Sembrano essere senza età le nostre nonne e i nostri nonni; padri e madri delle nostre mamme e papà.
I loro volti ci appaiono rassicuranti, come le loro voci ed i il loro profumo, che mescolato al nostro li trasformano in gestualità famigliari, fragranze che segneranno per sempre l’infanzia, l’adolescenza, culla dei ricordi e della fanciullezza.
E ancora, le mani ruvide sui nostri volti di fanciullo; le loro dita tra i nostri capelli di bambino. Le loro braccia forti e sicure attorno ai nostri corpi teneri di fanciullezza. Il loro sguardo rassicurante, tenero e generoso, mai paziente ma libero e gratuito.
La pazienza è di chi deve contenere; la dolcezza è di chi ha solo da donare, senza il timore di dover misurare quel che ha per quel che dà.
Talvolta hanno timore d’essere ingombranti, inutili; forse soli davanti al materialismo dialettico delle cose, non solo di quello della storia.
Non vorrei mai ascoltare il pianto di una persona anziana; mai vorrei guardare gli occhi in lacrime di una donna anziana, significherebbe per me il segno di una colpa, quella di cui ci macchiamo ogni qual volta passiamo oltre la loro presenza, li abbandoniamo a loro stessi senza alcun ritegno con superbia e arroganza.
Gli occhi della nonna, del nonno sono come il cuore di mamma e papà, fragili e presenti, non puoi difenderli, loro però proteggono te ed il tuo timore di fronte alla vita.
Le luci ed i colori dell’albero di natale, che hai creato col loro aiuto, riflettono occhi antichi dal tempo, che improvvisamente si riempiono di lacrime; tu domandi “Perché piangi nonno?”; lui: “…sono felice sai? Quest’albero è davvero pieno di luce e colori!”.
L’ho fatto felice, pensi, ma la verità è che egli pensa al tempo; a quell’istante di gioia, che si ripete nella vita sino a che un giorno smetterà d’essere.
Mistero infinito, che si ripete nel tempo perché è esso stesso tempo, il profilo di un anziano ricurvo perché intento ad accarezzare lo stelo del fiore, natura indifesa di fronte alla fragilità dell’uomo; entrambi sono fermi nel tempo, immersi nello scorrere ciclico del vivere.
E noi raramente ci accorgiamo di loro, oggi son lì, più tardi potrebbero aver deciso di andarsene.
Seduti accanto ad un luogo famigliare ci sono loro, fermi in uno spazio apparentemente mai costruito, eppure lì per loro, per noi.
Il dolore del mondo ha rispetto di fronte allo sguardo che viene dal passato, quello in cui non eravamo per natura, ma solo per idea. La crudeltà del banale non appartiene al semplice, ma al complesso. Che parole tristi son quelle di “vecchio” o peggio, anziano. Le parole, talvolta sono inadeguate e però sbrigative; sintesi concettuali per definire un universo di cose, alcune relegate al mondo della fantasia, altre a quello più concreto, vicino a noi quale è quello della realtà che ci circonda, ci comprende e fagocita istante dopo istante.
Oggi vorrei parlare di loro, delle persone che più di tutte rappresentano e sono il presente d’ognuno per la navigazione nel tempo successivo, lo chiamiamo futuro.
Desidererei scrivere un libro, una enciclopedia e ancora di più, desidererei poter dire che se oggi il nostro pianeta è giunto sin qui è in gran parte merito dell’età oltre la maturità, quella che definiamo “terza età”.
Per loro, oggi, l’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti avverte trasversalmente la volontà di volerci essere; d’essere presente nel tempo con loro per loro, assieme a loro.
Un semplice atto di gratitudine per le persone la cui voce è quella della storia passata che si avverte, sfiora tattilmente e assapora nel tempo presente, quello di tutti, di chiunque; pochi lo sanno, perché in pochi sono attenti osservatori del tempo, studenti modello dell’età che sovviene priva di giudizi, ma ricca d’accadimenti.
E loro?
Loro son lì, di fronte a te che sei distratto dai colori freschi e non t’accorgi che lo sfondo del mondo ha i colori antichi, che del tempo son stati la vita.
Loro scrivono; Sognano; pensano a te, a me; loro amano e desiderano essere amati, ascoltati, resi importanti in un quotidiano fatto di tempi stretti, veloci, talvolta inutili; essi lì non riescono ad entrare, il passo è lento ed incerto, ma son lì, mentre tu vivi per apparire di inutilità e superficialità.
Loro ci guardano, ti guardano, lo hanno fatto spesso nel loro tempo presente, così come hanno saputo costruire e creare dalla materia del mondo, la casa dell’oggi.
Loro, per me, che non son degno d’essere nemmeno polvere sotto i loro passi, sono i “Nonni del tempo”, quello presente, teso a divenire altro da sé, dunque futuro.
Noi oggi siamo perché loro ci son stati, hanno fatto, dato e pensato.
Quanto rispetto e gratitudine deve l’uomo a questa porzione di umanità, luogo del conforto, dell’ascolto e talvolta del singhiozzo per la disperazione di generazioni meno attente alla costruzione del pensiero, ove soggiace la libertà per l’azione.
Non siamo liberi come lo sono stati loro; noi non siamo capaci a conquistare quel che hanno loro hanno accolto e colto della natura; loro custodiscono, noi gettiamo; loro hanno costruito, noi distruggiamo; noi oggi sperperiamo, ricchezza d’animo e la bellezza delle cose.
Vogliamo tutto e subito! Non conosciamo, peggio vogliamo assumere il sacrificio; la rinuncia pesa come un macigno sui nostri egoismi.
Il giudizio, quale valore di conoscenza del mondo è l’egoismo, il “voglio!”; il “Pretendo!”; “Esigo!”; senza accorgerci che nulla è dovuto all’uomo perché è la natura stessa ad essere dono per ognuno, che ne colga la gratuità e la pazienza.
Loro sono i Nonni del tempo, anche del nostro.
Ma non siamo disposti a guadagnare per loro; peggio poi a concedere qualcosa di nostro per la loro serenità; per il loro diritto a sentirsi ancora persone.
Eppure ci hanno donato la vita attraverso i nostri genitori.
Loro non sono anziani, ma antichi come antica è la storia che ha dato i natali alle civiltà.
Altro che terza età, la commissione avrebbe dovuto chiamarsi “antichità”, perché l’età antica è l’età che ci precede e dunque quella destinata a restare giovane per sempre.
L’anziano non è vecchio per nascita ma, per il tempo che gli gettiamo addosso, attraverso cui guardiamo i suoi occhi, ascoltiamo la sua voce, confondiamo i suoi pensieri.
Fermati un istante nel quale possa respirare una persona anziana; in cui possa parlarti, raccontarti quel che ha dentro e che agita nel bello e brutto tempo, il suo cuore.
Sorridi ad una donna anziana, ella è stata fortezza e garanzia per la vita, prima di quella di tua madre, poi di quella tua; accarezzale i capelli ed il viso, lei lo ha fatto per una vita intera ed ora, ora che conta ogni giorno come fosse l’ultimo tu tienile la mano, scoprirai il tocco di chi riconosce la generosità del gesto, la semplicità dell’esserci. Fermati un attimo; regala anche fosse un solo istante del tuo tempo l’abbraccio ad una persona anziana; regala una porzione di tempo alle persone anziane, loro ti hanno donata la vita.
Sono i nonni del tempo queste nostre “terze età”; sono sentinelle, navigatori consapevoli verso mete impossibili; traghettatori di uomini senza più orizzonti, soli come loro, ma con una differenza: essi hanno una storia, sono la tua storia; tu né hai storia né potrai esserlo per altri dopo di te.
Loro la scuola per noi; il sapere che conduce alla consapevolezza, che sola potrebbe dirimerci se solo fossimo meno egoisti, distratti, lontani; ed invece vicini, molto vicini ad un presente a rischio di futuro; a rischio d’amore; a rischio di vita.
Essi sono semplicemente nonni del tempo, perché presiedono ad una età che ha radici nel passato di cui siamo figli e per questa semplice ragione naturale, debitori.