Seminario Donna come tutte le altre. Storie, problemi e prospettive di donne non vedenti Napoli, 20 gennaio 2017

Su proposta del comitato provinciale pari opportunità, la Sezione di Napoli dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti organizza per venerdì 20 gennaio 2017 nell’Aula Magna dell’Università degli Studi di Napoli “Parthenope” (via Acton n. 38, 80133, Napoli) il seminario “Donna come tutte le altre. Storie, problemi e prospettive di donne non vedenti. Nella progettualità di tempi di vita e tempi di lavoro.”
Il seminario che avrà inizio alle ore 09,00, ha lo scopo di avviare una riflessione sul ruolo della donna non vedente al confronto con sfide esistenzialmente rilevanti: l’autonomia personale, l’inserimento nel mondo del lavoro, la famiglia, la maternità, la separazione.
I lavori organizzati in tre sessioni intitolate “Storytelling di esistenze ed esperienze”, “Temi e problemi” e “Strategie e politiche”  daranno spazio a: testimonianze privilegiate di donne non vedenti, che narreranno delle loro storie in prima persona; esperti di settore; politici ed amministratori con l’intento di raccontare diversi aspetti della disabilità visiva quando questa attraversa e si scontra con alcuni diritti fondamentali della vita delle donne, in generale, e di quelle non vedenti, in particolare, come il diritto all’autonomia personale, il diritto alla genitorialità biologica e all’adozione ed infine il diritto ad autodeterminarsi nelle unioni come nelle separazioni.

Il convegno sarà trasmesso in diretta streaming su SlashRadio collegandosi al seguente link: http://www.uiciechi.it/radio/radio.asp ;

PROGRAMMA

h.8.30: Registrazione dei partecipanti

h.9.00: Saluti istituzionali
Alberto Carotenuto, Magnifico Rettore Universita’ degli Studi di Napoli Parthenope;
Rosaria Giampetraglia, Presidente Comitato Unico di Garanzia, Università degli Studi di Napoli Parthenope
Mario Mirabile, Presidente Sezione di Napoli Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti
Vincenzo Massa, Presidente Consiglio Regionale Campania Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti
Nunziante Esposito, Consigliere Nazionale Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti
Alberto Odierno, Presidente Fondazione Istituto Strachan Rodinò
Antonella Bozzaotra, Presidente Ordine Psicologi
Rappresentanti di Regione Campania, Comune di Napoli, Città Metropolitana di Napoli
Prima sessione: Storytelling di esistenze ed esperienze
(h. 09.45-10.30)

La mia sfida sul Tatami
di Matilde Lauria

Mamma come tutte le altre
di Gilda Sportelli

C’è …Luce in Cucina
di Lucia Esposito

Il mio sogno (cieco) di diventare madre
di Maria Sicignano

Accompagnamento musicale:
Violino: Tsvetanka Asatryan
Violoncello: Tina Pugliese

Seconda sessione: Temi e problemi
(h. 10.30 – 12.00)

Introduce e coordina:
Maria Luisa Iavarone, Università degli Studi di Napoli “Parthenope”

Io-donna non vedente: vincoli, possibilità, diritti
Irene Montuori, avvocato matrimonialista

Il sostegno psicologico alla donna non-vedente
Giovanna Lautieri, psicologa e psicoterapeuta

Imparare l’autonomia
Giovanni Bosco Vitiello, esperto di orientamento, mobilità e autonomia personale

Diventare mamma nella disabilità visiva
Sara Riefolo, Ostetrica

Terza sessione: strategie e politiche
(h. 12.00-13.30)

Tavola rotonda:
Paola Aiello (Docente di Didattica e pedagogia speciale, Università di Salerno)
Antonella Bozzaotra (Presidente Ordine Psicologi)
Roberta Cotronei (Coordinatrice comitato pari opportunità Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti di Napoli)
Silvana Piscopo (Presidente unione Nazionale Italiana Volontari Pro-Ciechi)
Isabella Bonfiglio (Consigliera di parità Città Metropolitana di Napoli)
Immacolata Troianiello (Consigliere di amministrazione di Cassa Forense)

Coordina e Conclude:
Luisa Bartolucci, responsabile Pari opportunità Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti

h.14.00: Aperitivo rinforzato a Buffet

A latere del seminario, sarà possibile effettuare visite oculistiche gratuite, grazie ad una unità mobile oftalmica.

Si ringrazia “Cantine Varchetta”

Questa iniziativa è contro il “sistema” della camorra

Coordinamento didattico e scientifico:
M. L. Iavarone, M. Mirabile.

Segreteria organizzativa: Domenico Vitucci tel. 3398811209 mimmo86@fastwebnet.it ;  Antonella Improta tel. 3346048860 antonella.improta@alice.it ;  Valeria Ferra tel. 3335775707 valeriaferra@virgilio.it .
Si ringrazia la prof.ssa Rita Ruggiero per aver prestato la voce nello storytelling

Non si vede bene che col cuore,
l’essenziale è invisibile agli occhi.
Antoine De SaintExupery”

Approvata la riforma del sostegno, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

Sono 8 su 9 le deleghe della legge Buona Scuola approvate ai senzi del comma 181 dal Consiglio dei ministri Sabato 14 gennaio.
In particolare, le deleghe riguardano: inclusione scolastica; cultura umanistica; diritto allo studio; formazione iniziale e accesso all’insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado; istruzione professionale; scuole italiane all’estero; sistema integrato di istruzione dalla nascita fino a sei anni; valutazione, certificazione delle competenze ed Esami di Stato.
I provvedimenti vanno ora in Conferenza Unificata per l’apposito parere e alle competenti Commissioni parlamentari.
Naturalmente, per le Associazioni di e per disabili e per le loro famiglie, uno dei tasselli più qualificanti delle deleghe de La Buona Scuola è costituito dall’intervento sul sostegno che prevede un cambiamento significativo nell’inclusione degli alunni/studenti con disabilità nel sistema educativo italiano.
In attesa del testo approvato a Palazzo Chigi (nei prossimi giorni al vaglio della Conferenza Unificata e delle commissioni parlamentari di competenza, per l’acquisizione dei prescritti pareri), forniamo ai nostri lettori la sintesi della delega sul sostegno didattico prodotta dallo stesso Consiglio dei ministri lo scorso 14 Gennaio.
Sulla promozione dell’inclusione scolastica degli allievi con disabilità, sono diverse le novità introdotte. Ve le riassumiamo.
Il decreto aggiorna, riorganizza e razionalizza i provvedimenti vigenti in materia, tenendo conto della nuova prospettiva nazionale ed internazionale dell’inclusione scolastica, riconosciuta quale identità culturale, educativa e progettuale del sistema di istruzione e formazione in Italia. Il testo chiarisce chi sono i beneficiari di specifiche misure di inclusione scolastica peculiari per i minori disabili. Viene previsto che, ove siano presenti studenti con disabilità certificate, le sezioni per la scuola dell’infanzia e le classi prime per ciascun grado di istruzione, non abbiano classi di più di ventidue alunni, fermo restando il numero minimo di alunni e studenti per classe previsto dalla normativa vigente.
Le linee guida del decreto puntano ad una semplificazione e snellimento delle pratiche burocratiche, ad una maggiore continuità didattica (si prevede quindi un incremento, probabilmente fino a 10 anni, della permanenza sul sostegno per i neo-assunti prima di chiedere il passaggio su insegnamento curricolare n.d.r.) ad una formazione del personale docente e della comunità scolastica ed alla costruzione di un progetto di vita che coinvolgerà più attori della società che collaborano in rete”.
Inoltre, sottolineano da Viale Trastevere, “non sarà solo la gravità della disabilità a determinare le risposte offerte dagli alunni: si cercherà di determinare in senso più ampio i loro bisogni”.
Questo significa che l’attività di presa in carico degli alunni sarà più condivisa: la scuola fornirà al nuovo Gruppo di Inclusione Territoriale (GIT) il Piano di inclusione (PAI), la valutazione diagnostico-funzionale e il progetto individuale per l’alunno che costituiranno la base delle richieste all’Ufficio scolastico regionale.
A delega approvata, gli insegnanti di sostegno saranno “più preparati, con l’obbligo di 120 crediti formativi universitari sull’inclusione scolastica (oggi sono 60) per tutti i gradi di istruzione, 60 prima del percorso di specializzazione e 60 durante,  (il doppio rispetto ad oggi)”.
Inoltre, “tutti i futuri docenti avranno nel loro percorso di formazione iniziale materie che riguardano le metodologie per l’inclusione e ci sarà una specifica formazione anche per il personale della scuola, Ata compresi”.
Ne consegue, dunque, che i corsi di specializzazione sul sostegno diventeranno più impegnativi, oltre che specifici rispetto al panorama delle tante disabilità presenti.
In definitiva, anche se tale testo noi non lo abbiamo mai avuto tra le mani ed, ad oggi, (ma la speranza è l’ultima a morire) nessuno del MIUR si è ancora preso la briga di convocarci per una seria consultazione ed un confronto diretto su di esso, la Delega sull’inclusione scolastica “partorita” dal Governo Sabato scorso, mi pare abbastanza condivisibile, in quanto fa perno su quattro aspetti principali da sempre rivendicati dalle organizzazioni dei disabili e dai genitori dei nostri ragazzi:
formazione adeguata e specifica sulle diverse disabilità degli insegnanti e continuità didattica;
garanzia dei diritti degli alunni;
migliore organizzazione territoriale e del “contesto”;
rapporti con le famiglie
Si tratta, infatti, di quattro punti cardine che, non dimentichiamolo, traggono origine dalla “famosa” PDL 2444 presentata dalla FAND e dalla FISH, in seguito all’emanazione del Dpr del 4 ottobre 2012 con il quale veniva approvato dal Governo il Piano d’azione per attuare la Convenzione Onu sulla disabilità del 2006.
Ritornando all’attuale Delega sull’inclusione scolastica, per esaminare il decreto le Commissioni parlamentari avranno a disposizione esattamente 60 giorni a partire dal momento in cui i testi dei provvedimenti saranno consegnati ai presidenti delle Commissioni stesse (si presume che questo possa avvenire la prossima settimana). Scaduti i 60 giorni il Governo sarà autorizzato ad emanare i testi definitivi dei decreti anche senza il parere di deputati e senatori.
Tuttavia, per esaminare un decreto particolarmente delicato e complesso come quello sulla riforma del sostegno didattico, io ritengo ci vorranno tempo e attenzione. Dunque, non escludo che i 60 giorni risultino davvero pochi.
La stessa Ministra Fedeli, per parte sua, ha già detto che i decreti approvati lo scorso 14 Gennaio dall’Esecutivo sono solamente delle bozze molto provvisorie e che adesso bisogna aprire un’ampia campagna di ascolto.
Allora, mi sorge spontanea una domanda: Considerato che quella sulla riforma dell’inclusione scolastica è ancora una “bozza provvisoria”, perché si è perso così tanto tempo nell’ascoltare le associazioni di e per le persone con disabilità e le loro famiglie e lo si promette di fare soltanto dopo aver già adottato il Decreto attuativo?
Di tutta questa storia, a mio modesto avviso, un fatto è assolutamente evidente e chiaro e su di esso non potremo transigere: Le persone con disabilità visiva, come credo tutte le organizzazioni di e per disabili e le loro famiglie, da ora in poi, non potranno più accettare che il Governo proceda sulla riforma dell’inclusione scolastica senza di loro e senza tenere conto del loro punto di vista.
Non ci si può dimenticare in un baleno del ruolo decisivo e “centrale” che, da quarant’anni a questa parte, il “mondo” dei disabili, i loro genitori e, soprattutto gli stessi insegnanti per il sostegno hanno avuto nella vittoria della “via inclusiva” nel sistema scolastico italiano.
.  E poi, nel merito, ci sono aspetti su cui dobbiamo necessariamente “chiarirci” con il MIUR.
La Ministra Valeria Fedeli ha definito la delega sul sostegno “una delle parti più innovative e significative de la Buona Scuola.
Ma perché ciò avvenga efficacemente, occorrerà dare corso ad un confronto concreto e fattivo con la FAND e la FISH, gli alunni/studenti con disabilità, i loro genitori ed i docenti per il sostegno.
Con loro e soltanto con loro, quindi, il Miur dovrà apportare le modifiche finali al testo della Delega sull’inclusione scolastica.
Il nostro auspicio è che oggi cominci un percorso diverso rispetto al recente passato, che rappresenti finalmente il punto di partenza di un coinvolgimento diretto e più strategico e di un dialogo costruttivo con chi, come noi, i problemi del sostegno didattico li vive quotidianamente, nell’unico interesse dell’inclusione dei nostri ragazzi.
. Aver dato il primo via libera in Cdm non significa pensare che il testo sia chiuso. Adesso, la ministra dovrà adoperarsi in tutti i modi perché nelle Commissioni parlamentari vengano ascoltate in audizione anche e soprattutto le istanze degli allievi con disabilità e delle loro famiglie. Soltanto così, il testo finale del Decreto attuativo della riforma del sostegno sarà frutto della massima condivisione possibile.
Infatti, nel corso di un’intervista a RaiNews24, il ministro Fedeli ha affermato che “è stato importante, a due giorni dalla scadenza, avere questa delega. Ma, a parere di chi scrive, altrettanto importante è che ora parta un ascolto “vero” di tutti i soggetti che vivono nella comunità scolastica, ed in particolar modo delle associazioni di e per disabili, dei loro genitori e degli insegnanti per il sostegno.
Scriveva Feuerbach “Non c’è un “io” e non c’è un “tu”, ma solo un “noi”.
Ecco, se il MIUR non investirà realmente ed adeguatamente sugli alunni/studenti con disabilità, sulle loro famiglie e sui docenti specializzati e se non costruirà con loro un effettivo ed efficace “clima” di condivisione e di collaborazione, potrà varare anche decine di riforme sul sostegno, ma farà sempre fatica a creare le condizioni affinchè ci sia un’inclusione di qualità per tutti e per ciascuno.

L’inclusione scolastica non la garantiscono i giudici, di Luciano Paschetta

Autore: Luciano Paschetta

La sentenza del giudice catanese che assegna un sostegno per l’intero orario scolastico pone a tutti coloro che si occupano di inclusione scolastica un obbligo di riflessione: quel giudice ha potuto scrivere quella sentenza perché le leggi in vigore e , soprattutto la loro applicazione, glielo hanno consentito. Le sentenze infatti , parlo da non tecnico del settore, non sono mai giuste o sbagliate purché siano fondate su norme vigenti e cogenti. Ho cercato quindi di capire su quali basi sentenze simili (quella Catanese non è la prima) possano giustificarsi e, soprattutto, perché esse soddisfacciano i genitori convinti che in tal modo il loro figlio, figlia avrà i giusti interventi per crescere ed essere educato.
Abbiamo cercato spesso la risposta nel ruolo e nella preparazione o meno dei docenti per il sostegno e dei docenti curriculari, piuttosto che in una diversa organizzazione del tempo scuola, questo è stato sicuramente necessario, ma credo che, per arrivare alla radice del problema , occorra andare “oltre”.
Ho già avuto modo di dire che l’inclusione non la fa il docente di sostegno , ma il contesto e che uno dei punti di debolezza del nostro modello di inclusione è stato quello di aver visto nel docente per il sostegno il deus ex machina capace di assicurare il successo del processo di inclusione, abbiamo anche dibattuto sul livello e sulla tipologia della sua preparazione e sulla preparazione di tutti i docenti ma abbiamo omesso di riflettere sul fatto che l’intervento di inclusione di cui stiamo parlando si attua in una scuola, una istituzione nella quale operano delle figure professionali e (i docenti) che devono essere preparati si ad educare, ma attraverso percorsi didattici di “istruzione”, una istituzione che ha come finalità l’”istruzione” dei bambini/ragazzi e che questa sua funzione , e non altre, deve svolgere con tutti compresi gli alunni con disabilità.
La scuola, non è l’unica agenzia educante, essa è quella che ha come obiettivo l’educazione del bambino/ragazzo attraverso la sua istruzione. Se è vero che alla  scuola materna il binomio educazione/istruzione è difficilmente scindibile nel senso che ciò che si insegna al bambino fa parte di un bagaglio di competenze intrinseche all’educazione delle sue potenzialità di base, la scuola , a partire dalla primaria e sempre più nella secondaria, ha come compito l’istruzione ossia l’insegnamento di conoscenze e competenze dei diversi saperi attraverso i codici formali  delle varie discipline siano esse la lingua, la logica matematica , la geografia , le scienze, la storia, e così via, alla scuola quindi si potrà e si dovrà chiedere di fornire questo  e non altro anche al disabile, secondo il livello  del grado  di istruzione nel quale egli è inserito e tenuto conto delle sue potenzialità di apprendimento.  A questo si aggiunga  un compito di educazione alla socialità e alla cittadinanza . E’ su questa base che dovrà essere redatto il profilo funzionale dal quale i docenti potranno trarre gli elementi per scrivere un P.E.I.  nel quale siano indicati gli obiettivi didattici di apprendimento , le modalità ed i percorsi per raggiungerli e per valutarli sia per ciò che concerne l’istruzione sia per quanto riguarda gli aspetti della “socializzazione”, gli strumenti e le risorse che la scuola con i suoi docenti curriculari e per il sostegno può dare con una didattica inclusiva al bambino/ragazzo per soddisfare i suoi bisogni di apprendimento scolastico. Per le altre necessità educative che il bambino dovesse avere la scuola non ha le competenze necessarie e non potrà mari averle.
Tener conto di questo porta la scuola ha dover ragionare sul numero di ore di sostegno necessarie non più in relazione alla gravità della disabilità, ma guardando alle capacità in riferimento al livello di “istruzione” possibile per l’alunno rapportato alla tipologia di scuola frequentata: un disabile intellettivo   grave ed un cieco, hanno entrambi una grave disabilità, ma il loro grado di “istruibilità” (consentitemi questo neologismo) è ben diverso e al ragazzo cieco potranno servire un numero di ore di sostegno a scalare via, via che lui acquisisce autonomia   personale, di mobilità e nel lavoro didattico e competenza nell’uso degli ausili, mentre all’alunno con un grave ritardo di apprendimento, verificato che la sua “istruzione” così come sopra descritta, non può andare oltre un certo limite e le ore di un docente per il sostegno non servono più, di lì in poi la scuola potrà offrire solo occasioni di socializzazione con i compagni, tenendo altresì  conto che la socializzazione  passa anch’essa attraverso una  analogia di conoscenze.
Non spetta alla scuola scrivere il “progetto di vita” del bambino/ragazzo con disabilità , né esserne la sola responsabile, essa dovrà essere un importante soggetto di questo progetto, che però deve essere “scritto” in un ambito più ampio con il coinvolgimento di più agenzie: il P.U.A.D. previsto dalla nuova legge delega dovrebbe svolgere questa funzione. In questi quarant’anni di inserimento/integrazione/inclusione la scuola, spesso lasciata sola, è stata comunque l’unica che ha sviluppato una organizzazione mirata al problema della diversità e che ha garantito se non altro l’accoglienza dei ragazzi con disabilità. Per questo ad essa sono stati di fatto demandati la responsabilità e tutto il “carico” educativo, dell’alunno con disabilità ed essa , con tutti i suoi limiti, è riuscita comunque, in questi anni, a garantire una adeguata istruzione e una vera inclusione scolastica a molti alunni con disabilità, ma per altri i cui bisogni educativi travaricano le problematiche dell’istruzione e le sue competenze non è riuscita, né si può pensare potrà mai farlo.
Non prendere atto di ciò, continuando a cercare delle risposte al mancato successo dell’inclusione solo all’interno della scuola, vuol dire non rendersi conto che quelle risposte essa non potrà darle  perché non rientrano nelle sue finalità ed al suo interno non potrà avere il personale preparato a soddisfarle.
Forti dell’esperienza e della certezza che l’inclusione è il modello giusto per la scolarizzazione dei ragazzi con difficoltà, è il momento di cambiare la prospettiva della nostra azione: uscire dall’hortus conclusus della scuola e rivedere   questo modello di inclusione   che “scarica” alla scuola ogni responsabilità nell’educazione del bambino con disabilità , sostituendolo con un modello nel quale la scuola in rete dia all’alunno con disabilità ciò che lui è in grado di apprendere, questo però in un contesto  che si faccia carico di quant’altro necessario alla sua crescita e alla sua inclusione sociale al di là dell’istruzione, e secondo un vero progetto di vita.
Diversamente continueremo a guardare il dito  senza vedere  la luna e i giudici continueranno a decidere comi si realizza l’inclusione e a discutere sul numero di ore di sostegno necessarie fino ad arrivare alla totalità dell’orario scolastico senza che questo dia al disabile le occasione di crescita di cui avrebbe bisogno.

Servizio Civile: impegno quotidiano e trasmissione emotiva, Carmen De Martinis e Graziella Raffa

Autore: Carmen De Martinis e Graziella Raffa

Giunte quasi al termine di questa nostra esperienza, vogliamo condividere con tutti, ciò che ha arricchito in maniera altruistica, empatica e solidale in nostro bagaglio di vita: il Servizio Civile.
Il Servizio Civile è un’importante occasione di crescita personale per noi giovani, è un’opportunità di educazione alla cittadinanza attiva, uno strumento prezioso per aiutare le fasce più deboli della società, contribuendo allo sviluppo sociale, culturale ed economico del nostro Paese.
Perché ci ha arricchito in maniera altruistica, empatica e solidale?
ALTRUISMO: indica l’atteggiamento e in comportamento di chi ha la qualità morale di interessarsi al benessere dei propri simili e spinge la gente a donare il proprio tempo anche quando si sa di non poter ricevere nulla di tangibile in cambio; fa riferimento a qualsiasi azione che avvantaggi altre persone, senza che colui che dona l’azione abbia alcun motivo o beneficio.
“Non dimentichiamo mai che il vero potere è il servizio.
Bisogna custodire la gente, aver cura di ogni persona,
con amore, di coloro che sono più fragili e che spesso sono
nella periferia del nostro cuore”
(Papa Francesco)

EMPATIA: è la capacità di comprendere in pieno lo stato d’animo dell’altro, sia che si tratti di dolore, che di gioia, quindi “ SENTIRE DENTRO”.
E’ un vedere con gli occhi di un altro, ascoltare con le orecchie di un altro e sentire con il cuore di un altro.
“La più alta espressione dell’empatia è nell’accettare e non giudicare”
(Carl Rogers)

SOLIDARIETA’: è un sentimento che nasce dalla consapevolezza di un’appartenenza comune e dalla condivisione di interessi e di fini;
indica un sentimento di fratellanza universale.
Anche nella nostra Carta Costituzionale si parla dei doveri di solidarietà nell’ART.2, enunciando:

“La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo,
sia come singolo, che nelle formazioni sociali, ove si svolge la sua personalità,
e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”

Attraverso questi tre aspetti, vogliamo trasmettere a chi legge, ciò che ha significato per noi interagire, aiutare, sostenere e guidare persone più deboli, che hanno avuto la capacità di insegnarci cosa significa affrontare la quotidianità con una molteplicità di problematiche, inculcandoci che:
“Le cose importanti della vita non vengono viste con gli occhi, ma sentite col cuore”.
Carmen De Martinis e Graziella Raffa
Volontarie Servizio Civile Nazionale UICI CB

Tante ore di sostegno non garantiscono sempre un’inclusione di qualità, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

Caro Gianluca,
con la presente, ti segnalo un interessante articolo del 31 Dicembre 2016 su La Sicilia di Catania, intitolato “Dal giudice per dare un’istruzione a mia figlia autistica”.
Ti sarò grato se vorrai dare a queste mie poche parole diffusione tramite la stampa associativa dell’UICI.
Grato sempre per il lavoro di sensibilizzazione che l’Unione svolge, ti saluto cordialmente e formulo al Presidente Barbuto fervidissimi auguri per il nuovo anno.

Accogliendo di buon grado la richiesta dell’Avv. Nocera della FISH, di seguito riportiamo integralmente la sua lettera e, naturalmente, aspettiamo i sicuramente numerosissimi commenti ed interventi dei nostri lettori su tale “delicata” vicenda:

“Con riferimento all’articolo apparso su La Sicilia di Catania il 31 Dicembre 2016, intitolato “Dal giudice per dare un’istruzione a mia figlia autistica”, debbo sinceramente manifestare il mio pensiero che non concorda col plauso dei più per questa sentenza.
Infatti l’articolo di Carmen Greco ha un incipit condivisibilissimo denunciando l’alternarsi criminale di docenti per il sostegno nel corso dei primi mesi dell’anno scolastico; poi però il resto dell’articolo riguarda la vittoria ottenuta tramite il conseguimento di tante ore di sostegno quante sono le ore di insegnamento; e questo tema, che con la sacrosanta denuncia della discontinuità didattica, non ha nulla ha che fare, non mi trova concorde. Perchè ? Presto detto: l’inclusione scolastica come l’abbiamo voluta e realizzata negli ultimi anni Sessanta e primi Settanta era fondata sul principio che gli alunni con disabilità siano alunni della classe e quindi dei docenti della classe come gli altri alunni. Infatti inizialmente non esistevano i docenti per il sostegno che cominciarono ad operare di fatto alla fine del 75 e poi legalmente con la l.n. 517/77. Il progetto di vita inclusiva era predisposto e realizzato sostanzialmente dai docenti curricolari che non avevano classi affollate e per i quali il Ministero di allora aveva organizzato moltissimi corsi di aggiornamento sulle prime esperienze  ed i primi studi di didattiche inclusive, avviati tra i primi da Andrea Canevaro dell’Università di Bologna.
Purtroppo nei decenni successivi  le classi cominciarono a divenire sempre più affollate , anche con la compresenza di più di un alunno con disabilità ed i corsi di aggiornamento cominciarono a ridursi di numero; contemporaneamente i docenti curricolari, approfittando della crescente presenza di docenti per il sostegno che venivano specializzandosi, cominciarono  a ritrarsi da quegli iniziali interventi didattici, delegandoli sempre più ai docenti per il sostegno. Ciò con l’andar del tempo ha fatto sì che tutta la presa in carico del progetto inclusivo gravasse esclusivamente, specie nelle scuole secondarie sui docenti per il sostegno, siano essi specializzati o meno.
Di conseguenza, quando a causa dei crescenti tagli alla spesa pubblica le ore di sostegno andarono sempre più riducendosi, gli alunni con disabilità venivano abbandonati  sempre più a sè stessi in fondo alla classe o, raggruppati nelle aule di sostegno; tutto ciò ha costituito una palese crescente violazione della lettera e dello spirito  della normativa sull’inclusione scolastica. Di qui le giuste reazioni dei genitori che si sono rivolti sempre più ai giudici per ottenere uncrescente numero di ore di sostegno, sino a pervenire a sentenze , come questa, che ritengono di garantire il diritto all’inclusione, assegnando lo stesso numero di ore di sostegno pari al numero di ore di lezione.
Ciò sta producendo un totale disinteresse dei docenti curricolari per il progetto inclusivo ed una mancata inclusione sostanziale degli alunni con disabilità. Tanto è vero che sempre più i genitori parlano del ” proprio ” docente per il sostegno.
Può darsi che i più giovani ritengano l’attuale situazione e l’attuale sentenza un passo avanti nella conquista del diritto all’inclusione scolastica ; io però  la penso diversamente , poichè ho sperimentato, da minorato della vista, l’inclusione  nel profondo Sud a Gela in Sicilia, negli anni Cinquanta , quando la normativa inclusiva era inesistente anche nella mente del legislatore,  ed ho realizzato tale inclusione solo con i miei docenti curricolari di allora e coi miei compagni di classe, coi quali ancora, a quasi ottant’anni, mi ritrovo a parlare, in forza dell’amicizia nata tra i banchidi scuola e poi all’università.
Mi permetto pertanto, se si vuole accogliere il consiglio di un vecchio, di non brindare a questi falsi successi, ma di battersi per una seria ripresa della formazione iniziale ed in servizio dei docenti curricolari sulle didattiche inclusive; non penso assolutamente a rinunciare alla preziosa figura dei docenti per il sostegno; ma, come dice la loro denominazione , essi debbono essere ” di sostegno  “ai colleghi curricolari ” per l’inclusione tra loro degli alunni con e senza disabilità; oggi , e sfido chiunque a smentirmi, essi sono divenuti i sostituti dei veri artefici dell’inclusione che debbono essere i docenti curricolari. E sentenze come questa, purtroppo rafforzano nelle famiglie, nell’opinione pubblica e,addirittura, negli stessi docenti curricolari, l’idea che più sono le ore di sostegno assegnate, più cresce la qualità dell’inclusione.
Voglio sperare che il piano nazionale di formazione obbligatoria in servizio avviato dal MIUR a seguito della l.n. 107 sulla Buona Scuola, riesca a colmare il vuoto lasciato nella formazione delle didattiche inclusive dei docenti curricolari e gli indicatori di qualità dell’inclusione che l’emanando decreto delegato dovrà individuare  permettano di tornare  a misurare il livello dei valori  iniziali dell’inclusione scolastica  realizzati quotidianamente nelle classi di oggi.”
Salvatore Nocera
Esperto Inclusione scolastica della FISH (Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap)

Comunicazione per nuova APP accessibile di Trenitalia, di Mario Barbuto

Autore: Mario Barbuto

Sono contento di aver potuto  constatare e, conseguentemente, potervi informare che grazie al canale aperto con il settore IT di Trenitalia, il Gruppo OSI di UICI ha tempestivamente segnalato i problemi di accessibilità ed usabilità dell’APP per IOS ottenendo la formazione di un gruppo di lavoro bilaterale con i tecnici di Trenitalia, al fine di evitare qualunque problema di inaccessibilità.
Il gruppo OSI di UICI monitorerà e collaborerà in maniera costante affinché anche i servizi erogati attraverso i canali web possano raggiungere e mantenere la completa accessibilità ed usabilità.  Già a partire dal mese scorso quanti normalmente si servono delle applicazioni di Trenitalia per utilizzarne i servizi rispetto ad orari e prenotazioni, avranno potuto notare come queste siano state nuovamente aggiornate e rese utilizzabili anche dalle persone con problemi di vista.
Si è trattato di un risultato ottenuto con molta celerità e che fa ben sperare per il prossimo futuro grazie appunto alla collaborazione che si è instaurata fra i componenti del gruppo OSI che con notevole entusiasmo e bravura seguono questa ed altre attività sull’accessibilità e RFI  che ringrazio per la disponibilità.
E’ anche frutto di soddisfazione rilevare come all’ottenimento di questi risultati abbia contribuito la collaborazione tra il gruppo OSI e la commissione per l’Autonomia e la Vita Indipendente.  Al fine di rendere questi risultati sempre più concreti ed operativi, chiedo anche a quanti sono interessati di segnalarci eventuali disfunzioni che si verificassero dopo il nostro intervento nei confronti dei siti e delle applicazioni di cui il gruppo Osi si occupa di volta in volta.
Grazie a tutti e ancora un complimento a tutti gli operatori e i volontari che sono intervenuti in questa specifica situazione.

Questionario per Armadio Smart, per ipovedenti e non vedenti

Un gruppo di ricercatori della Facoltà di Ingegneria Gestionale dell’Università di Pisa ha predisposto un questionario per avere un riscontro sull’utilità di un “Armadio Smart”, al fine di verificare se e quanto possa essere utile ai disabili visivi.

Per aiutare questo pool di sperimentatori, facendo loro verificare se l’idea che hanno avuto è rispondente alle effettive esigenze dei disabili visivi, basta compilare un apposito questionario, preparato da loro e reso disponibile alla seguente pagina: https://docs.google.com/forms/d/11SBfF4Ulf-azp5RuhD1Xg9tM8zQc9yF3Niwa7T1CHGU/viewform?edit_requested=true

La compilazione del form è molto semplice, per cui, chi desiderasse rendersi utile, può utilizzare il link sopra indicato per collegarsi alla pagina e compilarlo. In questa stessa pagina, inoltre, è possibile trovare la descrizione e l’ideazione del progetto.

La grande attesa per la delega sull’inclusione, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

Con riferimento alla lettera aperta inviata alla neo ministra Fedeli da numerosi insegnanti di sostegno, recentemente riportata in un articolo del Corriere della sera del 31 Dicembre 2016 dal titolo “Sostegno ai disabili, rivolta dei docenti contro la riforma in arrivo”, mi permetto di esternare ai nostri lettori alcune mie brevi considerazioni.
Innanzitutto, voglio subito precisare che tutte le informazioni finora fornite sulla riforma del sostegno ai disabili a scuola, una delle deleghe al governo previste dalla legge 107, sono solo indiscrezioni, anticipazioni, dichiarazioni. Eppure tali notizie sono state ugualmente sufficienti ad alimentare già forti malumori e tensioni (forse per ora un po’ troppo premature ed ingiustificate) da parte di circa 40 associazioni e decine di sigle di docenti per il sostegno, riunitesi nel gruppo dei cosiddetti “partigiani della scuola pubblica”.
Personalmente, non condivido i contenuti della loro missiva al Ministro, ritenendo invece assolutamente “indifferibile” e necessaria la riforma dell’attuale sistema italiano dell’inclusione scolastica.
A mio modesto avviso, infatti, la riflessione sull’imminente delega sul sostegno non può essere animata dalla voglia di “trincerarsi” nella tutela ad ogni costo dell’esistente o in rimpianti di un passato che poteva essere e che non è stato, come mi pare stiano facendo i promotori della sopraccitata “protesta”. Al contrario, essa deve essere ispirata dalla convinzione che, solo guardando avanti, anche se con “realismo”, si riuscirà finalmente a garantire il migliore futuro possibile all’inclusione scolastica degli alunni/studenti disabili italiani.
Entriamo dunque nel dettaglio delle eventuali criticità che, secondo i “partigiani della scuola pubblica, potrebbero scaturire dalla riforma in arrivo.
Uno dei punti “deboli” della riforma, secondo la loro opinione, sarebbe il cosiddetto «profilo di funzionamento», che dovrebbe servire a definire il numero di ore di assistenza per ogni studente con disabilità, e che, secondo la prima analisi del corpo docente specializzato, rischia di penalizzare fortemente i suoi bisogni, in quanto non terrebbe conto della “diagnosi funzionale” e del Profilo Dinamico Funzionale (PDF).
Al riguardo, mi permetto di osservare che lasciare che la definizione delle necessità di ore per il sostegno sia determinata da una diagnosi, come oggi avviene erroneamente il più delle volte e non dagli interventi didattici del PEI (Piano Educativo Individualizzato) e dunque da un progetto educativo “vero e proprio”, questo sì che è delegare alla sanità la principale prerogativa dell’educazione, quella didefinire i bisogni formativi dell’alunno.
Infatti, un’altra grave lacuna dell’emanando Decreto sull’inclusione, denunciata dagli insegnanti “partigiani” sarebbe il cambiamento di prospettiva per cui il docente per il sostegno diverrebbe una sorta di “tutor” iperspecializzato nell’assistenza ai disabili, ma non necessariamente un insegnante: tale nuovo approccio “paramedico” snaturerebbe la professionalità dell’insegnante di sostegno, collocandolo sullo stesso piano delle figure socio-sanitarie che già operano in contesti non scolastici con il ragazzo disabile.
In proposito, vorrei rappresentare agli amici docenti in “rivolta” che, proprio per porre finalmente rimedio alla precarietà di ruolo e funzione degli insegnanti per il sostegno, sulla base delle notizie finora trapelate, tramite la delega sull’inclusione, si andrebbe finalmente nella direzione di una loro formazione iniziale e continua, con specificità profonde e una conoscenza adeguata delle esigenze degli alunni disabili. Dunque, altro che non insegnanti od addirittura figure “medicalizzate”. Essi dovrebbero essere invece insegnanti “universali”, ma con una specializzazione sui temi dell’inclusione e sulle singole disabilità. Essi,quindi, assurgerebbero finalmente ad un ruolo ben definito e sarebbero in possesso di competenze pedagogiche, didattiche e metodologiche capaci di renderli un “supporto” efficace ai docenti curricolari ed agli Organi Collegiali nella progettazione, realizzazione, monitoraggio e valutazione di un’offerta formativa realmente “inclusiva”.
In particolare, per tutti i gradi di istruzione, per poter insegnare sul posto di sostegno, dovrebbe essere obbligatorio conseguire 120 crediti formativi universitari sull’inclusione scolastica (oggi si diventa docenti di sostegno con soli 60 Cfu, ovvero 1 anno di specializzazione).
Tutti i futuri docenti di ogni ordine e grado dovrebbero avere inoltre, nel loro percorso di formazione iniziale, crediti riguardanti le metodologie per l’inclusione.
Ma nel mirino degli insegnanti specializzati in subbuglio c’è anche la mobilità della riforma della Buona scuola, «che ha lasciato ben 50 mila studenti senza docente specializzato sul sostegno.
Su tale aspetto specifico, per dovere di cronaca, mi corre l’obbligo chiarire che tali procedure di mobilità non hanno nulla a che fare con la prossima riforma del sostegno.
Infatti, esse sono state l’errata soluzione adottata dal precedente Ministro Giannini, a seguito delle tantissime non ammissioni dell’ultimo concorso e dell’enorme domanda di insegnanti di sostegno (circa 120.000 in servizio di cui circa il 60% di ruolo), che hanno letteralmente mandato in tilt il sistema scolastico territoriale. Si ricordi in proposito la nota Protocollo n. 24306 del 1° settembre 2016, che recita testualmente: «In caso di esaurimento degli elenchi degli insegnanti di sostegno compresi nelle graduatorie ad esaurimento, i posti eventualmente residuati sono assegnati dai dirigenti scolastici delle scuole in cui esistono le disponibilità, utilizzando gli elenchi tratti dalle graduatorie di circolo e d’istituto, di prima, seconda e terza fascia».
Migliaia di cattedre di sostegno sono state perciò affidate a docenti senza alcun tipo di specializzazione, costringendo così le famiglie di persone con disabilità a ricorrere sempre più spesso ai giudici per dare un’istruzione ai loro figli.
Per la verità, contro queste “ambiguità” del sistema, pare che l’obiettivo “dichiarato” dell’emanando Decreto delegato sull’inclusione sia, oltre che quello di garantire una formazione specifica universitaria ai futuri insegnanti per il sostegno ed una maggiore specializzazione sulle singole disabilità a tutti i docenti attualmente in servizio (attraverso il “famoso” Piano Triennale di Formazione obbligatoria), anche e soprattutto quello di assicurare la continuità del diritto allo studio degli allievi disabili, facendo sì che gli stessi abbiano lo stesso docente per il sostegno per l’intero ordine o grado di istruzione. Quindi il medesimo insegnante per il sostegno per i 5 anni di scuola primaria, per i 3 anni di scuola secondaria di I grado e per i 5 anni della scuola secondaria di II grado.
Pertanto, la continuità didattica si dovrebbe realizzare attraverso quattro ruoli per il sostegno (infanzia, primaria, secondaria di primo grado e secondaria di secondo grado), in cui bisognerà permanere prima di transitare sul posto comune
Infine, i docenti “partigiani della scuola pubblica” lamentano che, senza aumentare le ore di sostegno (ne servirebbero almeno 18 a settimana), gli alunni/studenti con disabilità non avranno mai la possibilità di apprendere come gli altri.
Relativamente a quest’ultimo punto, a mio modesto avviso, il problema non sta nel numero di ore di sostegno (che stante così la situazione nell’attuale sistema educativo e formativo italiano è comunque importante), ma è quello di capire se, con la futura delega sull’inclusione ci sarà un’effettivo” cambiamento qualitativo.
Infatti, come riportato da uno studio diffuso dall’ISTAT qualche settimana fa, gli alunni italiani con disabilità che hanno frequentato le scuole primarie e secondarie nell’anno scolastico 2015-2016 sono stati 155.971, mentre gli insegnanti per il sostegno sono arrivati a quota 82.000, uno ogni due alunni disabili.
Eppure, nonostante assistiamo ad una crescita esponenziale del numero degli insegnanti specializzati, l’equazione “più sostegno = più inclusione” sembra non funzionare affatto nel presente “sistema d’istruzione” italiano.
Allo stato attuale, siamo effettivamente ancora costretti ad imbatterci il più delle volte in educatori e docenti con un’inappropriata preparazione ed una formazione inadeguata ad assicurare un’inclusione scolastica di qualità ai ragazzi con disabilità del terzo Millennio.
Il messaggio della “normale” Didattica inclusiva stenta ancora a decollare nella scuola italiana e ci scontriamo di sovente con interventi didattici inclusivi esclusivamente “episodici” e che hanno soltanto il carattere dell’urgenza e dell’emergenza e non del “contesto”.
Voglio dire che la sola assegnazione dell’insegnante di sostegno (anche con un numero congruo di ore) agli alunni/studenti con disabilità non è sufficiente a garantire il loro successo scolastico e formativo, se non affiancata da un contesto veramente “inclusivo”.
La nomina del docente per il sostegno con un numero adeguato di ore, seppur rappresentando un “sacrosanto” diritto assolutamente esigibile dai nostri ragazzi e dalle loro famiglie, da sola rischia di essere quasi inutile e di ripetere le “distorsioni” e gli sbagli dell’attuale modello dell’inclusione scolastica, che hanno finito per provocare i “deprecabili” fenomeni della “deresponsabilizzazione” dei docenti curricolari rispetto ai loro alunni con disabilità e la perversa “delega” al solo collega di sostegno dei loro insegnamenti e delle loro valutazioni.
Soltanto se la prossima delega sull’inclusione promuoverà l’organizzazione di un “contesto” veramente accogliente ed inclusivo, dove si “sfrutti” al meglio l’”organico potenziato” e dove il Piano Annuale per l’Inclusività (PAI) sia parte integrante della progettazione, della didattica e della valutazione delle Istituzioni scolastiche italiane e, dunque, anche dei loro Piani Triennali dell’Offerta Formativa, si potranno realisticamente garantire per ogni allievo quelle condizioni di “pari opportunità” nel raggiungimento del massimo “possibile” dei traguardi individualizzati e personalizzati d’istruzione, tanto decantate dalla recente normativa italiana sull’autonomia scolastica.
Ai “partigiani della scuola pubblica” io suggerirei invece di puntare il dito contro l’unico “sesquipedale” errore strategico della futura delega sull’inclusione che mi sembra essere, senza timore di essere smentito, il totale mancato concreto coinvolgimento delle associazioni di e per persone con disabilità, delle loro famiglie e, soprattutto dei docenti per il sostegno nel suo iter di emanazione. Il mio auspicio è che il nuovo Ministro Fedeli assuma un atteggiamento più “partecipativo” ed ascolti di più chi questi problemi li vive quotidianamente sul campo.
Tuttavia, tale importante traguardo potrà essere perseguito, se si abbandoneranno finalmente posizioni preconcette di piccolo “cabotaggio”, nella consapevolezza che solo la collaborazione ed il confronto aperto tra tutte le parti interessate potranno rendere la via “inclusiva intrapresa dalla scuola italiana già quarant’anni fala strada maestra per l’educazione e l’istruzione di tutti e di ciascuno.

Beni Culturali – Rinvio Spettacolo dei Burattini del 6 Gennaio 2017

Felice Zappalorto, Cuntadì
Museo Tattile Statale Omero Ancona
Con grande dispiacere il Museo Tattile Statale Omero si vede costretto ad annullare lo spettacolo dei burattini dal titolo “Felice Zappalorto, cuntadì”, in programma il 6 gennaio per causa di condizioni climatiche avverse.
L’appuntamento con il Teatrino Pellidò sarà posticipato a data da concordare.
Ci scusiamo ulteriormente per l’inconveniente.

Beni culturali – La magia dei burattini al Museo Omero

Felice Zappalorto, cuntadì
Befana con spettaccolo di burattini
Museo Tattile Statale Omero Ancona
venerdi 6 gennaio ore 17

Il 6 gennaio alle ore 17 , venerdì della Befana, la magia del teatrino di burattini sbarca al Museo Tattile Statale Omero di Ancona con il Teatrino Pellidò e un magnifico spettacolo dal titolo Felice Zappalorto, cuntadì. “ Felice è proprio felice di fare il suo lavoro. Lui lavora in campagna, coltiva un bellissimo orto e le sue verdure sono così buone che quando le porta al mercato tutti vogliono comprarle. Sarà che Felice ha visto sin da piccolo coltivare l’orto, sarà per merito della cura e delle parole carine che rivolge alle piante, sarà che Felice è bravo a fare il contadino ed ama la terra ed il suo lavoro. Felice coltiva anche un campo più grande, dove cresce il grano, che porta al mulino, e che diventa farina. Felice sa fare il pane, i grissini e i biscotti ma lui dice che non è merito suo ma del sole e della Natura! ” Così il giovane e bravo Vincenzo Di Maio, che non solo è l’autore di questo racconto inedito ma anche il creatore dei suoi burattini, cui dà vita infilandoli nelle mani nello scenario del mitico Bruter Teatret, una baracca o castello. Appuntamento per tutti i bambini (consigliato da 4 a 10 anni) alle ore 17 al Museo Omero. È gradita la prenotazione (telefono 071 28 11 93 5 e-mail didattica@museoomero.it). Costo: 4,00 euro a persona; gratuito: bambini 0 – 4 anni, disabili e rispettivi accompagnatori.