Istruzione – Il binomio didattico tra docente disciplinare e quello per il sostegno…, di Marco Condidorio

Cosa fa in aula il docente?
Per rispondere alla domanda proviamo a individuarne l’origine:
La famiglia chiede insistentemente ore di sostegno nella certezza di poter assicurare così il diritto allo studio del proprio figlio ma, davvero è così?
La risposta è sì! Ma, evidentemente non in senso assoluto e comunque vi sono variabili da cui dipende il successo scolastico del nostro discente: i tempi d’assegnazione del docente per il sostegno; la formazione specifica dello stesso e le competenze educative oltre a quelle didattiche; la motivazione del docente a restare sul sostegno o comunque le ragioni della scelta e l’attitudine all’esercizio dell’empatia.
Il docente sul sostegno didattico, si sostituisce al collega di materia?
Certo che no!
Debbono assolutamente cooperare e relazionarsi entrambi con l’alunno/studente.
Chi fa e cosa?
Il docente per il sostegno didattico deve vigilare affinché sia attuato il PEI in tutte le sue parti e deve garantire quanto previsto nel documento ai fini dell’integrazione scolastica del discente.
Attua la didattica appropriata all’esigenze del discente e assicura una metodologia di valutazione degli apprendimenti ai fini dell’attestazione delle conoscenze e delle competenze acquisite dall’alunno/studente.
Non si sostituisce all’assistente alla comunicazione o per l’autonomia né al personale ausiliario; figure quest’ultime di cui si deve comunque e sempre prevedere l’intervento nel PEI.
L’assistente alla comunicazione o per l’autonomia ex lege 104/92 art.13 com.3 non svolge alcuna attività didattica disciplinare, ma di supporto e guida alla comunicazione.
Per alunni/studenti in situazione di cecità assoluta, di ipovisione grave o lieve la figura è l’educatore tiflologico, esperto in scienze tiflologiche di cui parleremo; oggi solitamente si fa riferimento, per i nostri alunni/studenti alla figura dell’assistente alla comunicazione.
La famiglia vive direttamente preoccupazioni e timori, per cui la domanda “Cosa faccia il docente in aula” deve poter essere esplicata sondando tutte le sfaccettature interne ed esterne al mondo della scuola, ma senza perdere mai di vista il significato didattico ed educativo che svolge il professionista quale docente.
Qualsiasi sia la ragione per cui un docente è in aula, quella dominante riguarda comunque la trasmissione dei saperi quali contenuti delle diverse discipline: italiano, storia, matematica, geografia, educazione motoria, musica; insomma, opera al fine di trasmettere contenuti mentali da sé al discente, da una testa ad un’altra.
Non li racconta semplicemente ma, adotta un metodo che chiamiamo “didattica”.
C’è differenza tra il docente disciplinare e quello per il sostegno?
Sostanzialmente no.
Entrambi trasmettono contenuti disciplinari da una persona ad un’altra, da loro al discente ma, evidentemente con metodologie differenti ovvero con didattiche afferenti, il primo alla disciplina, il secondo all’alunno o discente in situazione di disabilità.
Il docente di italiano avrà necessariamente una didattica attraverso cui impartire i contenuti disciplinari: per esempio la didattica che poggia sul criterio fono-sillabico/ortografico: didattica che si basa sulla sillaba in quanto facile da isolare. Generalmente consiste nell’associare ad ogni sillaba un simbolo figurativo.
O, il metodo globale: caratterizzato dall’enfatizzazione di una lettura il cui fine sia la comprensione del testo o parola letta.Il metodo presenta alcune difficoltà tra cui quella di un accesso diretto al lessico, tema su cui mi riservo di discuterne dettagliatamente in una sede dedicata specificatamente alla didattica della letto/scrittura.
Il docente per il sostegno dovrà applicare una didattica specifica che, nel rispetto di quella proposta dal docente disciplinare, afferente appunto alla materia di italiano per esempio, tenga conto delle criticità sensoriali e/o fisiche che di fatto impediscono all’alunno/studente di ricevere in modo paritario i medesimi contenuti trasmessi ai suoi compagni, con tempi però diversi e tecnologie appropriate alle sue stesse potenzialità.
Il docente per il sostegno dunque svolge attività didattica disciplinare, sì ma, con l’impiego di strumenti e/o tecnologie utilizzabili direttamente dall’alunno/studente per cui lo stesso, autonomamente poi sia nella condizione di gestire quanto appreso per potersi esercitare e mostrare così il proprio percorso di apprendimento ed essere valutato dall’insegnante per il sostegno e dai colleghi di materia.
Il momento della verifica, infatti, è assolutamente decisivo ai fini della valutazione degli apprendimenti che, nel caso di un alunno o studente cieco assoluto, ipovedente lieve o grave saranno resi manifesti agli occhi dei docenti attraverso metodologie e strumenti direttamente fruibili ed utilizzabili dall’alunno o studente in situazione di minorazione visiva, fosse anche solo la sua stessa voce o mani che scrivono utilizzando strumenti tecnologici appropriati, vedi la dattilo Braille o il pc munito di display Braille.
Sorge spontanea la domanda: chi educa l’alunno/studente alla conoscenza e all’uso degli strumenti e dei materiali affinché sia autonomo pari ai compagni?
Come detto sopra, Lo vedremo oltre.
Torniamo al docente per il sostegno di cui a questo punto sottolineiamo il termine “didattica”. Perché?
Semplice quanto essenziale, perché il docente per il sostegno è docente per il sostegno alla didattica specifica.
Sottolineare poi il ruolo del docente per il sostegno didattico rispetto al contesto classe è assolutamente necessario alla comprensione del concetto di “sistema didattico-educativo” nel quale opera, non solo il docente per il sostegno didattico, ma anche quello curricolare.
Le due figure si completano o e non si sostituiscono, come già scritto, rispetto alla specificità dei ruoli anzi, evitando ogni tipo di delega, i risultati migliori in termini di apprendimenti li raggiungono solo nella cooperazione e nell’esercizio della professione docente attraverso una sintesi didattica che rispetti e operi in funzione dei tempi e degli apprendimenti d’ogni singolo discente, compreso quello in situazione di minorazione sensoriale e/o con minorazione aggiuntiva.
Il docente dunque ha competenze didattiche sì, ma anche educative in quanto dev’essere competente nell’educazione dei sentimenti e delle emozioni, la letteratura per esempio è generalmente un modello di didattica nel senso che presenta sottoforma di poesia, racconti situazioni emozionali di diversa natura.
E così, il nostro docente di sostegno alla didattica, non ha solo il ruolo di trasmettere contenuti disciplinari, ma anche di educare il discente all’esercizio del sé in relazione al mondo con la conoscenza di questi.
Ecco, il discente deve poter costruire due mappe essenziali per la crescita e la sua maturità: quella cognitiva e quella emotiva.
Per quella cognitiva necessita di una didattica specifica, non speciale; un approccio metodologico rispettoso dei tempi e delle sue potenzialità; di una didattica pensata quasi su misura ma che lo lasci libero ed autonomo nella elaborazione dei contenuti trasmessi dal maestro, dal docente; la didattica, quando appropriata non condiziona ma consegna; attraverso l’insegnamento di contenuti specifici il discente acquisisce un sapere che, se sta percorrendo adeguatamente il proprio cammino di alunno/studente potrà diventare il bagaglio culturale da cui attingere per e in ogni occasione della vita.
Mentre la didattica non appropriata non consegna, ma segna e dunque condiziona il discente ad un “sentire del mondo” alterato rispetto alla realtà, relegandolo ai margini di un analfabetismo cognitivo ed emotivo.
Ecco perché il docente per il sostegno didattico, pari al docente di materia, deve possedere quella formazione utile per essere un buon insegnante.
Relativamente alla mappa emotiva, cioè per la costruzione della capacità di conoscere e gestire l’emozioni, l’insegnante deve agire sul ciò che del mondo noi cogliamo, sentiamo, ovviamente dopo averci guidati nella comprensione di ciò che il mondo è e di come e cosa conosciamo.
In sintesi, è l’insegnante a determinare il valore esecutivo o passivo di queste due dimensioni:
quella cognitiva: come e cosa conosciamo del mondo, il modo in cui conosciamo il mondo medesimo;
e quella emotiva: il modo in cui risuonano dentro di in noi gli eventi del mondo, quel che lo stesso mondo ci trasmette.
Non è sufficiente la mera trasmissione di un contenuto, ma la comprensione e l’effetto dello stesso in noi, nella mente e di quanto rimbalzi nel cuore.
L’insegnante curriculare, così pure quello per il sostegno didattico, hanno il ruolo di far conoscere l’emozioni e di guidare il discente nella gestione e differenza che tra l’una e l’altra passa nei diversi istanti della quotidianità.
Giunto ai dieci, undici anni un alunno è pronto ad assumere il ruolo di studente e di passare dunque alla scuola secondaria di primo grado.
Il sostegno didattico consegna nel tempo al discente la capacità di accogliere, elaborare e restituire contenuti disciplinari: la fisica, la matematica, la geometria piana e solida, l’esplorazione di cartine geografiche fisiche e politiche, la letteratura, le lingue straniere saranno contenuti filtrati attraverso un metodo, che egli stesso avrà acquisito e imparato a gestire, quello di saper intuire, cogliere, analizzare, disporre in sequenza logica,comprendere e di fare sintesi dei singoli concetti per sistemare nella propria mente le nuove conoscenze. Dunque non più un sostegno didattico, ma la capacità di applicare un metodo didattico, acquisito, per fruire di qualsiasi sapere.
Lo studente ben equipaggiato, in quanto possiede un sufficiente bagaglio di esperienze cognitive ed emotive, potrà superare ogni tipo di sfida, sia disciplinare, didattica che emotiva.
Diversamente non sarà in grado né di scegliere e né di discriminare un tipo d’azione da un’altra.
Non saprà emozionarsi perché non riconoscerà le emozioni, perché nessuno lo ha mai saputo o voluto guidare nella costruzione della mappa emotiva.
L’insegnante è colui il quale incide l’animo del discente; colui che segna il nostro cammino, lo segna nel bene e nel male.
Ogni animo ha avuto almeno un maestro che lo abbia forgiato alle conoscenze del mondo e delle leggi che lo governano come per esempio, quello di causa-effetto, di non contraddizione.