Il caso di Giorgia: friggiamoci con il nostro olio, di Calogero Zarcone

Autore: Calogero Zarcone

Comincia il nuovo anno scolastico 2016/2017 e, come al solito, si presentano varie difficoltà per l’integrazione scolastica dei ragazzi non vedenti e ipovedenti. Piuttosto che continuare a fare varie dissertazioni circa la soluzione delle carenze sull’integrazione scolastica, cerchiamo di essere più pratici ed intervenire in loco. Le Provincie, che prima fornivano i servizi di assistenza scolastica domiciliare ai sensoriali, a causa della mancanza di fondi, si rifiutano di fornire i finanziamenti per l’assistenza scolastica domiciliare. E che dire sulla buona scuola? I presidi fanno notare che mancano insegnanti col titolo di sostegno e sono disposti a utilizzare insegnanti precari anche senza titolo. Certamente l’Unione Italiana Ciechi ed Ipovedenti non può rimanere a guardare. Ad Agrigento prima, e a Palermo il 12 settembre, l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, famiglie, alunni ed operatori hanno manifestato per sollecitare la Regione Siciliana a finanziare servizi per l’integrazione scolastica domiciliare dei sensoriali. A mio avviso ogni sezione provinciale dell’ Unione Italiana Ciechi deve operare nel territorio provinciale e, essendo rete sociale del territorio, deve cooperare con le scuole provinciali. Cosa significa “friggiamoci con il nostro olio”? Nell’anno scolastico 2015/2016 l’alunna Giorgia Lo Monaco, ipovedente, ha frequentato l’ultimo anno della scuola materna. Lo scrivente, prof. Calogero Zarcone, presidente onorario della sezione provinciale UIC e ipovedenti di Agrigento, nella qualità di responsabile del Gruppo Istruzione sezionale e tiflologo, in collaborazione con la famiglia e la dirigente della scuola Lauricella, sita in Agrigento, ha insegnato a Giorgia l’apprendimento di scrittura e lettura del metodo Braille. Siamo all’inizio dell’anno scolastico, grazie alla collaborazione della stamperia regionale siciliana, sita a Catania, Giorgia .è in possesso dei testi scolastici, ed è in grado di scrivere e di leggere il suo libro di lettura. Nella qualità di tiflologo ho avuto modo di incontrare tanti ragazzi che in terza elementare o quarta o prima media non sapevano leggere e scrivere e svolgevano programmi ridotti. Senza aspettare la manna dal cielo, con il nostro intervento precoce, Giorgia Lo Monaco è in grado di frequentare regolarmente la prima classe elementare. Rilevo con piacere che in Abruzzo è stata istituita all’Università la cattedra di tiflodidattica: ben vengano le varie iniziative per formare docenti ed utilizzarli per i ragazzi non vedenti ed ipovedenti inseriti nelle scuole. Come Unione, dal mio punto di vista, la sezione provinciale dell’UIC e Ipovedenti di Agrigento, è attrezzata con un gruppo di volontari che sono disponibili a intervenire presso le famiglie e le scuole. La figura del tiflilogo che, fino ad oggi, ha svolto attività di volontariato, dovrebbe essere istituita come figura stabile nella sezione provinciale e intervenire personalmente e quotidianamente e servirsi di collaboratori. Presto in sezione faremo un corso di 60 ore formato da docente per l’apprendimento del Braille, docente per la didattica speciale e un terzo docente per la tifloinformatica. Il tiflologo chi è costui? A mio avviso, in attesa che lo Stato istituisca la cattedra di tiflodidattica, il tiflologo laureato in psicologia e dotato di una profonda conoscenza delle scienze tiflodidattiche, deve essere presente nella pianta organica di ogni sezione ed essere di supporto alla scuola, alle famiglie e ai bisogni speciali dell’educando. Giorgia Lo Monaco ed altri, grazie agli sforzi della sezione provinciale, sono facilitati a proseguire serenamente l’iter del processo educativo. Friggiamoci dunque con il nostro olio, serviamoci di persone preparate nel territorio provinciale al fine di intervenire ic et nunc quotidianamente, senza aspettare miracoli dal ministero o sentenze dei vari Tar regionali. Il processo di integrazione scolastica è un continuum inarrestabile, non possiamo andare indietro nella storia, dobbiamo correre con gli altri, nessuno può essere lasciato a se stesso ma tutti dobbiamo andare verso l’Ovest. La follia di qualcuno che pensa al ripristino della scuola speciale costituisce un fatto antistorico, antisociale e privo di ogni fondamento. Il caso di Giorgina può essere imitato da tante altre nostre sezioni. Nei primi di novembre faremo una giornata di Braille nella scuola di Giorgina, per far conoscere ai suoi compagni di classe come legge Giorgina. Nel 1954 ho sostenuto gli esami di ammissione per frequentare la scuola media, nel giugno del 1957 ho conseguito con merito la licenza di terza media e nell’anno 1961 al liceo classico Empedocle di Agrigento ho conseguito la maturità classica a mio totale rischio e nessun aiuto statale e porgo un sentito grazie, alla fine di questa relazione, ai compagni di classe che si prestavano in mille modi aiutandomi a crescere e maturare insieme a loro.

Natale insieme giocando, di Mena Mascia

Pioviggina e fa freddo, quando insieme a Simona, munite di un’artistica tombola e dei conseguenti premi per le scommesse, lascio casa mia per raggiungere la sede provinciale, dove spero d’incontrare i soci per scambiarci gli auguri di un Santo Natale. tremando per qualche brivido, non lo dico, ma penso che pochi si muoveranno di casa con questo tempo così umido.
Quando qualcuno ci apre, invece, ci raggiungono voci allegre che ci accolgono festanti, contenti di essersi mossi per giocare insieme.
Dopo qualche chiacchiera di benvenuto e l’aggiunta di un tavolo e qualche sedia per far posto a tutti, , la seconda edizione di (Natale insieme giocando) inizia con la chiamata dei numeri e la voglia di star bene insieme in un posto che, per qualche ora, ognuno riesce a sentire suo.
E’ bello constatare tanta partecipazione ad un antico gioco, attraverso il quale il mio pensiero vola lontano e la mente si estranea in una preghiera di suffragio verso l’anima di un amico che non c’è più. Di certo Bartolo sarebbe stato contento di vedere la sua creatura nelle mani di persone che la utilizzano, come quando l’ho presentata in una mostra valorizzandone al massimo, come merita, la creativa fattura.
Ogni cartella, compreso il tombolone, è realizzato con delle caselline in pelle e plexiglas, di cui il colore diverso ne contrassegna la serie che va dall’azzurro al verde, dal bianco al rosso, dove ciascun numero, oltre che in nero, è contrassegnato in braille, così come i numeri del cartellone che per chi non vede presentano un incavo superiore, onde non sbagliarsi a leggerne il valore.
Cervello che si collega a mani che creano, perché chiunque ne goda, la tombola nel suo insieme è l’opera di un artista non vedente che gli sopravvive nella utilità, al di là del tempo e dello spazio.
Quando ci scambiamo gli auguri, tutti mi sembrano contenti ed anch’io lo sono, nella dolcezza di un ricordo che mi è caro.
Mena Mascia

Referendum ed inclusione dei disabili: Comunque andrà, sarà una “sfida” da cogliere, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

A pochi giorni dal voto referendario, il quesito più ricorrente che “arrovella” anche noi cittadini italiani con disabilità è se la Riforma istituzionale, voluta dal Governo Renzi e, non dimentichiamolo, pure dalle nostre due Camere, sia qualcosa di estraneo rispetto alla nostra ”quotidianità” e dai nostri diritti oppure, al contrario, rappresenti il tentativo di riorganizzare il “sistema” e la qualità della vita di tutti gli italiani in termini più organici e coerenti con le sfide della ”modernità” e della nuova “società globale.
Volendo improvvisarmi nel fare un po’ di “storia” del sistema istituzionale italiano, potrei affermare che le profonde innovazioni che hanno investito il nostro Paese a partire dagli anni duemila, a mio modesto avviso, si sono sviluppate attorno ad un evento normativo “periodizzante”: la legge 3 del 2001, che ha profondamente riformato il Titolo V della nostra Costituzione.
La legge costituzionale 3 del 2001, infatti, da inizio ad un processo di “decentramento” e “federalismo” per il quale compiti e funzioni del Governo passano alle Regioni ed agli Enti territoriali (comuni, province e città metropolitane).
Come ogni provvedimento normativo, anche la riforma del Titolo V della nostra Carta costituzionale, al momento della sua emanazione, porta a compimento un processo evolutivo già in atto da tempo nella società italiana: date la complessità e l’”alta velocità” dei cambiamenti del sistema sociale, risulta difficile governare dal centro in modo unitario il Paese, per cui si opera la scelta di avvicinare al territorio il “luogo delle decisioni”, nella convinzione che più vicine esse sono ai cittadini, più risultano efficaci.
Il legislatore ritiene che, portando il luogo delle decisioni a livello locale, il “sistema” Italia avrebbe prestato più attenzione alle esigenze dell’utenza e che una maggiore libertà ed “autonomia” di azione delle Regioni avrebbe innalzato la qualità ed il livello dei servizi da erogare ai cittadini.
Lo Stato, poi, con la legislazione nazionale ed i vincoli di risorse ed organizzativi avrebbe garantito il rispetto dell’unità del sistema e dei cosiddetti LEP (livelli essenziali delle prestazioni) in ambito nazionale.
Le due parole chiave autonomia e decentramento rintracciano tuttavia già nella Costituzione del 1948 una cogente e propulsiva indicazione, allorquando all’art 5 in essa si legge: “La Repubblica promuove le autonomie locali, attiva processi di decentramento amministrativo ed adegua i principi ed i metodi della sua legislazione all’autonomia ed al decentramento”.
Il principio ispiratore della legge 3 del 2001 è senz’altro quello della “sussidiarietà verticale” per cui: “i compiti e le funzioni amministrative devono essere affidati agli Enti territorialmente e funzionalmente più vicini ai destinatari dei servizi”.
Un’ ulteriore e determinante novità della legge 3 è stabilita dal “riformato” art 117, che fissa la potestà legislativa, distribuendola tra Stato e Regioni.
Lo Stato ha la potestà esclusiva nelle materie di sua pertinenza. Mentre la “legislazione concorrente” è divisa tra Stato e Regioni e dove queste ultime hanno la potestà esclusiva, lo Stato si limita ad intervenire determinando i principi generali.
In materia d’istruzione, problematica tanto cara allo scrivente ed alle nostre associazioni di e per persone con disabilità, lo Stato ha la potestà esclusiva sulle norme generali e sulla determinazione dei “livelli essenziali delle prestazioni” relativi ai diritti civili e sociali che devono essere garantiti sul territorio nazionale (tra i quali è pertanto incluso pure il diritto all’istruzione).
Le Regioni hanno invece la potestà esclusiva in materia di istruzione e formazione professionale, nella programmazione della rete scolastica e nella determinazione del calendario scolastico. I compiti amministrativi, nel rispetto del principio di sussidiarietà verticale, vengono invece affidati alle Province ed ai Comuni, tenendo conto dei criteri dell’attribuzione delle scuole del 2° grado alle Province e di quelle del 1° grado ai comuni e del conferimento ai Comuni delle competenze più significative (tra le quali: iniziative di educazione degli adulti, di continuità e di orientamento scolastico e professionale e d’integrazione degli alunni diversamente abili e stranieri (art 139 del D. l.vo 112 del 1998).
Nel 2014 con la Riforma Del Rio, e la definitiva soppressione delle province e la loro sostituzione con le “città metropolitane”, si assiste ad un “provvisorio” vuoto di poteri e competenze, che viene finalmente sanato con l’art 1 comma 947 della legge 208 del 2015, che sancisce il passaggio alle Regioni delle funzioni e dei servizi fino ad allora forniti dalle ormai “ex” province.
Infine la legge 3 del 2001, con il “novellato” art 118, ci dice che gli Enti territoriali periferici, sempre nel rispetto del principio della sussidiarietà verticale, devono pure adoperarsi per un’organizzazione e tutela “orizzontale” degli interessi, favorendo l’iniziativa e la collaborazione diretta degli stessi cittadini, specie se organizzati socialmente. Accanto al principio di sussidiarietà verticale, la costruzione di un rapporto più impegnativo con la società richiede, pertanto, pure la pratica della “sussidiarietà orizzontale”.
Dunque, superando la tradizionale impostazione del diritto pubblico che vedeva nei cittadini dei soggetti solo da “assistere ed amministrare” e che invece non venivano chiamati alla partecipazione attiva ed a forme di “partneriato “sociale”, finalmente anche noi cittadini con disabilità venivamo considerati “soggetti di diritto” ed attori protagonisti della “cosa pubblica”.
Però, come sovente avviene nel nostro Bel Paese, pur potendo contare su ottime leggi “sulla carta” , troppo spesso poi non si riesce ad applicare le norme in maniera davvero compiuta.
Ritengo che le “eterne incompiute” del sistema normativo italiano si siano intensificate nell’ultimo quindicennio, perchè una grande percentuale delle nostre leggi più recenti (ed ovviamente anche la riforma del Titolo V del 2001 non fa eccezione) è nata in un clima di contrapposizione politica esasperata e “preconcetta”.
In particolare la legge 3 del 2001 è diventata ben presto il luogo e la “bandiera” dello scontro tra i diversi partiti, indipendentemente dal valore della riforma in sé. Infatti, prima alcune Regioni amministrate dal centro sinistra e poi altre governate dal centro destra hanno a turno presentato, nel corso degli ultimi anni, ricorsi alla Corte costituzionale (in seguito tutti respinti) per lesione da parte dello Stato delle competenze loro attribuite dall’art. 117.
E tutto ciò a solo detrimento e nocumento dei cittadini più deboli e naturalmente di noi disabili (che siamo i “più deboli tra i deboli”), facendo sì che ancora nel 2016 (nonostante le belle parole e le “onorevoli” enunciazioni di principio contenute nella riforma del Titolo V del 2001, in quella tentata nel Giugno del 2006 ed infine nell’imminente Referendum istituzionale del prossimo 4 Dicembre), in realtà non ci sia per noi una vera “inclusione”, con conseguenti difficoltà da parte dei nostri bambini, ragazzi ed anziani a raggiungere apprezzabili livelli di qualità della vita.
Troppo facilmente e “desolatamente” è successo che, dal 2001 in poi, ai reali interessi della gente ed ai superiori principi della sussidiarietà verticale ed orizzontale ed al diritto di pari cittadinanza le varie Regioni italiane di qualsiasi “colore” politico abbiano invece anteposto logiche di “parte”, clientelari e “consociative” negli ambiti di pertinenza, che ha loro attribuito la legge 3. Questo loro grave “modus agendi” ha solo aumentato gli sprechi ed incrementato esclusivamente la difformità di trattamento a livello territoriale nell’erogazione dei servizi di trasporto e socio-sanitari, nella formazione professionale e nell’assistenza specialistica ai disabili.
A ciò si aggiunga che l’”organismo” che avrebbe dovuto evitare tali “squilibri” e scompensi territoriali nella fornitura dei servizi, e cioè la “Conferenza Stato Regioni, a mio parere, poco è servito finora a garantire un adeguato coordinamento tra il potere centrale e gli Enti periferici, non riuscendo ad assicurare una reale visione d’insieme che potesse definire ed omogeneizzare le potenzialità delle singole realtà regionali in un unico e condiviso “sistema” nazionale unitario dei servizi.
Tornando alla questione del prossimo Referendum, ormai dall’inizio della scorsa Estate, non facciamo altro che sentire parlare di riforma istituzionale ed elettorale. Ma i dibattiti ed i “faccia a faccia” televisivi sono “egemonizzati” soltanto dai facili personalismi e dalle sterili polemiche tra le opposte fazioni, piuttosto che dal buon senso e dalla voglia di far capire ad esempio a noi persone con disabilità se e come cambierà realmente la nostra vita ed il “mare magnum” del sociale, in caso di vittoria del sì.
Sappiamo per certo che dovrebbe cessare il “tira e molla” ed il ping-pong del sistema bicamerale, che troppe volte ha ritardato od addirittura “bloccato” l’approvazione di alcune significative leggi a nostra tutela, che dovrebbe essere eliminato il CNEL ed infine che dovrebbe mutare radicalmente il (fino ad oggi) ”controverso” e “frazionato” rapporto tra lo Stato e gli Enti locali, con la nascita del famoso “Senato delle Regioni o delle autonomie”.
E proprio quest’ultimo tema mi sta particolarmente a cuore e credo che certamente sarà uno degli argomenti all’ordine del giorno nell’agenda politica e nella attività delle associazioni di e per disabili dei prossimi anni. Infatti, indipendentemente dall’esito del voto referendario, sono fortemente persuaso che tutti i nostri partiti di oggi e di domani non possano e potranno prescindere dalla consapevolezza, che deve diventare sempre più diffusa all’interno del mondo politico, che la qualità del servizio offerto agli utenti disabili deve essere il più possibile omogenea a livello territoriale.
In effetti, oggi, anche a causa dell’uso distorto ed a volte di “bottega” che tutte le Regioni italiane hanno fatto delle competenze loro concesse dalla legge 3 del 2001, è abbastanza chiaro che esistono forti disparità territoriali. Una disomogeneità di trattamento che è spesso molto evidente, con zone dove, grazie soprattutto alla solidarietà locale, si riesce a far “decollare” strutture nuove ed “accoglienti”, e altre regioni del Paese dove invece i servizi sono decisamente di fortuna.
E si badi bene che le discrepanze non sono basate sulla classica divisione italiana tra Nord e Sud. Il fenomeno si presenta a macchia di leopardo, con alternativamente zone del Meridione e del Settentrione servite bene oppure lasciate in condizioni preoccupanti.
Ebbene, io penso invece che, qualsiasi sarà l’assetto istituzionale della nostra Repubblica dal 5 Dicembre in poi, non potranno più esserci province dove le cose funzionano bene e altre dove invece i nostri utenti non ricevono le prestazioni adeguate.
In questo senso, sia che dovessero avere la meglio i sostenitori del sì, sia che dovessero prevalere i fautori del no, da cittadino con disabilità permeato da un forte “senso dello Stato” ed estremamente fiducioso nelle nostre istituzioni, ho la convinzione che il Referendum del 4 Dicembre p.v. costituirà comunque per tutte le nostre forze politiche l’”occasione” giusta per fare uno sforzo di analisi puntuale e di riflessione profonda sullo stato dell’arte del “sistema dell’inclusione” in Italia e delle sue varie e difformi articolazioni e declinazioni territoriali.
A tal proposito, sarà nostro impellente compito e nostra indifferibile responsabilità, grazie al traino della FAND e della FISH, sfruttare il Referendum e qualsiasi suo risultato, come una “sfida” da cogliere per abbandonare le gelosie ed invidiucce del passato e per fare “squadra”, creando tra di noi una “rete” coesa e compatta capace di “guidare” ed orientare la politica nell’organizzazione di un “sistema” nazionale unitario ed omogeneo dei servizi, che possa garantire finalmente a tutti i disabili del nostro Paese autentiche condizioni di pari opportunità e le stesse “chance” di crescita formativa e di assistenza.

A politici e a confessionali: una ipocrisia tutta italiana, di Massimo Vita

Autore: Massimo Vita

Come per tutti gli articoli pubblicati nella sezione “Contributi dei lettori”, vale anche per il presente pezzo la regola che si tratta dell’opinione personale dell’autore.

La redazione

 

In tanti Statuti o regolamenti di ONLUS o ONG, si trova la frase: “a politici e a confessionali”. Qualche volta, in modo più attento, ma non meno ipocrita, si scrive: “a partitici e a confessionali”.
Credo che questi due principi siano difficili da sostenere perché si negano da soli.
La “a” privativa è una negazione e non si può affermare un principio che parte da una negazione.
Poi, in una organizzazione sociale che voglia dirsi e essere democratica, ci devono essere regole condivise e questo comporta delle scelte e quindi: scegliere è fare politica.
Facciamo politica quando scegliamo un mezzo di trasporto piuttosto che un altro, quando per cibarci acquistiamo prodotti della filiera corta o di un qualsiasi supermercato.
A chi dice che questo è fare politica ma non essere partitici, rispondo che ogni scelta si può identificare con questa o quella linea di questo o quel partito o questa o quella coalizione.
In una società dove gli ISMI, crescono a dismisura, dovremmo tutti riprenderci il diritto di fare politica e riportare al centro dell’organizzazione sociale i partiti così come li avevano visti i padri costituenti.
Cedere il passo ai burocrati o ai grandi strateghi dell’immagine è stato un grave errore che, purtroppo ha commesso la sinistra o, per meglio dire, certa sinistra.
Il primo errore di questo genere viene da lontano ossia da quando Bassanini realizzò la Legge di riforma degli enti locali.
Ridimensionare le assemblee e dare potere ai tecnici ha creato delle sacche pericolose di potere che non rispondono ai cittadini.
Nel mondo del sociale sia quello legato alle categorie come l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, sia quello legato alle Organizzazioni non governative, si dovrebbe ripartire e avere il coraggio di scegliere una linea politicamente visibile per dare un nuovo impulso alla vita democratica delle organizzazioni, delle comunità, dei comuni e dello Stato.
In questi giorni si nota, sia sul dibattito referendario sia sulla elezione statunitense, che poco contano i contenuti reali e sono convinto che dopo il 5 dicembre, nessuno avrà vinto e nessuno avrà perso.
Coltivo una speranza: l’uomo è custode di grandi risorse e saprà ripartire anche quando avrà raggiunto il livello più basso possibile.
Io credo che più in basso di così non si possa andare e allora mi auguro che vi sia al più presto un moto di orgoglio tutto umano e si riprenda a combattere politicamente e partiticamente.

Massimo Vita

Fa bene al sociale il Sì? E ai disabili?, di Massimo Vita

Autore: Massimo Vita

Da mesi ormai si parla del referendum costituzionale ma nella maggior parte dei casi non sentiamo riflessioni tecnicamente comprensibili bensì polemiche personalistiche che lasciano il tempo che trovano.
Io vorrei aprire una riflessione su quanto questa riforma costituzionale e la riforma elettorale possano incidere sulla vita dei disabili e sul vasto mondo del sociale.
La prima motivazione è legata ai carrozzoni che vengono finalmente eliminati dopo anni di polemiche: le provincie e il CNEL.
Due strutture che tanti hanno definito inutili. Io penso che il CNEL non ha mai giustificato la sua esistenza e anche ultimamente si sono aumentato lo stipendio.
Sulle provincie io la penso diversamente da molti perché le provincie assicuravano un coordinamento territoriale soprattutto nel sociale e adesso il territorio è troppo frazionato.
A mio avviso andavano eliminati i tanti piccoli comuni che sono solo fonte di spreco e di clientelismo.
Si elimina poi, il vergognoso balletto del sistema bicamerale che troppo spesso è stato la scusa per non approvare leggi importanti.
Chi ritiene che la riforma sia di tipo centralista e antidemocratica, dovrebbe spiegare cosa vi è di anti democratico nello stabilire che una maggioranza scelta dal popolo possa governare senza i ricattucci che oggi si vedono nel regime politico italiano.
In termini di riordino del sistema sociale è importante la ridefinizione delle competenze in materia di sanità oggi troppo dispersive.
Un vantaggio per tutti noi è la semplificazione del sistema burocratico e istituzionale ma anche la velocizzazione del sistema legislativo per renderlo più al passo con i tempi.
Penso che la nostra radio abbia fatto bene a programmare un approfondimento in materia perché così possiamo farci una opinione matura perché informata.
Io voto sì, dunque, perché dopo tanti anni di chiacchiere, finalmente si opera un cambiamento reale del sistema istituzionale anche se si doveva e poteva fare di più.

Soggiorno estivo montano a Pozza di Fassa 2016, di Simone Andretto

Autore: Simone Andretto

Esistono luoghi, ambienti e tempi, che per loro natura sono evocativi di sensazioni, atmosfere, stati dell’anima e condizioni del corpo, evocazioni significative, che l’esperienze vissute hanno inciso nell’intimo umano. Questi luoghi e tempi, per il gruppo pari opportunità del Veneto si chiamano estate in Val di Fassa.
La memoria condivisa che si fa storia, storia di gruppo e personale, si rafforza e si perpetua ogni anno, presso l’hotel Montana a Pozza di Fassa (TN), dal 24 luglio al 7 agosto 2016, organizzato dal settore pari opportunità e diretto dalla coordinatrice Sig.ra Luciana dalle Molle.
Le iniziative, sempre organizzate e dirette dal Dott. Paolo Giovanni Zanin, in collaborazione con la sua equipe, vertono su una gamma di proposte, dall’escursione tipicamente alpina, alla passeggiata naturalistica, alla meta culturale-storico-gastronomica, dove l’importante non è raggiungere l’obiettivo della conquista della vetta, ma sperimentare e rafforzare il rapporto umano, in connessione con la comunità dell’ambiente montano.
I partecipanti, 65 soci con accompagnatori e simpatizzanti, hanno aderito entusiasticamente alle proposte, tutte libere, contribuendo con il loro impegno alla positiva riuscita delle iniziative. Tra le escursioni culturali e ricreative realizzate, ricordiamo valle San Nicolò e le “Cascatelle”, rifugio del Buffaure, passo e lago Fedaia, mostra sulla prima guerra mondiale a Moena, santuario della Madonna di Pinè e lago di Baselga, portate regolarmente a termine, nonostante le condizioni meteorologiche non siano state sempre favorevoli.
Per concludere, auspichiamo che questi eventi coinvolgano maggiormente il settore giovanile dell’associazione ed amici sostenitori.

Nella scuola forse manca la voce degli studenti, di Carlo Carletti

Autore: Carlo Carletti

Considero importante il dibattito in atto sull’organizzazione scolastica, sul ruolo degli insegnanti curriculari, di sostegno e di altre figure professionali per una migliore inclusione dei ragazzi ciechi e ipovedenti nella scuola di tutti. Pur consapevole di non possedere adeguati titoli di studio e le necessarie competenze per affrontare tali impegnativi argomenti, sulla base di ormai 53 anni di vita associativa, provo ad esprimere il mio pensiero, chiedendo anticipatamente scusa per eventuali castronerie. I resoconti pubblicati dal dott. Rapisarda, offrono la conoscenza degli argomenti trattati nelle riunioni che esperti del settore, hanno tenuto più volte nell’arco dell’anno nel tentativo di individuare le migliori soluzioni da prospettare agli organi istituzionali competenti. Il resoconto della riunione del 15 giugno u.s., mi è sembrato fornire un percorso teorico, ma un po’ confuso sulle competenze e sui ruoli delle figure, professionali, sicuramente troppe, che dovrebbero accogliere e sostenere le attività degli studenti con disabilità visiva. Sorprende che tali esperti, non abbiano valutato alcuni aspetti pratici volti ad assicurare il pieno diritto allo studio e il miglior apprendimento scolastico degli studenti. Credo, infatti, che insieme alle problematiche pedagogiche e alla professionalità degli operatori, siano importanti anche i materiali didattici speciali e i libri di testo che dovrebbero essere forniti in tempi utili, al fine di non compromettere l’apprendimento scolastico, in particolare dei bambini delle prime classi elementari. L’assenza di tali elementi, non consente agli operatori scolastici, anche se preparati, di svolgere compiutamente le loro attività. Se gli esperti dell’UICI, continuano a volare alto, tanto alto, tralasciando gli argomenti pratici, considerati essenziali dagli ambienti scolastici, dalle loro famiglie e dagli studenti, questi non riusciranno a sentirli attuali e vicini alle loro problematiche. Nell’assolvere il ruolo di dirigente di Sezione ho potuto costatare che i fanciulli con disabilità visiva, quando hanno la fortuna di trovare nei tempi giusti gli strumenti pratici e la competente assistenza di un operatore scolastico, superano indenni la scuola elementare, risultano preparati all’uso del braille e delle più avanzate tecnologie. Conseguono la piena consapevolezza di sé e delle problematiche che dovranno affrontare. Spesso risultano molto autonomi ed anche più maturi dei loro coetanei vedenti. Nel proseguo degli studi, sono più impegnati nel raggiungere gli obiettivi, tanto che quelli che si diplomano, spesso risultano essere fra i migliori degli istituti scolastici che frequentano. In questi giorni ho incontrato un genitore di un ragazzo ora diciottenne, trasferitosi da circa 7 anni a Boston, prioritariamente con la speranza, risultata vana, di poter curare una retinite del figlio, il quale mi ha raccontato che quando ancora il ragazzo possedeva un residuo visivo, tutti i testi gli venivano ingranditi con l’uso di strumenti elettronici e nulla è mai stato stampato a caratteri ingranditi sulla carta come avveniva in Italia. Poi quando ha perso completamente la vista, avendo imparato molto bene l’uso del computer, legge il tutto con la sintesi vocale e la barra Braille e quasi nulla di cartaceo gli viene stampato. Mi ha riferito inoltre che è stato assistito da persone specializzate, appartenenti ad una specifica Fondazione solo fino al conseguimento dell’autonomia, mediante l’uso delle più avanzate tecnologie. Mi è parso di capire che mentre in altre parti del mondo si opera per la soluzione dei problemi puntando sulla autonomia dei disabili visivi mediante interventi di qualità, nel nostro bel paese dobbiamo fare speranza su una improbabile e futura preparazione degli insegnanti di sostegno, su possibili altre figure professionali, sull’ormai storico e romantico ruolo della BIC e sui centri di trascrizione. Alcune volte, nella tanto famigerata scuola, mi capita anche di vedere operatori scolastici consigliare, essi stessi, l’uso del video ingranditore o del tablet per l’ingrandimento dei testi scolastici e l’uso del computer con barra braille e sintesi vocale che, però, raramente trovano chi può insegnarne l’uso agli studenti, specie se abitano nei comuni più lontani dal capoluogo. Dal momento che non si può fare alcun affidamento, in tempi brevi, sulla preparazione degli insegnanti di sostegno, potrebbe essere utile puntare sugli assistenti alla comunicazione che l’IRIFOR potrebbe meglio professionalizzare, anche perché, questi, potrebbero offrire maggiore continuità. Qualche esperto del settore, mi ha confermato che con i costi degli ingrandimenti cartacei e delle stampe in braille dei testi, si potrebbero coprire quelli della preparazione digitale dei testi stessi, la fornitura delle attrezzature informatiche e il loro insegnamento all’uso. Ho letto sul giornale UICI online, una rassicurante nota del dott. Rapisarda, diretta agli operatori dei vari CCT, evidentemente preoccupati per il nuovo che avanza. Posso comprendere il tutto, se ciò non significhi rimanere fermi sull’attuale stato delle cose. Sarebbe quanto mai opportuno poterne leggere anche altra, altrettanto rassicurante e impegnativa diretta alle famiglie dei fanciulli ciechi e agli studenti. La situazione è in evoluzione e gli esperti che dirigono le varie strutture dell’UICI o che studiano da tempo le problematiche del settore, appaiono in difficoltà nell’offrire concrete soluzioni per il prossimo futuro agli studenti ciechi. Penso che potrebbe essere forse opportuno rendere partecipi della soluzione dei problemi della scuola anche gli stessi studenti ciechi, per sentire anche la loro opinione sulle loro effettive necessità. Penso che gli studenti conoscano le attuali problematiche della scuola tanto da consentire loro di partecipare a confronti alla pari con gli esperti dell’UICI, che spesso hanno vissuto l’ambiente scolastico in tempi non attuali e dal solo punto di vista dei docenti . Considero, pertanto utile, che l’UICI possa cogliere l’occasione per costituire la Consulta Nazionale degli Studenti, per coinvolgerli e renderli responsabili delle problematiche che si trovano ad affrontare. L’UICI, da questo momento di difficoltà, potrebbe trarre l’occasione per rilanciare il proprio futuro dando fiducia e speranza proprio ai giovani i quali sono coloro che meglio lo potrebbero rappresentare.

Le donne cieche e il loro make-up, di Girolamo Rotolo

Autore: Girolamo Rotolo

L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ogni anno organizza nelle loro sezioni dei corsi di make up, per permettere alle donne non vedenti di scoprire la loro femminilità. Gli incontri di make up, permettono loro di rinascere e soprattutto di relazionarsi con altra gente. Esse molto spesso trascurano la loro esteriorità, causa la riduzione di vista. Questo le fa sentire non adatte al ruolo che una donna ha all’interno della società. Grazie ai corsi di make-up, le donne non vedenti hanno acquistato consapevolezza del loro ruolo sociale, non si sentono più trascurate, ma sono più affascinanti e pronte a essere considerate alla stregua delle donne normodotate. Lo scrivente conosce diverse donne non vedenti e posso rassicurare chi leggera quest’articolo che sono donne colte, piene di charme, non si lasciano facilmente convincere sul trucco, perché hanno acquisito delle tecniche che le permettono di avere un viso perfettamente in linea con i canoni esteti moderni. Qualcuno potrebbe pensare che le donne non vedenti si trucchino per provocare gli altri, ma non è così, la donna non vendente si trucca per emanciparsi per sentirsi attraente per essere vista dagli altri non come la poverina che è non vede, bensì come la donna normale che è. I corsi di make-up hanno avuto l’ardire di far crescere le donne non vedenti e di farle sentire belle. Personalmente reputo un’esperienza importante per una donna non vedente che frequenti il corso di make-up perché le permette di acquisire quell’autonomia che le serve ogni giorno.
Girolamo Rotolo

Considerazioni sul commissariamento del consiglio regionale della Sicilia, di Maurizio Albanese

Autore: Maurizio Albanese

Nello scorso mese di Marzo del corrente anno, la direzione nazionale della unione italiana ciechi ed ipovedenti, aveva deciso con una votazione all’unanimità, di commissariare il consiglio regionale della Sicilia. Decisione questa che alla luce delle lapalissiane irregolarità amministrative e politiche era ormai improcrastinabile.
Da quel momento, apriti cielo.
Si è formato un gruppo molto agguerrito, sotto il nome di uiciautonomia2016, gruppo alla quale testa si è posto un coordinamento regionale, formato da dirigenti odierni di alcune sezioni e di dirigenti uscenti, che hanno iniziato a sfornare documenti pieni di insulti rivolti a coloro che nominati dalla direzione come commissario e vice commissario, nessuna colpa potevano avere, tranne quella di attenersi ad un ordine emesso dalla direzione nazionale.
In questi atti prodotti con scadenza irregolare, oltre a prendersela con la dottoressa Linda Legname, commissario regionale e con il vice Renzo Minincleri, si poneva l’accento su diverse situazioni che avrebbero messo in discussione la vita stessa del sodalizio regionale siciliano.
Si diceva che questa commisseria, avrebbe causato enormi danni all’associazione siciliana, mettendo in discussione contributi pubblici e la credibilità della stessa.
Appare quanto mai chiaro che i risultati negativi, derivino in primo luogo, dalle dichiarazioni del sedicente gruppo uiciautonomia. Che diffondendo atti in tutto il territorio nazionale, e con la presentazione di emendamenti a firma di questo o quello deputato amico, mettevano in piazza il loro livore e la loro mal celata rabbia per i posti di potere persi.
Desidero in questa fase precisare ancora una volta, che i commissari, stanno espletando un lavoro coscienzioso, onesto, e sempre più indirizzato alla salvaguardia del sodalizio ed all’ottenimento di risultati sempre più improntati al bene dei soci e specialmente dei soci più deboli.
Lungi da chi scrive volere ridurre al silenzio, chi ritiene lesi i propri diritti, ma sarebbe bene fare un serio ed approfondito esame di coscienza prima di mettere in piazza denunce che , queste si, danneggiano il sodalizio e quanto fino ad ora si è creato.
Maurizio Albanese

Un uomo senza eguali, di Mario Censabella

Autore: Mario Censabella

Ero a trascorrere una serena vacanza a Corbiolo sui monti Lessini, presso la Casa Vacanze Teresa Fusetti del Movimento Apostolico Ciechi che brilla per ospitalità e organizzazione, quando, una telefonata di Luigi Gelmini, presidente fra l’altro del Collegio dei probiviri dell’unione Italiana dei Ciechi degli Ipovedenti, mi ha passato, una notizia che mi ha lasciato nello sconforto: “ il 25 agosto… a Gorizia, ove era nato, si è spento Silvano Pagura classe 1924…”.

La sua fiaccola, il suo ingegno ci hanno accompagnati per decenni. Solo pochi giorni addietro l’ho sentito al telefono; ho chiamato per avere notizie di Lidia che negli ultimi tempi ha avuto qualche problema di deambulazione. L’insegnamento e le cattedre sono stati la scintilla che, mano nella mano hanno consentito loro di trascorrere un’intensa vita di amore e reciprocità: sempre insieme nell’accompagnarsi e nel godere di cultura nei più diversi contesti della politica e della vita: non vi era strada, né mezzo, né itinerario che, mano nella mano, non permettessero loro di essere sempre Silvano e Lidia. Per quanto attiene l’Unione Italiana dei Ciechi, al di là dei numerosi incarichi politici di vario genere, ha concorso a quasi tutte le cariche associative e dirigenziali della nostra Associazione. E’ stato Presidente dell’amministrazione provinciale di Gorizia, componente il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, Presidente della Federazione delle Istituzioni pro ciechi, nella quale ha lasciato un segno indelebile. La sua personalità ed intelligenza e, sicuramente ancor altro, si sono manifestati anche nella Presidenza dell’istituto per Ciechi Rittmeyer di Trieste al quale ha lasciato oggi una sua creatura, un suo pupillo, Hubert Perfler. Era dotato di un eloquio agile e significativo, non gli mancavano le battute di effetto, è stato sicuramente uno dei migliori oratori che abbia annoverato la nostra …specie. Ho avuto la fortuna di frequentarlo in diverse circostanze, anche in queste occasioni … “maestro e donno…”. “…Ricordati Censabella, è meglio donare quando le mani sono ancora calde, piuttosto che …”. Era gradevolmente spiritoso: quando lo incontravamo diceva a mia moglie… “non sei ancora stanca di stare con lui, lascialo…”. Sono depositario di un suo modo di dire che ho memorizzato e diffuso in ogni occasione… “ricordati che in ogni desinare ti può essere di grande e dignitoso aiuto un tozzo di pane: il tuo pane guida”.

Capitava che ci incontrassimo, nonostante la sua proverbiale parsimonia, in qualche trattoria di rilievo. Un giorno, in un ristorante della catena dei piatti del Buon ricordo, eravamo nel Friuli, è accaduto che si facesse attendere un poco. Ho ingannato il tempo conversando con il titolare ed io con un certo compiacimento gli ho raccontato che aspettavo il Prof. Silvano Pagura, “…caspita, è il proprietario di una delle più note fabbriche di grappe friulane!” “…Ma guarda, ho riflettuto, non mi ha mai detto nulla per …avvedutezza”. Quando è giunto con Lidia, aveva avuto qualche problema di parcheggio: “…spilorcio, non mi hai mai detto della tua industria!”. “…Ma no, è solo un’omonimia, gli unici benefici che ho tratto da quella grappa sono stati ottenuti dal berla.

Arrivederci Silvano!!