la disponibilità di questa tecnologia assistiva ad appannaggio solo di chi ha risorse economiche sufficienti, penalizzando tutti gli altri disabili visivi.

In ogni caso, se i libri digitali non sono leggibili con un software accessibile, i disabili visivi, e soprattutto i ciechi assoluti, non possono leggerli in piena autonomia e, tante volte, bisogna trasformarli in file leggibili, operazione che, oltre a comportare la perdita di tempo per eseguirla, non sempre è possibile.

• Qual è la vostra personale definizione del termine “inclusione”?

Quello che oggi si addolcisce con il termine inclusione, per noi è il diritto di avere pari opportunità con chi, usando un termine che non gradisco molto, viene definito normodotato. Infatti, è difficile far capire che un cieco assoluto gli mancano solo gli occhi e che tutti gli altri sensi li usiamo come tutto il resto della popolazione.

Se ci fermiamo un attimo e pensiamo a chi, per essere ignorante in materia, ci procura tutti i problemi di accessibilità per tutte le cose digitali che usiamo, ci viene di pensare che molto probabilmente ci vogliono fare un dispetto. Ovviamente non è così, perché il più delle volte chi ci procura questi problemi, ignora le regole più banali per evitarlo ed addirittura se ne dispiace quando ne viene a conoscenza. Eppure, il lavoro per fare accessibilità non aumenta se si pensa in modo accessibile: per esempio, programmare un sito accessibile non comporta nessun lavoro in più se si fa accessibilità fin dalla progettazione. Lo stesso dicasi per tutte le altre cose digitali che usiamo e che, se non programmate accessibili, mettono in crisi le tecnologie assistive che usiamo.

Nonostante sono più di 10 anni che abbiamo la legge 4/2004 sull’accessibilità, oltre ad avere tanta attenzione e sensibilità intorno al mondo della disabilità, tutto ciò non si traduce in un vero vantaggio per i disabili e in particolare per noi disabili della vista.

Il vantaggio di cui parlo è solo quello di avere l’accessibilità, quindi nessun favore particolare, ma solo avere la possibilità di usare tutto come lo usano tutti, perché abbiamo delle tecnologie assistive che ce lo permetterebbero, e solo così potremmo anche noi veramente vivere l’inclusione sociale.

• Inclusione, accessibilità, partecipazione culturale, progettazione universale – Libri digitali: esiste, secondo voi, una connessione?

Soprattutto dopo la larga diffusione dei device mobili touch-screen accessibili, quali iPhone, iPad e gli smartphone Android, è tutto inglobato in un unico discorso, quindi, fare progettazione accessibile significherebbe per tutti, disabili visivi compresi, avere l’opportunità di non essere esclusi da un discorso globale di informazione ed accesso alla cultura.

Per questo motivo, tutto quanto elencato sopra fa parte di uno stesso discorso: progettare con l’accessibilità in testa per non escludere nessuno.

• Sarebbe più vantaggioso, sia in termini qualitativi che quantitativi (tempo, denaro, etc…), rendere accessibile un contenuto pre-esistente o crearne uno ex novo?

Quando si cerca di rendere accessibile qualche prodotto che non lo è, generalmente, si ha un costo in termini di lavoro, e quindi di spesa, molto più oneroso di quando si progetta direttamente accessibile. Però, in certi casi, ci vuole veramente poco a modificare e rendere accessibile quello che non lo è. Per esempio, anche se in ogni caso si spende di più, se si tratta di un sito: se programmato suddividendo contenuti e grafica tramite i fogli di stile (CSS), si può intervenire e modificarlo con poco lavoro.

Quando però un sito non è programmato con questa suddivisione, conviene farlo ex-novo e si spende sicuramente meno.

Comunque, rifare tutto nuovo non è sempre possibile, ma la valutazione va sempre fatta, anche perché si può fare in modo che, progettando il nuovo accessibile, lo si può mantenere accessibile anche quando si dovrà modificare in futuro, proprio perché viene fatto con una progettazione accessibile.
• A che livello siamo in Italia, ad oggi, con lo sviluppo dell’editoria digitale accessibile?

L’editoria accessibile è tuttora un punto interrogativo, perché non c’è ad oggi uno standard per tutti gli e-book, per cui si può acquistare un libro digitale e leggerlo senza problemi con le tecnologie assistive, tanto lo si può trovare completamente inaccessibile e non avere nessuna possibilità di leggerlo. Avere uno standard e, al contempo, avere un software unico ed accessibile come attualmente abbiamo Adobe Digital Edition in italiano, sarebbe ragionevolmente possibile parlare di editoria accessibile. In Italia è stato realizzato il progetto LIA (Libri Italiani Accessibili) che è importante, ma non risolve completamente il problema, proprio per la mancanza di uno standard di produzione.

• Come definireste lo stato degli ebook ad alta accessibilità allargando il ragionamento su piano internazionale?

Il discorso è già allargato a livello internazionale, perché, avendo la possibilità di acquistare via internet sui siti internazionali come Amazon, se non si realizza uno standard internazionale unico ed accessibile, non possiamo mai parlare di editoria accessibile.

• Ha senso parlare di tutto questo? Ha senso investire energie alla ricerca di una soluzione in questo campo o si sta cercando di risolvere un problema che nella realtà quotidiana non sussiste?

Sono 23 anni che ho perso la vista e quando nel 1994 ho avuto il mio primo computer con uno screen-reader con sintesi vocale, pur se all’epoca si usava il sistema operativo MS-DOS, mi sono sempre adoperato per cercare di leggere i testi cartacei con il computer ed uno scanner, una fatica enorme, soprattutto per le correzioni, per non restare ignorante con tutte le evoluzioni che si sono avute a partire dagli ultimi anni di fine secolo scorso.
Ciò premesso, trovo oltremodo fuori luogo che tutto quello che nasce digitale e già accessibile, perché il testo che si scrive al computer lo è già e senza sforzi, per le necessità commerciali e di copyright si rendono i testi inaccessibili, ignorando completamente le esigenze di chi non vede.
Mi chiede se ha senso parlare di tutto questo e se ne vale la pena fare gli investimenti di energia in questo campo. Al di la del fatto che questi sono problemi reali che solo chi la cecità la possiede nel cervello può non rendersi conto dell’importanza che riveste l’accessibilità dei libri per disabili visivi ed anziani, in realtà, ne dobbiamo parlare molto, anzi, lo dobbiamo gridare a tutti che non si può impedire a chi ha avuto la sfortuna di non avere la vista di informarsi ed istruirsi con la possibilità di farlo senza nessuno sforzo. Infatti, basterebbe non nascondersi dietro al dito e consentire di avere il testo accessibile. E parlo di quello semplice, quello digitale che viene scritto al computer dall’autore.

Invece, si preferisce inventarsi il programma dedicato, quasi sempre inaccessibile alle tecnologie assistive e creare ai disabili visivi e agli anziani tutti i problemi di accessibilità che viviamo tutti i giorni.

Grazie per la collaborazione.
Giorgia Filippi

giorgia@filippiverdello.it.

Contributi dei lettori – Ricordando Marcella Panza, di Mirella Gavioli

Autore: Mirella Gavioli

La Sezione dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus di Mantova, vuole onorare la memoria della “maestra” e amica Marcella Panza, recentemente scomparsa, con una pubblicazione, quale segno di considerazione e riconoscenza per tutto ciò che, nel suo “vivere terreno”, ha saputo rappresentare e condividere con tutti coloro che l’hanno conosciuta, apprezzata ed amata, a partire dalla famiglia, dalla scuola come allieva, poi come insegnante, per proseguire in tutti quegli ambiti associativi, religiosi e culturali che l’hanno vista attiva ed indimenticabile protagonista.

Marcella ha sempre considerato la nostra Unione, una seconda famiglia a cui ha dedicato buona parte del suo tempo e delle sue competenze con particolare convinzione, attaccamento, impegno e senso di responsabilità di cui “sentiamo profonda gratitudine”.

La pubblicazione di questo volume, che raccoglie, oltre alle poesie scritte da Marcella, poesie scritte da alcuni allievi delle scuole elementari dei primi  anni 70 da lei conservate,  pensieri a lei dedicati, è disponibile nei formati Braille, nero, a caratteri ingranditi e in audio CD mp3.

E’  stata presentata ufficialmente in occasione della 57ª giornata del cieco 2015, alla presenza dei familiari, dei dirigenti e soci, del personale e dei volontari della sezione U.I.C.I. di Mantova, nonché alla presenza di amici ed autorità locali.

 

I contributi raccolti verranno devoluti a sostegno delle attività e dei servizi erogati dalla sezione U.I.C.I. di Mantova in memoria di Marcella Panza.

Si ringraziano sin da ora tutti coloro che, valorizzando questo ricordo, vorranno aderire richiedendone copia nel formato desiderato, agli uffici sezionali.

Segue uno stralcio introduttivo della pubblicazione.

A tutti buona lettura e “buoni pensieri”.

 

Per il Consiglio e per la sezione U.I.C.I. di Mantova,

 

La presidente

Mirella Gavioli

 

Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus

Sezione di Mantova

Via della Conciliazione

  1. 37 – 46100 Mantova

Tel. +39 0376 32 33 17

Fax +39 0376 22 17 90

e-mail: uicmn@uiciechi.it

Pec: uicimantova@messaggipec.it

Web: www.uicmantova.it

Codice fiscale: 93025100202

 

 

Il mio ricordo

 

Cara Marcella, è così che ti voglio ricordare!!!

Avevo poco più di tre anni quando, per la prima volta, incontrandoci casualmente in una stanza di ospedale, io a salutare il mio papà, tu a salutare il caro Guido, le tue mani accarezzavano i miei boccoli dorati e le tue ginocchia mi hanno accolta per distrarmi con qualche filastrocca che hai sempre amato raccontare…

… e ne avevo quasi 43 quando, dandoci appuntamento per il “dopo le vacanze estive”, per l’ultima volta ho sentito le tue mani accarezzarmi i capelli perché ti piaceva controllare se erano lunghi o corti, lisci o ricci.

Quelle stesse mani che tante e tante volte hai voluto e saputo “usare” per suonare tutti gli strumenti d’orchestra della vita.

Con le mani hai accarezzato ed educato, hai letto e scritto instancabilmente, così come hai insegnato a tanti di noi a farlo.

Hai suonato il pianoforte, lavorato a maglia, hai accudito, oltre alla tua, famiglie intere che dalle tue mani e dalle tue parole hanno tratto saggezza e forza, hanno mitigato il senso di impotenza e di paura per il futuro.

Le tue mani hanno conosciuto ed imparato, hanno accompagnato ed applaudito, hanno fatto onore alla insostituibile invenzione dell’amato Braille che tu hai saputo trasmettere con tanta convinzione e passione per permettere a molti di noi di poterne beneficiare.

Con le mani hai saputo farci conoscere il valore della cultura, della fede e della musica e, ancor di più, il valore della dignità di chi, pur se privo della vista, può far crescere in sé e negli altri.

Cara Marcella, è certamente poca cosa questo ricordo che, insieme a chi ti ha conosciuta, amata e apprezzata, ho voluto dedicarti proprio in questa giornata di Santa Lucia a te così cara, rispetto a tutta l’eredità morale, di valori e buoni sentimenti che tu ci hai lasciato nel tuo essere con noi.

Sono certa che i tuoi ricordi e le tue poesie, scritte con il cuore e con la intelligente sensibilità che ti ha sempre “illuminata”, non svaniscano in anonimi cassetti ma possano ancora prendere forma e stimolare la fantasia e la riflessione di chi vorrà avere la bontà ed il privilegio di poterli leggere.

A te, Marcella, devo un convinto ed immenso “Grazie” ancor prima come persona che ha avuto “la fortunata opportunità” di percorrere al tuo fianco un pezzetto di strada, poi come attuale presidente della nostra amata sezione dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Mantova a cui hai dedicato molto di te stessa.

Il senso dell’impegno e della dedizione, grazie al tuo esempio e alla reciproca considerazione che abbiamo sempre condiviso ed alimentato, è cresciuto in me al punto di volermi impegnare e mettermi al servizio degli altri così come tu Marcella, assieme al caro Lino ed altri, avete saputo trasmettere a me e alla nostra generazione.

Sono convinta che, ancora una volta, leggendo questi brevi versi, ci offrirai la tua saggezza e la tua “delicata presenza” e noi potremo trarre risposte e spunti da far “rivivere e rifiorire”.

Marcella, sei stata così esile nel fisico, così forte nell’anima, così mite e discreta nel tuo agire, così instancabile e creativa nel metterti in gioco per arricchire di nuovi interessi la tua vita e quella di chi ti stava attorno.

Sei sempre stata piuttosto freddolosa ed appassionata della tua montagna e della serenità che amavi ritrovare a Corbiolo, località che ti ha saputa accogliere e che ti ha donato impagabili momenti di gioia e di pace, che ne hai fatto il tuo ultimo “provvidenziale rifugio”.

Eri talmente preoccupata nell’avanzare dell’età, dei potenziali effetti che avrebbero potuto limitare la tua autonomia che, come segno di “Divina Misericordia”, ti sei congedata da noi proprio in una calda giornata di agosto, in punta di piedi, così come hai vissuto, senza alcun preavviso con ancora voglia di “essere e di fare”, che ora certamente metterai “al servizio degli angeli”.

A te, mia cara Marcellina, possano giungere “arpeggianti e fischiettanti” le note di questi miei semplici e sinceri pensieri, e “strombettante” il mio e nostro più grato e profondo saluto con la promessa che continueremo ad annaffiare e a far crescere “i fiori” da te seminati su questa terra che ha beneficiato della tua equilibrata presenza ed ironia che rimarrà quale “eredità più preziosa”, a sostenerci nel percorso tracciato.

Un “arrivederci” pieno di orgoglio e riconoscenza, da una delle tue “creature”.

 

Mirella

Comunicato stampa, di Mattia Gattuso

Autore: Mattia Gattuso

La moderna caccia alle streghe, consistita nell’individuazione di presunti falsi ciechi ed oculisti compiacenti, si è svelata in tutta la sua crudeltà: dopo l’archiviazione del procedimento penale avviato nel 2012 a carico dei cdd. 5 falsi ciechi di Catania, e di quelli che con una consecutio temporis esemplare hanno interessato tutte le parti d’Italia, finalmente il 25 novembre scorso anche il Tribunale di Siracusa ha chiuso una vicenda che definire grottesca è poco.
L’indagine sui 16 falsi ciechi individuati nel 2010 nella Città aretusea si è chiusa con il proscioglimento in sede di udienza preliminare di tutti gli imputati.
Anni di indagine, utilizzazione di uomini e mezzi per appostamenti e pedinamenti, ma anche per intercettazioni telefoniche, come avvenuto a Siracusa, allo scopo di individuare presunti truffatori dello Stato e gettarli nel tritacarne dell’informazione.
Persone già afflitte dalla grande sofferenza di avere una minorazione visiva, cui sono stati sequestrati preventivamente beni personali e sospesi i trattamenti economici, salvo poi uscire integri nell’onore con la dolorosa conferma della loro condizione di cecità.
Il clamore sollevato al fuoriuscire delle notizie sulle indagini, alla diffusione delle immagini di persone presunte cieche che camminano da sole, che ballano, che salgono delle scale o che giocano a calcio balilla, che effettuano dei prelevamenti al bancomat: immagini amplificate e rese perennemente disponibili sulla rete, con tanto di commenti di dispregio a corredo da parte dei soliti malevoli benpensanti, non sarà mai pari a quello che ne accompagna il riconoscimento della propria innocenza.
Il delinquente è giusto che faccia clamore per fungere da esempio negativo per la società ma altrettanto giusto deve essere il clamore del trionfo della giustizia, della dimostrazione dell’innocenza del presunto reo che ha sofferto senza avere colpe.
Il GUP del Tribunale di Siracusa ha dato a Cesare quello che è di Cesare dimostrando come la magistratura giudicante sia la vera forza del nostro Paese, come sia quel Giudice a Berlino che il mugnaio Arnold di Potsdam ricercava.
Ho avuto l’opportunità di difendere uno dei 16 falsi ciechi di Siracusa e di dimostrarne l’estraneità alle accuse primo perché faceva delle cose che un cieco può fare e secondo perché le patologie visive erano evidenti, ricevendo il pieno accoglimento della richiesta di non luogo a procedere perché il fatto non sussiste.
Per me è stato un onore ed un dovere, ma anche un dolore: il dolore, che condivido personalmente, delle persone affette da patologie agli occhi che giorno dopo giorno lottano per conquistarsi una autonomia diversa, che affrontano sacrifici decuplicati rispetto ai vedenti per tentare di dare un senso alla propria vita, e che per tale tentativo vengono umiliate, derise, indagate e processate, bruciate nel rogo dell’informazione, senza averne alcuna colpa e senza ricevere la successiva giusta mercede da una giusta informazione.
Una volta un cieco riabilitato che svolgeva da solo determinate azioni era ammirato ed indicato come esempio, oggi, per l’opinione pubblica, non può che essere un falso cieco che truffa allo Stato la pensione e tutti gli altri benefici connessi allo status di cieco.
Dopo anni di silenzio, tenuto nell’attesa della conclusione di indagini, udienze preliminari e processi, tutto ciò non può più essere ammesso e va contrastato con la stessa forza con cui si è data notizie delle indagini.
(Avv. Mattia Gattuso)

Lettera aperta al Presidente Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, di Silvana Piscopo

Caro Presidente, come lei avrà sicuramente letto, la proposta di dare vita ad una scuola specialistica per bambini ciechi ed ipovedenti, sta facendo discutere creando in tanti di noi preoccupazione, in altri, invece, qualche speranza e condivisione; ciò che mi sgomenta non è la condivisione di un progetto, che a mio avviso, tra l’altro nasce da una debolezza pedagogica, ma le ragioni che danno spazio ad una siffatta iniziativa e cioè la condizione di insicurezza permanente in cui vivono tanti genitori di bambini e ragazzi ciechi ed ipovedenti frequentanti le scuole pubbliche: quali le carenze più diffuse e note?
La precarietà dei supporti nello studio domestico, la discontinuità e, troppo spesso, la insufficiente preparazione specifica, ma anche psico-pedagogica dei docenti di sostegno, lo scarso coinvolgimento dei consigli di classe nel predisporre e costruire collettivamente gli obiettivi didattici e formativi degli alunni ciechi ed ipovedenti, il prevalere del burocraticismo formale nel costruire i piani educativi individualizzati e quelli didattici personalizzati, una tendenza ad accogliere con diffidenza i nostri bambini e ragazzi e la complessiva fragilità di sistema che pervade la nostra scuola.
A tutto ciò si può reagire con promesse che appaiono rassicuranti nell’immediato, ma, dal mio punto di vista, ancora più destabilizzanti in prospettiva perché sappiamo quanto può scompensare il passaggio da una condizione di protezione di un bambino dai 5 ai 6,7,8 anni di età ad una situazione impatto generalista in scuole con classi numerose spesso culturalmente molto plurali e con percorsi educativi diversi da quelli seguiti da questi piccoli utenti di strutture specialistiche;
tutto questo mi induce a domandarle urgenza di organizzare presto un lavoro di squadra su tutto quanto attiene l’educazione, l’istruzione, la formazione e la cultura, perché in tanti anni si è prodotta una politica di servizi da parte dell’Uici, ma è mancata, a parte qualche pagina di rivista, o la voce un po’ isolata di qualche addetto ai lavori, una linea di politica scolastica, suffragata da orientamenti pedagogici; è, altresì, stata trascurata la necessaria relazione con i nostri studenti dei quali conosciamo quel pochissimo che ci raccontano genitori o docenti di sostegno e noi, come facciamo A parlarne quando non riusciamo a stabilire con loro relazioni dirette?
Per esperienza personale devo dire che riuscivo a costruire progetti di qualche senso e di qualche valore pedagogico e culturale, solo quando, come dirigente scolastica, mi facevo aiutare dai ragazzi che ne erano i destinatari.
Studiare nuove modalità di approccio a queste problematiche è non solo urgente e necessario, ma un dovere primario cui ciascuno deve corrispondere in proporzione alle proprie competenze e alle responsabilità che si assume nell’associazione.

Silvana Piscopo

Il non vedente del terzo millennio, di Gianluca Fava

Autore: Gianluca Fava

Era il 5 dicembre 2015 quando a Napoli, nella splendida sala Consiliare della Città Metropolitana, si teneva un importantissimo Convegno dal titolo “il non vedente del terzo millennio”.
Tale evento, veniva organizzato dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti sezione Provinciale di Napoli, nell’ambito delle celebrazioni della giornata Nazionale del Cieco, che ogni anno cade il 13 dicembre.
La mattinata di lavoro veniva moderata dal famoso giornalista Domenico Falco.
grazie alla presenza di relatori esperti provenienti anche da fuori Regione come Sabato de rosa dell’istituto Cavazza di Bologna, si dibatteva su tematiche attualissime.
L’idea del Convegno che godeva del patrocinio della Regione Campania, della Città Metropolitana di Napoli, del Comune di Napoli, della Fondazione Telethon e dell’Ordine dei Giornalisti, come dichiarato dal dott. Mario Mirabile Presidente della sezione UICI organizzatrice nonché egli stesso giornalista, è nata dalla consapevolezza che le esigenze, i diritti, i
comportamenti, le difficoltà e  soprattutto le  potenzialità dei ciechi e degli ipovedenti, sono ancora troppo poco conosciute ed i disabili visivi sono troppo spesso vittime di discriminazione e comunque non considerati come normali cittadini titolari quindi di diritti e doveri alla pari
degli altri.
Al convegno venivano invitati, oltre che le persone affette da disabilità visiva, anche rappresentanti delle Istituzioni, insegnanti, operatori sociali, giornalisti e tutti coloro che vogliono davvero abbattere le barriere culturali.
A latere del convegno, inoltre, veniva allestita anche una mostra di ausili tiflo-informatici, nonché una esposizione di mosaici realizzati da Mario Ferraro, artista ipovedente.
Infine, agli avvocati che volevano assistere all’evento, il Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Napoli rappresentato nella sede in questione dall’avvocato Arturo Frojo, riconosceva ben quattro crediti formativi.
Che Bella giornata!
Al cospetto di una sala decisamente piena, chi scrive si arricchiva lo spirito grazie alle superlative relazioni del dott. Giuseppe Biasco, storico e giornalista, nonchè direttore dell’I.Ri.Fo.R. Napoli e della dott.ssa Sabrina Carrella, ricercatrice Telethon; ma vi è di più: la presenza fisica della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli attraverso il Procuratore Aggiunto Nunzio Fragliasso e quella del Tribunale di Napoli attraverso il Presidente Vicario Umberto Di Mauro, a modesto avviso dello scrivente, testimoniavano con fermezza di aver finalmente chiaro che non vedente non è sinonimo di falso cieco!
Ciò, ovviamente, acquista ancora più valore, perché è avvenuto a Napoli: la città troppe volte definita dai media “città dei falsi ciechi”!
La Regione Campania, nella persona del Consigliere Carmine de Pascale, quella mattina annunciava lo stanziamento di 180 mila euro in favore dell’UICI, che, visti i tempi…
La stampa dava all’evento grande diffusione e Canale otto, emittente televisiva Napoletana, lunedì 7 dicembre 2015 alle 19,30, ne dava, attraverso un bellissimo servizio del giornalista Giuseppe Porzio, anche notizia nel proprio TG!
La mattinata veniva impreziosita da un bellissimo intervento telefonico del Presidente Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli ipovedenti Mario Barbuto, che ha avuto l’unico neo, lo si scrive a titolo personale ed ovviamente senza alcuna vena polemica, di non aver chiuso i lavori così come da programma!
Molte cose potrebbero essere ancora scritte circa il convegno in parola che, per vari motivi e sotto vari aspetti rappresenta una novità, ma, per non tediare il paziente lettore, si tralasciano rimandando all’ascolto dei file audio contenuti nel link http://www.uiciechi.it/ArchivioMultimediale/.
Gianluca Fava

Natale insieme giocando: il piacere di ritrovarsi, di Mena Mascia

Autore: Mena Mascia

Ieri, entrare in associazione e sentirla pullulare di voci, conosciute e non, è stata per me un’emozione unica. Senza molto crederci, viste le volte che ci avevo provato, ricevendo per tutta risposta dinieghi assoluti, dei quali, per carità di patria, non è qui il caso di analizzare i motivi, accorgermi che gli amici erano intervenuti per partecipare al torneo di scopone scientifico, mi ha riempito di gioia. Abbracci, baci, erano lì a dimostrare il piacere di considerare la sezione come la propria casa, un ambiente non neutro da abitare per ritrovarsi e dimenticare ambasce quotidiane o dispiaceri vari, una casa dove trascorrere qualche ora di svago per sentire allontanarsi la crisi di appartenenza che talvolta ci coglie nel chiuso della nostra abitazione.
Tutti hanno gradito l’idea della tombolata che ci vedrà ancora riuniti fra una settimana e distribuito sorrisi sereni, andando via. In memoria di un amico scomparso da poco, un vero artista, porterò io la tombola, al fine di ricordarne a tutti l’immensa creatività.
I ragazzi del servizio civile che la sezione mette a disposizione di chi, socio e non, ha necessità di essere accompagnato, si sono prodigati per procurare i premi per la tombola, felici di partecipare con i nostri soci più giovani alla prossima sfilata degli abiti da sposa che si terrà il giorno 19 p.v. per autofinanziarci. L’iniziativa è stata sponsorizzata con molto entusiasmo dai negozi cittadini per il piacere di vedere il proprio logo sulla nostra locandina dal suggestivo titolo “C’era una volta”, per giustificare il quale hanno chiesto a chi aveva qualcosa di bello da far vedere di esporlo, per dare di noi un’immagine più vera di come siamo. In quella sede ognuno vedrà esposto il frutto delle proprie passioni, rese più concrete dal farle osservare a chi avrà la voglia di augurarci un buon Natale, apprezzando il com’eravamo, non dimenticando il come siamo.

Mena Mascia

Echi del XXIII Congresso Nazionale dell’Uici – A modo mio, di Mario Censabella

Autore: Mario Censabella

L’assise ha avuto luogo dal 5 all’8 novembre a Chianciano; la sera del primo giorno un’importante evento: l’assegnazione dei premi braille e un concerto nel corso della manifestazione molti non vedenti hanno dato prova della loro valentìa.
Quest’anno il nostro Congresso si è svolto a Chianciano, questa sede è stata prescelta oltre che per motivi economici, forse anche perché Chianciano è in una posizione equidistante da tutti i confini italici. Diamo ora un’occhiata al loco.
Chianciano Terme è una delle località termali più famose d’Italia. Particolarmente fortunata la posizione, a cavallo tra la Val d’Orcia con le sue crete (dal 2004 patrimonio dell’umanità dell’UNESCO) e la fertile Valdichiana, tra le colline dei vini di Montepulciano e le bellezze rinascimentali di Pienza: luogo di cura e di relax ma anche punto di partenza per scoprire le bellezze della Toscana e della vicinissima Umbria. Dista 89 km da Siena e 73 da Arezzo.
Ha avuto nel periodo 1915-1920 un rapido sviluppo con la costruzione di un acquedotto, di uno stabilimento di imbottigliamento e con la ristrutturazione dello stabilimento dell’Acqua Santa.
In verità il Congresso ha avuto inizio alle ore 15.30, gran brusio, qualcuno si chiama a gran voce, non si distinguono le voci dei non vedenti da quelli degli accompagnatori.
L’atmosfera non è del tutto mutata rispetto a qualche anno addietro, vi sono molte voci nuove ma non mancano le vecchie mammole, ora un po’ più tigrati, vecchi marpioni ai quali nonostante un nuovo tagliando sopravvivono per la loro antica scaltrezza; vi sono ancora le vecchie volpi ormai ingrigite che anche con il fiato corto riescono a essere ferine; non mancano neppure i gladiatori che hanno sempre il colpo che può stroncare. Vi sono naturalmente anche le new entry, queste piuttosto sibilline e impenetrabili.
Mi sono fatto prendere dal pathos, dall’emozione, non ho ancora scritto dell’intervento dei candidati presidenti e di tutti coloro che si sono proposti per le varie candidature: ciascuno ha saputo far considerare l’intelligenza, la cultura, l’esperienza, anche associativa, il carattere secondo i propri parametri.
Il Congresso si è concluso con la rielezione di Mario Barbuto e con un rinnovato consiglio nazionale, alla conclusione, grande entusiasmo e qualche polemica di troppo, auguri affettuosi e complimenti a tutti i neo eletti.
Come ha sempre affermato Wanda Dignani viva la nostra grande, bella, importante Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, ora aggiungo io, senza di “lei” saremmo nulla.
Da moltissimi anni tutti coloro che sono venuti a Chianciano a… passare le acque sono stati convinti che… Chianciano fegato sano… non so se questo slogan sarà stato tale anche per tutti i nostri congressisti.

Mario Censabella

Perché non ritirare il “famigerato” emendamento?, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

Cari amici,
da catanese, anch’io sono un convinto fruitore del Polo tattile multimediale, del quale non mi sognerei neanche minimamente di sminuire l’insostituibile ruolo culturale per i minorati della vista siciliani.
Tuttavia, non riesco a comprendere la lettera aperta al nostro Presidente Nazionale che, in questi giorni, alcuni dirigenti siciliani stanno facendo girare e circolare.
Non la capisco in quanto, secondo me, non coglie e non vuole “vedere” quello che è il vero e reale nocciolo della questione.
Infatti, se i ben 3500000 Euro che la Regione Sicilia eroga annualmente a favore della Stamperia Braille etnea non bastano all’Ente per soddisfare le esigenze ed istanze culturali dei suoi utenti, allora i responsabili di tale struttura, perché non hanno pensato bene di “concordare” con il Presidente Barbuto una strategia diversa ed alternativa alla presentazione di un emendamento volto a sottrarre risorse indispensabili per lo svolgimento delle attività di ricerca, riabilitazione e formazione dell’I.Ri.Fo.R?
Al riguardo, mi permetto di suggerire loro l’individuazione di altre possibili fonti di finanziamento quali la città metropolitana di Catania, la stessa Regione siciliana (dalla quale dipende tra l’altro il Polo tattile), fondi comunitari, che ritengo più adeguati e pertinenti per la specifica tipologia di tale Ente.
Certo, la fretta è spesso “cattiva consigliera” ed i ritmi ”frenetici e vorticosi” imposti dalla Legge di stabilità sovente non aiutano ed hanno senz’altro contribuito a tale spiacevole “incidente” e “pasticcio”, ma sono altrettanto convinto che anche i dirigenti della Stamperia Braille sanno perfettamente che depauperare e decurtare i contributi dell’I.Ri.Fo.R. significa fondamentalmente ridimensionare i tanti progetti di formazione, riqualificazione professionale, di autonomia e mobilità destinati a tutti i disabili visivi e ciechi pluriminorati d’Italia.
E nonostante la presentazione dell’ormai “famigerato” emendamento, io penso che non sia detta l’ultima parola e che possano esserci i margini per sbrogliare l’intricata “matassa”, già in occasione della discussione della legge finanziaria alla Camera a partire dalla prossima settimana.
A tal proposito, faccio un appello “accorato” ai dirigenti dell’UICI Sicilia perché compiano un atto di “giustizia” associativa, adoperandosi con tutte le loro forze ed energie per far ritirare alla camera il sopraccitato emendamento, o per lo meno perché esso preveda una sovvenzione in favore della Stamperia Braille in aggiunta all’integrale contributo dell’I.Ri.FoR.
Ma tutto ciò non può prescindere da uno “sforzo collaborativo” e da un coinvolgimento fattivo e diretto del nostro Presidente Nazionale che, pur nel rispetto delle responsabilità e delle competenze di tutti e di ciascuno, è sempre il garante del buon funzionamento della nostra amata Unione e di tutti gli Enti collegati.
Infatti, l’esperienza insegna che l’adozione di una simile metodologia di comportamento “partecipativo e sinergico” riduce sensibilmente le conflittualità ed i possibili contenziosi al nostro interno e responsabilizza tutti noi ad una gestione “coesa, democratica e collegiale” della nostra Associazione.
Questo non è più il tempo delle divisioni, delle lacerazioni e delle incomprensioni, ma quello delle soluzioni condivise ed unitarie.
D’altra parte, se la congiuntura economica attuale del Polo Tattile di Catania è davvero così drammatica, non penso che mancherà al nostro sempre sensibile Presidente Barbuto, venirgli incontro e farsi carico di tale criticità, se lo si chiamerà direttamente in causa.
Ed allora confido nel grande “senso di appartenenza e di responsabilità” dei vertici regionali dell’UICI Sicilia per farlo ritirare questo “benedetto” emendamento.
Sarebbe questo il più bel “regalo” di Natale per il Presidente Mario Barbuto, la più bella “strenna” natalizia per i ciechi ed ipovedenti italiani!