Natale insieme giocando: il piacere di ritrovarsi, di Mena Mascia

Autore: Mena Mascia

Ieri, entrare in associazione e sentirla pullulare di voci, conosciute e non, è stata per me un’emozione unica. Senza molto crederci, viste le volte che ci avevo provato, ricevendo per tutta risposta dinieghi assoluti, dei quali, per carità di patria, non è qui il caso di analizzare i motivi, accorgermi che gli amici erano intervenuti per partecipare al torneo di scopone scientifico, mi ha riempito di gioia. Abbracci, baci, erano lì a dimostrare il piacere di considerare la sezione come la propria casa, un ambiente non neutro da abitare per ritrovarsi e dimenticare ambasce quotidiane o dispiaceri vari, una casa dove trascorrere qualche ora di svago per sentire allontanarsi la crisi di appartenenza che talvolta ci coglie nel chiuso della nostra abitazione.
Tutti hanno gradito l’idea della tombolata che ci vedrà ancora riuniti fra una settimana e distribuito sorrisi sereni, andando via. In memoria di un amico scomparso da poco, un vero artista, porterò io la tombola, al fine di ricordarne a tutti l’immensa creatività.
I ragazzi del servizio civile che la sezione mette a disposizione di chi, socio e non, ha necessità di essere accompagnato, si sono prodigati per procurare i premi per la tombola, felici di partecipare con i nostri soci più giovani alla prossima sfilata degli abiti da sposa che si terrà il giorno 19 p.v. per autofinanziarci. L’iniziativa è stata sponsorizzata con molto entusiasmo dai negozi cittadini per il piacere di vedere il proprio logo sulla nostra locandina dal suggestivo titolo “C’era una volta”, per giustificare il quale hanno chiesto a chi aveva qualcosa di bello da far vedere di esporlo, per dare di noi un’immagine più vera di come siamo. In quella sede ognuno vedrà esposto il frutto delle proprie passioni, rese più concrete dal farle osservare a chi avrà la voglia di augurarci un buon Natale, apprezzando il com’eravamo, non dimenticando il come siamo.

Mena Mascia

Echi del XXIII Congresso Nazionale dell’Uici – A modo mio, di Mario Censabella

Autore: Mario Censabella

L’assise ha avuto luogo dal 5 all’8 novembre a Chianciano; la sera del primo giorno un’importante evento: l’assegnazione dei premi braille e un concerto nel corso della manifestazione molti non vedenti hanno dato prova della loro valentìa.
Quest’anno il nostro Congresso si è svolto a Chianciano, questa sede è stata prescelta oltre che per motivi economici, forse anche perché Chianciano è in una posizione equidistante da tutti i confini italici. Diamo ora un’occhiata al loco.
Chianciano Terme è una delle località termali più famose d’Italia. Particolarmente fortunata la posizione, a cavallo tra la Val d’Orcia con le sue crete (dal 2004 patrimonio dell’umanità dell’UNESCO) e la fertile Valdichiana, tra le colline dei vini di Montepulciano e le bellezze rinascimentali di Pienza: luogo di cura e di relax ma anche punto di partenza per scoprire le bellezze della Toscana e della vicinissima Umbria. Dista 89 km da Siena e 73 da Arezzo.
Ha avuto nel periodo 1915-1920 un rapido sviluppo con la costruzione di un acquedotto, di uno stabilimento di imbottigliamento e con la ristrutturazione dello stabilimento dell’Acqua Santa.
In verità il Congresso ha avuto inizio alle ore 15.30, gran brusio, qualcuno si chiama a gran voce, non si distinguono le voci dei non vedenti da quelli degli accompagnatori.
L’atmosfera non è del tutto mutata rispetto a qualche anno addietro, vi sono molte voci nuove ma non mancano le vecchie mammole, ora un po’ più tigrati, vecchi marpioni ai quali nonostante un nuovo tagliando sopravvivono per la loro antica scaltrezza; vi sono ancora le vecchie volpi ormai ingrigite che anche con il fiato corto riescono a essere ferine; non mancano neppure i gladiatori che hanno sempre il colpo che può stroncare. Vi sono naturalmente anche le new entry, queste piuttosto sibilline e impenetrabili.
Mi sono fatto prendere dal pathos, dall’emozione, non ho ancora scritto dell’intervento dei candidati presidenti e di tutti coloro che si sono proposti per le varie candidature: ciascuno ha saputo far considerare l’intelligenza, la cultura, l’esperienza, anche associativa, il carattere secondo i propri parametri.
Il Congresso si è concluso con la rielezione di Mario Barbuto e con un rinnovato consiglio nazionale, alla conclusione, grande entusiasmo e qualche polemica di troppo, auguri affettuosi e complimenti a tutti i neo eletti.
Come ha sempre affermato Wanda Dignani viva la nostra grande, bella, importante Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, ora aggiungo io, senza di “lei” saremmo nulla.
Da moltissimi anni tutti coloro che sono venuti a Chianciano a… passare le acque sono stati convinti che… Chianciano fegato sano… non so se questo slogan sarà stato tale anche per tutti i nostri congressisti.

Mario Censabella

Perché non ritirare il “famigerato” emendamento?, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

Cari amici,
da catanese, anch’io sono un convinto fruitore del Polo tattile multimediale, del quale non mi sognerei neanche minimamente di sminuire l’insostituibile ruolo culturale per i minorati della vista siciliani.
Tuttavia, non riesco a comprendere la lettera aperta al nostro Presidente Nazionale che, in questi giorni, alcuni dirigenti siciliani stanno facendo girare e circolare.
Non la capisco in quanto, secondo me, non coglie e non vuole “vedere” quello che è il vero e reale nocciolo della questione.
Infatti, se i ben 3500000 Euro che la Regione Sicilia eroga annualmente a favore della Stamperia Braille etnea non bastano all’Ente per soddisfare le esigenze ed istanze culturali dei suoi utenti, allora i responsabili di tale struttura, perché non hanno pensato bene di “concordare” con il Presidente Barbuto una strategia diversa ed alternativa alla presentazione di un emendamento volto a sottrarre risorse indispensabili per lo svolgimento delle attività di ricerca, riabilitazione e formazione dell’I.Ri.Fo.R?
Al riguardo, mi permetto di suggerire loro l’individuazione di altre possibili fonti di finanziamento quali la città metropolitana di Catania, la stessa Regione siciliana (dalla quale dipende tra l’altro il Polo tattile), fondi comunitari, che ritengo più adeguati e pertinenti per la specifica tipologia di tale Ente.
Certo, la fretta è spesso “cattiva consigliera” ed i ritmi ”frenetici e vorticosi” imposti dalla Legge di stabilità sovente non aiutano ed hanno senz’altro contribuito a tale spiacevole “incidente” e “pasticcio”, ma sono altrettanto convinto che anche i dirigenti della Stamperia Braille sanno perfettamente che depauperare e decurtare i contributi dell’I.Ri.Fo.R. significa fondamentalmente ridimensionare i tanti progetti di formazione, riqualificazione professionale, di autonomia e mobilità destinati a tutti i disabili visivi e ciechi pluriminorati d’Italia.
E nonostante la presentazione dell’ormai “famigerato” emendamento, io penso che non sia detta l’ultima parola e che possano esserci i margini per sbrogliare l’intricata “matassa”, già in occasione della discussione della legge finanziaria alla Camera a partire dalla prossima settimana.
A tal proposito, faccio un appello “accorato” ai dirigenti dell’UICI Sicilia perché compiano un atto di “giustizia” associativa, adoperandosi con tutte le loro forze ed energie per far ritirare alla camera il sopraccitato emendamento, o per lo meno perché esso preveda una sovvenzione in favore della Stamperia Braille in aggiunta all’integrale contributo dell’I.Ri.FoR.
Ma tutto ciò non può prescindere da uno “sforzo collaborativo” e da un coinvolgimento fattivo e diretto del nostro Presidente Nazionale che, pur nel rispetto delle responsabilità e delle competenze di tutti e di ciascuno, è sempre il garante del buon funzionamento della nostra amata Unione e di tutti gli Enti collegati.
Infatti, l’esperienza insegna che l’adozione di una simile metodologia di comportamento “partecipativo e sinergico” riduce sensibilmente le conflittualità ed i possibili contenziosi al nostro interno e responsabilizza tutti noi ad una gestione “coesa, democratica e collegiale” della nostra Associazione.
Questo non è più il tempo delle divisioni, delle lacerazioni e delle incomprensioni, ma quello delle soluzioni condivise ed unitarie.
D’altra parte, se la congiuntura economica attuale del Polo Tattile di Catania è davvero così drammatica, non penso che mancherà al nostro sempre sensibile Presidente Barbuto, venirgli incontro e farsi carico di tale criticità, se lo si chiamerà direttamente in causa.
Ed allora confido nel grande “senso di appartenenza e di responsabilità” dei vertici regionali dell’UICI Sicilia per farlo ritirare questo “benedetto” emendamento.
Sarebbe questo il più bel “regalo” di Natale per il Presidente Mario Barbuto, la più bella “strenna” natalizia per i ciechi ed ipovedenti italiani!

Contributi dei lettori – Nuovo Consiglio nazionale: la sfida del nuovo, di Massimo Vita

Autore: Massimo Vita

Riflettendo su quanto accaduto al Congresso nazionale mille pensieri balenano nella mia mente e il più ricorrente è quello legato alla composizione del nuovo consiglio nazionale.
Penso sinceramente, che il congresso abbia espresso un reale spirito di rinnovamento senza trascurare l’esigenza di qualità e di esperienza.
Il nuovo organo appare abbastanza bene assortito e questo anche osservando coloro che partecipano di diritto come i presidenti regionali.
Vorrei esprimere l’auspicio che il prossimo Consiglio nazionale dia vita a una direzione forte e coesa equilibrando le esigenze di novità con quelle dell’esperienza e della disponibilità.
Il nostro presidente nazionale potrà condurre la nostra grande famiglia con determinazione solo se avrà una direzione coesa, forte, capace e disponibile al sacrificio supportata da un consiglio nazionale operativo e presente.
Dobbiamo anche noi dalla periferia far sentire la nostra presenza operante per mostrare al paese e alla classe politica la nostra forza e la nostra responsabilità.
I nostri nuovi dirigenti nazionali dovranno imprimere un passo più svelto all’associazione senza avventurismi ma con lo sguardo aperto verso il futuro e le sue sfide più forti.
Dovremo coordinare meglio le attività di Irifor, dell’agenzia per la prevenzione e di tutti gli strumenti che abbiamo per promuovere le nostre problematiche e le nostre risorse.
Penso che abbiamo buone possibilità per affrontare tutte le sfide con determinazione e vincerle.
Mi auguro che non prevalgano le gelosie e la voglia di rivalsa perché questo ci farebbe perdere di vista l’obiettivo: una vita migliore per tutti i ciechi e gli ipovedenti.

Massimo Vita

Salviamo L’I.Ri.Fo.R!, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

Care amiche e amici, sono un dirigente della Sezione UICI di Catania, ma non così cieco dall’avere seri dubbi sull’operazione che smisterebbe parte del contributo nazionale della “nostra” I.Ri.Fo.R. a favore del Polo tattile etneo.

Non vi nascondo effettivamente l’imbarazzo nel dirvi che reputo l’emendamento presentato in Commissione Bilancio al Senato del tutto inopportuno e fuori luogo sia nella forma che nella sostanza.

Innanzitutto perché, a primo acchito, l’emendamento mi sembrerebbe tecnicamente inammissibile, dato che la Stamperia Braille di Catania è un Ente della Regione Sicilia e che tra l’altro gode già di cospicue sovvenzioni regionali (circa 3 milioni e 500000 Euro l’anno). A tal proposito, mi permetto di consigliare altre strade ed altre fonti di finanziamento per il Polo tattile (quali ad es. la città metropolitana di Catania, la Regione siciliana, Fondi europei), più pertinenti per la specifica tipologia di quella struttura.

In secondo luogo, neanche il contenuto dell’emendamento mi convince, in quanto ritengo davvero ingiusto e sbagliato depauperare e strappare risorse all’I.Ri.Fo.R., che è il nostro Ente di formazione per eccellenza.

Ogni centesimo “estorto” a tale nostro grande “fiore all’occhiello” potrebbe significare un progetto di formazione in meno per i nostri disoccupati, un progetto di mobilità ed orientamento e di Tifloinformatica in meno per i ciechi e gli ipovedenti italiani, un progetto di riqualificazione professionale in meno per i lavoratori non vedenti, un campo estivo in meno per i bimbi disabili visivi e ciechi pluriminorati d’Italia. Per non parlare del duro colpo che subirebbero la ricerca tiflologica e l’aggiornamento e la formazione degli operatori del sostegno scolastico.

Ed allora, mobilitiamoci tutti ed adoperiamoci al massimo secondo quanto suggerito dal nostro Presidente Mario Barbuto nel suo comunicato 193 e SALVIAMO l’I.Ri.Fo.R!

Infatti, da operatore della scuola e da responsabile dei progetti tiflologici del C.d.a della Federazione vi dico che l’I.Ri.Fo.R. è troppo importante per noi  e che invece va fortificato e rafforzato economicamente e nei suoi “poteri” per diventare sempre più il “punto di riferimento” per la ricerca, la riabilitazione e la formazione dei minorati della vista italiani.

La mia proposta dopo il Congresso: L’”Authority della Tiflologia”, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

Cari amici, unitamente al successo entusiasmante del Presidente Barbuto che è il successo di tutti noi che ci riconosciamo nel suo progetto di rinnovamento, si è trattato di un Congresso davvero esaltante e coinvolgente.
Infatti, massiccia è stata la partecipazione dei delegati e non, elevata la qualità del dibattito durante i gruppi di lavoro, ma soprattutto abbiamo vissuto una grande “festa” di democrazia.
La cosa che mi è più piaciuta è stata la conferma, laddove ce ne fosse stato bisogno, che noi dell’UICI siamo una classe dirigente seria, matura e responsabile, orgogliosa del proprio presente e passato, ma anche fiduciosa nel futuro e consapevole che a nessuno di noi è dato fermarsi “sulla riva del fiume” senza il rischio di essere travolti dalla “corrente” dei veloci cambiamenti di oggi. Quando parlo e scrivo dell’UICI, naturalmente, non parlo né scrivo di “sesso degli angeli”, ma della qualità della vita dei minorati della vista italiani che, se non opportunamente “guidati”, rischiano quotidianamente l’esclusione sociale.
Dentro la parola Unione, infatti, ci stanno i veri bisogni di persone in carne ed ossa : i non vedenti. Sono essi donne, uomini, bambini ed anziani, che spesso si rivolgono alle nostre sezioni ed Enti collegati, come “ultima spiaggia, ultimo appiglio, ultima speranza” per non fare naufragio.
Dunque, io sono convinto che la “mission” del nuovo Consiglio Nazionale è proprio quella di dare adeguata visibilità a tali bisogni, dando risposte concrete alle esigenze dei nostri soci e più in generale di tutti i ciechi ed ipovedenti italiani.
Queste risposte concrete corrispondono alla “montagna” di cose, che il Consiglio Nazionale dovrà fare insieme a noi nei cinque anni del mandato che è chiamato ad assolvere.
Sfogliando pagina dopo pagina la fitta agenda che ci viene consegnata da Chianciano relativamente ai nostri “impegni” associativi prossimi futuri, a mio modesto avviso, non potremo trascurare la voce disperata dei tanti, tantissimi genitori dei ciechi pluriminorati, che hanno creduto e credono ancora (specie dopo l’acquisto da parte della Federazione dell’immobile di Via Pollio) nella possibilità di realizzare, a Roma, un Centro di Alta Specializzazione per il recupero funzionale e la riabilitazione dei loro figli.
Deve essere, quindi, per noi un “imperativo” categorico la presa in carico di tale problema dei nostri più sfortunati “fratelli” ciechi pluriminorati, perché non vengano più considerati solo “oggetti” di pietismo, ma “soggetti” di diritto.
Non potremo nemmeno dimenticare le istanze degli anziani ciechi, che rivendicano il diritto alla fruizione del loro tempo libero nel miglior modo possibile, attraverso lo svolgimento di attività socio-ricreative e di svago dal grigiore della loro monotona quotidianità, vivendo pure importanti momenti di condivisione e d’integrazione con coetanei “normovedenti”.
Non potremo, inoltre, abbandonare i giovani non vedenti disoccupati, che all’UICI chiedono di aiutarli a superare le barriere dei tradizionali impieghi dei minorati della vista (centralinismo e massofisioterapia), adoperandosi nell’attivazione di Corsi di Formazione professionali al fine di favorire il loro inserimento in attività lavorative di maggiore responsabilità e gratificazione (addetti al protocollo, alla gestione di banche dati, al Call-Center, al telemarketing,ecc….). Dovremo altresì prodigarci al massimo per riqualificare efficacemente i nostri “vecchi” centralinisti e massofisioterapisti. Senza trascurare, ovviamente, le interessanti ed innovative opportunità lavorative che ci vengono fornite dal recente “Jobs Act”.
Non potremo infine eludere l’appello accorato degli studenti non vedenti che frequentano la scuola “normale”, i quali chiedono all’Unione ed agli Enti collegati di supplire alle carenze dello Stato, potenziando il servizio di assistenza tiflodidattica e tiflopedagogica (fornitura dei materiali speciali e dei libri di testo in tempi utili e ragionevoli), assicurando loro la continuità del sostegno e l’accesso alle attività integrative scolastiche, parascolastiche, culturali e sportive.
A mio parere, sono queste le iniziative più urgenti che i nuovi organi “unioneschi” non si potranno esimere dall’intraprendere.
Ma, da operatore della scuola e referente dei progetti tiflologici della Federazione Pro Ciechi, come ho più volte sottolineato al Congresso, faccio un accorato appello al Presidente Mario Barbuto ed ai vertici associativi perché si trovino le soluzioni didattiche ed organizzative più efficaci ed efficienti per migliorare la qualità dell’offerta formativa ed il sistema del supporto scolastico dei nostri alunni.
Al riguardo, mi permetto di suggerire e di sottoporre all’attenzione del nuovo Consiglio Nazionale e della nuova Direzione alcune proposte che io ritengo utili e funzionali affinché l’Unione in stretta sinergia operativa e con la fattiva collaborazione della Federazione, dell’I.Ri.Fo.R e della BIC possa davvero rilanciare il processo d’integrazione degli studenti disabili visivi nella scuola di tutti.
L’indifferibile necessità di fare “fronte comune” con la Fish e la Fand, inducendo il Governo a sposare la “causa” dell’istituzione del “ruolo” del sostegno, perché non sia più caratterizzato dagli elementi critici dell’ambiguità e della precarietà.
2) L’altrettanto cogente esigenza di ottenere dal Parlamento il varo di una legge volta al riconoscimento giuridico della figura professionale del Tiflologo, fino ad oggi addirittura priva di un albo professionale e che io ho definito il vero “convitato di pietra” del Congresso.
3) Infine, la creazione ed il riconoscimento da parte del MIUR di un’”Authority della Tiflologia” e cioè di un Board molto snello ed agile di cinque o sei esperti del settore, provenienti dai nostri Enti collegati, dalle facoltà universitarie di Scienze della Formazione, da Enti nazionali di formazione di comprovata e consolidata affidabilità, ecc.
La mia idea è quella di dare vita ad una vera e propria Fondazione, finanziata dal MIUR e dai privati e deputata alla progettazione dei percorsi formativi dei futuri docenti ed operatori del sostegno e di aggiornamento continuo di quelli già in servizio.
Concludendo, io credo che su tali interventi legislativi non possiamo più derogare e transigere, se vogliamo un’effettiva inclusione scolastica capace di garantire da un lato la migliore preparazione e formazione possibile dei docenti di sostegno, e dall’altro il diritto allo studio ed il pieno successo formativo dei “ragazzi ciechi”, per dirla alla Romagnoli.

Girando tra le scuole di Napoli e provincia, di Silvana Piscopo

Autore: Silvana Piscopo

Da qualche mese, essendomi offerta a svolgere incontri con le scuole in cui sono inscritti studenti non ed ipovedenti, ho avuto modo di confrontarmi con vari consigli di classe per affrontare problematiche di varia natura: da come impostare i piani didattici personalizzati, a come promuovere relazioni corrette e costruttive tra ragazzi vedenti e non, tra scuola e genitori che spesso oscillano tra eccessi di diffidenza o forme di timore reverenziale ho potuto, comunque, sperimentare che, nonostante la naturale variabile di qualità e competenze, capacità maggiore o minore di approcci diretti e-o mediati, tutti i docenti si sentono rassicurati quando qualcuno di noi va nel luogo dove loro lavorano, gli si rivolge non per esercitare ruoli giudicanti, ma per offrire spunti, per offrirsi come persona che ha sperimentato e sperimenta a partire da se stessi, quelle pratiche di vita, di educazione, di crescita che propone di utilizzare nel lavoro quotidiano da costruire nelle scuole.
Creare fiducia tra insegnanti e le persone dell’Uici che si occupano di istruzione, educazione e cultura di studenti non ed ipovedenti è condizione basilare se si vuole tutelare i nostri ragazzi, ma la fiducia si conquista sapendo gestire al meglio i piccoli e consueti conflitti tra le parti in causa: alunni, genitori, docenti, mettendo in campo tutte le proprie risorse pratiche e teoriche che ciascuno ha acquisito ed acquisisce nel corso della vita personale, lavorativa, di impegno sociale, professionale.
Ho esperienza lunga ed impegnativa nel mondo della scuola e, dunque, per me non è tanto difficile individuare le modalità più efficaci per costruire ponti tra le tradizionali parti e controparti che in tutte le scuole tenderebbero ad inventarsi muri e trincee, ma la nostra associazione è fatta da tante persone che dedicano con passione e volontà il proprio tempo e le proprie energie non disponendo di specifiche conoscenze circa la complessità di rapporti, norme giuridiche, regolamenti interni e, soprattutto, equilibri variabili che possono agitare negativamente o stimolare positivamente l’uno o l’altro Consiglio di classe.
Per tutte queste ragioni io mi permetterei di indicare al gruppo dirigente che si appresta a dare corpo e gambe a quanto le teste hanno prodotto nelle risoluzioni congressuali, una priorità: fare formazione a tappeto per tutti i dirigenti sezionali che si occupano di inclusione scolastica, utilizzando tutti i canali possibili per coinvolgere proprio tutti dal sud al nord e senza usare procedure da convegni, o da trasmissione dall’alto di contenuti meramente manualistici.
Buon lavoro al Presidente e alla nuova squadra che dovrà meritare non solo la fiducia degli elettori ma di tutti noi.

Contributi dei lettori – I diritti non hanno bandiere, di Nicola Stilla

Autore: Nicola Stilla

Il ruolo dell’Unione nel movimento globale per il riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità

Le relazioni internazionali sono state sempre molto importanti per le associazioni delle persone cieche, in quanto hanno permesso loro di ampliare gli orizzonti di idee ed esperienze grazie alla conoscenza di realtà diverse e ai rapporti di amicizia tra i loro dirigenti e Soci. Queste relazioni hanno contribuito a creare le condizioni favorevoli per la fondazione di organizzazioni internazionali che sono servite soprattutto al confronto delle condizioni di vita delle persone cieche nei singoli Paesi e delle soluzioni dei problemi.

Oggi, tuttavia, le relazioni internazionali hanno acquistato un’importanza ancora maggiore, poiché consentono di partecipare attivamente al grande movimento europeo e mondiale per il riconoscimento dei diritti delle persone con disabilità.

Con la ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità da parte della maggioranza dei Paesi membri dell’O.N.U., tra cui l’Italia, possiamo dire che si è verificata una profonda rivoluzione culturale riguardo alla concezione e alla percezione della disabilità. Il modello sociale di disabilità che sta alla base della Convenzione ha modificato radicalmente il rapporto tra la situazione individuale della persona con disabilità e l’ambiente sociale e culturale in cui essa vive. Il concetto di disabilità si è evoluto in senso dinamico, ponendo in luce non tanto il limite imposto alla persona dalla sua condizione fisica, sensoriale, cognitiva o psicosociale, ma il limite posto alla persona dalle barriere che essa deve affrontare in relazione all’ambiente in cui vive. Questo approccio fortemente innovativo si connette strettamente con il principio informatore della Convenzione secondo cui le persone con disabilità sono portatrici di diritti intangibili e universali, i diritti umani, che nessuna norma o comportamento può ledere in quanto intrinsechi alla persona. La disabilità non è quindi una caratteristica, ma il portato dell’interazione tra la persona e l’ambiente.

La Convenzione delle Nazioni Unite è stata il risultato dell’iniziativa di alcuni Paesi che hanno raccolto l’istanza delle organizzazioni delle persone con disabilità nei rispettivi Paesi e dell’intervento decisivo del movimento internazionale della disabilità costituito dalle organizzazioni mondiali, ma anche nazionali. L’adozione della Convenzione è il risultato della collaborazione internazionale delle organizzazioni di tutti i settori della disabilità, un risultato storico che un movimento diviso e disorganico non avrebbe mai potuto raggiungere.

Basterebbe questa prova per dimostrare l’importanza della realizzazione di una rete unitaria ed efficace a livello internazionale, basata sulla partecipazione attiva di tutte le organizzazioni nazionali, che a loro volta dovrebbero tendere alla costruzione di forti aggregazioni al loro livello. Ciò comporta evidentemente un impegno significativo di ciascuna organizzazione, un impegno che richiede risorse umane ed economiche.

In tutto il corso della sua storia l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ha attribuito grande importanza alle relazioni con le omologhe organizzazioni e associazioni in Europa e in numerosi Paesi extraeuropei. I rappresentanti dell’Unione hanno svolto sempre un ruolo attivo a tutti i livelli, riscuotendo stima e amicizia, ma anche grande considerazione per l’impegno e la serietà con cui hanno affrontato le rispettive incombenze.

I nostri rappresentanti hanno ricoperto posizioni di rilievo nei rami europei del Consiglio Mondiale per il Benessere dei Ciechi e della Federazione Internazionale dei Ciechi, le organizzazioni mondiali parallele, che hanno mantenuto diviso il movimento internazionale delle persone cieche. L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ha contribuito in modo determinante al processo di unificazione delle due organizzazioni mondiali, con la fondazione nel 1984 sia dell’Unione Europea dei Ciechi (E.B.U.), sia dell’Unione Mondiale dei Ciechi (W.B.U.), rispettivamente nelle Assemblee generali di Hurdal in Norvegia e di Riyad in Arabia Saudita.

L’attività dell’Unione in queste organizzazioni, in particolare in quella europea, è consistita nell’assunzione di incarichi negli organismi dirigenti e nella costante e proficua partecipazione a numerose commissioni di lavoro. Con l’avvento dei primi programmi di finanziamento dell’Unione Europea fu costituita una commissione per le relazioni con le istituzioni della Comunità Europea di cui l’Unione detiene la presidenza dal 1997 nella persona del Consigliere Nazionale Rodolfo Cattani.

In quello stesso anno le organizzazioni europee delle persone con disabilità decisero di fondare il Forum Europeo della Disabilità (E.D.F.) che ha progressivamente unificato tutte le organizzazioni “di categoria” a livello europeo e i consigli nazionali che si sono via via costituiti su impulso del Forum nella totalità degli Stati membri. Rodolfo Cattani ricopre la carica di Segretario Generale del Forum dal 2009.

Tramite l’Unione Europea dei Ciechi, una delle organizzazioni fondatrici dell’E.D.F., e poi tramite il Forum Italiano sulla Disabilità fondato per sua iniziativa (e di cui detiene la presidenza), l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ha preso parte attivamente a tutte le principali iniziative volte a migliorare le condizioni di vita dei cittadini italiani ed europei.

L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ha partecipato con proprie delegazioni a tutte le assemblee generali delle organizzazioni cui aderisce, ha organizzato un’assemblea generale dell’E.B.U. in Sicilia nel 1996 e ha collaborato all’organizzazione di un’assemblea generale dell’E.D.F. a Roma.

Avere relazioni con le organizzazioni di altri Paesi è fondamentale per l’interscambio di esperienze e informazioni e il confronto delle situazioni e delle linee operative in contesti diversi, pur sempre all’interno di logiche politiche in cui l’omologazione e la globalizzazione sono sempre più dominanti. Le condizioni macroeconomiche che determinano le politiche nel settore della promozione e della tutela dei diritti fondamentali delle persone con disabilità in Europa hanno prodotto un drammatico arretramento delle condizioni di vita di queste ultime, producendo un drastico calo dell’occupazione, una dequalificazione dell’istruzione e della formazione professionale e tagli devastanti delle misure e provvidenze in favore delle persone con disabilità in tutti i settori.

Le federazioni a livello nazionale sono lo zoccolo duro della battaglia contro lo smantellamento dello stato sociale e l’azzeramento del sostegno economico per le organizzazioni rappresentative, tuttavia il collegamento e il coordinamento strutturato saranno sempre più essenziali per non subire l’uno e l’altra.

L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti è ben attrezzata per sviluppare la collaborazione coordinata all’interno dell’E.B.U. e dell’E.D.F., potendosi avvalere di un ufficio per le relazioni internazionali dotato di personale qualificato, linguisticamente competente, esperto, proattivamente impegnato ed efficiente.

Le gravi difficoltà economiche degli ultimi tempi hanno costretto l’Unione a ridurre all’essenziale il proprio impegno internazionale, intensificando l’individuazione di progetti cofinanziati dall’Unione Europea per coinvolgere il contesto associativo e recuperare parte dei costi del personale. In tal senso l’attività dovrà essere potenziata anche nel settore della cooperazione, in cui si sono già state fatte esperienze positive. Per proseguire e sviluppare l’attività internazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti la Direzione Nazionale nomina una commissione ad hoc il cui coordinatore parteciperà ai lavori della Direzione Nazionale e del Consiglio Nazionale con voto consultivo.

Le decisioni riguardanti le candidature a cariche elettive nelle organizzazioni internazionali sono di competenza della Direzione Nazionale che dovrà essere regolarmente informata su tutte le attività e iniziative a livello nazionale e territoriale.

Particolare attenzione dovrà essere rivolta alla formazione di giovani interessati e capaci di impegnarsi nel settore delle relazioni internazionali anche per assicurare un graduale e programmato ricambio generazionale.

La storia mette in evidenza il ruolo promotore che l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ha ricoperto nel corso degli anni sia a livello europeo che a livello nazionale e l’esperienza degli ultimi anni ci insegna che, eccetto rare eccezioni, la partecipazione qualificata diventa necessaria per rafforzare il ruolo dell’E.B.U. e dell’Unione Mondiale dei Ciechi. A tale scopo dovranno essere scritte linee guida per la partecipazione attiva ai seguenti organismi internazionali:

– Unione Europea dei Ciechi;

– Forum Europeo sulla Disabilità;

– Consiglio Consultivo delle O.N.G. presso il Consiglio d’Europa;

– Unione Mondiale dei Ciechi.

Uniti nel pluralismo, di Nicola Stilla

Autore: Nicola Stilla

I rapporti dell’Unione con le altre organizzazioni di e per persone cieche o ipovedenti e con le altre associazioni di persone con disabilita’

Se le formiche si mettono d’accordo, possono spostare un elefante!
(Proverbio del Burkina Faso)

L’unità nella diversità è certamente il bene più prezioso per il movimento delle persone con disabilità visiva, così come per quello più ampio delle persone con disabilità. La storia e l’esperienza ci dimostrano che un movimento unito che sa salvaguardare e valorizzare le diversità al proprio interno ha più successo di un insieme poco coeso e determinato di elementi privi di una comune linea d’azione. Il “fattore unità” è vincente, senza di esso gli obiettivi non sono chiari e le divergenze prevalgono sui fini comuni. Si può affermare senza tema di smentite che per le persone cieche italiane l’unita associativa è stato ed è un valore condiviso e il principio che sta alla base di numerose iniziative lanciate dall’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti nel corso degli anni per compattare il movimento. La costituzione di associazioni alternative all’Unione non ha mai compromesso sostanzialmente l’azione dell’Unione in favore delle persone cieche e di quelle ipovedenti, ma ha certamente prodotto dei danni e delle distorsioni all’immagine di tutta la categoria. Inoltre, la competizione per i benefici economici, in particolare i contributi pubblici, ha esacerbato i rapporti e provocato azioni sconsiderate che il potere istituzionale ha saputo strumentalizzare efficacemente.
I tentativi più volte esperiti per trovare un accordo accettabile non hanno avuto successo, anche a causa delle motivazioni e degli interessi personali che spesso sono prevalsi sullo spirito unitario.
L’Unione deve continuare a perseguire l’unità al proprio interno, così come con le altre associazioni, proponendo soluzioni praticabili, eque, trasparenti ed eticamente compatibili, primo tra tutti “nessuno escluso”. A tal fine è necessario rilanciare la proposta di costituire una federazione secondo criteri condivisi e tempi prestabiliti, partendo da un’ampia consultazione della base associativa adeguatamente monitorata. Ciò consentirebbe di tracciare un quadro oggettivo dei diversi contesti associativi da riunire. Successivamente un gruppo di lavoro paritetico dovrebbe stendere un documento programmatico e una bozza di statuto che dovrebbe essere formalmente approvata da tutte le associazioni nazionali interessate. Durante tutto il periodo preparatorio si dovrebbe costituire un tavolo di consultazione informale per avviare una collaborazione informale a titolo sperimentale.
Con altrettanta energia l’Unione dovrà lavorare per includere in un’unica grande confederazione nazionale tutte le associazioni e organizzazioni delle persone con disabilità e delle loro famiglie, ispirandosi ai positivi risultati già ottenuti in tal senso in altri Paesi europei, nel rispetto delle specificità del nostro. Tale organismo, che dovrebbe chiamarsi “Forum Italiano della Disabilità” dovrà essere costituito e gestito da una maggioranza qualificata di organizzazioni e persone con disabilità. I dirigenti degli organi direttivi saranno democraticamente eletti dall’Assemblea Generale ogni quattro anni. Nel Forum dovranno confluire tutte le organizzazioni legalmente costituite che ne costituiranno il tessuto associativo.
La F.A.N.D. e la F.I.S.H. in quanto tali dovranno essere progressivamente dissolte e confluire nel Forum. A quest’ultimo potranno aderire tutte le organizzazioni che svolgono attività in favore delle persone con disabilità. Esse potranno costituire all’interno del Forum un organo consultivo democraticamente eletto.
Il Forum intratterrà relazioni formali con il Forum del Terzo Settore tramite uno specifico gruppo di lavoro paritetico per le questioni afferenti alla disabilità.
Per raggiungere gli obiettivi sopra descritti dovrà essere costituito un gruppo di lavoro ad hoc, il cui coordinatore parteciperà alle riunioni della Direzione Nazionale e del Consiglio Nazionale con voto consultivo.
Nicola Stilla

La formazione dei dirigenti, di Katia Caravello

Autore: Katia Caravello

L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti è una grande associazione, e in questa sede non mi riferisco al suo passato glorioso, ma molto più prosaicamente al fatto che è una Onlus presente su tutto il territorio nazionale e che, in quanto tale, deve sottostare a leggi e normative.
Gestire secondo le regole ed in maniera efficiente una sezione territoriale, e vale a maggior ragione per i Consigli Regionali e per la struttura nazionale, non è una cosa semplice; spesso la buona volontà non è sufficiente, sono necessarie competenze e conoscenze.

Per il buon funzionamento di una sezione, per quanto piccola sia, è opportuno che i suoi dirigenti abbiano, almeno, un’infarinatura in ambito:
legislativo/normativo, dovrebbero conoscere:
le principali leggi nazionali in tema di disabilità (ad esempio, legge 113/85, 68/99, 104/92, 138/01);
le normative nazionali e regionali relative al riconoscimento dell’invalidità, all’ottenimento di agevolazioni fiscali e nell’utilizzo di servizi (ad esempio il trasporto pubblico), l’assegnazione di ausili (tramite il nomenclatore tariffario e/o leggi regionali);
amministrativo/contabile: è importante che abbiano una visione aperta sulle progettualità a medio e lungo termine, alle quali si riconnette la stima dei flussi delle uscite e dei proventi nell’arco dell’anno.
Potrebbe sembrare che le conoscenze sopra citate siano superflue per un dirigente dell’UICI, ma non è così: Pur non pretendendo che diventino tutti avvocati o contabili, avere le competenze sopra descritte mette i dirigenti nelle condizioni di rispondere in maniera efficace alle esigenze dei nostri soci e tutelati… e ciò rappresenta la principale mission del nostro sodalizio.

Ma non è sufficiente avere capacità manageriali per essere un “buon” dirigente, sono anche necessarie delle buone abilità relazionali sia sul versante esterno (rappresentanti di altre associazioni di disabili e non, di uffici amministrativi o di forze politiche, di enti vari), sia sul versante interno, soci e utenti in primo luogo, ma anche personale dipendente, volontari e collaboratori vari.
Si rende quindi necessaria una formazione anche in quest’ambito, con l’obiettivo di promuovere l’adozione di atteggiamenti e comportamenti appropriati durante l’espletamento della funzione di rappresentante dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti onlus, evitando il più possibile l’adozione di atteggiamenti piagnucolosi, volti a generare pietà o a giustificare, in assenza di adeguate argomentazioni, proprie manchevolezze, o, all’opposto, atteggiamenti arroganti o pretenziosi, che presentano le nostre ragioni come valide a priori e quindi indiscutibili. Atteggiamenti simili, oltre ad essere poco efficaci, offrono un’immagine del cieco e dell’ipovedente assai negativa.

Sul versante interno, avere delle buone capacità relazionali è utile per riuscire a coordinare con successo il gruppo di collaboratori (a partire dal consiglio direttivo). Infatti, la gestione di una sezione – ma vale lo stesso per i Consigli Regionali e la struttura nazionale – non deve essere in mano ad una singola persona, ma ad un gruppo… e qui arrivano i problemi.
Lavorare in gruppo è tutt’altro che semplice: è necessario avere la capacità di collaborare, di mettersi in discussione e di dare il giusto peso ai problemi e alle conflittualità che inevitabuilmente insorgono, rispettando l’altro ed attribuendogli dei valori, ascoltando e cercando di comprendere le sue opinioni e riconoscendo i propri limiti.
E’ quindi di fondamentale importanza ai fini della realizzazione di un buon lavoro di gruppo e, di conseguenza, di un buon funzionamento della struttura territoriale, regionale o nazionale, che il personale dirigente (il Presidente in primis) sia in grado di gestire i conflitti in maniera efficace, ascoltando e rispettando il pensiero e la sensibilità di ciascuno, senza ricorrere all’esercizio del potere, ma individuando una soluzione realmente accettabile per tutte le parti in causa.

Non bisogna infine dimenticare che i dirigenti associativi – specie quelli che operano nelle sezioni territoriali – hanno anche un altro compito importantissimo che va ben oltre il rispondere alle domande e il gestire il lavoro: l’accoglienza e il rapporto con i soci, i tutelati e le loro famiglie.
Tra le attività svolte da un dirigente, da un certo punto di vista, questa è quella che dà le gratificazioni più grandi, la vera motivazione alla base dell’essere un consigliere dell’Unione… ma è anche quella più difficile e, a tratti, più dolorosa, perché ascoltare ed essere d’aiuto a persone che stanno vivendo un momento di sofferenza, che spesso hanno storie molto drammatiche, non è così scontato come si potrebbe pensare… neanche quando , almeno in parte, si conoscono le difficoltà e le paure dell’altro perché sono state o sono anche le proprie.
Quante volte, nonostante le buone intenzioni, si dicono o fanno cose che non andrebbero dette o fatte… vanificando, in tutto o in parte, l’efficacia del proprio intervento?
Non serve essere dei professionisti delle relazioni d’aiuto per svolgere un buon ascolto ed essere di conforto, è sufficiente sapere che spesso alcuni metodi tradizionali di aiuto sono inefficaci e conoscere le possibili alternative… il che è alla portata di chiunque.
Per raggiungere gli obiettivi sopra descritti, è necessario che la formazione non sia un evento estemporaneo, ma un’attività modulare, ripetuta nel tempo e affidata a personale esperto (interno o esterno all’Unione). Sarebbe anche auspicabile giungere alla costituzione di un’anagrafe delle competenze – ovviamente non per quanto riguarda le abilità relazionali – a disposizione di tutti coloro che ne hanno bisogno: si potrebbe infatti predisporre per ciascun ambito specifico (autonomia e mobilità, informatica e tecnologia, pluridisabilità ecc.), un elenco, comprensivo di recapiti, di esperti in un dato settore, che siano disponibili a mettersi al servizio delle sezioni, ad esempio, della propria regione o di una regione limitrofa (evitando alle strutture più piccole – che spesso già fanno fatica a trovare chi accetta di entrare in consiglio – di dover necessariamente individuare un referente per ciascuna area, con il rischio che più persone siano costrette ad occuparsi di più settori– senza magari averne le reali competenze – con il risultato di fare tutto male).

Rispetto alla metodologia, secondo me, un buon percorso formativo non può essere svolto esclusivamente per via telematica, soprattutto per quanto concerne gli aspetti relazionali: si dovrebbero organizzare seminari regionali, caratterizzati da un’elevata interattività sia con il docente sia con gli altri partecipanti… è questo che consente di superare il livello informativo per raggiungere, per l’appunto, quello formativo.
Per esigenze varie, è molto probabile che tali incontri debbano svolgersi durante il fine settimana: so per esperienza diretta che impegnare in questo modo il proprio tempo libero è un sacrificio, ma credo anche che chi ricopre la carica di consigliere (sezionale, regionale o nazionale che sia) abbia il dovere di acquisire le conoscenze e le competenze che gli consentano di farlo nel migliore dei modi… anche se costa fatica.

Katia Caravello