Contributi dei lettori – Nuovo Consiglio nazionale: la sfida del nuovo, di Massimo Vita

Autore: Massimo Vita

Riflettendo su quanto accaduto al Congresso nazionale mille pensieri balenano nella mia mente e il più ricorrente è quello legato alla composizione del nuovo consiglio nazionale.
Penso sinceramente, che il congresso abbia espresso un reale spirito di rinnovamento senza trascurare l’esigenza di qualità e di esperienza.
Il nuovo organo appare abbastanza bene assortito e questo anche osservando coloro che partecipano di diritto come i presidenti regionali.
Vorrei esprimere l’auspicio che il prossimo Consiglio nazionale dia vita a una direzione forte e coesa equilibrando le esigenze di novità con quelle dell’esperienza e della disponibilità.
Il nostro presidente nazionale potrà condurre la nostra grande famiglia con determinazione solo se avrà una direzione coesa, forte, capace e disponibile al sacrificio supportata da un consiglio nazionale operativo e presente.
Dobbiamo anche noi dalla periferia far sentire la nostra presenza operante per mostrare al paese e alla classe politica la nostra forza e la nostra responsabilità.
I nostri nuovi dirigenti nazionali dovranno imprimere un passo più svelto all’associazione senza avventurismi ma con lo sguardo aperto verso il futuro e le sue sfide più forti.
Dovremo coordinare meglio le attività di Irifor, dell’agenzia per la prevenzione e di tutti gli strumenti che abbiamo per promuovere le nostre problematiche e le nostre risorse.
Penso che abbiamo buone possibilità per affrontare tutte le sfide con determinazione e vincerle.
Mi auguro che non prevalgano le gelosie e la voglia di rivalsa perché questo ci farebbe perdere di vista l’obiettivo: una vita migliore per tutti i ciechi e gli ipovedenti.

Massimo Vita

Salviamo L’I.Ri.Fo.R!, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

Care amiche e amici, sono un dirigente della Sezione UICI di Catania, ma non così cieco dall’avere seri dubbi sull’operazione che smisterebbe parte del contributo nazionale della “nostra” I.Ri.Fo.R. a favore del Polo tattile etneo.

Non vi nascondo effettivamente l’imbarazzo nel dirvi che reputo l’emendamento presentato in Commissione Bilancio al Senato del tutto inopportuno e fuori luogo sia nella forma che nella sostanza.

Innanzitutto perché, a primo acchito, l’emendamento mi sembrerebbe tecnicamente inammissibile, dato che la Stamperia Braille di Catania è un Ente della Regione Sicilia e che tra l’altro gode già di cospicue sovvenzioni regionali (circa 3 milioni e 500000 Euro l’anno). A tal proposito, mi permetto di consigliare altre strade ed altre fonti di finanziamento per il Polo tattile (quali ad es. la città metropolitana di Catania, la Regione siciliana, Fondi europei), più pertinenti per la specifica tipologia di quella struttura.

In secondo luogo, neanche il contenuto dell’emendamento mi convince, in quanto ritengo davvero ingiusto e sbagliato depauperare e strappare risorse all’I.Ri.Fo.R., che è il nostro Ente di formazione per eccellenza.

Ogni centesimo “estorto” a tale nostro grande “fiore all’occhiello” potrebbe significare un progetto di formazione in meno per i nostri disoccupati, un progetto di mobilità ed orientamento e di Tifloinformatica in meno per i ciechi e gli ipovedenti italiani, un progetto di riqualificazione professionale in meno per i lavoratori non vedenti, un campo estivo in meno per i bimbi disabili visivi e ciechi pluriminorati d’Italia. Per non parlare del duro colpo che subirebbero la ricerca tiflologica e l’aggiornamento e la formazione degli operatori del sostegno scolastico.

Ed allora, mobilitiamoci tutti ed adoperiamoci al massimo secondo quanto suggerito dal nostro Presidente Mario Barbuto nel suo comunicato 193 e SALVIAMO l’I.Ri.Fo.R!

Infatti, da operatore della scuola e da responsabile dei progetti tiflologici del C.d.a della Federazione vi dico che l’I.Ri.Fo.R. è troppo importante per noi  e che invece va fortificato e rafforzato economicamente e nei suoi “poteri” per diventare sempre più il “punto di riferimento” per la ricerca, la riabilitazione e la formazione dei minorati della vista italiani.

La mia proposta dopo il Congresso: L’”Authority della Tiflologia”, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

Cari amici, unitamente al successo entusiasmante del Presidente Barbuto che è il successo di tutti noi che ci riconosciamo nel suo progetto di rinnovamento, si è trattato di un Congresso davvero esaltante e coinvolgente.
Infatti, massiccia è stata la partecipazione dei delegati e non, elevata la qualità del dibattito durante i gruppi di lavoro, ma soprattutto abbiamo vissuto una grande “festa” di democrazia.
La cosa che mi è più piaciuta è stata la conferma, laddove ce ne fosse stato bisogno, che noi dell’UICI siamo una classe dirigente seria, matura e responsabile, orgogliosa del proprio presente e passato, ma anche fiduciosa nel futuro e consapevole che a nessuno di noi è dato fermarsi “sulla riva del fiume” senza il rischio di essere travolti dalla “corrente” dei veloci cambiamenti di oggi. Quando parlo e scrivo dell’UICI, naturalmente, non parlo né scrivo di “sesso degli angeli”, ma della qualità della vita dei minorati della vista italiani che, se non opportunamente “guidati”, rischiano quotidianamente l’esclusione sociale.
Dentro la parola Unione, infatti, ci stanno i veri bisogni di persone in carne ed ossa : i non vedenti. Sono essi donne, uomini, bambini ed anziani, che spesso si rivolgono alle nostre sezioni ed Enti collegati, come “ultima spiaggia, ultimo appiglio, ultima speranza” per non fare naufragio.
Dunque, io sono convinto che la “mission” del nuovo Consiglio Nazionale è proprio quella di dare adeguata visibilità a tali bisogni, dando risposte concrete alle esigenze dei nostri soci e più in generale di tutti i ciechi ed ipovedenti italiani.
Queste risposte concrete corrispondono alla “montagna” di cose, che il Consiglio Nazionale dovrà fare insieme a noi nei cinque anni del mandato che è chiamato ad assolvere.
Sfogliando pagina dopo pagina la fitta agenda che ci viene consegnata da Chianciano relativamente ai nostri “impegni” associativi prossimi futuri, a mio modesto avviso, non potremo trascurare la voce disperata dei tanti, tantissimi genitori dei ciechi pluriminorati, che hanno creduto e credono ancora (specie dopo l’acquisto da parte della Federazione dell’immobile di Via Pollio) nella possibilità di realizzare, a Roma, un Centro di Alta Specializzazione per il recupero funzionale e la riabilitazione dei loro figli.
Deve essere, quindi, per noi un “imperativo” categorico la presa in carico di tale problema dei nostri più sfortunati “fratelli” ciechi pluriminorati, perché non vengano più considerati solo “oggetti” di pietismo, ma “soggetti” di diritto.
Non potremo nemmeno dimenticare le istanze degli anziani ciechi, che rivendicano il diritto alla fruizione del loro tempo libero nel miglior modo possibile, attraverso lo svolgimento di attività socio-ricreative e di svago dal grigiore della loro monotona quotidianità, vivendo pure importanti momenti di condivisione e d’integrazione con coetanei “normovedenti”.
Non potremo, inoltre, abbandonare i giovani non vedenti disoccupati, che all’UICI chiedono di aiutarli a superare le barriere dei tradizionali impieghi dei minorati della vista (centralinismo e massofisioterapia), adoperandosi nell’attivazione di Corsi di Formazione professionali al fine di favorire il loro inserimento in attività lavorative di maggiore responsabilità e gratificazione (addetti al protocollo, alla gestione di banche dati, al Call-Center, al telemarketing,ecc….). Dovremo altresì prodigarci al massimo per riqualificare efficacemente i nostri “vecchi” centralinisti e massofisioterapisti. Senza trascurare, ovviamente, le interessanti ed innovative opportunità lavorative che ci vengono fornite dal recente “Jobs Act”.
Non potremo infine eludere l’appello accorato degli studenti non vedenti che frequentano la scuola “normale”, i quali chiedono all’Unione ed agli Enti collegati di supplire alle carenze dello Stato, potenziando il servizio di assistenza tiflodidattica e tiflopedagogica (fornitura dei materiali speciali e dei libri di testo in tempi utili e ragionevoli), assicurando loro la continuità del sostegno e l’accesso alle attività integrative scolastiche, parascolastiche, culturali e sportive.
A mio parere, sono queste le iniziative più urgenti che i nuovi organi “unioneschi” non si potranno esimere dall’intraprendere.
Ma, da operatore della scuola e referente dei progetti tiflologici della Federazione Pro Ciechi, come ho più volte sottolineato al Congresso, faccio un accorato appello al Presidente Mario Barbuto ed ai vertici associativi perché si trovino le soluzioni didattiche ed organizzative più efficaci ed efficienti per migliorare la qualità dell’offerta formativa ed il sistema del supporto scolastico dei nostri alunni.
Al riguardo, mi permetto di suggerire e di sottoporre all’attenzione del nuovo Consiglio Nazionale e della nuova Direzione alcune proposte che io ritengo utili e funzionali affinché l’Unione in stretta sinergia operativa e con la fattiva collaborazione della Federazione, dell’I.Ri.Fo.R e della BIC possa davvero rilanciare il processo d’integrazione degli studenti disabili visivi nella scuola di tutti.
L’indifferibile necessità di fare “fronte comune” con la Fish e la Fand, inducendo il Governo a sposare la “causa” dell’istituzione del “ruolo” del sostegno, perché non sia più caratterizzato dagli elementi critici dell’ambiguità e della precarietà.
2) L’altrettanto cogente esigenza di ottenere dal Parlamento il varo di una legge volta al riconoscimento giuridico della figura professionale del Tiflologo, fino ad oggi addirittura priva di un albo professionale e che io ho definito il vero “convitato di pietra” del Congresso.
3) Infine, la creazione ed il riconoscimento da parte del MIUR di un’”Authority della Tiflologia” e cioè di un Board molto snello ed agile di cinque o sei esperti del settore, provenienti dai nostri Enti collegati, dalle facoltà universitarie di Scienze della Formazione, da Enti nazionali di formazione di comprovata e consolidata affidabilità, ecc.
La mia idea è quella di dare vita ad una vera e propria Fondazione, finanziata dal MIUR e dai privati e deputata alla progettazione dei percorsi formativi dei futuri docenti ed operatori del sostegno e di aggiornamento continuo di quelli già in servizio.
Concludendo, io credo che su tali interventi legislativi non possiamo più derogare e transigere, se vogliamo un’effettiva inclusione scolastica capace di garantire da un lato la migliore preparazione e formazione possibile dei docenti di sostegno, e dall’altro il diritto allo studio ed il pieno successo formativo dei “ragazzi ciechi”, per dirla alla Romagnoli.

Girando tra le scuole di Napoli e provincia, di Silvana Piscopo

Autore: Silvana Piscopo

Da qualche mese, essendomi offerta a svolgere incontri con le scuole in cui sono inscritti studenti non ed ipovedenti, ho avuto modo di confrontarmi con vari consigli di classe per affrontare problematiche di varia natura: da come impostare i piani didattici personalizzati, a come promuovere relazioni corrette e costruttive tra ragazzi vedenti e non, tra scuola e genitori che spesso oscillano tra eccessi di diffidenza o forme di timore reverenziale ho potuto, comunque, sperimentare che, nonostante la naturale variabile di qualità e competenze, capacità maggiore o minore di approcci diretti e-o mediati, tutti i docenti si sentono rassicurati quando qualcuno di noi va nel luogo dove loro lavorano, gli si rivolge non per esercitare ruoli giudicanti, ma per offrire spunti, per offrirsi come persona che ha sperimentato e sperimenta a partire da se stessi, quelle pratiche di vita, di educazione, di crescita che propone di utilizzare nel lavoro quotidiano da costruire nelle scuole.
Creare fiducia tra insegnanti e le persone dell’Uici che si occupano di istruzione, educazione e cultura di studenti non ed ipovedenti è condizione basilare se si vuole tutelare i nostri ragazzi, ma la fiducia si conquista sapendo gestire al meglio i piccoli e consueti conflitti tra le parti in causa: alunni, genitori, docenti, mettendo in campo tutte le proprie risorse pratiche e teoriche che ciascuno ha acquisito ed acquisisce nel corso della vita personale, lavorativa, di impegno sociale, professionale.
Ho esperienza lunga ed impegnativa nel mondo della scuola e, dunque, per me non è tanto difficile individuare le modalità più efficaci per costruire ponti tra le tradizionali parti e controparti che in tutte le scuole tenderebbero ad inventarsi muri e trincee, ma la nostra associazione è fatta da tante persone che dedicano con passione e volontà il proprio tempo e le proprie energie non disponendo di specifiche conoscenze circa la complessità di rapporti, norme giuridiche, regolamenti interni e, soprattutto, equilibri variabili che possono agitare negativamente o stimolare positivamente l’uno o l’altro Consiglio di classe.
Per tutte queste ragioni io mi permetterei di indicare al gruppo dirigente che si appresta a dare corpo e gambe a quanto le teste hanno prodotto nelle risoluzioni congressuali, una priorità: fare formazione a tappeto per tutti i dirigenti sezionali che si occupano di inclusione scolastica, utilizzando tutti i canali possibili per coinvolgere proprio tutti dal sud al nord e senza usare procedure da convegni, o da trasmissione dall’alto di contenuti meramente manualistici.
Buon lavoro al Presidente e alla nuova squadra che dovrà meritare non solo la fiducia degli elettori ma di tutti noi.

Contributi dei lettori – I diritti non hanno bandiere, di Nicola Stilla

Autore: Nicola Stilla

Il ruolo dell’Unione nel movimento globale per il riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità

Le relazioni internazionali sono state sempre molto importanti per le associazioni delle persone cieche, in quanto hanno permesso loro di ampliare gli orizzonti di idee ed esperienze grazie alla conoscenza di realtà diverse e ai rapporti di amicizia tra i loro dirigenti e Soci. Queste relazioni hanno contribuito a creare le condizioni favorevoli per la fondazione di organizzazioni internazionali che sono servite soprattutto al confronto delle condizioni di vita delle persone cieche nei singoli Paesi e delle soluzioni dei problemi.

Oggi, tuttavia, le relazioni internazionali hanno acquistato un’importanza ancora maggiore, poiché consentono di partecipare attivamente al grande movimento europeo e mondiale per il riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità.

Con la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità da parte della maggioranza dei Paesi membri dell’O.N.U., tra cui l’Italia, possiamo dire che si è verificata una profonda rivoluzione culturale riguardo alla concezione e alla percezione della disabilità. Il modello sociale di disabilità che sta alla base della Convenzione ha modificato radicalmente il rapporto tra la situazione individuale della persona con disabilità e l’ambiente sociale e culturale in cui essa vive. Il concetto di disabilità si è evoluto in senso dinamico, ponendo in luce non tanto il limite imposto alla persona dalla sua condizione fisica, sensoriale, cognitiva o psicosociale, ma il limite posto alla persona dalle barriere che essa deve affrontare in relazione all’ambiente in cui vive. Questo approccio fortemente innovativo si connette strettamente con il principio informatore della Convenzione secondo cui le persone con disabilità sono portatrici di diritti intangibili e universali, i diritti umani, che nessuna norma o comportamento può ledere in quanto intrinsechi alla persona. La disabilità non è quindi una caratteristica, ma il portato dell’interazione tra la persona e l’ambiente.

La Convenzione delle Nazioni Unite è stata il risultato dell’iniziativa di alcuni Paesi che hanno raccolto l’istanza delle organizzazioni delle persone con disabilità nei rispettivi Paesi e dell’intervento decisivo del movimento internazionale della disabilità costituito dalle organizzazioni mondiali, ma anche nazionali. L’adozione della Convenzione è il risultato della collaborazione internazionale delle organizzazioni di tutti i settori della disabilità, un risultato storico che un movimento diviso e disorganico non avrebbe mai potuto raggiungere.

Basterebbe questa prova per dimostrare l’importanza della realizzazione di una rete unitaria ed efficace a livello internazionale, basata sulla partecipazione attiva di tutte le organizzazioni nazionali, che a loro volta dovrebbero tendere alla costruzione di forti aggregazioni al loro livello. Ciò comporta evidentemente un impegno significativo di ciascuna organizzazione, un impegno che richiede risorse umane ed economiche.

In tutto il corso della sua storia l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ha attribuito grande importanza alle relazioni con le omologhe organizzazioni e associazioni in Europa e in numerosi Paesi extraeuropei. I rappresentanti dell’Unione hanno svolto sempre un ruolo attivo a tutti i livelli, riscuotendo stima e amicizia, ma anche grande considerazione per l’impegno e la serietà con cui hanno affrontato le rispettive incombenze.

I nostri rappresentanti hanno ricoperto posizioni di rilievo nei rami europei del Consiglio Mondiale per il Benessere dei Ciechi e della Federazione Internazionale dei Ciechi, le organizzazioni mondiali parallele, che hanno mantenuto diviso il movimento internazionale delle persone cieche. L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ha contribuito in modo determinante al processo di unificazione delle due organizzazioni mondiali, con la fondazione nel 1984 sia dell’Unione Europea dei Ciechi (E.B.U.), sia dell’Unione Mondiale dei Ciechi (W.B.U.), rispettivamente nelle Assemblee generali di Hurdal in Norvegia e di Riyad in Arabia Saudita.

L’attività dell’Unione in queste organizzazioni, in particolare in quella europea, è consistita nell’assunzione di incarichi negli organismi dirigenti e nella costante e proficua partecipazione a numerose commissioni di lavoro. Con l’avvento dei primi programmi di finanziamento dell’Unione Europea fu costituita una commissione per le relazioni con le istituzioni della Comunità Europea di cui l’Unione detiene la presidenza dal 1997 nella persona del Consigliere Nazionale Rodolfo Cattani.

In quello stesso anno le organizzazioni europee delle persone con disabilità decisero di fondare il Forum Europeo della Disabilità (E.D.F.) che ha progressivamente unificato tutte le organizzazioni “di categoria” a livello europeo e i consigli nazionali che si sono via via costituiti su impulso del Forum nella totalità degli Stati membri. Rodolfo Cattani ricopre la carica di Segretario Generale del Forum dal 2009.

Tramite l’Unione Europea dei Ciechi, una delle organizzazioni fondatrici dell’E.D.F., e poi tramite il Forum Italiano sulla Disabilità fondato per sua iniziativa (e di cui detiene la presidenza), l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ha preso parte attivamente a tutte le principali iniziative volte a migliorare le condizioni di vita dei cittadini italiani ed europei.

L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ha partecipato con proprie delegazioni a tutte le assemblee generali delle organizzazioni cui aderisce, ha organizzato un’assemblea generale dell’E.B.U. in Sicilia nel 1996 e ha collaborato all’organizzazione di un’assemblea generale dell’E.D.F. a Roma.

Avere relazioni con le organizzazioni di altri Paesi è fondamentale per l’interscambio di esperienze e informazioni e il confronto delle situazioni e delle linee operative in contesti diversi, pur sempre all’interno di logiche politiche in cui l’omologazione e la globalizzazione sono sempre più dominanti. Le condizioni macroeconomiche che determinano le politiche nel settore della promozione e della tutela dei diritti fondamentali delle persone con disabilità in Europa hanno prodotto un drammatico arretramento delle condizioni di vita di queste ultime, producendo un drastico calo dell’occupazione, una dequalificazione dell’istruzione e della formazione professionale e tagli devastanti delle misure e provvidenze in favore delle persone con disabilità in tutti i settori.

Le federazioni a livello nazionale sono lo zoccolo duro della battaglia contro lo smantellamento dello stato sociale e l’azzeramento del sostegno economico per le organizzazioni rappresentative, tuttavia il collegamento e il coordinamento strutturato saranno sempre più essenziali per non subire l’uno e l’altra.

L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti è ben attrezzata per sviluppare la collaborazione coordinata all’interno dell’E.B.U. e dell’E.D.F., potendosi avvalere di un ufficio per le relazioni internazionali dotato di personale qualificato, linguisticamente competente, esperto, proattivamente impegnato ed efficiente.

Le gravi difficoltà economiche degli ultimi tempi hanno costretto l’Unione a ridurre all’essenziale il proprio impegno internazionale, intensificando l’individuazione di progetti cofinanziati dall’Unione Europea per coinvolgere il contesto associativo e recuperare parte dei costi del personale. In tal senso l’attività dovrà essere potenziata anche nel settore della cooperazione, in cui si sono già state fatte esperienze positive. Per proseguire e sviluppare l’attività internazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti la Direzione Nazionale nomina una commissione ad hoc il cui coordinatore parteciperà ai lavori della Direzione Nazionale e del Consiglio Nazionale con voto consultivo.

Le decisioni riguardanti le candidature a cariche elettive nelle organizzazioni internazionali sono di competenza della Direzione Nazionale che dovrà essere regolarmente informata su tutte le attività e iniziative a livello nazionale e territoriale.

Particolare attenzione dovrà essere rivolta alla formazione di giovani interessati e capaci di impegnarsi nel settore delle relazioni internazionali anche per assicurare un graduale e programmato ricambio generazionale.

La storia mette in evidenza il ruolo promotore che l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ha ricoperto nel corso degli anni sia a livello europeo che a livello nazionale e l’esperienza degli ultimi anni ci insegna che, eccetto rare eccezioni, la partecipazione qualificata diventa necessaria per rafforzare il ruolo dell’E.B.U. e dell’Unione Mondiale dei Ciechi. A tale scopo dovranno essere scritte linee guida per la partecipazione attiva ai seguenti organismi internazionali:

– Unione Europea dei Ciechi;

– Forum Europeo sulla Disabilità;

– Consiglio Consultivo delle O.N.G. presso il Consiglio d’Europa;

– Unione Mondiale dei Ciechi.

Uniti nel pluralismo, di Nicola Stilla

Autore: Nicola Stilla

I rapporti dell’Unione con le altre organizzazioni di e per persone cieche o ipovedenti e con le altre associazioni di persone con disabilita’

Se le formiche si mettono d’accordo, possono spostare un elefante!
(Proverbio del Burkina Faso)

L’unità nella diversità è certamente il bene più prezioso per il movimento delle persone con disabilità visiva, così come per quello più ampio delle persone con disabilità. La storia e l’esperienza ci dimostrano che un movimento unito che sa salvaguardare e valorizzare le diversità al proprio interno ha più successo di un insieme poco coeso e determinato di elementi privi di una comune linea d’azione. Il “fattore unità” è vincente, senza di esso gli obiettivi non sono chiari e le divergenze prevalgono sui fini comuni. Si può affermare senza tema di smentite che per le persone cieche italiane l’unita associativa è stato ed è un valore condiviso e il principio che sta alla base di numerose iniziative lanciate dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti nel corso degli anni per compattare il movimento. La costituzione di associazioni alternative all’Unione non ha mai compromesso sostanzialmente l’azione dell’Unione in favore delle persone cieche e di quelle ipovedenti, ma ha certamente prodotto dei danni e delle distorsioni all’immagine di tutta la categoria. Inoltre, la competizione per i benefici economici, in particolare i contributi pubblici, ha esacerbato i rapporti e provocato azioni sconsiderate che il potere istituzionale ha saputo strumentalizzare efficacemente.
I tentativi più volte esperiti per trovare un accordo accettabile non hanno avuto successo, anche a causa delle motivazioni e degli interessi personali che spesso sono prevalsi sullo spirito unitario.
L’Unione deve continuare a perseguire l’unità al proprio interno, così come con le altre associazioni, proponendo soluzioni praticabili, eque, trasparenti ed eticamente compatibili, primo tra tutti “nessuno escluso”. A tal fine è necessario rilanciare la proposta di costituire una federazione secondo criteri condivisi e tempi prestabiliti, partendo da un’ampia consultazione della base associativa adeguatamente monitorata. Ciò consentirebbe di tracciare un quadro oggettivo dei diversi contesti associativi da riunire. Successivamente un gruppo di lavoro paritetico dovrebbe stendere un documento programmatico e una bozza di statuto che dovrebbe essere formalmente approvata da tutte le associazioni nazionali interessate. Durante tutto il periodo preparatorio si dovrebbe costituire un tavolo di consultazione informale per avviare una collaborazione informale a titolo sperimentale.
Con altrettanta energia l’Unione dovrà lavorare per includere in un’unica grande confederazione nazionale tutte le associazioni e organizzazioni delle persone con disabilità e delle loro famiglie, ispirandosi ai positivi risultati già ottenuti in tal senso in altri Paesi europei, nel rispetto delle specificità del nostro. Tale organismo, che dovrebbe chiamarsi “Forum Italiano della Disabilità” dovrà essere costituito e gestito da una maggioranza qualificata di organizzazioni e persone con disabilità. I dirigenti degli organi direttivi saranno democraticamente eletti dall’Assemblea Generale ogni quattro anni. Nel Forum dovranno confluire tutte le organizzazioni legalmente costituite che ne costituiranno il tessuto associativo.
La F.A.N.D. e la F.I.S.H. in quanto tali dovranno essere progressivamente dissolte e confluire nel Forum. A quest’ultimo potranno aderire tutte le organizzazioni che svolgono attività in favore delle persone con disabilità. Esse potranno costituire all’interno del Forum un organo consultivo democraticamente eletto.
Il Forum intratterrà relazioni formali con il Forum del Terzo Settore tramite uno specifico gruppo di lavoro paritetico per le questioni afferenti alla disabilità.
Per raggiungere gli obiettivi sopra descritti dovrà essere costituito un gruppo di lavoro ad hoc, il cui coordinatore parteciperà alle riunioni della Direzione Nazionale e del Consiglio Nazionale con voto consultivo.
Nicola Stilla

La formazione dei dirigenti, di Katia Caravello

Autore: Katia Caravello

L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti è una grande associazione, e in questa sede non mi riferisco al suo passato glorioso, ma molto più prosaicamente al fatto che è una Onlus presente su tutto il territorio nazionale e che, in quanto tale, deve sottostare a leggi e normative.
Gestire secondo le regole ed in maniera efficiente una sezione territoriale, e vale a maggior ragione per i Consigli Regionali e per la struttura nazionale, non è una cosa semplice; spesso la buona volontà non è sufficiente, sono necessarie competenze e conoscenze.

Per il buon funzionamento di una sezione, per quanto piccola sia, è opportuno che i suoi dirigenti abbiano, almeno, un’infarinatura in ambito:
legislativo/normativo, dovrebbero conoscere:
le principali leggi nazionali in tema di disabilità (ad esempio, legge 113/85, 68/99, 104/92, 138/01);
le normative nazionali e regionali relative al riconoscimento dell’invalidità, all’ottenimento di agevolazioni fiscali e nell’utilizzo di servizi (ad esempio il trasporto pubblico), l’assegnazione di ausili (tramite il nomenclatore tariffario e/o leggi regionali);
amministrativo/contabile: è importante che abbiano una visione aperta sulle progettualità a medio e lungo termine, alle quali si riconnette la stima dei flussi delle uscite e dei proventi nell’arco dell’anno.
Potrebbe sembrare che le conoscenze sopra citate siano superflue per un dirigente dell’UICI, ma non è così: Pur non pretendendo che diventino tutti avvocati o contabili, avere le competenze sopra descritte mette i dirigenti nelle condizioni di rispondere in maniera efficace alle esigenze dei nostri soci e tutelati… e ciò rappresenta la principale mission del nostro sodalizio.

Ma non è sufficiente avere capacità manageriali per essere un “buon” dirigente, sono anche necessarie delle buone abilità relazionali sia sul versante esterno (rappresentanti di altre associazioni di disabili e non, di uffici amministrativi o di forze politiche, di enti vari), sia sul versante interno, soci e utenti in primo luogo, ma anche personale dipendente, volontari e collaboratori vari.
Si rende quindi necessaria una formazione anche in quest’ambito, con l’obiettivo di promuovere l’adozione di atteggiamenti e comportamenti appropriati durante l’espletamento della funzione di rappresentante dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti onlus, evitando il più possibile l’adozione di atteggiamenti piagnucolosi, volti a generare pietà o a giustificare, in assenza di adeguate argomentazioni, proprie manchevolezze, o, all’opposto, atteggiamenti arroganti o pretenziosi, che presentano le nostre ragioni come valide a priori e quindi indiscutibili. Atteggiamenti simili, oltre ad essere poco efficaci, offrono un’immagine del cieco e dell’ipovedente assai negativa.

Sul versante interno, avere delle buone capacità relazionali è utile per riuscire a coordinare con successo il gruppo di collaboratori (a partire dal consiglio direttivo). Infatti, la gestione di una sezione – ma vale lo stesso per i Consigli Regionali e la struttura nazionale – non deve essere in mano ad una singola persona, ma ad un gruppo… e qui arrivano i problemi.
Lavorare in gruppo è tutt’altro che semplice: è necessario avere la capacità di collaborare, di mettersi in discussione e di dare il giusto peso ai problemi e alle conflittualità che inevitabuilmente insorgono, rispettando l’altro ed attribuendogli dei valori, ascoltando e cercando di comprendere le sue opinioni e riconoscendo i propri limiti.
E’ quindi di fondamentale importanza ai fini della realizzazione di un buon lavoro di gruppo e, di conseguenza, di un buon funzionamento della struttura territoriale, regionale o nazionale, che il personale dirigente (il Presidente in primis) sia in grado di gestire i conflitti in maniera efficace, ascoltando e rispettando il pensiero e la sensibilità di ciascuno, senza ricorrere all’esercizio del potere, ma individuando una soluzione realmente accettabile per tutte le parti in causa.

Non bisogna infine dimenticare che i dirigenti associativi – specie quelli che operano nelle sezioni territoriali – hanno anche un altro compito importantissimo che va ben oltre il rispondere alle domande e il gestire il lavoro: l’accoglienza e il rapporto con i soci, i tutelati e le loro famiglie.
Tra le attività svolte da un dirigente, da un certo punto di vista, questa è quella che dà le gratificazioni più grandi, la vera motivazione alla base dell’essere un consigliere dell’Unione… ma è anche quella più difficile e, a tratti, più dolorosa, perché ascoltare ed essere d’aiuto a persone che stanno vivendo un momento di sofferenza, che spesso hanno storie molto drammatiche, non è così scontato come si potrebbe pensare… neanche quando , almeno in parte, si conoscono le difficoltà e le paure dell’altro perché sono state o sono anche le proprie.
Quante volte, nonostante le buone intenzioni, si dicono o fanno cose che non andrebbero dette o fatte… vanificando, in tutto o in parte, l’efficacia del proprio intervento?
Non serve essere dei professionisti delle relazioni d’aiuto per svolgere un buon ascolto ed essere di conforto, è sufficiente sapere che spesso alcuni metodi tradizionali di aiuto sono inefficaci e conoscere le possibili alternative… il che è alla portata di chiunque.
Per raggiungere gli obiettivi sopra descritti, è necessario che la formazione non sia un evento estemporaneo, ma un’attività modulare, ripetuta nel tempo e affidata a personale esperto (interno o esterno all’Unione). Sarebbe anche auspicabile giungere alla costituzione di un’anagrafe delle competenze – ovviamente non per quanto riguarda le abilità relazionali – a disposizione di tutti coloro che ne hanno bisogno: si potrebbe infatti predisporre per ciascun ambito specifico (autonomia e mobilità, informatica e tecnologia, pluridisabilità ecc.), un elenco, comprensivo di recapiti, di esperti in un dato settore, che siano disponibili a mettersi al servizio delle sezioni, ad esempio, della propria regione o di una regione limitrofa (evitando alle strutture più piccole – che spesso già fanno fatica a trovare chi accetta di entrare in consiglio – di dover necessariamente individuare un referente per ciascuna area, con il rischio che più persone siano costrette ad occuparsi di più settori– senza magari averne le reali competenze – con il risultato di fare tutto male).

Rispetto alla metodologia, secondo me, un buon percorso formativo non può essere svolto esclusivamente per via telematica, soprattutto per quanto concerne gli aspetti relazionali: si dovrebbero organizzare seminari regionali, caratterizzati da un’elevata interattività sia con il docente sia con gli altri partecipanti… è questo che consente di superare il livello informativo per raggiungere, per l’appunto, quello formativo.
Per esigenze varie, è molto probabile che tali incontri debbano svolgersi durante il fine settimana: so per esperienza diretta che impegnare in questo modo il proprio tempo libero è un sacrificio, ma credo anche che chi ricopre la carica di consigliere (sezionale, regionale o nazionale che sia) abbia il dovere di acquisire le conoscenze e le competenze che gli consentano di farlo nel migliore dei modi… anche se costa fatica.

Katia Caravello

Cambio di passo, di Valter Calò

Autore: Valter Calò

Buon giorno Delegate e Delegati
Mancano pochi giorni all’apertura del nostro Congresso Nazionalee penso che tutti noi, ci stiamo preparando, pensando di apportare i nostri contributi o di prendere spunto da idee o progetti dei nostri colleghi delegati.
Io voglio fare un passo indietro, esaminando quello che è il punto cardine del nostro Congresso di Chianciano, lo STATUTO.
Prendendo in esame i suoi tre livelli di competenze:
.1 le sezioni
.2 i consigli Regionali
.3 la direzione Nazionale consiglio e Presidente
Voglio anzi devo esprimere un mio parere e sottoporlo al vostro giudizio.
Facciamo il riassunto del riassunto e la nuova, ma anche la vecchia, proposta di statuto, ha nella sua struttura un chiaro aspetto piramidale.
Ritengo questa struttura anacronistica e assolutamente poco funzionale per la gestione di una Onlus di queste proporzioni, dove la dirigenza nazionale è molto, troppo lontana dai soci e dalle loro piccole e grandi problematiche, non per colpa o incapacità dei dirigenti ma solo ed esclusivamente per due motivi fondamentali:
.1 le tematiche del direttivo nazionale sono diverse dai problemi quotidiani dei soci.
Mi è assolutamente chiaro che gli sforzi operati dai dirigenti nazionali hanno come ultimo o primo fine il miglioramento dello status dei nostri soci, ma il loro compito primario è di interloquire e battersi per i grandi cambiamenti o le problematiche nazionali.
.2 Perché una Onlus così strutturata demanda da un consiglio all’altro problematiche e proposte con risultati direi sufficienti, ma con un notevole dispendio di energie che potrebbero essere sfruttate meglio e diversamente.
Personalmente ritengo le sezioni Provinciali il vero cuore di questa nostra Unione, le basi di una attuale struttura piramidale che sorregge tutta la direzione, con un grande problema quello che i soci e i dirigenti sezionali sono troppo lontani dal governament, ovvero la testa è troppo lontana dalla coda.
Questo comporta che tante proposte fatte dalla base della piramide si perdano l’ungo l’iter procedurale e rimangano nel cassetto, oppure che problematiche rimangano irrisolte per il solito scambio di responsabilità o competenze. Prova ne sono le commissioni congressuali le quale vengono esortate a scrivere pochi punti programmatici in quanto nelle precedenti sessioni venivano elencate lunghe e complesse liste della spesa che venivano recepite in minima parte dagli organi predisposti.
Insomma tanto lavoro per nulla, tanta energia dissipata, credo che la nostra cara Onlus possiamo tranquillamente posizionarla nel gruppo energetico G, noi dobbiamo credere di poter crescere e migliorarla fino al massimo di risparmio energetico impossessandoci a pieno diritto del gruppo A.
Una Onlus dinamica, responsabile, creativa, propositiva dove i soci sono orgogliosi dell’appartenenza perché sanno che dietro di loro esiste una forte struttura presente e pronta a collaborare e risolvere.
Conosciamo tutti bene la realtà italiana e il virtuosismo di alcune sezioni e le difficoltà di altre, sappiamo tutti che siamo divisi da abitudini, mentalità, capacità e possibilità, condizioni metereologiche e climatiche completamente diverse.
Le sezioni sono abbandonate a loro stesse, quasi senza diritti e con molti doveri, con i dirigenti che si devono prodigare contro tutto e contro tutti.
Il mio parere, per il quale rimarrò fermo nella mia convinzione è quello di rinnovare drasticamente la nostra Onlus dando più potere alle sezioni, rendendole responsabili, autonome, capace di autoregolarsi su punti programmatici, ma soprattutto vorrei vedere crescere le sezioni nella loro consapevolezza, vorrei vedere crescere l’orgoglio di appartenenza in tutti noi, fieri di essere facenti parte di una sezione locale e di una Unione Nazionale forte e dinamica.
Le rappresentanze Regionali vanno depotenziate dal loro potere concepito nel nuovo Statuto, lasciando sì un Presidente Regionale che abbia il compito di interloquire con il nuovo potere politico e di coordinare in modo propositivo le sue sezioni, oltre che il compito di garante per tutti i soci.
In questo modo si darebbe un vero ruolo al presidente regionale che non sarebbe solo istituzionale ma anche di consigliere e controllore sull’operato delle sezioni.
Questa figura dovrà essere assistita ed aiutata dai Presidenti di Sezione e dai dirigenti sezionali chiamati all’occorrenza e per opportuna professionalità a collaborare per un risultato da condividere.
Ultimo punto Presidenza, Direzione e Consiglio Nazionale a loro spetta il compito di indirizzare la politica della nostra Onlus, spetta il difficile compito di mediazione con il governo del nostro paese sulle grandi tematiche e spetta a loro incentivare la crescita delle sezioni, con collaborazioni e istruzione delle stesse, bisogna iniziare a sfruttare le risorse interne dell’Unione incentivando forme di autoaiuto.
Non confondiamo la parola autoaiuto con solidarietà, questa forma prevede di istruire un singolo o un gruppo, il quale avrà il compito di istruire tutti gli altri.
Risultato, aumentare la professionalità diminuire le spese.
Parole chiave: dinamicità e responsabilità
Ricordiamoci tutti che ogni nostra azione deve essere solo ed esclusivamente in funzione dei nostri soci indistintamente da longitudine e latitudine, che i problemi di Caltanissetta sono uguali a quelli di Aosta cambia solo e forse il modo di interporsi alle problematiche, per questo motivo ci vogliono:
.cooperazione fra le sezioni.
.contatto diretto tra sezioni e consiglio direttivo
.un mediatore regionale
.responsabilizzazione delle sezioni stesse
Le sezioni devono rimanere il vero punto di forza della nostra onlus se vogliamo recuperare associati, la loro autonomia gestionale deve crescere per interagire sulle piccole e grandi problematiche dei soci.
Ribadisco sezioni e soci sono il vero e unico pilastro fondamentale di tutta la nostra Unione, statuti e dirigenti devono adeguarsi a questa realtà indiscutibile.
Il consociativismo deve dare forza ai singoli con l’operato corretto dei dirigenti, i dirigenti devono adoperarsi per risolvere le problematiche dei singoli affinché non siano mai soli nel risolvere le loro difficoltà..
Bisogna dare personalità giuridica alle sezioni e non solo alla sede centrale, responsabilizzandole.
Ad esempio un tema importante sono gli immobili: non dimentichiamoci che sono stati donati indirettamente all’UICI per il buon operato dei dirigenti sezionali che si sono presi in carico problematiche e gestioni di soci, seguendoli quotidianamente e aiutandoli nella loro quotidianità.
La proprietà di detto immobile, secondo Statuto, finiscein giustamente a Roma alla direzione Nazionale, la quale ne ha facoltà. Gli immobili devono rimanere di proprietà delle sezioni ed eventualmente vincolati dal consenso nella vendita, dalla sede centrale. Mi sorprende il fatto che nell’attuale e prossimo Statuto non sia scritta una norma che preveda che se la sezione Provinciale volesse uscire dall’Unione gli immobili non ritornino di proprietà di chi gli ha meritati più di tutti gli altri.
Bisogna dare personalità giuridica alle sezioni, responsabilizzare e crescere deve essere il nostro motto nella condivisione, oggi come oggi le sezioni fanno il grande lavoro e risultano come bambini incapaci di decidere tenuti per mano dalla loro mamma.
Se vogliamo crescere bisogna responsabilizzarci e cooperare, sfruttando a pieno le nostre capacità interne e autogestendoci nella condivisione della risoluzione dei problemi.
Questa è e rimane Solo una bozza che, se condivisa, potrebbe diventare un documento programmatico. A riguardo personalmente ho molte idee, ma per rendere una bozza una proposta condivisa deve essere modellata da chi ritiene queste basi una possibilità d crescita della nostra Unione. Una svolta strutturale di queste dimensione merita una profonda riflessione e sicuramente non può essere risolutiva di questo congresso, ma auspico e spero che nasca una nuova strada da progettare e per correre assieme.
Valter Calò

Una sfida per la solidarietà, un impegno per il futuro. E la collegialità per cambiare, di Nicola Stilla

Autore: Nicola Stilla

Il XXIII Congresso dell’Unione si avvicina e, com’è noto più o meno a tutti, il mio nome sarà tra quelli dei candidati alla Presidenza nazionale.

Confesso che ho iniziato a riflettere sui temi associativi di respiro nazionale molto tempo fa (prima delle dimissioni di Tommaso Daniele), semplicemente perché ritenevo ineludibili alcune scelte di cambiamento necessarie per garantire un futuro alla nostra associazione.

Quando se ne è presentata l’occasione, ho deciso di condividere un percorso costruttivo con Mario Barbuto in quanto vi erano idee ed orientamenti comuni ad entrambi; questa condivisione è stata possibile fino al momento in cui sono emerse sostanziali divergenze relativamente ad alcune scelte su come giungere insieme al XXIII Congresso.

La conclusione di quel progetto è stata per me un momento difficile ed in qualche modo  doloroso, considerando che, solo sei mesi prima, in vista dell’elezione del Presidente da parte del Consiglio nazionale, per determinare le condizioni che avrebbero consentito di far vincere il “cambiamento” sulla “continuità”, avevo deciso di promuovere e sostenere la candidatura di Barbuto alla Presidenza Nazionale del nostro sodalizio, con l’impegno comune di individuare insieme un metodo per scegliere, successivamente, un candidato unitario alla Presidenza nazionale al XXIII Congresso.

Questo, in estrema sintesi,  è stato il percorso che mi ha portato, nel gennaio dell’anno scorso, a confermare la mia candidatura alla carica di Presidente Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti: una scelta che si fonda su alcune motivazioni che cercherò di illustrare brevemente di seguito.

Nel corso degli anni, ritengo di aver acquisito una sufficiente esperienza e conoscenza del contesto associativo come Presidente Provinciale prima e come Presidente Regionale poi: in quelle vesti ho dato prova di disporre di maturità organizzativa, metodologica ed amministrativa nella gestione dell’ente; ho organizzato convegni, attività formative, riabilitative, ricreative soprattutto per bambini con disabilità plurime e per le loro famiglie, realizzando progetti sia a livello provinciale che regionale, incluse iniziative per l’autofinanziamento e per la riabilitazione.
Potrei citare, ovviamente, i risultati conseguiti in Regione Lombardia per quanto riguarda il contributo di funzionamento, il progetto “SpazioDisabilità – Informazioni Accessibili”, le iniziative sulla scuola, l’istituzione del Centro Regionale Tiflotecnico… in questi anni ho vissuto inoltre un’esperienza particolarmente formativa, quella di Presidente Regionale della F.A.N.D., che mi ha dato l’opportunità di ampliare le mie conoscenze circa le problematiche politiche e sociali legate alla disabilità e di confrontarmi con realtà differenti. Riassumo dicendo che in tutti questi anni di impegno associativo ho imparato quanto sia importante il dialogo proficuo con tutti: all’esterno ed all’interno, nel rispetto delle idee, delle posizioni e degli interessi, delle diverse realtà.
Mi considero una persona corretta, impegnata, coerente e trasparente che non ha mai tratto vantaggi dall’attività associativa sottraendo, anzi, tempo ed energie alla vita personale e familiare.
Sono pronto a dedicarmi a tempo pieno allo svolgimento delle attività connesse con la carica di Presidente Nazionale garantendo la mia regolare presenza presso la Sede Centrale e la piena reperibilità per tutti i dirigenti del territorio. Non ricopro alcun incarico né continuativo o temporaneo, né collaborazioni retribuite con alcun ente nazionale o territoriale.

La definizione del mio programma sarà avviata partendo da uno slogan: una sfida per la solidarietà, un impegno per il futuro.
Sfida, solidarietà, impegno, futuro: queste quattro parole sottendono ad altrettanti concetti che riguardano, da vicino, la nostra storia, il nostro ruolo in una società che cambia a ritmi vertiginosi, la nostra determinazione, la consapevolezza di dover cambiare per affrontare un domani che, senza accorgercene, già stiamo vivendo, e che non vorremmo subire.
Quattro concetti che, facilmente, potremmo calare nei mille problemi ai quali la quotidianità ci pone innanzi, in quei settori consueti delle rivendicazioni associative che non possiamo eludere, ma necessariamente affrontare con una determinazione nuova, con un piglio differente, con una prospettiva che ci accomuni tutti e tutte.
Una “sfida” che sappia valorizzare quei sentimenti associativi di appartenenza che dobbiamo imparare a riscoprire, facendo riemergere dai livelli bassi a quelli più elevati delle nostre coscienze la consapevolezza che solo uniti si vince e che le sfide che ci devono impegnare non possono e non debbono essere solo quelle interne, ma anche quelle che rivolgiamo verso una società sempre più qualunquista, a volte ipocrita ed indifferente alla sfera dei diritti e disponibile verso la diversità solo a parole.
A “futuro” e “prospettive” fa eco la parola “speranza”… Ecco ciò che, con determinazione, dobbiamo far crescere, traendo linfa vitale da un ottimismo che investa idee e azioni. Un futuro è tale se sa dare risposte alle necessità: alle speranze dei giovani che auspicano le pari opportunità negli studi, nel lavoro, nella mobilità, nella cultura, ecc.; alle ansie degli anziani che sperano di poter vivere una vita serena; alle famiglie dei nostri ragazzi con pluridisabilità; a tutti coloro ai quali il progresso scientifico lascia intravedere opportunità entusiasmanti, che poi però restano relegate alla sfera dei sogni.

Viviamo in un tempo nel quale la crisi economica ha reso incerti i diritti di molti cittadini. E’ necessario, quindi, ribadire con determinazione che l’Unione, insieme alle altre associazioni delle persone con disabilità ed alle organizzazioni impegnate nel sociale (incluse le organizzazioni sindacali ed i movimenti dei consumatori), ha il dovere di rivendicare, senza timidezza, i diritti legati all’educazione, al lavoro, all’autonomia, alla cultura delle persone cieche ed ipovedenti, e chiedere il rispetto delle leggi, senza se e senza ma.
Con la medesima determinazione profusa per la legge di stabilità 2015, dobbiamo impegnare l’associazione sui temi dell’inclusione scolastica dei nostri ragazzi, sulla riforma della legge 113/85, sull’istituzione della figura dell’operatore del benessere disabile visivo, senza dimenticare tutta la questione dell’I.S.E.E..
E poi: ipovisione, terza età e pluridisabilità. Tre priorità da affrontare con urgenza, competenza ed incisività, perché dobbiamo ricostruire un rapporto di fiducia con le famiglie ed avvicinare le persone ipovedenti alla nostra associazione.

Dal punto di vista organizzativo, c’è urgente bisogno di alleggerire le nostre strutture territoriali dal lavoro e dalla troppa burocrazia (soprattutto nel caso delle Sezioni medio/piccole) per metterle in condizione di offrire ai soci servizi migliori e sempre più qualificati; per fare questo, occorre finanziare, tramite il fondo di solidarietà, progetti ad hoc miranti all’accentramento a livello regionale di alcuni servizi (mi riferisco ad esempio alla contabilità), stando allo stesso tempo attenti ad evitare  pressapochismi e l’inosservanza delle regole.

Altra cosa importante e vitale è l’istituzione in Sede Centrale di un autentico e competente ufficio giuridico che, oltre a fare “le pulci” al legislatore, sappia essere, anche per le strutture territoriali e per i Soci, un punto di riferimento per ogni tipo di consulenza in ordine alla legislazione ed alle normative comprese quelle regionali.

Tutti gli obbiettivi saranno da perseguire decidendo insieme, lavorando con vera collegialità, anteponendo il “noi” all'”io”.

L’accelerazione delle dinamiche sociali, l’oscillazione continua del senso e della direzione di tali dinamiche nonché il progressivo frammentarsi del quadro istituzionale, determinano, da alcuni anni, una crisi sempre più profonda delle nostre certezze; il presente ci pone di fronte ad un orizzonte di sostanziale indeterminatezza, entro il quale non è facile orientarsi.
Ogni previsione appare sempre più ardua ed aleatoria.
Siamo quindi ad un bivio: riuscire ad affermare l’agenda dei diritti o, al contrario, assistere al venir meno persino del welfare risarcitorio a vantaggio di quello emarginante.
Dice Dante a proposito dell’amore: “intender non lo può chi non lo prova”. La disabilità è in qualche misura la stessa cosa: solo chi ne fa esperienza può davvero comprenderne e riconoscerne la complessità e la drammaticità. Noi sappiamo di essere gli interpreti di questa consapevolezza.
Se non saremo in grado di allargare i confini della nostra base associativa acquisendo consensi nei settori più refrattari ad accogliere il nostro messaggio, ad aderire ai nostri programmi, a condividere i nostri obiettivi, allora falliremo; mi riferisco con particolare riguardo ai giovani e alle famiglie, ove si forma la coscienza civile, culturale e sociale di ciascuno, agli ipovedenti, che stentano a riconoscersi in una associazione che evoca il fantasma della cecità, e agli anziani, cui poco o nulla abbiamo da offrire per soddisfare il loro bisogno di sicurezza e di protezione. Se non saremo in grado di andare incontro a queste esigenze, sintonizzandoci con i fatti e con le parole sulla lunghezza d’onda di aspirazioni insoddisfatte e, talvolta, inespresse, non ci sarà allargamento della partecipazione e non ci sarà neppure rinnovamento.

Al XXIII Congresso chiederò dunque il voto ed il sostegno a tutte le delegate ed a tutti i delegati, convinto che saprò onorare fino in fondo la responsabilità di guidare l’Unione con la passione e la ragione che sono necessarie, lavorando con vera collegialità e suscitando vera partecipazione.

Nicola Stilla

Rinnovamento e accordi, di Peppino Re

Autore: Peppino Re

Ormai ci avviamo al Congresso, e, come è giusto che sia, il fermento delle varie anime dell’Unione è pienamente in moto. Più presidenti che si candidano a sostituirne uno che c’è da appena diciotto mesi, del quali tutti esaltano i risultati, esplicitamente i sostenitori, implicitamente gli avversari, una infinita schiera di candidati al Consiglio Nazionale, (attualmente siamo in trentasette), programmi e idee programmatiche, bozze e richiami che si susseguono. Tante storie, tante varianti, che, però a Chianciano dovranno essere portate a sintesi… Per cui si discute, e si provano accordi…
Quando abbiamo finito il XXII Congresso, ha esclamato Saltarel davanti a venti candidati al Consiglio Nazionale come lui, sembrava tutto perduto… ma noi abbiamo continuato… C’è stato anche un momento in cui Barbuto e tutto il suo movimento ha corso il rischio di espulsione in una ipotetica assemblea dei quadri… Ora, Saltarel non lo ha detto esplicitamente, ci ritroviamo centrali e, probabilmente maggioranza del Congresso…
Come non consentire con questa sua dichiarazione, spontanea ed espressa con la sua solita semplicità… E la chiave, dopo quella legnata da venti a zero, è stata quella di “non rompere le righe”, e sulla idea di rinnovamento soffocata a Chianciano, costruire una “corrente”, chiara negli obiettivi, conquistare democrazia reale, e fermamente interna all’Unione, senza cercare avventure con nuove organizzazioni, esistenti o da fondare. Questa linea, dolorosamente è stata sancita da una assemblea di fine novembre 2010 e si è espressa in un “manifesto” di dieci punti firmato da tanti non vedenti, un manifesto che, lo stesso Tommaso Daniele, in quel momento avversario, disse che avrebbe potuto firmarlo perché era insito nello spirito dell’Unione… Eppure non firmò e, non avrebbe potuto farlo perché quello era indicatore di una strada, tutta da percorrere, in salita, perché percorrerla avrebbe significato cambiare la classe dirigente.
Eppure, per vie inimmaginabili, e a seguito di un accordo con Stilla, il 15 marzo dell’anno scorso questo processo ha cominciato a volare, e a pervadere l’Unione nel suo seno… L’Unione stantia e scontata ha come avuto un fremito, e Silvano Pasquini, con il suo carico di speranze e aspirazioni ha manifestato più volte quel senso di voler tornare in una casa amica… Mi fa tanto pensare alle grandi guerriglie ideologiche che, davanti a un programma di cambiamento realistico e a portata di mano, ci pensano se sia ancora il caso di pensare da soli o da esterni.…
Così come è avvenuto nel marzo del 2014 con la elezione di Mario Barbuto alla presidenza nazionale, io auspico che le tante parti vive dell’Unione sappiano poi riconoscersi in un programma e in una leadership condivisa, capace di farci essere adeguati contemporanei e migliori…
Accordarsi, ma non con la vecchia Unione ancora esistente che concepisce il potere come poltrona, che si impadronisce dei bisogni dei ciechi e li trasforma in tessere, in voti, e pur offrendo un grande lavoro, ci trasforma in sudditi, non in cittadini… Io almeno due li conosco, forse perché abitano lì, nella mia città, e da trentacinque anni si scambiano di posizione, di luogo, di sfondo… ma ci sono sempre, e non consentono agli altri di esserci se non…come dicono loro. Essi, convinti del proprio valore e dei propri mezzi, girano da tutte le parti: ieri a Prato e a Chianciano, oggi a Messina e nuovamente a Chianciano, con Mario, con Nicola o con Peppino… si vedrà.

il mio amico Giovannino Ciprì, a questo punto mi rimprovererebbe, perché questo tipo di padroni non sono solo a Palermo, ma in tante altre parti… Ma, Giovanni mi perdonerà; cercateveli voi… Giovanni, io mi sono candidato, e, se voglio chiedere qualche voto, non posso mettermi io a trovarli. Il manuale della campagna elettorale me lo vieta, almeno per ora.

Peppino Re