Il Professore, di Valter Calò

Una lunga chiacchierata con una persona a molti di voi sconosciuta, che per la sua costanza e dedizione, ma soprattutto per i risultati che ha raggiunto, illumina la nostra categoria di Persone con disabilità visiva. Persa la vista a 13 anni, imperterrito continua a perseguire i suoi obiettivi. I genitori hanno sempre creduto in lui, lo hanno sempre incoraggiato a rapportarsi e confrontarsi con il mondo.

A ogni mia domanda, il Prof. Massimo Morelli risponde con tranquillità e professionalità, riflettendo sempre prima di parlare. Voce importante, serena; soprattutto delinea una personalità consapevole, sicura di se, delle sue possibilità e dei suoi limiti.
Da “La voce d’Italia ” (2015), giornale italiano di New York, estrapolo un concetto importante da una intervista al Prof. Morelli:
“Fondamentale è il rispetto delle regole, avere la reale sensazione che nessuno possa superarti se non ne ha i meriti. Non devono esistere domande di carattere personale né pregiudizi. Dobbiamo essere giudicati solo per le nostre capacità e meriti. Quindi, se si ha un handicap, non devi essere discriminato, solo così si possono avere possibilità di crescere e dimostrare il proprio valore”.
Link: https://voce.com.ve/2015/07/02/119241/morelli-meritocrazia-e-rispetto-delle-regole-queste-le-grandi-differenze/

Massimo Morelli
Docente Professore Ordinario, Dipartimento di Scienze sociali e politiche, Università Bocconi Milano.
Note biografiche
Degree in Economics and Social Sciences (summa cum laude) all’Università Bocconi University nel 1991. Relatore Professore Mario Monti;
Dottorato in Economia Politica all’Università di Pavia, 1995;
Ph.D. in Economics Harvard University, 1996.
Curriculum Accademico
Professor of Political Science, Bocconi University, since 2014;
Professor of Political Science and Economics, Columbia University, since 2007;
Fellow Innocenzo Gasparini Institute for Economic Research (IGIER);
Research Associate National Bureau of Economic Research; Visitor Einaudi Institute for Economics and Finance;
Part-time Professor of Economics at the European University Institute, 2009-11;
Associate Professor of Economics and Political Science at the Ohio State University (2004-07).
Aree di interesse scientifico
Game theory, mechanism design, political economy, governance institutions, development economics, behavioral and public economics, comparative politics and international relations.
Link: https://www.sdabocconi.it/it/faculty/morelli-massimo

Bene iniziamo, mettetevi comodi, due chiacchiere con “il Professore”.
V: Tra i nostri lettori ci sono tanti ipovedenti e non vedenti. Prof. Morelli, può descriversi affinché possano farsi un’immagine della sua persona.
M: Ho 53 anni, compiuti il 18 settembre, sono alto 2,11 m. Sono affetto dalla sindrome di Marfan, una malattia genetica che colpisce il tessuto connettivo, con evidente gigantismo, abbastanza robusto. Sono completamente pelato, alcune mie foto mi riportano con i capelli, ma ultimamente li ho persi tutti. Diversamente non ho altri segni particolari da evidenziare.
V: Professore ci può spiegare di cosa si occupa in questi giorni e qual è il suo compito in questa prestigiosa Università Italiana?
M: Sono Professore Ordinario nel Triennio e in un Master. Nel corso della triennale, insegno materie come Relazioni Internazionali, con tematiche riguardanti la teoria dei conflitti, come emergono i conflitti civili interstatali, come si possono razionalizzare purtroppo fenomeni storici come il genocidio, spiegare l’uso della violenza nella storia e nel presente, risoluzione dei conflitti, potenziamento della pratica della mediazione tra parti in conflitto, mentre la parte finale del corso riguarda le relazioni internazionali più “pacifiche”, la costruzione dell’Unione Europea, così come l’unione fiscale e l’unione politica, il funzionamento dell’Unione Europea. L’ultimo tema del corso affronto la tematica, molto attuale, come le migrazioni dei popoli.
Nel corso di Master invece insegno la teoria dei giochi per capire non solo le problematiche conflittuali ma anche capire la partecipazione strategica al voto. Il comportamento strategico dei burocrati nei loro comitati decisionali e il comportamento dei burocrati, all’interno della struttura di uno Stato. Ci sono dei comportamenti non solo dettati dalle preferenze di voto, esiste sempre il modo per applicare la teoria dei giochi. Attualmente il tema di ricerca che va per la maggiore, tra noi economisti politici è “il populismo”; Il populismo è un atteggiamento culturale politico che risalta genericamente il popolo, sulla base di un forte sospetto nei confronti della democrazia rappresentativa. Studiamo come si arriva ad avere nelle democrazie una crescita del populismo sia da destra che da sinistra, quali potrebbero essere le conseguenze del populismo nelle grandi potenze economiche, poiché nei paesi piccoli o intermedi possono avere più o meno valenza, soprattutto nelle dinamiche interne del paese, mentre una politica populista degli USA può avere effetti molto più rilevanti. Ad esempio se la caratteristica principale dovesse essere un protezionismo estremo, o American first, si creerebbe un effetto domino o a catena su moltissime altre Nazioni; si verrebbero a formare conflitti determinati dal venir meno di un grande partner, abituato ad assorbire le esportazioni di tanti paesi. Ci sono fenomeni a livello mondiale che stanno insorgendo, come Erdogan Presidente della Turchia, Modi Presidente in India, Imran Khan primo Ministro in Pakistan, così come in Indonesia, Malesia e Tailandia, non pensiamo siano fenomeni solamente europei come Austria, Spagna, Francia con Marine Le Pen, Danimarca e la conosciuta Brexit, e chiaramente Italia. Questi fenomeni vanno studiati, vanno analizzati. Bisogna capire qual è il mal di pancia comune tra tutte le Nazioni che ho sopracitato; esiste sicuramente un fattore comune che determina questa trasformazione che è in atto, da questo cambiamento ci saranno delle conseguenze che noi esperti in Economia Politica siamo chiamati a interpretare e prevedere. Il tema di cui mi occupo come ricercatore, da circa una decina di anni è la teoria dei conflitti.
Nota: potete trovare un approfondimento su questo link: https://www.knowledge.unibocconi.it/notizia.php?idArt=17727
V: Dopo 22 anni passati negli USA rientrando in Italia quali sono state le sue prime impressioni?
M: Dall’America, sono tornato a Milano, quindi non ho risentito molto del passaggio, anche se mi è chiaro che ci sono realtà diverse e situazioni più difficili sul territorio nazionale. Pensando però alla sua domanda, mi viene istintivamente da riflettere, su quel giorno che da studente sono partito per l’America e il mio ritorno in Italia da Professore. Ho ben chiare queste due immagini, separate da un lasso di tempo abbastanza lungo, trovo un cambiamento enorme tra quel giorno che iniziai una nuova avventura in America, e adesso che sono tornato da professore. Oggi la Bocconi è una Università internazionale con studenti provenienti da tutto il mondo. La prima cosa che mi viene in mente è che all’interno dell’Università si parla in Inglese come normale linguaggio di comunicazione; questo cambiamento lo reputo un’ottima evoluzione. La mobilità a Milano è migliorata tantissimo: sintesi vocali su tram, autobus, metro.
Avevo 13 anni nel ’78 quando ho perso la vista e per 14 anni, fino al ’92, non ho mai usato il bastone bianco, per difficoltà psicologiche. Cercavo di dissimulare la cecità, avevo gli occhiali neri alla Stevie Wonder. Questo freno psicologico tra l’altro è scomparso improvvisamente e deliberatamente quando sono arrivato in America. In ogni caso è difficile valutare obiettivamente, dopo 22 anni. Ci sono stati cambiamenti radicali della città, ma non solo; anch’io come persona sono cambiato molto.
V: Matematica. Lei è vincitore di un progetto sulla matematica, ERC (European Research Council) advanced. Solo 3 italiani lo hanno vinto. La matematica è una componente fondamentale nei suoi studi accademici e sappiamo delle numerose difficoltà che gli studenti incontrano; vediamo come le ha risolte. Su questa tematica ho delle sottodomande….
V, 1: Come sono organizzate le università americane?
M: In America si usava la coordinazione dei centri simili al libro parlato. Quando sono partito, in Italia il libro parlato non era organizzato ma distribuito in maniera frammentata su tutto il territorio senza una coordinazione Nazionale, gli studenti richiedevano un testo e il LP lo preparava senza coordinazione fra le varie strutture e senza un piano di studi adeguato, ovvero non c’era mai nulla di disponibile a meno che non fosse stato richiesto da uno studente. In America invece c’era una organizzazione che si chiamava Recording for the blind & dislexic (RFB&D) mentre adesso si chiama Learning Ally di Princeton, una organizzazione molto grande; ogni qualvolta che uno studente richiedeva un libro loro fornivano un lettore e un assistente che controllava mentre il lettore leggeva, e interrompeva ogni volta che la lettura non veniva fatta bene, quindi un prodotto di alta qualità.
La matematica non veniva trattata diversamente dalle altre materie, sceglievamo dei volontari che ci aiutavano. Nell’audioteca erano presenti più di 100000 testi e trovavo molti testi di utilità per lo studio mentre quelli che non erano presenti li facevo fare. Aspettando che il libro arrivasse avevo una disponibilità di 5000 dollari all’anno da spendere per farmi leggere i testi da altri studenti, questa era una borsa di studio annuale, dedicata a studenti con disabilità visiva. Il PC l’ho iniziato ad usare nel ’93 al secondo anno di dottorato ad Harvard, il primo anno tutto su audiocassette e con lettura diretta con un assistente pagato con questa borsa di studio dedicata; all’Università del Michigan avevano molte sale computer, in poco tempo la hi technolgy è cresciuta e ha invaso gli Atenei Americani. Adesso con il computer è tutto più facile, troviamo tutto lì.
V, 2: Come legge e scrive testi contenenti formule?
M: Lì dovevo trovare un assistente bravo quindi tutto a voce e poi dovevo fissare concetti e formule ordinandole, ma soprattutto configurandole mentalmente. Adesso si è passati dalle cassette ai libri digitalizzati e con un software dedicato tipo Daisy, si può interagire facilmente con il testo, apponendo marker oppure saltando da un paragrafo all’altro velocemente. Attualmente il software giapponese Infty, trasforma il pdf in un file di testo. Se il testo matematico è troppo complicato, o le formule sono difficili, solo con l’audio non si riesce ad interagire bene, allora mi aiuto con la barra Braille. Personalmente io lavoro al 99% con file audio, sono abituato così. La sera, se leggo un articolo senza formule faccio fatica a rimanere sveglio, la matematica mi aiuta a rimanere concentrato.
V, 3: Ha mai usato LaTeX per scrivere documenti contenenti formule?
M: Sì, lo uso abitualmente.
V, 4: Per la statistica usa BrailleR [su libero scritto da Jonathan Godfrey della Massey University (Nuova Zelanda)]?
M: Lo conosco di nome, ma sinceramente io non mi occupo molto di statistiche, il mio lavoro è più improntato sul profilo organizzativo, o l’aspetto matematico teorico. Adesso le tecnologie sono andate avanti e parecchi studenti usano Excel molto bene: io non avendolo imparato quando ero studente mi dedico ad altro, ogni tanto entro in qualche tabella Excel, ma mi ci perdo dentro.
V, 5: Come accede a/redige grafici?
M: I grafici alcuni li facciamo direttamente con LaTeX, altrimenti vengono fatti da un assistente.
V: Quando ha finito il suo percorso formativo quali erano le sue prospettive, le sono arrivate offerte e proposte di lavoro, o pensava già alla carriera di ricercatore e di Professore?
M: Nell’89 quando ho scelto di andare in America prima del dottorato la mia intenzione era di occuparmi di mercati finanziari e di andare a lavorare in una azienda, mentre ero lì ho cambiato idea e mi sono appassionato agli studi di teoria economica, lì ho conosciuto Valiant, un esperto di microeconomia, mi disse che c’era un non vedente spagnolo ad Harvard University Boston, che studiava microeconomia. Quello è stato un punto di svolta nella mia vita.
V: Non ha mai pensato ad un’altra possibilità lavorativa ovvero tornando indietro farebbe un’altra strada o altro percorso formativo?
M: Nella mia famiglia sono tutti imprenditori, ho una buona percezione di cosa significhi questa professione, la mia prima idea era quella di percorrere la stessa strada. Un’altra idea che avevo in testa, partecipare ad una organizzazione per progetti di sviluppo di tecnologie o agricoltura o un’organizzazione dedicata alla sostenibilità dell’ambiente o altri campi, non so come avrei potuto acquisire sufficienti competenze e conoscenze per poterlo fare. Faccio notare che i bivi della vita, dove uno si trova a dover scegliere, esistono anche sulle materie di studio infatti io scelsi l’Università Bocconi solo perché aveva un pensionato attaccato all’università stile Campus all’Americana e per me era molto più facile orientarmi e muovermi senza difficoltà, ma soprattutto perché volevo un minimo di indipendenza. Credo che la passione per la ricerca sarebbe nata anche in altri ambiti Universitari, come ad esempio in agraria penso sia possibile, per una persona con disabilità visiva, un lavoro d’ufficio e ricerca. Se una persona con disabilità visiva si specializza in Scienze Sociali, forse è un po’ più facile, sono lavori d’ufficio e si viaggia meno. Mi sono specializzato in scienze economiche e discipline economiche sociali alla Bocconi, la passione per la ricerca probabilmente sarebbe nata anche in altri ambiti. Ho fatto un colloquio con Mc Kinsey & Company, Società internazionale di consulenza,
una loro domanda per l’assunzione era come potevo risolvere i problemi della mobilità e logistica. Alla Mc Kinsey non mi hanno assunto, forse avevano ragione loro.
V: In ambito lavorativo e della sua formazione quali sono state le sue difficoltà?
M: Credo il primo periodo che mi sono trovato ad insegnare, avevo difficoltà a comprendere e saper come guidare l’attenzione di una classe, per un Professore, non c’è mezzo migliore di comunicare con gli studenti avendo una lavagna e un gesso in mano, capire di aver catturato l’attenzione degli studenti è fondamentale. Ho avuto bisogno di un po’ di tempo ma sono problemi risolvibili, adesso con i lucidi si ovvia alla lavagna così come con i PowerPoint, nel complesso non mi ricordo di avere avuto un problema serio. Mentre qualche problema l’ho avuto quando ho finito il primo livello di formazione e ho provato a cercare consensi nelle persone che conoscevo, un professore famoso di Roma mi suggerì di non fare la carriera accademica, ma eventualmente di andare ad insegnare in qualche liceo, anche il Prof. Monti, mio relatore nell’esame di laurea, mi suggerì di andare a lavorare come ricercatore alla Comit.
Al presidente UICI di Milano chiesi cosa potevo fare, lui mi rispose: “Ma cosa vai a fare all’Università, quando finisci, andrai a guadagnare un paio di cento mila lire in più di un centralinista”, feci altre domande su mie problematiche ed interessi, rimasi senza alcuna risposta. Da quel giorno non ho messo più piede all’UICI di Milano, so che sono cambiate tante cose e mi sono ripromesso di tornare. Una cosa voglio sottolineare, che ho avuto sempre il sostegno e supporto da parte dei miei genitori; un ostacolo, potrebbero essere proprio i genitori che accudiscono in maniera troppo protettiva i figli.
V: Una domanda cattiva, non è mai entrato in competizione con un collega che provava a scavalcarla, usando, come minus, la sua disabilità visiva?
M: In Italia prima di partire per gli USA, avevo questa sensazione, non tanto verso le persone, ma verso l’intera disponibilità del sistema che ritenevo molto bassa. Infatti quando feci il colloquio con Mc Kinsey di Milano, non mi fecero l’offerta di lavoro e magari uno dei motivi era proprio perché non ci vedevo, può darsi che la loro idea sia stata che un non vedente, non potesse fare consulenze, leggere bilanci e documenti velocemente. Nell’ambito della ricerca, sia al dipartimento Europeo che in America, parecchi anni dopo, mi è stato riferito che non sono stato ammesso a dottorati particolari perché avevano paura che
non avrei potuto gestire e reggere lo stress del dottorato, quando me lo hanno riferito si sono resi conto che a quel tempo c’erano ancora molti pregiudizi e spero che dopo il mio passaggio abbiano capito che avevano sbagliato.
V: Potrebbe dare un consiglio ad un giovane disabile visivo, cosa gli indicherebbe o consiglierebbe di studiare?
M: Il consiglio non lo vorrei dare in base al vedere o meno, vorrei considerare esclusivamente quello che è il mercato del lavoro, indicherei le Hi-Technology come possibilità come informatica e le biotecnologie. Insomma noi dobbiamo usare la logica deduttiva nelle materie scientifiche, non dobbiamo farci condizionare dai laboratori, perché quello è solo un passaggio.
V: Approfitto subito del suo ruolo e le chiedo, può darmi un consiglio o una idea per una attività lavorativa da suggerire ai nostri ragazzi?
M: È una bellissima domanda ma su due piedi non riesco a dare una risposta, devo rifletterci sopra ma le giro un po’ la domanda, un invito che mi sento di suggerire è quello di perseguire anche nel tempo libero, ovvero al di fuori di un lavoro o studio, un linguaggio di programmazione come Python, o lingue come il cinese, l’Arabo o russo, in pratica impegnate del tempo per investire su voi stessi. Una conoscenza o formazione che nel tempo libero possa migliorare il livello o qualità della vostra vita in un prossimo futuro. Quindi magari accettare anche un lavoro come il centralinista, ma non fermatevi lì.
V: Insomma ricapitolando o dando un titolo al suo messaggio, formazione e va dove ti porta il cuore!
M: Sì, proprio così, ma mi rendo conto che la domanda che mi ha fatto è molto importante e tecnica, devo pensarci sopra sperando di trovare delle reali possibilità.
V: Come occupa il suo tempo libero?
M: Mi piace molto la musica Jazz, avevo molte soddisfazioni chiaramente in America, a Milano meno, ma mi diverto ugualmente. Pratico per il mio benessere e per il mio piacere molto sport, per tenermi in forma e come si dice “mens sana in corpore sano”.
Nota: Per quanto riguarda lo sport, il Professore si sofferma a lungo: su questa tematica scriverò un secondo articolo.
V: Può mandare un messaggio ai nostri ragazzi?
M: Davanti ai problemi non bisogna assolutamente scoraggiarsi, ma perseguire il proprio obiettivo. Secondo un mio personale calcolo bisogna investire mediamente duemila ore di lavoro prima di dire o meno se si è in grado di saper fare qualsiasi cosa, prima non ti è permesso di dire che non sei capace o non hai talento. Vorrei che passasse il messaggio che il talento conta molto meno, rispetto la volontà di perseguire un obiettivo, ma è necessario molto impegno e costanza.

La speranza è l’ultima a morire, di Cesare Barca

Incontro nella nuova sala virtuale telefonica della terza età n.91 65 62mercoledì 17 alle ore 18 con la signora Raffaella Pangrazi.

La speranza è l’ultima a morire e nessuno si permetterebbe di negare questo assioma: la longevità degli anziani e l’attività della scienza sempre +impegnata per sconfiggere ogni possibile malattia ne sono certamente la conferma.
Ci si lamenta spesso delle sciagure che ci sorprendono, della sofferenza e delle numerose forme di disabilità e si cerca con ogni mezzo a nostra disposizione di prevenirle o di superarle.
Sappiamo tutti, infatti, che la perdita della vista rappresenta una calamità gravemente invalidante e l’impegno per prevenirla o superarla è sempre + intenso ed apprezzabile.
Sappiamo, in particolare, quanto sia diffusa la lotta contro le malattie della retina e quanto siano encomiabili gli studi medico-scientifici per prevenirla.
L’avanzamento della robotica ci permette di aprirci a nuovi orizzonti, a produrre nuove speranze, ma non ci propone certezze assolute.
Ecco dunque l’occhio bionico e il lodevole impegno medico-scientifico per ottenere possibili risultati positivi. I giornali hanno parlato diffusamente del primo innesto dell’occhio bionico avvenuto in Italia il 18 gennaio di quest’anno all’ospedale San Raffaele di Milano effettuato dal prof. Conedotti, un intervento durato 11 ore, intervento che ha utilizzato l’innesto di un microcip di qualche millimetro utile per riattivare la retina e restituire la vista a persone affette da cecità assoluta.
Questa prima importante esperienza in Italia è stata vissuta con assoluta consapevolezza dalla signora Rafaella Pangrazi, una signora che a trent’anni aveva perso la vista, sottoponendosi ad un intervento chirurgico decisamente impegnativo.
Trascorso un mese è stato acceso il microchip che, stimolando la retina, dovrebbe consentire di re imparare a vedere. Il risultato non è ancora stato raggiunto anche dopo un secondo intervento e la signora Raffaella ancora non può dire di avere recuperato la vista.
Con ciò non si vuole assolutamente sostenere che l’impegno medico sia stato negativo: vogliamo soltanto dire che il recupero di un minimo di percezione luminosa non ci consente di affermare che, come chiarisce la signora Raffaella, significhi “vedere.
L’esperimento dunque è riuscito? Forse è bene attendere senza crearsi illusioni perché, proprio seguendo le affermazioni di Raffaella che sarà nostra ospite nella sala “parla, un amico ti ascolta” dell’Unione italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti mercoledì 17 p.v. alle ore 18, “è doveroso essere prudenti e affrontare la realtà della vita senza crearsi inutili attese. ”.
“Sono esperienze importanti e difficili che, se si vuole viverle,” afferma convintamente la signora Raffaella, “è assolutamente necessario conquistare la consapevolezza che si tratta di una esperienza, non di una certezza. Ritengo pertanto, continua Raffaella, sia indispensabile offrire la propria disponibilità per la sperimentazione: ciò che conta, in queste circostanze, è certamente la determinazione, ma, + ancora la consapevolezza: in questo modo aiuteremo la scienza a raggiungere i risultati sperati evitando di cadere in momenti di sconforto o di vera e propria depressione: dobbiamo favorire la sperimentazione medico-chirurgica, ma senza facili illusioni”.
È ben vero che la speranza è l’ultima a morire, ma è altrettanto vero che la vita è sempre una splendida scommessa.
Come annunciato, chi volesse vivere il contatto diretto con Raffaella potrà intervenire all’incontro nella nostra sala telefonica virtuale formando il n. 91 65 62 e, seguendo la voce guida,entrare poi componendo il pin seguito da cancelletto.
Avremo così modo di raccogliere dalla sua viva voce e dalla sua splendida capacità espositiva il senso reale della esperienza che ha voluto affrontare liberamente, senza illusioni, certa di favorire l’impegno medico-scientifico per il recupero della vista.
È proprio vero, dunque, la speranza è l’ultima a morire, ma è bene sia fondata sulla necessaria consapevolezza.
Chi volesse conoscere il numero del pin e avere utili indicazioni può telefonare al sottoscritto, al coordinatore Ferruccio Zampieri o al responsabile tecnico Nunziante Esposito:
Cesare Barca 329 20 50 972;
Ferruccio Zampieri cell.338 199 79 11;
Nunziante Esposito 349 672 33 51.

Cesare Barca, referente commissione terza età UiCi.

Roma – XIII Giornata Nazionale del cane guida

L’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti – Sezione Territoriale di Roma, informa che il 16 Ottobre p.v., in occasione della XIII Giornata Nazionale del cane guida, organizza i seguenti eventi:

– Trasmissione di spot audio sui nostri amici a quattro zampe, che si potranno ascoltare nelle stazioni metro di Roma;
– Distribuzione del decalogo del cane guida a passanti e rappresentanti delle Istituzioni.

L’evento principale, si svolgerà con una passeggiata dei nostri soci accompagnati da volontari e cani guida, con partenza dalla Nostra sede sita in V. Mentana 2 B, e arrivo alla Scuola Ruggiero Bonghi sita in Via Guicciardini 8, dove incontreremo 200 ragazzi.
Si parlerà direttamente agli studenti, cercando di far comprendere ciò che rappresenta il cane guida per un non vedente.
All’evento saranno presenti anche autorità del Municipio e del Comune, al fine di favorire l’accoglienza verso il cane guida.
Un tema ancor oggi purtroppo sconosciuto a molti.

Catania – Pranzo d’autunno a Zafferana Etnea: il piacere di stare insieme, di Anna Buccheri

Autore: Anna Buccheri

La Commissione Terza Età dell’UICI di Catania ha organizzato sabato 6 ottobre 2018 un pranzo presso il ristorante Al Monterosso di Zafferana Etnea, paese caratteristico del Parco dell’Etna che si trova a 574 metri sul livello del mare.
La scelta del pranzo piuttosto che di una cena è stata molto felice e ha riscosso un grande successo perché ha dato la possibilità di godere maggiormente di un’occasione di uscita che non ha richiesto un cambio di abitudini o il sacrificio di una giornata come la domenica spesso dedicata tradizionalmente ad impegni familiari. Inoltre si sono registrate l’adesione e la partecipazione di diversi giovani venendosi così a creare un gradevole e insperato clima di scambio e di incontro intergenerazionale che si spera di poter ricreare in altre occasioni e iniziative lasciando spazio ad una condivisione del tempo e dell’allegria (grazie anche all’intrattenimento musicale di Orazio Gianguzzo con la sua fisarmonica) al di là dell’età.
È stato tra l’altro molto bello e gratificante poter condividere l’atmosfera di serenità, piacevolezza e amicizia con i volontari che hanno reso possibile la riuscita della giornata. Sono infatti stati coinvolti (grazie all’impegno della Presidente UICI Prof.ssa Rita Puglisi) dieci ragazzi del Servizio Civile e quattro volontari UNIVOC, che collaborano con la Sezione Territoriale UNIVOC, la cui Presidente è la Sig.ra Carmen Romeo, ormai da così tanto tempo da poterli considerare dei veterani.
La cura dei particolari (dalla scelta del menu a quella del ristorante così ben ubicato), la giornata mite, il ballo, le canzoni, le chiacchierate, la familiarità tra i partecipanti, la disponibilità dei volontari nel più genuino spirito del dono, il dolce offerto alla fine del pranzo dalla Presidente UICI Prof.ssa Rita Puglisi e l’organizzazione curata dalla Coordinatrice della Commissione Terza Età, Sig.ra Carmen Romeo, hanno consentito a tutto il gruppo (formato da 80 persone) di partecipare ad un pranzo di autunno riscaldato e rischiarato dalla gioia dello stare insieme tra amici.

Rimini – Al Museo un percorso speciale per non vedenti

“Sigismondo Pandolfo Malatesta touch. Le pietre raccontano”

L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti sezione territoriale di Rimini invita a partecipare ad un suggestivo happening che si terrà domenica 14 ottobre al Museo della Città. ‘Sigismondo Pandolfo Malatesta touch. Le pietre raccontano’.
L’incontro con i partecipanti è alle ore 16.20 presso la Domus del Chirurgo in piazza Ferrari, alle ore 16.30 è previsto l’ingresso al museo. Il percorso tattile, che narra la grande storia del Signore di Rimini, si svilupperà per circa un’ora e mezza tra le sale dedicate alla dinastia malatestiana, dove sono custodite opere preziose. L’evento, rivolto in particolare alle persone con disabilità visiva, sarà un’occasione per conoscere e approfondire la figura di Sigismondo Malatesta, di cui la città ha ospitato le celebrazioni per i 600 anni dalla nascita, 19 giugno 1417, e i 550 dalla morte, avvenuta il 9 ottobre 1468. Coraggioso condottiero, Sigismondo è stato anche un attento mecenate e ha chiamato alla sua corte i più importanti artisti del tempo, oltre a far costruire Castel Sismondo, un monumento innalzato per celebrare il suo potere, e il Tempio Malatestiano.
Sono così le pietre a narrare il suo gusto artistico e la sua storia, a partire dagli stemmi decorati con i simboli malatestiani, come le bande scaccate, l’elefante crestato e la rosa quadripetala. In questa visiva, pensata per un numero di 15 partecipanti, si potranno scoprire anche le iscrizioni in caratteri gotici che si trovavano nei torrioni del castello, i tratti della Rimini di Sigismondo “disegnata” da Agostino di Duccio nel bassorilievo del Tempio di cui il museo custodisce il calco, oltre al ritratto di Sigismondo all’interno di una corona di foglie. Sempre dal Tempio Malatestiano proviene un porta stemma, attribuito ad Agostino di Duccio. Inoltre, si colgono influssi dell’arte nordeuropea nel periodo della signoria malatestiana nella statua di Santa Caterina e in un crocifisso ligneo di forte drammaticità. Completano il quadro dello stile di vita di corte la cassapanca lignea intagliata, unico arredo di Sigismondo conservato fino ad oggi, una ricca esposizione di ceramiche e la raffinata collezione di medaglie coniate per Sigismondo e Isotta.
In particolare si potranno apprezzare tra le opere in mostra: il portaste acefalo di Agostino di Duccio; la cassapanca lignea con stemma di Sigismondo; l’iscrizione con scritta in gotico “Sigismondo Pandolfo” e il tipico schema a quadri oro rossi e bianchi; il calco bassorilievo di Agostino di Duccio con il segno zodiacale di Sigismondo, il cancro, e la rappresentazione della città medievale, proveniente dal Tempio Malatestiano; il calco ritratto di Sigismondo; un elemento architettonico con il simbolo di Roberto Malatesta e la rosa malatestiana; un crocifisso ligneo del xv secolo; la statua di Santa Caterina del xv secolo.
Un vero e proprio viaggio nella storia alla scoperta di cavalieri, dame, fortezze e maestose opere d’arte.

Per Info:
UICI sezione territoriale di Rimini
tel. 0541.29069 il lunedì, mercoledì e venerdì dalle 9.00 alle 12.00 e il martedì e giovedì dalle 15.00 alle 18.30

Forlì-Cesena – Il buio è servito… a tavola

Lunedì 15 ottobre, alle 19.15
Osteria dei Gladiatori, via Aurelio Saffi 55 a Cesena

Sedersi a tavola e degustare dell’ottimo cibo, ma senza poterlo vedere. È infatti una cena al buio quella organizzata dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, sezione di Forlì-Cesena, insieme all’Osteria dei Gladiatori di Cesena. Un evento pensato per sensibilizzare sul tema della cecità e per raccogliere fondi. Le serate in programma sono tre e si tengono sempre il lunedì, nei mesi di ottobre, novembre e dicembre. Il primo appuntamento è il 15 ottobre alle 19.15, all’Osteria dei Gladiatori, a cui seguiranno le cene del 12 novembre e del 10 dicembre.
Il rumore delle posate, il tintinnare dei bicchieri che si scontrano, il profumo di piatti fumanti e il sapore della tradizione culinaria romagnola. Il tutto avvolto nel buio più completo. Gli ospiti dovranno affidarsi agli altri sensi: tatto, olfatto, gusto e udito sono gli alleati per percepire in modo differente l’ambiente che ci circonda. Sono molteplici le sensazioni offerte dagli altri sensi, ma troppo spesso vengono trascurate perché la vista viene privilegiata. Sedersi a tavola sarà così il modo per lasciare spazio alle emozioni, in un ambiente rilassante e conviviale.
All’Osteria dei Gladiatori verrà preparato un menù con ingredienti a chilometro zero e gli ospiti potranno dedicare particolare attenzione ai sapori genuini e ai profumi dei cibi, lasciando libera la mente di richiamare alla memoria ricordi, volti e luoghi.
Le cene saranno anche un’occasione per sostenere le attività dell’Unione Ciechi, infatti parte dell’incasso della serata sarà devoluto alla sezione di Forlì-Cesena.
Il costo per partecipare all’evento è di 30 euro a persona. I posti sono limitati, è necessaria la prenotazione telefonando all’Osteria dei Gladiatori al numero 389.2068965.

Sport – BXC: Al via il Torneo di fine stagione “Trofeo Carlo Morelli – Umberto Calzolari”

Si svolgerà il 13 e il 14 ottobre, a Bologna presso il campo Leoni di via Bottonelli 70, il Torneo di fine anno di baseball per ciechi “TROFEO CARLO MORELLI – UMBERTO CALZOLARI”.
Alla manifestazione, che chiude la stagione agonistica, parteciperanno la Fiorentina BXC, gli Allblinds Roma, il Bologna Cvinta White sox, i Patrini Malnate, i Bluefire Cus Brescia, gli Staranzano Ducks, i Thunder’s Five Milano, i Lampi Milano e l’Umbria Redskins BXC.

Gruppo Sportivo Dilettantistico Non Vedenti Milano ONLUS

Presentazione di Sunu e di Orcam, di Giuseppe Fornaro

La Commissione Ausili, Nuove Tecnologie e Accessibilità della Sezione Provinciale Uici di Napoli e Vision Dept, organizzano la presentazione di Sunu e di Orcam. Vi aspettiamo il 15 ottobre 2018 alle ore 13. La dimostrazione avrà luogo presso la Sezione Territoriale di Napoli, via San Giuseppe dei Nudi, 80 – 80135 Napoli. Per prenotarsi alla presentazione chiamare: 081 549 8834.

Sunu band, è un dispositivo wearable in grado di segnalare tramite vibrazione la presenza di varie tipologie di ostacoli, fino a 5 metri e mezzo di distanza. Il bracciale può essere utilizzato all’esterno e all’interno di luoghi chiusi ed inoltre è dotato di un’app dedicata e di un sistema wireless che offre altre funzioni all’utente. Questo è infatti dotato di un sistema di geolocalizzazione ed una bussola tattile integrati ad un orologio che sfrutta le vibrazioni per segnalare l’orario, inoltre sarà anche possibile sfruttare il rilevamento passi per monitorare l’attività fisica giornaliera.

Orcam è un nuovo ausilio indossabile per ipovedenti e non vedenti che rivoluziona la portabilità e l’utilizzo dei dispositivi di ingrandimento. Orcam converte in tempo reale informazioni visuali in informazioni verbali.(attraverso sintesi vocale in lingua italiano) È costituito da una microcamera collegata ad un auricolare che vengono fissati sulla stanghetta degli occhiali; quando Orcam è posizionato basterà indicare con il proprio indice cosa si vuole leggere/riconoscere ed il dispositivo attraverso l’auricolare ci darà le informazioni richieste attraverso la sintesi vocale installata. Con Orcam potrai:
– Leggere tutti i testi (giornali, riviste, bugiardini, medicinali, email a video ect);
– Leggere indicazioni stradali;
– Identificare i tuoi oggetti, Riconoscere i volti delle persone che frequenti.

Disponibili due modelli:
– My Eye, riconoscimento volti e prodotti previo addestramento.
– My Reader, modello standard per la lettura.

Sport – La Coppa Lombardia “Memorial Enrico Tieghi” al Kennedy di Milano

Sabato 6 ottobre si svolgerà, presso il campo Kennedy di via Olivieri 15 a Milano la quinta edizione della Coppa Lombardia di baseball per ciechi dedicata a Enrico Tieghi, arbitro BXC recentemente scomparso.
Le squadre partecipanti sono 4: LAMPI, MILANO, THUNDER‘s FIVE MILANO, PATRINI MALNATE E LEONESSA BRESCIA
Programma:
10:00, Thunder’s Five Milano – Lampi Milano
10:30, Patrini Malnate – Leonessa Brescia
11:00, Lampi Milano – Patrini Malnate
11:30, Leonessa Brescia – Thunder’s Five Milano
12:00 Lampi Milano – Leonessa Brescia
12:30, Patrini Malnate – Thunder’s Five Milano

Istruzione – Il binomio didattico tra docente disciplinare e quello per il sostegno…, di Marco Condidorio

Cosa fa in aula il docente?
Per rispondere alla domanda proviamo a individuarne l’origine:
La famiglia chiede insistentemente ore di sostegno nella certezza di poter assicurare così il diritto allo studio del proprio figlio ma, davvero è così?
La risposta è sì! Ma, evidentemente non in senso assoluto e comunque vi sono variabili da cui dipende il successo scolastico del nostro discente: i tempi d’assegnazione del docente per il sostegno; la formazione specifica dello stesso e le competenze educative oltre a quelle didattiche; la motivazione del docente a restare sul sostegno o comunque le ragioni della scelta e l’attitudine all’esercizio dell’empatia.
Il docente sul sostegno didattico, si sostituisce al collega di materia?
Certo che no!
Debbono assolutamente cooperare e relazionarsi entrambi con l’alunno/studente.
Chi fa e cosa?
Il docente per il sostegno didattico deve vigilare affinché sia attuato il PEI in tutte le sue parti e deve garantire quanto previsto nel documento ai fini dell’integrazione scolastica del discente.
Attua la didattica appropriata all’esigenze del discente e assicura una metodologia di valutazione degli apprendimenti ai fini dell’attestazione delle conoscenze e delle competenze acquisite dall’alunno/studente.
Non si sostituisce all’assistente alla comunicazione o per l’autonomia né al personale ausiliario; figure quest’ultime di cui si deve comunque e sempre prevedere l’intervento nel PEI.
L’assistente alla comunicazione o per l’autonomia ex lege 104/92 art.13 com.3 non svolge alcuna attività didattica disciplinare, ma di supporto e guida alla comunicazione.
Per alunni/studenti in situazione di cecità assoluta, di ipovisione grave o lieve la figura è l’educatore tiflologico, esperto in scienze tiflologiche di cui parleremo; oggi solitamente si fa riferimento, per i nostri alunni/studenti alla figura dell’assistente alla comunicazione.
La famiglia vive direttamente preoccupazioni e timori, per cui la domanda “Cosa faccia il docente in aula” deve poter essere esplicata sondando tutte le sfaccettature interne ed esterne al mondo della scuola, ma senza perdere mai di vista il significato didattico ed educativo che svolge il professionista quale docente.
Qualsiasi sia la ragione per cui un docente è in aula, quella dominante riguarda comunque la trasmissione dei saperi quali contenuti delle diverse discipline: italiano, storia, matematica, geografia, educazione motoria, musica; insomma, opera al fine di trasmettere contenuti mentali da sé al discente, da una testa ad un’altra.
Non li racconta semplicemente ma, adotta un metodo che chiamiamo “didattica”.
C’è differenza tra il docente disciplinare e quello per il sostegno?
Sostanzialmente no.
Entrambi trasmettono contenuti disciplinari da una persona ad un’altra, da loro al discente ma, evidentemente con metodologie differenti ovvero con didattiche afferenti, il primo alla disciplina, il secondo all’alunno o discente in situazione di disabilità.
Il docente di italiano avrà necessariamente una didattica attraverso cui impartire i contenuti disciplinari: per esempio la didattica che poggia sul criterio fono-sillabico/ortografico: didattica che si basa sulla sillaba in quanto facile da isolare. Generalmente consiste nell’associare ad ogni sillaba un simbolo figurativo.
O, il metodo globale: caratterizzato dall’enfatizzazione di una lettura il cui fine sia la comprensione del testo o parola letta.Il metodo presenta alcune difficoltà tra cui quella di un accesso diretto al lessico, tema su cui mi riservo di discuterne dettagliatamente in una sede dedicata specificatamente alla didattica della letto/scrittura.
Il docente per il sostegno dovrà applicare una didattica specifica che, nel rispetto di quella proposta dal docente disciplinare, afferente appunto alla materia di italiano per esempio, tenga conto delle criticità sensoriali e/o fisiche che di fatto impediscono all’alunno/studente di ricevere in modo paritario i medesimi contenuti trasmessi ai suoi compagni, con tempi però diversi e tecnologie appropriate alle sue stesse potenzialità.
Il docente per il sostegno dunque svolge attività didattica disciplinare, sì ma, con l’impiego di strumenti e/o tecnologie utilizzabili direttamente dall’alunno/studente per cui lo stesso, autonomamente poi sia nella condizione di gestire quanto appreso per potersi esercitare e mostrare così il proprio percorso di apprendimento ed essere valutato dall’insegnante per il sostegno e dai colleghi di materia.
Il momento della verifica, infatti, è assolutamente decisivo ai fini della valutazione degli apprendimenti che, nel caso di un alunno o studente cieco assoluto, ipovedente lieve o grave saranno resi manifesti agli occhi dei docenti attraverso metodologie e strumenti direttamente fruibili ed utilizzabili dall’alunno o studente in situazione di minorazione visiva, fosse anche solo la sua stessa voce o mani che scrivono utilizzando strumenti tecnologici appropriati, vedi la dattilo Braille o il pc munito di display Braille.
Sorge spontanea la domanda: chi educa l’alunno/studente alla conoscenza e all’uso degli strumenti e dei materiali affinché sia autonomo pari ai compagni?
Come detto sopra, Lo vedremo oltre.
Torniamo al docente per il sostegno di cui a questo punto sottolineiamo il termine “didattica”. Perché?
Semplice quanto essenziale, perché il docente per il sostegno è docente per il sostegno alla didattica specifica.
Sottolineare poi il ruolo del docente per il sostegno didattico rispetto al contesto classe è assolutamente necessario alla comprensione del concetto di “sistema didattico-educativo” nel quale opera, non solo il docente per il sostegno didattico, ma anche quello curricolare.
Le due figure si completano o e non si sostituiscono, come già scritto, rispetto alla specificità dei ruoli anzi, evitando ogni tipo di delega, i risultati migliori in termini di apprendimenti li raggiungono solo nella cooperazione e nell’esercizio della professione docente attraverso una sintesi didattica che rispetti e operi in funzione dei tempi e degli apprendimenti d’ogni singolo discente, compreso quello in situazione di minorazione sensoriale e/o con minorazione aggiuntiva.
Il docente dunque ha competenze didattiche sì, ma anche educative in quanto dev’essere competente nell’educazione dei sentimenti e delle emozioni, la letteratura per esempio è generalmente un modello di didattica nel senso che presenta sottoforma di poesia, racconti situazioni emozionali di diversa natura.
E così, il nostro docente di sostegno alla didattica, non ha solo il ruolo di trasmettere contenuti disciplinari, ma anche di educare il discente all’esercizio del sé in relazione al mondo con la conoscenza di questi.
Ecco, il discente deve poter costruire due mappe essenziali per la crescita e la sua maturità: quella cognitiva e quella emotiva.
Per quella cognitiva necessita di una didattica specifica, non speciale; un approccio metodologico rispettoso dei tempi e delle sue potenzialità; di una didattica pensata quasi su misura ma che lo lasci libero ed autonomo nella elaborazione dei contenuti trasmessi dal maestro, dal docente; la didattica, quando appropriata non condiziona ma consegna; attraverso l’insegnamento di contenuti specifici il discente acquisisce un sapere che, se sta percorrendo adeguatamente il proprio cammino di alunno/studente potrà diventare il bagaglio culturale da cui attingere per e in ogni occasione della vita.
Mentre la didattica non appropriata non consegna, ma segna e dunque condiziona il discente ad un “sentire del mondo” alterato rispetto alla realtà, relegandolo ai margini di un analfabetismo cognitivo ed emotivo.
Ecco perché il docente per il sostegno didattico, pari al docente di materia, deve possedere quella formazione utile per essere un buon insegnante.
Relativamente alla mappa emotiva, cioè per la costruzione della capacità di conoscere e gestire l’emozioni, l’insegnante deve agire sul ciò che del mondo noi cogliamo, sentiamo, ovviamente dopo averci guidati nella comprensione di ciò che il mondo è e di come e cosa conosciamo.
In sintesi, è l’insegnante a determinare il valore esecutivo o passivo di queste due dimensioni:
quella cognitiva: come e cosa conosciamo del mondo, il modo in cui conosciamo il mondo medesimo;
e quella emotiva: il modo in cui risuonano dentro di in noi gli eventi del mondo, quel che lo stesso mondo ci trasmette.
Non è sufficiente la mera trasmissione di un contenuto, ma la comprensione e l’effetto dello stesso in noi, nella mente e di quanto rimbalzi nel cuore.
L’insegnante curriculare, così pure quello per il sostegno didattico, hanno il ruolo di far conoscere l’emozioni e di guidare il discente nella gestione e differenza che tra l’una e l’altra passa nei diversi istanti della quotidianità.
Giunto ai dieci, undici anni un alunno è pronto ad assumere il ruolo di studente e di passare dunque alla scuola secondaria di primo grado.
Il sostegno didattico consegna nel tempo al discente la capacità di accogliere, elaborare e restituire contenuti disciplinari: la fisica, la matematica, la geometria piana e solida, l’esplorazione di cartine geografiche fisiche e politiche, la letteratura, le lingue straniere saranno contenuti filtrati attraverso un metodo, che egli stesso avrà acquisito e imparato a gestire, quello di saper intuire, cogliere, analizzare, disporre in sequenza logica,comprendere e di fare sintesi dei singoli concetti per sistemare nella propria mente le nuove conoscenze. Dunque non più un sostegno didattico, ma la capacità di applicare un metodo didattico, acquisito, per fruire di qualsiasi sapere.
Lo studente ben equipaggiato, in quanto possiede un sufficiente bagaglio di esperienze cognitive ed emotive, potrà superare ogni tipo di sfida, sia disciplinare, didattica che emotiva.
Diversamente non sarà in grado né di scegliere e né di discriminare un tipo d’azione da un’altra.
Non saprà emozionarsi perché non riconoscerà le emozioni, perché nessuno lo ha mai saputo o voluto guidare nella costruzione della mappa emotiva.
L’insegnante è colui il quale incide l’animo del discente; colui che segna il nostro cammino, lo segna nel bene e nel male.
Ogni animo ha avuto almeno un maestro che lo abbia forgiato alle conoscenze del mondo e delle leggi che lo governano come per esempio, quello di causa-effetto, di non contraddizione.