Commissione NAL – Programmatrici e programmatori, dove siete?, di Valter Calò

Autore: Valter Calò

Nel 1979, grazie ad una fortunata collaborazione dell’Istituto Cavazza di Bologna, ASPI e IBM, ha avuto inizio una nuova ed interessante esperienza nell’ambito della formazione professionale per la preparazione dei programmatori elettronici non vedenti ed il loro inserimento nel mondo del lavoro. Purtroppo il programmatore è una nostra attività lavorativa che sta scomparendo. Proprio così, e non stiamo parlando dell’ombrellaio che tirava il carretto e passava via dopo via ad aggiustare gli ombrelli o dell’arrotino, professioni sono scomparse già da parecchi anni! A scomparire in un mondo informatizzato e accelerato da tecnologie basate su programmi, è la professione del programmatore svolta ottimamente dai disabili visivi.
Inizia il tutto con l’impegno di due ragazzi del Cavazza, che in diversi anni hanno formato circa 200 giovani, quasi tutti indirizzati verso questa splendida professione. Alcuni di loro hanno fatto anche strada collocandosi in posizioni dirigenziali.
Chi erano i due ragazzi? Mario Barbuto, attuale Presidente Nazionale UICI e Salvatore Romano direttore generale Nazionale UICI, certo che ne hanno fatta di strada… Bravi ragazzi!!!
Durante un simposio a Verona, organizzato da Roberta Mancini, sono stato invitato a relazionare sulle nuove attività che la mia Commissione NAL sta elaborando e proponendo. Alla fine del mio intervento si è aperto un dibattito con il pubblico ed ecco che chiede la parola Giovanna Perbellini che mi chiede come mai il Programmatore non venga più proposto come lavoro per disabili visivi.
Inizia così un lungo colloquio tra me e Giovanna alla fine del quale le propongo una intervista.
E così pronti via, mettetevi comodi e troverete tante risposte e idee.
L’intervista è stata fatta telefonicamente.

Pronto Giovanna, hai tempo per rispondere ad un po’ di domande?
Sono le 17:30 e Giovanna è appena tornata dal lavoro. Si mette comoda e accetta molto volentieri di fare quattro chiacchiere con noi.
Giovanna Perbellini di Verona, per chi la vuole contattare la trovate su FB.
buona lettura
Valter

V: Buon giorno Giovanna, iniziamo subito a conoscerti, raccontaci brevemente la tua carriera lavorativa come programmatrice e il tuo percorso di studio.
G: Io sono ipovedente, già dai primi anni di vita. Quando è arrivato il momento di iniziare la scuola, mio padre non volle mandarmi in un istituto per disabili visivi, cosi mi iscrisse alla scuola pubblica. Anni fa non c’erano insegnanti di sostegno e gli ausili che ci sono adesso, perciò devo ammettere che ebbi parecchie difficoltà. Alle elementari devo ringraziare la maestra, persona eccezionale, che mi seguì in tutto il mio primo percorso formativo e le amiche che mi aiutarono.
Alle scuole medie ebbi ancora più difficoltà, non c’erano gli ausili di oggi come sintesi vocali e ingranditori, usavo una lente di ingrandimento per i testi più piccoli che mi aiutava abbastanza, ma era macchinoso e la lettura non sempre facile per le distorsioni della lente stessa. Uguali problemi li ho riscontrati alle superiori, devo dire che non conoscevo l’ UICI, forse, proprio per questo motivo, le difficoltà furono maggiori!
Mi sono diplomata con la maturità magistrale e subito dopo ho conosciuto il Presidente UICI di allora Luigi Gelmini, che mi ha consigliata e indirizzata ad iscrivermi al corso di Programmatrice. Ho subito approfondito questa opportunità, ma purtroppo sono arrivata tardi, le iscrizioni al corso erano chiuse. Dovevo aspettare un anno per il nuovo corso e allora Gelmini, mi consigliò un corso per centralinisti a Brescia.
Il corso era fatto molto bene e per questo è risultato facile e interessante, tra l’altro imparai il Braille.
A fine corso sostenni l’esame di abilitazione a Roma, per poter essere inserita nell’Albo dei Centralinisti. Passato l’anno, andai al Cavazza per poter accedere al corso per diventare Programmatrice, feci e superai
il test di ammissione.
V: Come ti sei trovata a Bologna? Parlaci del corso Programmatori
G: Il corso aveva la durata di un anno scolastico, quindi lungo e molto impegnativo. Gli insegnanti veramente molto bravi e disponibili, tutto il materiale didattico, come dispense in nero e braille preparate dagli assistenti ASPHI, Hardware e Software fornito da IBM. Mi sono dovuta impegnare molto durante tutto l’anno anche perché erano tutte materie nuove. Alla fine del corso abbiamo sostenuto un esame finale e ci è stato rilasciato un attestato. Il corso è stato organizzato e gestito molto bene e parecchie grandi società guardavano allo sviluppo del progetto e apprendimento degli studenti con molto interesse. Società come IBM, Cassa di Risparmio, Assicurazioni, Istituti di Credito, Montedison, Alfa Romeo e altri. A chiusura corso fu organizzata una cena con i corsisti, gli insegnanti, gli organizzatori e gli sponsor, già in questa occasione ci furono i primi contatti per possibili assunzioni.
V: Il tuo primo lavoro come programmatrice quale è stato, ma soprattutto raccontaci i primi giorni di lavoro e come ti sei trovata.
G: Sono stata contattata subito da un rappresentante della Cassa di Risparmio che mi ha invitata ad un colloquio, e questo è stato il mio primo lavoro. All’inizio tutto molto difficile, ho riscontrato molta differenza tra l’ambiente scolastico e quello lavorativo, devo anche dire che il corso mi ha aiutato tantissimo, per fortuna e sono stata inserita in un ottimo ambiente di lavoro, dove tutti i colleghi mi hanno aiutata. Lo standard lavorativo e organizzativo era molto diverso, ma avevo buone basi e mi sono solo dovuta adeguare.
V: Adesso sei in Unicredit che ha inglobato la Cassa di Risparmio, insomma da un Istituto di Credito a rilevanza locale sei passata ad un gruppo internazionale, raccontaci un po’ l’evoluzione del tuo lavoro.
G: Come dici tu eravamo un’impresa a carattere locale, cosi i programmi e le procedure le facevamo noi. Una volta assorbiti da Unicredit ci siamo dovuti adeguare ai loro standard lavorativi e quindi per tutti è iniziato un periodo di transizione e chi conosceva bene l’inglese è stato avviato a gestioni internazionali delle problematiche di nostra competenza, infatti in quel periodo Unicredit ha iniziato fortemente ad espandersi in Germania, Austria e Repubblica Ceca, per poi entrare anche nel mercato Russo.
V: Giovanna fammi capire bene, hai iniziato come programmatrice e poi…come si è sviluppato il tuo lavoro?
G: Non è stato facile ma da programmatori interni alla Cassa di Risparmio abbiamo dovuto iniziare a collaborare con le società esterne che si occupavano di software, cosi chiamate software house, Successivamente quando queste società sviluppavano progetti per conto del nostro business, noi programmatori siamo stati posizionati come filtro tra i Call Center e la Software house, il primo è un back office che filtra le chiamate e risolve i primi problemi, poi interveniamo noi. Le nostre competenze sono diventate quelle di risolvere le problematiche dei clienti finali o filiali e agenzie di Unicredit, intervenendo sui software e segnalando eventuali disservizi o malfunzionamenti, specialmente sui nuovi sistemi operativi, non solo in Italia ma anche all’estero, quindi è diventato più un lavoro di assistenza e manutenzione del software.
V: ok, sei stata chiara, ma fammi un esempio concreto
G: Come dicevo, la maggior parte dei problemi nasce con i nuovi pacchetti di software e ci possono essere dei problemi di diversa natura, noi li esaminiamo e li segnaliamo a chi li ha prodotti, affinchè vengano corretti, oppure spesso succede che vengono commessi degli errori, per una non completa conoscenza del prodotto, da parte dei colleghi di filiale che inviano dei tickets e noi dobbiamo controllare le procedure e correggere le anomalie o indicare ai colleghi la giusta operatività.
V: La professione di programmatore tra i disabili visivi la riproporresti?
G: Assolutamente Si, si può riproporre, Anche in una software house, all’interno del nostro ambiente ci possono essere possibilità come: Gestore delle procedure, nelle Architetture di progetti o analista funzionale che è un esperto che analizza come deve essere sviluppato un progetto. Per questo compito però credo sia più facile per un ipovedente: confesso da ipovedente la mia ignoranza nel gestire una sintesi vocale o la barra braille, quindi non saprei dare un parere veritiero sulle difficoltà di un non vedente a ricoprire queste mansioni
V: Giovanna, secondo te è possibile fare carriera nella tua professione?
G: Direi proprio di si, infatti una mia collega ipovedente è diventata responsabile di architettura di progetti con 15 collaboratori che coordina senza problemi, anche lei aveva fatto il corso al Cavazza di Bologna.
V: Per la formazione di un nostro giovane, cosa consiglieresti di studiare?
G: Difficile parlare per gli altri, sono scelte molto soggettive, poi come ho detto sopra io potrei parlare solo per gli ipovedenti, in quanto non conosco e non utilizzo sintesi vocali o barre Braille. Sicuramente un ipovedente se è interessato all’informatica può avere possibilità di lavoro, cosi anche un non vedente, ma in entrambi i casi devono essere molto determinati, sia durante gli studi, sia nella ricerca di un lavoro.
V: Va bene, però non vorrei creare troppe aspettative, in quanto tu hai fatto un corso sostenuto e ideato dal Cavazza, come sai il mondo del lavoro è molto difficile e ci sono parecchi pregiudizi, ma ti chiedo come si potrebbe inquadrare al giorno d’oggi un disabile visivo con una specializzazione come la tua?
G: Valter, credo che ci possa essere ancora questa possibilità come programmatore, magari di linguaggio tipo il java o una figura come centralinista avanzato con padronanza di lingue e di una materia, potrebbe essere una prospettiva possibile, anche in altri settori, ad esempio: Il nuovo progetto di Unicredit, ha trasformato disabili visivi centralinisti in addetti back office di primo livello per il Recupero Crediti. Si tratta non solo di rispondere o chiamare i clienti al telefono, ma interagiscono direttamente con il cliente, trovando soluzioni, credo che questa sia una opportunità interessante di impiego in diversi settori lavorativi. Non dimentichiamoci che i ragazzi di oggi sono nati digitali ed interagiscono tranquillamente con parecchi dispositivi diventati accessibili. Bisogna essere disponibili a cambiare, ad imparare ad usare nuovi prodotti, ad essere flessibili altrimenti si rimare fuori e poi si rischia di essere messi da parte! Questa tipologia di lavoro alcune volte è molto stressante, ma da anche parecchie soddisfazioni in quanto si lavora alla pari di persone che ci vedono benissimo, quindi psicologicamente ti senti inclusa a tutti gli effetti, senza dimenticare che questo è uno dei modi migliori per farci conoscere e la conoscenza abbatte i pregiudizi.
V: Se tu fossi al posto mio come coordinatore di una Commissione Nazionale per le nuove attività lavorative, che suggerimenti daresti ad un giovane?
G: Fammi pensare, beh credo che tutti i lavori legati all’ascolto debbano essere presi in considerazione, come traduttori oppure call center professionali, in ogni caso penso sia importantissimo per i giovani studiare una seconda lingua e chiaramente metterei l’inglese come priorità e tutte le altre come terze lingue. Personalmente conosco una persona che ha aperto partita IVA e da casa fa traduzioni, se posso consiglierei ai giovani di specializzarsi in un settore specifico per le traduzioni, come ad esempio il settore farmaceutico o alimentare e altri. Questo è un lavoro che un disabile visivo può tranquillamente fare.
V: Puoi raccontarci i due momenti della tua vita, il più bello e il più brutto?
G: Il momento più bello è stato il mio matrimonio, un po’ la realizzazione di un sogno che ricorreva in me fin da bimba, ma metto sullo stesso livello la nascita dei miei due figli, Elisa e Simone. Un altro bellissimo momento è stato quando mi hanno assunta alla Cassa di Risparmio come programmatrice, una immensa felicità poter coronare anni di studio e finalizzare gli obiettivi, pensa che è stato il mio primo e ultimo lavoro, non ho mai cambiato! Tra i momenti brutti della mia vita, sicuramente quando avevo 14 anni ed è morto mio papà, è stata una grande mancanza non averlo vicino in tanti momenti difficili e belli della mia vita. Un altro momento molto brutto è stato quando mia figlia si è ammalata di tumore, aveva solo 6 anni, credo di aver passato giorni e notti molto difficili, dove veramente non sai cosa pensare ma sia io che Elisa abbiamo trovato una grande forza interiore per combattere questa battaglia. Dalla malattia mia figlia è guarita fortunatamente e questa esperienza vissuta insieme ci ha unito tantissimo.
V: Come vivi la tua disabilità visiva?
G: Valter ti confesso, in questi anni molto bene, ho avuto problemi quando ero giovane, oltre che con la scuola come ho detto prima, chiaramente i problemi più difficili allora, sono stati con i ragazzi, avevo difficoltà di interpormi e di identificarmi con me stessa, insomma credo i soliti problemi delle diciottenni. Poi questo periodo è passato e chiaramente era accentuato dalla mia ipovisione. La mobilità mi dà un po’ di problemi la sera o in determinate situazioni di luce, diversamente mi muovo ancora autonomamente, non uso il bastone bianco, anche se alcune volte mi sarebbe molto utile per essere identificata dagli altri, come biciclette e auto elettriche o persone distratte.
V: Giovanna in cucina, so che sei una brava cuoca. Se mi invitassi a cena cosa prepareresti?
G: Il mio piatto forte sono le lasagne al forno o il risotto con il tastasal che è un piatto tipico Veronese, che non ti spiego, ma devi venire a casa mia a provarlo, poi spezzatino e polenta, per finire ti preparo una torta di mele.
V: Giovanna dimmi, hai difficoltà in cucina?
G: In genere no, solo quando ci sono ricette scritte molto piccole devo usare la lente di ingrandimento o chiedere aiuto ad altri, oppure se devo pesare gli ingredienti, un particolare che mi fa sorridere è che mi scotto quasi tutti i giorni.
V: invece di programmatrice, che lavoro ti sarebbe piaciuto fare?
G: Fossi stata vedente, mi sarebbe piaciuto fare la hostess in una compagnia aerea, mi piace moltissimo viaggiare, come ipovedente sono felicissima del mio lavoro dovessi trovarne uno alternativo sarebbe bello lavorare in una agenzia di viaggi, magari dedicata a persone con disabilità.
V: trovi la lampada di Aladino, eccola qua, esprimi tre desideri.
G: Il primo, girare il mondo.
Il secondo, la felicità dei miei figli.
Il terzo, realizzare alcuni sogni che ho nel cassetto, chiaramente non li dico.
V: Giovanna ti ringrazio per questa piacevole chiacchierata, sei una persona fantastica, spero tanto che i tuoi desideri si realizzino tutti.
G: Grazie Valter è stato bello e piacevole parlare con te, ma posso farti nuovamente una domanda alla quale non hai risposto?
V: Certo Giovanna, ma veramente non ricordo a cosa ti riferisci?
G: Su su dai, non fare finta di niente.. allora, quando vieni a mangiare a casa mia?

Un saluto a tutti da Giovanna e Valter.

Foto di Giovanna davanti al computer

Foto di Giovanna davanti al computer

COOP un’idea, un sogno, un progetto molto interessante!, di Valter Calò

Commissione Nazionale NAL (nuove attività lavorative) UICI Coordinatore dott. Valter Calò

 

Subito sotto, una bozza progettuale riguardante la proposta di una cooperativa sociale molto interessante. Prima permettetemi però di raccontarvi un incontro chiave per il suo sviluppo tra UICI e Politica.

Brunico, sabato 3 febbraio. Partenza ore 6:30, destinazione Treviso. Mi accompagna sulla sua Jeep il Vicesindaco di Brunico Renato Stancher. Con lui avevo già discusso del progetto che sotto vi illustrerò, per avere più consigli preziosi sulla sua fattibilità.
Passiamo Dobbiaco e inizia a nevicare; saliamo sul Passo Montecroce e la neve si fa sempre più fitta, il paesaggio è fiabesco, la coltre nevosa abbraccia nel suo bianco splendore ogni cosa.
Scendiamo lentamente verso Cortina, la neve non smette, non possiamo fermarci e così proseguiamo avanti tutta: abbiamo un appuntamento importantissimo a Treviso con il Presidente del Consiglio Comunale Dott. Franco Rosi e con il Vicesindaco Dott. Roberto Grigoletto. All’incontro sarà presente anche Nicolina Ceppaglia, in rappresentanza di un gruppo di lavoro con il quale da diversi mesi stiamo progettando e studiando la possibilità di aprire una cooperativa sociale assolutamente innovativa, e da prendere in considerazione per lo sviluppo e la ricerca di nuove opportunità occupazionali nel difficile mercato del lavoro.
Ci lasciamo le Dolomiti alle spalle, la neve si trasforma in pioggia e arriviamo verso le 10:00 a Treviso. Siamo in anticipo, ma abbiamo preferito darci un ampio margine di tempo per questo incontro. Parcheggiamo e cerchiamo un bar per un caffè. Pioggia e vento ci accompagnano sotto i portici di questa splendida città; mentre camminiamo telefono a Nicolina, che è molto nervosa ma pronta ad incontrarci. Infila un cappotto e assieme a Terry, la sua accompagnatrice, ci raggiunge per conoscermi. Fino ad oggi, l’avevo sentita solo telefonicamente. Nicolina, energia pura, di origine sarda ma che di sardo non ha nulla, nemmeno l’accento e risplende con la sua chioma bionda.
Sono le 10:50, si avvicina il momento. Ci incamminiamo verso Ca’ Sugana, la sede del comune; all’entrata ci accoglie il Presidente Rosi e con lui saliamo ai piani nobili. Ca’ Sugana, un bellissimo palazzo storico nel centro di Treviso che, a giudicare dal logorio delle scale, molto signorili, avrà almeno 200 anni. Salendo, penso chissà quanti personaggi famosi saranno saliti e scesi, mentre l’eco dei nostri passi ci accompagna al primo piano.
Ore 11:00 in punto, ci riceve nel suo ufficio il Vicesindaco Grigoletto e dopo i primi saluti e convenevoli ci mettiamo subito al lavoro. Illustro il progetto che potete leggere sotto: si tratta di una bozza ancora in fase di sviluppo, un documento che in poco spazio riassume brevemente e chiaramente l’anima del progetto. I convenuti all’incontro avevano potuto leggerla anticipatamente e avevano fin da subito manifestato grande interesse e volontà di approfondire l’argomento.
Al Presidente Rosi e al Vicesindaco Grigoletto spiego subito che UICI ha la volontà di sviluppare e incentivare cooperative di lavoro per includere e aumentare questa tipologia di occupazione. L’incentivo non è solo a parole, ma esiste un finanziamento di “buon inizio”, che è stato illustrato nel comunicato UICI n. 124 dal Presidente Nazionale Mario Barbuto. L’Onlus Nazionale si adopera per incentivare lo spirito imprenditoriale e promuovere il successo di queste cooperative, che dovranno essere autonome e sostenersi economicamente, sviluppando nel contempo un senso di inclusione lavorativa vera.
Continuo ad illustrare la struttura e l’organizzazione della cooperativa, che dai quattro componenti e ideatori del progetto potrà essere allargata anche a un gruppo più numeroso e diventare così una realtà più grande e articolata. Spiego che per abbattere i costi è prevista inizialmente l’inclusione di soli soci lavoratori e che il loro reddito sarà dipendente dai dividendi, in percentuale al lavoro svolto. Potranno essere incluse nel progetto anche altre figure in difficoltà come disabili psichici, per esempio autistici lievi. Su questa tematica, interviene il Vicesindaco Stancher, che illustra alcune realtà presenti nel suo Comune, ossia due locali gestiti da disabili psichici, sottolineando il successo di queste iniziative, sia da un punto di vista di inclusione che di bilancio di attività. Intervengo specificando che nelle mie progettualità viene sempre ricercato il pareggio di bilancio in un paio di anni e viene perseguita la soluzione commerciale ottimale al fine di abbassare i costi pubblici e aumentare l’inclusione sociale.
Assieme al gruppo di lavoro abbiamo stilato anche il progetto di fattibilità. Le due voci che potrebbero rendere vano il lavoro fatto fino ad oggi sono rappresentate dal costo del lavoro e dal sito dove svolgere il progetto. Per quanto riguarda il primo punto, abbiamo ovviato al problema prevedendo una riduzione del costo del lavoro, vincolandolo ai dividendi della cooperativa; il secondo punto, ovvero il sito dove sviluppare le attività, rappresenta forse il problema più spinoso, in quanto incide fortemente non solo dal punto di vista economico, ma anche sulla realizzazione stessa del progetto.
Il silenzio mi accompagna durante la mia esposizione. Ogni tanto penso di essere solo dentro la stanza e che le mie parole scorrano vane tra le pareti di quello splendido palazzo. Successivamente, durante il viaggio di ritorno, ripensando a quel silenzio, mi confronto con Renato: mi rassicura che sia il Presidente che il Vicesindaco erano stati molto attenti e avevano continuato a prendere appunti, annuendo in diversi miei passaggi. C’è sempre da imparare: questa situazione mi ha fatto riflettere sul mio modo di interloquire, spesso interrompendo i relatori. Come diceva Pavarotti «a volte il silenzio è la miglior musica».
Finisco la mia presentazione, sottolineando il fatto che una cooperativa di questo genere avrebbe anche l’importante compito di sensibilizzare la cittadinanza verso il nostro mondo. Passo la parola a Nicolina, che illumina la sala con il suo entusiasmo e la sua voglia di fare: veramente la persona giusta al posto giusto. Con i suoi interventi trasmette a tutti la sua voglia di finalizzare e proseguire nello sviluppo di questa idea. Subito dopo inizia la discussione; domande e risposte si susseguono, intervengono tutti: l’elemento che potrebbe accendere o spegnere gli entusiasmi è la seconda voce menzionata sopra.
Presentato l’alto valore sociale del progetto, la cooperativa necessita di un sostegno attivo dell’amministrazione di Treviso. Chiediamo un sito per poter iniziare questa attività, ricercando tra le proprietà immobiliari dell’ente locale o demaniale. Nicolina interrompe e osa; chiede in concessione e una rinomata villa veneta, Villa Margherita, di proprietà del Comune di Treviso. Silenzio assoluto. Rosi prende la parola: «cara signora, quella che chiede è una villa che da anni stiamo cercando, per altro senza riuscirci, di collocare. Sono duemila metri di superficie e un parco enorme». Nicolina ribadisce: «sì sì è bellissima». Intervengo abbassando l’asticella e chiarendo che soltanto le spese di riscaldamento di un immobile così grande manderebbero subito la cooperativa economicamente in rosso. Il sito è importantissimo e deve essere valutato attentamente, sia per la posizione, sia per la sua grandezza; non deve essere a margine della vita cittadina, ma facilmente fruibile. Tanto per iniziare, si conviene che la metratura iniziale dovrebbe essere di circa 150/200 mq, poi si vedrà. Si apre un lungo dibattito tra Rosi e Grigoletto alla ricerca di possibili opzioni. Sento che il progetto piace, percepisco la volontà di proseguire e approfondire il dialogo tra UICI e l’amministrazione pubblica di Treviso.
L’incontro, della durata di circa ottanta minuti, si conclude con delle idee interessanti. Rosi, dopo aver analizzato diverse possibilità, propone come soluzione un «appello di interesse alla cittadinanza».
Mi siedo bene sulla sedia e chiedo lumi. Mi spiegano che è un iter già consolidato: l’amministrazione apre un dialogo interno tra i diversi componenti, la giunta e il consiglio comunale, dopo di che il progetto viene presentato alla cittadinanza, alle associazioni e alle fondazioni sensibili al tema, per trovare una soluzione appropriata. Verranno coinvolti diversi centri culturali e associazioni, oltre che partner commerciali e industriali che hanno a cuore la città di Treviso. Pensiamo, ripensiamo e valutiamo. Bellissimo, insomma una sorta di democrazia a partecipazione diretta e in questo caso direzionata verso soggetti sensibili. Sono molto sollevato ed elettrizzato dalla proposta di Rosi, in quanto mi spiega le ottime potenzialità immediate di questo strumento in termini pubblicizzazione e sensibilizzazione della cittadinanza e dell’amministrazione.
Il tavolo di confronto e discussione del progetto è stato molto ristretto. Questa era una mia precisa volontà sia verso il gruppo di lavoro che verso altri rappresentanti o colleghi dell’UICI, per non trasformare l’incontro in dibattito, ma per l’unica finalità di concretizzare e stabilizzare un lungo lavoro di mesi di riunioni e analisi. Alla fine dell’incontro ho chiesto infatti una calendarizzazione sul prosieguo di questa nuova cooperazione tra UICI e Comune di Treviso. In comune accordo Rosi e Grigoletto hanno stabilito che ci vorrà circa un mese per avere le prime risposte.
Il Presidente UICI di Treviso, Massimo Vettoretti, era stato da me informato. Con lui ci confronteremo e svilupperemo insieme questo progetto, nato da alcuni soci UICI che, attenti ai comunicati, avevano letto con interesse la nostra presentazione sul mondo delle cooperative. (comunicato UICI n. 124/2017)
Scusatemi per questa lunga presentazione, ma ho voluto farvi partecipi di una giornata dedicata a tutti noi.
Attenzione! Leggete con calma la bozza progettuale sotto riportata. La ritengo una splendida idea e le buone idee vanno obbligatoriamente copiate.

Buona lettura.

Valter

BOZZA PROGETTUALE
Cooperativa sociale L’Aedo

Il progetto mira alla creazione di una cooperativa sociale, fondata e gestita da una quota di soci con disabilità visiva. La Mission dei membri fondatori vuole perseguire l’obiettivo di creare un centro di aggregazione culturale nella città di Treviso, che sia un punto di riferimento non solo per la comunità dei disabili visivi, ma anche per la vita sociale della città, che ha sempre dimostrato di essere molto sensibile allo sviluppo delle arti, della musica e della cultura tout court.
Indirettamente si potrà così raggiungere facilmente altri obiettivi sociali, come inclusione e sensibilizzazione.

Le attività
Attività
Descrizione
Programmazione
Organizzazione di eventi ad alto contenuto artistico-culturale
Coinvolgimento di realtà emergenti, giovani ensamble, talenti provenienti dai conservatori o da altre realtà di formazione.
Attenzione all’inserimento e alla valorizzazione di musicisti non vedenti o ipovedenti.
– Un aperitivo in musica a settimana;
– Un evento di musica da camera, jazzistica o altro con cadenza mensile;
– Lezioni-concerto con cadenza da programmare.
Gestione di un caffè multiculturale
Il caffè rappresenta il nucleo centrale della nostra attività, centro di aggregazione, confronto e scambio multiculturale.
Spazio per la realizzazione degli eventi musicali e sede fissa di uno spazio espositivo per la promozione di artisti contemporanei.
Non vedenti e ipovedenti verranno accompagnati alla scoperta delle opere d’arte attraverso specifici percorsi tattili ideati in collaborazione con gli artisti stessi.
– Vernissage alla presenza degli artisti;
– Concorsi artistici a tema;
– Percorsi didattici e workshop per promuovere l’arte, l’archeologia, la musica, lo sport ecc.
Consulenze per i beni culturali

Ricerche documentarie e archivistiche con lo scopo di analizzare e approfondire temi di interesse culturale, storico e artistico (Archivio di Treviso, Archivio di Stato di Venezia, Archivi religiosi, biblioteche ecc.).

Monitoraggio di bandi pubblici e ricerca di collaborazioni esterne.

Redazione di testi a carattere culturale: grazie all’esperienza maturata nella redazione di articoli, testi, brochure informative e materiali didattici, i soci mettono a disposizione le loro competenze specifiche per la stesura di testi a carattere culturale, sia di natura scientifica che divulgativa.

Si prevede la possibilità di includere personale con disabilità psichica, che sarà coinvolto nelle nostre attività in un programma da condividere con associazioni per l’inserimento sociale.
Per la realizzazione delle nostre attività, stiamo cercando di individuare uno spazio di prestigio e di facile accessibilità, possibilmente nel centro cittadino, e in grado di accogliere le nostre iniziative. È inoltre importante la presenza di almeno un ufficio operativo per le attività di gestione e di amministrazione della cooperativa (circa 200mq di superficie commerciale complessivi).
La cooperativa parte con i membri fondatori, ma non esclude il coinvolgimento di altri soci sia con che senza disabilità, nel rispetto del quadro normativo vigente.
I soci fondatori prevedono un pareggio del bilancio societario in tre anni dalla sua costituzione; visto l’alto profilo sociale e culturale, chiedono all’Amministrazione Pubblica alcune agevolazioni e un sostegno o un contributo economico per l’avvio di questa attività.
Membri fondatori
Ceppaglia Nicolina, nata il 08/08/1965 a Carbonia, cieca civile dal 2015. Trent’anni di esperienza lavorativa nella ristorazione e nei servizi.
Causin Alessandro, nato il 30/06/1987, cieco civile dalla nascita. Chitarrista e appassionato di musica classica; campione mondiale di arrampicata per disabili.
Carboni Fabio, nato il 09/04/1986 a Carbonia, dottore in Conservazione dei beni culturali. Esperienze lavorative nei servizi e nel commercio.
Pancot Chiara, nata il 07/12/1990 a Treviso, dottoressa in Filosofia, e in Economia e Management delle arti e delle attività culturali. Esperienza nel mercato dell’arte, nella ricerca universitaria e archivistica.

 

Commissione Nal – Verbale della riunione, 29 maggio: “Periti fonici e trascrittori forensi”

Commissione NAL nuove attività lavorative
Coordinatore dott. Valter Calò

OGGETTO: cooperativa periti fonici e trascrittori forensi.

Il giorno 29, del mese di maggio, dell’anno 2017, in audio conferenza alle ore 10, si è riunito il gruppo di lavoro dell’UICI per lo studio di fattibilità e la costituzione di una cooperativa di periti fonici e trascrittori in ambito forense.

Presenti:
dott. Valter Calò, coordinatore della Commissione Nuove Attività Lavorative dell’UICI e moderatore dell’incontro
avv. Stefano Tortini, vicepresidente UICI
Eugenio Saltarel, componente uff. di Presidenza e coordinatore commissioni UICI
avv. Franco Giangualano I.RI.FO.R.
prof. Luciano Romito, docente di linguistica generale e fonetica forense presso l’università della Calabria e responsabile del gruppo di fonetica forense all’interno dell’AISV (Associazione Italiana di Scienze della Voce)
dott. Emanuele Cervo, manager
dott.ssa Chiara Tirelli, vicepresidente I.RI.FO.R. dell’Emilia-Romagna e corsista perito fonico e trascrittore anno accademico 2009/2010
dott. Marco Pronello, membro della Commissione Nuove Attività Lavorative UICI e corsista perito fonico e trascrittore forense anno accademico 2009/2010.

Dopo i saluti e i ringraziamenti ai convenuti e in particolare al prof. Romito da parte del dott. Calò e dei componenti la Direzione Nazionale, si dà inizio alla prima sessione dei lavori.

.1 Calò sintetizza i motivi per cui la Commissione NAL ha preso in carico l’analisi approfondita di questa figura professionale. Si è appurato che l’inquadramento del perito fonico non è chiaro, al di fuori di alcuni albi regionali, Toscana e Basilicata, inoltre ai più erano sconosciute le mansioni di tale figura professionale.
Uno studio della commissione NAL ha infatti evidenziato che non esiste una normativa che regoli e riconosca questa professione a livello nazionale.
Calò evidenzia che sono state svolte analisi specifiche sullo stato dell’arte dei software utilizzati per il trattamento dei segnali audio e sono emerse alcune criticità riguardanti la piena accessibilità ai lettori di schermo. Il che fa sì che il lavoro del perito fonico non sia al momento esercitabile in totale autonomia da parte di un disabile visivo, che può però tranquillamente essere affiancato da un ausiliario esperto nel trattamento dei grafici d’onda.
Facendo comunque tesoro dell’esperienza positiva di Marco Pronello, che ha frequentato il corso per periti fonici e trascrittori organizzato dall’I.RI.FO.R. e dall’università della Calabria nell’anno accademico 2009/2010 e che sta proficuamente lavorando, si è pensato di ricontattare tutti i corsisti per parlare dell’eventualità di costituire una cooperativa.
È intervenuta a tale proposito la Direzione Nazionale nella persona di Eugenio Saltarel, che ha premiato il lavoro svolto fino ad oggi dalla Commissione NAL e ci ha sollecitato a proseguire verso il raggiungimento dell’obiettivo. In aprile, a Bologna, si è svolta la prima riunione del gruppo di lavoro, presenti il Presidente Nazionale UICI dott. Barbuto, il Vicepresidente dott. Tortini, il coordinatore Commissioni dott. Saltarel e il vicepresidente IRiFoR Vita, oltre al manager dott. Cervo e il coordinatore Commissione NAL dott. Calò.
La finalità era presentare e analizzare la fattibilità del progetto: ci sono sette persone interessate, tra i corsisti del 2009. Quella riunione aveva evidenziato delle criticità che sono state annotate e approfondite, ma soprattutto sono state trovate delle risposte positive.

.2 Intervento del professor Romito .
Il Professore credeva fermamente nella possibilità di successo del progetto già all’epoca dello svolgimento del primo corso, in quanto la trascrizione forense sembra cucita su misura sulle abilità tipiche dei minorati visivi; il fatto di non poter utilizzare la vista nel caso è una risorsa, infatti negli ipovedenti e non vedenti sono stimolate altre percezioni che permettono di ascoltare in maniera più globale e raffinata, percependo le sfumature ambientali e di linguaggio.
I Periti fonici trascrittori in Italia non hanno un percorso formativo chiaro e definito; con il corso del 2009 (tenutosi dal Prof. Romito), si sono definite le competenze necessarie per poter esercitare tale professione che fino a quella data non era in alcun modo regolata ed organizzata.
Il professor Romito ha evidenziato alcune lacune riscontrate nel 2009, alle quali è necessario porre rimedio: una lacuna fondamentale è la conoscenza dei dialetti Regionali e le loro sfumature locali, specialmente del sud Italia, in quanto la maggior parte delle intercettazioni riguardano la criminalità organizzata particolarmente radicata nel nostro mezzogiorno, ma non solo . A tal fine è necessario creare una rete di persone su tutto il territorio Nazionale che interpretino correttamente i file audio delle intercettazioni, le quali si affiancheranno al perito fonico trascrittore. Il prof. Romito, ha precisato che attualmente c’è carenza di profili da impiegare sia nello trascrivere che nel peritare, perché pochi in proporzione sono i periti con competenze specifiche nella comprensione dei dialetti meridionali. La soluzione sarebbe l’affiancamento a questi periti di persone con competenze di interpretazione dialettofona, anche non periti, per fare la prima traduzione.
Di albi in Italia non se ne fanno più, ma conviene avere una qualche certificazione. Quello che Romito sta cercando di ottenere è che siano le associazioni scientifiche, non a creare un albo, ma a riconoscere e certificare le persone con particolari competenze. Come coordinatore nazionale del Gruppo di Fonetica Forense (GFF) sta promuovendo in seno al gruppo un comitato scientifico in cui una persona dell’UICI o, meglio, della futura cooperativa dovrebbe entrare per farsi latore delle esigenze dei periti non vedenti. Il GFF crea una rete sul territorio per trovare esperti dialettofoni e linguistici per tradurre parti di intercettazioni che il perito non parlante quel dialetto non comprende.
La rete va fatta sul territorio, quindi nel GFF dovrebbe esserci un rappresentante di area che coordina le competenze sul suo territorio e a questo referente saranno comunicate le necessità per trovare le competenze in sede.
Il ruolo della persona che viene ricercata può essere o di collaboratore del perito, oppure di esperto linguistico. In questo ultimo caso, la Cassazione sta dando degli incarichi collegiali, cioè nomina un perito e gli affianca contestualmente la figura dell’esperto linguistico.
Calò chiede al professore se questa figura di esperto di dialetti e collaboratore dei periti, sfruttando la nostra presenza su tutto il territorio Nazionale, potremmo occuparla noi.
Il professore è convinto che noi non vedenti e ipovedenti potremmo costituire questa rete in tutta Italia, ottimo sarebbe che queste persone fossero periti fonici e trascrittori, ma non necessariamente lo devono essere.
La commissione NAL si incaricherà di ricercare tra i nostri soci queste persone, in modo da istituire una rete su tutto il territorio Nazionale che collabori con i nostri periti.
In questa rete futura non ci sarà un albo, ma sarà il GFF che controllerà; fondamentale che sia presente un nostro rappresentante in seno al GFF.

.3 intervento dei partecipanti alla riunione:
Tortini ha apprezzato molto l’intervento di Romito. Occorre lavorare parecchio per costruire i presupposti per concretizzare questo progetto. Bisogna far comprendere a questo sistema la necessità di lavorare con una rete che ha cognizione di causa. Il problema è che potrebbe esserci qualche complicazione nel fatto che i giudici hanno discrezionalità nello scegliere. Da parte di Tortini c’è la totale disponibilità anche a livello istituzionale.
Saltarel dice che bisogna essere molto chiari quanto all’aspetto economico con chi dovrà entrare in cooperativa.
Calò chiede chiarimenti sui costi dei collaboratori dei periti e degli esperti linguistici, cioè se questi rientrano nei compensi definiti da vacazione, nel caso dei periti del giudice o dei consulenti della procura.
Romito risponde che le vacazioni sono relative ad attività esercitata da un professionista che presta la sua opera come perito su richiesta dell’autorità giudiziaria, quindi soggetta a tariffe prefissate; mentre la remunerazione di un eventuale esperto sono da considerarsi consulenze esterne e remunerate secondo le tariffe ordinarie. Romito sottolinea che le perizie non sono solo forensi, ma vengono richieste parallelamente anche dagli inquisiti, come perizia di parte, queste hanno tariffe professionali e non vincolate dal giudice.
Giangualano, in qualità di avvocato, conferma che le scelte dei giudici seguono l’istinto o la loro esperienza, che le specificità dialettali sono molte e diverse anche all’interno di una stessa regione, poi mette a disposizione la piattaforma informatica dell’I.RI.FO.R. per eventuali corsi.

.4 Cervo parla delle cooperative.
Il mercato può fare la differenza, perché se formiamo in maniera completa chi farà questa esperienza, Procure, Tribunali, autorità giudiziaria potrebbero essere sensibilizzati dal livello qualitativo dell’offerta consulenziale.
Entrando nel merito, le cooperative sociali sono di due tipologie: di tipo a e di tipo b. quelle che ci interessano sono quelle di tipo b che hanno lo scopo di inserire nel mondo del lavoro persone svantaggiate.
C’è un grado minimo di disabilità per entrare nella cooperativa sociale e almeno il 30% dei soci dev’essere portatore di disabilità. La responsabilità illimitata da parte dei soci esisteva fino all’inizio degli anni 2000, adesso è superata. La responsabilità è limitata al capitale versato.
Queste società sono equiparabili alle società di capitali, SPA SRL. Se la cooperativa nella sua vita di impresa perde in maniera tale da abbattere il valore dell’intero capitale, i soci, in caso di recesso, non hanno diritto ad essere liquidati della quota versata, in quanto il capitale non è più sussistente; perdono solo la quota versata e non oltre.
Un’azienda deve essere in grado autonomamente di creare le risorse per il proprio sostentamento. Nel caso non si stia creando una struttura avente scopo assistenziale, questa struttura deve mettersi a mercato e deve essere in grado di perdurare nel tempo. E cooperative sociali sono cooperative a mutualità prevalente di diritto e onlus di diritto, cioè sono società finalizzate o al servizio alla persona, o a recupero di svantaggiati, rappresentano dal punto di vista dell’imposizione fiscale un beneficio, perché di fatto c’è una notevole defiscalizzazione dei contributi. Un lavoratore portatore di handicap ha un costo di contributi minimale, non confrontabile con altri tipi di lavoro dipendente.
I soci devono avere un rapporto di lavoro subordinato o parasubordinato, quindi collaborazioni coordinate e continuative, partita iva, lavoratori dipendenti full time o part time, a tempo determinato o indeterminato.
In alcuni casi le amministrazioni pubbliche per appalti al di sotto di un certo limite di spesa, possono conferire l’appalto alla cooperativa sociale per assegnazione diretta. Quanto agli sgravi fiscali dal punto di vista contributivo, un dipendente part time a 12 ore settimanali costa all’azienda circa 4000 euro l’anno e ne percepisce pochi di meno. I dipendenti e i soci possono essere portatori di handicap e normodotati.
Il numero di soci di una cooperativa è minimo tre se si tratta di persone fisiche, minimo nove se sono comprese anche persone giuridiche (una o più).
Ci sono tipologie diverse di soci: lavoratori, volontari o sovventori. I soci lavoratori possono essere dipendenti o autonomi con partita iva.
La gestione dell’azienda è come quella delle società di capitali, vi è un’assemblea di soci, e un’amministratore unico o un CDA, meglio se costituito da un numero dispari di consiglieri, per evitare lo stallo di un pareggio nelle decisioni. È consigliabile costituire la cooperativa in modalità A + B, ricordando che il tipo A si può occupare di gestione dei servizi socio-sanitari ed educativi mentre il tipo B può esercitare lo svolgimento di attività produttive finalizzate all’inserimento lavorativo di persone svantaggiate
Calò consiglia di approfondire la parte sulle cooperative in dettaglio il pomeriggio, alla presenza dei possibili partecipanti; quello che interessa la mattina è capire il rapporto col giudice, ovvero analizzare le modalità che attua il giudice nell’assegnare fisicamente una perizia ad una cooperativa o società, sapendo che il rapporto tra giudice e perito o persona autorizzata è diretto ad personam.
Romito spiega che l’incarico è dato ad una persona fisica, anche se il consulente è una persona giuridica come per esempio l’arma dei carabinieri. Questa persona fisica ha la responsabilità legale. Si può bypassare il problema prevedendo alcuni responsabili e periti sul terrritorio in diverse zone. Il perito fa il lavoro di perizia; avrà una rete di collaboratori, ma il Codice di Procedura Penale dice che il perito nominato è il responsabile unico della perizia. Di fatto esiste una figura generale di perito presente sul territorio, che assume l’incarico e poi subappalta il lavoro, rimanendo tuttavia responsabile di ciò che è stato scritto. Quindi il perito si avvale di collaboratori che sono di sua fiducia.

.5 intervento di Pronello.
Si evince dalla sua esperienza e da quanto detto da Romito che è importante anche formare i periti dal punto di vista del linguaggio tecnico, perché possano comunicare compitamente con il giudice: è opportuno usare una terminologia professionale e tecnica per dimostrare sul campo la competenza e la professionalità. Molto spesso in udienza si sentono periti esprimersi in maniera imprecisa, denotando scarse doti professionali e anche scarsa istruzione.
Il lavoro di perizia è, come detto anche da Romito, non una mera trascrizione, ma un racconto dei fatti, da cui deve trasparire chiaramente il contesto anche sociale ed umano dei soggetti, in modo da permettere al giudice di farsi un pieno libero convincimento. Più un perito è bravo a “proporre”, più completo e obiettivo sarà il convincimento del giudice sul suo operato.

.6 conclusioni.
Tortini afferma che chi interverrà nel formare la cooperativa dev’essere fortemente motivato, ringrazia la commissione NAL per l’intenso e ottimo lavoro e si complimenta con il suo coordinatore per la gestione dell’audio conferenza.
Romito ribadisce che una persona espressione della realtà dell’Unione o della cooperativa dovrà essere membro del GFF.
Calò sfrutta la presenza del professor Romito chiedendogli un parere su un’altro progetto in sviluppo dalla sua Commissione in collaborazione con il vicepresidente Tortini: il progetto del tecnico trascrittore inquadrato nelle forze dell’ordine. Il progetto è molto apprezzato da Romito, che afferma che questa è un’ottima strada da percorrere.
Calò lascia la chiusura dei lavori al Vicepresidente Nazionale Tortini, il quale saluta e ringrazia tutti i partecipanti ribadendo la sua disponibilità a nome dell’Unione.
La prima sessione dell’audioconferenza si chiude alle 11.50.

La seconda sessione si apre alle ore 15.
Presenti:
dott. Valter Calò
dott. Emanuele Cervo
dott. Massimo vita, vicepresidente I.RI.FO.R.
dott. Marco Pronello
dott.ssa Chiara Tirelli.
Presenti solo due corsisti 2009, Pronello e Tirelli, successivamente si è appurato che ci sono stati errori di comunicazione tra gli interessati e mancata lettura delle e-mail di convocazione.
Data l’importanza della riunione, si è cosi deciso di riconvocare tutti i corsisti 2009 interessati, al fine di creare le basi condivise di sviluppo del progetto.
Contemporaneamente verrà analizzata la fattibilità di un nuovo corso di Perito Fonico e Trascrittore.
Massimo Vita ha dato la piena disponibilità e sostegno da parte dell’I.RI.FO.R.
I presenti, durante l’attesa, hanno ripercorso i punti essenziali dell’incontro svoltosi in mattinata, valutandoli positivamente. Novità importante, la necessità di creare una rete Nazionale di persone che abbiano una buona conoscenza dei numerosi dialetti, questo darebbe la possibilità a parecchie persone di entrare a far parte di questa cooperativa. A questa nuova figura che si è delineata durante la riunione, verrà richiesta una buona conoscenza dell’italiano, così come di una espressione dialettale del nostro territorio. Questa possibilità ci induce a fare una profonda analisi di questa nuova situazione creatasi, pensando a corsi sulla dialettologia e ad un nuovo corso di perito fonico trascrittore da programmare nel meridione d’Italia, oltre ad un eventuale corso di aggiornamento dei corsisti 2009.
Chiusura dei lavori h 15:41.

Diritti nei trasporti, Commissione NAL – Coordinatore Valter Calò

Commissione Nuove Attività Lavorative (NAL) gennaio 2017
Coordinatore dott. Valter Calò

Nella progettualità, una delle prime cose da prendere in considerazione è l’accessibilità del posto di lavoro, intesa come arrivarci autonomamente con mezzi pubblici o privati.
Muoversi in autonomia è, per noi, una libertà che ci dà grande soddisfazione e che deve essere perseguita con ragionevolezza e determinazione. Come sappiamo, a volte, purtroppo possono insorgere dei problemi, per ignoranza o superficialità. Per questo motivo, ho chiesto ad un componente della mia commissione di redigere un documento su quali fossero i nostri diritti come Persone con ridotta Mobilità. Mi sarei accontentato di due paginette, invece, Marco Pronello, come tutti i miei ragazzi e ragazze della commissione NAL, lasciatemeli chiamare così, si è dedicato con professionalità e dedizione, elaborando un documento pregevole, analizzando tutte le possibilità di trasporto e scavando nei meandri dei cavilli normativi. Più che un documento è un vero e proprio Vademecum.
Il mio solito consiglio è copiatelo e archiviatelo in una cartella del vostro computer, augurandovi che non vi serva mai, ma all’occorrenza un clic e troverete tutto ciò che vi potrebbe essere utile, per far valere i vostri diritti. Fatelo girare anche tra i vostri amici o Presidenti di sezione. Il documento è lungo e tecnico, ma merita una attenta lettura, questi sono i nostri diritti e dobbiamo conoscerli. Il documento viene condiviso anche dalla Commissione mobilità coordinatrice Annita Ventura.
Un caro saluto a tutti
Valter

Ha redatto il documento:
dott. Marco Pronello (Torino)

DISABILITÀ E TRASPORTI: LO STATO DELL’ARTE NEGLI ORDINAMENTI INTERNO E COMUNITARIO.

Premessa.
Ogni normativa, per trovare effettiva ed efficace applicazione, deve inserirsi in un contesto culturale e sociale pronto ad accettare i nuovi doveri, collettivi ed individuali, che si impongono a fronte di nuovi diritti che vengono riconosciuti. Sotto questo profilo sicuramente, nel nostro Paese, tanta strada è stata percorsa da quando si riteneva che certe disabilità, non solo psichiche e intellettive, dovessero comportare ipso iure l’inabilitazione, fatta salva un’espressa e contraria dichiarazione del tribunale, come statuiva l’art. 340 cod. civ. del 1865, a fronte della diversa , ma anch’essa desueta ed estremamente anacronistica, formulazione del vigente art. 415 terzo comma cod. civ. secondo la quale possono essere inabilitati il sordo e il cieco dalla nascita o dalla prima infanzia, se non hanno ricevuto un’educazione sufficiente.
Non è necessario specificare il perché dell’anacronismo di questa norma, che è fin troppo ovvio, ma se questa de iure risulta ancora in vigore e non espressamente abrogata, anche se fortunatamente ormai totalmente inapplicata, ciò vuol dire che molta strada è ancora da percorrere ai fini di una totale costruzione di un humus culturale veramente inclusivo, paritario e non discriminatorio.
Una sempre più affinata definizione di disabile, che evidenzi la relatività della condizione, anche in rapporto al contesto ambientale, favorisce l’intera evoluzione del quadro normativo.
Riferendoci al tema dei trasporti, l’associazione, ormai frequente in tanti provvedimenti, della condizione di disabile con quella di persona con mobilità ridotta fa comprendere meglio che, al di là di astratti sentimenti di solidarietà sociale, è conveniente per tutti disporre di un soddisfacente apparato di protezione sociale soprattutto con riferimento alla mobilità. Per ogni cittadino è da ritenersi, infatti, statisticamente molto più elevato il numero di probabilità di trovarsi in situazioni di disabilità, se non altro temporanea, per infortuni con prognosi di totale guarigione, o permanente per ragioni di età o per infortuni invalidanti, senza considerare che la mobilità ridotta si ha anche quando si è in presenza, per esempio, di passeggini.
Più in generale, l’apparato normativo riguardante i disabili migliorerà quando sarà elemento fondante del sentire sociale l’assunto che non è affatto importante la causa della disabilità, se congenita o acquisita, o la sua natura di temporaneità o permanenza, ma è importante la sua esistenza in capo ad una persona, anche per breve tempo ed incidentalmente.

Definizioni.
In campi come quello della regolamentazione del trasporto dei disabili, ove è molto frequente trovare normative frammentarie e di dettaglio, si palesa il rischio di contraddizioni o di soluzioni applicative differenti per fattispecie simili, con una sostanziale violazione del fondamentale principio di uguaglianza. Quindi si avverte la necessità di individuare regole e criteri generali comuni, che costituiscano delle linee guida sia a fini ermeneutici delle normative esistenti, sia per la creazione di un vero e proprio diritto uniforme di settore.
L’esigenza di uniformità si estende anche, per ovvi motivi, alle normative tecniche, che in Italia sono affidate spesso ai regolamenti attuativi, per quanto riguarda, ad esempio, i contrassegni per la circolazione e il parcheggio in zone a traffico limitato, la segnaletica ad alta visibilità per gli ipovedenti o audio per i non vedenti, i percorsi tattili individuabili con il bastone bianco, ecc..
A tal fine, è necessario preliminarmente trovare una definizione giuridica di disabilità e di contigue espressioni quali menomazione, handicap, mobilità ridotta e simili.
L’art. 1 comma 2 della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità del 2006, ratificata in Italia con la legge 18/2009, definisce le persone con disabilità “…quanti hanno minorazioni fisiche, mentali, intellettuali o sensoriali a lungo termine che in interazione con varie barriere possono impedire la loro piena ed effettiva partecipazione nella società su una base di eguaglianza con gli altri”.
Definizioni tratte da normative di livello ordinamentale statuale o comunitario possono ampliare i limiti concettuali, ma non restringerli.
Sulla base della classificazione dell’O.M.S. denominata ICF –International Classification of Functioning, Disability and Health per la descrizione delle componenti della salute e degli stati ad essa correlati a fini clinici, statistici, di ricerca e di politiche di welfare, nel valutare la disabilità di una persona, con particolare riferimento alle concrete conseguenze, si tiene conto, caso per caso, anche dell’incidenza dei fattori ambientali. Questo assunto è dirimente per la differenza sostanziale e quantitativa di disabilità come menomazione oggettiva e handicap come interrelazione soggettiva tra il disabile e l’ambiente sociale in cui vive, nel senso che, per esempio, un intervento sull’individuo portatore di handicap per l’applicazione di protesi, o sull’ambiente per l’eliminazione di barriere architettoniche o sensoriali, modificazioni adeguate ai veicoli, speciale segnaletica ecc., pur non eliminando in radice la menomazione, attenua l’handicap e consente la piena ed effettiva partecipazione della persona interessata sulla base di eguaglianza con gli altri.
Non si tratta qui di adempiere a semplici doveri assistenziali a titolo di solidarietà, ma dell’obbligo di porre in essere tutte quelle misure che, in concreto ed il più possibile, consentano al disabile di colmare lo svantaggio rispetto agli altri, muovendo dal presupposto della pari dignità di tutti e, nello specifico, di garantire a tutti l’effettivo esercizio del diritto alla mobilità (cfr. art.16 Cost.). a questo proposito, va sottolineato con forza che l’identità delle definizioni di disabilità e mobilità ridotta dalle norme sui trasporti dovrebbe espandersi ad ogni quadro normativo e sociale).
Normativa comunitaria.

Sul piano comunitario, si riscontra nei vari regolamenti una sostanziale identità di definizioni. Sotto il profilo del trasporto, come già accennato, viene compiuta un’equiparazione delle espressioni “persona con disabilità” e “persona con mobilità ridotta”.
L’art. 3 numero 15 del Regolamento UE 1371/2007 sul trasporto ferroviario, l’art. 3 lettera a) del regolamento 1177/2010 relativo ai diritti dei passeggeri che viaggiano via mare e per vie navigabili interne, l’art. 3 lettera j) del regolamento 181/2011 relativo ai diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus (questi ultimi due regolamenti apportano modifiche al regolamento CE n. 2006/2004) e l’art. 2 lettera a) del regolamento CE 1107/2006 relativo ai diritti delle persone con disabilità e delle persone a mobilità ridotta nel trasporto aereo definiscono, con assunti praticamente identici, la persona a mobilità ridotta come “…qualsiasi persona la cui mobilità sia ridotta, nell’uso del trasporto, a causa di qualsiasi disabilità fisica (sensoriale o locomotoria, permanente o temporanea), disabilità o handicap mentale, o per qualsiasi altra causa di disabilità, o per ragioni di età, e la cui condizione richieda un’attenzione adeguata e un adattamento del servizio fornito a tutti i passeggeri per rispondere alle esigenze specifiche di detta persona”.
La direttiva 18/1998 CE amplia ulteriormente l’ambito di applicazione, definendo all’art. 2 lettera w), aggiunta dall’art. 1 paragrafo 1 della direttiva 24/2003 CE, le persone a mobilità ridotta tutte le persone che abbiano “…una particolare difficoltà nell’uso dei trasporti pubblici, compresi gli anziani, i disabili, le persone con disturbi sensoriali e quanti impiegano sedie a rotelle, le gestanti e chi accompagna bambini piccoli.”
Alla normativa europea in tema è sotteso il principio di non discriminazione, che può ritenersi un’applicazione lato sensu dell’art. 12 del Trattato UE e che nella materia è da ritenersi ormai teoricamente consolidato (per una definizione di discriminazione e per le azioni di tutela giurisdizionale vedasi, per l’ordinamento italiano, gli artt. 2 e 3 l. 67/2006).
Nel dettaglio, il principio può trovare innumerevoli applicazioni: dal divieto di rifiuto di prenotazione ed imbarco a causa della disabilità e di maggiorazione del biglietto per il trasporto dei disabili, compresi i casi in cui è necessario un accompagnatore, che viaggia gratuitamente, a quello di evitare, per quanto possibile, che tali trasporti si svolgano con mezzi speciali, con o senza specifica chiamata, impedendo l’integrazione con il resto della comunità viaggiante. Le eccezioni al divieto di rifiuto riguardano unicamente l’obbligo di osservanza delle regole sulla sicurezza e, ovviamente, la materiale impossibilità di eseguire la prestazione per le caratteristiche del mezzo o delle infrastrutture. In quest’ultimo caso esiste l’obbligo di eventuali offerte alternative (art. 3 e combinato disposto dell’art. 4 paragrafi 1 e 2 e dell’art. 13 reg. 1107/2006, art. 7, 8 paragrafi 1 e 2 e art. 11 paragrafo 4 reg. 1177/2010, art. 18 paragrafo 5 e 19 del reg. 1371/2007, artt. 9 e 10 reg. 181/2011).
Il problema del miglioramento della mobilità dei disabili si supera più agevolmente attraverso una sorta di “internalizzazione” della soluzione. Quanto alle infrastrutture ed ai mezzi di locomozione, il progettista deve già nella fase di progettazione ed ideazione tener presente che le costruzioni dovranno essere utilizzabili anche da chi è in condizione permanente o temporanea di disabilità in applicazione del principio della progettazione per tutti. In tal senso esistono già normative vincolanti a livello comunitario, ma esse abbisognano di maggiore estensione dei limiti di applicazione e forse di una abbreviazione su alcune date riguardanti l’effettivo inizio dell’applicazione stessa relativamente ad alcune fattispecie. Ciò, peraltro, potrebbe essere compensato da maggiori aiuti finanziari pubblici.
Quanto al personale, la formazione specifica minima per l’assistenza ai disabili dovrebbe, ove ancora non accada, entrare a far parte del programma generalizzato di base del personale operativo e non essere limitata a poche categorie di addetti al compito specifico. In questo senso si pone l’art. 11 del regolamento 1107/2006, che vincola i vettori aerei e i gestori aeroportuali a formare e a tenere periodicamente aggiornato tutto il personale alle proprie dipendenze che lavora in aeroporto a diretto contatto con i viaggiatori e il personale alle dipendenze di un subappaltatore che fornisce un’assistenza diretta alle persone con disabilità o a mobilità ridotta, sulla disabilità, sull’uguaglianza nei confronti della disabilità e su come soddisfare le necessità di tali persone, a seconda della disabilità o dell’handicap motorio. Analogamente si esprimono anche l’art. 14, lett. b, reg. 1177/2010 per navigazione marittima e fluviale che però allarga il vincolo alla formazione anche di tutto il personale alle dipendenze di altre parti di fatto e non solo di chi si occupa espressamente dell’assistenza, e l’art. 16 reg. 181/2011, che però conteneva una deroga temporale di cinque anni per l’obbligo formativo dei conducenti d’autobus.
Quanto al trasporto aereo, prima ancora della normativa comunitaria, va menzionata la sez. 5 del doc. 30 dell’European Civil Aviation Conference (ECAC), che come organismo intergovernativo svolge un ruolo rilevante nell’armonizzazione delle politiche regionali di settore e per un sistema efficiente e sostenibile.
La portata delle funzioni dell’ECAC si evidenzia anzitutto per lo stretto collegamento con l’ICAO ai fini della conformità di pratiche e normative dell’U.E. e degli Stati europei aderenti, anche non membri dell’Unione, rispetto alle regole ed alle raccomandazioni dell’ICAO stesso. Ciò viene reso possibile con un altrettanto stretto collegamento dell’ECAC con l’Unione , compresa l’EASA (European Aviation Safety Agency).
In quest’ottica, il doc. 30 dell’ECAC, nella parte in cui si occupa di agevolazioni al trasporto di persone a mobilità ridotta, richiama preliminarmente l’annesso 9 della Convenzione di Chicago del 1944, che pone delle norme agli Stati per assicurare ai disabili l’accessibilità alle strutture ed agli altri elementi della catena del trasporto aereo.
Le pratiche raccomandate dell’annesso 9 prevedono che gli Stati contraenti assicurino che le persone disabili, quando viaggiano, beneficino di un’assistenza speciale in modo da utilizzare gli stessi servizi di cui godono tutti gli altri utenti, che tutte le strutture ed apparecchiature relative al servizio dei viaggiatori in genere siano fruibili, dall’inizio alla fine, anche dalle persone con disabilità, particolarmente per menomati della vista o dell’udito, a cura di agenti di viaggio, compagnie aeree, gestori aeroportuali e gestori di servizi a terra, che il personale addetto all’assistenza abbia ricevuto uno speciale addestramento, che i punti di attesa riservati siano collocati in prossimità delle porte d’ingresso, che gli aeromobili abbiano sedili con braccioli mobili ed altri accorgimenti che facilitino i disabili, che se è richiesto un accompagnatore, sia concesso uno sconto sulle tariffe.
In conformità all’annesso 9 dell’ICAO, il doc. 30 dell’ECAC ha provveduto a specificare nel dettaglio le categorie di persone che abbisognano di un’assistenza speciale , soffermandosi espressamente sulla necessità di armonizzare i sistemi d’informazione e diffusione delle notizie, la formazione del personale addetto all’assistenza dei disabili, gli accessi e le aree riservate negli aeroporti, i parcheggi riservati, l’accessibilità per i disabili dei percorsi pedonali, la connessione facilitata tra accessi all’aeroporto e fermata dei mezzi di pubblico trasporto, le facilitazioni d’accesso a servizi igienici, ristoranti, negozi, casse, l’idoneità della segnaletica, l’assistenza adeguata durante le operazioni d’imbarco e sbarco e durante la permanenza a bordo degli aeromobili per i quali, a loro volta, sono previsti, secondo il numero dei posti, particolari caratteristiche dei sedili, servizi igienici con spazi adeguati, ecc. Le previsioni di dettagli si estendono ai cani guida e ad altri aspetti dell’assistenza.
Il regolamento comunitario n. 1107 /2006 costituisce la fonte normativa centrale dell’intera materia, precisando (art. 1 paragrafo 5) che ogni qualvolta le disposizioni del regolamento sono in conflitto con le disposizioni della direttiva 96/67 CE sui servizi di assistenza a terra negli aeroporti, esse prevalgono sulle disposizioni della direttiva.
Il regolamento, sulla base delle competenze e del potere impositivo diretto con efficacia sul territorio dei Paesi aderenti, traduce in specifiche norme cogenti quanto in precedenti atti degli organismi cui si è fatto cenno costituiva o un generico obbligo per gli Stati di provvedere con disposizioni adeguate o una semplice raccomandazione (il documento 30 dell’ECAC è espressamente richiamato nel decimo considerando).
Fondamentale è la previsione di mettere a disposizione in formati accessibili e almeno nelle lingue in cui vengono messe a disposizione al pubblico in generale le norme di sicurezza e le restrizioni applicate al trasporto di persone con disabilità o a mobilità ridotta e per i viaggi, le vacanze ed i circuiti «tutto compreso» organizzate, vendute o proposte da un operatore turistico e ogni qual volta viene esercitata una deroga a norma dei paragrafi 1 e 2 dell’art. 4, la persona interessata dev’essere immediatamente informata delle ragioni ivi sottese per iscritto , se richiesto, entro cinque giorni lavorativi dalla richiesta (art. 4 paragrafi 3 e 4).
Il gestore aeroportuale designa, in cooperazione, tra l’altro, con le associazioni rappresentative delle categorie interessate, i punti di arrivo e di partenza presso cui le persone con disabilità o a mobilità ridotta possano agevolmente annunciare il proprio arrivo in aeroporto e chiedere assistenza. Tali punti sono segnalati in modo chiaro e vi si trovano, in formati accessibili, le informazioni di base sull’aeroporto (art. 5).
Ai sensi del successivo articolo, i vettori aerei, i loro agenti o gli operatori turistici adottano tutte le misure necessarie per fare in modo di ricevere le notifiche di richiesta di assistenza in tutti i loro punti vendita nel territorio degli Stati membri, compresa la vendita per telefono o via Internet, e le trasmettono almeno 36 ore prima dell’ora di partenza del volo, o comunque quanto prima possibile, ai gestori degli aeroporti di partenza, arrivo e transito e al vettore aereo effettivo, qualora la prenotazione non sia stata effettuata con il vettore in questione. Dopo la partenza del volo, il vettore aereo effettivo comunica al gestore dell’aeroporto di destinazione, qualora sia situato nel territorio di uno Stato membro, il numero di persone con disabilità o a mobilità ridotta presenti su detto volo che richiedono l’assistenza, specificando la natura dell’assistenza necessaria.
Il gestore aeroportuale deve garantire la prestazione dell’assistenza in aeroporto, in proprio o subappaltandola a fornitori terzi, alle persone con disabilità o a mobilità ridotta in transito, in arrivo o in partenza da un aeroporto al quale si applica questo regolamento, a condizione che le esigenze particolari della persona siano state notificate almeno quarantotto ore prima dell’ora di partenza del volo pubblicata e a condizione che la persona si presenti alla registrazione all’ora stabilita in anticipo e comunicata per iscritto o, qualora non sia stato stabilito un orario, almeno un’ora prima dell’ora di partenza pubblicata, o che la persona arrivi a un punto designato all’interno del perimetro aeroportuale all’ora stabilita in anticipo e comunicata per iscritto o, qualora non sia stato stabilito un orario, almeno due ore prima dell’ora di partenza pubblicata. Tale notifica deve indicare anche il volo di ritorno, se il volo di andata e quello di ritorno sono stati acquistati con lo stesso vettore aereo (combinato disposto dell’art. 7 paragrafi 1 e 4, dell’art. 8 paragrafi 1 e 2 e dell’art 10).
La presenza di un cane guida andrà notificata al vettore aereo, al suo agente o all’operatore turistico, in conformità delle norme nazionali applicabili al trasporto di cani guida a bordo degli aerei, ove tali norme sussistano (art. 7 paragrafo 2).
In caso di mancata notifica a norma del paragrafo 1, ma si potrebbe aggiungere in via estensiva e analogica anche del paragrafo 2, il gestore compie tutti gli sforzi ragionevoli per offrire l’assistenza in modo che la persona in questione possa prendere il volo per cui è in possesso di una prenotazione.
Ad eccezione degli aeroporti con un transito annuo di passeggeri commerciali inferiore a 150 000 unità, il gestore fissa e pubblica, ai sensi dei primi tre paragrafi dell’art. 9, norme di qualità per l’assistenza e stabilisce le risorse necessarie per rispettarle, in collaborazione, tra l’altro, con le organizzazioni che rappresentano i passeggeri con disabilità o a mobilità ridotta, tenendo pienamente conto delle politiche e dei codici di condotta riconosciuti a livello internazionale riguardanti l’agevolazione del trasporto di tali persone, in particolare il codice di buona condotta dell’ECAC per l’assistenza a terra di persone a mobilità ridotta.
Il quarto paragrafo specifica che un vettore aereo e il gestore aeroportuale possono concordare la fornitura di un’assistenza di livello superiore a quello previsto dalle norme di cui al paragrafo 1 o servizi supplementari rispetto a quelli elencati all’allegato I del regolamento.
Nel caso in cui le sedie a rotelle, le altre attrezzature per agevolare la mobilità o i dispositivi di assistenza vengano persi o danneggiati durante la gestione in aeroporto o il trasporto a bordo degli aeromobili, il passeggero cui appartengono è risarcito in conformità di quanto prevede il diritto internazionale, comunitario e nazionale (art. 12).
Ogni Stato membro designa uno o più organismi responsabili dell’applicazione del presente regolamento per quanto riguarda i voli in partenza o in arrivo negli aeroporti situati sul proprio territorio. Ove opportuno, tali organismi adottano le misure necessarie per garantire il rispetto dei diritti delle persone con disabilità o a mobilità ridotta, compreso il rispetto delle norme di qualità (art. 14 paragrafo 1).
La persona con disabilità o a mobilità ridotta può richiamare su una presunta violazione del regolamento l’attenzione del gestore aeroportuale o del vettore aereo interessato e qualora non riesca a ottenere soddisfazione in tal modo, i reclami possono essere presentati presso l’organismo o gli organismi designati di cui all’art. 14 paragrafo 1, o presso qualsiasi altro organismo competente designato da uno Stato membro. Gli Stati membri adottano misure per informare le persone con disabilità o a mobilità ridotta dei loro diritti istituiti dal presente regolamento e della possibilità di sporgere reclamo presso l’organismo o gli organismi designati (art. 15 paragrafi 1, 2 e 4).
Infine, ex art. 16 gli Stati membri stabiliscono le norme relative alle sanzioni applicabili alle infrazioni delle presenti disposizioni e adottano tutte le misure necessarie per garantirne l’applicazione. Le sanzioni previste devono essere efficaci, proporzionate e dissuasive. Gli Stati membri notificano le relative disposizioni alla Commissione e provvedono a notificare immediatamente le eventuali successive modificazioni.
Sono fattispecie sanzionabili: il rifiuto di prenotazione, il rifiuto d’imbarco, il diniego di rimborso o di volo alternativo, la mancata designazione in modo chiaro dei punti di partenza e di arrivo delle persone con disabilità o a mobilità ridotta, la violazione degli obblighi d’informazione, il mancato adempimento degli obblighi di formazione del personale, la mancata assistenza da parte dei vettori aerei. Altre sanzioni riguardano, tra l’altro, il rifiuto d’imbarco di apparecchi medici e dispositivi di mobilità, malgrado preavviso e malgrado l’imbarco risulti compatibile con la normativa di sicurezza e le caratteristiche dell’aeromobile.
L’art. 2 comma 1 del DLGS 24/2009 individua l’Ente nazionale per l’aviazione civile (ENAC) come responsabile in Italia dell’accertamento delle violazioni e per l’irrogazione delle sanzioni previste per le finalità di cui all’articolo 16, facendo salvo, in linea generale e quale norma di chiusura, quanto previsto dall’art. 1174 cod. nav. sull’inosservanza delle norme di polizia emanate dall’autorità competente in materia di aeroporti e fatti salvi altresì i casi in cui il fatto non costituisca reato.
Le entrate provenienti dall’applicazione delle sanzioni vengono devolute ad un fondo speciale per le iniziative di ricerca e di informazione a favore dei passeggeri disabili o a mobilità ridotta.
La circolare ENAC 8 luglio 2008 n. GEN-02 contiene due allegati: il primo dedicato agli standards di qualità del servizio di assistenza dei passeggeri disabili e con mobilità ridotta, il secondo riguardante la formazione specifica del personale addetto. Nella fattispecie si sofferma soprattutto sulla determinazione e le caratteristiche degli indicatori di qualità del servizio, per esempio il tempo d’attesa per ricevere assistenza, il numero delle informazioni, ecc.
Un’altra circolare richiama l’attenzione dei gestori aeroportuali, dei vettori e delle imprese che concretamente forniscono i servizi di assistenza ai disabili collegati con il trasporto aereo in merito all’opportunità di avvalersi, nelle fasi di progettazione o di attuazione dei corsi di specifica formazione professionale, della collaborazione e/o partecipazione di quelle realtà del privato sociale che hanno specifiche finalità e competenze in materia di disabilità, quali, ad esempio, le associazioni rappresentative. Viene poi indicato un modello analitico di programma di formazione.
L’intero capo secondo del regolamento 1177/2010 viene dedicato ai diritti delle persone con disabilità e a mobilità ridotta.
Anche qui, per il trasporto via nave, troviamo norme analoghe al trasporto aereo quanto all’assistenza di cui agli allegati II e III e alle modalità con le quali il cliente dovrà informare il fornitore del servizio delle sue esigenze specifiche (artt. 10, 11 e 12), compreso il trasporto di cani guida (art. 11 paragrafo 5).
In presenza delle notifiche di cui sopra e di prenotazione o biglietto , se alla persona viene comunque negato l’imbarco, essa e l’eventuale accompagnatore possono scegliere tra il diritto al rimborso e il trasporto alternativo, come previsto dall’allegato I, ma tale diritto di scelta è subordinato al rispetto di tutti gli obblighi in materia di sicurezza e se strettamente necessario , i fornitori del servizio di trasporto possono esigere che una persona con disabilità o a mobilità ridotta sia accompagnata da un’altra persona, che viaggerà gratuitamente, in grado di fornirle l’assistenza necessaria.
In tutti questi casi, il fornitore del servizio comunica immediatamente i motivi specifici dell’impossibilità della prestazione alla persona, anche per iscritto ,, non oltre cinque giorni dopo la richiesta. In caso di rifiuto ai sensi dell’art 8 paragrafo 1, lettera a), si fa riferimento agli obblighi in materia di sicurezza applicabili (art. 8 paragrafi 3, 4 e 5).
I vettori e gli operatori dei terminali stabiliscono condizioni d’accesso non discriminatorie, in collaborazione con le associazioni rappresentative delle persone con disabilità o a mobilità ridotta. Tali condizioni, come le condizioni degli operatori turistici riguardanti le tratte comprese nei pacchetti “tutto incluso”, sono comunicate su richiesta agli organismi nazionali preposti all’esecuzione e sono messe a disposizione del pubblico fisicamente o su internet, in formati accessibili su richiesta e nelle stesse lingue in cui l’informazione è normalmente fornita a tutti i passeggeri. La conferma dell’assistenza sarà notificata anche in forma elettronica o via SMS (art. 9).
Nei terminali portuali o per servizi passeggeri che contano complessivamente più di 100 000 movimenti passeggeri commerciali nell’anno d’esercizio precedente vengono fissate le norme di qualità per l’assistenza di cui agli allegati II e III e vengono stabilite le risorse necessarie per rispettare tali norme, in collaborazione con le organizzazioni che rappresentano i passeggeri con disabilità o a mobilità ridotta, tenendo pienamente conto delle politiche e dei codici di condotta riconosciuti a livello internazionale riguardanti l’agevolazione del trasporto di tali persone, in particolare la raccomandazione dell’IMO e la gestione di navi da passeggeri al fine di rispondere alle necessità degli anziani e dei disabili. Le norme di qualità sono messe a disposizione del pubblico fisicamente o su internet in formati accessibili e nelle stesse lingue in cui l’informazione è normalmente fornita a tutti i passeggeri (art. 13).
Ex art. 15, il vettore e l’operatore del terminale sono responsabili del danno derivante dalla perdita o dal danneggiamento di attrezzature per la mobilità o altre attrezzature specifiche usate da persone con disabilità o a mobilità ridotta, se l’evento dannoso è imputabile a colpa o negligenza del vettore o dell’operatore del terminale, e il risarcimento corrisponde al valore di sostituzione dell’attrezzatura in questione o ai costi di riparazione, a meno che il fatto non rientri nella previsione dell’art. 4 del regolamento CE 392/2009. Va comunque compiuto ogni sforzo per fornire rapidamente un’attrezzatura temporanea sostitutiva, che rappresenti un’alternativa adeguata.
Quanto alle ipotesi di cancellazione o ritardo ex art. 18 paragrafi 1 e 2, il legislatore comunitario ha opportunamente ribadito al paragrafo 3 che il vettore dovrà prestare particolari attenzioni alle persone con disabilità o a mobilità ridotta e ai loro accompagnatori.
Per il trasporto ferroviario, il regolamento UE 1371/2007 provvede con modalità analoghe al trasporto marittimo e aereo, mosso dalla necessità di proteggere le persone con disabilità o a mobilità ridotta durante ogni fase del viaggio in treno (art. 1 paragrafo 1 lettera d)) e dai principi di non discriminazione e di parità di trattamento enunciati nel decimo e undicesimo considerando, in cui si statuisce l’importanza della comunicazione accessibile anche ai minorati sensoriali (vedasi anche art. 3 paragrafo 14 lettera d) e art. 8 paragrafo 3), dell’accessibilità a tutti degli edifici adibiti a scalo ferroviario e di tutto il materiale rotabile e l’importanza di dare la possibilità alle persone con disabilità o a mobilità ridotta di comprare il biglietto a bordo senza maggiorazioni, nonché il diritto all’assistenza in caso di ritardi e cancellazioni (art. 18 paragrafo 5).
A questa ratio è sotteso il capo quinto, nel quale si prevede che le aziende operanti nel settore ferroviario stabiliscano, in concerto con le associazioni rappresentative delle persone con disabilità o a mobilità ridotta, norme di accesso non discriminatorie. Se vi è una deroga, la persona dovrà essere informata dei motivi per iscritto su richiesta, entro cinque giorni lavorativi dal rifiuto della prenotazione o dell’emissione del biglietto, oppure dall’imposizione della condizione di essere accompagnata (art. 20 paragrafo 2).
Su richiesta, l’impresa ferroviaria, il venditore di biglietti o il tour operator forniscono alle persone con disabilità e a mobilità ridotta informazioni in merito all’accessibilità dei servizi ferroviari e alle condizioni di accesso al materiale rotabile e le informano in merito ai servizi offerti a bordo. Inoltre garantiscono, ai sensi del successivo articolo, l’accessibilità delle stazioni, delle banchine, del materiale rotabile e degli altri servizi alle persone con disabilità o a mobilità ridotta. In mancanza di personale di accompagnamento a bordo di un treno o di personale in una stazione, le imprese ferroviarie e i gestori delle stazioni compiono tutti gli sforzi ragionevoli per consentire alle persone con disabilità o a mobilità ridotta di avere accesso al trasporto ferroviario.
La necessità di specifica assistenza, che non dovrà avere costi aggiuntivi, a meno di deroghe poste dagli Stati membri ove un servizio pubblico abbia standard più elevati di quanto previsto dal regolamento in oggetto, è normata analogamente a quanto visto in precedenza per il trasporto aereo e navale (artt. 22, 23 e 24).
Se l’impresa ferroviaria è responsabile della perdita totale o parziale o del danneggiamento di attrezzature per la mobilità o altre attrezzature specifiche per le persone con disabilità o a mobilità ridotta, non si applicano limiti finanziari per il risarcimento (art. 25).
Nell’ordinamento italiano, l’art. 16 del DLGS 70/2014 fissa le sanzioni in capo alle imprese ferroviarie e ai gestori delle stazioni per le violazioni degli artt. 19 paragrafo 2, 20, 21 paragrafo 2, 22 paragrafi 1 e 3, 23 paragrafo 2, 24 e 25 e per la mancata comunicazione all’organismo di controllo delle norme adottate in tema di assistenza alle persone di cui al regolamento comunitario.
Il quadro normativo comunitario viene completato con il regolamento 181/2011 sui diritti dei passeggeri nel trasporto effettuato con autobus. Anche questo testo ha L’intendimento di garantire un livello di protezione comparabile a quello offerto con gli altri modi di trasporto (primo considerando), con particolare riferimento, per l’argomento che qui rileva, alla non discriminazione, alle informazioni in formato accessibile anche ai disabili sensoriali, alla formazione e all’aggiornamento periodico del personale viaggiante sulle esigenze delle persone con disabilità o a mobilità ridotta, alla progettazione delle stazioni degli autobus secondo il principio dell’Universal design, al coinvolgimento delle associazioni rappresentative delle persone disabili o a mobilità ridotta nella preparazione del contenuto della formazione al personale e per la preparazione di intese a livello europeo anche per quanto riguarda condizioni di accesso non discriminatorie, ed all’assistenza obbligatoria nei confronti di dette persone (considerandi dal settimo al quattordicesimo e diciassettesimo, art. 1 lettera c) e art. 11 paragrafo 1).
L’intero capo terzo è dedicato ai diritti delle persone con disabilità o a mobilità ridotta. Le disposizioni sono analoghe a quelle degli altri settori, in particolare quanto alle prenotazioni, l’acquisto dei biglietti e l’imbarco a bordo (art. 9), l’obbligo di assistenza e le deroghe (artt. 10 e 14) e le informazioni in formati accessibili (art. 11).
Gli Stati membri designano le stazioni di autobus nelle quali è fornita l’assistenza alle persone con disabilità o mobilità ridotta. La Commissione dovrà rendere disponibile su internet l’elenco delle stazioni designate (art. 12).
In particolare l’assistenza, prestata gratuitamente ex art. 13, secondo l’allegato 1 del regolamento renderà possibile, a seguito di comunicazione e richiesta nei punti designati, lo spostamento al banco d’accettazione, alla sala d’aspetto ed alla zona d’imbarco, la salita a bordo, la sistemazione e recupero del bagaglio, la discesa dal veicolo, la presenza di un cane guida a bordo purché sia riconosciuto, la sistemazione nel posto a sedere.
Anche il dovere di assistenza a bordo degli autobus è oggetto di ampia specificazione: salire e scendere durante le pause di un viaggio se è disponibile a bordo altro personale oltre al conducente, ottenere le informazioni essenziali relative al viaggio in formati accessibili.
Analogamente alle altre fattispecie di cui sopra, è previsto il risarcimento in caso di perdita o di danneggiamento delle attrezzature necessarie alle persone con disabilità o a mobilità ridotta pari al costo della sostituzione o della riparazione di dette attrezzature. Ove possibile, si dovrà fare ogni sforzo per fornire temporaneamente attrezzature sostitutive equivalenti (art. 17).
L’art. 18 prevede che, fatto salvo l’art. 2, paragrafo 2, gli Stati membri possono esentare i servizi regolari interni dall’applicazione di tutte o di alcune delle disposizioni di cui sopra, purché assicurino che il livello di protezione delle persone con disabilità o a mobilità ridotta ai sensi delle loro norme nazionali sia almeno uguale a quello previsto da questo regolamento. Gli Stati membri notificano alla Commissione la concessione delle deroghe accordate, la Commissione adotta gli opportuni provvedimenti nel caso in cui ritenga la deroga non conforme alle disposizioni appena enunciate e presenta, entro il 2 marzo 2018, al Parlamento europeo e al Consiglio una relazione sulle deroghe.
Il regolamento si applica interamente per viaggi non inferiori a 250 chilometri. Per viaggi di lunghezza inferiore saranno applicabili soltanto le disposizioni indicate nell’art. 4 paragrafo 1, mentre altre restrizioni sono previste per i servizi occasionali.
In Italia, il DLGS 169/2014 irroga sanzioni amministrative e pecuniarie le aziende di trasporto che rifiutano la prenotazione, l’emissione del biglietto o l’imbarco per causa della disabilità al di fuori delle fattispecie di deroga o che emettono il biglietto con oneri aggiuntivi e che non fanno viaggiare l’accompagnatore a titolo gratuito (artt. 8 e 9). Sono altresì sanzionate le fattispecie ex art. 11 del regolamento, allorché le aziende di trasporto non concertino con le associazioni di categoria condizioni d’accesso non discriminatorie, o che non offrano le informazioni in formati accessibili, sia quelle generali che quelle particolari sul viaggio e sia quelle su richiesta che quelle disponibili a tutti (art. 10). Anche gli obblighi ex art. 13 e art. 14 paragrafi 3, 4 e 5 del regolamento sono sanzionati dall’art. 11, così come è sanzionata dall’art. 12 la violazione dell’obbligo di formazione del personale.

Normativa nazionale.
L’obbligatorietà del trasporto dei disabili discende, va detto subito, dalla regola di base prevista per tutti gli utenti di tutti i servizi di linea dall’art. 1679 cod. civ. e di conseguenza, per il risarcimento quando dovuto, dall’art. 1781. Va precisato altresì che la carenza di strutture e mezzi di trasporto idonei per i disabili, quando invece sono imposti da normative vigenti, non può costituire causa legittima di esonero dall’obbligo legale a contrarre o ad adempiere la prestazione del trasporto, anche perché l’obbligazione del vettore può essere eseguita, fatti salvi espressi divieti e limitazioni, ricorrendo all’attività di altra impresa (subtrasporto). Ne deriva il diritto alla richiesta di risarcimento.
Va da sé che resta fermo il principio che impone di assicurare altrimenti la mobilità del disabile laddove l’utilizzazione del normale mezzo pubblico non sia possibile (v. per tale obbligo gravante sui comuni,art.26.2 della legge n.104 del 1992).
Analogo diritto potrà essere vantato dal disabile a titolo di inesatto adempimento, quando malgrado tali carenze di strutture, attrezzature o assistenza, il trasporto sia avvenuto, ma con notevoli disagi o ulteriori spese a carico dell’interessato.
Detto questo e scendendo nel merito, la già citata legge n. 104 /1992, nella consapevolezza della forte correlazione tra determinate caratteristiche ambientali ed il permanere dello svantaggio, insisteva, in sede di definizione di “persona handicappata“(ai fini del riconoscimento dei diritti, dell’assistenza e dell’integrazione sociale, non tanto sulla sussistenza della minorazione fisica, psichica o sensoriale, quanto sulle conseguenze. Si indicavano le situazioni da rimuovere, costituite da difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa quali cause di un “processo di svantaggio sociale o di emarginazione”, cioè l’handicap nel significato più proprio del termine (art. 3 comma 1).
L’intreccio di competenze tra Stato e Regioni sulla materia è reso complesso dalla formulazione dell’art. 117 della Costituzione, che tuttavia rafforza, nella sua nuova formulazione, sensibilmente le competenze regionali. La norma attribuisce al potere concorrenziale di normazione di Stato e regioni, tra l’altro, le regole su porti e aeroporti civili, su cui le regioni possono legiferare, salvo che per la determinazione dei principî fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato.
Soprattutto per il ristretto campo di applicazione del regime comunitario in materia di trasporti con autobus, è particolarmente notevole la disciplina integratrice dettata a livello nazionale e regionale, con particolare riferimento a ciò che costituisce il trasporto pubblico locale. In particolare, per le funzioni amministrative ci si muove dal principio generale che esse spettano ai Comuni e che l’attribuzione ad altri enti territoriali di una serie di competenze debba trovare giustificazione, per determinate materie, solo dall’esigenza di un esercizio unitario delle competenze stesse. Indipendentemente da puntuali obblighi normativi, gli enti locali hanno dunque ampie possibilità d’intervento, fatte salve le disponibilità finanziarie, tanto più che l’art. 118 Cost. fa salvo il principio di sussidiarietà, dettato e chiarito anche dall’art. 4 comma 3 lettera a) legge delega 59/1997.
In questo ambito, costituiscono servizi pubblici di trasporto di interesse nazionale i servizi di trasporto aereo, marittimo, automobilistico a carattere internazionale, ferroviario internazionali e quelli nazionali di percorrenza medio-lunga caratterizzati da elevati standards qualitativi, i servizi di collegamento via mare fra terminali ferroviari e i servizi di trasporto di merci pericolose, nocive ed inquinanti (DLGS 422/1997 art. 3).
Nella materia del trasporto regionale e locale, sono di competenza dello Stato esclusivamente gli accordi, le convenzioni ed i trattati internazionali relativi a servizi transfrontalieri per il trasporto di persone e merci e le funzioni in materia di sicurezza, di cui al D.P.R. 753/1980, oltre che l’adozione delle linee guida e dei principi quadro per la riduzione dell’inquinamento derivante dal sistema di trasporto pubblico (art. 4). Al di fuori di questi, tutti i compiti e tutte le funzioni relativi al servizio pubblico di trasporto di interesse regionale e locale, in atto esercitati da qualunque organo o amministrazione dello Stato, centrale o periferica, anche tramite enti o altri soggetti pubblici, sono demandati ex art. 5 agli enti locali per delega ai sensi degli artt. 6 e segg.
Va da sé che la legge 104/1992 rientra in questo quadro laddove questa, facendo riferimento ai doveri di Regioni e Comuni, fissa l’obbligo di assicurare alle persone handicappate la possibilità di muoversi liberamente sul territorio usufruendo, alle stesse condizioni degli altri cittadini, dei servizi del trasporto collettivo o di servizi alternativi mediante la previsione di piani regionali di mobilità per i disabili e fonti di finanziamento per l’abbattimento delle barriere architettoniche (art. 26).
Si può ravvisare un’analogia di definizione, come vedremo più sotto nel paragrafo della normativa regionale, tra barriera architettonica e barriera percettiva o localizzativa, considerando come barriera in questo senso anche l’assenza di adeguate guide tattili utilizzabili da chi si muove con il bastone bianco per raggiungere gli attraversamenti pedonali, o i punti di imbarco e i servizi all’interno di una stazione, come bar, biglietteria, sportelli bancari o postali, toilettes, ecc..
La norma successiva della legge quadro si occupa invece dei veicoli privati statuendo, al primo comma, che le unità sanitarie locali contribuiscono alla spesa per la modifica degli strumenti di guida, quale strumento protesico extra-tariffario, nella misura del 20 per cento, a carico del bilancio dello Stato, a favore dei titolari di patente di guida delle categorie A, B, o C speciali, con incapacità motorie permanenti.
L’art. 28 vincola i Comuni ad assicurare appositi spazi riservati ai veicoli delle persone handicappate, sia nei parcheggi gestiti direttamente o dati in concessione, sia in quelli realizzati e gestiti da privati. È obbligatoria l’esposizione del contrassegno di cui all’art. 6 del regolamento approvato con D.P.R. 384/78, valido per l’utilizzazione dei suddetti parcheggi.
Ancora prima, la legge quadro 21/1992 normava il trasporto di persone mediante autoservizi pubblici non di linea e all’art. 14 statuisce che i servizi di taxi e di noleggio con conducente devono essere accessibili a tutti i soggetti portatori di handicap e dà mandato ai comuni, mediante regolamenti, di dettare norme per stabilire specifiche condizioni di servizio per il trasporto di detti soggetti, nonché il numero e il tipo di veicoli già esistenti da attrezzare anche al trasporto di soggetti portatori di handicap di particolare gravità.
Un’altra legge quadro, la 328/2000, in un ambito più generale, interessa la materia con particolare riferimento alla “prevenzione, eliminazione o riduzione delle condizioni di disabilità” ed in relazione, tra l’altro, alle competenze regionali sulla materia dei trasporti. Su questa base giuridica, spetta alle singole Regioni la programmazione il coordinamento e l’indirizzo degli interventi sociali in attuazione delle politiche integrate di settore (art. 8, in particolare comma 3 lettera b).
Nell’ambito dell’intreccio di competenze tra leggi quadro e leggi regionali, è particolarmente significativa la sentenza della Corte costituzionale del 30 aprile 2009 n. 124 la quale, pur riguardando il trasporto ferroviario, riafferma un principio di più generale portata nella materia che ci occupa.
La Corte aveva già affermato che tutte le attività relative alla predisposizione ed erogazione di servizi, gratuiti e a pagamento, o di prestazioni economiche destinate a rimuovere e superare le situazioni di bisogno e di difficoltà che la persona umana incontra nel corso della sua vita, escluse soltanto quelle assicurate dal sistema previdenziale e da quello sanitario», rientrano nel più generale ambito dei servizi sociali attribuito alla competenza legislativa residuale delle Regioni (sentenza n. 287 del 2004).
Ciò non esclude tuttavia che alla disciplina del Fondo in esame concorra l’esercizio della competenza dello Stato in materia di trasporti pubblici non locali, appagando le esigenze unitarie inerenti alla specifica destinazione del Fondo stesso, le quali vanno soddisfatte senza trascurare quelle locali, in materia di assistenza, in ottemperanza al principio di leale cooperazione.
Nel caso di specie l’intervento statale in esame non contempla alcuna partecipazione delle Regioni; quindi la Corte ha ritenuto costituzionalmente illegittimo l’art. 2. comma 474 della legge n. 244 del 2007, legge finanziaria 2008, nella parte in cui non prevede che il “decreto ministeriale di concerto” per la disciplina delle modalità di funzionamento del fondo per la mobilità dei disabili sia adottato previa intesa con la Conferenza permanente Stato-Regioni.
Scendendo nel dettaglio delle norme tecniche di progettazione e di costruzione, ferma restando l’applicabilità anche a questo scopo dell’art. 82 del Testo Unico in tema di edilizia, D.P.R. 380/2001 e del DM 236/89 riguardante l’edilizia privata, rileva il D.P.R. 503/96, recante norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici, laddove si impone il simbolo di “accessibilità” secondo il modello di cui all’allegato A da apporre su tutti gli edifici, strutture e, per quello che qui concerne, i mezzi di trasporto progettati o costruiti secondo le norme per l’eliminazione delle barriere architettoniche, fatta salva la specifica simbologia dell’Organizzazione internazionale dell’aviazione civile ove prescritta (art. 2 commi 1 e 2).
Da segnalare anche quanto prescritto dagli artt. 11 e 12, a precisazione e in combinato disposto con quanto previsto dall’art. 28 della legge 104/1992, ma soprattutto sono di interesse le disposizioni degli artt. Da 24 a 29 sull’accessibilità dei mezzi di trasporto.
L’art. 24 prevede sui mezzi di trasporto tranviario, filoviario e metropolitano almeno tre posti a sedere in prossimità della porta di uscita per persone con difficoltà motorie, che possono accedere da tale porta. Almeno un’autovettura del convoglio deve avere una piattaforma di spazio sufficientemente ampio per permettere lo stazionamento di sedia a ruote, senza intralciare il passaggio, con opportuni ancoraggi che blocchino la sedia. Nelle stazioni metropolitane l’accesso e lo stazionamento su sedia a ruote dev’essere reso possibile anche con l’installazione di idonei ascensori e rampe a seconda dei dislivelli. Il Ministero dei trasporti ha disposto con Decreto del 18 luglio 1991 le norme per i veicoli adibiti al trasporto in comune di persone su strada ad uso pubblico.
Analogamente, l’art. 25prevede che le principali stazioni ferroviarie siano dotate di passerelle, rampe mobili o altri idonei mezzi di elevazione al fine di facilitare l’accesso alle stesse ed ai treni alle persone con difficoltà di deambulazione. In relazione alle specifiche esigenze tecniche degli impianti ferroviari è consentito il superamento, mediante rampe inclinate, anche di dislivelli superiori a m 3,20. In assenza di tali impianti, il disabile su sedia a ruote può utilizzare i passaggi di servizio a raso purché accompagnato da personale di stazione appositamente autorizzato. Il sistema di chiamata per l’espletamento del servizio di assistenza deve essere realizzato nelle principali stazioni presenziate dal personale ferroviario, mediante l’attivazione di appositi centri di assistenza opportunamente pubblicizzati. Un adeguato numero di carrozze per i treni circolanti su linee principali, o comunque appositi spazi, devono essere attrezzati per l’accesso degli utenti su sedia a ruote. La sedia a ruote va trasportata gratuitamente e l’ente che gestisce il servizio è tenuto ad evidenziare i treni ed i servizi offerti alla clientela portatrice di handicap, sia nelle stazioni che nel proprio orario ufficiale. Quanto qui previsto non è vincolante per gli edifici e per gli impianti delle stazioni e delle fermate sprovviste di personale ferroviario sia in via temporanea che in via permanente.
I servizi per i viaggiatori nelle stazioni devono essere accessibili (art. 29). Questa disposizione, non chiarendo se per stazioni intende quelle ferroviarie o anche le stazioni aeroportuali, degli autobus e gli imbarchi navali, va senz’altro interpretata in quest’ultima accezione.
Quanto alle navi nazionali per navigazione marittima, l’art. 26 statuisce che le aperture dei portelloni di accesso a bordo impiegabili per persone con impedita capacità motoria o sensoriale, trasportate con autovettura o sedia a ruote, devono avere dimensioni adeguate all’agevole passaggio dell’autovettura o sedia a ruote e non presentare soglie o scalini. Per il passaggio della sedia a ruote è richiesta una larghezza non inferiore a m 1,50. Le rampe o passerelle di accesso da terra a bordo devono avere pendenza non superiore all’8%, salvo che non siano adottati speciali accorgimenti per garantirne la sicura agibilità per l’incolumità delle persone.
La zona di ponte ove si accede a bordo deve permettere il passaggio fino all’area degli alloggi destinati alle persone con impedita capacità motoria o sensoriale con percorso sullo stesso ponte, ovvero fino all’ascensore od alla rampa, nel caso che gli alloggi siano su altro ponte. In tal caso la zona antistante l’ascensore o la rampa deve avere dimensioni tali da permettere lo sbarco della persona con impedita capacità motoria o sensoriale dall’autovettura, e il trasferimento su sedia a ruote, nonché la manovra di essa. Questo percorso raccordato da rampe deve essere privo di ostacoli, con eventuali dislivelli non superiori di norma al 5% e di larghezza, nel caso di impiego di sedie a ruote, non inferiore ad 1,50 m. La zona di ponte corrispondente deve essere rivestita con materiale antisdrucciolevole. Eventuali soglie e simili devono avere altezza non superiore a cm 2,5.
Gli ascensori accessibili alle persone su sedie a ruote devono avere le caratteristiche rispondenti alle norme dell’art. 15. Le rampe sostitutive degli ascensori, non essendo ammesse scale se non di emergenza, devono avere le caratteristiche rispondenti alle norme dell’art. 7 del regolamento in questione. Ascensori e rampe devono sfociare al chiuso entro 1’area degli alloggi, preferibilmente ubicata su un solo ponte, che deve essere tale da consentire, in caso di emergenza, un agevole accesso ai mezzi di sfuggita e di salvataggio e deve avere corridoi, passaggi e relative porte di larghezza non inferiori a m 1,50 e privi di ostacoli, porte, comprese quelle di locali igienici, di larghezza non inferiore a m 0,90 e provviste di agevoli dispositivi di manovra, pavimenti antisdrucciolevoli nelle zone di passaggio, apparecchi di segnalazione per chiamata del personale di servizio addetto alle persone con ridotta o impedita capacita motoria o sensoriale, locali igienici riservati alle stesse persone, rispondenti alle norme dell’art. 15.
Quanto ai servizi di navigazione interna (art. 27) le passerelle e gli accessi alle navi devono essere larghi almeno metri uno, essere idonei al passaggio delle sedie a ruote ed avere pendenza modesta, e comunque non superiore all’8 per cento, salvo che non siano adottati speciali accorgimenti per garantirne la sicura agibilità per l’incolumità delle persone. Sulle navi nelle immediate vicinanze dell’accesso deve essere ricavata una superficie di pavimento opportunamente attrezzata per dislocarvi sedie a ruote salvo gravi difficoltà tecniche.
Tutte queste disposizioni non si applicano alle unità veloci o a sostentamento dinamico quali aliscafi, catamarani, SES, le cui dimensioni siano tali da non rendere ragionevole e praticabile l’applicazione delle disposizioni di cui sopra.
L’art. 28 stabilisce che le aerostazioni devono essere dotate di appositi sistemi per consentire un percorso continuo e senza ostacoli dall’aerostazione all’interno dell’aereo o viceversa. Qualora non siano presenti pontili di imbarco, l’accesso all’aeromobile è assicurato da elevatore a cabina chiusa. Le strutture esterne connesse agli edifici debbono avere le caratteristiche di cui agli articoli 4, 10 e 11; le strutture interne degli edifici aperti al movimento dei passeggeri debbono avere le caratteristiche di cui agli articoli 7, 15 e 17. All’interno del l’aeromobile deve essere prevista la dotazione di sedie a ruote per garantire, per quanto possibile, un’autonoma circolazione del passeggero disabile.
A conclusione di questa disamina il più possibile esaustiva possiamo affermare, per una volta, che tutto sommato l’impianto normativo in tema di trasporto di persone disabili è soddisfacente e tale da non dare adito, ragionevolmente, a difficoltà interpretative, perché molto chiaro nelle formulazioni.
Dal lato pratico molto resta sicuramente ancora da fare, soprattutto perché c’è ancora la necessità di creare una cultura della disabilità, o per meglio dire, della mobilità ridotta, come abbiamo già avuto modo di notare in premessa.
Il concetto di progettazione universale si sta affermando, non solo da un punto di vista legislativo, ma anche, e in qualche caso addirittura prima, da un punto di vista di concezione del prodotto, sia esso un mezzo di trasporto, un accesso ai punti di imbarco, o un qualsiasi altro prodotto della vita comune. Auspichiamo che questo significhi un avvicinamento della società civile e degli operatori alla comprensione che una vita accessibile a tutti è una vita più agevole e migliore per tutti, non solo per chi ha necessità particolari.

Fonti normative regionali.
Sul tema alcune regioni hanno legiferato molto dettagliatamente, altre hanno rimandato, più o meno esplicitamente, alle norme statali di riferimento (D.P.R. 503/1996, legge delega 59/1997 e conseguente DLGS 422/1997, legge 328/2000, nonché le leggi quadro 104/1992 e 21/1992) in ottemperanza al principio di sussidiarietà e alla competenza concorrente.
In questo ambito, è lodevole la legge 38/1998 sull’eliminazione delle barriere architettoniche della regione Calabria, che all’art. 2 definisce le barriere architettoniche e localizzative “…ogni ostacolo che limita o nega l’uso autonomo a tutti i cittadini di spazi, edifici, servizi, strutture e, in particolare, impedisce la mobilità dei soggetti con difficoltà motoria, sensoriale e/o psichica, di natura permanente o temporanea, dipendente da qualsiasi causa”. interessante qui la locuzione in un disposto legislativo di barriera localizzativa, che assimila semanticamente la barriera fisica alla barriera sensoriale intesa come incapacità di localizzare un oggetto fermo o in movimento per assenza di rumore o di segnaletica visiva adeguata o per inquinamento acustico o luminoso. Anche se, per lo stesso dettato legislativo, questa definizione è solo ai fini di questa legge, può valere in via estensiva come definizione globale. Notevole è il dettato dell’art. 3 laddove si statuisce che La realizzazione e le modifiche delle strutture e delle costruzioni e gli interventi in materia di trasporto pubblico di persone devono perseguire la compatibilità dell’ambiente costruito con la variabilità e la mutabilità nel tempo delle esigenze dei cittadini. Di conseguenza, l’ambito di applicazione della norma ex art. 4 è veramente onnicomprensivo e la regione si fa carico (art. 6 comma 8 lettera d) di organizzare corsi di formazione e di aggiornamento, in collaborazione con le università e con le associazioni rappresentative dei disabili, per tutto il personale che deve applicare questa legge. Si introduce qui un combinato tra i concetti di disabilità/mobilità ridotta e di mutabilità delle esigenze, che fa quindi pensare ad un avvicinamento a quanto auspicato in premessa, cioè un’assimilazione tra mobilità ridotta ed esistenza anche solo incidentale dell’impedimento.
Analoga formulazione si trova all’art. 4 della legge regionale della Sardegna 32/1991. Si veda anche l’art. 20 comma 1 lettera f) della legge 21/2005 della Sardegna per quanto riguarda il trasporto delle persone a mobilità ridotta inserito tra i servizi minimi garantiti, il comma 2 lettera d) per gli standard di qualità, e l’art. 26 per le tariffe agevolate. Infine segnaliamo l’art. 6 comma 2 legge regionale della Sardegna 17/2015 per la destinazione dei proventi delle sanzioni trattenute dalle aziende di trasporto, tra l’altro, al potenziamento delle misure per i diversamente abili.
In ottemperanza alle norme della legge 56/2014 recante disposizioni in materia di città metropolitane, province, unioni e fusioni di comuni si veda, per l’Abruzzo, l’art. 13 legge 32/2015 quanto al trasferimento dalla regione in bilancio agli enti locali per il trasporto degli studenti disabili di ogni ordine e grado.
La legge regionale 1/2000 del Piemonte, all’art. 2 comma 2 vincola all’adeguamento progressivo di Tutte le reti ed i servizi alle esigenze degli utenti con ridotta capacità motoria ed alla loro effettuazione con materiale rotabile idoneo e all’art. 13 istituisce l’osservatorio regionale per la mobilità, Al fine di verificare l’efficacia delle politiche di trasporto pubblico messe in atto.
La legge regionale della Campania 3/2002 e successive modificazioni all’art. 16 statuisce che la Giunta Regionale approva le linee direttive del trasporto pubblico (comma 1) che orientano la programmazione dei servizi di mobilità in modo, tra l’altro, da eliminare le barriere e sviluppare la mobilità dei soggetti disabili (comma 3 lettera m) e istituisce all’art. 21 l’agenzia campana per la mobilità sostenibile che verifica, tra l’altro, il rispetto dell’uguaglianza di trattamento degli utenti (art. 22 comma 1 lettera e). I contratti di servizio, previsti dall’art. 19 del DLGS 422/97, regolano l’esercizio di tutti i servizi di trasporto pubblico regionale e locale (art. 30 comma 1), tra l’altro (comma 8 lettera p) l’affidatario è obbligato ad utilizzare personale qualificato e mezzi idonei a garantire la sicurezza del servizio e a prevedere un piano di progressivo adeguamento dei mezzi di trasporto alla normativa di accessibilità di cui al D.P.R. n.503/96;
Per la regione Veneto si veda l’art. 12 legge regionale 41/1993, per i trasporti speciali delegati a comuni e province il comma 5 dell’art. 1 legge 46/1994 e per le agevolazioni tariffarie l’art. 30 commi 3, 5, 6, 7, 9 e 10 legge 54/1985 e successive modificazioni.
Per la regione Toscana, si veda l’art. 1 comma 1 lettera c) e l’art. 4 comma 1 lettera b) legge regionale 42/1998. Per la pianificazione provinciale dei trasporti si veda l’art. 7 comma 1 lettera b), per la pianificazione comunale l’art. 9 comma 1 lettera b) e per le tariffe agevolate la legge regionale 100/1998.
Per la regione Liguria si veda l’art. 3 comma 2 legge regionale 33/2013 e l’art. 6 comma 3 lettera i) della stessa legge, laddove stabilisce che la regione opera di concerto con la Consulta regionale per la tutela dei diritti della persona handicappata di cui alla legge regionale 19/1994. L’art. 10 istituisce il comitato per la concertazione delle attività sul trasporto pubblico, di cui fa parte, tra l’altro, un referente nominato dalla Consulta regionale per la tutela dei diritti della persona handicappata (comma 2). L’agenzia regionale di cui all’art. 11 si coordina con la consulta regionale per le persone con disabilità (comma 9).
La legge 6/2012 della regione Lombardia all’art. 4 comma 2 lettera j) tra i compiti delle province segnala che il posizionamento delle paline delle fermate dev’essere accessibili anche ai portatori di handicap. formulazione analoga per i compiti del comune ex art. 6 comma 2 lettera i). i programmi dei bacini territoriali ex art. 7 comprendono tra l’altro i piani previsti dall’art. 26 comma 3 legge 104/1992 (art. 13 comma 1) e si veda anche il comma 3 lettera f). ex art. 19 comma 3 lettera e) la regione determina con le modalità di cui alla norma citata, anche il numero di mezzi accessibili alle persone con disabilità e ex art. 21 comma 5, gli accordi tra regione ed agenzie per il trasporto pubblico prevedono accorgimenti tecnici per le persone a mobilità ridotta nelle fermate dei comuni che non abbiano autostazioni e nelle stazioni alle quali non si possono applicare le norme tecniche dell’allegato della legge regionale 6/1989 punto 2.1.2. l’art. 27 comma 3 lettera b) vincola gli esercenti il trasporto privato, mediante contributi pubblici, ad utilizzare veicoli accessibili ai portatori di disabilità.
Per la regione Marche si veda l’art. 2 comma 2 lettera g) legge regionale 6/2013. L’art. 5 comma 3 lettera f) legge regionale 45/1998, nell’elenco delle tipologie di mezzi per il trasporto pubblico, inserisce mezzi speciali per le persone portatrici di disabilità o a ridotta capacità motoria. Le province approvano i piani di bacino ex art. 14 (si veda in particolare per le loro competenze il comma 2 lettera f), tra l’altro, quanto alla mobilità dei disabili (art. 8 comma 2 lettera a). I comuni, anche in forma associata come comunità montane, approvano i piani per la mobilità ex art. 5 legge 104/1992 (art. 9 comma 2 lettera a e comma 4). I piani urbani del traffico devono eliminare le barriere architettoniche (art. 16 comma 3 lettera b)
In Umbria, si veda in generale l’art. 2 comma 2 lett. A) e b) legge regionale 37/1998. In particolare alla lettera f) si vincola la regione ad accantonare annualmente risorse finanziarie a favore dei comuni per l’applicazione di tariffe speciali per le persone con disabilità (si veda anche art. 3 comma 1 lettera h). la regione inoltre, col piano regionale dei trasporti ex art. 11, individua gli interventi per le persone a mobilità ridotta (art. 11 comma 2 lettera f). il piano di bacino ex art. 12, al comma 4 lettera h) individua interventi specifici ai sensi dell’art. 26 della legge 104/1992 (analogo per i piani urbani dei comuni, art. 13 comma 3 lettera d e vedasi anche art. 19 comma 2 lettera c). priorità negli investimenti è individuata dalla giunta regionale per le persone a ridotta capacità motoria (art. 16 comma 2 lettera c) i servizi minimi ex art. 21 sono individuati anche secondo le esigenze delle persone a ridotta capacità motoria e sensoriale (art. 21 comma 1 lettera c).
Nel Lazio la norma di riferimento è la legge regionale 30/1998 che all’art. 4 comma 4 tra i servizi su strada speciali pone quelli per il trasporto di persone portatrici di handicap. Si veda poi l’art. 6 comma 1 lettera l) n. 6), art. 7 lettera h e art. 10 comma 1 lettera a), nonché, per la definizione di servizi minimi, l’art. 17 comma 1 lettera e). per le agevolazioni tariffarie si veda l’art. 31 (il primo comma lettera a) è specifico per i disabili visivi), l’art. 32, l’art. 33 per l’onere della regione a corrispondere all’azienda di trasporto il corrispondente per il minore introito, e l’art. 34 per agevolazioni tariffarie a carico degli enti locali.
Analogamente ad altre regioni, il Testo Unico della Puglia 18/2002 all’art. 7 comma 2 lettera i) attribuisce al piano regionale dei trasporti ex comma precedente il compito di definire i criteri per l’eliminazione delle barriere e lo sviluppo della mobilità dei soggetti disabili (vedi anche, per i piani provinciali di bacino, l’art. 11 comma 1 lettera d) e per i piani urbani del traffico l’art. 12 comma 5). Quanto al rilascio di titoli di viaggio gratuiti vedi art. 30 specialmente comma 3 (alla lettera a) compaiono i minorati della vista e i loro accompagnatori).
Per la Basilicata si veda l’art. 7 comma 1 lettera a) della legge regionale 22/1998 e successive modifiche quanto alle competenze dei comuni sul trasporto delle persone a ridotta mobilità, e in tema si veda per il piano regionale dei trasporti l’art. 8 comma 2 lettera c). per i servizi minimi si veda in particolare l’art. 11 comma 2 lettera e). Gli artt. 24 e 25 normano la libera circolazione sulla rete di trasporto pubblico alle varie categorie di disabili e relativi accompagnatori, tra cui i minorati della vista (art. 24 lettera a).
In Emilia Romagna, si veda l’art. 29 comma 3 lettera d) e art. 30 comma 1 lettera g) della legge regionale 30/1998 per gli interventi regionali in favore del trasporto dei disabili.
In virtù dei maggiori poteri conferiti dal DLGS 111/2004 alla regione Friuli Venezia Giulia, interviene il decreto del presidente della Regione n.80/2013 il cui art. 4 comma 1 lettera a) prevede il miglioramento del servizio tramite l’abbattimento delle barriere architettoniche. Allo scopo interviene il piano regionale per il trasporto pubblico locale di cui all’art. 13 che provvede ai sensi del comma 1 lettera h). ex art. 34 comma 3 possono beneficiare di tariffe speciali, tra l’altro, i minorati della vista e i loro accompagnatori (lettera b).
Sempre quanto alle tariffe agevolate, in Valle d’Aosta la legge regionale 29/1997 stabilisce che tra i servizi integrativi non di linea ci sono i servizi per disabili (art. 55 comma 1 lettera a) tra cui per i minorati della vista (art. 56 comma 1 lettere d) ed e), gratuiti ex art. 24 commi 2 e 4 (per i privi della vista comma 4 lettera b) purché residenti in regione con onere a carico della Regione per i trasporti in valle e con una compartecipazione della regione per i trasporti fuori valle. Si veda in generale tutto l’art. 56, mentre in Molise la legge regionale 19/1998 norma le agevolazioni tariffarie per i disabili elencati all’art. 2 comma 1, compresi i minorati della vista.
Nella provincia autonoma di Bolzano è gratuito l’utilizzo del sistema integrato di trasporto per varie categorie di disabili e non solo, (art. 16 delibera provinciale 760/2016) tra cui i minorati della vista residenti in provincia che esibiscano la relativa tessera (comma 3) e vengono riconosciute le agevolazioni previste da leggi statali (art. 17, in particolare lettera a) per l’accompagnatore dei privi della vista, concessione speciale III). Quanto al trasporto di sedie a rotelle e di bambini in carrozzina si veda l’art. 21. Il comma 3 stabilisce che qualora lo spazio per carrozzine a bordo dell’autobus sia già occupato, per motivi di sicurezza non è ammissibile far salire un altro passeggero nelle medesime condizioni, perché deve essere garantita la salita e la discesa di tutti i passeggeri senza impedimenti o interferenza di sorta.
Per la provincia autonoma di Trento si veda la legge provinciale 16/1993, art. 1 comma 2 e l’art. 12 per la delega a deliberare alla giunta provinciale sulle condizioni di trasporto per disabili.
La Legge della Regione Sicilia 68/1981 all’art. 6 prevede che i Comuni, singoli o associati, sono tenuti all’istituzione (lettera c) dei servizi di trasporto gratuiti a favore dei disabili per la frequenza delle scuole di ogni ordine e grado, compresa la scuola preparatoria, e dei centri educativo-riabilitativo a carattere ambulatoriale e diurno (si veda anche il Decreto Assessoriale N° 867/S7/2003). Sull’istituzione nel 2013 dei liberi consorzi comunali, eredi delle province che erano l’ente competente per il trasporto dei disabili, si veda www.anffas.net/download.asp/file=marcellino.pdf. A tutt’oggi c’è ancora un vuoto normativo sulle competenze effettive di tali consorzi.

Sitografia.
Oltre al sito appena citato, per un’analisi giuridica sul tema generale del trasporto dei disabili aggiornata alla fine del 2011, quindi che non contempla le ultime disposizioni normative sulle sanzioni in ottemperanza ai regolamenti europei sul trasporto ferroviario (DLGS 70/2014) e per autobus (DLGS 169/2014), si veda www.giureta.unipa.it-phpfusion-images-articles-5Camarda_28052011_dirtrasp.pdf, con riferimenti giurisprudenziali della Corte di Giustizia Europea e di alcuni tribunali italiani ed internazionali. Per un elenco di fonti legislative e regolamentari si veda www.handylex.org/cgi-bin/hl3/cat.pl?v=b&d=7700&c=7001.
Sul trasporto aereo in Italia si veda il sito dell’ENAC, www.enac.gov.it.

Due chiacchiere con Maurizio Molinari, addetto stampa del Parlamento Europeo in Italia, di Valter Calò

Autore: Valter Calò

Care ragazze e cari ragazzi che state leggendo questa intervista, voglio dedicarla tutta a voi.
Ho contattato telefonicamente un personaggio veramente unico, Maurizio Molinari; non importa se lo conoscete o meno, vi chiedo di dedicare alla lettura di questo articolo un po’ del vostro tempo, sperando di farvi sognare e cercando di farvi arrivare un messaggio importante che Maurizio trasmette a tutti noi.
“Impegnati a fondo, ma non ostinarti valuta sempre le alternative”. (citato Maurizio Molinari)

Ti ringrazio, Maurizio, per averci concesso questa intervista. Da oggi ti seguiremo, da vicino e da lontano, nella tua splendida carriera.

Buon giorno Maurizio.
Iniziamo subito a conoscerti.

V: Raccontaci brevemente la tua carriera di giornalista freelance.
M: Io sono non vedente, il mio percorso formativo è iniziato con la Laurea alla scuola interpreti, Sede di Forlì.
I miei primi lavori come giornalista sono stati con la rivista Una Città e col Corriere di Romagna. Il mondo dell’editoria mi ha subito affascinato e mi sono iscritto alla scuola di giornalismo ad Urbino. Ho capito subito che questo è il mio mondo e ho finalizzato questo mio percorso formativo con l’esame di giornalista professionista con stage alla RAI, AGI e ANSA.
Ho iniziato così a fare il giornalista freelance collaborando con numerose testate giornalistiche. Con la conoscenza delle lingue, ho allargato i miei confini e sono entrato come addetto stampa in una organizzazione ambientalista: Transport and Environment. La necessità di continuare a studiare per migliorarmi ha fatto sì che mi iscrivessi ad un master di radio e giornalismo a Liverpool.
Alla fine del master si sono aperte le porte della BBC, con il programma radiofonico Outlook che racconta storie dal mondo e altri programmi come World Football e In Touch e per documentari. Ho fatto anche uno stage per You and Yours.

V: Così con la BBC hai avuto la possibilità di intervistare parecchie persone; chi ti ricordi in particolare?
M:Un’ intervista che mi ha fatto molto piacere è stata quella con l’allenatore Antonio Conte, per due motivi fondamentali: il primo che sono Juventino da sempre e il secondo perché sono stato io sicuramente il primo a far parlare in inglese il mister. Un altro personaggio che mi è piaciuto intervistare è stato Ennio Morricone, ma sono state tante le interviste che ho fatto.
Dimenticavo di dire che nel mio trascorso lavorativo ho fatto anche l’interprete, sono stato sempre un appassionato di lingue e con gli anni ho approfondito inglese, francese, tedesco, spagnolo
Ultimamente sto cercando di imparare il russo, stimolato dal fatto che ho una compagna lettone. Con lei ho un figlio con il quale parliamo in Russo e Italiano

V: Puoi raccontarci i due momenti della tua vita: il più bello e il più brutto?
M: Nella vita ci sono tanti momenti belli e brutti che si alternano, ma partiamo dal più bello, dunque vediamo… indubbiamente quando sono entrato in BBC e ho fatto il mio primo programma radio, insomma credo che la BBC sia ritenuta un po’ da tutti una radio storica e importantissima nel panorama radiofonico. In quel periodo ho conosciuto tantissime persone.
Questa opportunità lavorativa mi ha dato la possibilità di parlare di calcio, la mia grande passione.
Adesso passiamo al momento più brutto; rimango nello stesso ambito, ovvero quello lavorativo.
Quando ho finito la scuola di giornalismo a Urbino, ho provato ad entrare in RAI, ma ho ricevuto solo porte in faccia.
Questo per quanto riguarda il lavoro, ma sinceramente il mio momento personale più brutto è stata la perdita di mio padre a giugno di quest’anno. Se io ho fatto tutto quello che ho fatto e sono la persona che sono, gran parte del merito è suo, è stato il mio più grande punto di riferimento, quello che a undici anni mi ha mandato da solo in Inghilterra a studiare l’inglese, quello che mi ha sempre spinto a provare tutti gli sport, una persona geniale, un grande e un grande vuoto nella mia vita ora.

V: Maurizio, mi spiace molto per la perdita di tuo padre, personalmente li definisco libri che si chiudono, ma che ogni tanto, con piacere, si aprono e si rileggono. Ti capisco anche perché io quest’anno in pochi giorni ho perso tutti e due i genitori.
Rimanendo sul tema lavoro, quale pensi sia la motivazione di questo comportamento della RAI?
M: Sicuramente la mia disabilità ha influenzato molto il giudizio di chi doveva prendere delle decisioni. Sono andato anche dai sindacati, in quanto all’epoca la RAI era obbligata ad assumere persone disabili, ma nulla da fare, un ruolo come giornalista non era previsto per un non vedente, solo centralinista o portineria.

V: considerando la brillante carriera che hai fatto e stai facendo, credo che forse quelle porte in faccia ti abbiano aiutato.
M: Vero sì: la rabbia che mi è venuta da quell’atteggiamento ingiustificabile ha fatto sì che mi impegnassi ancor di più, trovando all’estero un’opportunità di lavoro senza pregiudizi, come sempre e più spesso accade anche oggi. Sotto questo punto di vista, in Italia, credo debbano cambiare tante cose, infatti in BBC ci sono posti per giornalisti disabili.

V: Invece di giornalista, quale professione ti sarebbe piaciuto fare?
M: Un sogno o un’idea che mi è passata spesso per la testa era di entrare in un’organizzazione non governativa, la nota O.N.G., girare il mondo e occuparmi di una delle tante problematiche di questa terra.

V: Attualmente, Maurizio, che incarichi ricopri?
M: Sono addetto stampa del Parlamento Europeo
Questa attività mi permette di viaggiare molto, sono sempre su e giù dagli aerei in tutta Europa.
V: Cosa comporta questo lavoro?
M: Un lavoro complesso che ha come primo compito quello di informare i giornalisti sull’attività del Parlamento Europeo e dei suoi componenti. Uno degli ultimi miei lavori è stata l’organizzazione di un seminario per giornalisti a Bruxelles, spiegando il funzionamento, i compiti e le criticità attuali del Parlamento Europeo a tutti i giornalisti convenuti.
Altro mio compito è quello di organizzare e dirigere gli uffici stampa per eventi riguardanti sempre il Parlamento Europeo, così come redigere comunicati stampa.
Questo lavoro mi piace molto.

V: Per la formazione di un nostro giovane, cosa consiglieresti di studiare?
M: Credo che la prima cosa che debba fare un giovane sia quella di seguire la propria passione, ma deve essere sempre pronto a valutare ed eventualmente cambiare il suo piano in corsa, mai ostinarsi su un obiettivo. Bisogna avere pazienza ed impegnarsi; i risultati arrivano sempre dopo e spesso quando uno meno se lo aspetta.
Un consiglio che posso dare ai giovani è quello di leggere molto, informarsi cercando di approfondire gli argomenti con curiosità, essere sempre aperti a nuove conoscenze e mantenere sempre i contatti con tutti. Mi raccomando, non abbiate mai paura di sbagliare.

V: Parlaci della tua passione calcio.
M: Sono tifoso della Juventus e cerco di seguirla sempre, a partire dalle radiocronache, ma anche allo stadio, mi piace molto discutere di calcio e un po’ come tutti esprimere il mio giudizio.
V: Non ti hanno mai chiesto che cosa vai a fare allo stadio se non ci vedi?
M: Direttamente no, ma sicuramente tanti lo hanno pensato. Io vivo l’atmosfera dello stadio e quando vado mi piace stare in curva tra gli ultras dove si percepisce al massimo la sensazione della partita. Alcune volte ho la radiolina oppure un amico mi spiega cosa sta succedendo, io chiedo spesso la posizione dei vari giocatori e come stanno giocando singolarmente per avere nel mio campo di gioco virtuale la mia idea. In curva solo con il mormorio, chiamiamolo così, si percepisce molto della partita e si vive una atmosfera straordinaria. Sono andato a Berlino alla finale di Champions Juve-Barcellona con Blablacar. Indimenticabile, non conoscevo nessuno, eravamo in 5 in una giulietta, arrivati allo stadio a Berlino avevamo chiaramente posti lontani uno dall’altro, ero solo, ma ho capito tutto della partita ascoltando i cori, sensazioni uniche.

V: Se tu fossi al posto mio come coordinatore di una Commissione Nazionale per le nuove attività lavorative, che suggerimenti daresti ad un giovane?
M: I giovani non devono avere un approccio con il mondo del lavoro pensando che l’unica professione per un ipovedente o non vedente sia il centralinista: devono partire con l’idea che quasi tutte le professioni sono fattibili, devono seguire con convinzione quelle che sono le loro passioni e, come dicevo prima, non arrendersi alle prime difficoltà e in egual maniera non ostinarsi con progetti che non si riesce a finalizzare.

V: Per i tuoi incarichi sei sempre in giro per il mondo: avrai incontrato altre realtà e persone con il nostro stesso handicap, puoi informarci cosa succede fuori dai nostri confini?
M: Quando viaggio normalmente non incontro altri ciechi e non frequento associazioni o ambienti di minorati della vista, posso solo raccontare che in alcuni paesi dell’Est Europa ho riscontrato molta emarginazione che mi ha profondamente colpito.
In Corea invece ho visto scuole solo per ciechi, insomma una ghettizzazione ed emarginazione dei non vedenti, mentre io credo che l’inclusione sia fondamentale per noi al fine di confrontarci e farci conoscere.
In alcuni paesi ho visto molte più attività sportive dedicate alle disabilità e molte più attrezzature per disabili.

V: Puoi indicare una persona o un lavoro fatto da minorati visivi che ti ha particolarmente affascinato?
M: Ma non saprei, vediamo un po’… sì, mi viene in mente Felice Tagliaferri che è uno scultore di fama internazionale, pratica anche judo e gioca a baseball, oppure Alessandro Bordin che ha fatto il giro del mondo da solo e per finire Gary O’Donoghue, il Capo corrispondente politici BBC.

V: Fatti una domanda.
M: Cosa mangio a pranzo? Non lo so. Forse un panino.

Fine di un Flash con Maurizio Molinari, personaggio sicuro di sé, tranquillo, e come si nota da ogni sua risposta molto determinato. Il suo tono di voce è sicuro e rassicurante, spicca una forte personalità, se lo dovessi paragonare ad un motore è sicuramente un diesel, se invece dovessi trovare un parallelismo con il mondo animale, un lupo abruzzese.
Parlando con lui al telefono, ho riscontrato tanta saggezza nelle sue parole e nel suo carattere, tiene sempre aperte le porte per la voglia di conoscere e confrontarsi, non è un superficiale, ma è un profondo analitico con tutte le persone con le quali viene a contatto.
Un saluto a tutti
Valter Calò
Coordinatore Commissione NAL (nuove attività lavorative)

Sintesi dei lavori della Commissione Nuove attività lavorative del 26 ottobre 2016

Il giorno 26, del mese di ottobre, dell’anno 2016, in audio conferenza alle ore 21, si è riunita, ab interim, la Commissione NAL Convocati: dott. Valter Calò coordinatore, dott.sa Alina Pulcini referente, componenti commissione NAL: avv. Stefano Borella, Dott.sa Eleonora Ballocchi, Dott. Domenico Ietto, Avv. Gianluca Fava, Dott.sa Paola Labarile, Carmelo Dimartino, Maurizio Albanese. Consiglieri: dott. Marco Pronello, dott.sa Tamara Lo Vasco. Assenti giustificati: Stefano Borella Maurizio Albanese
Dopo i convenevoli saluti ai partecipanti da parte del coordinatore Calò e della referente Pulcini, alle 21:15 si sono aperti i lavori, con la nomina del segretario verbalizzante Gianluca Fava e del moderatore Valter Calò.
La motivazione di questa riunione è stata la necessità di informare e ragguagliare i componenti della commissione stessa sullo stato di avanzamento progettuale dei vari gruppi di lavoro.
Per ogni progetto era stato nominato un referente, con il compito difficile di indirizzare l’iter dei lavori, affinché non venissero sprecate inutilmente energie.
I referenti progettuali hanno esposto esaustivamente alla commissione lo stato dei lavori e dopo ogni punto programmatico si è aperta una analisi dell’operato, da parte di tutti i componenti.
.1 accordatore di pianoforte Maurizio Albanese
In sua assenza, Calò ha riferito che la bozza del progetto era stata pubblicizzata, ma fino ad oggi abbiamo avuto solo una adesione, vedremo se prossimamente, contattando eventualmente la commissione musica, ci saranno sviluppi per questo progetto.
.2 mediatore di controversie on-line Stefano Borella
In sua assenza, Calò riferisce che il progetto, dopo una veloce partenza, ha avuto un rallentamento, determinato in prima istanza dai corsi di formazione: sono insorte problematiche che dovranno essere risolte con una riunione a Roma ed eventualmente a livello Ministeriale; in seconda istanza, da parte della società partner del progetto, un preventivo di spesa molto alto, circa 80.000 euro, dovuto all’adeguamento della sala computer con software accessibili.
.3 raccolta dati sulle professionalità svolte da minorati della vista. Alina Pulcini
Pulcini ha presentato il lavoro fatto dal suo gruppo, illustrando chiaramente le problematiche per il recepimento dei dati, ha chiesto collaborazione a tutta la commissione e la raccolta dei dati è stata assegnata a Maurizio Albanese per il sud e Tamara Lo Vasco per il nord. Alla fine della sua esposizione si è aperto un dibattito per come meglio capillarizzare le sue richieste e l’informativa di tutta la commissione. Necessario quasi un porta a porta per la raccolta dati, verranno sollecitati i Presidenti di sezione e Regionali. Alina ha esposto che alcuni Presidenti sono stati molto collaborativi e che altri, dopo aver manifestato interesse, non si sono più sentiti e alcuni non hanno risposto.
.4 nuovo Progetto “accessibilità elettrodomestici” referente nostra commissione Stefano Borella e Valter Calò
Calò riferisce essere un nuovo progetto che si sta sviluppando con altre due commissioni, -OSI e –nuove tecnologie. Partito da un documento di Pronello Lo Vasco e Ballocchi, sta prendendo forma, ma risulta in ogni caso essere allo stato embrionale. Il primo lavoro in programma è quello di avere più dati da analizzare e per questo motivo le commissioni si sono suddivise i lavori.
.5 intervista a Daniele Regolo e possibile cooperazione con www.jobmetoo.com, Eleonora Ballocchi
Ballocchi presenterà, nei prossimi giorni un incontro che ha avuto con il fondatore di Jobmetoo, Daniele Regolo; forse potrà nascere una cooperazione con lui.
.6 Progettualità in agricoltura Valter Calò
Calò illustra gli sviluppi di questa tematica, partendo da Siracusa fino agli incontri a Catania e Torino con i rispettivi consigli Regionali dell’UICI. Molto interesse, ma per il momento si fa solo formazione, spiegando la procedura sullo sviluppo progettuale e gli step da percorrere.
Calò ha riferito anche che ha relazionato davanti all’assemblea dei Quadri Dirigenti UICI, non solo sul tema agricoltura, ma su tutto il lavoro della commissione. Interviene anche Dimartino, illustrando quanto fatto fino ad oggi a Siracusa su un progetto inerente l’agricoltura e presentando le criticità attuali.
.7 Perito fonico e trascrittore Gianluca Fava
Fava descrive il lavoro fatto fino ad oggi che ha comportato la definizione e la ricerca di normative riguardanti questa professionalità. A riguardo è stato già emanato un documento che è stato inoltrato a tutti i presidenti sezionali UICI. Attualmente viene approfondito il lavoro di questa professione e gli strumenti di utilizzo, accertandone la loro accessibilità. Le strade da percorrere nel prossimo futuro sono molteplici e verranno tutte analizzate; alla fine si è aperta una discussione su come procedere e soprattutto come meglio coordinarsi internamente al gruppo di lavoro. La discussione è diventata molto tecnica, tanto che Calò ha chiesto di chiudere l’argomento e ha invitato il gruppo di lavoro ad approfondire la tematica via teleconferenza. Interventi di Ietto, Calò, Pronello, Fava, Lo Vasco.
.8 gruppo FB Paola Labarile
Labarile illustra lo sviluppo della nostra pagina sul social FB, ritenendosi soddisfatta per i numerosi interventi dei lettori, invita i componenti della commissione a partecipare e scrivere post, in modo da rendere ancor più visibile la nostra pagina.
.9 Nuovi consulenti entranti
viene chiesto a Tamara Lo Vasco e Marco Pronello di presentarsi ai membri della commissione
È stata inoltrata da Calò la richiesta al direttivo UICI di includere ufficialmente i due consiglieri alla commissione NAL, la risposta si avrà dopo la riunione del 10 novembre CA.
Calò informa che ha avuto molte richieste, PER poter partecipare alla nostra commissione e questo lo conforta in quanto si evidenzia il buon operato di tutti i componenti.
La teleconferenza si chiude alle 11:10

Incontro con Daniele Regolo, di Valter Calò

Autore: Valter Calò

Commissione NAL (nuove attività lavorative) Coordinatore dott. Valter Calò

Abbiamo programmato una serie di incontri tra i componenti della commissione NAL e personaggi che possano essere presi da esempio o che stimolino tutti noi in quella ricerca di miglioramento personale che ci possa dare del valore aggiunto nella vita di tutti i giorni.
Non vogliamo considerarli e non sono supereroi, ma persone che nonostante una disabilità sono riusciti ugualmente ad emergere fuori da stereotipi e preconcetti comuni.
Iniziamo con il dott. Daniele Regolo, fondatore di un sito già a molti conosciuto, ma non a tutti, www.jobmetoo.com.
Buona lettura
Valter

Jobmetoo: la nuova frontiera dell’e-recruiting per le persone con disabilità
(Intervista a Daniele Regolo, di Eleonora Ballocchi)
Dedichiamo questo spazio ad un progetto imprenditoriale, unico nel suo genere, che riteniamo debba avere quanta più visibilità possibile: Jobmetoo – Disabili e lavoro, il recruiting per Categorie Protette!

Jobmetoo è un’agenzia di ricerca e selezione, riconosciuta dal Ministero del Lavoro, che utilizza una piattaforma web sulla quale viene facilitato l’incontro tra candidati appartenenti alle categorie protette, tra cui vi sono le persone con disabilità, con il mondo del lavoro e delle imprese.
La piattaforma web si struttura su due frangenti: lato candidati e lato aziende. Ai candidati è data l’opportunità di creare gratis un profilo, raccontarsi e descrivere competenze, abilità ed ambizioni, quindi ricevere tutte le offerte di lavoro compatibili. Lato aziende, Jobmetoo si prefigge di trasformare gli obblighi occupazionali di legge in opportunità di crescita e produttività, oltre a rappresentare una vetrina su valori aziendali e mission a finalità sociale.
Una società quindi di e-recruiting, ossia di collocamento attuato attraverso servizi online. Jobmetoo è molto di più… e chi meglio del Presidente e fondatore, Daniele Regolo, poteva spiegarci tutto di questa realtà di successo?

Prima di passare all’intervista, permettetemi una nota personale. Daniele, oltre che un imprenditore tenace ed un esperto delle tematiche relative all’inserimento occupazionale delle persone con disabilità, è per me soprattutto un amico e lo ringrazio di aver accettato l’invito per questa intervista.

***

E – Jobmetoo nasce nel 2012 dalla tua caparbietà e spirito d’iniziativa: puoi ripercorrere con noi le tappe principali che ti hanno portato a costruire una realtà di successo com’è senza dubbio quella di Jobmetoo oggi?

D – Per dirla con una frase semplice e chiara, Jobmetoo è quel portale di cui io avrei avuto bisogno nella ricerca di un lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche conseguita a Macerata, ho conosciuto quindici anni di esperienze lavorative poco organiche, fino all’assunzione a tempo indeterminato nella pubblica amministrazione in seguito ad un concorso pubblico. Purtroppo, la mansione che mi venne affidata era assai poco compatibile con la mia sordità profonda: addetto allo sportello di front office. Dopo anni duri e logoranti dovuti ad una collocazione impropria (basti pensare alla fatica di leggere labialmente i dati personali degli utenti e inserirli al pc), ho preso la prima vera decisione adulta della mia vita e mi sono dimesso da un impiego a tempo indeterminato per fondare Jobmetoo. Ho iniziato da solo, poi siamo cresciuti fino a diventare la realtà di oggi, realtà che deve percorrere ancora molta strada.

E – In una recente intervista che hai rilasciato a Superando.it, è emerso che, quando vi vengono affidate selezioni di personale, ben l’86% di queste ha esito positivo. Quindi, il mondo del lavoro non è così chiuso come viene dipinto. Ovviamente tali possibilità, riprendendo sempre la tua intervista, sono più elevate per i candidati istruiti e specializzati. Alla luce di questi dati ed in base alla tua esperienza, com’è cambiato negli ultimi anni il rapporto tra aziende e lavoratori con disabilità?

D – Da “ex figlio della Legge 68” devo essere sincero: le aziende mi venivano descritte come alieni insensibili ai problemi dei disabili. Nel ruolo ricoperto oggi, devo dire che non è esattamente così. Le aziende sono composte da persone, e la maggior parte di queste è molto sensibile al tema della disabilità e della diversità in generale. Quello che manca sono gli strumenti e riferimenti adeguati per ottenere le migliori soluzioni. Confermo che per chi è istruito e specializzato è più facile entrare nel mondo del lavoro, ma è anche vero che persone con disabilità pesanti possono essere ben collocate, come sta a dimostrare la significativa esperienza dell’Hotel a Sei stelle. Sempre sul versante sindrome di Down, come Jobmetoo abbiamo seguito la selezione di personale per le farmacie di Milano, insieme al network WoW! Wonderful Work, Fondazione Adecco e Fondazione Guido Muralti.

E – Nella pagina youtube di Jobmetoo, è stato pubblicato un video molto carino nel quale parli del tuo supereroe preferito: Paperinik, affermando che ciò che ti è sempre piaciuto è il fatto che il personaggio che sta dietro questo supereroe è Paperino, il papero più sfortunato (e simpatico) della banda Disney. Una bella frase, quasi un monito, che hai detto è che “…il supereroe è una persona che costruisce il proprio successo a partire dalle sue debolezze”. Colgo l’occasione per chiederti: quali consigli ti senti di dare a tutte quelle persone con disabilità che si affacciano sul mondo del lavoro, affinché riescano a trasformare la loro disabilità, qualcosa che di primo acchito può essere visto come una debolezza, in un’opportunità… Ovviamente, oltre ad iscriversi subito a Jobmetoo… 🙂

D – Prima di tutto occorre dire che una adeguata autostima è un buon punto di partenza. Ho incontrato persone con fior di curricula ma poco fiduciose nei propri mezzi e possibilità. Questo non va bene. E non è giusto. Più nello specifico, il mio suggerimento è di evitare la teoria secondo la quale “ogni lavoro va bene”. Bisogna mettere l’azienda nelle condizioni di valutarci per ciò che vogliamo e sappiamo fare, anche perché è molto più facile dire che si vuol fare un lavoro e trovarlo piuttosto che aprirsi ad ogni possibilità in modo irrealistico. Questi sono i presupposti, il resto viene da sé.

E -tra gli obiettivi della Commissione NAL (Nuove Attività Lavorative) dell’UICI vi è quello di individuare nuove professioni che spostino il baricentro occupazionale delle persone con minorazione visiva dai due capisaldi lavorativi del centralinista e del masso fisioterapista. Quali possono essere, secondo te, ambiti sui quali puntare e, perciò, che possono essere presi in considerazione già dalla scelta dei percorsi formativi dei giovani con problematiche visive?

D – Jobmetoo si propone come una novità anche per la composizione del suo team: persone senza disabilità, persone con disabilità e persone con disabilità in famiglia. Abbiamo avuto per diversi mesi una tirocinante non vedente, di supporto al servizio recruiting. La ragazza in questione esaminava i curricula, faceva interviste telefoniche, smistava le richieste degli utenti, pubblicava annunci e molto altro ancora. Ora lavora in un’agenzia che si occupa di customer care. Insomma, ho citato un solo esempio per dire che i casi possono essere molteplici.

E – Un altro degli obiettivi principali della Commissione NAL è quello legato a riconoscere la possibilità di carriera anche per le persone con disabilità. Pensi che le realtà aziendali siano pronte a questo? Cosa si può concretamente fare per rendere fisiologico l’avanzamento di carriera anche per i lavoratori con disabilità, ovviamente meritevoli, sfondando quella sorta di “soffitto di cristallo” che impedisce oggi come oggi il percorso di crescita a questi professionisti?

D – Domanda centrata e difficile. È vero, ci concentriamo tutti molto sul momento dell’assunzione, e poi, quasi con un sospiro di sollievo, ci lasciamo tutto alle spalle. Ma, come dici tu, se è impedita la possibilità di fare carriera in modo meritato, prima o poi i problemi vengono a galla, non solo per il candidato ma anche per l’azienda. L’unica soluzione sta nel costruire, quotidianamente e faticosamente, in modo appassionato, una cultura globale sulla e della persona con disabilità, cercando di evitare ogni possibile discriminazione. La stessa Convenzione ONU sottolinea l’importanza di avere possibilità di carriera come tutti gli altri.

E – Uno sguardo alla situazione normativa italiana attuale: nel dicembre 2014, in un’interessante intervista che hai rilasciato ad Access Emotion, affermavi testualmente che: “Le categorie “protette” sono talmente protette che non hanno chiare possibilità di ingresso nel mondo del lavoro!”. Era un’affermazione ovviamente ironica, tuttavia, non possiamo nascondere che la norma italiana, per quanto molto avanzata se confrontata con le discipline in vigore in molti altri Paesi, abbia indubbiamente delle pecche. Alla luce dei buoni propositi enunciati nel Job Act (L. n. 183/2014) ed il suo recepimento nei decreti attuativi (in particolare, D.Lgs. n. 151/2015), a tuo parere, quali opportunità di miglioramento sono state colte e, viceversa, quali aspetti importanti sono stati tralasciati?

D – Il Jobs Act ha un forte impatto sulla Legge 68. Sicuramente andare a modificare e migliorare le impalcature legislative che riguardano la disabilità in generale è veramente difficile, ma un cambio era necessario dopo le delusioni che la Legge 68 ha portato. Vorrei essere chiaro: che il Jobs Act abbia lasciato insoddisfatte molte sigle associazionistiche a causa della spinta sulla chiamata nominativa, è un dato di fatto che non si può negare. D’altra parte abbiamo, finalmente, la revisione integrale degli incentivi, insieme ad altri accorgimenti relativi all’aumento della base di computo e alla previsione di un responsabile per l’inserimento mirato. La mia risposta finale quindi è: dobbiamo aspettare qualche anno, inutile tirare le somme troppo presto. Ora abbiamo queste norme, cerchiamo di conoscerle, diffonderle e applicarle. Di sicuro la Legge 68 aveva bisogno di una scossa.

E – Concludiamo con uno sguardo al futuro: il lavoro, come affermato da te in un’intervista alla Fondazione Marco Vigorelli, è la chiave principale per cambiare il modo di pensare la disabilità perché “… decreta la completa autonomia della persona e il suo ruolo nella società.”. Jobmetoo è sicuramente un ottimo strumento con molteplici sfaccettature: una piattaforma di e-recruiting e matching domanda-offerta di lavoro, un blog che parla di disabilità e sociale, uno spazio (People) di raccolta delle testimonianze di persone e aziende che si sono incontrate grazie al portale, una pagina Facebook aggiornata… Quali altre novità avete in cantiere?

D – In effetti con Jobmetoo People, col blog e la pagina Facebook vogliamo portare una visione moderna della disabilità, leggera, se così si può dire. Una visione che si ispira alla Convenzione delle Nazioni Unite, che splendidamente illumina tutti noi – disabili e non – con un nuovo paradigma. Stiamo lavorando perché il sito sia sempre più funzionale e accessibile, con annunci attinenti e mirati, affinché il candidato con disabilità sia sempre maggiormente considerato un lavoratore come tutti gli altri. Manteniamo molto elevata l’attenzione al match, considerando anche le reali compatibilità tra caratteristiche del candidato e mansione richiesta dall’azienda, così come, laddove necessario, lavoriamo sulla cultura aziendale. In generale, vogliamo evolvere muovendo i passi giusti, e questo richiede un continuo scambio con gli utenti: rispondiamo sempre alle loro domande e alle loro osservazioni sia sul social che per posta elettronica.

E –Il mercato del lavoro è sempre più flessibile e votato all’internazionalità. Ad oggi, Jobmetoo è perlopiù legato al contesto italiano, seppur siano presenti varie offerte di lavoro di aziende multinazionali. Guardando al domani: un Jobmetoo oltre i confini nazionali ti piacerebbe?

D – E’ uno dei nostri obiettivi. E quando pensiamo se non sia eccessivo, subito mi viene in mente il mio amico Antonino che, non vedente, gira l’Europa con bastone e smartphone.

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Jobmetoo: la nuova frontiera dell’e-recruiting per le persone con disabilità
(Intervista a Daniele Regolo, di Eleonora Ballocchi)

Dedichiamo questo post ad un progetto imprenditoriale, unico nel suo genere, che riteniamo debba avere quanta più visibilità possibile: Jobmetoo – Disabili e lavoro, il recruiting per Categorie Protette!

Jobmetoo è un’agenzia di ricerca e selezione, riconosciuta dal Ministero del Lavoro, che utilizza una piattaforma web sulla quale viene facilitato l’incontro tra candidati appartenenti alle categorie protette, tra cui vi sono le persone con disabilità, con il mondo del lavoro e delle imprese.
La piattaforma web si struttura su due frangenti: lato candidati e lato aziende. Ai candidati è data l’opportunità di creare gratis un profilo, raccontarsi e descrivere competenze, abilità ed ambizioni, quindi ricevere tutte le offerte di lavoro compatibili. Lato aziende, Jobmetoo si prefigge di trasformare gli obblighi occupazionali di legge in opportunità di crescita e produttività, oltre a rappresentare una vetrina su valori aziendali e mission a finalità sociale.
Una società quindi di e-recruiting, ossia di collocamento attuato attraverso servizi online. Jobmetoo è molto di più… e chi meglio del Presidente e fondatore, Daniele Regolo, poteva spiegarci tutto di questa realtà di successo?

Prima di passare all’intervista, permettetemi una nota personale. Daniele, oltre che un imprenditore tenace ed un esperto delle tematiche relative all’inserimento occupazionale delle persone con disabilità, è per me soprattutto un amico e lo ringrazio di aver accettato l’invito per questa intervista.

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E – Jobmetoo nasce nel 2012 dalla tua caparbietà e spirito d’iniziativa: puoi ripercorrere con noi le tappe principali che ti hanno portato a costruire una realtà di successo com’è senza dubbio quella di Jobmetoo oggi?

D – Per dirla con una frase semplice e chiara, Jobmetoo è quel portale di cui io avrei avuto bisogno nella ricerca di un lavoro. Dopo la laurea in Scienze Politiche conseguita a Macerata, ho conosciuto quindici anni di esperienze lavorative poco organiche, fino all’assunzione a tempo indeterminato nella pubblica amministrazione in seguito ad un concorso pubblico. Purtroppo, la mansione che mi venne affidata era assai poco compatibile con la mia sordità profonda: addetto allo sportello di front office. Dopo anni duri e logoranti dovuti ad una collocazione impropria (basti pensare alla fatica di leggere labialmente i dati personali degli utenti e inserirli al pc), ho preso la prima vera decisione adulta della mia vita e mi sono dimesso da un impiego a tempo indeterminato per fondare Jobmetoo. Ho iniziato da solo, poi siamo cresciuti fino a diventare la realtà di oggi, realtà che deve percorrere ancora molta strada.

E – In una recente intervista che hai rilasciato a Superando.it, è emerso che, quando vi vengono affidate selezioni di personale, ben l’86% di queste ha esito positivo. Quindi, il mondo del lavoro non è così chiuso come viene dipinto. Ovviamente tali possibilità, riprendendo sempre la tua intervista, sono più elevate per i candidati istruiti e specializzati. Alla luce di questi dati ed in base alla tua esperienza, com’è cambiato negli ultimi anni il rapporto tra aziende e lavoratori con disabilità?

D – Da “ex figlio della Legge 68” devo essere sincero: le aziende mi venivano descritte come alieni insensibili ai problemi dei disabili. Nel ruolo ricoperto oggi, devo dire che non è esattamente così. Le aziende sono composte da persone, e la maggior parte di queste è molto sensibile al tema della disabilità e della diversità in generale. Quello che manca sono gli strumenti e riferimenti adeguati per ottenere le migliori soluzioni. Confermo che per chi è istruito e specializzato è più facile entrare nel mondo del lavoro, ma è anche vero che persone con disabilità pesanti possono essere ben collocate, come sta a dimostrare la significativa esperienza dell’Hotel a Sei stelle. Sempre sul versante sindrome di Down, come Jobmetoo abbiamo seguito la selezione di personale per le farmacie di Milano, insieme al network WoW! Wonderful Work, Fondazione Adecco e Fondazione Guido Muralti.

E – Nella pagina youtube di Jobmetoo, è stato pubblicato un video molto carino nel quale parli del tuo supereroe preferito: Paperinik, affermando che ciò che ti è sempre piaciuto è il fatto che il personaggio che sta dietro questo supereroe è Paperino, il papero più sfortunato (e simpatico) della banda Disney. Una bella frase, quasi un monito, che hai detto è che “…il supereroe è una persona che costruisce il proprio successo a partire dalle sue debolezze”. Colgo l’occasione per chiederti: quali consigli ti senti di dare a tutte quelle persone con disabilità che si affacciano sul mondo del lavoro, affinché riescano a trasformare la loro disabilità, qualcosa che di primo acchito può essere visto come una debolezza, in un’opportunità… Ovviamente, oltre ad iscriversi subito a Jobmetoo… 🙂

D – Prima di tutto occorre dire che una adeguata autostima è un buon punto di partenza. Ho incontrato persone con fior di curricula ma poco fiduciose nei propri mezzi e possibilità. Questo non va bene. E non è giusto. Più nello specifico, il mio suggerimento è di evitare la teoria secondo la quale “ogni lavoro va bene”. Bisogna mettere l’azienda nelle condizioni di valutarci per ciò che vogliamo e sappiamo fare, anche perché è molto più facile dire che si vuol fare un lavoro e trovarlo piuttosto che aprirsi ad ogni possibilità in modo irrealistico. Questi sono i presupposti, il resto viene da sé.

E -tra gli obiettivi della Commissione NAL (Nuove Attività Lavorative) dell’UICI vi è quello di individuare nuove professioni che spostino il baricentro occupazionale delle persone con minorazione visiva dai due capisaldi lavorativi del centralinista e del masso fisioterapista. Quali possono essere, secondo te, ambiti sui quali puntare e, perciò, che possono essere presi in considerazione già dalla scelta dei percorsi formativi dei giovani con problematiche visive?

D – Jobmetoo si propone come una novità anche per la composizione del suo team: persone senza disabilità, persone con disabilità e persone con disabilità in famiglia. Abbiamo avuto per diversi mesi una tirocinante non vedente, di supporto al servizio recruiting. La ragazza in questione esaminava i curricula, faceva interviste telefoniche, smistava le richieste degli utenti, pubblicava annunci e molto altro ancora. Ora lavora in un’agenzia che si occupa di customer care. Insomma, ho citato un solo esempio per dire che i casi possono essere molteplici.

E – Un altro degli obiettivi principali della Commissione NAL è quello legato a riconoscere la possibilità di carriera anche per le persone con disabilità. Pensi che le realtà aziendali siano pronte a questo? Cosa si può concretamente fare per rendere fisiologico l’avanzamento di carriera anche per i lavoratori con disabilità, ovviamente meritevoli, sfondando quella sorta di “soffitto di cristallo” che impedisce oggi come oggi il percorso di crescita a questi professionisti?

D – Domanda centrata e difficile. È vero, ci concentriamo tutti molto sul momento dell’assunzione, e poi, quasi con un sospiro di sollievo, ci lasciamo tutto alle spalle. Ma, come dici tu, se è impedita la possibilità di fare carriera in modo meritato, prima o poi i problemi vengono a galla, non solo per il candidato ma anche per l’azienda. L’unica soluzione sta nel costruire, quotidianamente e faticosamente, in modo appassionato, una cultura globale sulla e della persona con disabilità, cercando di evitare ogni possibile discriminazione. La stessa Convenzione ONU sottolinea l’importanza di avere possibilità di carriera come tutti gli altri.

E – Uno sguardo alla situazione normativa italiana attuale: nel dicembre 2014, in un’interessante intervista che hai rilasciato ad Access Emotion, affermavi testualmente che: “Le categorie “protette” sono talmente protette che non hanno chiare possibilità di ingresso nel mondo del lavoro!”. Era un’affermazione ovviamente ironica, tuttavia, non possiamo nascondere che la norma italiana, per quanto molto avanzata se confrontata con le discipline in vigore in molti altri Paesi, abbia indubbiamente delle pecche. Alla luce dei buoni propositi enunciati nel Job Act (L. n. 183/2014) ed il suo recepimento nei decreti attuativi (in particolare, D.Lgs. n. 151/2015), a tuo parere, quali opportunità di miglioramento sono state colte e, viceversa, quali aspetti importanti sono stati tralasciati?

D – Il Jobs Act ha un forte impatto sulla Legge 68. Sicuramente andare a modificare e migliorare le impalcature legislative che riguardano la disabilità in generale è veramente difficile, ma un cambio era necessario dopo le delusioni che la Legge 68 ha portato. Vorrei essere chiaro: che il Jobs Act abbia lasciato insoddisfatte molte sigle associazionistiche a causa della spinta sulla chiamata nominativa, è un dato di fatto che non si può negare. D’altra parte abbiamo, finalmente, la revisione integrale degli incentivi, insieme ad altri accorgimenti relativi all’aumento della base di computo e alla previsione di un responsabile per l’inserimento mirato. La mia risposta finale quindi è: dobbiamo aspettare qualche anno, inutile tirare le somme troppo presto. Ora abbiamo queste norme, cerchiamo di conoscerle, diffonderle e applicarle. Di sicuro la Legge 68 aveva bisogno di una scossa.

E – Concludiamo con uno sguardo al futuro: il lavoro, come affermato da te in un’intervista alla Fondazione Marco Vigorelli, è la chiave principale per cambiare il modo di pensare la disabilità perché “… decreta la completa autonomia della persona e il suo ruolo nella società.”. Jobmetoo è sicuramente un ottimo strumento con molteplici sfaccettature: una piattaforma di e-recruiting e matching domanda-offerta di lavoro, un blog che parla di disabilità e sociale, uno spazio (People) di raccolta delle testimonianze di persone e aziende che si sono incontrate grazie al portale, una pagina Facebook aggiornata… Quali altre novità avete in cantiere?

D – In effetti con Jobmetoo People, col blog e la pagina Facebook vogliamo portare una visione moderna della disabilità, leggera, se così si può dire. Una visione che si ispira alla Convenzione delle Nazioni Unite, che splendidamente illumina tutti noi – disabili e non – con un nuovo paradigma. Stiamo lavorando perché il sito sia sempre più funzionale e accessibile, con annunci attinenti e mirati, affinché il candidato con disabilità sia sempre maggiormente considerato un lavoratore come tutti gli altri. Manteniamo molto elevata l’attenzione al match, considerando anche le reali compatibilità tra caratteristiche del candidato e mansione richiesta dall’azienda, così come, laddove necessario, lavoriamo sulla cultura aziendale. In generale, vogliamo evolvere muovendo i passi giusti, e questo richiede un continuo scambio con gli utenti: rispondiamo sempre alle loro domande e alle loro osservazioni sia sul social che per posta elettronica.

E –Il mercato del lavoro è sempre più flessibile e votato all’internazionalità. Ad oggi, Jobmetoo è perlopiù legato al contesto italiano, seppur siano presenti varie offerte di lavoro di aziende multinazionali. Guardando al domani: un Jobmetoo oltre i confini nazionali ti piacerebbe?

D – E’ uno dei nostri obiettivi. E quando pensiamo se non sia eccessivo, subito mi viene in mente il mio amico Antonino che, non vedente, gira l’Europa con bastone e smartphone.

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Mi auguro che questa sia stata una bella chiacchierata utile a far conoscere una realtà imprenditoriale interessante, un servizio utile ed una vera e propria opportunità per quanti vogliano davvero mettersi in gioco.

Grazie infinite a Daniele, per la disponibilità ed il tempo che ci ha dedicato ed un grande “in bocca al lupo” per l’importante lavoro che porta avanti con il suo team e per tutte le sfide future che gli auguriamo di vincere.

Mi auguro che questa sia stata una bella chiacchierata utile a far conoscere una realtà imprenditoriale interessante, un servizio utile ed una vera e propria opportunità per quanti vogliano davvero mettersi in gioco.

Grazie infinite a Daniele, per la disponibilità ed il tempo che ci ha dedicato ed un grande “in bocca al lupo” per l’importante lavoro che porta avanti con il suo team e per tutte le sfide future che gli auguriamo di vincere.

Sintesi dei lavori tra le commissioni Osi, Nuove attività lavorativi e nuove tecnologie – 20 ottobre 2016, di Valter Calò, Vincenzo Zoccano e Nunziante Esposito

Autore: Valter Calò, Vincenzo Zoccano e Nunziante Esposito

Giovedì 20 ottobre 2016 alle ore 21:00 si è svolta una teleconferenza tra le commissioni OSI, Nuove attività lavorative e nuove tecnologie.
Presenti i rispettivi coordinatori, Vincenzo Zoccano, Valter Calò e Nunziante Esposito.
Brunico, Napoli e Trieste in un click erano connesse, in 60 minuti di confronto sono state messe le basi progettuali ritenute dai partecipanti molto interessanti, più che un progetto un sogno che aleggia dentro di noi minorati della vista da sempre.
Oggetto della discussione: Accessibilità degli Elettrodomestici.
Novità? genio e maestria dei coordinatori? Assolutamente no!!!
Argomento vecchio e discusso ampiamente. Questa convocazione, di tre commissioni, nasce da un documento inviato a Valter Calò, redatto da Marco Pronello e Tamara Lovasco.
La discussione tra i coordinatori è stata vivace e molto tecnica affrontando in breve tempo gli aspetti essenziali di questa tematica, poche chiacchiere e tutti e tre sul pezzo, affrontando e approfondendo i temi reali di come si deve sviluppare un progetto.
Nell’analisi fatta è stato evidenziato da tutti e tre i partecipanti che i percorsi progettuali sono diversi, che la fine o il traguardo da raggiungere è lungo, difficile e tutto da disegnare, ma nessuno dei tre si è dimostrato spaventato, anzi è apparsa chiaramente la voglia di sviscerare, approfondire, sperando di risolvere questa nostra grande problematica.
Dopo riflessioni ed approfondimenti si è concordato ad unanimità che, per il momento, le strade da seguire sono tre
.1 redigere una proposta di legge
.2 andare porta a porta dalle piccole e grandi industrie del settore spiegando le nostre problematiche e le potenzialità che hanno i numeri della disabilità.
.3 creare un marchio che identifichi un elettrodomestico accessibile
A riguardo sono state espresse opinioni su quale fosse la migliore strada da seguire, ma si è deciso ad unanimità che in questa prima fase non verrà esclusa nessuna idea o proposta, in quanto spesso queste tematiche viaggiano su percorsi paralleli.
Sono stati suddivisi i compiti, calendarizzati questi primi passi, cercando di avere più materiale possibile da analizzare.
Valter Calò si è proposto di fornire in tempi brevi, tutto il materiale normativo esistente sulla materia, infatti internamente alla sua commissione sono presenti avvocati e laureati in giurisprudenza.
Il forte interesse di Valter è quello di collocare internamente al progetto persone con disabilità visiva
Vincenzo e Nunziante si sono dimostrati entusiasti che la finalità sia tra noi e per noi, confermando che dentro UICI ci sono parecchie risorse umane che vanno evidenziate.
Vincenzo Zoccano e Nunziante Esposito si concentreranno invece sulle parti tecniche di come proporre ed interagire con le ditte di elettrodomestici fornendo un supporto tecnico e modalità di attuazione delle nostre idee sull’accessibilità.
Verranno da loro analizzate principalmente due percorsi:
.1 chip parlanti da inserire negli elettrodomestici.
.2 utilizzo di Smartphone per interagire con gli elettrodomestici
Verranno prese in esame parecchi parametri quali: costi di installazione, destinazione d’uso, difficoltà di interagire, sicurezza ed affidabilità con altri parametri di interesse per noi minorati della vista, ma non solo in quanto bisognerà pensare e coinvolgere altre disabilità finalizzando le nostre problematiche verso un design for all.
Nel frattempo, avendo già in corso contatti con la ditta che produce il bimby, cui abbiamo già inviato una richiesta con il test di accessibilità, con Elettrolux con cui ci incontriamo come Unione tra Gennaio e Febbraio 2016, e con Wirpool, che ha già realizzato un prototipo di App per comandare gli elettrodomestici da rendere accessibile, continueremo a sensibilizzare le ditte produttrici.
Tra le altre cose attenzionate, ci sono da seguire gli sviluppi di tutti quegli elettrodomestici, televisori in testa, che, tramite sistema operativo Android, vanno nella direzione della progettazione ForAll.
Verrete informati puntualmente sugli sviluppi di questa idea e ci piacerebbe coinvolgervi ricevendo da voi proposte e suggerimenti.
Valter, Vincenzo, Nunziante

Professione perito fonico e trascrittore, presso gli uffici giudiziari, di Valter Calò

Autore: Valter Calò

UICI Commissione NAL (nuove attività lavorative) Coordinatore dott. Valter Calò

Vi presento sotto un documento che vuole fare chiarezza su un tema molto discusso e che potrebbe dare il via alla collocazione in ambito lavorativo dei nostri giovani minorati della vista.
La strada è ancora lunga e altri documenti seguiranno questa prima relazione. La prima tematica che abbiamo voluto analizzare è il quadro normativo che regola tale professione, a riguardo è stato creato un gruppo di lavoro altamente qualificato che ha analizzato a fondo la materia e i risultati li potete trovare sotto.
Durante l’assemblea dei Quadri Dirigenti a Tirrenia, parecchi mi hanno chiesto delucidazioni al riguardo o si sono messi in contatto telefonicamente con me per poter approfondire la materia che è stimolante sotto un punto di vista lavorativo, ma che ha parecchie incognite.
Il prossimo compito che ci siamo prefissati è quello di definire chiaramente questa professione, ovvero chi è il perito fonico trascrittore, quali compiti svolge e come li svolge, ma soprattutto quali strumenti necessita per praticare questa professione, analizzeremo inoltre l’accessibilità dei software necessari.
Al fine di ottimizzare il lavoro, ho chiesto a Marco Pronello di Torino di collaborare con noi come esterno, ma spero al più presto che Marco venga inserito ufficialmente come componente della commissione NAL, in quanto lo ritengo persona importante per lo sviluppo di diverse progettualità. Pronello, per quel che mi risulta è l’unico o uno dei pochi che svolge come minorato visivo la professione di perito fonico e trascrittore, se ce ne fossero altri vi prego di mettervi in contatto con uno dei componenti della Commissione.
Per redigere questo documento ci siamo imposti un tempo massimo di 60 giorni, nel frattempo vi chiedo di leggere approfonditamente il documento ed eventualmente vi prego gentilmente di segnalarci vostri commenti e suggerimenti.
Augurandovi buona lettura vi saluto cordialmente
Dott. Valter Calò

Hanno redatto il documento:
Avv. Gianluca Fava referente progetto
Avv. Stefano Borella
Hanno contribuito
Dott.sa Eleonora Ballocchi
Maurizio Albanese

Alla cortese attenzione
Presidenti di Sezione e Regione UICI
Gentili Presidenti,

con la presente vi informiamo che
la commissione (NAL) Nuove Attività Lavorative Uici
ha effettuato accurate verifiche sulla attività professionale di cui in oggetto, compendiate nel documento allegato.

Le indagini effettuate hanno in sintesi evidenziato, ma più approfonditamente nel documento allegato, che allo stato non esiste una disciplina che regolamenti l’attività di perito fonico e trascrittore. In altri termini non sono necessari particolari requisiti né di natura fisica né correlati al possesso di un particolare titolo di studio per lo svolgimento della predetta attività, che, conseguentemente, può essere svolta anche da persone ipovedenti e non vedenti, data la natura della attività stessa e la strumentazione necessaria per svolgerla.

Gli uffici giudiziari, per individuare i professionisti cui affidare via via gli incarichi di perito, attingono da appositi albi istituiti presso ogni tribunale. Di tal che assume particolare rilievo l’incontro che la invito a fissare col Presidente di ciascun Tribunale competente per il territorio in cui ricade la sezione che presiede, al fine di chiarire:
1. Se l’albo dei professionisti cui i magistrati attingono sia aggiornato con le modalità e tempistiche previste dalle norme di attuazione al codice di procedura penale (vedasi Allegato I);
2. Se in detto albo sia stata istituita una sezione dedicata ai periti fonici e trascrittori;
3. Quali requisiti professionali debba possedere il professionista per il singolo Tribunale, al fine di essere inserito nell’albo ed essere assegnatario di incarichi, posto che UICI, in collaborazione con IRIFOR, può attivare corsi di formazione specifici per soddisfare le esigenze, non regolamentate, di ciascun ufficio giudiziario.

Al riguardo si precisa che l’attività di perito fonico e trascrittore appartiene, in prima approssimazione, alla tipologia degli “…altri servizi legali i cui fornitori sono designati da un organo giurisdizionale dello Stato…”, ai sensi dell’art. 17, comma 1, n. 4), del d.lgs. n. 50/2016 e che, conseguentemente, è sottratta dall’ambito applicativo del codice degli appalti. Ciò significa che l’amministrazione giudiziaria non deve esperire procedure ad evidenza pubblica per la selezione dei professionisti da inserire nell’albo, giacché il rapporto che si instaura tra magistrato designante e professionista designato è di tipo fiduciario.

Premesso un tanto, data la natura della prestazione, a parità di condizioni, non vi sono ragioni per le quali tale rapporto fiduciario non possa instaurarsi con un professionista con disabilità ipovedente o non vedente.

La invito, pertanto, a sensibilizzare gli uffici dell’amministrazione giudiziaria in ordine al fatto che, allo stato e a parità di condizioni, non avvalersi di persone non vedenti o ipovedenti per lo svolgimento di attività di natura consulenziale in generale o peritale in particolare, stante l’assenza di un quadro normativo di riferimento come dianzi esposto, appare illogico e discriminante.
Si rendono disponibili per i chiarimenti del caso
Avv. Gianluca Fava referente del sopraesteso documento socio.UICI Napoli
Avv. Stefano Borella socio.UICI Trieste
L’occasione è gradita per porgere i più cordiali saluti.
16-10-2016
Allegato I
ARTICOLO N.67 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale
Albo dei periti presso il tribunale.
1. Presso ogni tribunale è istituito un albo dei periti, diviso in categorie.
2. Nell’albo sono sempre previste le categorie di esperti in medicina legale, psichiatria, contabilità, ingegneria e relative specialità, infortunistica del traffico e della circolazione stradale, balistica, chimica, analisi e comparazione della grafia interpretariato e traduzione (1).
3. Quando il giudice nomina come perito un esperto non iscritto negli albi designa, se possibile, una persona che svolge la propria attività professionale presso un ente pubblico.
4. Nel caso previsto dal comma 3, il giudice indica specificamente nell’ordinanza di nomina le ragioni della scelta.
5. In ogni caso il giudice evita di designare quale perito le persone che svolgano o abbiano svolto attività di consulenti di parte [225, 233, 359, 360 c.p.p.; 73] in procedimenti collegati a norma dell’articolo 371, comma 2, del codice.

ARTICOLO N.68 delle disposizioni di attuazione al codice di procedura penale
Formazione e revisione dell’albo dei periti.
1. L’albo dei periti previsto dall’articolo 67 (1) è tenuto a cura del presidente del tribunale ed è formato da un comitato da lui presieduto e composto dal procuratore della Repubblica presso il medesimo tribunale, dal presidente del consiglio dell’ordine forense, dal presidente dell’ordine, del collegio ovvero delle associazioni rappresentative a livello nazionale delle professioni non regolamentate a cui appartiene la categoria di esperti per la quale si deve provvedere ovvero da loro delegati (2).
2. Il comitato decide sulla richiesta di iscrizione e di cancellazione dall’albo .
3. Il comitato può assumere informazioni e delibera a maggioranza dei voti [71]. In caso di parità di voti, prevale il voto del presidente.
4. Il comitato provvede ogni due anni alla revisione dell’albo per cancellare gli iscritti per i quali è venuto meno alcuno dei requisiti previsti dall’articolo 69, comma 3, o è sorto un impedimento a esercitare l’ufficio di perito.

ARTICOLO N.69 disposizioni di attuazione al codice di procedura penale
Requisiti per la iscrizione nell’albo dei periti.
1. Salvo quanto previsto dal comma 3, possono ottenere l’iscrizione nell’albo le persone fornite di speciale competenza nella materia.
2. La richiesta di iscrizione, diretta al presidente del tribunale, deve essere accompagnata dall’estratto dell’atto di nascita, dal certificato generale del casellario giudiziale, dal certificato di residenza nella circoscrizione del tribunale e dai titoli e documenti attestanti la speciale competenza del richiedente.
3. Non possono ottenere l’iscrizione nell’albo le persone:
a) condannate con sentenza irrevocabile alla pena della reclusione per delitto non colposo, salvo che sia intervenuta riabilitazione;
b) che si trovano in una delle situazioni di incapacità previste dall’articolo 222, comma 1, lettere a), b), c) del codice;
c) cancellate o radiate dal rispettivo albo professionale a seguito di provvedimento disciplinare definitivo.
4. La richiesta di iscrizione nell’albo resta sospesa per il tempo in cui la persona è imputata [60 c.p.p.] di delitto non colposo per il quale è consentito l’arresto in flagranza [380, 381 c.p.p.] ovvero è sospesa dal relativo albo professionale [70 2].

ARTICOLO N.222 Codice di procedura penale
Incapacità e incompatibilità del perito
1. Non può prestare ufficio di perito, a pena di nullità:
a) il minorenne, l’interdetto l’inabilitato e chi è affetto da infermità di mente;
b) chi è interdetto anche temporaneamente dai pubblici uffici ovvero è interdetto o sospeso dall’esercizio di una professione o di un’arte [30, 31, 35 c.p.];
c) chi è sottoposto a misure di sicurezza personali o a misure di prevenzione;

ARTICOLO N.70 Disposizioni di attuazione al codice di procedura penale
Sanzioni applicabili agli iscritti nell’albo dei periti.
1. Agli iscritti nell’albo dei periti [67] che non abbiano adempiuto agli obblighi derivanti dal conferimento dell’incarico [221 3, 226 1, 231 1 c.p.p.] possono essere applicate, su segnalazione del giudice procedente, le sanzioni dell’avvertimento, della sospensione dall’albo per un periodo non superiore a un anno o della cancellazione [71].
2. È disposta la sospensione dall’albo nei confronti delle persone che si trovano nelle situazioni previste dall’articolo 69, comma 4, per il tempo in cui perdurano le situazioni medesime.
3. È disposta la cancellazione dall’albo, anche prima della scadenza del termine stabilito per la revisione degli albi [68 4], nei confronti degli iscritti per i quali è venuto meno alcuno dei requisiti previsti dall’articolo 69, comma 3.
4. Competente a decidere è il comitato previsto dall’articolo 68.

Sintesi dei lavori di un sottogruppo della Commissione NAL (nuove attività lavorative) Coordinatore dott. Valter Calò

Qualche giorno fa si è svolta una teleconferenza di un sottogruppo della Commissione NAL, riporto sotto la relazione dei lavori.
Questo gruppo da mesi lavora ad un progetto per catalogare tutte le professioni svolte da minorati della vista che non siano il centralinista o il masso fisioterapista
L’utilità di questa raccolta non vuole essere solo uno strumento di analisi e consulenza per tutti coloro i quali vogliano progettare in maniera diversa il proprio futuro, ma spera anche di diventare uno strumento utile per il personale degli uffici di collocamento mirato che altro non sanno fare che indirizzare i nostri ragazzi minorati della vista verso la figura di centralinista, chiaramente quando ve ne sia la possibilità.
Esorto tutti coloro che ritengano questo progetto, un valido aiuto per i nostri giovani a collaborare con noi, indicando, persone o professioni ad Alina Pulcini Presidente UICI Regione Marche.
Dott. Valter Calò coordinatore Commissione NAL

Relazione a cura di: dott.sa Alina Pulcini
In data 28-09-2016 si è tenuta una riunione in teleconferenza del gruppo della Commissione NAL addetto alla raccolta e catalogazione dei dati sulle persone che svolgono professioni diverse da quelle “storiche”. Scopo di questo incontro era quello di fare il punto, dopo la pausa estiva, sulla mappatura che la suddetta Commissione traccerà tramite l’invio di un apposito questionario a soggetti non vedenti e ipovedenti che svolgono nuove professioni. Presenti alla teleconferenza il coordinatore, Dot. Valter Calò e il gruppo che al momento si sta occupando di questo lavoro: la
Dott.ssa Alina Pulcini referente del gruppo di lavoro, Dott.ssa Paola Labarile, Dott. Domenico Ietto e Maurizio Albanese.
Prima della pausa estiva si era già provveduto ad inviare il questionario a diversi soci UICI i cui recapiti sono stati gentilmente forniti da diversi Consigli Regionali e da alcune Sezioni provinciali come quelle della Lombardia, Veneto e Molise. I compiti all’interno del gruppo di lavoro erano così suddivisi: Alina Pulcini si occupava di telefonare personalmente ai soci che svolgono al momento altre professioni che non siano quelle del centralinista o fisioterapista, Maurizio Albanese dell’invio dei questionari ai soci che volessero collaborare all’indagine e Paola Labarile della catalogazione dei suddetti questionari, per professione. Nell’incontro del 28 si è, come già detto, parlato del lavoro efficientemente svolto dal gruppo succitato ma al tempo stesso della difficoltà che esso inevitabilmente implica: attese tra l’invio dei rispettivi questionari e la loro compilazione, questa riunione si è tenuta dopo la pausa estiva, c’è da considerare che nel mese di Agosto la pausa era, per causa di forza maggiore, inevitabile. Tracciare una mappatura nazionale non è semplice, non ci si può porre scadenze precise. Per provare ad accelerare i tempi, si è pensato di coinvolgere all’interno della commissione, come componente esterno, la Dott.ssa Lucia Armano, che peraltro ha collaborato già attivamente inviando il proprio questionario. Con la sua esperienza da recruiter, Armano potrà attivamente collaborare con la commissione NAL, provvedendo a telefonare ai soci UICI che risiedono in nord Italia, mentre Maurizio Albanese provvederà ad inviare il questionario ai soci UICI residenti in Sicilia e in tutto il sud Italia. Ci si auspica così di ottenere, nel giro di pochi mesi, un soddisfacente numero di questionari sì da poter permettere alla commissione di cominciare a lavorare sui risultati ottenuti.
> A tal fine chiediamo ai Consigli Regionali e alle Sezioni provinciali, che non l’abbiano già fatto, di collaborare inviandoci i nominativi e recapiti dei soci del loro territorio che svolgono professioni diverse da quelle storiche.
Dott.ssa Alina Pulcini