CONTRIBUTO DEI LETTORI – Disabilità visiva e corretto utilizzo della terminologia specifica

Autore: Anna Lisa Serpi

L’evoluzione della terminologia nel tempo rappresenta l’idea dei passi che facciamo verso una società che risponda alle esigenze di tutti e di ciascuno, al fine di restituire concretezza e completezza alla parola “inclusione”.

L’utilizzo di termini specifici è doveroso proprio per dare l’esatto nome alle cose, evitando di usare etichette verbali che fanno riferimento ad un uso comune e diffuso, ma spesso completamente errato.

Vorrei soffermarmi innanzitutto su quelli usati quando ci si riferisce alla disabilità in generale.

Risulta opportuno non utilizzare i termini diversamente abile, persona/alunno H o associare sempre l’aggettivo “speciale”.

La parola “speciale” non assume sempre una connotazione positiva, in quanto la generalizzazione non le restituisce il giusto valore.

Io parlerei di valorizzazione della specificità che mi sembra più adeguata per rappresentare le individualità.

Tutti i termini presi in esame precedentemente (diversamente abile, persona/alunno H) si focalizzano su una questione di evitamento della realtà, hanno la caratteristica di rappresentare ciò che non rispecchia il senso più profondo dell’identità della persona.

È corretto dire persona disabile o con disabilità; mentre quando ci riferiamo a persone cieche e ipovedenti è preferibile “persona con disabilità visiva”.

Non utilizzare termini obsoleti quali “videoleso” evitando anche “non vedente”, in modo da porre l’attenzione sulla persona, sulle sue potenzialità e non solo sulla disabilità. Importantissimo pronunciare sempre il suo nome: ad esempio “Andrea, persona con disabilità visiva”.

Di riflesso, risulta scorretta anche l’etichetta verbale “normodotato”, da sostituire con “bambino/ragazzo con sviluppo tipico”.

Riflettiamo insieme sull’importanza della parola inclusione che non deve ridursi a buoni propositi ma racchiudere l’attuazione di pratiche realmente condivise ed applicate in modo naturale, con la finalità di rendere il tutto parte integrante della società e non evento straordinario. Ciascuno di noi, infatti, ha caratteristiche ed esigenze specifiche che vanno conosciute e prese in considerazione soprattutto quando si devono improntare interventi educativi/didattici finalizzati all’autonomia e alla massima espressione di sé.

Concludo questa riflessione rimarcando quanto sia doveroso rimodulare il nostro modo di esprimerci e riferirci alla disabilità, in particolare per chi offre il proprio contributo professionale in quest’ambito, evitando l’improvvisazione e dedicando parte del proprio tempo agli opportuni approfondimenti teorici e legislativi al fine di lavorare sempre secondo un progetto propositivo e calibrato verso il raggiungimento del massimo potenziale esprimibile. Procedere per obiettivi concreti, scelti dopo un’attenta fase di osservazione e rilevazione delle esigenze personali.

La chiave di volta sta nel dedicarsi alle persone con disabilità con il cuore e non con superficialità, non soffermarsi sulle difficoltà ma intravedere sempre il potenziale emergente di ciascuno; considerare il soggetto in continua evoluzione ed il cambiamento come via possibile.

Cogliere, infine, le unicità che ci circondano e fare leva sul senso di responsabilità che un prendersi cura operativo richiede.

Anna Lisa Serpi

Insegnante di sostegno specializzata

Esperta in tematiche tiflologiche

Pubblicato l’11/12/2023.

“La Costituzione sotto la lente. La carta che va oltre i pregiudizi”

Autore: Katia Caravello

“Diritti, linguaggio e discriminazioni di genere”. Quarto incontro del ciclo “La Costituzione sotto la lente. La Carta che va oltre i pregiudizi” con cui l’associazione di promozione sociale Le lenti del pregiudizio celebra il 75° anniversario dell’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica italiana.

“Le discriminazioni di genere sono un tema ancora attuale nonostante da più di un anno il nostro Paese abbia una donna come Presidente del Consiglio dei Ministri e, da poco meno, anche la leader del principale partito di opposizione. Questi sono senza dubbio dei segnali che qualcosa si sta muovendo, ma non basta. Non basta declinare al femminile professioni e cariche politiche che fino a non molto tempo fa erano considerate ad appannaggio maschile, bisogna andare oltre per far sì che il cambiamento sociale non sia solo sulla carta. Lunedì con le nostre ospiti affronteremo il tema dei diritti e delle discriminazioni di genere – spesso multiple – proprio partendo dal linguaggio, cercando di offrire degli spunti di riflessione”. Così viene presentato da Katia Caravello (Presidente dell’associazione Le lenti del pregiudizio) il quarto appuntamento del ciclo di incontri “La Costituzione sotto la lente. La Carta che va oltre i pregiudizi” dal titolo “Diritti, linguaggio e discriminazioni di genere”, promosso dall’Associazione di Promozione Sociale Le lenti del pregiudizio per celebrare i 75 anni dall’entrata in vigore della Costituzione della Repubblica Italiana.

All’evento, che si terrà sulla piattaforma Zoom Meeting lunedì 20 novembre 2023 a partire dalle ore 18:00 interverranno:

Vera Gheno

Linguista e Saggista

Daniela Fiordalisi

Disability Manager

Claudia Dagostino

Graphic designer e illustratrice. Appartenente alla collettiva Isterica.

Modera:

Serena Bersani

Giornalista professionista, consigliera dell’Ordine dei Giornalisti dell’Emilia-Romagna e componente della rete GiULiA Giornaliste.

Per iscriversi utilizzare il seguente link: https://us06web.zoom.us/meeting/register/tZArduqtpzgvEtyMGpn–ZkrmfedS1OKEBR-

Oppure scrivere a associazione@lelentidelpregiudizio.org o inviare un messaggio WhatsApp al numero 3408753097

Per chi si fosse perso i precedenti incontri del ciclo, è possibile rivederli sul canale YouTube dell’associazione al seguente link:

Pubblicato il 16/11/2023.

Passato, presente e futuro? La parola ai protagonisti!

Autore: Alfio Pulvirenti

Il 7 ottobre 2023, a Catania, presso l’Istituto per Ciechi Ardizzone Gioeni si sono incontrati gli ex allievi.

Si è trattato di un evento dettato dal piacere di trascorrere un giorno insieme in quegli spazi frequentati in altri tempi! Erano presenti non solo gli ex studenti ma anche i famigliari come mogli, mariti e figli. La presenza di diverse generazioni di ex studenti ha confermato il valore, nel divenire, delle mura e delle persone che hanno permesso a molti di superare le barriere note. La giornata è stata scandita da tre momenti fondamentali: L’incontro mattutino presso la sala teatro, il pranzo nel vecchio refettorio, il pomeriggio nel vecchio cortile.

L’incontro mattutino è stato dedicato al raccontarsi, a parlare del presente con inevitabile riferimento al passato, almeno da parte degli ex studenti più grandi ma anche al futuro, da parte dei più giovani! La presenza e partecipazione dell’Istitutore Luigi Lombardo, ultraottantenne, ha rallegrato tutti i presenti. Tutti hanno ricevuto amore, educazione, istruzione dall’Istitutore Lombardo, il quale ha dedicato interamente la propria vita ai bambini, agli adolescenti e agli anziani non vedenti e ipovedenti che hanno trascorso qualche anno in istituto. Era presente anche il dr. Paladino, attualmente commissario dell’Istituto, il quale, dopo aver ascoltato tutto quello che è stato detto, si è reso conto del significato insito nella struttura che deve amministrare.

Pranzare nel vecchio refettorio ha evocato in ognuno il ricordo dei molti pranzi, colazioni e cene svolti in quella sala e tutti hanno notato l’assenza del suono della campanella! Il pranzo, di cui tutti i presenti hanno apprezzato la prelibatezza delle portate e il servizio ineccepibile, ha favorito la convivialità, l’incontro e lo scambio di affetto. A questo proposito occorre sottolineare la gentilezza e il garbo del personale di sala, curato nei modi e nell’abbigliamento e ciò veniva notato sia dai ciechi, sia da chi ci vede!

Il terzo momento, intitolato “Frammenti di noi, musica, canto, lettere e recitazione” ha permesso agli ex studenti di condividere ognuno il proprio talento. Lidia Travaglio, Francesca Patania, Margherita Giarratana, Salvino Sergi, cultori del canto, hanno interpretato diversi brani che richiedevano capacità canore e competenza. Orazio Gianguzzo si è esibito magistralmente alla fisarmonica. Giuseppe Arena, autore del romanzo “Diversamente campione” ha presentato la sua opera letteraria, già nota e di successo. Vi sono stati altri amici, ex studenti e parenti, che hanno chiesto di cantare e l’opportunità, compatibilmente con il tempo a disposizione, è stata concessa a tutti. Alfio Pulvirenti, oltre a moderare il programma pomeridiano, ha recitato il Salmo 23 del Re Davide e, in conclusione, la poesia di Rosemerry Wathola Trommer, “Riempio la mia borsa di Virgole”.

Una giornata così articolata, a cui hanno partecipato ex studenti provenienti non solo dalla Sicilia ma anche dal nord, dal centro e dalle regioni del sud dell’Italia, è stata possibile grazie al lavoro e all’impegno di Rosetta Lattuga, ex studente, Antonio, marito di Rosetta, Santino di Gregorio, ex studente, Franco, fonico, ai quali tutti i presenti hanno dato fiducia e collaborazione. Naturalmente, va ricordata, con senso di gratitudine, la disponibilità da parte dei parenti e amici vedenti verso tutti i presenti.

Pubblicato il 09/10/2023.

CONTRIBUTO DEI LETTORI – Una vacanza tra mare e monti

Autore: Maura Bonsembiante e Roberta De Censi

Una vacanza tra mare e monti, immersi nella natura e nella storia del Friuli, in compagnia di tante persone speciali all’insegna della condivisione, del divertimento e perché no, del piacere della tavola

Finalmente una vacanza accessibile in tutti i suoi aspetti, non sedentaria ma dinamica, è stata definita attiva e questo aggettivo le calza a pennello…

Portate l’asciugamano da mare, ma scordatevi ombrelloni e comode sdraio: sup, canoa, nuotate e passeggiate in una caletta spettacolare.

Indossate gli scarponi, ma dimenticate comode mulattiere e sentieri ultra battuti: incamminatevi nel fitto bosco, ascoltate i rumori, fatevi inebriare dai profumi. Sollevate il piede per evitare un masso o una radice.

Calzate comode scarpe da ginnastica e avviatevi alla scoperta delle meraviglie di una riserva naturale tra monti e pianura, fiume e laguna.

Tutto questo e altro ancora organizzato in modo puntuale da persone che non solo ci hanno accompagnato e guidato, ma soprattutto hanno condiviso con noi ogni singolo istante di questa avventura raccontandoci la Storia, facendoci conoscere la cultura del territorio e conducendoci nell’esplorazione di bassorilievi, mosaici, sculture lignee ed elementi naturali con passione, competenza e sapienza.

Quest’anno volevamo una vacanza diversa e l’abbiamo trovata.

La Flumen viaggi, https://flumenviaggi.it, ha presentato un’allettante vacanza dal titolo “Ferragosto multisensoriale in Friuli”.

Soddisfatte le normali curiosità di ciascun viaggiatore che si appresta a partire, abbiamo aderito a questa proposta.

In passato abbiamo partecipato ad iniziative organizzate direttamente dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, ma non ci siamo mai rivolti ad operatori esterni.

A dire il vero avevamo già sentito parlare bene di Flumen viaggi, ma qualche incertezza comunque c’era, invece no, nessun dubbio: è stata un’esperienza favolosa.

La presenza costante, ma discreta, l’intervento corretto, non invasivo, il considerarci persone prima che ciechi, ci ha fatto sentire leggeri, parte di un gruppo e soprattutto liberi…

Questo è stato il valore aggiunto, il gran merito che va riconosciuto a Luigia, Roberto, Elio, Santina, Vanna e tutti gli altri che si sono avvicendati durante la settimana. Grazie a tutti e… alla prossima!!!

Contributo dei lettori – Verso il Congresso

Autore: Mario Mirabile

9 agosto: aspettavo con ansia di consultare la pagina relativa al Congresso straordinario dell’Unione in programma nel prossimo mese di ottobre. Un congresso che, a differenza dei precedenti a cui ho partecipato fin dal 2001, non mi entusiasma per nulla; sia perché sembra una resa dei conti per quanto successo in quest’ultimo anno, sia perché si svolgerà a distanza, una modalità quest’ultima che non mi convince per niente; sarò antiquato, ma un Congresso può definirsi tale, soltanto se c’è la reale possibilità di confrontarti, di discutere, di conoscere tutti coloro che prenderanno parte ad un momento così importante per il futuro della nostra gloriosa associazione. Insieme ai momenti ufficiali, è fondamentale stringersi la mano, pranzare insieme, consumare un caffè e, perché no, anche mandarsi a quel paese se serve. Già l’ho detto in altre occasioni, non riduciamo i nostri incontri a riunioni asettiche dove si sta dietro uno schermo credendo di essere i migliori. Ma torniamo al 9 agosto. Finalmente apro la pagina internet dedicata al Congresso straordinario e faccio un immediato confronto tra i soci regolarmente iscritti al 31 dicembre 2022 e quelli al 31 dicembre 2019, ovvero prima del XXIV Congresso, e mi accorgo che abbiamo una emorragia di quasi 3000 soci 36.769 a fronte di 39.258 del 2019. Un numero di defezioni davvero impressionante. Una riduzione così eclatante che dovrebbe portare tutti noi ad aprire una seria ed importante discussione su cosa è stato il nostro sodalizio e su che cosa vogliamo che diventi. Non ho la ricetta per sistemare la situazione, ma so di certo che, purtroppo, i disabili visivi non sono diminuiti e il nostro sodalizio deve continuare ad operare per perseguire la sua mission. Credo che i futuri 2 mesi di discussione non debbano essere incentrati su chi guiderà la nostra associazione, ma, piuttosto, sulle modalità che si intenderanno utilizzare. Purtroppo è un dato di fatto: i soci sono diminuiti e pure di tanto e qualcosa si dovrà fare. Lancio una piccola proposta, non so se utile: negli ultimi anni, con il contributo del fondo di solidarietà sono state incentivate le campagne per il reperimento e la fidelizzazione dei soci: qual è stato il risultato? Quanti nuovi soci ci sono stati? Quanti soci siamo riusciti a fidelizzare?

E poi, abbiamo sempre detto che i dirigenti locali e i dipendenti devono essere sgravati da incombenze burocratiche per meglio dedicarsi alle esigenze dei soci; abbiamo raggiunto questo obiettivo? A me sembra di no. Credo che le incombenze dei dirigenti locali che, è bene ricordarlo, sono dei volontari, sono cresciute a dismisura. Inoltre, da oltre 15 anni, la nostra associazione dovrebbe includere anche gli ipovedenti; ma quanti ipovedenti lievi, medio gravi e gravi abbiamo tra i nostri soci e quali sono i servizi che offriamo loro?

Spero che da queste riflessioni possa scaturire una reale discussione atta a fortificare il nostro sodalizio a tutti i livelli: locale e nazionale. Viva l’Unione Italiana dei Ciechi e degli ipovedenti.

Pubblicato il 29/08/2023.

Contributo dei lettori – Questionario

Autore: Alessandra Natalino

Gentilissimi,
sono Alessandra Natalino e dopo un percorso di un master in impresa sociale sto portando avanti l’avvio di un’impresa a vocazione sociale che permette l’inserimento lavorativo di persone non vedenti e ipovedenti.

Attualmente sono entrata nell’acceleratore Social Tides, promosso da INCO e google.org che promuove iniziative di alto impatto sociale. Il mio progetto dal nome “Oro Invisibile” si propone di diventare un brand di gioielli il cui design viene realizzato attraverso la modellazione manuali di una porcellana morbida da persone non vedenti.
Il modello verrà poi replicato grazie alla tecnologia 3D e fuso in metalli sostenibili.

Il 9 settembre stiamo organizzando a Milano un workshop di creazione di gioielli con la partecipazione di un’artigiana che modella la porcellana.
Il workshop sarà gratuito e finanziato da Social Tides. https://www.socialtides.eu/it

Al fine di valutare l’interesse al tema artigianato vi chiederei la collaborazione nella compilazione e diffusione del questionario disponibile al seguente link:

https://docs.google.com/forms/d/17CRH6nD4I3ydjOU18XECzJ0-ds66796ssyWW8C2c-EA/edit

Vi ringrazio anticipatamente per la collaborazione.
Spero di aggiornarvi presto con altre novità!

Pubblicato il 21/07/2023.

Contributo dei lettori – Messaggio dal futuro

Autore: Sergio Prelato

Caro Robert Edlin, il mio nome non ha importanza, sono un banalissimo uomo moderno.

Nel cimitero americano visitato questo giugno 2023, in Normandia, fra le migliaia di croci bianche, mi sono soffermato sulla tua.

Ti ho dedicato questo piccolo omaggio, come se tu fossi sopravvissuto allo sbarco, lo avrei voluto tanto, anzi avrei voluto che non fosse esistito lo sbarco.

Il mio viaggio di uomo moderno l’ho fatto al contrario, prima Parigi, poi la spiaggia dove tu hai lasciato la tua vita.

Sia sotto la torre, sia la mattina che mi sono svegliato a pochi chilometri dalla spiaggia, la tua spiaggia, non ho mai smesso di pensare a quello che avete fatto per me, per noi, per il mondo di oggi.

Mentre il sole filtrava dalle finestre, prima che io leggessi il tuo nome, non sentivo gli uccelli allegri dell’alba, non gustavo la colazione servita a tavola, volevo vedere i luoghi in cui sei sbarcato.

Dopo averli visti, dopo aver impresso il tuo nome nella mia mente, mi sono permesso di farti questo piccolo, umile omaggio.

Ma la memoria è una palestra, va frequentata con assiduità e rigore.

Il tuo sacrificio non è stato inutile, stai tranquillo, ora ti saluto, dal lontano luglio 2023, i tuoi compagni erano ancora a metà strada, ma, tu lo sai, certamente, ce l’hanno fatta, ce l’avete fatta.

Grazie e sappi che io quella foto che hai strappato ce l’ho in un libro nel mio scaffale, non l’ho distrutta, ho fatto di meglio, l’ho raccontata a mia figlia di 15 anni.

Grazie dal tuo futuro.

Normandia

Sembrava di essere sotto le zampe di un enorme ragno, un immenso ragno di ferro sopra di lui.

Era mezzogiorno, stava seguendo con gli occhi la complicata trama di quella torre così famosa in tutto il mondo.

Lui era lì sotto, sicuramente stupito di essere lì, in quella città  sembrata irraggiungibile, invece eccoli lì, eccolo sotto il ragno di ferro.

Mezzogiorno di gioia e festa, sotto le ombre intricate della torre Eiffel.

Abbassò lo sguardo sulla gente vicina a lui, uomini, donne, bimbi, anziani, soldati, auto private poche, mezzi militari moltissimi, per la parata d’entrata in città, a favore dei cine giornali in patria, e per il mondo intero.

Ogni tanto una ragazza lo abbracciava e baciava sulle labbra, ringraziandolo festosa e commossa.

Lui frastornato guardava i francesi, pieni di lacrime e commozione.

I visi pallidi e smunti, ma gli occhi, mai visto degli occhi così belli ed esultanti.

Ben quattro anni sotto i nazisti, ora la libertà.

Si sforzò di ricordarsi il giorno dello sbarco e ricollegarlo a quel momento, 6 giugno, oggi 25 agosto 1944.

Quei mesi erano stati una scia di morte e distruzione.

Chiuse gli occhi per escludere la festa e raccogliersi intorno ai compagni scomparsi, nella sua mente.

Non era stato più bravo di loro come soldato, come uomo, solo più fortunato.

Rivide se stesso sulla spiaggia, che idiota, pensava che superata quella maledetta spiaggia, il resto sarebbe stato una bazzecola.

Era stato solo l’inizio.

Nelle varie battaglie di avvicinamento a Parigi, inizialmente aveva distolto lo sguardo dai compagni morti o moribondi, lasciando il compito di raccolta ai medici e infermieri.

Poi aveva cominciato a chiudere occhi, a ricomporre i corpi in posizioni scomposte, a rimettere elmetti sulle teste, come segno di rispetto in attesa di una degna sepoltura.

Odiava il rosso sangue sulle divise.

Aveva stretto mani agonizzanti, ascoltato pianti di bambini sgorgare da soldati, aveva udito preghiere di tuti i generi.

Aveva guardato gli occhi dei suoi compagni morenti, ormai incapaci di parlare, spegnersi lentamente prima che spirassero. Non li aveva lasciati soli.

Aveva raccolto targhette di riconoscimento nel terreno sconvolto da corpi dilaniati dalle mine o da colpi di mortaio che facevano a pezzi gli uomini, impossibile riconoscerli.

Sentiva ancora l’odore della morte, di bruciato, di sangue, sudore e i mille odori che la guerra offre a chi la segue per mesi.

Quando andava bene dormivano una notte intera. Per terra senza contrattacchi dei tedeschi.

Solo che quando riapriva gli occhi era sempre più difficile rialzarsi, come se i piedi non volessero camminare, paralizzati dalla fatica, dalla fame, dal caldo, dal freddo, dalla pioggia, dalle bombe; non c’era posto per la paura, era troppo stanco.

Una mattina si era alzato stranamente senza sentirsi troppo pesante, aveva indossato lo zaino come una seconda pelle.

Arrivato a rapporto nel punto di raccolta, subito sbattuto in ricognizione vicino ad un ponte, che naturalmente gli ufficiali volevano intatto.

Durante il giro, aveva messo un piede su una mina.

Un lampo di luce, poi nulla.

Dopo un po’ si era svegliato con un ago nel braccio, morfina, un medico lo stava aiutando.

Riaprì gli occhi nel presente, e la festa lo strappò alla scia di giorni che lo avevano portato lì.

Prese un pacchetto di sigarette, aveva cominciato a fumare, ne estrasse una con la mano destra.

La quale non aveva le falangi dell’anulare e del mignolo, spariti con la mina

Gli era andata bene che non era morto dissanguato, in effetti gli avevano detto che il calore della deflagrazione aveva cauterizzato quasi subito le ferite alla mano, salvandolo.

Doveva pure essere grato alla gentile mina.

Lo spostamento d’aria lo aveva riparato da guai peggiori.

Gli avevano chiesto se voleva essere congedato.

Neanche a parlarne.

La guerra crea odio per i nemici.

Anche se durante qualche tregua concordata, li aveva visti fumare, esattamente come lui a poca distanza dalla linea di tiro.

Ad alcuni suoi compagni sopravvissuti alle mine, era andata peggio, chi mutilato senza mani o dita, oppure cieco di guerra, la vista, il bene più prezioso dopo la vita.

Osservò la mano destra formata da tre dita, fumava senza problemi, e soprattutto, almeno per lui, non sentiva le dita mancanti come gli avevano anticipato.

Ne sentiva tre, e ne usava tre, come se fosse nato così.

Tanto sparava con il suo fucile M1, con la sinistra.

La pistola non l’aveva usata più.

Aspirò il fumo con soddisfazione, guardando il casino immane intorno a lui.

Abbracci, ancora abbracci.

Si tolse lo zaino dalle spalle, e si trovò un angolo tranquillo, e si sedette sulle sue uniche proprietà.

Era sceso da un carro armato, stanco di camminare, ma voglioso di calcar la terra liberata.

Decise di usare lo zaino come cuscino, e si sdraiò per terra per riposare, guardando il cielo sgombro, anche lui aveva capito che era un giorno che sarebbe passato alla storia, e lui era lì, avrebbe fatto parte dei libri di storia.

Finì di fumare la sua sigaretta fino in fondo, con attenzione, non si sprecava nulla in guerra.

Poi si alzò e rovistò nello zaino.

Tirò fuori un foglio di giornale e lo distese davanti a sé.

Lo aveva trovato in una di quelle rare case ancora intatte dove aveva sostato con i suoi compagni, nei paesi evacuati.

La foto che campeggiava al centro lo aveva colpito. Diavolo, sugli spazi bianchi c’erano dei numeri, scritti da lui, i reggimenti che aveva cambiato dallo sbarco.

Motivo? Ogni reggimento di cui aveva fatto parte si era assottigliato ad ogni avanzata così tanto che rimanevano pochi uomini, e venivano accorpati ad altri reggimenti, e lui non si ricordava mai l’ultimo a cui era stato assegnato, quindi lo notava sul giornale.

Si alzò, prese lo zaino e se lo rimise in spalla.

Osservò la foto sdrucita: Hitler e molti ufficiali posavano sotto la torre Eiffel, tutti contenti, foto scattata nel 1940.

La guardò un’ultima volta e girandosi verso la torre di ferro, la strappò in mille pezzi.

Come coriandoli a carnevale lanciò in aria i resti del giornale.

Si accese un’altra sigaretta pensando ai suoi commilitoni, gli dedicò quel gesto.

In fondo erano stati la sua famiglia, lui figlio unico e orfano da anni.

Si immerse nella folla, seguendo il primo camion di soldati per capire dove diavolo avrebbe dormito quella notte.

Pubblicato il 17/07/2023.

CONTRIBUTO DEI LETTORI – Riflessioni di un mio paziente sui non vedenti

Autore: Andrea Salvatore Labate

Essendo fisioterapista della riabilitazione ho lavorato all’istituto ortopedico di Reggio Calabria e dialogando con diversi pazienti del più e del meno tra i tanti pazienti ho conosciuto uno in particolare e per la privacy sostituirò il suo nome con uno di mia invenzione, chiamandolo Caracciolo Pietro, il quale mi ha raccontato la sua vita vissuta da adolescente, che a suo tempo aveva preso amicizia con un non vedente che stava a pochi metri da casa sua, io racconto per filo e per segno, come fossi lui, le sue vicissitudini.

Dice il signor Caracciolo Pietro: sono stato un alunno di una scuola di quarta elementare comunale, ubicata al centro di Reggio Calabria, nonostante l’età posso descrivere il significato di questa particolare giornata, celebrata dal non vedente, puntualmente ogni anno il 13 dicembre nella Chiesa di Santa Lucia, la quale dedica la santa messa alla siracusana vergine e martire Santa Lucia, la quale sono stato per quattordici anni partecipe alla messa. Vorrei fare una premessa, esprimendo una riflessione sul buio mondo che vivono i non vedenti: avete mai provato a chiudere i vostri occhi per un istante? Quel buio… incubo dei nostri sogni giovanili. Quanti di noi hanno tremato nel proprio lettuccio, quando la mamma spegneva la luce e ci lasciava in quella atmosfera cupa nel buio della stanza… Io ricordo i sudori e i tremiti allo scricchiolio di una tenda oppure ad un gemito che proveniva dalla strada e che assumeva nella mia mente la dimensione di un fantasma che si lamentasse. Anche ora l’oscurità profonda mi infonde paura e inquietudine che mi fanno balenare nella mia mente mille pensieri vaganti senza potersi soffermare, rendendo l’animo come svuotato e indifeso. Se devo muovere un passo, le gambe diventano come paralizzate ed ho sempre un senso di vuoto come se un baratro si fosse aperto innanzi a me. Sono sensazioni che credo siano comuni a tutti ad eccezione per una categoria di persone, i ciechi, viventi e vedenti nel buio più tenebroso, per loro, è accentata come una quarta dimensione nella quale si sentono padroni assoluti e si muovono con una disinvoltura che lascia attoniti chi li osserva. Quanto premesso sopra, scaturisce dall’esperienza fatta attraverso una sincera e profonda amicizia che ho intrapreso con un ragazzo non vedente due anni più grande di me che io, Caracciolo Pietro, conobbi un anno fa, in casa di amici comuni. Ricordo che in quella occasione, mentre giocavamo allegramente in giardino, una voce da lontano chiama pronunciando il nome del mio compagno Costantino Antonino non vedente, era sua madre che lo richiamava a casa ed io premurosamente andai incontro per accompagnarlo, ma egli sorridente disse: “grazie, non occorre” e salutandoci a tutti si avviò lungo il marciapiede disinvoltamente. Naturalmente io rimasi sconcertato e al tempo stesso lo guardavo con ammirazione mentre si allontanava. Successivamente lo invitai a casa mia e una sera accadde che avendo necessità fisiologiche, lo accompagnai al servizio igienico e stavo per accendere istintivamente la luce, ma il mio amico Antonino mi precedette dicendomi che non gli serviva la luce accesa e sebbene non conosceva l’ambiente, è entrato sicuro senza dimostrare alcuna difficoltà. Quando se ne andò intorno alle ore 21, mi salutò dandomi la buona notte e non volle essere accompagnato. Quando entrai nella mia stanza volutamente non volli accendere la luce e presi subito una capocciata contro lo spigolo di un armadietto. Quell’esperienza mi fece meditare: quale sesto senso guida il non vedente nell’oscurità di tutte le sue ore della giornata? Certamente, quel buio è il suo mondo ed è in quel nero assoluto, che è diventato per lui come un sensore radar e che egli può concentrare tutti i suoi pensieri ed avvertire tutte le sensazioni, brutte o belle, ma pur sempre raccogliendo così anche i più impercettibili segni della vita che lo circonda e che a noi vedenti sfuggono. Ecco, perciò si distingue la ragione della sua grande facoltà di concentrazione, di autocontrollo, di analisi, di sintesi, che lo rende attento e pronto ad ogni discussione e ad ogni intervento con il prossimo. Così, mentre per noi vedenti l’oscurità, il buio, le tenebre, sono fattori che ostacolano le nostre reazioni e il nostro ragionamento, per i ciechi vuol dire che proprio nel buio più profondo ritrovano il proprio io, la propria personalità e la lucidità per esplicare al massimo tutte le loro funzioni intellettive. Nel buio noi vedenti siamo ciechi, loro, i ciechi, invece, vedono oltre le tenebre, ed è questa la loro rivincita sulla società, la quale li relega come persone non utili, li reputa ancora oggi ciechi e come tali non possono aspirare a ciò che noi ci ostiniamo a credere solo a noi vedenti riservati! La società, lo sta dimostrando in questi ultimi anni, cercando in tutti i modi di relegarli nel ghetto di un tempo, disconoscendo il valore professionale nel settore sanitario, trasgredendo alle leggi sui massofisioterapisti che fin dal lontano 1918 hanno operato nel settore riabilitativo a beneficio di chi soffre. Ma una vittoria brillante, unica nella storia d’Italia nel campo della giustizia, l’ha ottenuta la nostra cittadina cieca dottoressa Angela Malavenda di Santa Caterina di Reggio Calabria, facendo causa contro lo Stato che impediva l’accesso dei ciechi nei concorsi pubblici per giudici. Altri ciechi che si fanno onore insegnando nelle scuole elementari, medie ed anche alle università, poeti illustri di un tempo quali: Nicolò cieco d’Arezzo che visse a Firenze al tempo di Papa Eugenio IV, Francesco Bello di Ferrara che nel 1495 scrisse il poema “libro d’arme e d’amore nomato il Mambriano, le novelle del Mambriano”, Cristoforo Scanello di Forlì, Luigi Groto letterato e poeta detto il cieco d’Adria, vissuto nel XVI secolo, e tra i poeti contemporanei, il nostro cittadino Labate Andrea Salvatore, che scrisse un libro di poesie dal titolo “Le mie poesie” edizione 1977 tipografia Piazza di Reggio Calabria. Ci sono valenti musicisti, artisti come lo scultore Giuseppe Bertolino, lo scultore Felice Tagliaferri, lavoratori di vimini, centralinisti telefonici, inventori quale Louis Braille (francese), che nel 1825 ideò il sistema di lettura e scrittura braille, accordatori per pianoforti, rilegatori di libri, telescriventisti, programmatori, etc etc… Ci sono numerosi non vedenti che praticano vari sport quali: il calcio mediante il pallone a sonagli, nuoto, ginnastica, torball, lancio del peso, atletica etc etc…

A capo di questi valori artistici e professionali raggiunti dai non vedenti merita di essere menzionata la loro associazione, l’Unione Italiana Ciechi, costituitasi nel 1920 tramite il suo primo presidente Aurelio Nicolodi.

Ricordiamo Augusto Romagnoli, che è stato il promotore di tante lotte per ottenere l’inserimento allo studio, al lavoro e allo sport, evitando che il cieco continuasse ad esercitare l’accattonaggio, ha ottenuto dallo Stato una pensione per chi impossibilitato di lavorare. Conosceva un gruppo di terapisti e di studenti australiani che hanno elaborato dei giocattoli educativi per bambini non vedenti. Vi è mai capitato di incontrare un non vedente accompagnato dal suo cane guida? L’uomo e il cane sono in quel momento integrati ed io vi consiglio di non disturbare il cane guida, riconoscibile dalla croce rossa che porta sul dorso perché il lavoro che esplica in quel momento è di particolare importanza sociale, che a volte l’uomo vedente stesso non sarebbe capace di imitare. Infatti a Milano un paio di anni fa, un cane guida, spingendo da un lato il cieco, si è fatto uccidere dall’automobilista che non si attenne al regolamento sulla circolazione stradale. Potrei parlare a lungo di tantissimi episodi oppure di tante altre problematiche del mondo dei non vedenti, ma voglio concludere per evitare che il dilungare possa essere tedioso. Oltre le tenebre vi è per loro, i ciechi, la luce di una fede incrollabile, che li porterà finalmente ad essere considerati uguali a noi vedenti in ogni settore della vita sociale!

Pubblicato il 12/07/2023.

Contributo dei lettori – Ricordi di Congressi ordinari, verso quello straordinario che ci aspetta

Autore: Elena Ferroni

Nella primavera del 2010 poco ne sapevo di che cosa fosse un Congresso nazionale della nostra UICI, quando il mio presidente Massimo Vita mi incoraggiò a candidarmi e partecipare per la sezione territoriale di Siena. Accettai allora questa sfida con curiosità, immaginando di poter crescere nella conoscenza dei meccanismi dell’associazione, di persone di valore, di poter imparare e dare qualcosa di buono. Così i soci mi votarono come delegata per quel Congresso, rinnovandomi poi la loro fiducia cinque anni dopo per quello del 2015 e per l’ultimo del 2020 svolto in modalità online. Nell’estate del 2010 feci un viaggio in treno verso Bologna e da lì iniziò davvero quest’avventura che non è ancora finita. In tutti questi anni infatti, la storia dell’associazione si è impastata con la mia vita e ne è stato un ingrediente importante, di quelli che quando cucini una ricetta non possono proprio mancare, perché il piatto sia saporito e gustoso. Ho imparato a conoscere tanti dirigenti territoriali, regionali e nazionali, persone con disabilità visiva come me, che scelgono di mettere a disposizione capacità e tempo, che vivono l’associazione come un ambiente prezioso, da proteggere, promuovere, da nutrire con risorse economiche e umane da cercare, conservare, far fiorire con progetti e tutela dei diritti. Durante i tre Congressi a cui ho partecipato ho visto prima confrontarsi maggioranza e minoranza, appreso aspetti riguardo l’istruzione, il lavoro, gli ausili e le possibilità di autonomia, il sostegno agli anziani e alla disabilità complessa. Ho visto due presidenti avvicendarsi alla guida dell’associazione, votato modifiche al nostro Statuto, ho fatto parte per cinque anni del Consiglio nazionale, dedicandomi in particolare al tema del cane guida. Mi sono poi appassionata, grazie al prof. Antonio Quatraro, all’ambito della riabilitazione e mi sono dedicata con lui nella mia Toscana all’organizzazione dei campi estivi per i nostri bambini e ragazzi. In questi anni ho visto un’abbondante pioggia di risorse arrivare sul territorio, ad attivare e sostenere progetti, che hanno inciso profondamente sul miglioramento della qualità della vita dei piccoli, delle nostre famiglie e degli anziani. Ho imparato insomma ad amare l’Unione, che è divenuta una parte significativa della mia vita.

Ad oggi dunque, alle porte di questo nuovo Congresso, mentre si svolgono le assemblee per la scelta dei delegati, ricordo, scrivo e penso che vorrei esserci. Vorrei riflettere con i congressisti sulla necessità dell’iscrizione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore, su quanto questo ci permetta di accedere a risorse e progettualità altrimenti precluse, sull’importanza di non perdere la nostra identità, naturalmente focalizzata sulla disabilità visiva, che si può al contempo integrare con i normovedenti, per saltare tutti insieme oltre, verso qualcosa di più. Mi piacerebbe essere in mezzo ai congressisti, a far memoria di una storia, alla quale ho preso parte per un piccolo pezzetto e poter pensare insieme al futuro. Mi piacerebbe mettere la mia firma nella scelta di donne e uomini che avranno il compito di portare l’associazione al Congresso ordinario del 2025, con la forza, la passione, l’incisività che gioisce dei momenti belli e permette di rifiorire con la vita che resta in quelli più critici. Esserci infatti è continuare a costruire un futuro possibile, migliore per noi e per chi con noi porta addosso la caratteristica della cecità, dell’ipovisione, di una disabilità complessa che segna la vita e che ci spinge ad un noi, per non sentirci soli.

Pubblicato il 21/06/2023.

Opinioni dei Lettori – Qualche riflessione sul Congresso

Autore: Mario Mirabile

In questi mesi ho parlato ben poco delle vicende politico-associative, concentrandomi quanto più possibile sulle quotidiane emergenze della Sezione e, soprattutto dei soci per i quali il tempo dedicato non è mai abbastanza. Dopo aver letto il resoconto dei lavori dell’ultima Direzione Nazionale, però, sento l’esigenza di dire la mia sul prossimo congresso straordinario. Non mi soffermo in alcun modo sulla questione relativa alla opportunità o non opportunità di svolgere un congresso straordinario in questo momento così delicato, ma l’aver letto della possibilità di svolgere il congresso da remoto mi ha fatto davvero venire i brividi. Per carità, nulla questio sul congresso del 2020, purtroppo con la situazione pandemica era davvero l’unica modalità per dare un governo alla nostra Associazione, ma adesso non c’è alcuna ragione per non svolgere il congresso in presenza. Vi prego: se deve esserci un congresso, che sia un congresso vero! Se dobbiamo modificare lo Statuto con cambiamenti importanti che possano consentire l’iscrizione dell’UICI nel RUNTS, che queste modifiche vengano discusse e apportate con piena consapevolezza da parte di tutti: delegati e base associativa!

Faccio mia una affermazione che il Presidente Mario Barbuto ha pronunciato in molte occasioni: “dall’Unione non deve uscire nessuno!” L’unione è la casa dei ciechi e, in un momento così complesso nessun cieco deve sentirsi distante dall’Unione.

Se vi sono problemi per lo svolgimento del congresso ad ottobre, che lo si faccia a novembre o a dicembre, ma ribadisco, è fondamentale che tutti i delegati si sentano davvero protagonisti del congresso.

Pubblicato il 09/06/2023.