Convenzione Irifor – Fisiocomputer

Si comunica che dal 14-01-2019 è stata istituita una convenzione tra I.Ri.Fo.R. e Fisiocomputer per lo sviluppo delle tecnologie assistive sulle loro macchine per fisioterapia. Fisiocomputer è la divisione della J&S che progetta e produce apparecchiature elettromedicali per fisioterapia in base ai migliori Standard Internazionali di Sicurezza del settore CSQ: 9120.J&SS (ISO 9001:2008) – 9124.J&S2 (EN ISO 13485:2012). Operano nel settore da oltre 40 anni.
Per adesso, l’unica macchina accessibile è la Tecar TK1, perché presenta una sintesi vocale per tutte le sue funzioni ed è stata testata da alcuni fisioterapisti non vedenti nonché dal componente del Comitato Tecnico Scientifico dell’ I.Ri.Fo.R. Giovanni Ippolitoni.
Questa collaborazione potrebbe portare buoni risultati e, insieme al Comitato Nazionale Fisioterapisti, interagire con il settore sviluppo di questa impresa.

Presentazione di Ray e Felixphone!, di Giuseppe Fornaro

La Commissione Ausili, Nuove Tecnologie e Accessibilità della Sezione Provinciale Uici di Napoli organizza la presentazione di “Ray” rilevatore di ostacoli vibrante e sonoro e “Felixphone”, telefono cellulare parlante.

Vi aspettiamo il 30 gennaio 2019 alle ore 16,30. La dimostrazione avrà luogo presso il presidio di Sant’Anastasia, nella sede della biblioteca comunale in via arco 54, 80048 Sant’Anastasia (NA).
E il 31 gennaio 2019 alle ore 15,30. La dimostrazione avrà luogo presso la Sezione Territoriale di Napoli, Via San Giuseppe dei Nudi, 80 – 80135 Napoli.

Ray:
La guida ad ultrasuoni c’è! È Ray, un piccolo strumento elettronico per la mobilità.
Ray è un ausilio estremamente sensibile che emette segnali acustici o tattili (vibrazioni).
È stato progettato per essere un aiuto in più, perché l’ausilio principale ed indispensabile rimane il bastone.

NOTA IMPORTANTE:
Ray non si aggancia al bastone! Ray è inteso come un complemento dei bastoni tradizionali per non vedenti, non sostituisce il bastone.
Ray quando non si usa lo si può portare al collo, grazie al cordoncino, od in tasca, ed all’occorrenza si utilizza, cioè nei momenti in cui è più difficile decifrare gli ostacoli davanti a se con il solo uso del bastone.
Si usa tenendolo in mano in posizione parallela al terreno, puntandolo in avanti davanti a se, dato che il sensore è posizionato su di una facciata piccola, quindi ci avviserà in anticipo degli ostacoli emettendo un crescendo di segnali sonori o vibranti che aumentano di intensità all’avvicinarsi dell’ostacolo.

Funzionamento:
Premessa: mentre Ray riconosce gli ostacoli sul percorso, ad esempio quando siamo sul marciapiede, non può rilevare i cordoli, cioè lo scalino, la parte terminale del marciapiede.
Il suo cono di ultrasuoni può essere paragonato ad un fascio di luce di una torcia elettrica che vi aiuterà ad individuare gli ostacoli molto prima e riconoscere al meglio l’ambiente.
Ray è leggero (60 g), è piccolo, funziona con due batterie AAA ed entra in qualsiasi tasca.
È facile da maneggiare e le sue funzioni sono:
Individua gli ostacoli ad una distanza di 2,50 metri e segnala l’ostacolo con un segnale acustico o una vibrazione (l’utente può scegliere tra queste due modalità).
Una modalità di “uscita”: Questa modalità dà all’utente la possibilità di localizzare le aperture come porte o vie di entrata attraverso un gruppo di persone. Anche nella modalità di uscita, l’utente può scegliere tra la funzione acustica o tattile.
Ray contiene LUMItest che è una funzione che permette di sapere se c’è luce.
L’annuncio è sempre tattile o acustico.
Ray è estremamente facile da usare e si apprende al meglio con po’di allenamento. Si consiglia una piccola formazione di mobilità per acquisire familiarità con il dispositivo.

FELIXPHONE:
FELIXPHONE è un vero e proprio ritorno alla facilità di utilizzo!
FELIXPHONE è un telefono cellulare parlante progettato non solo per ciechi ed ipovedenti, ma anche per anziani che abbiano difficoltà visive, di udito e di memoria ed in generale per tutte quelle persone che hanno problemi nell’uso dei classici telefonini touch o degli smartphone.
Tutte le funzioni proposte sono studiate per una estrema facilità d’uso. La guida vocale, insieme ad un’interfaccia utente semplificata, fanno di FELIXPHONE un cellulare che vi permette di comunicare agilmente con tutti.
Il telefono è dotato di una sintesi vocale italiana di alta qualità, regolabile sia nel volume che nella velocità, e vocalizza i tasti che vengono premuti e tutto ciò che viene selezionato sullo schermo, inoltre si possono impartire dei comandi vocali per chiamare, inviare messaggi ecc.
– Schermo: ottima qualità di lettura, grande display ad alto contrasto di colori, facilmente leggibile anche in giornate molto soleggiate.
– Tastiera: è stata appositamente sviluppata per migliorare l’accessibilità, la facilità di lettura e di pressione, grazie a grandi tasti con rilievo tattile molto accentuato.
Riepilogo funzioni principali e specifiche tecniche
– Comando vocale: oltre che manualmente, grazie all’ottimo rilievo tattile dei tasti, si può accedere alle funzioni principali del telefono semplicemente con l’ausilio della propria voce, come ad esempio, inserire o chiamare un contatto presente in rubrica o comporre un numero.
– Stato Telefono: attraverso la sintesi vocale il dispositivo fornisce l’orario, la data, lo stato della batteria e il segnale di rete.
– Rubrica: permette la memorizzazione vocale semplificata del nome e del numero telefonico.
– Chiamate: con pochi semplici comandi gestisce le chiamate perse, le chiamate ricevute e quelle effettuate.
– SMS: manualmente o con l’apporto del comando vocale si ha la possibilità di scrivere sms ed inviarli in modo rapido e semplice e anche ascoltare i messaggi ricevuti ed inviati.
– Altre funzioni: 4 sveglie e il registratore vocale.
– Impostazioni: facile gestione del volume e delle impostazioni di data e ora in totale autonomia.
– Dimensioni: 13,1 per 5,7 per 1,18 cm.

Slash Radio Web: Scuola alla Radio, 30 gennaio 2019

Si ricorda che il 30 Gennaio 2019 in diretta su Slash Radio Web dalle ore 15:00 alle 16:00, andrà in onda il secondo appuntamento con la rubrica mensile “Scuola alla Radio” a cura della Commissione Istruzione e Formazione dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus-Aps.
La puntata sarà divisa in due parti. La prima, dalle 15:00 alle 15:30, sarà dedicata alle Iscrizioni per l’anno scolastico 2019-2020.
Ne parleremo con la dott.ssa Gianna Barbieri, Direttore generale per i contratti, gli acquisti e per i sistemi informativi e la statistica del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur) e con la ex dirigente scolastica Silvana Piscopo, componente della Commissione Istruzione e Formazione dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus-Aps. Si farà un bilancio sull’accessibilità al sistema adottato, sugli eventuali problemi riscontrati e le possibili soluzioni da attuare in futuro per il miglioramento del servizio.
La seconda parte, dalle 15:30 alle 16:00, sarà dedicata al Bonus per i docenti.
Il dott. Davide D’Amico, Dirigente ufficio formazione personale della scuola e dirigenti scolastici del Miur e la professoressa Daniela Floriduz, referente della Commissione Istruzione e Formazione dell’Uici affronteranno il tema partendo da un’analisi dei dati relativi all’accesso a suddetto bonus, specificando le caratteristiche di utilizzo del bonus e sottolineando le differenze dalla sua introduzione a oggi.
La trasmissione sarà condotta dal coordinatore della Commissione Istruzione e Formazione dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli ipovedenti Onlus-Aps il professore Marco Condidorio.

Per ascoltare Slashradio sarà sufficiente digitare: http://www.uiciechi.it/radio/radio.asp (per chi utilizza il Mac, la stringa sarà: http://94.23.67.20:8004/listen.m3u), oppure collegarsi con la pagina Fb di Slashradioweb (https://www.facebook.com/SlashRadioWeb/?fref=ts).
Il programma radiofonico è curato dalla Commissione Istruzione e Formazione dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti Onlus-Aps in collaborazione con Slash Radio Web, la radio ufficiale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS-APS.
Il contenuto delle trasmissioni andate in onda può essere riascoltato sul sito dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS-APS all’indirizzo www.uiciechi.it/ArchivioMultimediale e sulla pagina facebook di Slash Radio Web.
Gli ascoltatori potranno scegliere diverse modalità di intervento e partecipazione: tramite telefono contattando durante la diretta i numeri: 06-92092566, inviando e-mail, anche nei giorni precedenti la trasmissione, all’indirizzo: diretta@uiciechi.it oppure compilando l’apposito modulo di Slashradio.

Relazione utilizzo Sunu Band, di Nunziante Esposito

Prove pratiche e considerazioni sull’utilizzo del device Sunu Band, commercializzato in Italia da Vision Dept: http://www.visiondept.it

Ormai, e non dobbiamo meravigliarci, siamo nell’era della miniaturizzazione e dell’automazione spinta e sono tanti gli ausili che i costruttori ci mettono a disposizione per aiutarci a muoverci sia in ambienti interni, sia in ambienti esterni. Questi ausili hanno tutti lo stesso scopo: rintracciare gli ostacoli, per evitarli più facilmente.

Partendo dalla guida rapida di questo braccialetto elettronico a vibrazione che ci aiuta a discriminare gli ostacoli, fornitami dalla Vision Dept assieme al dispositivo per poterlo provare, descriverò di seguito la mia esperienza di utilizzo per fornire a tutti coloro che leggono questo scritto delle indicazioni per avere la possibilità di valutarne le caratteristiche.

Questo dispositivo non lo si usa da solo, ma bensì integrando l’utilizzo di un comune bastone bianco o l’utilizzo del cane guida, ma si può utilizzare anche quando si viene accompagnati da un vedente, perché serve a salvaguardare l’utente da ostacoli sul lato opposto a quello dell’accompagnatore, oltre che del bastone o del cane guida.

Di seguito, intercalandole nelle spiegazioni di questa mini-guida di utilizzo, metto in evidenza l’esperienza dell’l’uso pratico di questo ausilio, cercando di individuare caratteristiche positive e negative, fornendo delle considerazioni che sono personali e per l’esperienza fatta.

Per prima cosa, vediamo quello che troviamo nella scatola quando ci arriva il dispositivo.
– Un bracciale sonar SUNU Band.
– Un Cavo Micro USB.
– Un Manuale in nero per le istruzioni.
– Le indicazioni per una App per Smartphone.

Premessa:
Quanto segue è stato provato negli ambienti interni avendo il solo braccialetto al polso, mentre per esterni utilizzando un normale bastone bianco o usandolo quando accompagnato da un vedente. Tutte le deduzioni sono personali e non vogliono in alcun modo giudicare la bontà di questo ausilio, ma solo dare delle indicazioni dell’esperienza fatta.

Leggi l’articolo completo:
http://www.uiciechi.it/servizi/riviste/TestoRiv.asp?id_art=21304

Nunziante Esposito
nunziante.esposito@uiciechi.it

OrCam MyEye: test del dispositivo, agosto-ottobre 2018, di Nunziante Esposito

Durante i tre mesi di utilizzo pratico in oggetto ho avuto la possibilità di utilizzare questo dispositivo che consente di leggere, riconoscere volti e oggetti attraverso una telecamera, provandolo praticamente in tutte le condizioni in cui si può utilizzare e per tutte le cose che faccio tutti i giorni.

Anche se questo dispositivo è molto più utile ad un ipovedente, ho avuto modo di apprezzarlo anche da cieco assoluto. Infatti, questo ausilio, che in precedenza era composto da due componenti, una unità centrale di una grandezza poco più grande di un pacchetto di sigarette collegata con un cavetto ad un supporto sul quale erano montati una telecamera ed un altoparlante in miniatura, ora si compone del solo supporto che oltre a contenere come prima una telecamera ed un altoparlante in miniatura, al suo interno contiene anche tutta l’elettronica di gestione miniaturizzata.

Leggi l’articolo completo:
http://www.uiciechi.it/servizi/riviste/TestoRiv.asp?id_art=21715

Nunziante Esposito
Coordinatore Commissione Nazionale Ausili e Tecnologie
nunziante.esposito@uiciechi.it

La coscienza politica, di Marco Condidorio

La coscienza politica di chi ha avuto la responsabilità di scrivere leggi e decreti legge in materia di istruzione e formazione, ha segnata la via maestra dell’integrazione e dell’inclusione…
Ancora oggi, se da un lato dobbiamo molto alla scrittura di leggi pionieristiche in riferimento ad una scuola che fosse per tutti e non solo per alcuni, oggi quelle stesse leggi andrebbero adeguate ad un lessico maggiormente rispettoso della condizione di disabilità delle cittadine e dei cittadini.
Ultimamente ho letto un articolo su “I diritti violati dei bambini e dei ragazzi con disabilità” articolo del quotidiano «La Stampa» del 6 gennaio 2019.
Uno scritto che denuncia una sacrosanta verità a cui dovremo opporre una altrettanto sacrosanta verità: il diritto passa attraverso il registro linguistico più appropriato ed attuale. E così l’idea di scrivere un pezzo immediatamente prende forma e non per contraddire il frammento ma, al contrario per sottolinearne alcuni elementi, dirò taluni angoli bui che meritano invece d’essere illuminati per comprendere che, la discriminazione può originarsi già a partire dalla forma con la quale la norma è scritta e di come questo possa contribuire a perpetrare una certa discriminazione a svantaggio dei nostri bambini, alunni e studenti in condizioni di disabilità, di cui penso non sia responsabilità solo della Scuola, ma…
Nell’articolo si parla di “numeri tristi”, precisamente quattro. Ai quattro punti, mi permetto di aggiungerne un quinto ed un sesto.
Manca una formazione sociale/civile rivolta alle famiglie e i cittadini tutti, ivi compresi i docenti della nostra scuola mediante cui far giungere una immagine dinamica, creativa e costruttiva di chi nonostante viva la condizione di una qualche disabilità, produce e costruisce, sia per sé che per gli altri. E, la normativa vigente ancora gode di un lessico per nulla rispettoso della persona in condizione di disabilità né ne valorizza potenzialità e attitudini. Questi sono angoli bui per l’integrazione dei nostri discenti, ma non solo: lo è per tutta la società, che vive quotidianamente di relazioni veloci e tese al solo assistenzialismo.
Quanti sanno che la normativa vigente in materia di integrazione/inclusione fa uso di un lessico che oggi risulta anacronistico sino a ad essere discriminante e per nulla al passo con i tempi?
Forse, il decreto legislativo 66/2017 sull’inclusione scolastica introduce qualche novità a riguardo a partire dal titolo e dai primi articoli:
Norme per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità, a norma dell’articolo 1, commi 180 e 181, introduce un nuovo approccio sia educativo che didattico oltre che anche di tipo lessicale.
I primi due articoli infatti recitano partendo dai principi e dalle finalità
1. L’inclusione scolastica:
a) riguarda le bambine e i bambini, le alunne e gli alunni, le studentesse e gli studenti, risponde ai differenti bisogni educativi e si realizza attraverso strategie educative e didattiche finalizzate allo sviluppo delle potenzialità di ciascuno nel rispetto del diritto all’autodeterminazione e all’accomodamento ragionevole, nella prospettiva della migliore qualità di vita;
b) si realizza nell’identità culturale, educativa, progettuale, nell’organizzazione e nel curricolo delle istituzioni scolastiche, nonché’ attraverso la definizione e la condivisione del progetto individuale fra scuole, famiglie e altri soggetti, pubblici e privati, operanti sul territorio;
c) è impegno fondamentale di tutte le componenti della comunità scolastica le quali, nell’ambito degli specifici ruoli e responsabilità, concorrono ad assicurare il successo formativo delle bambine e dei bambini, delle alunne e degli alunni, delle studentesse e degli studenti.
Si avverte un respiro di uguaglianza per un approccio teso a realizzare da subito un ambiente “inclusivo”.
Seguiamo ancora il testo: Il presente decreto promuove la partecipazione della famiglia, nonché’ delle associazioni di riferimento, quali interlocutori dei processi di inclusione scolastica e sociale.
Già da queste prime righe è possibile scorgere un approccio linguistico maggiormente rispondente agli scopi del decreto legge e al fatto che il soggetto cui rivolge l’attenzione occupi la parte centrale della scena.
Leggiamo ancora: Ambito di applicazione
1. Le disposizioni di cui al presente decreto si applicano esclusivamente alle bambine e ai bambini della scuola dell’infanzia, alle alunne e agli alunni della scuola primaria e della scuola secondaria di primo grado, alle studentesse e agli studenti della scuola secondaria di secondo grado con disabilità certificata ai sensi dell’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, al fine di promuovere e garantire il diritto all’educazione, all’istruzione e alla formazione.
2. L’inclusione scolastica è attuata attraverso la definizione e la condivisione del Piano Educativo Individualizzato (PEI) quale parte integrante del progetto individuale di cui all’articolo 14 della legge 8 novembre 2000, n. 328, come modificato dal presente decreto”.
Ma, gli articoli 1 e 3 della legge 104/92 che lessico ci propongono ancora oggi?
A partire dal titolo della stessa legge possiamo leggere che le persone in condizioni di disabilità sono:
legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate
E agli articoli 1 e 3:. Partiamo dalle finalità La Repubblica:
a) garantisce il pieno rispetto della dignità umana e i diritti di libertà e di autonomia della persona handicappata e ne promuove la piena integrazione nella famiglia, nella scuola, nel lavoro e nella società: come?
Noi impartiamo lezioni di cittadinanza avendo cura di utilizzare un lessico appropriato come per esempio:
Tutti gli uomini sono eguali di fronte alla legge; nel nostro paese tutti i cittadini hanno pari diritti e proviamo a formulare un elenco perché ci aiuti nella trasmissione dei principi o valori sociali.
Per esempio: tutte le persone disabili, gli immigrati ecc. Non utilizziamo termini, volutamente offensivi o che comunque nel tempo hanno acquisita una connotazione discriminante quali “negri” o handicappati.
Procediamo con la lettura:
b) previene e rimuove le condizioni invalidanti che impediscono lo sviluppo della persona umana, il raggiungimento della massima autonomia possibile e la partecipazione della persona handicappata alla vita della collettività, nonché’ la realizzazione dei diritti civili, politici e patrimoniali.
Quale ruolo può sperare di perseguire una persona che, sulle certificazioni e/o in forza di una normativa vigente vien classificata come “handicappata”?
Nel marzo del 2006 il legislatore offrirà ai cittadini in condizioni di disabilità una norma che li tuteli contro ogni tipo di discriminazione, la legge 67.
TITOLO: Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni
Art. 1. (Finalità e ambito di applicazione)
1.La presente legge, ai sensi dell’articolo 3 della Costituzione, promuove la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità di cui all’articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, al fine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali. Il richiamo all’articolo 3 della legge 104/92 è legittimo, ovviamente per i principi in esso richiamati; meno per la forma utilizzata; la 67 rispecchia il cambiamento di un registro concettuale e lessicale superato, il testo richiamato è invece abbondantemente sorpassato.
Sentite la fluidità del comma 2 sempre della 67/2006 “Restano salve, nei casi di discriminazioni in pregiudizio delle persone con disabilità relative all’accesso al lavoro e sul lavoro, le disposizioni del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, recante attuazione della direttiva 2000/78/CE per la parità di trattamento in materia di occupazione e di condizioni di lavoro”.
Ma procediamo con i commi della 104/92
c) persegue il recupero funzionale e sociale della persona affetta da minorazioni fisiche, psichiche e sensoriali e assicura i servizi e le prestazioni per la prevenzione, la cura e la riabilitazione delle minorazioni, nonché’ la tutela giuridica ed economica della persona handicappata.
Su questo comma ci sarebbe da scrivere un’enciclopedia ma…
d) predispone interventi volti a superare stati di emarginazione e di esclusione sociale della persona handicappata.
Quest’ultimo passaggio trattato pone un ulteriore quesito:
Ma a questo punto, non sarebbe opportuna una riscrittura dell’intero testo della legge 104/92, considerate tra le altre cose le diverse modifiche succedutesi dalla sua entrata in vigore?
Leggiamo come veniamo definiti in virtù del godimento di un diritto:
Soggetti aventi diritto
1. E’ persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.
Anche su questo ci sono molte cose da dire, per esempio:
perché continuiamo a mantenere in vigore una definizione di persona in condizione di disabilità come da punto 1 del presente articolo 3 ex lege 104/92?
Come se non fossero state scritte né la convenzione ONU sui diritti delle persone in condizione di disabilità, ratificata dal nostro Parlamento nel 2009 con la legge numero 18; o come se non esistesse l’ICF.
2. La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative.
3. Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l’autonomia personale, correlata all’età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di gravità. Le situazioni riconosciute di gravità determinano priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici.
Fermo restando il positivo carattere sociale che pone la persona al centro di provvedimenti utili ad alleviarne la condizione di disagio fisico, sociale ed ambientale; l’orientamento della norma si caratterizza per essere una norma fortemente assistenzialistica e poco riabilitativa, sia dal punto di vista psico-fisico che sociale ed ambientale.
Vetusto, antiquato e superato buona parte del lessico; oltre al fatto che, la stessa Organizzazione mondiale della salute, come appena citato, ha stabiliti programmi e protocolli sociali e scientifici, tra cui l’ICF, che consentono di modificare lo stesso approccio sociale alla condizione di disabilità.
Torno alla traccia del documento:
Leggo che: Quattro numeri sono tristemente eloquenti sulla condizione dei bambini che necessitano di insegnanti di sostegno che frequentano le nostre scuole.
1° solo il 32% delle scuole garantisce l’accessibilità a chi ha problemi motori.
2° solo l’1,6% delle scuole garantisce l’accesso di tipo senso-percettivo cioè con segnali acustici per non vedenti o segnalazioni visive per sordi/non udenti, mappe a rilievo o percorsi tattili.
3° il 36% degli insegnanti non è qualificato per svolgere attività di sostegno.
4° la maggioranza dei bambini con problemi non partecipano a gite scolastiche. E, come già espresso sopra,
5° manca una formazione sui temi legati alla condizione di disabilità rivolta alle famiglie, alla scuola di tipo sociale e culturale.
6° e non perché meno importante, come scritto già sopra, riproporrei quello relativo alla necessità di modificare, meglio aggiornare il linguaggio col quale scriviamo la normativa riferita alle persone in condizioni di disabilità, ove lo stesso termine “disabilità, personalmente lo abolirei!
Dunque anche la terminologia della legge ha il proprio peso; si aggiunga poi che, quel che fa la differenza, in negativo si intende, è l’applicazione della norma in virtù di disponibilità economiche o di risorse umane professionalmente indicate disponibili o no, triste primato tutto italiano!
Dirò che, mentre pian piano sta prendendo sempre più forma nella mente degli attori della politica il tema dell’abbattimento barriere architettoniche quale principio di accessibilità per cui si progettano ambienti e siti urbani che tengono conto d’ogni cittadino, ivi compreso quello in situazione di disabilità sensoriale; quando parliamo di alunni o studenti in condizioni di disabilità sensoriale, per cui necessiterebbero di ulteriori ed specifici allestimenti ambientali che ne consentano l’autonomia, ancora siamo molto lontani; al più vediamo posizionare qua e là sistemi tattilo-plantari senza alcuna ratio e con un dispendio di risorse economiche davvero vergognoso.
Tutto questo produce un modello distorto di società, che speravamo superato e che invece sembra prepotentemente ritornare, o meglio riemergere dall’inconscio collettivo, quello di un certo “darwinismo sociale”; e che, nonostante leggi all’avanguardia, cito: “tra cui ancora la L.104, non stiamo realmente garantendo il diritto di accesso alla scuola, alla qualità dell’istruzione, alla socialità a questi bambini”.
Ecco, la legge 104/92 non è più una legge all’avanguardia, tutt’al più possiamo considerarla pioneristica perché pioneristico fu il documento Falcucci da cui ebbe origine la stessa legge, anch’essa pioneristica come la 517/77.
Altri dati sulla scuola:
gli alunni/studenti sono 272 mila in totale, dalla scuola per l’infanzia alle secondarie superiori, secondo l’Istat. Il 13% è rappresentato da bambini di nazionalità diversa da quella italiana, che stanno peggio degli altri.
Possibile che ci debbano essere, ancora oggi bambini, alunni e studenti che oltre a doversi inserire, cosa non facile, devono aver il problema anche di arrivare fisicamente a scuola e muoversi liberamente al suo interno?
Possibile che in più di un terzo dei casi non venga loro garantita la qualità di insegnamento necessaria, e siano affidati a insegnanti non formati che nella maggior parte dei casi cambiano l’anno successivo? Il 46% di questi bambini ha una disabilità mentale, il 25% problemi di sviluppo, il 20% di linguaggio, il 19% di apprendimento, l’11% problemi motori, il 10% sensoriali. La situazione è più difficile, come sempre, al Sud. Ma non è che il Nord sia poi così più avanti. Non basta che i diritti siano scritti sulla carta, devono realizzarsi nella vita quotidiana, e soprattutto a scuola, prima frontiera di inclusione sociale per i bambini, cittadini anch’essi a tutti gli effetti.
Ecco, se la scuola, come è giusto che sia è “frontiera sociale”, aggiungerei con un pizzico di “criticismo storico” che, oggi è il tempo di ripensare alcuni concetti da cui inevitabilmente dipende e discende un atteggiamento sociale, sia nella scrittura del DNA politico del Legislatore che dell’Esecutivo ma anche nella formazione e nell’azione del cittadino.

Autonomia personale e mondo del lavoro: un binomio imprescindibile, di Valeria Tranfa

Quale ruolo per il tiflologo nell’acquisizione delle competenze relative alla sfera delle autonomie?

Quando pensiamo ad un giovane non vedente che si affaccia al mondo del lavoro, quali sono i requisiti che deve possedere? È sicuramente importante che sia preparato, ma le competenze relazionali e sociali che gli vengono richieste sono forse meno importanti? Tra le altre riflessioni ci siamo soffermati a parlare di questo durante il Convegno “Istruzione, Formazione e Lavoro” svoltosi presso l’Istituto dei Ciechi di Milano, il 30 novembre scorso.
Cosa significa quindi diventare persone autonome? Nel percorso di istruzione e di formazione di un ipovedente o di un non vedente, quanto è importante dedicare tempo e risorse al raggiungimento di buoni livelli di autonomia?
La risposta, solo apparentemente ovvia, è che nessuno può arrivare preparato ad affrontare il mondo del lavoro se non viene formato ed educato fin da piccolo a raggiungere buoni livelli di indipendenza.
Questo principio vale per tutti i bambini e i ragazzi, vale in tutti gli ordini di scuola, in proporzione all’età e alla propria condizione, a maggior ragione vale, ed è importante, per chi ha una disabilità visiva e quindi accede alla realtà in modo differente.
Da sempre infatti l’Istituto dei Ciechi di Milano si è occupato, e si preoccupa anche oggi, di formare i ragazzi minorati della vista non solo offrendo loro gli strumenti di studio più adatti, ma soprattutto curando la dimensione dell’autonomia personale, suggerendo strategie opportune per superare le difficoltà che la mancanza della vista pone, offrendo al mondo della scuola e alle famiglie un punto di vista attento a non cedere alla tentazione di sostituirsi a…, di fare al posto di.
Spesso insegnanti e genitori cadono in questo errore senza neppure accorgersi, perché “il ragazzo è in difficoltà”, “ci mette tanto tempo…”, “non ci vede, quindi è impossibile che ci riesca da solo…”
Con la vita di Istituto e con la scuola speciale prima, e con il servizio di Consulenza Tiflopedagogica poi, nelle scuole di ogni ordine e grado, i Tiflologi dell’Istituto dei Ciechi di Milano, secondo un modello di intervento che è diventato oggi esempio per tutta la Regione Lombardia, affiancano insegnanti di sostegno, assistenti alla comunicazione e operatori, che lavorano nella scuola, affinché ad ogni singolo bambino e ragazzo ipovedente e non vedente si insegni quanto sia importante imparare non soltanto discipline e contenuti scolastici, ma anche e soprattutto abilità di autonomia personale e sociale per poter affrontare la vita con le giuste competenze.
Oggi indubbiamente il mondo del lavoro è cambiato, richiede capacità di adattamento, richiede flessibilità, autostima e ottime capacità di relazione.
Il mercato del lavoro è in continua evoluzione, esistono occupazioni che solo 20 anni fa non esistevano e, si dice, che tra altri 20 esisteranno mestieri che ancora non sono stati inventati. Trovare lavoro è difficile e la ricerca è molto selettiva.
Dall’altra parte la società tende a iperproteggere i giovani, vengono chiamati ancora “ragazzi” i trentenni e i trentacinquenni che, soltanto qualche anno fa erano già padri di famiglia, vivevano fuori casa ed erano completamente indipendenti sul piano economico di fronte alla collettività. A maggior ragione perché non rimandare l’emancipazione dei ragazzi che non vedono? Non è forse giusto scoraggiare la loro indipendenza e procrastinare il distacco dalla famiglia? Farli sentire sicuri soltanto a casa, proteggerli dal mondo cattivo, evitando loro qualche frustrazione in più, rispetto a quelle che incontrano già tutti i giorni?
È anche in questo senso che prende significato la proposta dell’intervento tiflologico.
Fin dalla primissima infanzia, infatti, è preziosa la figura del Tiflologo che insiste nel sottolineare quanto sia importante conquistare mano a mano la propria autonomia.
È il tiflologo quindi che, prendendo in carico un bambino o un ragazzo, attraverso una periodica osservazione a scuola, attraverso il dialogo con la famiglia, attraverso i momenti di scambio con gli insegnanti, partecipando alla programmazione degli obiettivi didattici e non, e confrontandosi con gli altri specialisti, ha la preziosa opportunità di offrire un nuovo punto di vista, non si stanca di sottolineare come non sia la minorazione visiva a rendere un cieco poco autonomo, ma la difficoltà, conscia o inconscia, ad investire di più sul raggiungimento anche di altre competenze…
Fin dalla scuola dell’infanzia, e per tutti i successivi ordini di scuola, oltre che occuparsi di fornire indicazioni sui percorsi didattici e sui materiali specifici per stimolare il bambino ad apprendere e a sviluppare le proprie capacità cognitive, il tiflologo sottolinea come sia importante che la scuola verifichi prima, ed incentivi poi, competenze rivolte ad avere cura di sé. Imparare a vestirsi e svestirsi da solo quando si è piccoli, lavarsi ed asciugarsi le mani ed il viso significheranno da grandi saper curare il proprio aspetto, vestirsi con cura, saper abbinare i colori con gusto, imparare a truccarsi…
È sempre il tiflologo che fornisce indicazioni specifiche affinché il bambino impari a muoversi con sicurezza negli ambienti scolastici, perché diventi capace di raggiungere da solo il proprio banco, conosca il percorso per andare in bagno, sia in grado di riporre il materiale utilizzato al posto giusto. Una volta divenuto adulto, quel ragazzo potrà quindi essere in grado di uscire da solo senza paura, potrà imparare la strada per andare in ufficio, saprà tenere in ordine la sua scrivania, e si muoverà con disinvoltura negli spazi della quotidianità.
Il tiflologo poi si preoccupa di verificare le capacità di ogni bambino di mangiare da solo, di usare le posate in modo corretto, suggerisce il momento opportuno per insegnargli a versare l’acqua, invita gli insegnanti a richiedergli di mantenere una buona postura a tavola. Queste competenze, acquisite in modo adeguato all’età cronologica di ciascuno, e man mano fatte proprie, permettono un domani di andare a mangiare con i colleghi, di recarsi al ristorante con amici e parenti senza dipendere da nessuno, senza paura di doversi vergognare. Sentirsi adeguati in mezzo agli altri significa aumentare il proprio livello di autostima, prerequisito fondamentale, tra gli altri, per inserirsi positivamente anche nel mondo del lavoro.
Imparare a studiare in autonomia da ragazzini, padroneggiare una postazione informatica personalizzata, usare software specifici, approcciarsi ad internet, utilizzare al meglio le opportunità che il mondo dell’informatica mette a disposizione, significa da adulti accedere ad una gamma sempre più vasta di opportunità lavorative, diventare più competitivi sul mercato del lavoro. Anche di questo si cura il tiflologo, affiancato, a partire più o meno dal terzo anno della scuola primaria, dal tifloinformatico.
Diventare capaci di progettare la propria giornata e la propria settimana, decidere in piena coscienza quali attività e quali amici frequentare nel tempo libero, sentirsi davvero padroni di sé perché si è consapevoli dei propri limiti ma anche delle proprie risorse sono bagaglio indispensabile per affrontare a testa alta la vita.
Essere autonomi nelle relazioni con gli altri da piccolo significa imparare a controllare un’eventuale stereotipia, vuole dire tenere la testa alta e diritta, voltarsi sempre in direzione di chi sta parlando, non interrompere l’altro, mantenere un adeguato tono di voce.
Da grande queste competenze si tradurranno nell’apparire sicuri di sé, nel possedere buone capacità di autocontrollo, nel poter imparare a parlare in pubblico senza vergognarsi, e così via.
Tutte queste capacità vengono acquisite con gradualità, giorno dopo giorno, passo dopo passo, con l’aiuto di chi, certo del risultato, con molta dolcezza ma con altrettanta fermezza, indica la strada giusta, accompagna fisicamente il gesto di chi ancora non possiede la tecnica, fornisce indicazioni verbali fino a che i risultati non sono stati raggiunti.
L’importante è poter cominciare questo percorso fin dall’infanzia per evitare che, affacciandosi alla vita adulta e poi anche al mondo del lavoro, si rischi di non avere abbastanza tempo per colmare le lacune, per evitare che di quel ragazzo o di quella ragazza si debba dire “è intelligente, è capace, impara in fretta però…”
È auspicabile quindi che ogni scuola, dove è inserito un ragazzo con difficoltà visiva, così come prevede la nostra normativa regionale, possa usufruire del Servizio di Consulenza Tiflopedagogica. Servirsi della Consulenza significa proprio potersi confrontare con un tiflologo che aiuti gli insegnanti e tutto il personale scolastico a porre l’accento, tra gli altri aspetti, anche sulle problematiche relative all’autonomia, significa venire incoraggiati a mettersi in gioco sempre, nonostante le difficoltà e i limiti, accanto alle famiglie, per crescere ragazzi preparati sul piano degli apprendimenti, ma anche e soprattutto, su quello personale, perché davvero persone capaci di diventare autonome, protagoniste appieno della propria vita e non fruitori passivi di un’esistenza determinata da altri.

Valeria Tranfa
Tiflologa dell’Istituto dei Ciechi di Milano

Sassari – Genitori e docenti a scuola di differenti abilità

Il 18 gennaio convegno per presentare un corso promosso da Unione Ciechi e Associazione Dislessia

Genitori e insegnanti tornano a lezione per costruire una scuola più accessibile e inclusiva per gli studenti con disabilità e con bisogni educativi speciali. Con un convegno venerdì 18 gennaio prenderà il via il progetto «Differenti abilità»: un corso gratuito di 124 ore promosso dalla sezione territoriale dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti (UICI) con la collaborazione dell’associazione italiana dislessia (AID) di Sassari e il finanziamento della Fondazione di Sardegna.
L’evento di apertura si terrà alle 15 e 30 nella sede della Fondazione di Sardegna in via Carlo Alberto 7 a Sassari.
Il 24 gennaio partirà il corso vero e proprio.
Sarà possibile seguire gratuitamente tutta l’attività formativa o scegliere i singoli moduli, tra cui uno rivolto a studenti e dedicato alla relazione con i compagni con disabilità. Il progetto, che si concluderà ad Aprile, prevede anche il coinvolgimento degli stessi alunni.
Venerdì i lavori saranno introdotti dalla vice presidente della fondazione di Sardegna, Angela Mameli, dal presidente territoriale dell’Unione Italiana Ciechi, Franco Santoro, dal Presidente Nazionale UICI Mario Barbuto, e dalla vice presidente nazionale AID, Antonella Trentin. Alle 17 sarà la volta delle relazioni di Paola Torcolini, Marco Condidorio e Maria Antonietta Meloni.
Chiuderà la Professional Counselor Sabrina Salis con l’invito «Carpe Diem… prendete la vostra vita e fatene un capolavoro».
«Abbiamo promosso questo progetto perché crediamo nel lavoro di rete – spiega Franco Santoro – e nel dialogo tra tutti gli attori della scuola: genitori, insegnanti e alunni. La nostra associazione nasce abbattere le barriere e riteniamo che la formazione sia lo strumento migliore per raggiungere questo obiettivo. Vorremmo che negli Istituti scolastici nascesse un ulteriore momento di confronto sulla gestione del disagio, provando anche a battere nuove strade». Tra i temi affrontati ci saranno la teoria degli apprendimenti, i metodi di studio, la didattica inclusiva, il coding, l’uso delle nuove tecnologie.

Fonte: La Nuova Sardegna
Data pubblicazione: 16 gennaio 2019

Sassari – Genitori e docenti a scuola di disabilità

Sassari. Progetto di formazione dell’Unione Ciechi

Centoventiquattro ore di formazione per genitori e insegnanti su come costruire una scuola più accessibile e inclusiva per gli studenti con disabilità e con bisogni educativi speciali. Con un convegno organizzato il 18 gennaio prenderà via il progetto «Differenti abilità» promosso dalla Sezione Territoriale dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti (UICI) con la collaborazione dell’associazione italiana dislessia (AID) di Sassari e il finanziamento della Fondazione di Sardegna.
L’evento di apertura si terrà alle 15 e 30 nella sede della Fondazione di Sardegna in via Carlo Alberto 7 a Sassari.
L’appuntamento sarà l’occasione per presentare gli obiettivi dell’intervento e fare il punto con gli esperti su come il mondo della scuola risponde alle esigenze degli alunni con difficoltà di apprendimento o con disabilità e delle loro famiglie. Il 24 gennaio partirà il corso vero e proprio: sarà possibile seguire gratuitamente tutta l’attività formativa o scegliere i singoli moduli. Il progetto, che si concluderà ad aprile, prevede anche il coinvolgimento degli stessi alunni.
I lavori saranno introdotti dalla vice presidente della fondazione di Sardegna, Angela Mameli, il presidente territoriale dell’Unione Italiana Ciechi, Franco Santoro, il Presidente Nazionale UICI Mario Barbuto, e dalla vice presidente nazionale AID, Antonella Trentin.

Fonte: L’Unione Sarda
Data pubblicazione: 16 gennaio 2019

Progetto Crescere – “Alla via così”: persone con disabilità al comando di una barca a vela

Quando lo sport diventa l’occasione per lo sviluppo della persona e dell’intera comunità.

Giovedì 24 gennaio 2019 a Modena, alle ore 20.30, si terrà un incontro sulla disabilità promosso dalla Scuola Nautica Lunga Rotta in collaborazione con le associazioni Anffas, Aut Aut, l’ASP Charitas e la Casa di Cura Villa Igea. Sarà presente anche la cooperativa sociale Progetto Crescere grazie al contributo del suo direttore sanitario Ciro Ruggerini. Obiettivo dell’iniziativa è la presentazione dei risultati di un progetto innovativo di scuola nautica per persone con disabilità, che ha coinvolto diversi ragazzi insieme a operatori sociali, educatori e famiglie.

“L’alba di una nuova sfida: i muri che ci eravamo costruiti sono caduti in acqua insieme alle paure e alle difficoltà”. Con queste parole viene descritto l’obiettivo del progetto della scuola nautica “Lunga Rotta”, che sarà presentato a Modena il prossimo 24 gennaio alle 20.30 nei locali dell’ASP Charitas. Il progetto “Alla via così” ha impegnato e coinvolto nell’ultimo anno con l’attività velica diversi ragazzi insieme alle loro famiglie, grazie alla collaborazione della Scuola Nautica Lunga Rotta insieme alle associazioni Anffas e Aut Aut, l’ASP Charitas di Modena e la Casa di Cura Villa Igea. “Questa iniziativa è unica nel suo genere e rappresenta un passo importante per lo sviluppo personale dei ragazzi coinvolti” – afferma Ciro Ruggerini, psichiatra e direttore sanitario di Progetto Crescere, che il prossimo 24 gennaio concluderà la presentazione dei risultati del progetto. “Quando parliamo di sviluppo della persona dobbiamo considerare il fatto che esso è possibile lungo tutto l’arco della vita, a condizione che siano offerte opportunità adeguate, opportunità che solo una comunità può fornire attivandosi grazie a un processo di innovazione. In questa direzione, il progetto di scuola velica per ragazzi disabili, promosso da Lunga Rotta, ha dato vita a un processo di innovazione, perché ha permesso alle agenzie del territorio, alle organizzazioni coinvolte e ai diversi operatori di modificare le relazioni esistenti, attivando esperienze di qualità sostenibili che possono offrire alle famiglie nuove opportunità mai considerate prima”.
“Alla via così” ha visto coinvolti nelle attività sportive di barca a vela con i ragazzi alcuni educatori, che con queste parole esprimono i loro pensieri su un viaggio così speciale: “gli educatori mediano, con calma aiutano i ragazzi a raggiungere l’esterno, li aiutano a trovare una posizione tranquilla che li faccia sentire al sicuro…la tensione si scioglie, ascoltiamo i racconti dei lupi di mare, i viaggi transoceanici, le storie di coraggio. Aspettiamo che le correnti d’aria siano a nostro favore, poi dispieghiamo le vele, si spengono i motori, ci facciamo trascinare dal vento, quando c’è. Guardiamo il mare in silenzio, timoniamo… ed è pace!”.

Progetto Crescere è una cooperativa sociale di servizi educativi e sanitari composta da un’equipe professionale multispecialistica di neuropsichiatri infantili, psichiatri, psicologi e psicoterapeuti, educatori, logopedisti, terapisti e psicomotricisti. Nasce a Reggio Emilia nel 2014 dalla fusione de L’Arcobaleno Servizi e del Centro Lina Mazzaperlini, due solide realtà presenti da vent’anni sul territorio reggiano. Aderisce al Consorzio di Solidarietà Sociale Oscar Romero e a Confcooperative. Al centro dell’agire della cooperativa vi è l’unicità della persona e la lettura del suo bisogno. I servizi offerti, diagnostici, riabilitativi, educativi e di consulenza, interessano tutte le fasce di età (bambini, adolescenti, adulti) e prevedono interventi mirati, anche per coppie e famiglie, a livello psicologico, psicosociale, educativo e del linguaggio. Progetto Crescere è convenzionata con la Neuropsichiatria Infantile dell’Ausl di Reggio Emilia per l’attivazione di percorsi riabilitativi sui Disturbi degli Apprendimenti scolastici e del Linguaggio e le sedi operative della cooperativa a Reggio Emilia sono strutture sanitarie accreditate al Servizio Sanitario della Regione Emilia Romagna. A livello territoriale, Progetto Crescere collabora con istituti scolastici, comunità, strutture per disabili e anziani per la progettazione di percorsi specifici, per la supervisione a gruppi di lavoro ed è partner europeo del programma Erasmus+ per la formazione permanente degli adulti, dei professionisti e dei giovani.

Dott. Alberto Sabatini
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