Doppio senso: percorsi tattili alla collezione Peggy Guggenheim

Il tatto è la capacità di descrivere gli altri come loro stessi si vedono
Abraham Lincoln
Un museo per tutti? Succede a Venezia, dove le porte di Palazzo Venier dei Leoni si aprono per far sì che il suo patrimonio artistico possa essere sempre più accessibile. Le opere d’arte non si possono toccare, è una regola di base, ma alla Collezione Peggy Guggenheim esiste l’eccezione, grazie all’innovativo progetto “Doppio senso: percorsi tattili alla Collezione Peggy Guggenheim”: un percorso accessibile dedicato anche al pubblico con disabilità visive che, attraverso il senso del tatto, potrà comprendere i capolavori della collezione appartenuti alla famosa mecenate americana.

Quattro appuntamenti, tra fine ottobre 2015 e gennaio 2016, permetteranno a tutti i visitatori, di fruire sia di alcune opere della collezione permanente (“Ritratto di Frau P. nel Sud” di Paul Klee, “Verso l’alto (Empor)” di Vasily Kandinsky, e “Giovane donna a forma di fiore” di Max Ernst) che di tre capolavori della mostra temporanea V.S. Gaitonde. Pittura come processo, pittura come vita.

Il progetto, ideato e curato dalla dott.ssa Valeria Bottalico, rende possibile, da una parte, l’accessibilità per i non vedenti e gli ipovedenti attraverso la traduzione in rilievo delle opere, l’ausilio di schede descrittive in Braille e a caratteri ingranditi – dall’altra, la realizzazione di file audio scaricabili all’interno di una sezione del sito del museo, accessibile ai non vedenti ma consultabile da tutti. Il progetto prevede, inoltre, la formazione di diversi membri dello staff preposto all’accoglienza, ai servizi per i visitatori, allo shop, alle attività educative e alle pubblicazioni.

Un percorso nuovo quanto unico, che nasce con l’obiettivo di promuovere il ruolo sociale ed educativo del museo come luogo di incontro e di inclusione, nonché di valorizzare il suo immenso patrimonio culturale, rendendolo accessibile a tutti, in linea con la “mission” della Collezione Peggy Guggenheim, ovvero di contribuire alla conoscenza e alla diffusione dell’arte moderna e contemporanea in Italia e nel mondo.

L’iniziativa si inserisce in un processo di sensibilizzazione alla fruizione, intesa come esperienza conoscitiva altra, rispondendo così all’articolo 30 della Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità “Gli Stati riconoscono il diritto delle persone con disabilità a prendere parte su base di uguaglianza con gli altri alla vita culturale [..]”

Gli appuntamenti si terranno il 31 ottobre, il 14 novembre, il 12 dicembre e il 9 gennaio p.v., sempre presso la Collezione Peggy Guggenheim. Tali incontri si articolano in due momenti: si comincerà con una visita tattile con Valeria Bottalico e, successivamente, seguirà un laboratorio condotto dallo sculture non vedente Felice Tagliaferri.

Contestualmente ai quattro appuntamenti, i bambini dai 6 ai 10 anni avranno l’occasione di partecipare a quattro workshop domenicali, dalle 15 alle 16.30, che si inseriscono nella programmazione dei Kids Day, sempre condotti da Felice Tagliaferri (1 novembre, 15 novembre, 13 dicembre, 10 gennaio).

“Doppio senso: percorsi tattili alla Collezione Peggy Guggenheim” è stato realizzato in collaborazione con l’Istituto Ciechi di Milano, che ha eseguito la traduzione in rilievo di due delle opere e la realizzazione della pagina web del progetto rendendolo accessibile ai non vedenti, con la partecipazione dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti – Onlus, ed è reso possibile grazie al contributo di The Gordon and Llura Gund Foundation.

Gli appuntamenti di sabato 31 ottobre, 14 novembre, 12 dicembre e 9 gennaio saranno a partire dalle 15. Il museo si trova a Venezia, Dorsoduro 701, raggiungibile con il vaporetto, Linea 1/2, fermata Accademia.

Valeria Bottalico è ricercatrice e formatrice nell’ambito dell’accessibilità museale e socio ICOM (International Council of Museums) Italia e membro delle Commissioni tematiche “Educazione e Mediazione” e “Accessibilità museale”. Collabora con diverse istituzioni museali e istituti scolastici per cui progetta e coordina attività educative con attenzione ai temi dell’accessibilità. Da cinque anni sta conducendo una ricerca dedicata alla mediazione e alla fruizione del patrimonio culturale per un pubblico di persone non vedenti e ipovedenti in chiave inclusiva.
Felice Tagliaferri è uno scultore non vedente noto a livello internazionale e fondatore della Chiesa dell’Arte, scuola di arti plastiche. Le sue creazioni sono sculture “non viste”, che prima nascono nella sua mente e poi prendono forma attraverso l’uso sapiente delle mani, guidate da incredibili capacità tattili. Lavora con materiali diversi: creta, marmo, legno o pietra, ed è anche insegnante. La sua arte è stata definita da diversi esperti del settore “arte sociale” per l’impegno che caratterizza le sue mostre.

Non bisogni, ma diritti, di Katia Caravello

Autore: Katia Caravello

Intervento alla tavola rotonda “Disabilità e i diritti esigibili”, svoltasi nell’ambito del Convegno “Sui generis 2015” Le giornate cagliaritane sulle Pari Opportunità. (Cagliari, 17/18/19 settembre 2015).

Il tema del riconoscimento e della tutela dei diritti è particolarmente sentito da tutti coloro che, a vario titolo, si occupano di disabilità… ed è quindi estremamente importante parlarne. Per farlo partirò da un’affermazione apparentemente molto banale: le persone con disabilità non hanno diritti particolari, hanno gli stessi diritti di qualunque altro individuo, ciò che cambia sono le modalità attraverso le quali essi possono essere esercitati.
Chi ha una disabilità è una persona come tutte le altre, ha delle abilità e dei limiti, dei pregi e dei difetti, è portata a fare alcune cose e non altre e così via… la disabilità è uno solo degli elementi che la caratterizza. Un elemento che sicuramente non può e non deve essere ignorato, ma che non deve neanche essere posto sempre in primo piano.
Questo è ciò che fa la Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, che, per l’appunto, utilizza la locuzione “persone con disabilità” e non espressioni come “disabile”, “handicappato” o, tanto meno, “diversamente abile”: in questo modo la persona viene messa al centro e alla disabilità viene attribuito il giusto peso.
Definire una persona semplicemente un disabile è come utilizzare una sineddoche, la figura retorica che consiste nell’uso retorico di una parola al posto di un’altra, nella fattispecie, si usa un termine che descrive una parte (per definire il tutto.
E’ facilmente intuibile come ciò sia riduttivo: significa porre l’attenzione esclusivamente su una caratteristica, ignorando completamente tutte le altre… e ciò non è accettabile se si parla di individui con dei sentimenti.
Questa visione parziale è alla base dei tanti pregiudizi esistenti nei confronti dei portatori di handicap. Pregiudizi che, anche quando sono positivi, non consentono la reale conoscenza dell’altro, dando origine a false credenze e a generalizzazioni. Si pensi ad esempio alla campagna contro i falsi invalidi, spesso falsi ciechi: sicuramente questo fenomeno esiste e deve essere fortemente combattuto, il problema è come è stato fatto. Per lungo tempo, sui giornali sono usciti articoli sensazionalistici nei quali venivano additate come falsi ciechi – quindi come truffatori – delle persone che compivano azioni normalissime per chi ha una ridotta o nulla capacità visiva (aprivano il portone di casa con le chiavi, utilizzavano uno smart phone, stendevano i panni, camminavano spediti per strada)… e quando il caso si smontava e l’INPS perdeva i ricorsi, nessuno ne parlava più: a queste persone ingiustamente accusate non è stato neanche concesso di ricevere delle pubbliche scuse!
Il fatto di essere riconosciuti come persone, significa anche essere riconosciuti e trattati come cittadini tra i cittadini e, in quanto tali, avere dei diritti e non dei bisogni! Le persone con disabilità, come tutti i cittadini, oltre ad avere dei doveri, hanno il diritto all’istruzione, al lavoro, alla mobilità autonoma e via dicendo… non c’è – e non ci deve essere – nulla di straordinario in tutto ciò.
Una società che si definisce “inclusiva” non deve chiedersi “quali sono gli interventi da attuare per aiutare le fasce più deboli della popolazione?”, ma deve domandarsi “quali sono gli interventi da attuare perché anche le fasce più deboli della popolazione possano godere dei propri diritti?”… non si tratta di dare aiuto, ma di garantire dei diritti!
A questo proposito, la già citata Convenzione ONU parla di “accomodamenti ragionevoli”, intendendo con questa locuzione tutte “le modifiche e gli adattamenti necessari ed appropriati che non impongano un onere sproporzionato o eccessivo adottati, ove ve ne sia necessità in casi particolari, per garantire alle persone con disabilità il godimento e l’esercizio, su base di uguaglianza con gli altri, di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali”.

Quando una persona con disabilità è vittima del pregiudizio altrui, ogni suo sforzo per farsi “vedere” è vano, è come se fosse rinchiusa in una prigione.
Il sentirsi prigionieri genera frustrazione ed impotenza e queste, a loro volta, danno origine alla rabbia. La rabbia è un’emozione che, sino ad un certo punto, funziona da stimolo a fare di più e meglio, ma, superato quel punto, diventa essa stessa una barriera che allontana dalle altre persone (persino da quelle più intime: a lungo andare, infatti, la rabbia rende gli individui aggressivi e tale atteggiamento contribuisce a deteriorare la qualità delle relazioni interpersonali… sino ad arrivare a costituire un limite ancora più invalidante della disabilità stessa.
Nelle persone più vulnerabili, la frustrazione può esitare in uno stato depressivo, caratterizzato da disistima e da sfiducia nel futuro. Senza voler in alcun modo generalizzare, penso in particolare a coloro che diventano disabili in età avanzata (nel caso della disabilità visiva, essa spesso è la conseguenza di patologie insorte in età senile) – che hanno meno strumenti per affrontare il trauma – e gli adolescenti. Per quest’ultimi, il rischio è, in un certo senso, ancora più alto: essi, infatti, essendo nella fase di costruzione dell’identità, se non vengono adeguatamente supportati ed educati, crescono conformandosi ai pregiudizi comuni, senza neanche domandarsi se esista un’alternativa e, quindi, senza ambire ad una vita diversa.
L’essere costantemente costretti a lottare perché i propri diritti vengano rispettati, oltre a rappresentare un’inutile dispendio di tempo, energie e soldi – non è infatti infrequente la necessità di ricorrere all’autorità giudiziaria per vedersi riconosciuti i propri diritti -, costituisce una profonda ferita nella propria dignità di persona, che, nei soggetti più fragili, può lasciare dei segni indelebili (una delle funzioni delle associazioni di e per le persone con disabilità è proprio quella di assistere gli individui in queste situazioni che, se vengono affrontate da soli, rischiano di rappresentare un peso insostenibile).

Katia Caravello

Una sfida per la solidarietà, un impegno per il futuro. E la collegialità per cambiare, di Nicola Stilla

Autore: Nicola Stilla

Il XXIII Congresso dell’Unione si avvicina e, com’è noto più o meno a tutti, il mio nome sarà tra quelli dei candidati alla Presidenza nazionale.

Confesso che ho iniziato a riflettere sui temi associativi di respiro nazionale molto tempo fa (prima delle dimissioni di Tommaso Daniele), semplicemente perché ritenevo ineludibili alcune scelte di cambiamento necessarie per garantire un futuro alla nostra associazione.

Quando se ne è presentata l’occasione, ho deciso di condividere un percorso costruttivo con Mario Barbuto in quanto vi erano idee ed orientamenti comuni ad entrambi; questa condivisione è stata possibile fino al momento in cui sono emerse sostanziali divergenze relativamente ad alcune scelte su come giungere insieme al XXIII Congresso.

La conclusione di quel progetto è stata per me un momento difficile ed in qualche modo  doloroso, considerando che, solo sei mesi prima, in vista dell’elezione del Presidente da parte del Consiglio nazionale, per determinare le condizioni che avrebbero consentito di far vincere il “cambiamento” sulla “continuità”, avevo deciso di promuovere e sostenere la candidatura di Barbuto alla Presidenza Nazionale del nostro sodalizio, con l’impegno comune di individuare insieme un metodo per scegliere, successivamente, un candidato unitario alla Presidenza nazionale al XXIII Congresso.

Questo, in estrema sintesi,  è stato il percorso che mi ha portato, nel gennaio dell’anno scorso, a confermare la mia candidatura alla carica di Presidente Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti: una scelta che si fonda su alcune motivazioni che cercherò di illustrare brevemente di seguito.

Nel corso degli anni, ritengo di aver acquisito una sufficiente esperienza e conoscenza del contesto associativo come Presidente Provinciale prima e come Presidente Regionale poi: in quelle vesti ho dato prova di disporre di maturità organizzativa, metodologica ed amministrativa nella gestione dell’ente; ho organizzato convegni, attività formative, riabilitative, ricreative soprattutto per bambini con disabilità plurime e per le loro famiglie, realizzando progetti sia a livello provinciale che regionale, incluse iniziative per l’autofinanziamento e per la riabilitazione.
Potrei citare, ovviamente, i risultati conseguiti in Regione Lombardia per quanto riguarda il contributo di funzionamento, il progetto “SpazioDisabilità – Informazioni Accessibili”, le iniziative sulla scuola, l’istituzione del Centro Regionale Tiflotecnico… in questi anni ho vissuto inoltre un’esperienza particolarmente formativa, quella di Presidente Regionale della F.A.N.D., che mi ha dato l’opportunità di ampliare le mie conoscenze circa le problematiche politiche e sociali legate alla disabilità e di confrontarmi con realtà differenti. Riassumo dicendo che in tutti questi anni di impegno associativo ho imparato quanto sia importante il dialogo proficuo con tutti: all’esterno ed all’interno, nel rispetto delle idee, delle posizioni e degli interessi, delle diverse realtà.
Mi considero una persona corretta, impegnata, coerente e trasparente che non ha mai tratto vantaggi dall’attività associativa sottraendo, anzi, tempo ed energie alla vita personale e familiare.
Sono pronto a dedicarmi a tempo pieno allo svolgimento delle attività connesse con la carica di Presidente Nazionale garantendo la mia regolare presenza presso la Sede Centrale e la piena reperibilità per tutti i dirigenti del territorio. Non ricopro alcun incarico né continuativo o temporaneo, né collaborazioni retribuite con alcun ente nazionale o territoriale.

La definizione del mio programma sarà avviata partendo da uno slogan: una sfida per la solidarietà, un impegno per il futuro.
Sfida, solidarietà, impegno, futuro: queste quattro parole sottendono ad altrettanti concetti che riguardano, da vicino, la nostra storia, il nostro ruolo in una società che cambia a ritmi vertiginosi, la nostra determinazione, la consapevolezza di dover cambiare per affrontare un domani che, senza accorgercene, già stiamo vivendo, e che non vorremmo subire.
Quattro concetti che, facilmente, potremmo calare nei mille problemi ai quali la quotidianità ci pone innanzi, in quei settori consueti delle rivendicazioni associative che non possiamo eludere, ma necessariamente affrontare con una determinazione nuova, con un piglio differente, con una prospettiva che ci accomuni tutti e tutte.
Una “sfida” che sappia valorizzare quei sentimenti associativi di appartenenza che dobbiamo imparare a riscoprire, facendo riemergere dai livelli bassi a quelli più elevati delle nostre coscienze la consapevolezza che solo uniti si vince e che le sfide che ci devono impegnare non possono e non debbono essere solo quelle interne, ma anche quelle che rivolgiamo verso una società sempre più qualunquista, a volte ipocrita ed indifferente alla sfera dei diritti e disponibile verso la diversità solo a parole.
A “futuro” e “prospettive” fa eco la parola “speranza”… Ecco ciò che, con determinazione, dobbiamo far crescere, traendo linfa vitale da un ottimismo che investa idee e azioni. Un futuro è tale se sa dare risposte alle necessità: alle speranze dei giovani che auspicano le pari opportunità negli studi, nel lavoro, nella mobilità, nella cultura, ecc.; alle ansie degli anziani che sperano di poter vivere una vita serena; alle famiglie dei nostri ragazzi con pluridisabilità; a tutti coloro ai quali il progresso scientifico lascia intravedere opportunità entusiasmanti, che poi però restano relegate alla sfera dei sogni.

Viviamo in un tempo nel quale la crisi economica ha reso incerti i diritti di molti cittadini. E’ necessario, quindi, ribadire con determinazione che l’Unione, insieme alle altre associazioni delle persone con disabilità ed alle organizzazioni impegnate nel sociale (incluse le organizzazioni sindacali ed i movimenti dei consumatori), ha il dovere di rivendicare, senza timidezza, i diritti legati all’educazione, al lavoro, all’autonomia, alla cultura delle persone cieche ed ipovedenti, e chiedere il rispetto delle leggi, senza se e senza ma.
Con la medesima determinazione profusa per la legge di stabilità 2015, dobbiamo impegnare l’associazione sui temi dell’inclusione scolastica dei nostri ragazzi, sulla riforma della legge 113/85, sull’istituzione della figura dell’operatore del benessere disabile visivo, senza dimenticare tutta la questione dell’I.S.E.E..
E poi: ipovisione, terza età e pluridisabilità. Tre priorità da affrontare con urgenza, competenza ed incisività, perché dobbiamo ricostruire un rapporto di fiducia con le famiglie ed avvicinare le persone ipovedenti alla nostra associazione.

Dal punto di vista organizzativo, c’è urgente bisogno di alleggerire le nostre strutture territoriali dal lavoro e dalla troppa burocrazia (soprattutto nel caso delle Sezioni medio/piccole) per metterle in condizione di offrire ai soci servizi migliori e sempre più qualificati; per fare questo, occorre finanziare, tramite il fondo di solidarietà, progetti ad hoc miranti all’accentramento a livello regionale di alcuni servizi (mi riferisco ad esempio alla contabilità), stando allo stesso tempo attenti ad evitare  pressapochismi e l’inosservanza delle regole.

Altra cosa importante e vitale è l’istituzione in Sede Centrale di un autentico e competente ufficio giuridico che, oltre a fare “le pulci” al legislatore, sappia essere, anche per le strutture territoriali e per i Soci, un punto di riferimento per ogni tipo di consulenza in ordine alla legislazione ed alle normative comprese quelle regionali.

Tutti gli obbiettivi saranno da perseguire decidendo insieme, lavorando con vera collegialità, anteponendo il “noi” all'”io”.

L’accelerazione delle dinamiche sociali, l’oscillazione continua del senso e della direzione di tali dinamiche nonché il progressivo frammentarsi del quadro istituzionale, determinano, da alcuni anni, una crisi sempre più profonda delle nostre certezze; il presente ci pone di fronte ad un orizzonte di sostanziale indeterminatezza, entro il quale non è facile orientarsi.
Ogni previsione appare sempre più ardua ed aleatoria.
Siamo quindi ad un bivio: riuscire ad affermare l’agenda dei diritti o, al contrario, assistere al venir meno persino del welfare risarcitorio a vantaggio di quello emarginante.
Dice Dante a proposito dell’amore: “intender non lo può chi non lo prova”. La disabilità è in qualche misura la stessa cosa: solo chi ne fa esperienza può davvero comprenderne e riconoscerne la complessità e la drammaticità. Noi sappiamo di essere gli interpreti di questa consapevolezza.
Se non saremo in grado di allargare i confini della nostra base associativa acquisendo consensi nei settori più refrattari ad accogliere il nostro messaggio, ad aderire ai nostri programmi, a condividere i nostri obiettivi, allora falliremo; mi riferisco con particolare riguardo ai giovani e alle famiglie, ove si forma la coscienza civile, culturale e sociale di ciascuno, agli ipovedenti, che stentano a riconoscersi in una associazione che evoca il fantasma della cecità, e agli anziani, cui poco o nulla abbiamo da offrire per soddisfare il loro bisogno di sicurezza e di protezione. Se non saremo in grado di andare incontro a queste esigenze, sintonizzandoci con i fatti e con le parole sulla lunghezza d’onda di aspirazioni insoddisfatte e, talvolta, inespresse, non ci sarà allargamento della partecipazione e non ci sarà neppure rinnovamento.

Al XXIII Congresso chiederò dunque il voto ed il sostegno a tutte le delegate ed a tutti i delegati, convinto che saprò onorare fino in fondo la responsabilità di guidare l’Unione con la passione e la ragione che sono necessarie, lavorando con vera collegialità e suscitando vera partecipazione.

Nicola Stilla

Rinnovamento e accordi, di Peppino Re

Autore: Peppino Re

Ormai ci avviamo al Congresso, e, come è giusto che sia, il fermento delle varie anime dell’Unione è pienamente in moto. Più presidenti che si candidano a sostituirne uno che c’è da appena diciotto mesi, del quali tutti esaltano i risultati, esplicitamente i sostenitori, implicitamente gli avversari, una infinita schiera di candidati al Consiglio Nazionale, (attualmente siamo in trentasette), programmi e idee programmatiche, bozze e richiami che si susseguono. Tante storie, tante varianti, che, però a Chianciano dovranno essere portate a sintesi… Per cui si discute, e si provano accordi…
Quando abbiamo finito il XXII Congresso, ha esclamato Saltarel davanti a venti candidati al Consiglio Nazionale come lui, sembrava tutto perduto… ma noi abbiamo continuato… C’è stato anche un momento in cui Barbuto e tutto il suo movimento ha corso il rischio di espulsione in una ipotetica assemblea dei quadri… Ora, Saltarel non lo ha detto esplicitamente, ci ritroviamo centrali e, probabilmente maggioranza del Congresso…
Come non consentire con questa sua dichiarazione, spontanea ed espressa con la sua solita semplicità… E la chiave, dopo quella legnata da venti a zero, è stata quella di “non rompere le righe”, e sulla idea di rinnovamento soffocata a Chianciano, costruire una “corrente”, chiara negli obiettivi, conquistare democrazia reale, e fermamente interna all’Unione, senza cercare avventure con nuove organizzazioni, esistenti o da fondare. Questa linea, dolorosamente è stata sancita da una assemblea di fine novembre 2010 e si è espressa in un “manifesto” di dieci punti firmato da tanti non vedenti, un manifesto che, lo stesso Tommaso Daniele, in quel momento avversario, disse che avrebbe potuto firmarlo perché era insito nello spirito dell’Unione… Eppure non firmò e, non avrebbe potuto farlo perché quello era indicatore di una strada, tutta da percorrere, in salita, perché percorrerla avrebbe significato cambiare la classe dirigente.
Eppure, per vie inimmaginabili, e a seguito di un accordo con Stilla, il 15 marzo dell’anno scorso questo processo ha cominciato a volare, e a pervadere l’Unione nel suo seno… L’Unione stantia e scontata ha come avuto un fremito, e Silvano Pasquini, con il suo carico di speranze e aspirazioni ha manifestato più volte quel senso di voler tornare in una casa amica… Mi fa tanto pensare alle grandi guerriglie ideologiche che, davanti a un programma di cambiamento realistico e a portata di mano, ci pensano se sia ancora il caso di pensare da soli o da esterni.…
Così come è avvenuto nel marzo del 2014 con la elezione di Mario Barbuto alla presidenza nazionale, io auspico che le tante parti vive dell’Unione sappiano poi riconoscersi in un programma e in una leadership condivisa, capace di farci essere adeguati contemporanei e migliori…
Accordarsi, ma non con la vecchia Unione ancora esistente che concepisce il potere come poltrona, che si impadronisce dei bisogni dei ciechi e li trasforma in tessere, in voti, e pur offrendo un grande lavoro, ci trasforma in sudditi, non in cittadini… Io almeno due li conosco, forse perché abitano lì, nella mia città, e da trentacinque anni si scambiano di posizione, di luogo, di sfondo… ma ci sono sempre, e non consentono agli altri di esserci se non…come dicono loro. Essi, convinti del proprio valore e dei propri mezzi, girano da tutte le parti: ieri a Prato e a Chianciano, oggi a Messina e nuovamente a Chianciano, con Mario, con Nicola o con Peppino… si vedrà.

il mio amico Giovannino Ciprì, a questo punto mi rimprovererebbe, perché questo tipo di padroni non sono solo a Palermo, ma in tante altre parti… Ma, Giovanni mi perdonerà; cercateveli voi… Giovanni, io mi sono candidato, e, se voglio chiedere qualche voto, non posso mettermi io a trovarli. Il manuale della campagna elettorale me lo vieta, almeno per ora.

Peppino Re

Partecipazione alla trasmissione televisiva “Si gonfia la rete”

Comunicato stampa
La Sezione di Napoli dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS stigmatizza il comportamento pessimo ed inqualificabile nei confronti dei dirigenti sezionali, avuto da parte del giornalista sportivo Raffaele Auriemma in occasione della trasmissione sportiva “Si Gonfia la rete”, andata in onda sull’emittente TV Luna in data 16 ottobre 2015.
Di seguito i fatti.
Durante un breve intervento nella medesima trasmissione la settimana precedente, il Presidente Sezionale Mario Mirabile ha proposto al Sig. Auriemma di intervenire in trasmissione per parlare degli atleti non vedenti ed ipovedenti e delle discipline sportive praticati da essi a livello agonistico e paralimpico. L’imput è stato accettato, infatti la redazione della trasmissione ha inviato formale invito a partecipare alla trasmissione in questione. Sono state inviate immagini e fotografie di diverse discipline sportive e alla trasmissione hanno partecipato il Presidente Sezionale, il Vice Presidente e il responsabile operativo della commissione per lo sport. Nel corso della trasmissione, durata oltre 2 ore, Non solo non è stata data alcuna possibilità ai rappresentanti dell’Unione di intervenire come concordato in precedenza, ma il Sig. Auriemma, né prima, né durante le pause pubblicitarie, né al termine della trasmissione, non si è degnato neanche di salutare i rappresentanti dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, Associazione che, è bene ricordarlo, rappresenta e tutela gli interessi morali e materiali dei disabili visivi e in provincia di Napoli, rappresenta oltre 2000 persone. Nel ribadire la sua delusione ed indignazione, il Presidente UICI Mario Mirabile, ribadisce che la presenza nella trasmissione televisiva era finalizzata esclusivamente a far comprendere ai telespettatori l’importanza che l’attività motoria e sportiva ha per le persone con disabilità visiva e il Sig. Auriemma avrebbe potuto lanciare un importante messaggio di integrazione ed inclusione. Le mortificazioni più grosse, aggiunge Mirabile, sono arrivate al termine della trasmissione, cioè nel momento in cui il conduttore si è ricordato di ringraziare “i rappresentanti dell’associazione ipovedenti”, così ha appellato l’Unione, “in quanto seguono le partite del Napoli su Mediaset Premium”. Dunque, non soltanto ha chiamato l’Associazione in un modo sbagliato, ma ha completamente svilito il ruolo dell’Unione e le attività portate avanti da essa e dai suoi rappresentanti.
Un comportamento davvero inqualificabile, per cui questa Sezione attende quanto meno le scuse ufficiali da parte del Sig. Raffaele Auriemma e dell’emittente TV Luna.

Napoli – Futuro remoto accessibile

Dal 16 al 19 ottobre 2015, il CIRA parteciperà alla ventinovesima edizione di Futuro Remoto, l’importante manifestazione di divulgazione della cultura scientifica e tecnologica promossa dalla Fondazione Idis – Città della Scienza in partnership con le università campane, i centri di ricerca, le istituzioni e il mondo delle imprese.
La manifestazione di quest’anno, incentrata sul tema delle Frontiere, si svolgerà in Piazza del Plebiscito dove saranno allestiti nove padiglioni dedicati ad altrettanti temi. All’interno di questo insolito Villaggio della Scienza, il CIRA coordinerà il padiglione 5, quello riservato allo Spazio, e sarà presente con uno stand espositivo.
L’obiettivo sarà di presentare in maniera integrata lo stato dell’arte della ricerca aerospaziale italiana, di dare visibilità al patrimonio di competenze tecnico-scientifiche e sperimentali del CIRA, ma soprattutto di illustrare i possibili campi di applicazione e le importanti ricadute che i risultati delle attività di ricerca in questo ambito hanno sulla vita quotidiana.
Tre le macro-aree tematiche che il CIRA ha scelto di presentare per fornire un quadro il più ampio possibile delle attività del Centro: accesso allo spazio ed esplorazione; sicurezza del volo e sostenibilità; monitoraggio dell’ambiente.
Alla mostra statica di modelli e pannelli grafici si affiancheranno dimostrazioni pratiche di volo con i droni ed un ciclo di mini-conferenze tenute da ricercatori del Centro. La proiezione di filmati e un’applicazione web completeranno il programma pensato dal CIRA per coinvolgere e suscitare l’interesse delle migliaia di visitatori attesi.
Un’attenzione particolare si è voluta dare quest’anno ai diversamente abili attraverso la realizzazione, per ipovedenti e non vedenti, di pannelli in braille, di percorsi tattili e di una speciale applicazione mobile che racconterà i contenuti dell’area espositiva del CIRA.
“Il settore aeronautico e spaziale ha in Campania una storia di eccellenza che le consente oggi di presentarsi come una delle regioni leader a livello europeo. Gran parte di questa forza deriva dai talenti che si formano e svolgono attività di ricerca al CIRA. Attraverso la nostra presenza a Futuro Remoto intendiamo non solo far conoscere ai cittadini i risultati del nostro lavoro, ma anche intercettare i giovani eccellenti invogliandoli a lavorare in Campania su tecnologie alla frontiera dell’innovazione” ha dichiarato il Presidente del CIRA, Luigi Carrino, nel corso della conferenza stampa di presentazione di Futuro Remoto 2015.

Problemi e novità della Tiflologia: Nasce TiflopediaAPP, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

A 18 anni dalla “famosa” Legge 517, io dico, senza timore di essere smentito, che si è fatto l’inserimento scolastico ma che si deve ancora fare l’inclusione.
Relativamente alla questione del sostegno, infatti, il nostro sistema formativo presenta alcune importanti “crepe” e criticità e soprattutto non mi sembra attrezzato al meglio.
Come è avvenuto con la legge Basaglia, quando si sono chiusi gli ospedali psichiatrici ma non si sono create le adeguate strutture riabilitative sul territorio per i malati psichici, così, a mio modesto avviso, con la legge 517 si sono mandate definitivamente in soffitta le “vecchie” scuole speciali ma non si è provveduto a dotare il sistema scolastico dei giusti mezzi e degli idonei strumenti per realizzare una vera ed effettiva integrazione degli alunni diversamente abili in generale ed in particolare dei “ragazzi ciechi”, per dirla alla Romagnoli.
Ciò premesso, non voglio assolutamente essere spacciato per un “nostalgico” dell’educazione speciale. Anzi, io sono totalmente a favore della “coeducazione” e dell’”inclusione” dei nostri fanciulli nella scuola di tutti.
D’altra parte, lo stesso Aurelio Nicolodi ci ha insegnato che il destino dei ciechi è quello di stare in mezzo agli altri .
Però, da operatore della scuola, non posso non rilevare ed osservare quotidianamente con molto rammarico che spesso gli studenti minorati della vista sono semplicemente “parcheggiati” in classe od, ad andar meglio, girovagano senza meta, come degli apolidi, nei corridoi della scuola insieme ad i loro docenti di sostegno.
E molto avrei da dire pure sulla preparazione e formazione degli insegnanti di sostegno, sovente “generica e precaria”. E tutto ciò a causa dei corsi di specializzazione e dei tirocini formativi polivalenti da essi frequentati, che non li preparano e formano a dovere sulle specificità e peculiarità della cecità ed ipovisione.
Infatti, tantissime volte, mi sono tristemente imbattuto in docenti di sostegno che non conoscono il Braille, la tiflodidattica, la tifloinformatica, ecc., relegando i nostri giovani al desolante ruolo di “analfabeti strumentali”.
Di fronte a tali evidenti e gravi carenze del sistema nazionale di istruzione, come al solito, la nostra Unione ha dovuto fare di necessità virtù, rimboccandosi le maniche e svolgendo insieme ad i suoi Enti collegati un’encomiabile e forte azione di “supplenza” dello Stato. E’ pleonastico affermare in questa sede che tale importante nostra funzione “vicariante”, grazie alla lungimiranza ed alla sensibilità del Presidente Barbuto, ha ricevuto un’ulteriore spinta ed impulso.
In particolare, con il presente articolo, vorrei sottolineare l’indefessa abnegazione e soprattutto il notevole e considerevole “sforzo” economico sostenuto nel recente passato dalla Federazione pro ciechi (di cui mi onoro di essere consigliere nazionale), dall’Irifor e dalla Bic per cercare di garantire ai nostri alunni un’inclusione sempre più di qualità, efficace ed efficiente. Scrivo questo perché ho come l’impressione, ma sicuramente mi sbaglierò che, da una parte del nostro “corpo associativo”, tale enorme impegno profuso, non sia stato sempre percepito ed avvertito nel modo giusto ed adeguato.
Ed invece, vi assicuro che noi degli Enti collegati stiamo facendo ricorso a tutte le nostre competenze e disponibilità finanziarie (cosa certamente non facile in tempi di “vacche magre” come questi) per riconvertire i nostri Istituti in centri di “risorse” al servizio dei nostri ragazzi e delle loro famiglie, per dare vita a ben 17 Centri di consulenza tiflodidattica distribuiti su tutto il territorio nazionale, stipulando tra di noi infine pure una convenzione per la formazione a distanza degli operatori del sostegno.
Ma soprattutto, la cosa più importante sulla quale noi della Federazione stiamo puntando ed insistendo con determinazione e senza riserve, facendolo diventare un nostro vero e proprio “cavallo di battaglia”, è l’ormai indifferibile ed irrinunciabile riconoscimento giuridico della figura del “tiflologo”.
Sembra paradossale ed assurdo, ma in Italia nel 2015 manca ancora un “albo professionale” dei tiflologi e, soprattutto, il nostro Bel Paese è privo di una norma che disciplini e regolamenti il loro profilo, con tutto quello che ne consegue in termini di ricadute negative sul processo di inclusione degli alunni ciechi ed ipovedenti.
Da questo punto di vista, il sottoscritto, nella sua qualità di responsabile dei progetti tiflodidattici della Pro ciechi, pungola continuamente il nostro Presidente Mario Barbuto perché l’Unione costringa il Governo a “riesumare” l’ormai da troppo tempo “congelata” legge 69 del 2000 che avrebbe “partorito” il miracolo dell’Istituzione e la rinascita della scuola di metodo “Augusto Romagnoli” in Roma.
Infine, consapevole che, come diceva Socrate “una vita senza ricerca non è degna di essere vissuta”, su suggerimento del Presidente Barbuto e del Presidente della Federazione Masto ed avvalendomi del preziosissimo contributo tecnico del tiflologo Prof. Giancarlo Abba e del tiflotecnico della Federazione Dott. Lucio Zito, mi sono buttato a capofitto sul progetto di ricerca tiflologica “Tiflopedia”.
Tiflopedia è un deposito on line in continua evoluzione di informazioni e notizie tiflologiche e sulla cecità in generale che ha la pretesa e l’ambizione di rappresentare e diventare nel breve periodo una sorta di “wikipedia” dei minorati della vista.
La Federazione ha pubblicato ormai da tempo il portale Tiflopedia: Enciclopedia multimediale delle scienze tiflologiche. Il portale offre diverse informazioni e contenuti tiflologici e tiflodidattici, oltre ad un vero e proprio canale multimediale dal titolo Tiflovision.
La scommessa sulla quale stiamo lavorando alacremente negli ultimi mesi è la realizzazione di una APP di Tiflopedia da scaricare sugli smartphone per facilitarne e semplificarne ulteriormente l’uso quotidiano.
Il portale è già web responsive ed è quindi perfettamente navigabile, come sito internet, dai dispositivi mobili, siano essi smartphone o tablet, ma TiflopediAPP mette a disposizione, in modo semplice ed immediato alcuni specifici contenuti del portale.
Con due o tre tap (tocchi sullo schermo) si potrà accedere ad esempio all’elenco degli strumenti tiflologici e degli ausili tiflodidattici e tiflotecnici con relativa scheda illustrativa, oppure l’indice dei contenuti multimediali di Tiflovision, o ancora l’indice degli articoli di tiflologia o, infine, il servizio di geo localizzazione per scoprire il Centro di consulenza o l’Istituzione pro ciechi più vicini.
La App sarà disponibile al download sia dalla piattaforma Google play che da quella Apple store gratuitamente ed avrà uno splash screen a tema con il portale. Sarà garantita la accessibilità dalle tecnologie assistive.
Per i giorni del Congresso vi garantisco che saremo in grado di presentare una versione Beta della APP per la sola piattaforma Android. La renderemo scaricabile dal portale Tiflopedia e offrirà ai delegati che lo vorranno la maggioranza dei contenuti promessi.
Ovviamente, neanche a dirlo, per questa “prima” in assoluto di “TiflopediaAPP” al Congresso di Chianciano, un sentito, profondo e vivo Grazie dobbiamo rivolgere al nostro Presidente Nazionale Mario Barbuto.

Gianluca Rapisarda

Centro di Documentazione Giuridica – In vigore le nuove norme per il collocamento dei lavoratori con disabilità nella Pubblica Amministrazione, di Paolo Colombo

La ministra Madia mantiene l’impegno assunto con il mondo della disabilità. Subito al lavoro per i decreti attuativi.

LEGGE 7 AGOSTO 2015, N. 124 ART 17 – RIORDINO DELLA DISCIPLINA DEL LAVORO ALLE DIPENDENZE DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE

1. I decreti legislativi per il riordino della disciplina in materia di lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e connessi profili di organizzazione amministrativa sono adottati, sentite le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della presente Legge, nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi, che si aggiungono a quelli di cui all’articolo 16:

… omissis…
n) per garantire un’efficace integrazione nell’ambiente di lavoro delle persone con disabilità di cui alla Legge 12 marzo 1999, n. 68, previsione della nomina, da parte del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, di una Consulta nazionale, composta da rappresentanti delle amministrazioni pubbliche centrali e territoriali, sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, dei sindacati maggiormente rappresentativi e delle associazioni di categoria, con il compito di:
1) elaborare piani per ottemperare agli obblighi derivanti dalla Legge 12 marzo 1999, n. 68;
2) prevedere interventi straordinari per l’adozione degli accomodamenti ragionevoli nei luoghi di lavoro previsti dall’articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216;
3) monitorare e controllare l’obbligo di trasmissione annuale da parte delle pubbliche amministrazioni alla Consulta, al Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei ministri e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché al centro per l’impiego territorialmente competente della comunicazione relativa ai posti riservati ai lavoratori disabili non coperti e di un programma relativo a tempi e modalità di copertura della quota di riserva prevista dalla normativa vigente, nel rispetto dei vincoli normativi in materia di assunzioni da parte delle pubbliche amministrazioni;

… omissis …

z) al fine di garantire un’efficace integrazione in ambiente di lavoro di persone con disabilità ai sensi della Legge 12 marzo 1999, n. 68, previsione della nomina, da parte delle amministrazioni pubbliche con più di 200 dipendenti, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica e con le risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, di un responsabile dei processi di inserimento, definendone i compiti con particolare riferimento alla garanzia dell’accomodamento ragionevole di cui all’articolo 3, comma 3-bis, del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216; previsione dell’obbligo di trasmissione annuale da parte delle amministrazioni pubbliche al Ministro delegato per la semplificazione e la pubblica amministrazione e al Ministro del lavoro e delle politiche sociali oltre che al centro per l’impiego territorialmente competente, non solo della comunicazione relativa alle scoperture di posti riservati ai lavoratori disabili, ma anche di una successiva dichiarazione relativa a tempi e modalità di copertura della quota di riserva prevista dalla normativa vigente, il rispetto dei vincoli normativi assunzionali delle amministrazioni pubbliche, nonché previsione di adeguate sanzioni per il mancato invio della suddetta dichiarazione, anche in termini di avviamento numerico di lavoratori con disabilità da parte del centro per l’impiego territorialmente competente.

2. Le deleghe di cui all’articolo 11 e al presente articolo possono essere esercitate congiuntamente mediante l’adozione di uno o più decreti legislativi secondo la procedura di cui all’articolo 16, purché i decreti siano adottati entro il termine di cui all’articolo 11, comma 1.

Paolo Colombo

Irifor Trentino – 16 ottobre: X Giornata Nazionale del Cane Guida

Venerdì 16 ottobre 2015 si celebra la decima Giornata Nazionale del Cane Guida, istituita dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti. A Roma si terrà una passeggiata dei soci UICI e dei loro accompagnatori a quattro zampe per le vie del centro, che terminerà in Campidoglio dove le principali scuole di addestramento terranno dimostrazioni pubbliche sulle metodologie seguite e sulle abilità e capacità dei cani guida.
La Cooperativa IRIFOR sostiene questa Giornata del Cane Guida come occasione di sensibilizzazione della popolazione sulla disabilità visiva e sui cani guida, preziosi compagni di vita per i loro padroni ciechi e ipovedenti, permettendo loro un maggior livello di mobilità, di orientamento e dunque di autonomia.
Già dagli inizi dell’800 si trovano in Europa tracce e documenti relativi a tecniche e metodi di addestramento di cani guida.
A livello nazionale i centri di addestramento principali sono: la Scuola Nazionale Cani Guida per Ciechi (Scandicci, FI), il Centro Regionale Helen Keller (Messina), il Servizio Cani Guida dei Lions (Limbiate, MI) e la Scuola Triveneta Cani Guida (Padova).
La Cooperativa IRIFOR si unisce alle celebrazioni di questa Giornata affinché possa essere un’occasione per informare la società ad accogliere questi animali con disponibilità, soprattutto nei luoghi pubblici. I cani guida svolgono per il proprio padrone con disabilità visiva un vero e proprio lavoro e per questo ci sono leggi che permettono il loro accesso a bordo dei mezzi pubblici, nelle scuole e nei posti di lavoro, negli ospedali e negli esercizi commerciali, anche laddove sia vietato l’ingresso agli animali. Vietare l’ingresso ad un cane guida significa chiudere una porta in faccia ad un cieco o ad un ipovedente, limitandone quindi le possibilità e la libertà. Tra gli obiettivi di questa Giornata nazionale c’è indubbiamente proprio quello di sensibilizzare la cittadinanza e divulgare i diritti di cui questi animali e soprattutto i loro padroni sono in possesso, richiamando la sensibilità, la disponibilità e l’educazione civica di tutti i cittadini.

Torino – Alla Tavola dei re del Palazzo Reale di Torino, di Luciano Paschetta

Autore: Luciano Paschetta

E’ un tiepido mattino di settembre ed io, accompagnato da mia moglie, sono al Palazzo Reale di Torino: ho ricevuto un invito alla “Tavola dei re: dagli aulici argenti ai rami delle cucine”
Si tratta di una visita “riservata” ad una parte del Palazzo normalmente non aperta al pubblico e, questa volta a poter usufruire di questa specialissima visita , non sono personaggi famosi, ma siamo due disabili visivi con i nostri accompagnatori.
Lorenza, la responsabile del progetto, e la sua collaboratrice Giovanna, che saranno per noi eccezionali guide, competenti ed appassionate al percorso che loro hanno preparato e messo a disposizione dei disabili visivi ci accompagnano alla scoperta dei rami delle cucine prima e degli aurei argenti della sala da pranzo poi. In una sala adiacente alle cucine , abbiamo la possibilità di toccare senza limitazioni e scoprire il pentolame ed i vari “attrezzi” da cucina che venivano utilizzati per la preparazione dei cibi , quasi tutti in rame, dalla “pescera” alla cioccolatiera, ai diversi tipi di tegami, cucchiai ed altri utensili ad uso dei cuochi , compreso un curioso cesto cilindrico in vimini che serviva per portare e ritirare i piatti vuoti dalla tavola. Mentre, noi tocchiamo ed infiliamo le mani dentro le vecchie pentole le nostre guide, una per ciascuno, illustrandocene le modalità ed il contesto del loro utilizzo ci fanno quasi percepire i rumori dei cuochi e dei loro aiutanti al lavoro.
Attraverso la “scala del principe” saliamo al piano nobile ed entriamo nella sala da pranzo del re, qui una grande tavola imbandita con finissime porcellane e posate d’argento ci accoglie e le nostre guide, mentre ci spiegano, ci permettono di toccare tutto ciò che è deposto sopra le consolle appoggiate alle pareti: ritroviamo alcuni degli oggetti visti in cucina, ma qui tutto: cioccolatiere, zuppiere centritavola, candelabri e posaterie sono in argento massiccio e finemente lavorato . Sempre guidate da Lorenza e Giovanna ci immergiamo in quella atmosfera , scopriamo come sia nato il servizio a tavola dei cibi a cura dei camerieri, (prima tutte le vivande venivano messe al centro del tavolo ed i commensali si servivano direttamente), tanto che mi viene da esclamare: “Ci manca solo una cosa: i profumi ed il gusto dei cibi.” Ed a quel punto Lorenza per darcene almeno a parole la sensazione, ci legge questo “dietetico” menù di gala preparato nel 1870 per l’arrivo del re Vittorio Emanuele II a Firenze :

Entrè (Inizio del pranzo)
Potage (zuppa) di pollo al consommé
Frittura di pollame
Filetto di bue alla giardiniera (rosolato con il lardo, la giardiniera è fatta di cipolle, carote e sedani)
Anatroccoli rosolati burro e cucinati al forno
Cotoletta di agnello con salsa vellutata ai funghi e tartufi
Gelatina di carne, bianco d’uovo e cipolline

Antipasti (il cuoco Vialardi li definisce “cosette appetitose che si mangiano nel principiar del pranzo sia di magro sia di grasso”)
Prosciutto in gelatina

Punch alla romana (sorbetto)

Piatto di carni assortite (soprattutto pollo e selvaggina arrosto)

Dolci
Crema di marron glacés
Gelatina di frutta con contorno di fragole
Albicocche e pesche meringate
Gelato alla crema e lampone

E’ trascorsa un’ora, la visita è terminata, le nostre guide ci accompagnano a lavarci le mani dalla polvere che inevitabilmente vi si è posata, ma se la polvere se ne va dalle nostre mani , non se ne andranno dalla nostra memoria le sensazioni e le atmosfere vissute in quest’ora che ci ha permesso di svelare attraverso il tatto fogge, materiali, punzonature e utilizzo di antichi strumenti da cucina ancora conservati nelle collezioni della residenza sabauda.

Luciano Paschetta

utensili di rame delle cucine

utensili di rame delle cucine