Una Cena nell’abbraccio dell’oscurità… Una Stella
in un firmamento di sensibilità
La Cena al Buio “Dell’Urbe i bei Sapori… nel Buio i suoi Colori”, tenutasi nella serata di sabato, 31 agosto, presso Palazzo Sersale, quale prologo alla XXVI Edizione del Festival delle Serre, ha offerto sensazioni intense e originali spunti di riflessione agli oltre cinquanta ospiti invitati. Un’iniziativa senza precedenti, coronata da un successo che riempie di orgoglio e soddisfazione il Comune di Cerisano e la Presidenza Nazionale dell’UICI, organizzatori della serata. “Un momento di sentimenti forti”, hanno affermato in coro Annamaria Palummo, Consigliere Nazionale dell’UICI, e il Sindaco di Cerisano Lucio Di Gioia, nell’accogliere il Presidente Nazionale UICI, Mario Barbuto, presente all’evento, curata dal personale della sezione UICI di Catanzaro, guidato da Luciana Loprete.
La tenebra del
crepuscolo, sabato sera, stava togliendo spazio agli ultimi vagiti di luce e il
portico d’ingresso di Palazzo Sersale era già stato cinto da quei contrasti di
luci e ombre in cui si adagia il pathos tipico delle antiche residenze
nobiliari del meridione d’Italia, quando le parole del Sindaco di Cerisano,
avvocato Lucio Di Gioia, hanno attraversato, da un capo all’altro, l’atrio del
ducale maniero, lastricato in un selciato dal tempo levigato e sormontato dalle
pregevoli arcate tufacee e dalle spartane strutture lignee sotto cui, secoli
addietro, trovavano riparo i Signori di Cerisano: “Partecipare a una Cena al
Buio – ha esordito il Sindaco – significa condividere; condividere spazi,
condividere pensieri, parole, sapori. Partecipare a una Cena di tal tipo, significa,
poi, condividere questa esperienza del buio, che ci fa sentire inermi,
rendendoci, nel contempo, più uniti al nostro vicino, in cui cerchiamo e a cui
siamo disposti a dare rassicurazione, compagnia, interlocuzione; partecipare a
una Cena al Buio significa, quindi, condividere valori, valori solidali, valori
alti, quelli di cui l’animo umano non deve sentirsi mai sazio, quelli che
questa sera riempiranno, insieme al buio, la sala ove gusteremo un invitante
menù dalle tinte romane. Questa Cena sarà un incontro; un incontro tra l’Ente
comunale, che mi onoro di amministrare, e l’Unione Italiana dei Ciechi e degli
Ipovedenti, che nel nostro territorio può contare sulla presenza di un
Consigliere Nazionale, che è una cara amica, una cerisanese, la dottoressa
Annamaria Palummo, insieme con la quale siamo finalmente riusciti a realizzare
questo evento, che nobilita il nome di Cerisano e del suo Festival delle Serre.
Annamaria, con la sua passione, con la sua creatività, con la sua tenacia, ha
fatto in modo che la complessa macchina organizzativa, sottendente a questo
tipo d’iniziative, potesse entrare in sinergia con le possibilità offerte dalla
struttura comunale: il risultato di questo lavoro lo vedremo, o meglio,
considerata la circostanza, lo coglieremo, lo toccheremo con mano, lo gusteremo
tra poco, lasciandoci guidare dai nostri amici dell’UICI di Catanzaro, che ci
accompagneranno in un viaggio sensoriale che ricorderemo per sempre”.
Effettivamente, ha proseguito la dottoressa Annamaria Palummo, Consigliere
Nazionale dell’UICI, “la Cena al Buio, che tra poco troverà svolgimento in una
sala di questo storico Palazzo, è un’iniziativa la cui realizzazione è maturata
nel tempo. Già negli anni scorsi mi era capitato di prospettare al carissimo
Sindaco del nostro borgo, in cui ho il piacere di risiedere, la possibilità di
organizzare insieme, Comune di Cerisano e Unione Italiana dei Ciechi e degli
Ipovedenti, un evento conviviale di questo tipo, in cui predominante è
l’elemento sensoriale, prescindente, ovviamente la vista. Sì, come ha
sottolineato Lucio, una Cena al Buio è, prima di tutto, un’esperienza
sensoriale; un’esperienza per alcuni sconvolgente, per tutti sicuramente unica,
che non è scontato e neanche facile accogliere all’interno di una
manifestazione come il Festival delle Serre, ove predominante è la ricerca
delle emozioni attraverso le arti, la musica, il teatro, la cultura; noi,
questa sera, cercheremo le emozioni nella totale mancanza di luce, in una
dimensione nuova per tanti di noi, che, se ci pensiamo bene, è legata a quella sfera
del mondo sensibile in cui la bellezza, che gli artisti ci regalano, riesce a
rapire il nostro animo: così come un’aria lirica, o una poesia, o una scultura
sono in grado di guidarci lungo i sentieri della più rarefatta armonia rispetto
al creato, così il buio, in cui stiamo per calarci, ci condurrà in un mondo ove
riusciremo a vedere tutto quello che la luce ci nasconde. Mancandoci la visione
di ciò che ci circonda, cominceremo a usare meglio gli altri sensi e l’odorare,
il desinare, il conversare, l’ascoltare assumeranno contorni sorprendenti,
permettendoci di scoprire l’altra faccia dell’esistenza, quella che per tanti
di noi è quotidianità, quella che tutti voi, a fine cena sentirete un po’
vostra. Sono certa che tra qualche ora guarderete al mondo della disabilità
visiva con occhi diversi, con gli occhi di chi conosce di più il proprio
prossimo; e sarà un momento di crescita anche per la nostra comunità cerisanese,
i cui autorevoli rappresentanti, espressione di categorie legate all’UICI e
alla realtà della disabilità visiva, qui invitati, unitamente a personalità
delle Istituzioni civili, quale il Sindaco di Castrolibero, ingegner Giovanni
Greco, religiose, come il Parroco di Cerisano, Don Alfonso Vulcano, del mondo
accademico e dell’associazionismo, non degusteranno soltanto i deliziosi piatti
attinti dalla tradizione culinaria capitolina, preparati dallo chef del
ristorante I Giardini di Eva, di Mendicino, ma interiorizzeranno nel loro cuore
il valore della solidarietà, che dovrebbe pervadere anche le istituzioni, soprattutto
nella capacità di vedere le necessità degli altri. Stasera queste istanze
saranno autorevolmente portate all’attenzione dei commensali dal Presidente
Nazionale dell’UICI, dottor Mario Barbuto, presente qui a Cerisano nonostante i
tanti impegni nelle assise istituzionali più alte, il quale, insieme alla
componente della Direzione Nazionale, dottoressa Linda Legname, al Presidente
Regionale Pietro Testa, al Presidente della Sezione UICI di Catanzaro Luciana
Loprete, che è tra noi anche in un’altra veste, come scopriremo tra poco, e al
Consigliere provinciale dell’UICI di Cosenza Nives Mastromonaco, daranno ancora
più pregnanza al messaggio d’inclusione, che, nella stanza qui accanto, busserà
alla porta del nostro animo e del vostro cuore”. Una porta che il Presidente
Barbuto ha attraversato dopo aver suggerito agli altri ospiti alcuni elementi
di riflessione, con una punta di spirito che ha contribuito ad allentare
l’ansia che in alcuni iniziava a fare capolino nell’imminenza di dover
affrontare il disorientamento che il buio, almeno inizialmente, induce in chi
affida alla vista gran parte dell’esplorazione e della conoscenza del mondo che
fa da cornice alla nostra vita: “questo Palazzo antico – ha affermato con
intelligente ironia il presidente Barbuto – s’è stasera popolato di un nutrito
gruppo di temerari che hanno aderito all’idea e alla possibilità di provare per
un breve momento la condizione del buio, quella che per noi ciechi è la
normalità; del resto, stasera il mio cuore è saldo, perché, come raccontavo
poco fa ad alcuni amici, di cene al buio io ne faccio una al giorno, sia che mi
trovi a casa, sia altrove, per cui, non sarà difficile, per me, adattarmi”, ha
scherzato Barbuto, suscitando l’affettuoso applauso degli astanti; “seriamente
– ha proseguito Barbuto –, per voi sarà intrigante e bello scoprire gli oggetti
sul tavolo, riconoscere i sapori delle pietanze, rigorosamente tenute segrete,
versare l’acqua e il vino nel bicchiere, fare, insomma, tutte quelle piccole
cose che di solito si fanno quasi meccanicamente e a cui oggi sarete chiamati
ad approcciarvi con un’attenzione inusitata. In ogni caso, come hanno rimarcato
il Sindaco Di Gioia e Annamaria, l’occasione della Cena è un pretesto leggero
per sottolineare una tematica complessa, quale quella delle disabilità, in
generale, e delle disabilità visive, in particolare. Disabilità afferentemente
a cui si parla sempre d’integrazione, inclusione: integrazione e inclusione che
oggi passano attraverso il riconoscimento, da parte degli altri, della società
civile e delle Istituzioni, di una problematica che esiste e che deve essere
affrontata; una problematica dalla quale non è possibile scappare e che neanche
si può edulcorare tanto, con quella terminologia, desunta dal politicamente
corretto, che spesso evita di adoperare certe espressioni le quali, secondo una
vulgata diffusa, potrebbero urtare la nostra sensibilità; al contrario, una
spontaneità, anche nelle parole, è la premessa a una vera forma d’integrazione:
per cui esprimetevi come meglio credete, usate pure il termine ciechi, che è il
più adatto a denotare la nostra condizione e a focalizzare al meglio la
tematica della disabilità. Ecco, è bello e importante focalizzare questa
tematica ed è stimolante, da parte nostra, sensibilizzare la società, presso
ogni categoria, in ordine alla richiesta d’inclusione, di partecipazione come
tutti gli altri cittadini; un’istanza, questa, di cui ci facciamo portatori in
ogni ambito, anche qui, questa sera, in questo Palazzo, con questa piccola
esperienza che, siamo sicuri, vi avvicinerà alle tematiche portate avanti
dall’UICI, non solo e non particolarmente per la percezione del buio in se
stesso, e per la resistenza psicologica da vincere, ma soprattutto per
l’inclusione, la contaminazione tra le persone che queste iniziative
favoriscono e che costituiscono i canali migliori per processare e giungere a
quell’integrazione, a quell’autonomia, a quella libertà verso cui aneliamo con
tutte le nostre forze, nella convinzione che tenersi per mano significhi
includere un po’ di più e sentire le altre persone più vicine e meno diverse. E
ora – ha concluso Barbuto – godiamoci questa bella cena”, la quale “è un
momento di amalgama tra le sensibilità personali – ha asserito Pietro Testa,
Presidente Regionale dell’UICI Calabria – che il Sindaco Di Gioia e il nostro
Consigliere Nazionale Annamaria Palummo, la quale è un vulcano, hanno acutamente
inserito nel cartellone di questo Festival, contribuendo ad ampliare la platea a
cui parlare delle nostre questioni”. Una necessità, quella di comunicare la
propria realtà del quotidiano e i bisogni per viverlo degnamente, che per i
ciechi e gli ipovedenti è primaria, e su cui ha indugiato anche la dottoressa
Nives Mastromonaco, Consigliere Provinciale dell’UICI di Cosenza, secondo la
quale tale comunicazione deve avere come corollario “la gioia, la tranquillità,
la delicatezza; in questo senso il convivio è un momento privilegiato per
rendere testimonianza del nostro modo di percepire la realtà; una percezione
che è diversa per tutti, sia per chi vede, sia per chi non vede, e che, al
cospetto del buio, viene messa sullo stesso piano, ponendo le nostre
individualità, tutte dissimili tra loro, in una situazione di genuina
uguaglianza, senza quelle sovrastrutture le quali, ogni giorno, creano muri che
non esistono e da cui è possibile liberarsi”. In effetti “stare al buio,
significa stare in compagnia delle altre persone attraverso il sentimento”, ha
evidenziato Annamaria Palummo, quel sentimento che “Luciana Loprete, Presidente
della Sezione Territoriale UICI di Catanzaro, mette in ognuna delle tantissime
attività che la vedono anima e cuore pulsante e che stasera profonderà nel
guidarci in questa esperienza con il suo staff. Un’esperienza “che per voi sarà
una sorta di viaggio – ha spiegato il Presidente della Sezione di Catanzaro –
durante il quale dovrete fidarvi di noi, che facciamo questo lavoro da una
vita, con semplicità e tranquillità; stasera, in sostanza, si capovolgerà la
situazione, perché saremo noi a guidarvi; noi faremo in modo che la nostra Cena
sia per voi un momento di gioia, da vivere senza traumi, riflettendo,
lasciandosi sensibilizzare, aprendo il cuore al proprio animo, approfittando di
un’occasione in cui non siamo distratti dalla vista, che è meravigliosa, che è
un dono prezioso, ma che spesso, paradossalmente, ci nasconde tante cose,
portandoci, nel momento stesso in cui guardiamo qualcosa, a pensare
immediatamente a quello che c’è dopo, a guardare troppo oltre, impedendo ai
nostri istanti di rallentare, di fermarci a riflettere: stasera, durante questa
Cena al Buio, potrete fermarvi, potrete guardarvi dentro in maniera così tanto
profonda da riuscire a vedere chiaramente, nonostante la totale oscurità, le
sensazioni del vostro vicino di posto, e sarà bello scoprire i convitati che
insieme con voi poggeranno le mani sul tavolo e imbastire una conversazione con
cui, almeno stasera, anzi, anche stasera, infrangere quell’apparente barriera
che il buio frappone tra noi e gli altri. State per entrare in un mondo magico:
non cercate la conferma dello sguardo, esplorate i vostri spazi con le mani,
colloquiate serenamente e pacatamente, cercando di capire chi è capitato al
vostro fianco, gustate le pietanze in tranquillità, lasciatevi prendere dai
sentimenti, lasciatevi andare in questa magia”. Così, dopo una preghiera
recitata dal parroco di Cerisano, Don Alfonso Vulcano, è iniziato un
sorprendente viaggio di fiducia e abbandono totale nell’abilità di Luciana, la
quale, dopo aver disposto gli oltre cinquanta ospiti in ordinata fila, alla
stregua di un trenino, e non prima di aver distribuito a tutti un pratico
bavettone, utile a evitare inconvenienti dovuti all’atipico contesto, li ha
guidati, a turno, verso i tavoli, facendoli accomodare rapidamente e in tutta
sicurezza ai posti loro assegnati. In effetti, entrando nei grandi saloni in
cui si dispiega il piano terra del Sersale, passando gradualmente dalla luce,
alla penombra e, infine, al buio più impenetrabile, è stato come entrare in un
mondo irreale, in cui, almeno per lo scrivente, l’iniziale senso di
smarrimento, ancor di più, di solitudine, contro cui s’impattava nel momento di
superare l’ultima tenda, s’è tosto dissolto in uno stato d’animo egemonizzato
dalla serenità, dall’atarassia, addirittura, al cui cospetto il buio sembrava
avvolgere i nostri pensieri e le nostre preoccupazioni, tutto il nostro essere,
diventato, a un tratto, una cosa unica con lo spazio circostante. È stata una
sensazione strana, quella provata appena entrati, perfino raccontarla suscita
impressioni insolite, che sembrano superare il tempo, lo spazio: il passato pare
diventare presente e… Ecco, ci troviamo di nuovo nella Sala ove si svolge la
Cena, completamente al Buio.
Sì, siamo completamente
al Buio, un Buio straordinariamente sconosciuto, che difficilmente i nostri
occhi incontrano in una situazione di assenza di luce, per così dire, normale. Qui
sembra di trovarci davanti a un muro, anzi, all’interno della materia,
all’interno di qualcosa che aderisce a noi, che ci serra ma che non ci tocca,
che è impalpabile; è difficile rendere efficacemente a chi legge l’idea della
sensazione che si prova. Le nostre mani,
le nostre braccia, le nostre giacche si sentono, ma non si vedono, e assolutamente
ignoti sono i vicini, ammesso che ci sia qualcuno al nostro fianco: ma, ecco,
una voce, due voci, tante voci attraversano questa bolla e tu non sei più solo.
Allora la fantasia s’incarica di rivelarti l’espressione che i vicini potrebbero
avere in questo momento, l’espressione che tu stesso potresti avere in questo
momento, ma subito sovvengono le parole di Annamaria e di Luciana e comprendi
che ciò non è poi una cosa importante; più importanti sono le parole, con cui
inizi uno scambio ideale che ti accompagnerà per tutta la serata, rivelandoti
come l’essere umano, privato dei suoi simili, sia poca cosa. E mentre tale
riflessione ti fa quasi dimenticare l’abisso di buio in cui ti trovi immerso,
ecco che sul tavolo la tua mano sfiora qualcosa: è il piatto, il piatto con
l’antipasto, e poi i bicchieri, la frescura delle bottiglie d’acqua, la forma
inconfondibile di quelle contenenti il vino, e, allora, inizi a usare, con
maggior attenzione, rispetto al solito, l’olfatto, cercando di capire quello
che lo chef ha preparato per te e che i camerieri ti hanno servito; l’odore è
gradevole, la cena può principiare. Usare le forchette, onestamente, non è
facilissimo, e la tentazione di adoperare in maniera informale le mani è forte,
però poi ti abitui e tutto risulta più facile, così come più semplice è lasciarsi
andare a tutto ciò che questo momento, a livello emozionale e sensoriale, ti
può regalare. Sì, è più facile lasciarsi andare anche ai sapori tipici della
cucina romana, che trovi negli inconfondibili rigatoni all’amatriciana e nella
trippa con le patate, con il loro olezzo, avvolgente quasi come l’oscurità
circostante; un’oscurità in cui, nonostante tutto, circola un microfono, che
permette al nostro udito di ascoltare le impressioni e le suggestioni di
qualche commensale particolarmente colpito e ispirato dal frangente. Luciana,
intanto, come una mamma attenta, passa, insieme alle sue ragazze e ai suoi
ragazzi, tra i tavoli, riuscendo prodigiosamente a muoversi in foggia agevole,
servendoti impeccabilmente, riuscendo a cogliere la tua presenza da un semplice
respiro e ricordandosi che su quella sedia stai seduto proprio tu: ti senti
chiamare per nome, quasi sobbalzi, e ti senti al sicuro. Il buio, l’abisso di
cui si parlava poc’anzi, inizia a diventare accogliente. Intanto, un gradevole
sottofondo jazz fluttua tra le voci che il buio sembra a tratti confondere, ma
ecco che la musica s’interrompe e la voce melodiosa di una ragazza recita
alcuni versi, composti per l’occasione e dedicati alla cena e a Roma, a cui
questo convivio vuole, in linea con quanto accadrà durante il Festival, rendere
omaggio. Sono versi settenari che sembrano guidarti nell’onirica bellezza della
Capitale, che troviamo anche nei nomi assegnati ai tavoli, i quali ti portano
dal Quirinale, ove chi scrive sta vivendo questa emozione, a Piazza di Spagna, invitandoti
a una passeggiata a Villa Borghese, per poi aprirti la strada su Via del Corso,
e, dopo un po’, verso Castel Sant’Angelo, a pochi passi dal Vaticano, per poi
salire sul Gianicolo, dove il panorama sulla Città Eterna t’impedisce di tenere
fermo lo sguardo, il quale, chissà poi perché, si sofferma sul Vittoriano, che
ti porta alla mente i poco lontani Fori Imperiali, mentre l’attenzione già si sposta
sulle statue della basilica lateranense che domina Piazza San Giovanni: sì, ti
sembra di vedere Roma in questo buio, che magia! Ha ragione Luciana: grazie a
Lei e ai suoi ragazzi, quello che da soli vivremmo come un incubo, è un mondo
fatato. Sì, è una dimensione dell’esistenza intensa ed eterea quella in cui
stiamo respirando e sospirando. Peccato che la frutta sia già arrivata;
consumarla è un esercizio veloce. Siamo alla fine. Luciana intona due belle
canzoni, per accomiatarsi da noi, Annamaria ringrazia, una mano tocca la spalla,
invitando ogni commensale ad alzarsi e ad accodarsi: si riforma il trenino, il
quale, lentamente, fa a ritroso il percorso d’inizio serata, portandoci
nuovamente alla luce, che nei primi minuti quasi ci ferisce gli occhi,
infrangendo quel senso di magia che ci aveva pervaso poco prima. Sì, è il
ritorno alla normalità, a quella normalità che ci ricorda come quel buio, che
allo scrivente è parso così rassicurante e gradevole, grazie all’amorevole
lavoro dei nostri angeli custodi, per tante persone sia preclusione alla
visione di alcune delle bellezze del mondo, oltre che a una vita pienamente
soddisfacente, a livello professionale ed emotivo, a causa delle barriere
materiali e psicologiche che la nostra approssimazione spesso erge lungo il
cammino di chi condivide con noi quest’angolo di universo. E, allora, risulta
agevole capire come il vero buio sia quello dell’indifferenza verso le
difficoltà e i bisogni altrui. E allora vien da riflettere: così come
l’attenzione e la cura, prestataci da Luciana e dalla sua stupenda squadra, è
riuscita a rendere indimenticabile un’esperienza potenzialmente drammatica, lenendo
il nostro momentaneo disagio, fino a renderlo piacevole, allo stesso modo,
nella vita di tutti i giorni, la cura, la premura e l’attenzione che noi, i cosiddetti
normodotati, dovremmo doverosamente prestare a coloro i quali del buio fanno
un’esperienza costante, riuscirebbero a lenire la sensazione di perenne
caducità indotta dall’invalidante condizione, permettendo loro di cogliere la
magia che ogni attimo, che ogni sapore, che ogni abbraccio, che ogni bacio sono
capaci di portare nel nostro sentire interiore, a prescindere dal buio e dalla
luce che attraversano i nostri occhi. Sì, è il ritorno alla normalità, anche
se, dopo questa serata, in questa normalità ci sarà sempre posto per
l’immaginifico ricordo di una serata passata sui bordi delle realtà sensibili
che la mondanità ci mette a disposizione, offrendocele in infinite forme, sulla
base della quotidianità che ognuno di noi vive. Il bavettone, recante il tema
della Cena, la data e i motivi grafici delle locandine realizzate per il
Festival imminente, non serve più, o meglio, servirà ancora, portandolo con noi
a casa e conservandolo, magari anche macchiato, a ravvivarci, di tanto in
tanto, il ricordo di un’esperienza unica. Sì, è stata per davvero un’esperienza
unica, difficilmente descrivibile, intimamente vissuta in un alveo di
riferimento collettivo, vissuta fino in fondo.
Un’iniziativa senza precedenti, per il
territorio dell’hinterland cosentino, che ci ha consentito di respirare,
nell’abbraccio dell’oscurità, un momento di compenetrazione radicale in una
dimensione esistenziale da esplorare e capire, attraverso la scoperta di
un’esperienza dei sensi che fa pensare, che conquista, che lascia il segno, che
ha lasciato il segno, grazie a tutti coloro i quali hanno, in qualche modo,
partecipato alla Cena al Buio, come già detto, organizzata dal Comune di
Cerisano, dal Consiglio Nazionale e dalla Presidenza Nazionale dell’Unione
Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, e tenutasi all’interno del monumentale
Palazzo Sersale di Cerisano, quale prologo della XXVI Edizione del Festival
delle Serre: è stata una serata speciale anche grazie al Presidente Nazionale
dell’UICI Mario Barbuto e agli altri dirigenti dell’Unione presenti, quali
Linda Legname, Annamaria Palummo, instancabile promotrice e madrina
dell’iniziativa, Luciana Loprete, Pietro Testa e Nives Mastromonaco, i quali
hanno onorato e colmato di contenuti una serata assolutamente unica, per il
significato e le emozioni che è stata capace di inoculare nel nostro animo; è
stata una serata coinvolgente anche grazie al Sindaco di Cerisano, avvocato Lucio
Di Gioia, e all’Assessore alla Cultura, dottoressa Francesca Pellegrino, per la
fattiva vicinanza mostrata nell’organizzazione di un evento di tale portata; è
stata una serata magica anche grazie alle amiche e agli amici della sezione
territoriale UICI di Catanzaro, Antonella Mascaro, Ilaria Mascaro, Vincenzo
Mascaro, Karol Grazia Mascaro, Gianluigi Melina, Daniela Taverna, Patrizia
Giuffrè e Danilo Pizzini, i quali, guidati dalla grande, efficiente e premurosa
Luciana Loprete, oltre a garantire un perfetto coordinamento della sala e del
servizio ai tavoli, sono stati i nostri angeli custodi nelle tre ore di buio,
che è stato, nello stesso tempo, conviviale e formativo; è stata una serata
gioiosa anche grazie a Vincenzo Nardi e ai suoi collaboratori del ristorante I
Giardini di EVA, con il sopraffino servizio di catering, che ci ha aiutato a
dipingere, sulla tela del buio, una Roma oltremodo bella, vergata dalla
fantasia traente linfa nelle servite leccornie e dalle parole ascoltate; ma,
sopratutto, è stata una serata indimenticabile grazie al resto dei commensali,
autorità e non, i quali, partecipando alla Cena, hanno dimostrato apertura e
disponibilità verso la comprensione di una condizione che, sovente, è causa di
esclusione e frustrazione per tante nostre sorelle, tanti nostri fratelli,
tantissimi bambini, i quali, lungo i sentieri del futuro, lastricati di
difficoltà, potranno realmente assaporare il profumo della vera integrazione
soltanto nell’attimo in cui noi tutti riusciremo effettivamente a valicare la
ritrosia che ci blocca ogni qualvolta siamo indotti a immaginarci nella mente
degli altri, nel Cuore degli altri, negli Occhi degli altri. Sabato sera, nel
corso della Cena che ha alitato “Dell’Urbe i bei Sapori… nel Buio i suoi
Colori”, e di cui s’è, speriamo degnamente, qui favellato, ognuno di noi è
riuscito a sentire come propri gli occhi del vicino di posto, vedente o non
vedente che fosse, cogliendo, in quella totale assenza di luce, la scintilla di
valori quali la gentilezza, il calore, la solidarietà, estrinsecantesi in un
pezzo di pane passato o in un bicchiere d’acqua versato, in quelle piccole
cose, che, in definitiva, fanno veramente la differenza, contestualmente a una
società matura, e che, al di fuori di ogni retorica, salveranno realmente la
nostra umanità, intesa come capacità di essere consequenziali alla nostra
natura sociale. Una Cena al Buio, questa Cena al Buio, può apparire una piccola
luce in un cielo oscuro: in realtà essa è una stella che brilla in un
firmamento ove gli Astri della buona volontà e dell’Amore riusciranno, col vento
della sensibilità, in ogni crepuscolo a portare l’Aurora. L’Aurora che toglie
spazio a ogni sussulto di oscurità, l’Aurora che vince ogni tenebra, che
rischiara ogni ombra.
E ora il Festival delle
Serre, quest’anno dedicato alla nostra Capitale, può veramente iniziare.
Cena al Buio a Cerisano – Foto di gruppo con il Presidente Nazionale UICI – foto di Simone Settino