Uniti nel pluralismo, di Nicola Stilla

Autore: Nicola Stilla

I rapporti dell’Unione con le altre organizzazioni di e per persone cieche o ipovedenti e con le altre associazioni di persone con disabilita’

Se le formiche si mettono d’accordo, possono spostare un elefante!
(Proverbio del Burkina Faso)

L’unità nella diversità è certamente il bene più prezioso per il movimento delle persone con disabilità visiva, così come per quello più ampio delle persone con disabilità. La storia e l’esperienza ci dimostrano che un movimento unito che sa salvaguardare e valorizzare le diversità al proprio interno ha più successo di un insieme poco coeso e determinato di elementi privi di una comune linea d’azione. Il “fattore unità” è vincente, senza di esso gli obiettivi non sono chiari e le divergenze prevalgono sui fini comuni. Si può affermare senza tema di smentite che per le persone cieche italiane l’unita associativa è stato ed è un valore condiviso e il principio che sta alla base di numerose iniziative lanciate dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti nel corso degli anni per compattare il movimento. La costituzione di associazioni alternative all’Unione non ha mai compromesso sostanzialmente l’azione dell’Unione in favore delle persone cieche e di quelle ipovedenti, ma ha certamente prodotto dei danni e delle distorsioni all’immagine di tutta la categoria. Inoltre, la competizione per i benefici economici, in particolare i contributi pubblici, ha esacerbato i rapporti e provocato azioni sconsiderate che il potere istituzionale ha saputo strumentalizzare efficacemente.
I tentativi più volte esperiti per trovare un accordo accettabile non hanno avuto successo, anche a causa delle motivazioni e degli interessi personali che spesso sono prevalsi sullo spirito unitario.
L’Unione deve continuare a perseguire l’unità al proprio interno, così come con le altre associazioni, proponendo soluzioni praticabili, eque, trasparenti ed eticamente compatibili, primo tra tutti “nessuno escluso”. A tal fine è necessario rilanciare la proposta di costituire una federazione secondo criteri condivisi e tempi prestabiliti, partendo da un’ampia consultazione della base associativa adeguatamente monitorata. Ciò consentirebbe di tracciare un quadro oggettivo dei diversi contesti associativi da riunire. Successivamente un gruppo di lavoro paritetico dovrebbe stendere un documento programmatico e una bozza di statuto che dovrebbe essere formalmente approvata da tutte le associazioni nazionali interessate. Durante tutto il periodo preparatorio si dovrebbe costituire un tavolo di consultazione informale per avviare una collaborazione informale a titolo sperimentale.
Con altrettanta energia l’Unione dovrà lavorare per includere in un’unica grande confederazione nazionale tutte le associazioni e organizzazioni delle persone con disabilità e delle loro famiglie, ispirandosi ai positivi risultati già ottenuti in tal senso in altri Paesi europei, nel rispetto delle specificità del nostro. Tale organismo, che dovrebbe chiamarsi “Forum Italiano della Disabilità” dovrà essere costituito e gestito da una maggioranza qualificata di organizzazioni e persone con disabilità. I dirigenti degli organi direttivi saranno democraticamente eletti dall’Assemblea Generale ogni quattro anni. Nel Forum dovranno confluire tutte le organizzazioni legalmente costituite che ne costituiranno il tessuto associativo.
La F.A.N.D. e la F.I.S.H. in quanto tali dovranno essere progressivamente dissolte e confluire nel Forum. A quest’ultimo potranno aderire tutte le organizzazioni che svolgono attività in favore delle persone con disabilità. Esse potranno costituire all’interno del Forum un organo consultivo democraticamente eletto.
Il Forum intratterrà relazioni formali con il Forum del Terzo Settore tramite uno specifico gruppo di lavoro paritetico per le questioni afferenti alla disabilità.
Per raggiungere gli obiettivi sopra descritti dovrà essere costituito un gruppo di lavoro ad hoc, il cui coordinatore parteciperà alle riunioni della Direzione Nazionale e del Consiglio Nazionale con voto consultivo.
Nicola Stilla

La formazione dei dirigenti, di Katia Caravello

Autore: Katia Caravello

L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti è una grande associazione, e in questa sede non mi riferisco al suo passato glorioso, ma molto più prosaicamente al fatto che è una Onlus presente su tutto il territorio nazionale e che, in quanto tale, deve sottostare a leggi e normative.
Gestire secondo le regole ed in maniera efficiente una sezione territoriale, e vale a maggior ragione per i Consigli Regionali e per la struttura nazionale, non è una cosa semplice; spesso la buona volontà non è sufficiente, sono necessarie competenze e conoscenze.

Per il buon funzionamento di una sezione, per quanto piccola sia, è opportuno che i suoi dirigenti abbiano, almeno, un’infarinatura in ambito:
legislativo/normativo, dovrebbero conoscere:
le principali leggi nazionali in tema di disabilità (ad esempio, legge 113/85, 68/99, 104/92, 138/01);
le normative nazionali e regionali relative al riconoscimento dell’invalidità, all’ottenimento di agevolazioni fiscali e nell’utilizzo di servizi (ad esempio il trasporto pubblico), l’assegnazione di ausili (tramite il nomenclatore tariffario e/o leggi regionali);
amministrativo/contabile: è importante che abbiano una visione aperta sulle progettualità a medio e lungo termine, alle quali si riconnette la stima dei flussi delle uscite e dei proventi nell’arco dell’anno.
Potrebbe sembrare che le conoscenze sopra citate siano superflue per un dirigente dell’UICI, ma non è così: Pur non pretendendo che diventino tutti avvocati o contabili, avere le competenze sopra descritte mette i dirigenti nelle condizioni di rispondere in maniera efficace alle esigenze dei nostri soci e tutelati… e ciò rappresenta la principale mission del nostro sodalizio.

Ma non è sufficiente avere capacità manageriali per essere un “buon” dirigente, sono anche necessarie delle buone abilità relazionali sia sul versante esterno (rappresentanti di altre associazioni di disabili e non, di uffici amministrativi o di forze politiche, di enti vari), sia sul versante interno, soci e utenti in primo luogo, ma anche personale dipendente, volontari e collaboratori vari.
Si rende quindi necessaria una formazione anche in quest’ambito, con l’obiettivo di promuovere l’adozione di atteggiamenti e comportamenti appropriati durante l’espletamento della funzione di rappresentante dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti onlus, evitando il più possibile l’adozione di atteggiamenti piagnucolosi, volti a generare pietà o a giustificare, in assenza di adeguate argomentazioni, proprie manchevolezze, o, all’opposto, atteggiamenti arroganti o pretenziosi, che presentano le nostre ragioni come valide a priori e quindi indiscutibili. Atteggiamenti simili, oltre ad essere poco efficaci, offrono un’immagine del cieco e dell’ipovedente assai negativa.

Sul versante interno, avere delle buone capacità relazionali è utile per riuscire a coordinare con successo il gruppo di collaboratori (a partire dal consiglio direttivo). Infatti, la gestione di una sezione – ma vale lo stesso per i Consigli Regionali e la struttura nazionale – non deve essere in mano ad una singola persona, ma ad un gruppo… e qui arrivano i problemi.
Lavorare in gruppo è tutt’altro che semplice: è necessario avere la capacità di collaborare, di mettersi in discussione e di dare il giusto peso ai problemi e alle conflittualità che inevitabuilmente insorgono, rispettando l’altro ed attribuendogli dei valori, ascoltando e cercando di comprendere le sue opinioni e riconoscendo i propri limiti.
E’ quindi di fondamentale importanza ai fini della realizzazione di un buon lavoro di gruppo e, di conseguenza, di un buon funzionamento della struttura territoriale, regionale o nazionale, che il personale dirigente (il Presidente in primis) sia in grado di gestire i conflitti in maniera efficace, ascoltando e rispettando il pensiero e la sensibilità di ciascuno, senza ricorrere all’esercizio del potere, ma individuando una soluzione realmente accettabile per tutte le parti in causa.

Non bisogna infine dimenticare che i dirigenti associativi – specie quelli che operano nelle sezioni territoriali – hanno anche un altro compito importantissimo che va ben oltre il rispondere alle domande e il gestire il lavoro: l’accoglienza e il rapporto con i soci, i tutelati e le loro famiglie.
Tra le attività svolte da un dirigente, da un certo punto di vista, questa è quella che dà le gratificazioni più grandi, la vera motivazione alla base dell’essere un consigliere dell’Unione… ma è anche quella più difficile e, a tratti, più dolorosa, perché ascoltare ed essere d’aiuto a persone che stanno vivendo un momento di sofferenza, che spesso hanno storie molto drammatiche, non è così scontato come si potrebbe pensare… neanche quando , almeno in parte, si conoscono le difficoltà e le paure dell’altro perché sono state o sono anche le proprie.
Quante volte, nonostante le buone intenzioni, si dicono o fanno cose che non andrebbero dette o fatte… vanificando, in tutto o in parte, l’efficacia del proprio intervento?
Non serve essere dei professionisti delle relazioni d’aiuto per svolgere un buon ascolto ed essere di conforto, è sufficiente sapere che spesso alcuni metodi tradizionali di aiuto sono inefficaci e conoscere le possibili alternative… il che è alla portata di chiunque.
Per raggiungere gli obiettivi sopra descritti, è necessario che la formazione non sia un evento estemporaneo, ma un’attività modulare, ripetuta nel tempo e affidata a personale esperto (interno o esterno all’Unione). Sarebbe anche auspicabile giungere alla costituzione di un’anagrafe delle competenze – ovviamente non per quanto riguarda le abilità relazionali – a disposizione di tutti coloro che ne hanno bisogno: si potrebbe infatti predisporre per ciascun ambito specifico (autonomia e mobilità, informatica e tecnologia, pluridisabilità ecc.), un elenco, comprensivo di recapiti, di esperti in un dato settore, che siano disponibili a mettersi al servizio delle sezioni, ad esempio, della propria regione o di una regione limitrofa (evitando alle strutture più piccole – che spesso già fanno fatica a trovare chi accetta di entrare in consiglio – di dover necessariamente individuare un referente per ciascuna area, con il rischio che più persone siano costrette ad occuparsi di più settori– senza magari averne le reali competenze – con il risultato di fare tutto male).

Rispetto alla metodologia, secondo me, un buon percorso formativo non può essere svolto esclusivamente per via telematica, soprattutto per quanto concerne gli aspetti relazionali: si dovrebbero organizzare seminari regionali, caratterizzati da un’elevata interattività sia con il docente sia con gli altri partecipanti… è questo che consente di superare il livello informativo per raggiungere, per l’appunto, quello formativo.
Per esigenze varie, è molto probabile che tali incontri debbano svolgersi durante il fine settimana: so per esperienza diretta che impegnare in questo modo il proprio tempo libero è un sacrificio, ma credo anche che chi ricopre la carica di consigliere (sezionale, regionale o nazionale che sia) abbia il dovere di acquisire le conoscenze e le competenze che gli consentano di farlo nel migliore dei modi… anche se costa fatica.

Katia Caravello

Cambio di passo, di Valter Calò

Autore: Valter Calò

Buon giorno Delegate e Delegati
Mancano pochi giorni all’apertura del nostro Congresso Nazionalee penso che tutti noi, ci stiamo preparando, pensando di apportare i nostri contributi o di prendere spunto da idee o progetti dei nostri colleghi delegati.
Io voglio fare un passo indietro, esaminando quello che è il punto cardine del nostro Congresso di Chianciano, lo STATUTO.
Prendendo in esame i suoi tre livelli di competenze:
.1 le sezioni
.2 i consigli Regionali
.3 la direzione Nazionale consiglio e Presidente
Voglio anzi devo esprimere un mio parere e sottoporlo al vostro giudizio.
Facciamo il riassunto del riassunto e la nuova, ma anche la vecchia, proposta di statuto, ha nella sua struttura un chiaro aspetto piramidale.
Ritengo questa struttura anacronistica e assolutamente poco funzionale per la gestione di una Onlus di queste proporzioni, dove la dirigenza nazionale è molto, troppo lontana dai soci e dalle loro piccole e grandi problematiche, non per colpa o incapacità dei dirigenti ma solo ed esclusivamente per due motivi fondamentali:
.1 le tematiche del direttivo nazionale sono diverse dai problemi quotidiani dei soci.
Mi è assolutamente chiaro che gli sforzi operati dai dirigenti nazionali hanno come ultimo o primo fine il miglioramento dello status dei nostri soci, ma il loro compito primario è di interloquire e battersi per i grandi cambiamenti o le problematiche nazionali.
.2 Perché una Onlus così strutturata demanda da un consiglio all’altro problematiche e proposte con risultati direi sufficienti, ma con un notevole dispendio di energie che potrebbero essere sfruttate meglio e diversamente.
Personalmente ritengo le sezioni Provinciali il vero cuore di questa nostra Unione, le basi di una attuale struttura piramidale che sorregge tutta la direzione, con un grande problema quello che i soci e i dirigenti sezionali sono troppo lontani dal governament, ovvero la testa è troppo lontana dalla coda.
Questo comporta che tante proposte fatte dalla base della piramide si perdano l’ungo l’iter procedurale e rimangano nel cassetto, oppure che problematiche rimangano irrisolte per il solito scambio di responsabilità o competenze. Prova ne sono le commissioni congressuali le quale vengono esortate a scrivere pochi punti programmatici in quanto nelle precedenti sessioni venivano elencate lunghe e complesse liste della spesa che venivano recepite in minima parte dagli organi predisposti.
Insomma tanto lavoro per nulla, tanta energia dissipata, credo che la nostra cara Onlus possiamo tranquillamente posizionarla nel gruppo energetico G, noi dobbiamo credere di poter crescere e migliorarla fino al massimo di risparmio energetico impossessandoci a pieno diritto del gruppo A.
Una Onlus dinamica, responsabile, creativa, propositiva dove i soci sono orgogliosi dell’appartenenza perché sanno che dietro di loro esiste una forte struttura presente e pronta a collaborare e risolvere.
Conosciamo tutti bene la realtà italiana e il virtuosismo di alcune sezioni e le difficoltà di altre, sappiamo tutti che siamo divisi da abitudini, mentalità, capacità e possibilità, condizioni metereologiche e climatiche completamente diverse.
Le sezioni sono abbandonate a loro stesse, quasi senza diritti e con molti doveri, con i dirigenti che si devono prodigare contro tutto e contro tutti.
Il mio parere, per il quale rimarrò fermo nella mia convinzione è quello di rinnovare drasticamente la nostra Onlus dando più potere alle sezioni, rendendole responsabili, autonome, capace di autoregolarsi su punti programmatici, ma soprattutto vorrei vedere crescere le sezioni nella loro consapevolezza, vorrei vedere crescere l’orgoglio di appartenenza in tutti noi, fieri di essere facenti parte di una sezione locale e di una Unione Nazionale forte e dinamica.
Le rappresentanze Regionali vanno depotenziate dal loro potere concepito nel nuovo Statuto, lasciando sì un Presidente Regionale che abbia il compito di interloquire con il nuovo potere politico e di coordinare in modo propositivo le sue sezioni, oltre che il compito di garante per tutti i soci.
In questo modo si darebbe un vero ruolo al presidente regionale che non sarebbe solo istituzionale ma anche di consigliere e controllore sull’operato delle sezioni.
Questa figura dovrà essere assistita ed aiutata dai Presidenti di Sezione e dai dirigenti sezionali chiamati all’occorrenza e per opportuna professionalità a collaborare per un risultato da condividere.
Ultimo punto Presidenza, Direzione e Consiglio Nazionale a loro spetta il compito di indirizzare la politica della nostra Onlus, spetta il difficile compito di mediazione con il governo del nostro paese sulle grandi tematiche e spetta a loro incentivare la crescita delle sezioni, con collaborazioni e istruzione delle stesse, bisogna iniziare a sfruttare le risorse interne dell’Unione incentivando forme di autoaiuto.
Non confondiamo la parola autoaiuto con solidarietà, questa forma prevede di istruire un singolo o un gruppo, il quale avrà il compito di istruire tutti gli altri.
Risultato, aumentare la professionalità diminuire le spese.
Parole chiave: dinamicità e responsabilità
Ricordiamoci tutti che ogni nostra azione deve essere solo ed esclusivamente in funzione dei nostri soci indistintamente da longitudine e latitudine, che i problemi di Caltanissetta sono uguali a quelli di Aosta cambia solo e forse il modo di interporsi alle problematiche, per questo motivo ci vogliono:
.cooperazione fra le sezioni.
.contatto diretto tra sezioni e consiglio direttivo
.un mediatore regionale
.responsabilizzazione delle sezioni stesse
Le sezioni devono rimanere il vero punto di forza della nostra onlus se vogliamo recuperare associati, la loro autonomia gestionale deve crescere per interagire sulle piccole e grandi problematiche dei soci.
Ribadisco sezioni e soci sono il vero e unico pilastro fondamentale di tutta la nostra Unione, statuti e dirigenti devono adeguarsi a questa realtà indiscutibile.
Il consociativismo deve dare forza ai singoli con l’operato corretto dei dirigenti, i dirigenti devono adoperarsi per risolvere le problematiche dei singoli affinché non siano mai soli nel risolvere le loro difficoltà..
Bisogna dare personalità giuridica alle sezioni e non solo alla sede centrale, responsabilizzandole.
Ad esempio un tema importante sono gli immobili: non dimentichiamoci che sono stati donati indirettamente all’UICI per il buon operato dei dirigenti sezionali che si sono presi in carico problematiche e gestioni di soci, seguendoli quotidianamente e aiutandoli nella loro quotidianità.
La proprietà di detto immobile, secondo Statuto, finiscein giustamente a Roma alla direzione Nazionale, la quale ne ha facoltà. Gli immobili devono rimanere di proprietà delle sezioni ed eventualmente vincolati dal consenso nella vendita, dalla sede centrale. Mi sorprende il fatto che nell’attuale e prossimo Statuto non sia scritta una norma che preveda che se la sezione Provinciale volesse uscire dall’Unione gli immobili non ritornino di proprietà di chi gli ha meritati più di tutti gli altri.
Bisogna dare personalità giuridica alle sezioni, responsabilizzare e crescere deve essere il nostro motto nella condivisione, oggi come oggi le sezioni fanno il grande lavoro e risultano come bambini incapaci di decidere tenuti per mano dalla loro mamma.
Se vogliamo crescere bisogna responsabilizzarci e cooperare, sfruttando a pieno le nostre capacità interne e autogestendoci nella condivisione della risoluzione dei problemi.
Questa è e rimane Solo una bozza che, se condivisa, potrebbe diventare un documento programmatico. A riguardo personalmente ho molte idee, ma per rendere una bozza una proposta condivisa deve essere modellata da chi ritiene queste basi una possibilità d crescita della nostra Unione. Una svolta strutturale di queste dimensione merita una profonda riflessione e sicuramente non può essere risolutiva di questo congresso, ma auspico e spero che nasca una nuova strada da progettare e per correre assieme.
Valter Calò

Una sfida per la solidarietà, un impegno per il futuro. E la collegialità per cambiare, di Nicola Stilla

Autore: Nicola Stilla

Il XXIII Congresso dell’Unione si avvicina e, com’è noto più o meno a tutti, il mio nome sarà tra quelli dei candidati alla Presidenza nazionale.

Confesso che ho iniziato a riflettere sui temi associativi di respiro nazionale molto tempo fa (prima delle dimissioni di Tommaso Daniele), semplicemente perché ritenevo ineludibili alcune scelte di cambiamento necessarie per garantire un futuro alla nostra associazione.

Quando se ne è presentata l’occasione, ho deciso di condividere un percorso costruttivo con Mario Barbuto in quanto vi erano idee ed orientamenti comuni ad entrambi; questa condivisione è stata possibile fino al momento in cui sono emerse sostanziali divergenze relativamente ad alcune scelte su come giungere insieme al XXIII Congresso.

La conclusione di quel progetto è stata per me un momento difficile ed in qualche modo  doloroso, considerando che, solo sei mesi prima, in vista dell’elezione del Presidente da parte del Consiglio nazionale, per determinare le condizioni che avrebbero consentito di far vincere il “cambiamento” sulla “continuità”, avevo deciso di promuovere e sostenere la candidatura di Barbuto alla Presidenza Nazionale del nostro sodalizio, con l’impegno comune di individuare insieme un metodo per scegliere, successivamente, un candidato unitario alla Presidenza nazionale al XXIII Congresso.

Questo, in estrema sintesi,  è stato il percorso che mi ha portato, nel gennaio dell’anno scorso, a confermare la mia candidatura alla carica di Presidente Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti: una scelta che si fonda su alcune motivazioni che cercherò di illustrare brevemente di seguito.

Nel corso degli anni, ritengo di aver acquisito una sufficiente esperienza e conoscenza del contesto associativo come Presidente Provinciale prima e come Presidente Regionale poi: in quelle vesti ho dato prova di disporre di maturità organizzativa, metodologica ed amministrativa nella gestione dell’ente; ho organizzato convegni, attività formative, riabilitative, ricreative soprattutto per bambini con disabilità plurime e per le loro famiglie, realizzando progetti sia a livello provinciale che regionale, incluse iniziative per l’autofinanziamento e per la riabilitazione.
Potrei citare, ovviamente, i risultati conseguiti in Regione Lombardia per quanto riguarda il contributo di funzionamento, il progetto “SpazioDisabilità – Informazioni Accessibili”, le iniziative sulla scuola, l’istituzione del Centro Regionale Tiflotecnico… in questi anni ho vissuto inoltre un’esperienza particolarmente formativa, quella di Presidente Regionale della F.A.N.D., che mi ha dato l’opportunità di ampliare le mie conoscenze circa le problematiche politiche e sociali legate alla disabilità e di confrontarmi con realtà differenti. Riassumo dicendo che in tutti questi anni di impegno associativo ho imparato quanto sia importante il dialogo proficuo con tutti: all’esterno ed all’interno, nel rispetto delle idee, delle posizioni e degli interessi, delle diverse realtà.
Mi considero una persona corretta, impegnata, coerente e trasparente che non ha mai tratto vantaggi dall’attività associativa sottraendo, anzi, tempo ed energie alla vita personale e familiare.
Sono pronto a dedicarmi a tempo pieno allo svolgimento delle attività connesse con la carica di Presidente Nazionale garantendo la mia regolare presenza presso la Sede Centrale e la piena reperibilità per tutti i dirigenti del territorio. Non ricopro alcun incarico né continuativo o temporaneo, né collaborazioni retribuite con alcun ente nazionale o territoriale.

La definizione del mio programma sarà avviata partendo da uno slogan: una sfida per la solidarietà, un impegno per il futuro.
Sfida, solidarietà, impegno, futuro: queste quattro parole sottendono ad altrettanti concetti che riguardano, da vicino, la nostra storia, il nostro ruolo in una società che cambia a ritmi vertiginosi, la nostra determinazione, la consapevolezza di dover cambiare per affrontare un domani che, senza accorgercene, già stiamo vivendo, e che non vorremmo subire.
Quattro concetti che, facilmente, potremmo calare nei mille problemi ai quali la quotidianità ci pone innanzi, in quei settori consueti delle rivendicazioni associative che non possiamo eludere, ma necessariamente affrontare con una determinazione nuova, con un piglio differente, con una prospettiva che ci accomuni tutti e tutte.
Una “sfida” che sappia valorizzare quei sentimenti associativi di appartenenza che dobbiamo imparare a riscoprire, facendo riemergere dai livelli bassi a quelli più elevati delle nostre coscienze la consapevolezza che solo uniti si vince e che le sfide che ci devono impegnare non possono e non debbono essere solo quelle interne, ma anche quelle che rivolgiamo verso una società sempre più qualunquista, a volte ipocrita ed indifferente alla sfera dei diritti e disponibile verso la diversità solo a parole.
A “futuro” e “prospettive” fa eco la parola “speranza”… Ecco ciò che, con determinazione, dobbiamo far crescere, traendo linfa vitale da un ottimismo che investa idee e azioni. Un futuro è tale se sa dare risposte alle necessità: alle speranze dei giovani che auspicano le pari opportunità negli studi, nel lavoro, nella mobilità, nella cultura, ecc.; alle ansie degli anziani che sperano di poter vivere una vita serena; alle famiglie dei nostri ragazzi con pluridisabilità; a tutti coloro ai quali il progresso scientifico lascia intravedere opportunità entusiasmanti, che poi però restano relegate alla sfera dei sogni.

Viviamo in un tempo nel quale la crisi economica ha reso incerti i diritti di molti cittadini. E’ necessario, quindi, ribadire con determinazione che l’Unione, insieme alle altre associazioni delle persone con disabilità ed alle organizzazioni impegnate nel sociale (incluse le organizzazioni sindacali ed i movimenti dei consumatori), ha il dovere di rivendicare, senza timidezza, i diritti legati all’educazione, al lavoro, all’autonomia, alla cultura delle persone cieche ed ipovedenti, e chiedere il rispetto delle leggi, senza se e senza ma.
Con la medesima determinazione profusa per la legge di stabilità 2015, dobbiamo impegnare l’associazione sui temi dell’inclusione scolastica dei nostri ragazzi, sulla riforma della legge 113/85, sull’istituzione della figura dell’operatore del benessere disabile visivo, senza dimenticare tutta la questione dell’I.S.E.E..
E poi: ipovisione, terza età e pluridisabilità. Tre priorità da affrontare con urgenza, competenza ed incisività, perché dobbiamo ricostruire un rapporto di fiducia con le famiglie ed avvicinare le persone ipovedenti alla nostra associazione.

Dal punto di vista organizzativo, c’è urgente bisogno di alleggerire le nostre strutture territoriali dal lavoro e dalla troppa burocrazia (soprattutto nel caso delle Sezioni medio/piccole) per metterle in condizione di offrire ai soci servizi migliori e sempre più qualificati; per fare questo, occorre finanziare, tramite il fondo di solidarietà, progetti ad hoc miranti all’accentramento a livello regionale di alcuni servizi (mi riferisco ad esempio alla contabilità), stando allo stesso tempo attenti ad evitare  pressapochismi e l’inosservanza delle regole.

Altra cosa importante e vitale è l’istituzione in Sede Centrale di un autentico e competente ufficio giuridico che, oltre a fare “le pulci” al legislatore, sappia essere, anche per le strutture territoriali e per i Soci, un punto di riferimento per ogni tipo di consulenza in ordine alla legislazione ed alle normative comprese quelle regionali.

Tutti gli obbiettivi saranno da perseguire decidendo insieme, lavorando con vera collegialità, anteponendo il “noi” all'”io”.

L’accelerazione delle dinamiche sociali, l’oscillazione continua del senso e della direzione di tali dinamiche nonché il progressivo frammentarsi del quadro istituzionale, determinano, da alcuni anni, una crisi sempre più profonda delle nostre certezze; il presente ci pone di fronte ad un orizzonte di sostanziale indeterminatezza, entro il quale non è facile orientarsi.
Ogni previsione appare sempre più ardua ed aleatoria.
Siamo quindi ad un bivio: riuscire ad affermare l’agenda dei diritti o, al contrario, assistere al venir meno persino del welfare risarcitorio a vantaggio di quello emarginante.
Dice Dante a proposito dell’amore: “intender non lo può chi non lo prova”. La disabilità è in qualche misura la stessa cosa: solo chi ne fa esperienza può davvero comprenderne e riconoscerne la complessità e la drammaticità. Noi sappiamo di essere gli interpreti di questa consapevolezza.
Se non saremo in grado di allargare i confini della nostra base associativa acquisendo consensi nei settori più refrattari ad accogliere il nostro messaggio, ad aderire ai nostri programmi, a condividere i nostri obiettivi, allora falliremo; mi riferisco con particolare riguardo ai giovani e alle famiglie, ove si forma la coscienza civile, culturale e sociale di ciascuno, agli ipovedenti, che stentano a riconoscersi in una associazione che evoca il fantasma della cecità, e agli anziani, cui poco o nulla abbiamo da offrire per soddisfare il loro bisogno di sicurezza e di protezione. Se non saremo in grado di andare incontro a queste esigenze, sintonizzandoci con i fatti e con le parole sulla lunghezza d’onda di aspirazioni insoddisfatte e, talvolta, inespresse, non ci sarà allargamento della partecipazione e non ci sarà neppure rinnovamento.

Al XXIII Congresso chiederò dunque il voto ed il sostegno a tutte le delegate ed a tutti i delegati, convinto che saprò onorare fino in fondo la responsabilità di guidare l’Unione con la passione e la ragione che sono necessarie, lavorando con vera collegialità e suscitando vera partecipazione.

Nicola Stilla

Rinnovamento e accordi, di Peppino Re

Autore: Peppino Re

Ormai ci avviamo al Congresso, e, come è giusto che sia, il fermento delle varie anime dell’Unione è pienamente in moto. Più presidenti che si candidano a sostituirne uno che c’è da appena diciotto mesi, del quali tutti esaltano i risultati, esplicitamente i sostenitori, implicitamente gli avversari, una infinita schiera di candidati al Consiglio Nazionale, (attualmente siamo in trentasette), programmi e idee programmatiche, bozze e richiami che si susseguono. Tante storie, tante varianti, che, però a Chianciano dovranno essere portate a sintesi… Per cui si discute, e si provano accordi…
Quando abbiamo finito il XXII Congresso, ha esclamato Saltarel davanti a venti candidati al Consiglio Nazionale come lui, sembrava tutto perduto… ma noi abbiamo continuato… C’è stato anche un momento in cui Barbuto e tutto il suo movimento ha corso il rischio di espulsione in una ipotetica assemblea dei quadri… Ora, Saltarel non lo ha detto esplicitamente, ci ritroviamo centrali e, probabilmente maggioranza del Congresso…
Come non consentire con questa sua dichiarazione, spontanea ed espressa con la sua solita semplicità… E la chiave, dopo quella legnata da venti a zero, è stata quella di “non rompere le righe”, e sulla idea di rinnovamento soffocata a Chianciano, costruire una “corrente”, chiara negli obiettivi, conquistare democrazia reale, e fermamente interna all’Unione, senza cercare avventure con nuove organizzazioni, esistenti o da fondare. Questa linea, dolorosamente è stata sancita da una assemblea di fine novembre 2010 e si è espressa in un “manifesto” di dieci punti firmato da tanti non vedenti, un manifesto che, lo stesso Tommaso Daniele, in quel momento avversario, disse che avrebbe potuto firmarlo perché era insito nello spirito dell’Unione… Eppure non firmò e, non avrebbe potuto farlo perché quello era indicatore di una strada, tutta da percorrere, in salita, perché percorrerla avrebbe significato cambiare la classe dirigente.
Eppure, per vie inimmaginabili, e a seguito di un accordo con Stilla, il 15 marzo dell’anno scorso questo processo ha cominciato a volare, e a pervadere l’Unione nel suo seno… L’Unione stantia e scontata ha come avuto un fremito, e Silvano Pasquini, con il suo carico di speranze e aspirazioni ha manifestato più volte quel senso di voler tornare in una casa amica… Mi fa tanto pensare alle grandi guerriglie ideologiche che, davanti a un programma di cambiamento realistico e a portata di mano, ci pensano se sia ancora il caso di pensare da soli o da esterni.…
Così come è avvenuto nel marzo del 2014 con la elezione di Mario Barbuto alla presidenza nazionale, io auspico che le tante parti vive dell’Unione sappiano poi riconoscersi in un programma e in una leadership condivisa, capace di farci essere adeguati contemporanei e migliori…
Accordarsi, ma non con la vecchia Unione ancora esistente che concepisce il potere come poltrona, che si impadronisce dei bisogni dei ciechi e li trasforma in tessere, in voti, e pur offrendo un grande lavoro, ci trasforma in sudditi, non in cittadini… Io almeno due li conosco, forse perché abitano lì, nella mia città, e da trentacinque anni si scambiano di posizione, di luogo, di sfondo… ma ci sono sempre, e non consentono agli altri di esserci se non…come dicono loro. Essi, convinti del proprio valore e dei propri mezzi, girano da tutte le parti: ieri a Prato e a Chianciano, oggi a Messina e nuovamente a Chianciano, con Mario, con Nicola o con Peppino… si vedrà.

il mio amico Giovannino Ciprì, a questo punto mi rimprovererebbe, perché questo tipo di padroni non sono solo a Palermo, ma in tante altre parti… Ma, Giovanni mi perdonerà; cercateveli voi… Giovanni, io mi sono candidato, e, se voglio chiedere qualche voto, non posso mettermi io a trovarli. Il manuale della campagna elettorale me lo vieta, almeno per ora.

Peppino Re

Sviluppare ricerca per una formazione scolastica di qualità, di Silvana Piscopo

Autore: Silvana Piscopo

Con l’avvio dell’anno scolastico sto avendo l’opportunità di girare tra varie scuole di Napoli e provincia in qualità di referente per i problemi dell’istruzione ed inclusione scolastica dei ragazzi ciechi ed ipovedenti; naturalmente incontro consigli di classe che già hanno orientamenti costruttivi, altri che vanno sostenuti e rassicurati con cura e pazienza; ciò che, però, riscontro, è la scarsa innovazione di programmi specifici per l’insegnamento delle discipline scientifiche.
Oggi non è più tempo di ritenere che i ragazzi con disabilità visiva abbiano o debbano avere come strada prioritaria di professionalità alta o media, gli indirizzi universitari a carattere umanistico, storico, giuridico; ciò sarebbe fortemente improprio se lo permettessimo, sia pure indirettamente, con il silenzio assenso della nostra associazione: un silenzio magari non fatto di mancanza di parole, comunicati o convegni, ma materialmente prodotto dalla carenza di sviluppo di programmi adeguati agli insegnamenti della matematica nei trienni delle scuole secondarie superiori, della fisica, chimica, scienze applicate, del disegno in campo di prospettiva, nel perfezionamento delle lingue straniere applicate alle discipline scientifiche ed altro ancora.
La nostra associazione dispone di importanti risorse come l’Irifor, la Biblioteca di Monza, la Federazione pro ciechi: perché mai tutti questi enti, ormai consolidati e di lungo corso, non possono fare rete tra loro, contattare università, istituti di ricerca, coordinamenti di studenti che, pur esistono e fanno rete tra loro, coordinarsi con i responsabili dei servizi per disabili delle varie università per promuovere una vera e propria attività di ricerca applicata all’innovazione dei programmi nelle aree scientifiche e linguistiche?
Ci concentriamo sempre su come ottenere insegnanti di sostegno formati, sull’assistenza scolastica, post-scolastica, mentre trascuriamo o, forse, facciamo un po’ di rimozione, il fattore più importante che è, a mio avviso, la qualità della formazione e la possibilità di elevare gli obiettivi di conoscenze e competenze di quanti possano e vogliano andare oltre le tradizionali aree di professionalità seguite nel passato remoto e prossimo.
Continuiamo, dunque, tutte le nostre battaglie con le istituzioni a tutti i livelli per l’esigibilità dei diritti, ma diamo forma e materia anche al nostro essere erogatori di servizi mediante gli enti collegati. Facciamo in modo da differenziarci dal comune agire politico che, con l’abuso di slogan e promesse, sostituisce la scarsità di risoluzione dei problemi concreti; noi, almeno proviamoci, invertiamo la rotta e partiamo dai fatti, dai bisogni reali dell’oggi per costruire prospettive in grado di promuovere sane ambizioni, valorizzare eccellenze, favorire capacità inventive, permettere di sognare un futuro soddisfacente alle nuove generazioni.

Presentata ufficialmente la candidatura di Nicola Stilla alla Presidenza Nazionale U.I.C.I., di Massimiliano Penna

Autore: Massimiliano Penna

L’UNIONE CHE VORREI. VERA PARTECIPAZIONE PER UN VERO CAMBIAMENTO
Era questo il titolo dell’evento di presentazione ufficiale della candidatura di Nicola Stilla, Presidente del Consiglio Regionale Lombardo dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, alla Presidenza nazionale dell’Associazione svoltosi sabato 3 ottobre presso la sala Barozzi dell’Istituto dei Ciechi di Milano, e già il titolo stesso contiene tutti gli elementi che hanno caratterizzato il clima dell’intera giornata.
“Soffia il vento del Congresso, ma questo vento non deve spazzare l’elemento principale: i temi”, ha affermato il Commissario dell’Istituto dei Ciechi di Milano Rodolfo Masto nel suo intervento di apertura in veste di moderatore. E si può certamente dire che, almeno qui, l’auspicio del Cav. Masto ha avuto esito felice. Al di là delle singole tematiche trattate, l’intero dibattito ha avuto come filo conduttore il confronto. Un confronto attivo, scevro di polemiche sterili e prive di ogni utilità per l’Associazione; un momento dai toni pacati nel quale si è perseguito un solo ed unico intento: dare il proprio contributo, ognuno con le proprie conoscenze e con le proprie esperienze, per costruire tassello dopo tassello quel mosaico di idee che dovrà essere il riferimento per l’azione della nuova dirigenza associativa che scaturirà dal XXIII Congresso che si svolgerà a novembre.
Afferma Stilla: “In termini di “certezza, tutela ed esigibilità dei diritti delle persone con disabilità visiva la fase che stiamo attraversando non è delle più felici. Sempre più spesso, infatti, i diritti acquisiti vengono messi in discussione subordinandoli a revisioni di spesa ed esigenze di bilancio, che inesorabilmente si traducono in tagli selvaggi ai servizi ad esse rivolti. Se a ciò si aggiunge la campagna condotta contro i falsi invalidi, che spesso ha finito per diffondere una concezione distorta secondo la quale tutte le persone con disabilità (veri invalidi compresi) sarebbero dei privilegiati per via dei benefici concessi, ci si rende perfettamente conto dell’assoluta urgenza di un confronto approfondito sul ruolo che l’Unione sarà chiamata a svolgere nell’immediato futuro”.
Da dove prendere le mosse? Guardando il futuro non si potrà che iniziare investendo sul presente, ovvero sulle nuove generazioni, e pertanto un’azione forte e decisa andrà posta in essere nel sensibilizzare le istituzioni affinché pongano fine alle innumerevoli incertezze presenti nell’erogazione dei servizi di supporto all’integrazione scolastica.
Come ben evidenziato dal Direttore Scientifico dell’Istituto dei Ciechi di Milano, Prof. Giancarlo Abba, attualmente vi è una forte tendenza a segmentare le esigenze dell’alunno non vedente o ipovedente. Al contrario, a tutti i livelli andrà rivendicata con forza e con la massima convinzione la “specificità” di quest’ultimo dal punto di vista didattico e pedagogico, ma considerandolo come una persona che in ambito scolastico sta sviluppando la propria individualità, coltivando i propri interessi e ampliando le proprie conoscenze. Non un “soggetto da assistere, ma una PERSONA A TUTTI GLI EFFETTI”.
L’alunno, infatti, necessita non solo di un insegnante di sostegno adeguatamente formato (il che, stante la situazione attuale, è già una grande conquista), ma anche di un apparato di strumenti che gli permettono un corretto apprendimento delle conoscenze (personal computer dotato di sintesi vocale e/o display Braille, videoingranditore, testi in Braille o a caratteri ingranditi, tavole tattili per l’apprendimento della geometria, ecc.). Tutti strumenti di estrema importanza, ma che vanno presentati agli stessi insegnanti in maniera adeguata in modo che questi ultimi possano insegnarne il corretto utilizzo ai loro alunni. E’ proprio in questa fase che appare in tutta la sua evidenza la fondamentale importanza dei servizi svolti dai tiflologi, figure indispensabili poiché in possesso di quel bagaglio di conoscenze che permette loro di svolgere quella funzione importantissima di “raccordo” fra alunno, famiglia e corpo docente.
Il passo successivo verso una piena inclusione sociale è l’ingresso nel mondo lavorativo dove, come nella scuola, risulta fondamentale un’adeguata formazione inerente non solo le problematiche delle persone non vedenti ed ipovedenti, ma che sia mirata a far conoscere a fondo ai responsabili per l’inserimento lavorativo degli enti preposti, nonché alle aziende, le potenzialità di queste ultime e le enormi opportunità offerte dalle nuove tecnologie.
Notevole interesse ha suscitato anche l’intervento del Responsabile del Polo Informatico dell’Istituto dei Ciechi di Milano Franco Lisi, che con estrema lucidità e precisione ha trattato l’estrema rilevanza dei principali problemi connessi all’accessibilità. Spesso si tende a pensare che il concetto di accessibilità indichi un aspetto a se stante, magari riferito solamente all’ambito tecnologico. Al contrario, l’accessibilità può senza ombra di dubbio essere considerato un elemento trasversale che interessa svariati aspetti della nostra quotidianità: dagli spazi al tempo libero, dalla scuola al lavoro, alla cultura e così via. Insieme al concetto di accessibilità, non va nel modo più assoluto trascurata l’usabilità di tutto quanto la quotidianità ci presenta. Un esempio emblematico, come opportunamente evidenziato dal dott. Lisi, riguarda i percorsi predisposti per favorire la mobilità delle persone con disabilità visiva in parchi, musei, ecc..
“Sovente, afferma Lisi, si tende a dare per dato acquisito che un determinato spazio sia accessibile solo perché è stata effettuata preventivamente la mappatura di quest’ultimo. Al contrario l’accessibilità, e con essa la piena fruibilità di uno spazio, presuppone uno studio approfondito da parte di esperti qualificati, che assicurino il rispetto di determinati standard. Solo facendo questo si può garantire una vera accessibilità, che con sé garantisce altresì una vera usabilità del suddetto spazio”. L’esempio proposto è emblematico, e può essere esteso ad altri ambiti come i servizi (bancomat, telecomunicazioni, ecc.) per i quali molto spesso viene garantita un’accessibilità solo teorica.
tutto questo deve spronare l’Associazione affinché si faccia portatrice delle esigenze delle persone con disabilità visiva, le quali reclamano a gran voce un’accessibilità che non sia solo sporadica e di facciata, ma che si concretizzi nella moltitudine di ambiti della vita quotidiana e tramite la quale ognuno possa compiere, passo dopo passo, il percorso che dovrebbe portare ad una buona autonomia e alla concreta inclusione sociale.
Le tematiche proposte sono di indubbia importanza, e hanno suscitato notevole interesse dando vita ad un dibattito pacato e partecipato sia grazie agli interventi dei presenti in sala, sia grazie a quelli di coloro che ascoltavano la diretta streaming dell’evento e tramite e-mail hanno potuto porre quesiti direttamente al candidato Stilla, che al termine dell’evento, rispondendo ad alcune domande, ha espresso viva soddisfazione per l’ottima riuscita dell’iniziativa. Dichiara infatti Stilla:
“Constato con vivo piacere l’interesse suscitato dall’evento di oggi e l’ampia partecipazione avutasi. Credo che quanto abbiamo vissuto noi in sala, e gli ascoltatori da casa, abbia una sola chiave di lettura: confronto nel rispetto reciproco. In questo senso faccio mie senza alcuna esitazione le parole di Rodolfo Cattani, che con estrema puntualità e con la massima lucidità hanno riassunto lo spirito della giornata. Penso che il messaggio lanciato oggi sia chiaro: un incondizionato, forte, e deciso NO alle polemiche, agli attacchi personali e ai colpi bassi che non hanno altro effetto se non creare divisioni interne all’Associazione. Totale disponibilità, invece, ad un confronto aperto, serio, e senza preconcetti verso le idee altrui. Nel totale rispetto di tutti, qualunque risultato scaturisca dal XXIII Congresso, sono fermamente convinto che sia giunto il momento di avviare un dialogo per giungere a scelte comuni, assumendo nella massima collegialità decisioni che richiederanno coraggio e onestà intellettuale da parte di tutti, tutti nessuno escluso”.
Fra i temi affrontati, nel suo programma quale ritiene richieda la priorità assoluta?
“La giornata ha offerto ampi spunti di riflessione. Sia gli interventi che le successive 3 ore di dibattito ancora una volta, ma ne sono sempre stato convinto, mi hanno fatto capire che le persone non vedenti ed ipovedenti non chiedono semplicemente considerazione. Non chiedono cortese attenzione, non chiedono buone azioni di circostanza, ma chiedono azioni concrete. Chiedono, e noi dobbiamo farci interpreti di queste richieste, che sia loro offerto un percorso che li porti alla piena inclusione sociale. I temi emersi, a mio modo di vedere, non vanno considerati singolarmente, ma come componenti di questo percorso! E allora da dove partire? Dalle famiglie dei nostri ragazzi. Il futuro sono proprio loro, ed è nostro preciso dovere far sentire ai nostri ragazzi, proprio tramite le loro famiglie, la presenza dell’Associazione garantendo loro il massimo sostegno soprattutto in questo momento di enorme incertezza per quanto concerne i servizi di supporto all’inclusione scolastica. Le prime risposte concrete ritengo debbano riguardare proprio la scuola, poiché dalla scuola inizia la vera formazione della persona che, se adeguatamente supportata, acquisisce tutto quell’insieme di conoscenze che le permetteranno non solo di avere una buona cultura, ma di formare il proprio carattere e la propria personalità. Proprio per questo ringrazio di cuore le famiglie che oggi coi loro bimbi sono state presenti a Milano; tramite loro ho sentito la vicinanza di tutte le famiglie, e a queste dico una cosa semplice: avete, e avrete sempre, il massimo sostegno da parte della nostra e vostra Unione”.
Al di là delle linee programmatiche, al di là delle considerazioni inerenti i singoli settori, la giornata di sabato ha avuto un filo conduttore unico, solido e infrangibile: il confronto. Non una serie di enunciazioni altisonanti, non la proposta della panacea di tutti i mali dell’Associazione, e nemmeno l’annuncio di un treno dei desideri con destinazione sicura sul quale affannarsi a salire. Al contrario, un momento di vero confronto, nel quale ognuno ha potuto dare il proprio contributo senza timore, nella massima serenità e con la consapevolezza di non essere giudicato in alcun modo. Se questa esperienza sarà estesa, se diverrà un modello da adottare per tutte le future scelte associative, allora l’Associazione potrà proporsi alla base associativa con maggior credibilità, gettando così le basi del VERO CAMBIAMENTO.
Le linee programmatiche predisposte da Nicola Stilla sono consultabili sul suo blog all’indirizzo www.lunionechevorrei.blogspot.it, dove è possibile anche scaricare i file audio relativi all’evento di sabato 3 ottobre.

Massimiliano Penna

Firmato il protocollo d’intesa tra l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti onlus (Uici) e il Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi (CNOP)

Roma, 8 ottobre 2015

E’ stato firmato questa mattina presso la sede della Presidenza Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti il protocollo d’intesa tra l’UICI e CNOP – Consiglio nazionale Ordine degli psicologi volto all’attivazione di un servizio di sostegno psicologico a favore dei genitori e delle famiglie dei bambini e dei ragazzi ciechi e ipovedenti attraverso psicologi e psicoterapeuti professionisti.
Il momento in cui un genitore riceve la notizia che il proprio figlio ha un disturbo visivo costituisce un’esperienza traumatica, accompagnata da un susseguirsi di emozioni forti: il dolore per la perdita della possibilità di essere genitori di un figlio sano; il senso di colpa legato al timore che il deficit sia dovuto ad un problema genetico non precedentemente diagnosticato; l’ansia e la paura per l’incolumità fisica del bambino/ragazzo e per quello che gli riserverà il futuro nella sfera affettiva e lavorativa. La situazione poi si complica ulteriormente se al deficit visivo si aggiungono altre minorazioni.
In che modo quindi assistere ed educare un figlio con problemi visivi? Qual è l’atteggiamento corretto? Come si può evitare il progressivo aumento del trauma psicologico?
“Il protocollo d’intesa tra UICI e CNOP nasce proprio per rispondere a queste domande – afferma Mario Barbuto, presidente nazionale dell’Unione. Offriremo un servizio capillare in tutte le regioni d’Italia, per dare supporto alla parte più debole, rappresentata dai bambini e dalle loro famiglie. Troppo spesso ci dimentichiamo delle famiglie, che quotidianamente si trovano a dover affrontare i problemi derivanti dalla cecità dei loro figli”.
“È un’iniziativa importante che crea nuovi spazi professionali per la nostra categoria e, contemporaneamente, apre un contesto di impegno sociale di qualità” – dichiara Fulvio Giardina, presidente del Consiglio nazionale Ordine degli psicologi. “Sul sito del CNOP e su quelli degli Ordini territoriali saranno prossimamente pubblicate le news sul tema e i format per le adesioni da parte dei Colleghi interessati”.

Un ringraziamento da parte dei presidenti Giardina e Barbuto va a Katia Caravello, psicologa e psicoterapeuta, referente nazionale del Gruppo di lavoro attivato presso l’UICI, e al vice-presidente dell’Unione Luigi Gelmini, per aver dato il via a questo importante progetto di sostegno.

Sostenitori e scudieri, di Rodolfo Cattani e Claudio Romano

Autore: Rodolfo Cattani e Claudio Romano

Dobbiamo ammettere di aver letto con qualche iniziale curiosità e interesse, ma con crescente delusione, sul giornale UICI l’articolo “Ma cos’è una partecipazione vera?” a firma del neoeletto componente della Direzione Nazionale Francesco Fratta.

A dire la verità, dal titolo dell’articolo era lecito attendersi qualcosa di più dei soliti logori argomenti, rispolverati non a caso un mese prima del XXIII Congresso.

Essendo stati chiamati in causa da Fratta nel suo scritto in quanto sostenitori di Nicola Stilla, mentre lasciamo a Nicola se ne avrà la voglia e il tempo di chiarire ciò che riterrà opportuno chiarire, non possiamo esimerci da parte nostra, confidando nella pazienza dei lettori, di commentare alcuni passaggi dell’articolo in oggetto.

1. Il 15 settembre 2014 a Bologna c’eravamo anche noi e, con buona pace di Fratta, circa l’esito della riunione, rimandiamo al comunicato sottoscritto congiuntamente e liberamente da Barbuto e Stilla, evitando così che ognuno la racconti come più gli conviene. Più interessante, invece, ci pare chiedere a Fratta perché, nella sua ricostruzione storica degli avvenimenti più significativi, egli non faccia alcun cenno alla riunione del novembre 2013 a Bologna, nel corso della quale Barbuto propose a Stilla di andare al XXIII Congresso con le candidature dello stesso Barbuto alla presidenza nazionale e di Stilla alla vicepresidenza.
E’ lecito chiedersi se gli amici di UICI rinnovamento furono consultati prima di quell’incontro sulla proposta di accordo e, più specificatamente nel merito della stessa? Infatti, se Stilla avesse accettato, forse che l’Unione avrebbe avuto una leadership nata dal basso come Fratta legittimamente sembra auspicare?
Tuttavia Nicola non accettò, facendo notare che prima di discutere sui nomi, era opportuno concordare sul programma e soprattutto su un percorso condiviso per giungere al confronto congressuale con posizioni chiare e concordate.
Seguirono gli incontri allargati dell’11 gennaio 2014 a Milano ed alla luce delle dimissioni di Tommaso Daniele, quella del 2 marzo 2014 a Bologna.

2. Per quanto riguarda il rilievo circa la mancata collegialità da parte di Barbuto dopo la sua elezione alla presidenza nazionale, ci preme semplicemente ribadire che il rilievo espresso da Stilla e dai suoi sostenitori e non solo, non riguardava ovviamente la gestione degli organi collegiali, ma gli impegni di consultazione e di collaborazione che avevano preceduto quella elezione. L’intesa che portò all’elezione di Mario Barbuto, infatti, era il frutto di un accordo tra i sostenitori dello stesso Barbuto e di Stilla con l’impegno da entrambe le parti a ricercare una candidatura condivisa in sede congressuale. Tra i presupposti di quell’accordo vi era che, data la straordinarietà della situazione associativa venutasi a creare, Mario e Nicola avrebbero mantenuto una regolare consultazione all’interno dello schieramento che aveva determinato l’elezione di Barbuto. Ed è proprio questa carenza di consultazione e di dialogo su questioni di notevole importanza associativa a cui si riferisce Stilla e non alla gestione degli organi associativi, su cui non intendiamo esprimerci.

3. Ma chi sono quei sostenitori di Stilla che non hanno ritenuto o che non ritengono gli amici di Barbuto “fautori di un “vero” rinnovamento”?
In realtà, per chiarirlo, basterebbe rispondere a una semplice domanda: se non ci fosse stata una visione comune di intendere il ruolo dell’associazione, avremmo mai compiuto un tratto di strada insieme? Avremmo mai dato fiducia a Mario Barbuto affidandogli la responsabilità di gestire l’Unione fino al Congresso? Non sarà che proprio Fratta non sia stato mai convinto dell’opportunità di stringere accordi con Stilla e i suoi sostenitori?

4. Per quanto riguarda l’elaborazione del programma del candidato Stilla, sarà egli stesso a darne conto quando e come riterrà di farlo; ci auguriamo comunque che in occasione dell’iniziativa di sabato3 ottobre a Milano, Nicola abbia potuto soddisfare anche i legittimi interrogativi di Francesco Fratta.

5. Noi non crediamo che la scelta di autocandidarsi al consiglio nazionale prima o dopo l’apertura del Congresso abbia una valenza etico-associativa superiore alla scelta di farlo con il sostegno dei rispettivi consigli regionali, i quali sono indubbiamente l’espressione democratica dei ciechi e degli ipovedenti delle rispettive regioni. O non è così?

6. In ordine alla polemica circa l’opportunità di accordi tra le delegazioni, riteniamo opportuno sottoscrivere in toto l’articolo di Stilla “Presidenzialismo o democrazia rappresentativa? Riflessioni per una scelta responsabile“ ed a quello rimandiamo l’amico Francesco Fratta e tutti gli appassionati all’argomento.
Riguardo poi al sostegno che l’avvocato Terranova deciderà di dare come delegato al Congresso, non ci sembra particolarmente sconveniente cercare di ottenerlo per Stilla. In democrazia sono i voti che contano e tutti noi per primi dovremmo prenderne atto.
In fine, vorremmo rassicurare Fratta che le persone che il Consiglio regionale lombardo ha inteso sostenere, e cioè Rodolfo Masto, Erica Monteneri e Claudio Romano, non hanno alcuna intenzione di attendere la vigilia del Congresso per rendere pubblica la propria candidatura al Consiglio nazionale, in quanto lo hanno già fatto.

Noi, il 15 marzo 2014, Mario Barbuto l’abbiamo votato convintamente e non siamo affatto pentiti di averlo fatto. Siamo stati sempre e continueremo a essere leali nei suoi confronti se il Congresso lo rieleggerà alla presidenza nazionale.
Ma siamo davvero sicuri che l’amico Fratta ed il “cerchio magico” di Barbuto farebbero lo stesso nel caso fosse Stilla il prossimo Presidente nazionale?

Tranquilli, noi voteremo e chiederemo di votare Nicola Stilla quale Presidente perché egli ha le capacità e il temperamento per essere un buon presidente.

In conclusione, su una cosa almeno concordiamo con Francesco Fratta:
“Ai delegati del XXIII Congresso spetta comunque l’ultima parola………”…… ed i delegati farebbero bene a ringraziare Francesco per questo generoso riconoscimento.
Per ora stia sereno, lo ringraziamo noi.

Rodolfo Cattani
Claudio Romano

Riflessioni e spunti per l’azione futura, di Mario Girardi

Autore: Mario Girardi

Negli ultimi 25 anni ho ricoperto un po’ tutte le cariche, dalla presidenza in giù, presso la Sezione di Treviso ed il Consiglio Regionale Veneto. In occasione delle assemblee elettive della scorsa primavera, ho ritenuto che in questo ambito fosse il momento di passare la mano, per favorire l’ingresso di forze nuove, pur continuando a dare il mio concreto contributo in diversi settori, nella mia Sezione. Dopo alcuni mesi di riflessione, anche su invito di alcuni cari amici, ho pensato che potesse essere di qualche utilità mettere a disposizione la mia esperienza ad un diverso livello del nostro sodalizio, considerato anche il clima di apertura e compartecipazione, venutosi maggiormente a creare nell’ultimo periodo; ho così deciso di candidarmi al Consiglio Nazionale.
Non intendo qui esporre un programma organico, in quanto l’Unione è retta da organi collegiali, ad iniziare dal Congresso, ed è in tali sedi che si approvano obbiettivi e strategie per gli anni a venire; desidero però condividere alcuni spunti che derivano dall’esperienza maturata in tanti anni di impegno nell’Associazione.
In primo luogo, dobbiamo fare ogni sforzo perché personale e dirigenti sezionali possano dedicare la quota maggiore di tempo e risorse possibile, ai soci e agli altri non vedenti del territorio, mediante la semplificazione più spinta degli adempimenti amministrativi e contabili. Dovremo quindi compiere una scelta decisa in favore della contabilità semplificata, individuando lo strumento più semplice ed adeguato alle nostre esigenze, che garantisca però certezza e trasparenza dei dati e la possibilità di rendicontare agevolmente l’attività svolta, quando ce ne sia bisogno, come ad esempio alla conclusione di un progetto finanziato da una istituzione esterna. Si dovrebbe poi scegliere un programma gestionale per tutte le nostre strutture, che permetta di condividere ed elaborare con sicurezza e semplicità, la mole di dati con cui ci confrontiamo quotidianamente, in modo da snellire al massimo gli adempimenti amministrativi e permettere un vicendevole supporto. Se vogliamo ad esempio, che i Consigli Regionali possano sollevare da molti impegni le Sezioni in maggiore difficoltà, gli stessi devono poter accedere con facilità alle informazioni necessarie e poter interagire rapidamente con le Sezioni e la Presidenza Nazionale. Naturalmente poi, personale ed almeno in parte i dirigenti, dovrebbero essere formati al miglior utilizzo degli strumenti adottati.
Quanto sopra dovrebbe servire a liberare risorse, umane e strutturali, per affrontare i principali problemi della categoria; come ad esempio quello del lavoro. In questo ambito è necessario sfruttare fino in fondo le possibilità fornite dal collocamento obbligatorio; quindi dovremo insistere per il completamento dell’iter di riforma della L. 113; ma è sempre più indispensabile percorrere strade alternative, con dei percorsi sostanzialmente personalizzati che valorizzino le attitudini individuali. Di questo difficilissimo compito dovrebbe occuparsi principalmente l’I.RI.FO.R., facendo tesoro anche di alcune importanti esperienze, come quelle dell’Istituto Chiossone. L’I.RI.FO.R. dovrebbe impegnarsi anche nella qualificazione e riqualificazione di ciechi ed ipovedenti già occupati, ma relegati in posizioni marginali, come accade ad esempio in alcuni enti importanti, come l’INPS e l’Agenzia delle Entrate.
In questi anni mi sono occupato molto anche dei pluridisabili, trovandomi spesso in difficoltà nel fornire indicazioni veramente puntuali ed efficaci. L’I.RI.FO.R. può essere fondamentale anche in questo settore; dobbiamo creare un nucleo di esperti che si possano muovere sul territorio per fornire consulenze davvero all’altezza, attingendo anche alle competenze maturate da altre istituzioni, come la Lega del Filo d’Oro. Importantissima è poi la formazione degli operatori delle strutture dove i nostri amici meno fortunati sono inseriti. Appare realistico ora pensare che potremo avere un punto di riferimento nel Centro Nazionale di Alta Specializzazione; ma non dobbiamo dimenticare di valorizzare gli esempi positivi sul territorio.
Dalla mia esperienza ho tratto inoltre la convinzione che nei confronti delle istituzioni, nazionali e locali, per ottenere dei risultati concreti, è necessario presentarci unitamente alle altre associazioni di disabili ogni volta che sia possibile. Non è sempre facile gestire determinati rapporti, ma è indispensabile; ho potuto riscontrarlo soprattutto nel mio ruolo di Presidente Regionale, anche di recente, nelle battaglie per garantire la continuità del servizio di integrazione scolastica, argomento di drammatica attualità, che ci toglie il sonno.
Ancora l’I.RI.FO.R. dovrà servirci come strumento per la formazione permanente ed aggiornata in materia previdenziale e della legislazione socio-sanitaria. Se vogliamo saper consigliare i soci nelle loro scelte, creare una rete di contatti qualificati tra i funzionari degli enti pubblici, difendere i diritti dei non vedenti nelle sedi deputate, dobbiamo essere credibili nell’esposizione delle nostre competenze e conoscenze.
Ho imparato poi, che è fondamentale rafforzare lo spettro dei servizi da offrire ai nostri soci anziani, cioè la maggioranza della compagine associativa; persone che dobbiamo saper coinvolgere, con i loro famigliari nella vita delle Sezioni. L’aspetto formativo è anche in questo caso importante: al nostro esterno, dobbiamo saper fornire agli operatori delle case di riposo e a domicilio, le nozioni e metodologie per assistere nel modo migliore un non vedente; al nostro interno dobbiamo saper dare le giuste informazioni su diversi argomenti, come solo per fare un esempio, l’amministratore di sostegno, o la capacità di testare; Abituarli con la dovuta calma ad usare gli ausili più utili e sostenerli psicologicamente.
Molti sarebbero ancora gli argomenti da toccare, ad iniziare dall’istruzione, all’accessibilità in senso lato, alla mobilità, all’aggiornamento tecnologico, alle esigenze specifiche degli ipovedenti e via dicendo; però per adesso mi fermo qui. Tuttavia credo sarebbe molto utile riuscire a realizzare una raccolta delle risposte ai quesiti che ci vengono più di frequente sottoposti, uno strumento attendibile ed agile da consultare, da ampliare mano a mano e da tenere costantemente aggiornato.
Concludo queste brevi ed incomplete riflessioni, sottolineando che, qualora non dovessi essere eletto, il mio impegno, specie in Sezione, o in altro ruolo che risultasse utile, non verrebbe meno di sicuro.

Mario Girardi