A scuola di Braille: “Così costruiamo l’inclusione”
Bambini con e senza disabilità visiva sperimentano gli strumenti usati da chi non vede
A scuola c’è un bambino non vedente? Tutta la classe impara il braille, l’alfabeto a punti in rilievo che consente alle persone cieche di leggere e scrivere. È un percorso altamente inclusivo quello proposto, per ben due volte, in diversi anni scolastici, nella scuola primaria dell’Istituto Comprensivo “Giosuè Carducci” di Busca (Cuneo). Recentemente, due piccoli allievi (un bimbo e una bimba), entrambi con importanti minorazioni visive, hanno iniziato a frequentare l’istituto. E il corpo docente ha ritenuto che la loro presenza potesse essere uno stimolo e un arricchimento per l’intero gruppo classe. Da questa intuizione è nato il progetto “Amico Braille”, rivolto a due classi di seconda elementare e realizzato in collaborazione con il Centro di Riabilitazione Visiva di Fossano, realtà nella quale, su mandato dell’Asl Cuneo 1, operano professionisti e volontari dell’UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) di Cuneo.
Il progetto ha avuto un taglio marcatamente pratico ed esperienziale. In sei incontri da due ore ciascuno, guidati da un educatore esperto in tiflologia (la disciplina che studia strumenti e strategie per compensare la disabilità visiva), i giovanissimi studenti delle due classi coinvolte hanno familiarizzato con l’alfabeto braille, imparando a leggerlo e scriverlo. Il percorso è iniziato con esercizi proposti sotto forma di gioco: palline e chiodini sono stati usati per simulare i punti in rilievo e per stimolare la tattilità (solitamente, nei vedenti, un po’ “addormentata”, perché surclassata dallo strapotere della vista). Poi i bambini si sono cimentati con tavolette e punteruoli, sperimentando, in prima persona, le soddisfazioni, ma anche le fatiche vissute dai loro compagni con disabilità visiva. Qualche cenno è stato dedicato anche al funzionamento della Dattilobraille, una sorta di “macchina da scrivere braille”, che rende il processo di formazione delle lettere più agevole e veloce.
Un progetto di questo genere è stato possibile grazie a un sapiente gioco di squadra che ha coinvolto l’intero corpo docente. “Per i due bimbi con disabilità visiva, il percorso è stato prezioso” raccontano le insegnanti di sostegno che li hanno seguiti. “Si sono sentiti riconosciuti nella loro unicità e valorizzati, hanno capito di avere delle competenze specifiche, che potevano mettere in gioco e condividere con i compagni”. E per il resto della classe? Con esperienze del genere – potrebbe obiettare qualcuno – non si rischia di sottrarre tempo al programma ordinario? “No, anzi, riteniamo che l’esplorazione del braille abbia rappresentato un arricchimento per tutti” rispondono, con convinzione, le docenti curricolari. “Cambia solo il sistema di scrittura, ma, anche con le lettere in rilievo, bisogna rispettare le regole di ortografia e grammatica. Quindi, in quelle ore, abbiamo fatto, a tutti gli effetti, lezione di italiano. Anche a distanza di tempo, concluse le ore specificamente dedicate al progetto, di tanto in tanto i bambini continuano a esercitarsi con il braille. È un modo per mantenere vivo ciò che hanno appreso e proseguire il dialogo, anche in forma scritta, con i loro compagni non vedenti”.
“Un progetto di questo genere non può che essere un modello – osserva la presidente dell’UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) di Cuneo, Nives Torta – Sicuramente i bambini coinvolti svilupperanno un’attenzione e una sensibilità particolari nei confronti della disabilità e probabilmente, nel loro futuro, contribuiranno a costruire una società più equa e inclusiva. Ci auguriamo che altre scuole seguano l’esempio dell’Istituto di Busca e scelgano di avviare percorsi analoghi”.