Il Centro S. Alessio, un vecchio Ente, che si trasforma in speranza per il futuro, di Carlo Carletti

Autore: Carlo Carletti

All’inizio degli anni 80, nella veste di Presidente Regionale della nostra Unione, ho iniziato a prospettare l’opportunità di unificare i due Istituti romani dei ciechi, il S. Alessio e l’ospizio Margherita di Savoia per i “ poveri” ciechi, dove ha sede anche quel che resta dell’Istituto Romagnoli. I dirigenti di tali Istituti ormai in gravi difficoltà per il migrare dei ragazzi ciechi nelle scuole comuni, si inventavano di tutto, in concorrenza fra loro, per accaparrarsi le poche rette che si rendevano ancora disponibili. Nel 1987 con l’approvazione della L.R . 8/87, promossa dall’Unione, che ha partecipato attivamente anche alla stesura del testo, venne sancita l’unificazione dei due Enti e fu eseguita una effettiva ricognizione dell’immenso patrimonio immobiliare confluito nel nuovo Ente: Centro Regionale S. Alessio M. di Savoia per ciechi. Nel nuovo Ente ho ricoperto l’incarico, prima di Vice Presidente per quattro anni e poi di Presidente per ulteriori due anni. Furono intraprese nuove attività con la realizzazione di un centro per pluriminorati, corsi per centralinisti, studentato per i ragazzi ciechi che frequentavano le scuole superiori e in particolare l’Università. Fu organizzato un valido servizio di supporto all’inserimento degli studenti nelle scuole comuni, servizio oggi in difficoltà per la minor disponibilità dei finanziamenti. L’immenso patrimonio immobiliare che avrebbe potuto , con le sue rendite, supportare tali servizi , era stato dato in locazione per poche centinaia di lire, solo ai politici, agli amici e agli amici degli amici, tanto che l’Ente ha iniziato a concedere in affitto alcuni appartamenti ai ciechi soltanto nel 1989. Ciò che il Centro S. Alessio incassava dalle locazioni non era sufficiente nemmeno per coprire le spese di gestione e delle tasse. Costatata l’antieconomicità e l’inopportunità di gestire direttamente il patrimonio immobiliare, si è cominciato a pensare e studiare quali potessero essere eventuali altre modalità per gestire con più efficienza il patrimonio stesso. Nel 1994, quando ricoprivo da circa un anno, l’incarico di Presidente dell’Ente, venne approvata dal parlamento la legge che istituiva la possibilità di costituire Fondi Immobiliari chiusi. Allora, alcuni di noi credettero di aver trovato la possibile e giusta soluzione. Con la collaborazione di un grandissimo personaggio, che mi ha onorato della Sua disinteressata amicizia, allora Presidente della Banca Medio Credito Regionale per il Lazio, si cominciò a studiare ogni possibile percorso per la costituzione di un fondo immobiliare chiuso del Centro S.Alessio. Lo studio dell’iter burocratico già in stato avanzato, per la costituzione del Fondo, venne bruscamente interrotto con la mia espulsione dall’Associazione con la conseguente revoca dell’incarico presso il S. Alessio. Ciò che è stato di grave danno per l’Ente e per i ciechi, non è stato tanto la mia espulsione dall’Unione, ma il non aver portato avanti il lavoro avviato per la miglior gestione del Patrimonio. Nel corso degli anni, ad ogni Amministratore che si è susseguito nella gestione dell’Ente , ho sempre, ma inutilmente, prospettato la possibile soluzione di un Fondo immobiliare per la gestione del patrimonio. Soltanto l’attuale Presidente del Centro S. Alessio , Amedeo Piva, ha immediatamente, fin dall’assunzione dell’incarico, condiviso e fatto propria la proposta e si è effettivamente ed efficacemente impegnato per la realizzazione del Fondo Immobiliare del S. Alessio. Dopo 23 anni dal primo approccio con l’argomento, il 6 marzo 2017, i lCentro S. Alessio ha firmato l’affidamento della gestione del Fondo immobiliare alla Soc. Sorgente, vincitrice della gara d’appalto, che non prevede la dismissione del patrimonio, ma la sua valorizzazione. Ora, per il Centro S. Alessio si prospetta un diverso e miglior futuro economico e amministrativo che dovrebbe migliorare ed estendere i servizi assistenziali, riabilitativi, formativi ed educativi in favore delle persone con disabilità visiva in tutto il territorio del Lazio. La correttezza e la trasparenza dei rapporti istaurati tra i rappresentanti dell’Unione, del CPs, i Dirigenti del Centro S. Alessio e la Presidenza della Giunta Regionale del Lazio hanno consentito di superare anche momenti di difficoltà che non sono mancati. Per il futuro, dopo la scelta della costituzione del Fondo Immobiliare, coloro che si appresteranno a gestire il Centro S. Alessio dovranno occuparsi principalmente dei servizi da destinare ai ciechi e agli ipovedenti. Troppo spesso nel passato l’impegno principale dei Dirigenti dell’Ente era rivolto al patrimonio immobiliare. Più volte anche i media hanno evidenziato i vari saccheggi perpetrati a danno del patrimonio dell’Ente e i ciechi rappresentavano, in tale contesto, soltanto un elemento di disturbo per le attività degli Amministratori che in gran numero si sono avvicendati.. Ai dirigenti del Consiglio Regionale dell’UICI del Lazio, che unitariamente, come non mai, hanno condiviso e portato avanti tale scelta, ora compete la gravosa responsabilità di vigilare e operare per il conseguimento degli obiettivi che ci siamo prefissi. L’Unione dovrà cogliere ogni possibile occasione per rendere consapevoli tutte le persone con disabilità visiva del l’effettivo patrimonio di cui, tramite la rappresentanza dell’UICI, possono disporre per meglio affrontare le loro problematiche. Tanto per avere una idea più precisa sull’argomento, appare opportuno evidenziare che il Centro S. Alessio, nei prossimi giorni, farà confluire nel Fondo Immobiliare, il suo Patrimonio valutato catastalmente circa 240 milioni di euro, che a livello di mercato potrebbe avere un valore effettivo almeno triplicato. Da alcune ricerche, risulterebbe che la rendita dei Fondi immobiliari oscillerebbe tra un minimo del 2% e un massimo del 3,5%. Per il Centro S. Alessio il solo 2%,  rappresenterebbe almeno il doppio delle attuali entrate derivanti dal Patrimonio. Ulteriori liquidità, utili per la ristrutturazione ed eventuali diverse destinazioni d’uso degli immobili dell’Ente, potrebbe essere conseguita con la partecipazione al Fondo Immobiliare , con una quota non superiore al 20%, da parte dell’INVIMIT, una società pubblica finanziata dal Ministero dell’economia e finanze . Oggi, oltre alla speranza di prospettive migliori, abbiamo la certezza che con tale difficile e complicata operazione è stata evitata anche la possibile, se non certa implosione del Centro S. Alessio, per le gravissime condizioni debitorie in cui versa. Personalmente ritengo di potermi considerare soddisfatto per aver potuto contribuire a questo positivo e forse, per i ciechi, storico risultato. Per tutto questo, sento di dover esprimere un sentimento di gratitudine ai componenti del Consiglio dell’UICI del Lazio, del CPS, al Presidente e al Direttore Generale del Centro S. Alessio e alla Presidenza della Giunta Regionale del Lazio che ha creduto e sostenuto l’iniziativa del Fondo immobiliare, un percorso del tutto nuovo e sperimentale per una IPAB, che potrebbe rappresentare un esempio al quale altri Enti simili potrebbero fare riferimento.

“Ladri di cosa? di carrozzelle”!, di Patrizia Onori

Autore: Patrizia Onori

Sanremo 2017, quinta ed ultima serata sabato 11 febbraio.
Come ho fatto per tutte le altre 4 serate, anche quel sabato sera ho acceso la TV selezionando dal telecomando il primo canale Rai per seguire l’ultima serata del festival di Sanremo, sono le 21 circa e la serata di Rai 1 ha finalmente inizio.
Emozioni, aspettative e pronostici per i vincitori della serata finale del festival riempivano la mia mente, quando Carlo Conti da inizio allo spettacolo ed immediatamente, presenta i primi super ospiti di tale serata.
Non appena da Carlo viene pronunciato il nome del gruppo musicale che deve esibirsi, un brivido mi assale, dato che il gruppo non mi è affatto sconosciuto, poichè si tratta dei “Ladri Di Carrozzelle”.
Con grande interesse e particolare entusiasmo, ascolto la canzone intitolata “Stravedo Per La Vita” e mi immedesimo nel gruppo formato prevalentemente da persone disabili dato che anch’io ho una disabilità visiva.
Purtroppo il brano giunge al termine ed il gruppo, dopo aver salutato il presentatore, pian piano scompare dalla scena ed io continuo con interesse a seguire la trasmissione.
Seguo la serata fino alla fine ma nel frattempo, penso a come poter fare per contattare i primi super ospiti dello spettacolo e a come poter formulare loro un invito telefonico con me ed il mio gruppo di amici.
E’ stato più semplice di quanto pensassi, infatti, la mattina dopo, attraverso il social network facebook, invio un messaggio rivolto al gestore della pagina riguardante il gruppo musicale.
Mi viene immediatamente risposto con l’invio dell’indirizzo mail del Leader del gruppo, Paolo Falessi ed istantaneamente gli invio l’invito a partecipare ad una delle serate telefoniche da me coordinate.
Apro dopo qualche minuto la mail, non ci credo, Paolo Falessi ha risposto positivamente al mio invito ringraziandomi con assoluta semplicità ed umiltà.
Dato che ho chiesto al leader la possibilità di far intervenire anche qualcuno degli appartenenti al gruppo, durante la serata telefonica svoltasi venerdì 24 febbraio 2017, sono intervenuti oltre al leader Paolo Falessi, anche due tra i 5 cantanti appartenenti al complesso musicale, Tiziana Civitani e Lorenzo Carrarini.
Così, anche quella meravigliosa serata telefonica ha avuto inizio ed io insieme al mio gruppo di amici, abbiamo avuto la gioia e la fortuna di socializzare e di familiarizzare con i tre intervenuti.
Loro ci hanno raccontato ognuno le proprie storie e le proprie esperienze di vita, inizia Lorenzo Carrarini, ragazzo non vedente di 17 anni il quale ci racconta emozionato la sua storia, ci afferma inoltre che grazie alla musica è riuscito ad esprimersi in modo diverso e ad aprirsi agli altri in maniera migliore, poi Tiziana Civitani di 32 anni in carrozzina ci racconta del suo primo approccio con il gruppo musicale e di come dopo qualche tempo per problemi di salute abbia purtroppo dovuto separarsene per alcuni anni ma anche di come per caso qualche mese fa, abbia avuto di nuovo la possibilità di reinserirsi tra loro e ci esprime la sua gioia per tutto ciò, infine, Paolo Falessi, coordinatore del gruppo, persona senza alcuna disabilità, ci racconta con estrema normalità e semplicità la sua voglia di essere a capo di questo insieme di belle persone ed amici in prevalenza formato da soggetti affetti da disabilità di vario genere e di come lui, e gli altri componenti normodotati, riescano ad approcciarsi con loro con assoluta normalità.
Ci cantano alcuni stralci tratti dai loro brani, qualcuno tra questi racconta storie serie di attualità e qualcun altro, esprime con ironia la disabilità mostrando alla collettività come si riesca a vivere con allegria nonostante le serie difficoltà che a volte la vita presenta.
Serata bella, divertente e soprattutto costruttiva e molto significativa, dato che abbiamo conosciuto un valido complesso musicale e principalmente, abbiamo avuto la gioia di conoscere persone straordinariamente umili nonostante la loro notorietà.
“Quante sono le domande che rimangono nel vuoto” recita una parte della strofa tratta dalla canzone dei “Ladri Di Carrozzelle” intitolata “Stravedo per la vita”, affermo che anche noi disabili, con il nostro piccolo renderci utili per gli altri, cerchiamo nell’amore la forza che determina un significativo valore alla nostra vita trovando spesso nella musica quel senso di autonomia che ci fa sentire unici e principalmente, liberi!
Grazie al complesso denominato “I Ladri Di Carrozzelle” per averci concesso la possibilità di essere per due ore tra loro e per averci fatto sentire per due ore come loro dei “LADRI, di carrozzelle”!

Attenzione alla truffa: su Internet è sempre in agguato!, di Nunziante Esposito

Attenzione! E per queste cose, lo dovete essere più del solito, mi raccomando!
E’ vero che la rete è pericolosa per tutti, ma per noi disabili della vista, lo è ancora di più. I motivi sono tanti, ma quello principale è legato tante volte anche alla inaccessibilità del web.
Fino a ieri, pensavo fosse solo questo il motivo per il quale bisognava essere attenti. Mai avrei pensato che da un disabile della vista o, meglio dire, da uno che si spaccia per tale, si potesse essere truffati.
Ecco perché dobbiamo fare attenzione!
Come è mia abitudine,  non lo dico per indurre ad aver paura, ma solo per cercare di non farvi avere un regalo come quello che hanno fatto all’amica che mi ha recapitato questo scritto che segue e che è molto eloquente.
Ecco la lettera che mi ha inviato Maria:

Cari amici.
Vi chiedo un attimo di attenzione, in quanto è necessario mettervi al corrente di una mia spiacevole esperienza, affinché non accada anche a voi.
Mi chiamo Maria, sono non vedente, e lavoro come centralinista.
Ero interessata all’acquisto di un i-phone anche vecchio modello, poiché incerta sulla mia dimestichezza col touch.
Ebbene, tramite la fonomatica dell’Associazione Disabili visivi, un amico venne a conoscenza di un tale, a nome Paolo Masi, che vendeva un i-phone 5S al costo di 160 Euro.
Messami al corrente di questa faccenda, ho contattato il venditore: una persona molto garbata, anche dotata di una certa sensibilità, o almeno, questa fu la mia errata impressione.
Pare che questo signore, ripeto il nome, Paolo Masi, sia di Pisa o Firenze, o forse Prato: di certo, aveva uno spiccato accento toscano, molto simpatico per altro. Tra un discorso e l’altro però, mi fece capire che non si trovava più in Toscana per vari motivi, ma comunque, per farla breve, ci siamo accordati.
Io gli avrei versato un bonifico bancario, e lui, mi avrebbe immediatamente spedito l’i-phone, garantendo fornirmi anche il numero di tracciabilità del pacco.
Effettuato il pagamento però, il signor Masi si è dileguato nel nulla: cellulare sempre spento, e nessuna risposta alle mie mail.
Così, ho cominciato a sospettare qualcosa di poco chiaro, ma ancora speravo ricevere quanto richiesto: abile era stato quel tipo: mi aveva detto, tra le altre cose, aver problemi di salute, e quindi, far la spola tra casa e ospedale.
Pensando che stesse poco bene, ho atteso, ma nel frattempo, ho provato a cercare tramite google, un suo eventuale profilo Facebook.
Quale non è stata la mia sorpresa, quando, invece che il profilo, come primo risultato ho trovato: “Non inviate soldi a Paolo Masi, truffatore.”.
Incollo di seguito gli indirizzi di due siti, dove potrete personalmente leggere il curriculum di questa degna persona.
http://www.chi-chiama.it/elenco-telefonico/38/992/492/08/
http://denunceinrete.blogspot.it/2012/03/siti-truffa.html
Ha postato annunci su ebay, su subito.it, tutti con la stessa tattica: vendita di cellulari o varia oggettistica, a costi contenuti e quasi nuovi con garanzia inclusa.
Solo allora ho capito di essere stata truffata, e, la prima cosa che ho fatto, è stata avvisare la segreteria della fonomatica, affinché estromettessero questa persona.
Mi è stato risposto che avrebbero potuto intraprendere tale azione solo di fronte ad una concreta documentazione.
Ed è per questo che ho sporto denuncia al comando Carabinieri: so che non riavrò indietro quanto versato, né il prodotto concordato, ma l’ho fatto perché almeno, non toccasse ad altri la mia stessa sorte.
Questo scritto, non viene da un desiderio di vendetta, bensì di giustizia e senso del dovere: tacendo, darei a questa persona la possibilità di agire ancora indisturbata, e di continuare con i suoi poco onesti affari.
Grazie per l’attenzione, e occhio amici: non siate eccessivamente fiduciosi come me, anche perché, a prescindere dal danno economico al quale, in fin dei conti, c’è rimedio, vi è quello interiore che è ben peggiore: perdere fiducia nel prossimo, sentirsi avviliti e ingannati, non fa bene alla salute.
Un caro saluto,
Maria

Al di là che ho omesso di indicare il cognome di Maria per ovvi motivi, vi esorto ad acquistare on-line solo da siti sicuri e di comprovata fiducia.
Prima di inviare soldi a sconosciuti, fate la ricerca in rete prima di acquistare e non la fate dopo, quando è troppo tardi, perché il Paolo Masi di turno non manca mai!
Altro suggerimento, non vi fidate mai di telefonini e pretendete un numero di rete fissa, soprattutto quando si acquista da privati e non da negozi. Non è che si sia preservati da truffe, ma è già più difficile.
Altro consiglio che mi sento di dare: sono tanti i dispositivi usati che si vendono che è molto facile trovarne nella zona dove vivete. Questo vi consente di incontrare il venditore, verificare la merce e, se è il caso, acquistare.
Se acquistate da una ditta o negozio che sia, prima di inviare soldi, assicuratevi che ci sia l’iscrizione alla Camera di Commercio.
Se questi controlli non sapete come farli, fatevi aiutare da qualche amico più esperto.
Occhio gente, occhio! Fatevi furbi e cercate prima e non dopo.
Auguro a tutti di non dover vivere la disavventura di Maria.
Nunziante Esposito

“Un concerto, uno spettacolo”!, di Patrizia Onori

Autore: Patrizia Onori

Il tutto è nato attraverso una serata telefonica, quando grazie ad un amico appartenente al gruppo da me coordinato, conosco l’insegnante ed artista Lina Senese.
Ho chiesto immediatamente a Lina se volesse trascorrere due ore in audioconferenza telefonica insieme a me ed al mio gruppo per raccontarci la sua storia e la sua esperienza di donna e di artista e soprattutto, per conoscere e condividere con lei, le sue sensazioni e le sue emozioni.
Ha istantaneamente accettato il mio invito, così ecco giungere la serata in compagnia di Lina da noi tanto attesa.
Al telefono, lei ci racconta e si racconta, lasciando trasparire in noi la gioia di ascoltarla e la meraviglia di farci comprendere la bellezza e la grandezza della sua anima.
Pasqualina Senese, insegnante di francese, ad un certo punto della sua vita diventa cieca e, dopo momenti di buio fisico ed interiore, riesce a trovare un senso alla sua vita scoprendosi anche una cantante dotata di meravigliose qualità canore.
Ci racconta inoltre, che alcune canzoni napoletane vengono tradotte da lei anche in lingua francese e ci canta attraverso il telefono alcuni stralci di tali canzoni lasciandoci a bocca aperta per il piacere di ascoltare la sua voce e per la felicità di aver invitato telefonicamente un’artista così raffinata.
Alla fine dell’audioconferenza, mi invita al suo concerto che si terrà il giorno martedì 14 febbraio 2017 presso il teatro “Ariston” di Gaeta alle ore 21 e con piacere, accetto l’invito.
Infatti, martedì 14 febbraio scorso, insieme al mio accompagnatore, a mia madre ed al mio amico Tommaso Luna, parto da Latina e raggiungo il teatro “Ariston” di Gaeta e, dopo qualche momento di attesa, ci vengono consegnati i biglietti che ci attribuiscono i posti in platea.
Ci sediamo e, dopo circa un quarto d’ora parte il concerto, il quale si rivela essere anche un vero e proprio spettacolo.
Lina Senese accompagnata dai sei musicisti, ha cantato brani napoletani e brani in lingua francese ed ha regalato a tali canzoni momenti di spettacolo, dato che per ognuna di queste, ha praticamente svolto una vera e propria sceneggiatura attraverso movimenti del viso e del corpo, gli straordinari abiti indossati tra le varie canzoni, il meraviglioso balletto di una ballerina e per ognuno dei brani, la sorprendente recita di un attore professionista.
Io ed il mio amico Tommaso entrambi completamente non vedenti, siamo rimasti compiaciuti da tutto ciò, anche perchè abbiamo avuto la fortuna di poter percepire le sensazioni visive grazie alle dettagliate descrizioni di mia madre la quale attraverso i suoi occhi, ci ha comunicato quei suggestivi ed emozionanti momenti.
Alla fine del concerto, salgono sul palco le ragazze studenti nell”istituto presso il quale insegna la lingua francese la nostra artista e, la stessa, viene completamente invasa da bellissimi mazzi di fiori.
Lina, emozionata, ideando un fuori programma, ha cantato una canzone in lingua francese insieme alle sue alunne regalandoci attimi davvero toccanti.
Uscendo dal teatro, per avere un ricordo indelebile della serata, abbiamo acquistato l’ultimo cd di Lina Senese contenente dieci canzoni in napoletano e le stesse in francese, l’album si intitola “La Mia Doppia Anima” e devo affermare che Lina oltre ad essere una donna deliziosa, possiede una straordinaria meraviglia interiore.
Gli applausi scroscianti del pubblico, degli alunni del Liceo Cicerone e di tutte le autorità presenti, sono stato il giusto coronamento di qualcosa di veramente splendido.
Durante il nostro ritorno a Latina, in macchina abbiamo commentato la straordinaria serata trascorsa ed abbiamo dichiarato di aver vissuto un bel momento di aggregazione e di condivisione nella quale è stata messa ancora una volta in evidenza la grande capacità di noi ciechi di riprogrammare la nostra vita quando accade qualcosa che potrebbe erroneamente considerarsi irreparabile.
Il mondo della cecità talvolta può sembrare buio ma attraverso una sognante serata come quella che vi ho raccontato, possiamo renderlo assolutamente luminoso.
Grazie a te, Lina!
Patrizia Onori

Stereotipi gratuiti, di Giorgio Piccinin

Autore: Giorgio Piccinin

Qualche giorno fa, seguendo in tv la nota trasmissione “Boss in incognito”, sono rimasto basito dall’affermazione di una signora che, raccontando della propria vita, disse che un giorno, portando la spesa ai suoi, ormai anziani, aveva trovato la mamma a terra nel corridoio di casa, con accanto suo padre, divenuto cieco ed incapace in quanto tale di prestarle aiuto. Non è dato di sapere se oltre alla disabilità visiva l’uomo avesse anche altre limitazioni funzionali, tuttavia ciò basta a mio avviso a seminare stereotipi sbagliati e false fotografie sociali sulla nostra condizione. Non mi si venga a dire, a meno che non vi sia dell’altro non esplicitato, che il signore, seppur anziano, non sia stato in grado di raggiungere la propria moglie a terra e, a quel punto, che non abbia potuto o saputo chiamare aiuto o che non sia stato nelle facoltà di soccorrerla in quanto cieco. Ciò è stato anche enfatizzato dalla protagonista della trasmissione, quindi avrà avuto un riscontro mediatico sicuramente più devastante nella mentalità del pubblico.
Sulla base di queste posizioni hai voglia di cercare, giorno dopo giorno, una riabilitazione sociale attraverso messaggi e comportamenti più competitivi. I danni che creano certe affermazioni li sa calcolare solo Dio e tu sei lì a spendere e spenderti in energie inutili per far cambiare testa e modo di pensare alla gente.
Ho chiuso la tv e me ne sono andato a dormire pervaso da pensieri di certo non gentili, rammaricato ulteriormente del fatto che chi raccontava era un primo familiare, non un estraneo e che di conseguenza avrebbe dovuto alimentare ragionamenti meno pietistici e più propositivi.

Libertà negli abissi, di Annaclara Farace

Spesso la condizione di disabile visivo può comportare delle difficoltà negli spostamenti, sensazioni di frustrazione, quando ci si ritrova costretti a dover ricorrere all’aiuto altrui, a far cadere suppellettili o a inciampare in mobili di cui non si conosce la disposizione. Tutte queste emozioni possono fluire via come l’acqua di un torrente in piena con un semplice tuffo nelle profondità marine e per questo c’è uno sport, un po’ più magico degli altri: il diving.
Solitamente si ritiene che uno sport come le immersioni subacquee possa implicare dei limiti notevoli per coloro che non vedono, dal momento che non possono ammirare lo scenario che li circonda oppure non possono percepire attraverso il tatto alcune forme di vita ittica, perché velenose come le murene ecc. Oltretutto, si pone un’altra difficoltà pratica, la comunicazione, che in caso di immersione viene praticata attraverso i gesti. Se il primo è un impedimento fisico che condiziona a prescindere dal contesto in cui ci si trova, il secondo in realtà è un finto problema. Esistono infatti un codice di gesti prestabiliti e convenzionali, che una volta imparati risultano spontanei e, attraverso il semplice contatto con il palmo della mano del proprio istruttore, si può comunicare in maniera facile e immediata. Ovviamente occorre avere una grande fiducia nel proprio coach ma di questo non bisogna preoccuparsi perché le persone che di solito fanno questo tipo di lavoro, sono persone straordinarie, competenti e sensibili. Certamente, ci vuole anche un po’ di fortuna e io l’ho avuta.
Nel 2014, infatti, ho preso il brevetto di livello C della HSA (Handicapped Scuba Association International) ad Ischia con l’istruttore Alessandro Verzetti e da allora ho capito che fare immersioni non solo è il mio sport preferito ma è il mezzo più efficace per ricostituire l’equilibrio dello spirito. È straordinaria la sensazione di libertà che si prova quando si è sospesi nell’acqua, la mano che corre lungo la corda dell’ancora per mantenere il ritmo della discesa verso il fondo.
Molti sport possono comportare delle difficoltà e dei rischio però, e il diving non è da meno: quando si è su una barca o sott’acqua è necessario rimanere totalmente calmi per poter mantenere una respirazione lenta e costante e, in questo modo, non consumare troppo dell’ossigeno presente nella bombola. In questi casi, e in molti altri, la lucidità può fare la differenza! Nasconderei la verità se non vi confessassi che i rischi ci sono, eccome, ma se fatto in sicurezza con le giuste precauzioni può regalare istanti unici.
Diventare sub non significa solo prendere un brevetto, significa acquisire una nuova filosofia di vita, legata al mare, elemento naturale eccezionale che può suscitare stupore, ammirazione e timore.
Il mare infatti ha i suoi tempi e le sue leggi. Va rispettato perché al contempo dà e toglie. Fatale ma stupendo. Cosa meglio del mare può rappresentare il Sublime, di cui tanto si è parlato nella letteratura inglese, dai romanzi gotici ai componimenti romantici di Wordsworth e Coleridge.
Come diceva Edmund Burke: ” [il sublime è] tutto ciò che è caratterizzato da oscurità, difficoltà, magnificenza, dolore, potere terrore e infinito”. Cosa è questo, se non il mare? Qualcosa di immenso, di ineffabile ma al contempo anche oscuro, perché per un vedente che si tuffa da una barca in alto mare è un salto in un blu profondo senza fine, magnifico ma terribile.
Un primo impatto con il diving può mettere ansia: alcune persone si sentono oppresse dalla muta di neoprene, dal GAV, bombola, piombo e tutta l’altra attrezzatura, ma una volta che si è sotto, ogni cosa ritrova il suo posto e il suo equilibrio, tutto ritorna alla perfezione e si crea un silenzio magico, ovattato e non assoluto, che ti fa dolere le orecchie e al contempo ti ammalia con i suoi rumori distanti e ammorbiditi.
Si potrebbe collegare l’attaccamento dell’uomo all’acqua a un istinto primordiale, in quanto l’acqua è l’elemento originale in cui cresciamo come feto nel grembo materno, ma forse il mondo marino riserva e cela qualcosa di più, un potere una forza di attrarre e respingere unica per l’essere umano.
È innegabile ad esempio l’effetto calmante del rumore delle onde che si infrangono sulla battigia o dello sciabordio del riflusso dell’acqua contro gli scogli e le fiancate delle barche, legate agli ormeggi e per questo bisogna sostenere e complimentarsi con tutti quei biologi marini e associazioni che tutelano il mare con la sua flora e fauna. Un patrimonio inestimabile e senza eguali per cui vale la pena di lottare.
Come auspicio lancio la proposta di organizzare molti più corsi e attività connesse agli sport marini e alla conoscenza del mare non solo per i disabili visivi, ma anche per i vedenti, perché il mare insegna a vivere più sereni, dandoci dentro una forza e una stabilità che forse null’altro ci può donare.

Annaclara Farace

Diving - Annaclara pronta per l'immersione

Diving – Annaclara pronta per l’immersione

Pensiero, di Gabriele Sacchi

Autore: Gabriele Sacchi

“E’ ormai parte della nostra cultura l’abitudine di camminare per strada e recarci nei nostri luoghi di studio/lavoro, concentrati esclusivamente sugli impegni da svolgere durante la giornata e non badando a ciò che accade intorno a noi.
In tal modo, se da un lato siamo sicuramente in grado di essere attori protagonisti di questa runing society, dall’altro perdiamo però la consapevolezza di essere parte di un qualcosa più grande che ci circonda; un qualcosa chiamato universo, un qualcosa costantemente minacciato dalla superbia che ci fa credere perno attorno al quale l’ecosistema deve girare con spirito di sottomissione e del quale ci si può servire, per prelevare risorse (come in un supermercato), sino ad esaurimento scorte”.

Corre felice il bambino nel prato; tutt’intorno sbocciano fiori, mentre dal torrente saltano pesci e sui nidi cantano gli uccelli.
Quanti colori, quanti profumi!
Le stelle danzano in cielo; il vento soffia leggero. viviamo in un mondo che è pura magia; possediamo ricchezze delle quali mai ci accorgiamo:
Dovrebbe bastare questo per capire che siamo speciali!
E tuttavia desiderare, desiderare sempre di più, anche a costo di sopprimere l’altro, ci insegna la moderna società consumista/arrivista. si fa largo dunque l’odio; prende piede la voglia di scontrarsi; tornano le manie di protagonismo e superiorità!
La guerra?
Il cupo rullare dei tamburi è ripreso ormai da giorni; le Potenze mondiali sono costantemente ad un passo dallo scontro; armamenti sempre più terribili lasciano una scia di morte e distruzione, che neppure i moderni scenari apocalittici avrebbero creduto realizzarsi.
Si dice che la storia insegna. Non sono passati poi così tanti anni dalle brutalità ereditate dalla seconda guerra mondiale.
Forse allora la questione è un’altra:
forse a costo di essere i vincitori, i primi, i padroni di tutto, siamo disposti anche ad anientare il Prossimo e sottrargli tutto ciò che gli appartiene?
Che all’apparenza l’umiltà sia segno di debolezza sarà pur vero…quanta gloria se ne ricava però imparando a cogliere le piccole gioie!
“Ma davvero? fammi un esempio!”, mi ha detto un amico qualche giorno fa.
“Stringi la mano della tua ragazza, o quella di uno dei tuoi amici, o dei tuoi familiari! Non è come possedere già tutto, quando hai il loro amore?
È vero…soldi e benessere contribuiscono alla serenità. Siamo sicuri però che così il mondo non si trasformi in un’entità astratta dove a regnare è solo l’apparenza?
Io parto sempre dalla mia storia. Certamente ci sono tanti ostacoli da superare; certamente vedere e girare da solo dappertutto, guidare una macchina, non dover chiedere niente a nessuno l’avrei preferito!
Ci sono comunque tantissime altre cose che nella vita sono belle…alcuni esempi li ho citati sopra.
Coglierle e apprezzarle non è facile, ma forse più per la nostra stupidità, che per una reale difficoltà.
Arrabbiamoci pure, se qualcosa non va! È normale…credo sia anche giusto!
Divenga però parte della nostra cultura la gratitudine per quello che viviamo ed abbiamo, perché è un dono gratuito, perché è di per se la vita un regalo da custodire e non da gettare nel primo bidone della spazzatura che si incontra lungo la strada”.
Gabriele Sacchi

Dal piacere di vedere al piacere di toccare, due vie diverse potranno portare alla stessa meta?, di Elena Ferroni

Autore: Elena Ferroni

Era una giornata di sole di fine estate, nel settembre 2007, quando ho partecipato ad una gita organizzata dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Siena presso il Museo tattile Omero di Ancona. Ricordo contorni sfumati di sagome e contrasti luminosi che ancora popolavano la mia percezione visiva, ricordo le mie mani che sfioravano in modo maldestro braccia e gambe di sculture e bassorilievi, volti e addomi. Più forte di tutti è senz’altro però il ricordo della nausea che attanagliava il mio stomaco, il comprimere delle lacrime per uscire, quando le mie mani hanno preso contatto con l’ennesima statua, il David di Michelangelo, che fino a pochi mesi prima avevo potuto vedere slanciarsi con i miei occhi, in tutta la sua maestà al Piazzale Michelangelo nella città di Firenze in cui abitavo. Il viaggio di ritorno da Ancona è stato silenzioso, nella mia testa si è fatta spazio la ferma convinzione che non avrei più avuto accesso alla bellezza, che il tatto non mi avrebbe mai procurato lo stesso piacere che avevo provato abbracciando con gli occhi le opere d’arte, sia sui libri del liceo che nei diversi musei visitati fino a quel momento.
Sono passati due anni e la paura si è fatta certezza, non avrei potuto più vedere, neppure luci forti o contrasti, nell’autunno 2009 è stata scritta la parola fine al mio guardare il mondo da ipovedente.
E’ trascorso ancora del tempo ed ho vissuto una seconda esperienza, il luogo questa volta è la Galleria degli Uffizi a Firenze. Siamo nell’agosto 2014 in compagnia di una cara amica anche lei non vedente e delle nostre femmine di labrador, che ci hanno affiancato nei corridoi del museo, mentre noi eravamo impegnate a sfiorare con le mani sudate dentro i guanti di latex i particolari di molte opere d’arte, tra cui scene di sarcofagi e amorini. In quella sera d’estate fiorentina, quando sono uscita all’aperto in mezzo ai turisti di piazza della Signoria, ho avvertito che qualcosa dentro di me si era mosso, coabitavano due sentimenti: la nostalgia di non poter vedere colori, sfumature, contorni, insieme però al piacere di aver toccato ciò che la mia immaginazione poteva costruire, di aver riso e scherzato in compagnia di amici e guide museali esperte, mentre sotto le mie dita scorrevano frammenti d’arte.
In questo viaggio da Ancona a Firenze, aggiungiamo ora una terza ed ultima tappa a Bologna, Sostiamo presso il museo Anteros, all’interno dell’Istituto Francesco Cavazza, dove mi sono recata pochi giorni fa all’inizio di questo 2017, un nuovo anno tutto da vivere. Miei compagni di viaggio sono stati gli studenti di una quarta liceo artistico di Siena che al termine di alcuni incontri svolti con la locale sezione U.I.C.I., tra cui appunto questa visita al museo tattile didattico Anteros, dovranno realizzare il bassorilievo di un dipinto di Domenico Beccafumi, l’incontro di Gioacchino e Anna alla Porta Aurea esposto nel Museo senese di Santa Maria della Scala. Insieme a loro ho scoperto come chi non ha mai potuto vedere tramite gli occhi, possa con esperienze dirette e vicarie comprendere l’esistenza della prospettiva, i concetti di dimensione e disposizione nello spazio, possa conoscere in dettaglio e dare forma ad opere d’arte. Ho sfiorato la riproduzione del quadro di Botticellli La nascita di Venere e il profilo del duca Federico da Montefeltro di Piero della Francesca, con la guida sapiente degli operatori Michele e Matteo, ritrovando dentro di me il vivo piacere di incontrare la bellezza.
Queste tre esperienze, presso il museo Omero, gli Uffizi e il Museo Anteros mi hanno avvicinata pian piano ad una consapevolezza, dal dolore della perdita della vista ho camminato con gradualità verso la scoperta dell’avvolgenza del tatto, del contatto. Niente mi potrà mai restituire la possibilità di posare i miei occhi sui girasoli di Van Gogh o sui colori vivaci del crocifisso ligneo di San Damiano, ma sono arrivata comunque alla bellezza, ugualmente intensa e travolgente, che nasce dal toccare contorni e materiali, dal soffermarmi su dettagli e linee che si intrecciano per generare emozioni. La medesima sensazione di piacere scatenata dagli occhi può quindi scoppiare su strade percorse, con più lentezza e pazienza, rispetto all’immediatezza della vista, strade che hanno la loro origine sulle punte dei polpastrelli.
Per questa ragione allora prende forma un mandato e posso senza dubbio incoraggiare con convinzione i ragazzi della IV D del liceo artistico di Siena, dicendo loro che devono senza dubbio impegnarsi a fare di quel dipinto del Becafumi un bassorilievo, a fare dell’arte in tutte le sue forme un ambiente accessibile a chi come me non può gustarla con la fotografia scattata attraverso gli occhi, ma con l’abbraccio del contatto ed il paziente ascolto delle parole che descrivono.

Il vero valore della vista?, di Varo Landi

Autore: Varo Landi

Non esiste una sola risposta. Per qualcuno il suo valore è assoluto. Per altri è relativo: relativo verso cosa? E, si, perché parlando di relatività, dobbiamo usare un parametro di riferimento.
Così, per molti la vista è importante perché permette l’autonomia. Perché permette un movimento autonomo, Permette di leggere qualsiasi cosa su qualsiasi materiale, a qualsiasi distanza, e, non solo su fogli punteggiati. La vista permette movimenti veloci, spostamenti veloci, percezione immediata dell’ambiente, del mondo, e dell’universo.
Per la maggioranza dei ciechi, l’importanza della vista è relativa, principalmente nel contesto della autonomia. Spesso è tutta qui!
Perché? Ognuno avrà risposte diverse.
Per me la vista è un valore assoluto, non relativo verso qualcosa . La vista non permette solo l’autonomia , o di poter leggere tutto.
La vista è il possesso del mondo intero, dello spazio, del moto, delle luci, dei colori, delle fisionomie, ecc. Ed è molto di più che avere autonomia. Fosse solo un fatto di autonomia ,in certi casi, potremmo averla comunque. Ad esempio, la mia cecità è totale, ma riesco a fare lavori, bene quanto per un vedente, sfruttando il solo tatto e la conoscenza, insieme alla abitudine, magari sono lento , perché gli attrezzi sembra scappino via ogni volta che li cerco. Poi, però riesco a realizzare. Vinco il disagio con la pazienza e la volontà. Alleno la mente per immaginare le operazioni da fare cercando i modi più adatti per un non vedente. La fatica non è paragonabile a quella per un vedente, ma ,dico: si riesce. In casa ci sono tante riparazioni da fare: non si chiama uno specialista, intervenendo io, a modo mio, ma, si fa prima che chiamare qualcuno.
Però, appunto, il valore della vista è assoluto e, non sento un problema di autonomia, semmai un problema di moto, che essendo in difetto forzato, fa male al fisico.
spesso un cieco vive la sua esperienza attraverso diversi stadi sicuramente dolorosi e traumatici, giungendo, alla fine, allo stadio di rassegnazione e di accettazione , gli stadi nei quali non si lotta più per sottrarci ad un destino pesante. Allora la rassegnazione e l’accettazione, possono fermare il dolore psicologico, ma impediranno di lottare per opporci al destino: la logica che sopraggiunge è quella che se non ci si può fare niente è inutile lottare: meglio rilassare la mente e cercare di migliorare le condizioni di vita tramite aiuti di terzi, tramite gli ausili, ecc. Impegnando anche i familiari in una vita dipendente alle nostre necessità.
Il mio carattere è diverso: cerco la via di uscita che so essere difficile , ma che la medicina e la scienza possono trovare. A volte le speranze sembrano utopie, ma intorno a noi è pieno di realizzazioni che sembravano impossibili, ma che si sono realizzate , come, ad esempio, quella di gambe artificiali che permettono di correre più velocemente delle gambe naturali.
Tornando alla domanda iniziale, sul valore della vista, devo ribadire che il suo valore è assoluto. La vista vale il mondo intero: ,le immagini di un cielo che sfuma in mille colori, con nubi bianche o cangianti che si muovono realizzando forme mai uguali. I rossi dei tramonti , o i gialli, o i rosa , o gli aranciati ,dei tramonti. L’arcobaleno dopo i temporali. I fasci di luce che a volte filtrano tra nubi che si aprono . I fiori delle piante, le foglie delle piante . La neve che cade lenta in una atmosfera grigiastra. E, poi i volti dei nostri cari, i colori delle vesti, delle vetrine . Le luci delle vetrine, delle insegne . Il gatto che guarda verso la finestra per dirci che vuole uscire, o, si porta vicino alla porta per lo stesso motivo. Le immagini supernitide fornite dai nuovi televisori, inesistenti per un cieco. Il vecchio film muto che fa ridere tutti, tranne un non vedente. La mimica del comico che fa esplodere tutti in una risata improvvisa. Il dribling inaspettato dell’attaccante, prima di sparare in porta la saetta che porta la vittoria alla squadra del cuore.
Le stelle!
Puntini di luce nel cielo notturno. Quanti puntini? Tanti, così tanti che il buio notturno non è buio assoluto.
E, noi ci lamentiamo solo delle difficoltà a percorrere un tratto di strada familiare, senza un bastone bianco o un volontario al fianco.
La vista vale un mondo intero ,nel quale ci sono anche le opere degli artisti, i monumenti, grandiosi per bellezza che il solo tatto non può percepire .
Noi ciechi abbiamo già abbandonato il mondo , ne siamo fuori , tutto perché non è percepito a causa della perdita di un senso . Non vale la pena lottare per recuperarlo?
Dici che è impossibile? Un grande maestro di scacchi diceva che una partita di scacchi è perduta nel momento in cui la abbandoniamo .
Io dico che anche senza speranze, dobbiamo lottare, perché il mondo è pieno di imprevisti , ma va avanti anche seguendo le nostre opere ed i nostri desideri .
Varo Landi

Nel 2016, tre cari amici ci hanno lasciato, di Luciano Romanelli

Autore: Luciano Romanelli

Il 2017 è appena iniziato e il mio pensiero corre ancora al 2016, durante il quale, tre cari amici musicisti, qui di Genova, ci hanno lasciato: i Maestri, Giorgio Martini, Giuseppe Delucchi, (detto Pino), e Melchiorre Pasquero, (detto Marco). Sono scomparsi, rispettivamente: il 29 gennaio, il 13 aprile e il 18 dicembre.
Si trattava di tre personalità che, pur molto diverse fra loro, erano accomunate dalla passione per la musica e dalla conseguente professione di musicista.
Martini, dall’attività pianistica ottimamente poliedrica, che spaziava dalla musica classica al Jazz,dall’operetta alle canzoni, (che non di rado componeva), fra l’altro per diversi anni ha guidato un suo gruppo musicale Jazz, con il quale ha tenuto concerti in varie località d’Italia; è stato anche consulente musicale della Casa Discografica “Fonit Cetra”.
Egli ha svolto anche per molti anni l’insegnamento di Educazione Musicale nella Scuola Media Inferiore.
In anni lontani ha collaborato con l’U.I.C.I., ricoprendo anche la carica di Presidente della Sezione Provinciale di Genova.
Giuseppe Delucchi, (per gli amici, Pino), è stato a sua volta un ottimo insegnante di Scuola Media Inferiore. Personalità molto schiva e riservata, in possesso di un non indifferente talento pianistico, per un eccesso di modestia non ha mai voluto esibirsi in pubblico, preferendo farlo soltanto a casa, nel corso di piccole riunioni fra amici.
Negli ultimi anni settanta e nei primi ottanta, è stato Consigliere dell’U.I.C.I., per la Sezione Provinciale di Genova.
Pino era anche un grande appassionato delle tecnologie della comunicazione, legate alla registrazione e alla riproduzione sonora, di cui era un grande esperto.
Melchiorre Pasquero, (Marco, per gli amici),era un musicista straordinario: eccellente pianista, dotato, oltre tutto di un orecchio finissimo, (aveva “l’orecchio assoluto”), per tantissimi anni è stato insegnante di Pianoforte Principale, prima, presso il conservatorio di Piacenza, poi presso quello di Genova, “Niccolò Paganini”. Cattedra ottenuta a seguito di partecipazione brillante a concorsi pianistici e ad una attività concertistica svolta in Italia e all’estero.
Nell’anno 2000, durante le manifestazioni svoltesi a Genova, in occasione dell’ottantesimo anniversario di fondazione dell’U.I.C.I.,ha eseguito presso il Teatro “Carlo Felice”, il “Concerto N.2, in Fa minore”, di Frédéric Chopin, insieme con l’Orchestra Sinfonica di Sanremo.
Marco ha fondato inoltre, alcuni gruppi vocali e strumentali che ha guidato per vari anni, (uno dei quali egli ha condotto, praticamente sino alla vigilia della sua dipartita). In questo ambito, spaziando in un repertorio vastissimo, comprendente genere classico, musical, sacro e liturgico, ha rivelato anche una capacità straordinaria di arrangiatore, trascrittore e adattatore musicale.
Tutti e tre i musicisti, sia pure in tempi diversi, provenivano dalla Scuola di Musica dell’Istituto “David Chiossone”, di Genova, la quale scuola, che ha formato anche il sottoscritto, aveva conosciuto il suo massimo fulgore negli anni quaranta, cinquanta e sessanta, , per estinguersi, poi, con il giungere degli anni settanta.
Scrivo queste righe a nome della Sezione Territoriale di Genova dell’U.I.C.I., di cui faccio parte; ma specialmente perché, come collega musicista e soprattutto come amico di Giorgio, Pino e Marco, intendo delineare il profilo delle loro figure, a beneficio di chi non li ha conosciuti. Non ho difficoltà a confessare che vengo colto da particolare commozione nel rievocare la loro personalità professionale ed umana. La scomparsa dei tre nostri amici, (per Martini e per Pasquero, inattesa ed improvvisa, mentre per Delucchi, sicuramente e drammaticamente annunciata da una relativamente breve quanto inesorabile malattia), ha lasciato un vuoto ed un rimpianto incolmabili in tutti noi, loro amici.

Luciano Romanelli