Torino – La chiesa di San Lorenzo a Torino: un racconto da toccare con mano, di Gianni Laiolo e Chiara Pipino   

Autore: Gianni Laiolo e Chiara Pipino

Tra le numerose attività che animano il panorama culturale torinese è interessante, per l’attenzione dedicata ad ogni singolo turista, una delle proposte offerte dalla chiesa di San Lorenzo. La volontà di rendere nota ai cittadini e agli altri visitatori la storia dell’edificio ha sempre trovato ampia disponibilità in differenti gruppi di volontari e grande risonanza negli studi sul barocco piemontese. Proprio all’interno di questo fortunato contesto opera un piccolo gruppo di volontari, le Pietre Vive, una comunità di ispirazione ignaziana che, oltre all’accoglienza di quanti desiderano conoscere la chiesa, si propone di garantire un accompagnamento alla visita per persone cieche e ipovedenti. L’idea nasce in seguito ad una collaborazione col settore cultura dell’Unione Ciechi e Ipovedenti di Torino, col quale è stato possibile confrontarsi sui temi di cultura e accessibilità, e dal desiderio di valorizzare la chiesa con un approccio completo. In quest’ottica è stata riconsiderata la finalità del servizio: rendere l’edificio “pietra viva” raccontandone i significati cristiani e la storia celati dietro la sua architettura.

L’esperienza con Pietre Vive è interessante per scoprire qualche dato storico su San Lorenzo e su una Torino di fine 1600. La chiesa, uno dei capolavori del barocco piemontese, costituisce il riflesso di una politica di rinnovamento e ampliamento urbano intrapresa dai Savoia per lo spostamento nel 1568 della capitale dello stato sabaudo da Chambery a Torino. Eretta per il voto del duca Emanuele Filiberto in occasione della battaglia di San Quintino (10 agosto 1557), celebra la vittoria delle truppe di Filippo II di Spagna, alleate dei piemontesi, contro l’esercito francese. I lavori di costruzione, intrapresi tra il 1563-64, prevedevano la ristrutturazione della chiesetta romanica di Santa Maria del Presepe o Santa Maria della Neve. Di questo ambiente non rimane ormai nulla, ma le fonti sono concordi nel testimoniare che fu il primo luogo ad ospitare la reliquia della Sindone, trasporata qui nel 1578 da Chambery in occasione del pellegrinaggio di Carlo Borromeo. La chiesa come la vediamo oggi è documentata a parire dal 1634, probabilmente su progetto di Carlo Castellamonte e commissione di Vittorio Amedeo I; tuttavia, l’intervento guariniano risale agli anni 1666-1680, periodo in cui è affidata all’ordine dei Teatini sotto Carlo Emanuele II. Infine l’edificio, dopo essere stato abbandonato nel corso del 1800 a causa dell’occupazione francese e aver subito danneggiamenti alla cupola durante il secondo conflitto mondiale, torna al suo rinnovato splendore con la campagna di restauri del 1997-1999,

Per fornire una visita esaustiva e coinvolgente il gruppo delle Pietre Vive, oltre a un approfondito studio storico-artistico, ha ipotizzato l’utilizzo di strumenti utili a un approccio che solleciti diversi sensi. Proprio per questo, oltre all’ascolto delle informazioni fornite dai volontari, è prevista anche l’esplorazione tattile di disegni a rilievo (della pianta e della facciata) e di alcuni particolari architettonici al fine di sottolineare i punti di principale interesse. Una delle prime necessità è quella di far comprendere l’orientamento e la dislocazione dei due diversi ambienti che compongono la chiesa: l’Oratorio dell’Addolorata, dall’assetto longitudinale e con affreschi che rappresentano scene del martirio di Cristo, e la chiesa, a pianta ottagonale e ricca di dettagli decorativi, com’è tipico del barocco. Il disegno a rilievo della pianta assolve a questa necessità e permette di introdurre altri aspetti per cui San Lorenzo appare unica riassumibili in tre caratteristiche: struttura della cupola, rapporto tra architettura e cultura religiosa, forte legame con la committenza ducale. La cupola costituisce senza dubbio l’elemento più rivoluzionario e all’avanguardia: non più la sfera compatta dell’antica cupola, in cui trovavano spazio gli affreschi simboleggianti la volta celeste, ma una struttura scavata da aperture, derivata da suggestioni ispano-moresche e gotiche, in cui la luce allude all’infinito e alla divinità e dove l’architettura stessa si fa portatrice di significati religiosi. Ne deriva dunque uno stretto legame tra contenuti spirituali ed elementi costruiti, dato non trascurabile se si tiene presente che Guarino Guarini era un padre teatino e possedeva una formazione religiosa. Inoltre è importante considerare il legame dell’edificio con la committenza ducale per il forte condizionamento che ha comportato nell’aspetto definitivo della chiesa, di cui sono alcuni esempi il paliotto d’altare con la decorazione in rilievo della battaglia di San Quintino, la presenza di statue di santi legati alla dinastia dei Savoia, infine la facciata sobria e in armonia col resto degli edifici di Piazza Castello, in rispetto delle ordinanze emesse dai Savoia.

Il percoso di visita è ancora in fase di sperimentazione sia perché alcune delle strumentazioni di cui vorrebbe avvalersi il gruppo, tra cui il modellino della cupola, non sono ancora state realizzate sia perché la verifica del lavoro svolto nasce anche dall’incontro con i turisti. Forse proprio grazie al suo carattere sperimentale e al piccolo contesto in cui operano le Pietre Vive,  l’esperienza presenta un duplice valore: sia promuovere la conoscenza dell’architettura e dei significati religiosi e spirituali di uno dei gioielli del panorama torinese e sia essere occasione di socialità. Grazie a questa dimensione viene sottolineata l’importanza di una conoscenza del patrimonio condivisa, in cui le peculiarità del gruppo di visitatori sono colte come una ricchezza di prospettive con cui porsi nei confronti dell’altro.