Milano: “Storie di straordinaria normalità”, Redazionale

Autore: Redazionale

Istituto dei Ciechi – 22 marzo 2014 – ore15.30

Programma

Introduzione
Rodolfo Masto, Commissario Straordinario dell’Istituto dei Ciechi di Milano
Nicola Stilla, Presidente del Consiglio Regionale Lombardo dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus

Intermezzo musicale
Silvia Zaru, musicista

Presentazione dei video “Anna” e “Roberto”
Luisa Bartolucci, componente dell’Ufficio di Presidenza Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus

Intermezzo musicale
Silvia Zaru, musicista

Tavola rotonda
Giornalisti, scrittori, studiosi, rappresentanti dell’U.I.C.I. si confrontano con gli intervenuti
Coordina Luisa Bartolucci, componente dell’Ufficio di Presidenza Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus

Intervengono:
• Lina Sotis;
• Giuseppe Arconzo – Professore di Diritto Costituzionale – Università degli Studi di Milano;
• Natalia Aspesi;
• Rodolfo Masto – Commissario Straordinario dell’Istituto dei Ciechi;
• Katia Caravello – Rappresentante Provinciale Commissione Pari Opportunità U.I.C.I. Varese;
• Salvatore Romano – componente la Direzione Nazionale dell’U.I.C.I.;
• Erica Monteneri – Coordinatrice Regionale Commissione Pari Opportunità U.I.C.I. Lombardia
• Giacomo Elmi – Capo Servizio del Centro Nazionale del Libro Parlato dell’U.I.C.I.;
• Ambra Bertoni – Referente Regionale Pari Opportunità U.I.C.I. Lombardia;
• Nicola Stilla – Presidente del Consiglio Regionale Lombardo dell’U.I.C.I.

Intermezzo musicale
Silvia Zaru, musicista
Conclusioni
Rodolfo Masto, Commissario Straordinario dell’Istituto dei Ciechi di Milano

Nicola Stilla, Presidente del Consiglio Regionale Lombardo dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus

 

Eletto il nuovo Presidente Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS, Redazionale

Autore: Redazionale

Sabato 15 Marzo, dopo 28 anni, l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS, a seguito delle dimissioni rassegnate per motivi di salute dal prof. Tommaso Daniele, ha eletto, come da statuto, mediante il proprio Consiglio Nazionale, il sesto Presidente del sodalizio. La scelta dei consiglieri nazionali è caduta sul dott. Mario Barbuto, il quale ha riportato ben 27 voti rispetto ai 14 ottenuti dall’altro candidato, il Vicepresidente Nazionale avv. Giuseppe Terranova. Il nuovo Presidente dovrà tra l’altro, traghettare l’associazione alla quale è demandata per legge la tutela e la rappresentanza dei diritti morali e materiali dei ciechi e degli ipovedenti, al prossimo Congresso Nazionale, previsto per il 2015.
L’Unione in questo frangente difficile necessitava di una guida sicura. Il sodalizio deve essere pronto ora ad affrontare le nuove e più ardue sfide poste anche dalle prossime leggi finanziarie 2014 e 2015, oltre che dal processo di riforma politica ed economica che riguarderà l’intero paese e che non può trovare il sodalizio in posizione di attesa o di retroguardia.
Per queste considerazioni fondamentali, occorreva eleggere una persona in grado di guardare all’oggi con la massima attenzione e che contemporaneamente potesse preparare quel domani associativo ritenuto ormai unanimemente indilazionabile per il futuro stesso della Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.
La persona in grado, in questo momento, di rappresentare più di ogni altra questo spirito e che possiede i requisiti adeguati ad assumere oggi il ruolo e compito di Presidente Nazionale è proprio Mario Barbuto.
Egli infatti, è in grado di rappresentare a pieno l’unità dell’associazione, da nord a sud; di interpretare il delicato momento tra innovazione e continuità; di ricoprire la carica con la dovuta prudenza e il necessario coraggio.
Mario Barbuto possiede un grado elevato di esperienza professionale, tecnica, politica, associativa e manageriale.
Ha operato per molti anni con efficacia e con successo a tutti i livelli dirigenziali della nostra struttura associativa, sul piano provinciale, regionale e nazionale.
Ma chi è Mario Barbuto e quale è stato il suo percorso all’interno dell’associazione? Lo spiega egli stesso:
“All’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti devo tanto, tantissimo… Per certi versi, tutto… L’istruzione, il lavoro, le soddisfazioni professionali, l’integrazione sociale, sono i frutti più preziosi che questa nostra Associazione mi ha donato nell’arco dei quarantacinque anni di mia appartenenza. Per quanta dedizione io possa mettere nel servirne gli scopi e gli obiettivi, non sarò mai in grado di ricompensare per intero l’Unione di tutto il bene che da essa ho ricevuto. Il bene di vivere una vita pressoché normale, di conservare tutta la mia dignità di persona e di cittadino, di godere di una autonomia personale straordinaria, nonostante il grave handicap dovuto alla minorazione visiva. Bambino del profondo Sud, ho trovato a Catania, la mia città d’origine, un istituto che mi ha accolto per otto anni e ha provveduto alla mia istruzione di base, dotandomi degli strumenti per affrontare un più impegnativo corso di studi a Bologna, città del Nord vagheggiata e temuta allo stesso tempo. Bologna, una città che mi ha catturato con il fascino delle sue architetture e il calore della sua gente, offrendomi un titolo, una casa, un lavoro, una vita sociale degna di essere vissuta. Un lavoro in posizione apicale nel più importante e famoso istituto dei ciechi d’Italia, il Francesco Cavazza, che mi ha regalato esperienze professionali e relazioni umane straordinarie. Gestire un bilancio annuale di alcuni milioni di euro; amministrare un patrimonio immobiliare di qualche centinaio di unità urbane e agricole; coordinare un gruppo di una trentina di dipendenti e collaboratori impegnati in attività tanto diverse quali la formazione professionale, il supporto all’integrazione scolastica, la produzione e distribuzione di ausili tiflotecnici; la produzione e distribuzione di prodotti librari, le iniziative culturali, sportive e del tempo libero. Una città, Bologna, dove ho avuto l’onore, la gioia e la soddisfazione di essere eletto nel Consiglio comunale, nel quale ho lavorato come vice presidente della commissione Bilancio e come componente della commissione Servizi sociali. Una città dalla quale ha preso il via il mio impegno associativo circa quarant’anni or sono, nelle varie e successive funzioni di presidente provinciale, vice presidente regionale, componente del Consiglio Nazionale e della Direzione Nazionale. Proprio in quest’ultimo ruolo, tra l’altro, ho avuto dal presidente Daniele l’incarico di creare il sistema informatico dell’Unione, del quale mi reputo molto modestamente una specie di papà e grazie al quale, già nel 1995 la nostra Associazione risultava dotata di un proprio sito internet e di una rete di posta elettronica estesa alle sedi regionali e alle sezioni provinciali. Per motivi professionali e associativi ho anche avuto l’opportunità di viaggiare molto all’estero e di entrare in contatto con numerose e variegate realtà del mondo delle organizzazioni per ciechi e per ipovedenti in Europa, in America e in Africa, dando così ulteriore corpo al mio personale bagaglio di esperienze e di conoscenze nel settore. Oggi, pertanto, come mai in passato, credo sia venuto per me il tempo di porre la mia modesta persona e la mia umile esperienza al servizio dell’Unione in modo totale e al livello più alto, restituendo così, almeno in parte, con il lavoro e con l’impegno, quanto di prezioso ho ricevuto nel corso di una intera esistenza”.

Conservatore nei valori ma assolutamente aperto e progressista, così si esprime il nuovo Presidente dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS:
“Come ha detto e scritto più volte Tommaso Daniele, è tramontato il tempo dell’uomo solo al comando. Mai più dunque, un presidente solitario, unico traino di un pesante rimorchio; al contrario, invece, un gruppo dirigente, compatto, operoso, determinato, alla guida dell’Unione, al servizio della causa dei ciechi e degli ipovedenti italiani. L’Unione, per fortuna, è una struttura associativa fondata su princìpi democratici, grazie ai quali, le più alte cariche si raggiungono solo con il consenso e con il sostegno delle maggioranze, auspicabilmente ampie, significative e qualificanti. La mia disponibilità è totale, il mio impegno, garantito”.
Al dott. Mario Barbuto, nuovo Presidente Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS, associazione storica che ha ben 94 anni, formuliamo i migliori auguri di buon Lavoro.

 

Psicologia e disabilità visiva, di Maria Luisa Gargiulo

Autore: Maria Luisa Gargiulo

UNA BUSSOLA PER ORIENTARSI
Rubrica per genitori.

La psicologia rappresenta senz’altro una risorsa per le persone ipovedenti e non vedenti, e ciò per numerosi motivi. È banale sostenere che le competenze psicologiche possano essere utili per molteplici aspetti della nostra vita. Questa affermazione potrebbe sembrare ovvia e scontata, ma a volte non si può fare a meno di notare quanto nella cultura italiana sia ancora poco diffusa una conoscenza realistica della psicologia e della sua utilità nella società civile. Troppo spesso assistiamo alla diffusione dai canali di informazione di messaggi contraddittori ed ambigui che qualche volta banalizzano le competenze dello psicologo. Da una parte esiste una grandissima domanda inevasa di salute psicologica da parte della popolazione generale, la quale finisce per rivolgersi a nuove professioni non meglio identificate come il counselor, il pedagogista clinico, il coach, il filosofo clinico ecc.. D’altro canto il gran numero degli psicologi presenti sul territorio nazionale non è pienamente occupato, è palese quindi che vi sia un problema nella pianificazione e realizzazione delle politiche riguardanti la salute, dato che non si verificano condizioni per cui la domanda e l’offerta di questi servizi si incontrano.
Occorre potenziare azioni di comunicazione sociale, per diffondere presso i cittadini conoscenze precise su che cosa la gente si possa aspettare dallo psicologo e per risolvere quali tipi di problemi.
Forse si tratta di un luogo comune, però ancora certi medici di base, dai cui ambulatori passano molte persone prima di essere orientate verso competenze specialistiche, non sono molto adusi ad inviare le persone verso lo psicologo. Di solito si trovano medici molto preoccupati ed attenti ad indirizzare persone cardiopatiche dal cardiologo, altre che hanno dolori articolari dall’ortopedico, quelli che sembrano avere sintomi d’asma dall’allergologo, per le relative diagnosi e cure, ma se ad esempio qualcuno si presenta raccontando di avere qualche disturbo d’ansia, lamenta di dormire in un modo non soddisfacente, di avere difficoltà a concentrarsi o difficoltà a cibarsi in modo equilibrato, è possibile che il medico, nell’intento di aiutare la persona, tenti di minimizzare il suo disagio, gli somministri qualche psicofarmaco, magari dopo aver fatto un’affrettata, non meglio precisata diagnosi di un problema psicologico.
Per fortuna esistono anche tanti medici in gamba e competenti, che hanno compreso l’importanza di orientare i loro pazienti verso i professionisti che specificamente si occupano di un certo settore, come ad esempio lo psicologo. Costoro, oltre a rendere un servizio importante alle singole persone, contribuiscono a diffondere nella popolazione informazioni su cosa sia la psicologia e che cosa ci si può aspettare da uno psicologo, per quali tipi di evenienze e necessità. Non possiamo fare a meno di notare quanto sia del tutto disomogenea la disponibilità e rintracciabilità per il cittadino, di servizi psicologici territoriali nelle differenti zone del Paese, elemento che contribuisce non poco alla scarsa diffusione dell’abitudine di rivolgersi allo psicologo, come ad una delle tante risorse professionali della comunità.
Così come questa difficoltà esiste per la popolazione generale, è facile immaginare come tale lacuna sia presente verso categorie specifiche di persone, ad esempio quelle con disabilità. Nella situazione attuale, si può facilmente intuire come una persona con una disabilità possa essere poco orientata rispetto alle possibilità oppure ai servizi che la psicologia e gli psicologi possono realizzare per lui.
Inoltre, la presenza di una malattia fisica, di solito rende necessari tutta una serie di esami e di attenzioni cliniche, per diagnosticare o per controllare la situazione dell’organo o dell’apparato che è alla base della disabilità. In questo senso la persona, ovviamente, tende a concentrare tutte le proprie energie nel cercare professionisti che si occupino specificamente di quell’apparato.
È piuttosto raro per una persona in una tale situazione, essere informata che, oltre ad occuparsi di quella specifica zona del suo corpo, di quell’organo, di quella lesione o di quella malattia, sarebbe per lui molto utile occuparsi di come tutta la sua persona reagisca a quella minorazione, giacché la malattia, l’organo, l’apparato, eccetera, fanno parte di un sistema più grande e più complesso che, necessariamente, viene condizionato dall’esistenza di quella specifica disabilità.
Considerando poi che la massima parte delle patologie alla base delle varie disabilità appartiene a quella folta schiera di situazioni cliniche per le quali non esistono cure guaritive, è ovvio che, tanto prima la persona smette di concentrarsi solo sull’aspetto medico per passare ad occuparsi del miglioramento delle proprie condizioni generali, tanto prima possono attivarsi quei circoli virtuosi che possono condurre una persona a sentirsi non più soltanto un malato, ma un uomo o una donna realizzati ed integrati.

Questo, come vale per tutte le persone con una malattia fisica grave oppure con una disabilità, vale dunque anche per le persone con problemi di vista, non vedenti oppure ipovedenti.
In questo scritto cercherò di spiegare e commentare quale attinenza vi è tra la psicologia, nelle sue varie sfaccettature e branche, e la minorazione visiva.

Chi è lo psicologo?
La Legge n. 56 emanata nel 1989, istitutiva della Professione di Psicologo e dell’Ordine degli Psicologi, recita all’articolo 1 che:
“La professione di psicologo comprende l’uso degli strumenti conoscitivi e di intervento per la prevenzione, la diagnosi, le attività di abilitazione-riabilitazione e di sostegno in ambito psicologico, rivolte alla persona, al gruppo, agli organismi sociali e alle comunità”.
Dunque la psicologia non si occupa soltanto di singoli uomini e donne, ma si interessa anche al funzionamento dei sistemi interpersonali, fino ad occuparsi di comunità intere, e ciò per prevenire disagi, diagnosticare disturbi, aiutare la persona a ottenere la massima salute possibile, abilitando capacità o riabilitando quelle eventualmente perse. Lo psicologo fa questo usando strumenti specifici. Il medesimo articolo prosegue chiarendo che sono di competenza dello psicologo anche le attività di ricerca, insegnamento e divulgazione scientifica nell’ambito della psicologia.
Dunque, la psicologia non è solo sostegno psicologico, come invece si potrebbe immaginare, facendo riferimento allo stereotipo più comune presente nell’immaginario collettivo.
Ritornando al circoscritto ambito della minorazione visiva, esso è oggetto di interesse da parte di numerose branche della psicologia, come vedremo brevemente.
Nel momento storico attuale, gli psicologi spesso giungono ad occuparsi delle persone con problemi visivi molto dopo l’insorgenza delle patologie visive, e ciò attraverso vari canali. I Centri per la Riabilitazione Visiva (CERVI), istituiti e finanziati dalla Legge n. 284 del 1997, prevedono la figura dello psicologo, all’interno dell’équipe interdisciplinare composta anche dall’oculista, dall’assistente sociale, dall’assistente di oftalmologia e dal riabilitatore. In questi centri, vengono seguite per lo più persone adulte ed anziane, con ipovisione medio-grave che costituiscono la fascia più numerosa dei disabili visivi italiani, tra l’altro in continuo aumento. Inoltre vi sono psicologi nei centri di Riabilitazione per adulti e per l’età evolutiva, direttamente dipendenti dal Sistema Sanitario, oppure, più frequentemente, operanti in regime di accreditamento. Il funzionamento di tali strutture risente della disomogeneità delle varie situazioni sanitarie regionali. All’interno di questi enti vengono “presi in carico“ per trattamenti riabilitativi estensivi o di mantenimento, pazienti aventi una vasta gamma di patologie, e spesso le persone con deficit visivo che vi si rivolgono hanno condizioni percettive le più diverse, e qualche volta sono portatrici anche di altre disabilità.
In queste strutture lo psicologo nel momento in cui il centro riceve la richiesta dalla persona o dalla famiglia, attiva con l’utente una “analisi della domanda”, per meglio chiarire i vari tipi di bisogni della persona, stabilire in che misura il centro può soddisfarli e definire a quali condizioni.
Inoltre, facendo parte dell’équipe, lo psicologo concorre ad orientare i riabilitatori delle diverse discipline nella definizione dei programmi riabilitativi, verificando preventivamente l’esistenza dei prerequisiti emotivi, cognitivi e motivazionali per l’inizio delle varie attività.
Invece nei contesti più specificamente orientati alla diagnosi e alla cura delle malattie visive, come ambulatori oculistici, centri diagnostici per le malattie rare o reparti ospedalieri, il ruolo dello psicologo non è quasi mai previsto. Da ciò deriva che solo le persone seguite da centri di riabilitazione hanno una certa probabilità di incontrare uno psicologo e che ciò accade in una fase senz’altro successiva a quella diagnostica, e per una parte minima delle persone.
Qui di seguito elencherò alcuni campi specifici in cui le scienze psicologiche sono applicabili alla minorazione visiva. Attualmente non esistono molti ambienti in cui gli psicologi interessati possano aggiornarsi in modo sistematico e mettere in comune competenze e esperienze in questo settore. Questo conduce ad una disomogeneità degli approcci e della qualità dei servizi resi, oltre che ad una certa dispersione di informazioni sulle esperienze efficaci e sulle buone prassi.

La Psicologia della percezione
Per prima cosa, non dobbiamo mai dimenticare che le problematiche visive, siano esse a carico degli organi di senso o del cervello, siano esse totali o parziali, determinano una conseguenza nel sistema percettivo, giacché limitano od impediscono la più importante e complessa forma di acquisizione di informazioni che l’essere umano ha a sua disposizione, cioè la percezione visiva.
I problemi visivi condizionano il modo in cui la persona acquisisce informazioni dall’ambiente e si relaziona ad esso.
Quindi il deficit visivo, dal punto di vista psicologico, determina ovviamente innanzitutto una conseguente modificazione dei processi percettivi. La psicologia della percezione si è focalizzata in modo vasto e approfondito sulla percezione visiva delle persone normovedenti. La storia della psicologia della percezione fonda le sue basi all’inizio del secolo scorso; è quindi questa una disciplina per nulla giovane, ed è costellata di ricerche, scuole di pensiero, ed aspetti applicativi. La psicologia della percezione visiva degli ipovedenti è più giovane, avendo circa una trentina d’anni, e rappresenta un importante ambito per comprendere come le persone con ipovisione utilizzino le informazioni visive a loro disposizione, quali siano i processi mentali attraverso i quali queste persone attribuiscono comunque un significato utile a ciò che vedono, anche in condizioni nelle quali la quantità e la qualità delle informazioni visive a loro disposizione è molto scarsa. Nel funzionamento delle persone ipovedenti sono caratteristici alcuni specifici processi top-down come la “visione per indizi”, “l’interpretazione visiva”, “l’integrazione visuo-immaginativa”, e il “completamento intermodale“.
Contrariamente rispetto a quello che comunemente si potrebbe ritenere, l’uso della vista nelle persone ipovedenti non viene sminuito bensì potenziato dall’utilizzo concomitante di altre modalità sensoriali.
La competenza percettiva extravisiva è una risorsa importante sia per le persone cieche che per quelle ipovedenti. Differentemente da quello che un tempo si riteneva, le ricerche ci dimostrano che utilizzare la vista non distrae dagli altri sensi e non ne riduce l’efficienza. Quindi, divenire più competenti nell’utilizzo degli altri canali sensoriali, non rende la persona ipovedente meno vedente.
Le differenti modalità sensopercettive funzionano in modi specifici e peculiari, e quindi, ad esempio, studiare la percezione uditiva significa anche conoscere i diversi fenomeni acustici ed il modo attraverso il quale le persone riescono a ottenere informazioni importanti sull’ambiente, attraverso l’udito, che è un senso distale importante oltre la vista. Le specificità della percezione tattile sono state oggetto di approfondito studio prima dai pedagogisti tiflologi, e solo in seguito dagli psicologi. E’ importante sapere che numerose leggi tipiche della percezione visiva non possono essere applicate alla percezione tattile, essendo quest’ultima una qualità fenomenica dell’esperienza del tutto differente da una sorta di “vista a rilievo”. L’acquisizione di strategie adattive per utilizzare le informazioni provenienti dalla vista e dagli altri canali sensoriali è dunque un importante settore di interesse, i cui risultati sono utili per impostare i programmi di molte attività educative o riabilitative, in cui lo psicologo collabora con altre figure professionali a seconda del caso, come l’ortottista, l’oculista, l’istruttore di orientamento e mobilità, l’educatore, il terapista occupazionale.
Alcune competenze di psicologia della percezione possono essere molto utili anche allo psicologo clinico, in quanto, la conoscenza specifica di certi fenomeni percettivi, mette in migliori condizioni il professionista, quando si accosta alla comprensione del mondo soggettivo del suo paziente disabile della vista, comprendendone meglio la sua esperienza personale, i suoi limiti ma anche le enormi risorse a sua disposizione.

Psicologia della salute e psicologia medica
La relazione tra la persona ed il mondo della salute e della medicina, senz’altro per chi ha problemi fisici, costituisce un nucleo importante della vita e dell’esperienza quotidiana. Riferendoci alla popolazione generale, lo psicologo studia il modo con il quale le persone percepiscono e gestiscono la salute e il benessere, e si relazionano alle malattie ed al mondo delle cure. Nei paesi anglosassoni vi è una certa tradizione, per la quale gli psicologi aiutano i medici a comprendere gli aspetti emotivi e relazionali del loro agire col paziente. Ciò è oggetto di un’attenzione maggiore nei settori della medicina che si occupano di problematiche particolari e che pongono i clinici in una condizione di alto stress emotivo, ad esempio quando essi devono occuparsi di persone con malattie terminali, o che non possono essere guarite. Esiste quindi un duplice ambito nel quale lo psicologo può essere utile: da una parte aiutare i pazienti a gestire meglio possibile il loro rapporto con le malattie, le cure e i medici. Dall’altro versante, gli psicologi possono aiutare i medici a migliorare la propria capacità di prendersi cura, comunicare, relazionarsi, comprendere i pazienti.
In Italia sono poco diffuse le opportunità per uno psicologo di lavorare per migliorare la comunicazione medico-paziente, ma questo sta iniziando ad avvenire, ad esempio tra i medici che si occupano di malati oncologici, di persone affette da HIV, o che si occupano di emergenza e che intervengono in situazioni estremamente critiche come catastrofi ambientali, violenze, eccetera.
Invece, nella maggior parte dei centri clinici in cui ci si occupa di persone con problemi visivi, ad esempio i centri diagnostici, troppo spesso nel nostro Paese lo psicologo è vissuto ancora come “il collega della stanza accanto”, in una situazione in cui l’aspetto medico e quello psicologico sono rappresentati ed esaminati come settori separati, contribuendo ad una visione parcellizzata della persona/paziente, e rimandando all’utente una percezione di lui come costituito da tante parti staccate:

quella psicologica, quella medica oculistica, quella degli ausili, eccetera.
È parte della competenza di uno psicologo, collaborare con il medico per migliorare le modalità di comunicazione della diagnosi delle malattie fisiche gravi, e conseguentemente agevolarne la comprensione e l’elaborazione da parte del paziente.
Aiutare il paziente a gestire l’impatto psicologico delle malattie fisiche è importante, giacché la comunicazione di una diagnosi può essere senza dubbio ritenuta un evento potenzialmente traumatico, secondo le attuali conoscenze e classificazioni internazionali.
Un delicato ed importante aspetto, concerne l’aiutare il medico a gestire il senso di frustrazione, e a ridurre il rischio di burn-out professionale, giacché il clinico che lavora con persone con disabilità, deve necessariamente fare i conti con i limiti di efficacia delle cure mediche.
Un altro ambito in cui lo psicologo può essere utile, concerne l’aiutare il paziente a fare collegamenti tra le esperienze soggettive e gli stadi patologici nelle malattie visive. Se questo aspetto viene sottovalutato, il paziente ha una percezione sdoppiata della propria condizione visiva. Da una parte essa è definita dalle diagnosi, dalle spiegazioni mediche e dai referti, tutti ambiti dei quali la persona diviene prima o poi abbastanza informata. Dall’altra la situazione è determinata dal proprio vissuto soggettivo:
la propria percezione visiva, con tutti quegli ”strani fenomeni visivi”, caratterizzati da bizzarri effetti ottici od impressioni soggettive incostanti, che popolano un mondo privato ed inconfessato, perché quasi mai oggetto di attenzione. Eppure aiutare la persona ad avere una idea unitaria di se stessa, affiancandola nel fare collegamenti tra l’aspetto oggettivo medico e quello soggettivo percettivo, può essere molto utile per agevolare il processo di adattamento della persona alla propria condizione, e migliorare l’integrazione delle conseguenze della malattia nella propria identità personale.

Psicologia dello sviluppo
Veniamo all’aspetto più conosciuto riguardo l’apporto della psicologia al mondo della minorazione visiva: mi riferisco agli studi ed alle applicazioni nel settore della psicologia dell’età evolutiva.
È ormai noto come vi siano numerose differenze tra le persone che sono nate con un deficit visivo o lo hanno acquisito nei primissimi anni di vita, e quelle che invece hanno iniziato il proprio sviluppo a partire da capacità percettive integre, e sono divenute cieche o ipovedenti nel corso della vita.
Il modo in cui la minorazione precoce della vista condiziona lo sviluppo psicologico è stato oggetto di ampio interesse negli ultimi decenni. Vi sono alcuni importanti studi che paragonano lo sviluppo dei bambini ciechi e di quelli ipovedenti, con bambini che non hanno problemi visivi.
Siamo in possesso anche di un test di sviluppo, standardizzato sulla popolazione italiana, specificamente pensato per bambini non vedenti ed ipovedenti dal primo al sesto anno di vita.
Attraverso varie ricerche, ormai si è giunti alla conclusione che la minorazione visiva dalla nascita determina un ritardo del raggiungimento delle tappe dello sviluppo rispetto alla popolazione normale, con un massimo picco nella seconda infanzia, con particolare riguardo allo sviluppo psicomotorio, all’età di esordio e agli aspetti pragmatici e contenutistici del linguaggio verbale, ai processi operativi e cognitivi, specie per le operazioni infralogiche.
Questa differenza tende a diminuire fino ad annullarsi nell’età adolescenziale, con il raggiungimento della fase delle operazioni formali e del consolidamento del pensiero astratto. Ma ciò di solito non avviene in modo automatico. Il bambino con problemi di vista dalla nascita va incoraggiato a contrastare l’inibizione esploratoria, che si manifesta con una certa ritrosia nell’esplorazione grossomotoria e motoria fine, in una tendenza alla chiusura relazionale, ed in una difficoltà a comprendere l’aspetto significativo implicito del comportamento umano e a reagire ad esso in modo interattivo. Tutto questo può condurre ad una scarsità di esperienze concrete ed interpersonali significative, condizione che può essere alla base di una serie di problemi dello sviluppo, secondari alla minorazione visiva.
Dunque, nei periodi in cui si possono riscontrare dei ritardi transitori, è necessario intervenire con appropriate azioni educative e abilitative, affinché tale situazione non possa originare delle problematiche più serie e stabili.
Esiste una ambiguità ed una oggettiva difficoltà diagnostica, qualora al deficit visivo siano associate altre patologie fisiche, oppure vi siano altri disturbi dello sviluppo. La difficoltà può essere data dal fatto che alcuni dei più diffusi disturbi ad esordio infantile, attualmente vengono diagnosticati attraverso procedure che prevedono l’utilizzo della vista da parte del bambino.
La ricerca diagnostica non ha ancora prodotto batterie di test standardizzati per la diagnosi degli altri disturbi, che pure vi possono essere nei bambini ciechi o ipovedenti o con pluriminorazione. La necessaria modificazione delle procedure diagnostiche e valutative per poter accertare l’esistenza di questi disturbi anche nei bambini ciechi o ipovedenti, diminuisce la quantità di strumenti standardizzati a disposizione dello psicologo e del neuropsichiatra infantile.
Non potendo utilizzarsi tutti i test ed i protocolli comunemente conosciuti per valutare l’esistenza di disturbi quali il ritardo mentale, i disturbi pervasivi dello sviluppo, i disturbi specifici dell’apprendimento, si debbono attuare procedure osservative modificate, basate essenzialmente sull’osservazione clinica. Questo determina la necessità di una specifica preparazione ed esperienza, cosa che riduce enormemente la quantità di professionisti sul territorio in grado di svolgere questo tipo di servizio. Attualmente ciò rappresenta un aspetto problematico, una frontiera sulla quale pochi sono gli investimenti fatti, sia per mettere in comune le conoscenze esistenti, che per creare strumenti con alta validità ed attendibilità, tali da costituire protocolli diagnostici facilmente riproducibili e con un alto grado di concordanza.

Lo psicologo ed i genitori
In età evolutiva la componente dei comportamenti e degli atteggiamenti dei genitori è uno dei fattori massimamente determinanti per molti aspetti che riguardano la vita mentale, il comportamento, l’attenzione, l’orientamento al compito, lo stato di tranquillità o ansia, il livello di autonomia del bambino. Dunque, molto del lavoro che può fare lo psicologo riguarda rendere più competenti i genitori nel comprendere e rispondere adeguatamente alle necessità del bimbo. Di solito questo compito è reso arduo a causa di due ordini di fattori:
1) Il bambino si comporta in maniera non sempre intuitivamente comprensibile, a causa della mancanza di alcuni segnali comunicativi che di solito automaticamente attivano comportamenti di cura o di interazione giocosa da parte degli adulti care giver.
2) Il genitore si trova a sperimentare stati mentali con forti connotazioni di ansia, impotenza, colpa, fallimento, collegati alle esperienze relative alla patologia del bimbo e alle vicissitudini mediche, tali per cui non è sempre pienamente in grado di comprendere i suoi comportamenti e fornire la necessaria base sicura alla crescita.
Lo psicologo assiste dunque i genitori nella comprensione dei bisogni e dei comportamenti del figlio e nell’elaborazione dei loro sentimenti riguardanti la minorazione visiva, per agevolare la realizzazione di una relazione sicura di attaccamento.
In tal modo attua anche una importante azione di prevenzione secondaria, perché diminuisce la probabilità di insorgenza di problematiche potenzialmente accentuate da fattori insiti nella relazione genitore-figlio. L’utilità di questo tipo di interventi è maggiore, tanto più precoce è l’intervento dello psicologo.
Una delle situazioni nelle quali il ruolo degli psicologi si è dimostrato assolutamente cruciale è quella della terapia intensiva neonatale (TIN). In questo contesto lo psicologo è utile per supportare i genitori nel far fronte a questa difficile situazione, alla separazione prolungata col bambino, alle cure mediche intensive cui il bimbo viene sottoposto, alle diagnosi, alle condizioni fisiche precarie spesso critiche in cui versa, ecc..
All’atto della dimissione dagli ospedali in Italia non è previsto un sistematico intervento interdisciplinare, che dovrebbe comprendere anche un sostegno psicologico nelle varie fasi di adattamento dei genitori alla diagnosi del bambino. L’intervento dello psicologo, che attualmente viene realizzato specialmente in Centri specializzati e meno sul territorio, prosegue con un sostegno ai genitori per aiutarli ad adattarsi nella relazione affettiva, assistiva ed educativa col bambino.

Relazioni familiari e psicoeducazione
Gli interventi definiti di psicoeducazione, hanno il fine di orientare il genitore e le altre figure educative a comprendere il comportamento del bambino nelle varie circostanze, e dare quindi degli strumenti di lettura più adeguati e normalizzanti, che consentono ai genitori stessi di adottare atteggiamenti educativi più opportuni.
La percezione di fragilità del bambino, o di precarietà e pericolosità dell’ambiente in cui quest’ultimo è inserito, può condurre il genitore ad avere comportamenti di iperprotezione, caratterizzati dall’aumento di tutti i comportamenti finalizzati alla assistenza, ed alla diminuzione di quelli che hanno come fine l’educazione, l’esplorazione ed il gioco comune. Un altro atteggiamento, apparentemente derivante da motivazioni opposte, è quello secondo il quale il genitore si comporta con il bambino come se quest’ultimo non avesse il problema visivo che pure possiede. In un certo senso, in questi casi, il genitore si comporta richiedendo implicitamente al bambino di ottenere dei risultati attraverso mezzi e procedure del tutto uguali a quelli che potrebbe avere una persona con una vista normale. Quasi come se avesse difficoltà a comprendere profondamente che, sebbene spesso si possono ottenere risultati analoghi a quelli degli altri, a volte debbono essere utilizzati mezzi, tempi e procedure comportamentali parzialmente diversi, perché diversa è la condizione di partenza.
Ma anche questa condizione di negazione, come quella sopra accennata di iperprotezione, si muove a partire da un sentimento profondo di paura dell’incapacità del bambino.
In molti casi, questo si manifesta in una certa tendenza ad evitare l’ansia che il genitore potrebbe provare tutte le volte che il bambino si accinge ad affrontare un compito, con le difficoltà tipiche di una persona che ha problemi di vista. Evitare questa situazione può significare sostituirsi al bambino, anticipandone i bisogni e trovando per lui tutte le soluzioni, oppure aspettandosi che il bimbo si comporti come se vedesse. Questo duplice atteggiamento educativo non mette in condizione il bambino di sperimentare, affinare e potenziare le proprie capacità, confermando quindi la paura originaria del genitore. Il ruolo dello psicologo è quello di aiutare il genitore a vivere in modo più sereno, informato e realistico il proprio rapporto con il bambino, riappropriandosi delle proprie funzioni genitoriali nei suoi aspetti emotivi, assistivi, ludici, normativi ed educativi in modo più equilibrato.

Relazioni familiari, giovani ed adulti
Chi si occupa di persone con disabilità dal punto di vista psicologico, sa che l’adolescenza è un momento nel quale la persona inizia a fare i conti con le problematiche riguardanti l’inclusione nella propria identità personale dei connotati soggettivi connessi alla disabilità visiva. Il conflitto tra la necessità dell’adolescente di conoscersi ed accettarsi come persona portatrice di caratteristiche particolari, e quella di confrontarsi e sentirsi parte di un gruppo di pari, caratterizza fortemente questo periodo del ciclo di vita della persona con disabilità. Contemporaneamente, diviene più forte la necessità di svincolarsi dalle abitudini assistenziali che, fino a qualche anno prima, erano state per il bambino fonte di protezione e sicurezza. Il bisogno di autonomia cresce, ma anche la capacità della persona di percepire i propri limiti. Lo psicologo ha quindi il ruolo di accompagnare l’adolescente verso una conoscenza realistica della sua disabilità in quanto tale, delle reazioni altrui, ma anche della possibilità di confrontarsi con i propri pari sul piano della cooperazione e non dell’agonismo, abbandonando quindi gli atteggiamenti derivanti dalla rinuncia, dalla vergogna o dalla sfida. Inoltre emergono i bisogni collegati alla crescita emotiva e sessuale, e quindi la necessità di confrontarsi con le insicurezze derivanti dalla propria immagine sociale, dalla necessità di adottare comportamenti di corteggiamento e sviluppo di tutte le dinamiche che riguardano il rapporto con l’eros, il proprio ed altrui corpo, la gestione e comunicazione dei sentimenti, ecc..
Sebbene inserita in un contesto del tutto diverso, la paura dell’incapacità può essere un sentimento riscontrabile anche nelle relazioni familiari con adulti disabili della vista. Ciò si può declinare in un atteggiamento della persona ed anche di alcuni suoi familiari, di negazione delle difficoltà direttamente connesse al deficit visivo, di disinteresse verso l’acquisizione di abilità più appropriate alla situazione, insieme al rifiuto di dotarsi di strumenti ed ausili specifici come quelli alla lettoscrittura ed alla mobilità autonoma.
Il ruolo dello psicologo, specie se ben informato sull’esistenza di opportunità riabilitative e mezzi idonei all’autonomia, è quello di sostenere la persona nel cambiamento interiore, concomitante con l’acquisizione di nuove abilità, anche attraverso lo sviluppo di nuove risorse. In molti casi questo significa anche lavorare per consentire alla persona la possibilità di mostrarsi socialmente secondo una nuova immagine, giacché la massima parte dei comportamenti, degli strumenti e degli ausili per le persone con disabilità visiva, sono visibili agli altri.
La dimensione della vergogna e spesso del segreto, sono tematiche ricorrenti con le quali lo psicologo in un contesto di psicoterapia individuale può aiutare la persona a confrontarsi, nell’intento di raggiungere un nuovo adattamento ed una migliore qualità della vita.
Con le dovute differenze, a volte si possono riscontrare situazioni familiari nelle quali la persona adulta, specialmente quando è divenuta cieca o ipovedente dopo la costituzione della famiglia, viene trattata secondo un assunto implicito di inabilità emotiva e familiare. Non è raro, per lo psicologo che si occupa di persone non vedenti o ipovedenti adulte, riscontrare situazioni di coppia o di famiglia, in cui la persona si trova esclusa anche da ruoli e responsabilità che pure potrebbe continuare a mantenere, nonostante la sopravvenuta disabilità della vista.
Quando si è verificato un cambiamento o una interruzione nel lavoro, la persona deve affrontare un ulteriore problema, giacché le mansioni lavorative concorrono a formare l’identità personale e sociale di ogni individuo. In questo senso, è compito dello psicologo aiutare la persona a traghettare nel cambiamento, con l’accortezza di preservare e valorizzare tutte le abilità e le qualità che aveva acquisito in passato. Inoltre, occuparsi dei figli, pianificare le vacanze, preoccuparsi della casa, concorrere alle decisioni, essere di aiuto e non soltanto essere aiutato, sono esperienze di vita che possono essere restituite alla persona, nell’ambito di una normalità dell’equilibrio familiare. Per conseguire questo obiettivo lo psicologo clinico deve aiutare la persona innanzi tutto a comprendere quali sono le dinamiche con le quali la famiglia ha reagito alla disabilità. Il secondo passo consiste nell’aiutare la persona a “disinnescare“ gli atteggiamenti sostitutivi degli altri familiari, riappropriandosi di quei ruoli che una volta gli competevano, restituendo a ciascuno il proprio, in un equilibrio migliore.

Le competenze sociali e di comunicazione interpersonale
Il problema dell’ambiguità e della comprensibilità sociale è tipica specialmente della condizione della persona con ipovisione. Infatti, sebbene la maggior parte delle situazioni visive non possa essere ricondotta agli stereotipi più conosciuti del cieco assoluto, quest’ultima condizione sembra essere più comprensibile ed accettata.
Di fatto, assistiamo sovente ad un misconoscimento e ad una percezione sociale non adeguata della persona con ipovisione, anche per una difficoltà insita in questa situazione, di dare una immagine univoca e stabile della capacità e delle necessità della persona.
Le condizioni ambientali e di contesto creano una varietà enorme di differenze nei comportamenti e nelle necessità della persona ipovedente, spesso anche solo con il mutare delle ore del giorno, degli ambienti, o di molte altre variabili. Tutto questo insieme di fattori concorrenti non sono automaticamente compresi dalle persone che hanno a che fare con i disabili della vista.
Di qui, una grande probabilità di sperimentare per costoro esperienze di fallimento empatico, ad esempio di scarso aiuto in situazione di bisogno, oppure di un atteggiamento protettivo e negazione delle proprie capacità in situazioni in cui la persona sperimenta di essere in grado di fare da sé.
Il rischio è che la persona, per limitare le probabilità di deludere le aspettative e non sentirsi accettata nei suoi comportamenti spontanei, scelga di avere una immagine sociale sempre bisognosa, oppure sempre adeguata. Lo psicologo psicoterapeuta individuale può facilitare la persona nella comprensione di questi meccanismi di incomprensione interpersonale, aiutandola a trovare il modo migliore per affrontare le varie situazioni, per aumentare la propria libertà nel relazionarsi con gli altri.
Per conseguire questo tipo di obiettivi, sono molto utili anche gli interventi di gruppo, perché questo può essere un contesto ottimale nel quale le persone possono sviluppare la capacità di analizzare gli atteggiamenti sociali propri ed altrui e affinare le competenze sociali legate allo stare in un gruppo.
Questo tipo di situazioni consentono anche di avvalersi delle funzioni di sostegno e confronto reciproco, messa in comune delle risorse e normalizzazione della propria condizione, che sono effetti benefici tipici degli interventi di gruppo.
In questo senso sono molto indicati i training psico-sociali, che appunto mirano all’acquisizione di strumenti specifici per aumentare le competenze di interazione e di comunicazione interpersonale.
In particolare, le ricerche dimostrano che vi è una certa tendenza ad avere atteggiamenti, a volte anche alternanti, basati sulla passività o sulla aggressività. Di conseguenza appaiono utili gli interventi mirati all’aumento della assertività, la capacità di ascolto reciproco, la capacità di descriversi/proporsi in modo efficace, ponendo le condizioni interpersonali per una relazione con l’altro di tipo paritetico, quindi non basata né sulla dipendenza né sulla sfida.
Da questa incursione non certo esaustiva nei vari ambiti di pertinenza della psicologia emerge che vari sono i vantaggi per la persona con deficit visivo, derivanti dall’uso di servizi psicologici competenti ed adeguati nei vari momenti della vita. Tutti gli strumenti di comunicazione e divulgazione scientifica sono utili per far comprendere alle persone che la attivazione mirata e ragionata dei servizi qui descritti, non è necessariamente segno di patologia anzi, a volte, cercare lo strumento giusto al momento adeguato, può essere segno di una buona capacità della persona di prendersi cura di se stessa. Ma è importante non dimenticare che lo psicologo non può operare nell’isolamento, e la sua attività può essere maggiormente utile, se concepita in un contesto interdisciplinare, inserita nel più generale ambito delle azioni rivolte alla cura della persona ed alla prevenzione del disagio in situazioni critiche.

Dott.ssa Maria Luisa Gargiulo

Psicologa Psicoterapeuta, opera a Roma ed in tutta Italia nel settore della psicologia clinica e nel campo della minorazione visiva. In questo ambito è autrice di numerose pubblicazioni.
e-mail info@marialuisagargiulo.it
www.marialuisagargiulo.it

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Il saluto del nuovo Presidente, di Mario Barbuto

Autore: Mario Barbuto

Care amiche e cari amici,

mi rivolgo a voi per la prima volta nel ruolo di presidente nazionale della nostra amata Unione.
Un ruolo che mi onora oltre ogni immaginazione e che pone dinanzi a me, sopra di me, il senso della responsabilità, dell’urgenza, del dovere.
Sabato 15 marzo il nostro Consiglio Nazionale si è espresso con una maggioranza chiara nella elezione del nuovo presidente.
Devo e voglio ringraziare i consiglieri che mi hanno accordato la loro fiducia, ma desidero accomunare in un abbraccio anche quei quattordici componenti del Consiglio che si sono orientati su una opzione diversa.
Oso sperare di saper meritare con il tempo e con il lavoro anche il loro consenso.
Ancora una volta la nostra Unione ha saputo fronteggiare con serenità e chiarezza un altro passaggio difficile della propria storia, utilizzando gli strumenti previsti dallo statuto, in un contesto che ha consentito il libero confronto delle idee e la riaffermazione del principio di democrazia.
Così come tutti abbiamo convenuto nel corso di queste ultime tre settimane di confronto, conclusa la fase della elezione del presidente, da questo momento si guarda avanti e si cammina di nuovo insieme verso altri traguardi, pronti ad affrontare uniti gli ostacoli e le insidie che di certo non mancheranno.
Siccome i problemi sono tanti e il tempo, invece, davvero scarso, occorrerà concentrarsi soprattutto su alcune priorità assolute, cercando di fare bene le poche cose che si potranno fare nei prossimi diciotto mesi.

– Proteggere le conquiste normative raggiunte e puntare a nuovi obiettivi realistici.

– Tutelare le nostre strutture territoriali, cercando di metterle nelle migliori condizioni operative, ma premiando soprattutto i risultati del lavoro delle sezioni più attive.

– Assicurare risorse certe e continuative per svolgere al meglio i nostri servizi e salvaguardare l’esistenza stessa della nostra organizzazione.

– Preparare il XXIII congresso promuovendo una vasta partecipazione dei soci su tutto il territorio, mediante un confronto di idee e di proposte che consenta l’avvio di una stagione di riforma della nostra struttura per adeguarne regole e strumenti all’incalzare dei tempi.

Siamo appena entrati nel periodo delle assemblee sezionali che rappresentano la ricchezza più autentica della nostra Unione.
Approfittiamo delle assemblee per portare ai nostri soci e iscritti un messaggio di speranza e di fiducia, sottolineando tuttavia che i traguardi raggiunti si difendono con il lavoro di tutti e che i nuovi obiettivi si conquistano solo con una partecipazione ampia e unitaria.
Dal nuovo presidente nazionale soltanto due semplici parole di augurio rivolte a tutti e con affetto:
“buon lavoro!”.

Mario Barbuto
Presidente Nazionale

15 marzo 2014:Elezioni del Presidente Nazionale dell’UICI. Documento Programmatico, di Giuseppe Terranova

Autore: Giuseppe Terranova

Le dimissioni del nostro caro ed amato Tommaso Daniele ci inducono ad eleggere un nuovo Presidente.

Le votazioni avranno luogo nell’ambito della riunione del Consiglio Nazionale, convocato il 15 marzo 2014, a Roma, presso l’Hotel Holiday Inn – Parco dei Medici.

Com’è noto ci sarà la mia candidatura anche come espressione di un nutrito gruppo di amici, dirigenti e non.

Tale candidatura era nelle cose, scaturendo dalla mia posizione di Vicepresidente Nazionale e poi di Presidente f.f.

Infatti ho avvertito subito che è stata accolta con grande naturalezza e percepita come la normale prosecuzione del programma generato dalle mozioni del XXII Congresso e da una coerente ed operosa  attività, svolta dai Dirigenti e dalla maggioranza guidata dal Presidente Daniele e dai Dirigenti eletti nello stesso Congresso.

Pertanto, quando mi si chiede quale sia il mio programma, rispondo, credo altrettanto coerentemente, che è quello consegnatoci dall’ultimo Congresso e da Tommaso Daniele, al quale vanno testimoniate profonda gratitudine ed immensa stima, da parte dei non vedenti e degli ipovedenti italiani per gli importanti benefici conquistati in favore dell’intera categoria e per lo spirito di sacrifici con cui ha sostenuto il pesante onere della Presidenza Nazionale dell’ Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.

Il mio compito è quello di completare il lavoro in corso, unitamente alla maggioranza congressuale, nonostante qualcuno di tale compagine, chissà per quale sbandata, abbia deciso di fare  un’inversione a U, quando si era in prossimità del traguardo, “fatti sua” si dice a Roma…!!!

Mentre ero impegnato a svolgere la complessa ed onerosa attività legata alle funzioni affidatemi dallo statuto, ho dedicato un po’ di attenzione ai documenti che circolavano sulle candidature e devo  confessare che sono rimasto deluso, trovandoli alquanto generici e talvolta anche contraddittori con il ruolo associativo svolto dagli autori in precedenza.

A nessuno sfugge che siamo ad un anno e qualche mese dal XXIII Congresso; che si è appena formato un Governo sostenuto da una maggioranza suscettibile di ulteriori definizioni; che all’orizzonte  ci sono le elezioni europee, il cui esito potrebbe influenzare la politica interna, tanto da far prefigurare nuove elezioni ed infine che dovrà esserci l’elezione del nuovo Capo dello Stato.

Si tratta di eventi che imporranno al Governo e al Parlamento una condotta zigzagante e di poca disponibilità verso i nostri problemi.

Pertanto, onestà intellettuale e senso di concreto realismo mi impongono di non promettere cose impossibili e casomai di promettere un po’ meno di ciò che appare realizzabile.

Del resto, la serietà di tale comportamento è riscontrabile nella mia storia di:

a) Dirigente provinciale, regionale e nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti;

b) Consigliere comunale, vicepresidente del consiglio e più volte assessore del comune di Messina (1990 – 2003)

c )Vicepresidente dell’Asl n° 42 Messina Sud (1982-1990) con giurisdizione su tutti i comuni ricadenti nel territorio Messina-Taormina, comprendente, tra le altre strutture amministrative e sanitarie,  l’ospedale “Piemonte” con 1224 unità lavorative ed un budget di 107 miliardi annui;

d) Assistente universitario presso la cattedra di diritto tributario e Professore incaricato di Diritto Processuale Tributario, presso la Facoltà di Economia dell’Università degli Studi di Messina;

e) Preside dell’Istituto professionale per ciechi “Ardizzone Gioeni” di Catania;

f) Presidente del Conservatorio musicale statale “A. Corelli” di Messina;

g) Presidente del Centro Regionale “Helen Keller” di Messina.

A tal proposito, mi preme sottolineare che il Centro Regionale Helen Keller è un modello unico in Italia di Polo integrato per i servizi riabilitativi per l’autonomia e la mobilità dei ciechi e degli ipovedenti; inoltre, l’annessa scuola cani  guida, fa parte della Federazione Internazionale delle Scuole Cani Guida per Ciechi; iscrizione avvenuta dopo la certificazione redatta da ispettori inviati dall’Organismo Internazionale, che hanno evidenziato gli alti standard qualitativi e professionali raggiunti dal Centro di Messina.

Alla menzione di tali elementi, riscontrabili nel mio curriculum, sinteticamente sopra rappresentato, vengo indotto dalla richiesta di alcuni amici affettuosi, trattandosi di una competizione importante  nella quale è giusto e doveroso offrire un profilo personale e professionale.

Chi mi conosce sa che ciò contrasta con la mia vocazione alla riservatezza e confesso che quando devo superarla, come in questo caso, la cosa mi procura disagio.

Venendo ora alle promesse che mi sento di assumere, ritengo che ciò che l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e la nostra categoria possono aspettarsi da me, sono:

  • fedeltà      incondizionata verso la nostra gloriosa e storica associazione, al suo      statuto e al suo regolamento;
  • rispetto      di tutti gli organi associativi, delle funzioni e delle autonomie      provinciali e regionali, nonché delle funzioni degli enti collegati alla      nostra Organizzazione;
  • impegno per la conservazione e il ripristino dei contributi      all’U.I.C.I. e agli Enti ad essa collegati, per continuare a garantire la      qualità ed il livello dei servizi finora erogati;
  • difesa      ed adeguamento delle indennità di accompagnamento ai ciechi civili, della      indennità speciale agli ipovedenti e delle indennità ai ciechi      pluriminorati;
  • tutela dei diritti e di tutti i benefici acquisiti,  promuovendo l’approvazione di un Testo Unico delle norme in materia, per  la necessaria semplificazione delle procedure e l’eliminazione delle tante  incongruenze e contraddizioni;
  • rafforzare il radicamento territoriale dell’Unione,      intervenendo soprattutto in favore delle tante strutture periferiche in      difficoltà, con risorse economiche provenienti da eventuali iniziative di      autofinanziamento o dall’auspicata concessione di una lotteria nazionale,      la cui pratica è in avanzata fase istruttoria, presso la competente      amministrazione dei monopoli di Stato;
  • consolidare e sviluppare programmi in materia di      autofinanziamento e di progettazione europea, anche per importanti      iniziative sul territorio, in attesa di creare uno staff di      tecnici ed esperti in materia;
  • promuovere      in positivo l’immagine del non vedente e dell’ipovedente, necessariamente      evidenziandone bisogni e difficoltà, ma esaltandone parimenti capacità e      potenzialità.
  •  impegno per la riproposizione delle iniziative volte a migliorare i meccanismi di      assegnazione dei volontari del servizio civile, ivi compreso quello di   prevedere una dotazione minima a ciascuna sezione provinciale;
  • impegno  ad ottenere entro l’attuale legislatura la riforma della legge 113/85 con   la proposta di legge 1779, di cui abbiamo ottenuto la calendarizzazione in  commissione per la prossima settimana ( 10-15 marzo 2014);
  •  impegno ad ottenere l’approvazione della legge riguardante la nuova figura      professionale dell’operatore del benessere in sostituzione della figura di      massofisioterapista;
  • incentivare  l’accesso dei ciechi alle libere professioni e ai pubblici concorsi,      affidando all’I.Ri.Fo.R. percorsi e forme di supporto e sostegno anche a      carattere individuale;
  • impegno   a migliorare i servizi scolastici, destinati agli alunni non vedenti ed      ipovedenti, anche nell’ottica della propagandata riforma delle province,      nonché un deciso impulso, atto a risolvere i seri problemi connessi ai   registri scolastici, che tante difficoltà stanno creando ai nostri      docenti;
  • consolidare il processo di integrazione scolastica dei minorati della vista,      ricercando e sperimentando, nel contempo, speciali percorsi didattici ed      educativi per i ciechi pluriminorati;
  • chiedere  al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca di      migliorare la preparazione degli insegnanti di sostegno, dando maggiore      spazio all’apprendimento del braille;
  • ottenere, dallo stesso Ministero, per gli insegnanti curricolari, forme di      incentivazione per percorsi formativi mirati all’acquisizione di   competenze specialistiche, per meglio accogliere ed integrare nelle loro classi gli alunni con disabilità;
  • riprendere,  con rinnovato vigore, la battaglia per la istituzione sul territorio, con      criteri di massima vicinanza possibile agli utenti, dei centri di risorse,      consulenza e sostegno per l’integrazione scolastica dei minorati sensoriali.
  • incoraggiare  le iniziative volte a potenziare le attività sportive, del tempo libero e  le iniziative utili a sostenere i diritti umani, soprattutto i diritti di  libertà, di autonomia e di mobilità delle persone non vedenti ed  ipovedenti;
  • impegno per ampliare le prospettive lavorative dei giovani non vedenti ed      ipovedenti con nuove professionalità, come ad esempio quella del perito      fonico.

Al riguardo va menzionato l’importante lavoro svolto dall’I.Ri.Fo.R. su indicazione dell’U.I.C.I., conclusosi con un corso sperimentale e la redazione del volume dal titolo “Linguistica forense”.

Il libro sarà presentato, a cura dell’U.I.C.I. e dell’ I.Ri.Fo.R., il 3 aprile p.v. a Roma, dal Gip Gaspare Sturzo, dal Prof. Avv. Francesco Sandulli e dal giornalista Rai Pietro Pasquetti, vicedirettore della TGR.

All’evento saranno presenti il Presidente del Senato, Pietro Grasso, e numerosi parlamentari, amici dell’U.I.C.I.

Non sfugge che la circostanza sarà utilizzata per continuare l’opera di sensibilizzazione sui nostri problemi e sulla funzione dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e degli enti ad essa collegati.

Infine e non perché le considero ultime, saranno da me attenzionate, con impegno particolare, le problematiche riguardanti i ciechi pluriminorati, gli anziani, le donne e i giovani.

In merito a tali problematiche, proseguendo l’azione del Presidente Daniele, unitamente alla Direzione ed al Consiglio Nazionali, ho dato già significativi e concreti segnali.

UNA RISPOSTA DOVUTA, di Mario Barbuto

Autore: Mario Barbuto

Gentile signora Immacolata,

la sua lettera aperta è stata per me motivo di riflessione e quindi la ringrazio di averla scritta e inviata.

Alla lista delle cose che non fanno un buon Presidente, aggiungerei che:

la giovane età, non fa un buon Presidente.

L’amore di polemica, non fa un buon Presidente.

La critica sterile, non fa un buon Presidente.

Quando lei afferma che “l’Unione è “un mero passatempo per pensionati”, temo faccia torto alla sua intelligenza, dimenticando il lavoro di centinaia e centinaia di soci e dirigenti che si adoperano con dedizione sul territorio, tutti i giorni, in ogni parte d’Italia, spesso senza nemmeno percepire il rimborso delle spese vive.

Quando lei afferma: “sono almeno quindici anni che questa Unione campa di rendita”, ho l’impressione che trascuri di ricordare le tante leggi di tutela approvate; la difesa di una indennità di accompagnamento sempre minacciata; i traguardi raggiunti, nonostante tutto, nei campi dell’istruzione, del lavoro, dell’accessibilità, della mobilità; insomma nella quotidiana riaffermazione della nostra dignità di persone e di cittadini.

Quando scrive che “lo statuto sociale è uno scudo dietro cui vogliamo rifugiarci” credo non tenga nel debito conto che esso costituisce la nostra carta fondamentale, l’insieme delle regole che tengono unita la nostra grande famiglia, che assicurano alla nostra associazione una vita regolata da princìpi democratici e garantiscono a ciascun socio la certezza e la tutela dei propri diritti.

Insieme a Nicola Stilla, da mesi abbiamo dato corso a un processo che sta portando alla definizione di un programma unitario e largamente condiviso dalla base associativa che il Presidente e gli altri organi dirigenti avranno il compito e l’onere di attuare, con le modalità e i tempi più consoni e più giusti.

Nella presente situazione, dinanzi alle forzate dimissioni anticipate del Presidente Tommaso Daniele, al quale vanno il mio augurio più fervido e il mio affetto più sincero, dovendo eleggere il nuovo Presidente come prevede lo statuto, abbiamo fornito un primo, significativo esempio del nostro stile e della nostra idea di associazione, ben lontano da qualsiasi mania di protagonismo personale.

Nonostante i tempi ristretti, abbiamo aperto una riflessione condivisa con tanti dirigenti e soci, senza dare nulla per scontato e senza calare candidature dall’alto.

Tutti insieme abbiamo scelto una candidatura comune e condivisa, frutto di una riflessione a 360 gradi sullo stato attuale della nostra Unione, nella convinzione e nella speranza di agire per il meglio, a salvaguardia degli interessi reali dei ciechi e degli ipovedenti italiani.

Altri candidati, al contrario, si sono regolati diversamente, secondo uno stile a senso unico, dall’alto verso il basso; secondo una specie di presunzione di diritto naturale alla successione, che ovviamente rispettiamo, ma che non condividiamo.

Noi lavoriamo per una collegialità nelle scelte e nella gestione, proprio a cominciare dal Presidente. e dagli organi nazionali di vertice.

Noi saremo conservatori nei valori, progressivi negli obiettivi, moderni nei metodi e tecnologici negli strumenti.

Noi rafforzeremo la presenza dell’Unione sul territorio, offrendo il massimo sostegno alle sezioni provinciali e ai consigli regionali.

Noi difenderemo l’unità associativa; intransigenti verto i demolitori, ma disponibili e pronti al dialogo e al confronto con tutte le persone di buona volontà.

Noi terremo sempre spalancate le nostre porte alle idee di tutti, per farne una sintesi dove ciascuno si possa ritrovare e sentire rappresentato; per trasformarle in una forza propulsiva capace di aggiungere nuove e luminose pagine alla storia dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.

Si unisca anche lei con fiducia a questa grande forza associativa, cara signora Immacolata!

Le assicuro che sarà un’avventura affascinante, insieme a tutti noi, nell’Unione, dove potrà trovare la risposta più convincente ai suoi legittimi interrogativi. Potrà anzi lavorare lei stessa, accanto agli altri, per costruire quella risposta con le sue proprie mani.

 

ELEZIONE DEL PRESIDENTE NAZIONALE: LE RAGIONI DI UNA SCELTA, DI NICOLA STILLA E MARIO BARBUTO

Autore: Nicola Stilla-Mario Barbuto

A conclusione di un sereno e approfondito confronto sulla situazione

attuale dell’Unione, Nicola Stilla e Mario Barbuto hanno sintetizzato

una proposta unitaria e sono pervenuti alla formulazione di un

candidato comune e condiviso per la prossima elezione del Presidente

Nazionale che verrà effettuata tra qualche giorno dal

Consiglio Nazionale in convocazione d’urgenza.

Le ragioni di questa scelta sono illustrate nel documento comune

allegato alla presente.

Si rivolge un caldo invito ai Consiglieri Nazionali a sostenere tale

scelta, aderendo alla proposta unitaria formulata nel documento.

Si invitano altresì tutti i dirigenti sezionali e regionali a voler

dare il proprio convinto sostegno alla proposta.

Confidando in una ampia adesione e in un positivo risultato

dell’iniziativa,

Nicola Stilla – Mario Barbuto ringraziano per l’attenzione e per la considerazione.

ELEZIONE DEL PRESIDENTE NAZIONALE

LE RAGIONI DI UNA SCELTA

     Le dimissioni forzate e inattese del Presidente Tommaso Daniele hanno causato una accelerazione di quel processo di ricambio e di rinnovamento da intraprendere a partire dall’appuntamento congressuale del prossimo anno.

Mario Barbuto e Nicola Stilla, entrambi disponibili a candidarsi in congresso, da alcuni mesi hanno intrapreso un percorso comune e condiviso di elaborazione di un programma e di individuazione di un metodo per giungere alla designazione di una candidatura unitaria alla carica di presidente nazionale.

Questo percorso continuerà con le modalità e con i tempi necessari già ipotizzati, intendendo promuovere e favorire numerosi momenti di confronto, con una vasta partecipazione di tutta la dirigenza e della parte più attiva della base associativa.

L’accelerazione odierna, tuttavia, ci pone dinanzi alla responsabilità di formulare una proposta immediata e unitaria per l’elezione di un presidente che possa completare il mandato in corso e preparare il prossimo congresso in un clima di concordia, di tutela e di collaborazione che coinvolga tutti.

L’Unione deve essere guidata, soprattutto in questo frangente difficile; deve essere pronta ora ad affrontare le nuove e più ardue sfide poste tra l’altro dalle prossime leggi finanziarie 2014 e 2015, oltre che dal processo di riforma politica ed economica che riguarderà l’intero paese e che non può trovare il nostro sodalizio in posizione di attesa o di retroguardia.

Per queste considerazioni fondamentali e per mille altre ragioni, occorre eleggere già ora, una persona che sappia guardare all’oggi con la massima attenzione e contemporaneamente possa preparare quel domani associativo ritenuto ormai unanimemente indilazionabile per il futuro stesso della nostra Unione.

La persona che in questo momento può rappresentare più di ogni altra questo spirito e possiede i requisiti adeguati ad assumere oggi il ruolo e compito di Presidente Nazionale è Mario Barbuto.

Egli infatti, è in grado di rappresentare a pieno l’unità dell’associazione, da nord a sud; di interpretare il delicato momento tra innovazione e continuità; di ricoprire la carica con la dovuta prudenza e il necessario coraggio.

Mario Barbuto possiede un grado elevato di esperienza professionale, tecnica, politica, associativa e manageriale.

Ha operato per molti anni con efficacia e con successo a tutti i livelli dirigenziali della nostra struttura associativa, sul piano provinciale, regionale e nazionale;

Ha ottenuto nel 2010 circa un terzo dei consensi del Congresso nella elezione a Presidente Nazionale.

Qualsiasi eventuale tentativo di strumentalizzare a fine denigratorio alcuni episodi della nostra vita associativa recente, denota soltanto la miseria morale e la scorrettezza personale di chi intenda porlo in atto, poiché tali episodi sono relativi a una somma di errori compiuti da molti, fatta salva comunque la buona fede di tutti noi.

Invitiamo pertanto tutti i colleghi consiglieri nazionali a voler accordare il proprio voto a Mario Barbuto, fiduciosi di compiere la scelta più utile, più fruttuosa e più giusta, per consolidare un presente di unità e costruire un futuro di successo dell’Unione, per la miglior tutela dei ciechi e degli ipovedenti italiani.

Domenica 2 marzo 2014

Nicola Stilla-Mario Barbuto

 

Una bussola per orientarsi, di Katia Caravello

Autore: Katia Caravello

Rubrica per genitori.

“Spesso mi è stato chiesto di descrivere l’esperienza di avere un bambino con una disabilità, di provare ad aiutare persone che non hanno condiviso questa esperienza, a capirla, a immaginare cosa si prova. E così…

Quando stai per avere un bambino, è come programmare un favoloso viaggio in Italia. Compri  una guida sull’Italia e fai dei meravigliosi progetti. Il Colosseo. Il David di Michelangelo. Le  gondole a Venezia. Cominci ad imparare alcune frasi in italiano. Tutto è molto eccitante. Dopo qualche mese di sogni anticipati, il giorno finalmente arriva. Fai le valigie e parti. Alcune ore più tardi, l’aereo comincia ad atterrare. Lo steward entra e dice: “Benvenuti in  Olanda”. “In Olanda?” domandi. “Cosa significa Olanda? Io ho comprato un biglietto per l’Italia! Io  credevo di essere arrivata in Italia!”. “C’è stato un cambiamento nel piano di volo. Abbiamo optato per l’Olanda e qui devi stare”. La cosa importante non è che non ti abbiano portata in un orribile, disgustoso posto pieno di  pestilenza, carestia e malattia. È solo un posto diverso. Così devi andare a comprare una nuova guida. E devi imparare alcune frasi in una nuova  lingua. E incontrerai nuovi gruppi di persone che non avresti altrimenti incontrato. È solo un  luogo diverso. È più calmo e pacifico dell’Italia, meno abbagliante dell’Italia. Ma dopo che sei lì da un po’, prendi confidenza, ti guardi intorno e cominci ad imparare che  l’Olanda ha i mulini a vento e l’Olanda ha i tulipani e l’Olanda ha Rembrandt. Però tutti quelli che conosci sono occupati ad andare e venire dall’Italia e ognuno si vanta di  quale meraviglioso periodo ha trascorso là. E per il resto della tua vita tu dirai: ”Sì, quello era il  luogo dove avevo progettato di andare. È ciò che avevo programmato. E la pena di tutto ciò non  se ne andrà mai, mai, mai, mai, perché la perdita dei propri sogni è una perdita molto  significativa. Ma se passerai la vita a piangerti addosso per il fatto che non sei andato in Italia, non sarai  mai libero di godere delle cose molto, molto speciali e molto amabili dell’Olanda.”

(Benvenuti in Olanda di Emily Peri Kingsley)

Le parole qui sopra riportate, scritte dalla mamma di un bambino down, descrivono molto bene il  senso di smarrimento sperimentato da quelle donne e quegli uomini che diventano genitori di un figlio con un deficit fisico e/o sensoriale o che comunque si trovano catapultati improvvisamente nel paese della disabilità. Un paese sconosciuto, dove non sanno quali siano gli usi ed i costumi, un paese di cui non conoscono la lingua, i luoghi, le persone. Tutti i sogni e le aspettative circa il futuro del proprio figlio o figlia si frantumano, lasciando il posto alle macerie e nulla di bello e positivo sembra possa più accadere. Si sentono soli, non sanno dove andare e a chi chiedere aiuto e sentono che al mondo non esiste nessuno  che vive un’esperienza difficile come la loro: non è possibile pensare che nel luogo in cui si è arrivati  inspiegabilmente ed imprevedibilmente si possano vivere momenti di gioia, è impossibile immaginare che da un’esperienza così dolorosa possa nascere qualcosa di positivo, non si può credere che il proprio figlio o figlia potrà dare immense soddisfazioni. Ma per arrivare a questo punto, per riuscire a superare il lutto per la perdita dei  propri sogni, è necessario aver imparato la lingua del luogo dove si è arrivati,  sapersi orientare, aver familiarizzato con i suoi usi e costumi, aver iniziato a conoscerne la storia equipaggiandosi con vocabolari, mappe stradali e guide turistiche. Quante domande affollano la mente dei genitori dei bambini e dei ragazzi ciechi e ipovedenti:  “come educare un figlio con un deficit visivo?”, “come potrò aiutarlo ad essere attore nella propria vita?”, “come potrò aiutarlo a farsi degli amici?”, “che lavoro potrà mai fare?”. Questi sono solo alcuni dei quesiti che le madri e i padri dei bambini e dei ragazzi con  disabilità visiva si pongono quotidianamente.

E’ per venire incontro a questo bisogno di una guida, di una bussola per orientarsi, che l’U.I.C.I. ha istituito nel 2011 il gruppo di lavoro per il Sostegno Psicologico ai Genitori dei ragazzi ciechi e ipovedenti. Tale gruppo, composto da professionisti esperti in disabilità visiva, ha  aperto nel 2012 uno sportello telefonico, tutt’ora attivo, di cui si possono avere informazioni visitando il link sottostante: http://giornale.uici.it/sostegno-psicologico-ai-genitori-dei-ragazzi-ciechi-e-ipovedenti-di-katia-caravello/

Da oggi lo sportello telefonico sarà affiancato da  un altro strumento che auspichiamo possa essere d’aiuto a tutti quei genitori che sono alle prime armi in tema di cecità ed ipovisione ed hanno il desiderio e il bisogno di raccogliere informazioni: la rubrica “Una bussola per orientarsi”. La rubrica verrà pubblicata in queste pagine ogni due settimane e raccoglierà  contributi di varia natura: articoli tematici, interviste, descrizione di servizi e strutture alle quali ci si può rivolgere sull’intero territorio nazionale. Verranno trattati temi di varia natura: psicologica (genitorialità e figli con disabilità, affettività e sessualità, dinamiche familiari e rapporto con i fratelli, ecc.), medico/sanitario (opportunità terapeutiche e riabilitative), informativa (istruzione e formazione professionale, lavoro,  diritti dei ciechi e degli ipovedenti e dei loro genitori, ecc.). L’obiettivo sarà sempre quello di tentare di dare risposta almeno ad alcune delle numerose domande che i genitori di  bambini e ragazzi con disabilità visiva si pongono quotidianamente e che rappresentano, più ancora   dell’aspetto sanitario in senso stretto, una fonte di  preoccupazione. Al fine di essere il più rispondenti possibili alle reali esigenze, vi invitiamo a contattarci per farci delle domande, avanzare delle proposte o darci dei suggerimenti…nonché per  dirci cosa ne pensate della rubrica! Ogni contributo sarà per noi prezioso e ci permetterà di migliorare sempre di più il servizio  a beneficio di un sempre maggior numero di famiglie…vi esortiamo quindi a scriverci al seguente indirizzo: rubricagenitori@uiciechi.it

Katia Caravello

 

Strada facendo vedrai …, di Vanda Dignani

Autore: Vanda Dignani

Strada facendo vedrai … è questo il motivo con cui mi sono svegliata ed è questo il motivo che mi risuonerà nella mente per tutto il giorno.

È bello fermare il tempo che corre e che sembra portare via con sé pensieri, affetti e ricordi. Ma i ricordi non passano così in fretta ed anzi il loro riapparire nella mente riaccende la voglia di esserci, di fare e di afferrare ciò che passa in fretta e che pure sembra risvegliare nell’anima tutta una serie di sentimenti e di affetti che il tempo non può distruggere e portare con sé.

È avvolta in questo pensiero che tutto dentro di me si rianima e mi spinge a fermare gli attimi più belli, il passato rivive e si rinfresca ed io mi sento nuovamente piena di speranze e di voglia di vivere e di fare.

Qualcuno vedendo in me un’espressione pensosa forse un po’ triste, mi spinge a scuotermi, a ritornare me stessa e ad infondere in ciò che mi circonda quella  forza che ha caratterizzato il mio riscatto e che ha dato alla mia partecipazione convinta, una carica capace di ridonare alle azioni ed ai miei pensieri tutto un fermento meraviglioso che ha sempre spinto e spronato la mia voglia di fare. È opportuno ogni tanto ritornare con i sentimenti e con gli affetti a ciò che ha dato luce e significato alle mie azioni.

Rivivendo questi momenti, l’anima ritrova la sua vera essenza ed io non mi sento più né sola, né triste e ciò che provo invece è la voglia di ritrovare quella vitalità e quell’impegno che hanno sempre caratterizzato le mie azioni e la mia gioia nel riaccendere i momenti più belli che hanno costituito il sale della mia vita e che mi hanno aiutato a viverla interamente.

In ciò mi ha spronato una volontà ferrea e soprattutto la fede profonda in un’associazione fatta di principi di vita e di partecipazione, non c’è dubbio, è l’adesione convinta agli insegnamenti che l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti mi ha posto davanti a spingermi ed a non dimenticarli.

Questi principi e questa fede autentica in un avvenire che spalancava di fronte a me le sue porte sollecitandomi a trovare la forza di essere me stessa e di dare alla mia vita quel significato autentico che solo, la rende degna di essere vissuta.

È dunque all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti che io debbo dire grazie ed alla quale debbo donare la mia gratitudine più vera e più profonda.

Ho cercato nella mia vita di essere grata a questa meravigliosa associazione che ha aiutato me ed i ciechi italiani a riprendere in mano la forza di essere e la gioia di fare. Certamente anch’io ho cercato di dare all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti il mio impegno, la mia volontà, la mia fede ma certo è molto di più quello che ho ricevuto ed è molto di più quello che voglio conservare, non solo nei miei ricordi ma soprattutto nella mia voglia di partecipare e di dare ancora qualche cosa di importante all’Unione e ai ciechi italiani: la bellezza di una vita vissuta illuminata da una fede profonda.

Tante sono le cose che vorrei dire anche per dimostrare a me stessa ed agli altri che mi credono abbattuta e non più capace di infondere intorno a me quella luce meravigliosa che solo la fede in ciò in cui si crede, può  ridonare a noi stessi, la gioia di partecipare e di profondere intorno a noi la voglia e l’operosità che sono i segni più belli di quel riscatto che ha caratterizzato la nostra esistenza e che ha dato a noi un’identità ed una fede nel presente ed in un passato che non muore e che si pone come autentico alimento di vita e di speranza.

Oggi la nostra associazione sembra una nave senza nocchiero, ma non è possibile scordare quanto essa ci ha dato e quanto noi dobbiamo esserle grati. Purtroppo diverse disavventure l’hanno come privata del suo leader rendendola meno viva,  meno piena di speranze.

Sta a noi, a tutti noi non dimenticarci del suo passato glorioso e non perdere quella carica di fede e di riscatto che l’hanno caratterizzata e resa grande, grazie anche al presidente Daniele il quale purtroppo ha dovuto dimettersi per ragioni di salute ma a cui noi facciamo giungere il nostro affetto ed il nostro abbraccio.

Certo molte cose cambiano ma ciò che non può mutare è la gratitudine che proviamo e che proveremo per sempre ed è la soddisfazione di aver partecipato con lui nella costruzione di un futuro meraviglioso ed incancellabile.

Vanda Dignani

Caro Tommaso, soltanto un “Grazie!”, di Mario Barbuto

Autore: Mario Barbuto

Caro Tommaso,

ho letto e riletto tante volte la tua lettera di dimissioni. Me la sono girata e rigirata in testa per giorni, provando a immaginare il tuo stato d’animo mentre la scrivevi.

Sono certo che questa sarà stata la tua decisione più sofferta, la tua scelta più difficile, la tua sfida più grande.

Eppure di scelte, di sfide, di decisioni ne hai prese a migliaia nei tanti anni alla guida della nostra Unione.

Lasciare il timone della nave proprio quando era quasi in vista del porto dove l’avresti ormeggiata in acque sicure per l’ultima volta, prima di consegnarla alla persona designata a sostituirti, deve esserti costato una sofferenza enorme.

Eppure, ancora e sempre, hai voluto far prevalere su tutto, il tuo spirito di appartenenza alla nostra grande famiglia; il tuo senso del Dovere verso l’Associazione che hai amato e servito per tanto tempo.

Con parole semplici, con la cordialità e la stima che hanno sempre improntato i nostri dialoghi, lasciami soltanto dirti, forte e chiaro, dinanzi a tutti, GRAZIE!

Grazie per esserci stato sempre, in tutti questi anni.

Grazie per averci guidato; per aver portato le bandiere dell’Unione sempre più avanti, sempre più in alto, rincorrendo il tuo, e il nostro sogno di eguaglianza, emancipazione, dignità.

Di cuore, grazie, per avere mostrato a me personalmente la pratica dell’umiltà, rispettandomi quale tuo competitore, in un rapporto che hai preteso alla pari, quando invece avresti potuto giocare con me come il gatto che gioca col topo.

Grazie, infine, per la fiducia che hai voluto riporre in tutti noi, limitandoti semplicemente a sollecitare l’elezione del nuovo presidente, senza somministrarci soluzioni preconfezionate, nella certezza che i consiglieri  Nazionali sapranno scegliere la persona giusta con l’intelligenza, la saggezza e il coraggio che Tu ci hai sempre insegnato con la parola e con l’esempio.

Avevo sperato e creduto possibile il tuo ritorno, soprattutto dopo il nostro recentissimo colloquio, durante il quale mi pareva proprio di percepire una vera gioia nelle tue parole mentre mi raccontavi dei progressi verso la completa guarigione.

Adesso, purtroppo, so che non sarà.

So del compito immane che ci attende. Della nostra nuova responsabilità che deve renderci più uniti, più leali, più degni…

Per tanti anni sei stato per noi come un faro nella notte.

Ma proprio Tu ci hai spesso ricordato che non serve maledire il buio.

E noi, dunque, ora, come tante piccole fiaccole, troveremo la forza per rischiarare quel buio e continuare a illuminare il cammino dei ciechi e degli ipovedenti italiani verso nuovi traguardi di civiltà, con la tenacia e l’orgoglio che Tu ci hai sempre mostrato.

Certo di interpretare il sentimento di tutti, voglio aggiungere al tuo “arrivederci” una sola parola:

ARRIVEDERCI A PRESTO!

Le bandiere dell’Unione hanno ancora voglia di garrire nel vento.

E tu sarai presto, di nuovo in prima fila accanto a noi.

Un abbraccio fraterno.

Mario Barbuto