Autore: Anna Buccheri
La nostra è una
società “liquida”, sempre in evoluzione, molto diversa già da
quella di un passato recente come soltanto dieci anni fa. È una società che
costringe a continui adattamenti, che rende obsoleti apprendimenti dati, che
svuota di significato certezze e abitudini, che non riconosce più valori come
quello del rispetto e della cura per le persone anziane.
Un
tempo, ormai lontano, gli anziani incarnavano la saggezza, erano i depositari
di un sapere inteso nei termini di sapere di vita e non di sapere scolastico.
Gli anziani erano parte integrante della famiglia e nessuno pensava che fossero
un peso, sempre pronti a brontolare e a dispensare consigli non richiesti.
I progressi tecnologici hanno modificato gli stili di vita,
le informazioni viaggiano velocemente, i cambiamenti sono a volte repentini e,
se non si riesce a tenere il passo, si rischia di rimanere indietro, soli,
stanchi e “vecchi” nel senso di superati, appartenenti ad un’altra epoca, residuati,
ruderi.
La nostra è anche orgogliosamente e ostentatamente la
società della comunicazione e dell’inclusione,
ma in realtà esclusione, emarginazione
e marginalizzazione sono fenomeni in crescita, che colpiscono in modo
trasversale ampie fasce di popolazione, che non risparmiano nessun gruppo
sociale, che condannano a vite di scarto.
Da questo punto di vista la situazione degli anziani nella società di oggi è un tema di grande
attualità e riguarda una parte importante della popolazione. Passare da una
giornata organizzata in base ad una precisa ruotine, con al centro il lavoro,
ad una con molte ore libere può porre in uno stato di smarrimento che a lungo andare genera depressione. La persona anziana può trovarsi a trascorrere molto
tempo da sola. Nel migliore dei casi trova da sé la spinta a cercare occasioni
di socializzazione uscendo di casa, in altri invece, specialmente se ci sono problemi
di salute o di mobilità o una disabilità, potrebbe trovarsi costretta a
scegliere di rimanere nell’inattività.
L’aspettativa di
vita in Italia è salita e si prevede che crescerà ulteriormente. Una
persona che fino a dieci anni fa poteva essere considerata anziana, oggi può
vivere un pieno benessere sia fisico sia psichico ed essere inserita nella
realtà lavorativa quotidiana sia della propria comunità sia della propria
famiglia. Il termine anziano perde
quindi ogni connotazione negativa, non indicando più una categoria di persone
inattive, impossibilitate a contribuire al benessere della società.
Il modo migliore per arrivare alla cosiddetta “terza età” è
allora quello di mantenere uno stile di
vita sano, attivo, pieno di interessi e impegni sociali e culturali in un’ottica
di apprendimento lungo tutto l’arco della vita. Peraltro la terza età
costituisce un contenitore ricco di molte variabili che derivano da fattori
economici, dall’ambiente di vita, dalle esperienze lavorative e familiari, dalla
salute, dalla presenza di una disabilità congenita o acquisita.
È quindi indispensabile un approccio multidimensionale per
rispondere in modo adeguato ai bisogni tenendo conto delle specificità di
un’età che detta ritmi, tempi e necessità ulteriormente definiti dalla
disabilità visiva nello specifico.
Il Progetto “Terza età” IRIFOR che a Catania il Consiglio
Sezionale e in particolare la Presidente UICI Rita Puglisi e la Presidente
UNIVOC e Coordinatrice della Commissione Terza Età Carmen Romeo hanno scelto di
realizzare muove dall’assunto che sono assolutamente da valorizzare: le
relazioni nei contesti di vita, i saperi, le esperienze, le memorie, la capacità
di costruire rapporti intergenerazionali, gli interessi sociali e culturali, l’inclusione
sociale.
Il Progetto comprende tre tipi di attività: ginnastica
dolce, laboratorio di teatro, approccio alle nuove tecnologie (iPhone e
android).
Hanno aderito e partecipano con entusiasmo e
vivacità trenta Soci e Socie che anche in questa occasione possono contare sul
supporto dei volontari UNIVOC della Sezione di Catania, sempre presenti e generosamente
pronti a condividere tempo ed esperienze.