Soggiorno estivo montano a Pozza di Fassa 2016, di Simone Andretto

Autore: Simone Andretto

Esistono luoghi, ambienti e tempi, che per loro natura sono evocativi di sensazioni, atmosfere, stati dell’anima e condizioni del corpo, evocazioni significative, che l’esperienze vissute hanno inciso nell’intimo umano. Questi luoghi e tempi, per il gruppo pari opportunità del Veneto si chiamano estate in Val di Fassa.
La memoria condivisa che si fa storia, storia di gruppo e personale, si rafforza e si perpetua ogni anno, presso l’hotel Montana a Pozza di Fassa (TN), dal 24 luglio al 7 agosto 2016, organizzato dal settore pari opportunità e diretto dalla coordinatrice Sig.ra Luciana dalle Molle.
Le iniziative, sempre organizzate e dirette dal Dott. Paolo Giovanni Zanin, in collaborazione con la sua equipe, vertono su una gamma di proposte, dall’escursione tipicamente alpina, alla passeggiata naturalistica, alla meta culturale-storico-gastronomica, dove l’importante non è raggiungere l’obiettivo della conquista della vetta, ma sperimentare e rafforzare il rapporto umano, in connessione con la comunità dell’ambiente montano.
I partecipanti, 65 soci con accompagnatori e simpatizzanti, hanno aderito entusiasticamente alle proposte, tutte libere, contribuendo con il loro impegno alla positiva riuscita delle iniziative. Tra le escursioni culturali e ricreative realizzate, ricordiamo valle San Nicolò e le “Cascatelle”, rifugio del Buffaure, passo e lago Fedaia, mostra sulla prima guerra mondiale a Moena, santuario della Madonna di Pinè e lago di Baselga, portate regolarmente a termine, nonostante le condizioni meteorologiche non siano state sempre favorevoli.
Per concludere, auspichiamo che questi eventi coinvolgano maggiormente il settore giovanile dell’associazione ed amici sostenitori.

Nella scuola forse manca la voce degli studenti, di Carlo Carletti

Autore: Carlo Carletti

Considero importante il dibattito in atto sull’organizzazione scolastica, sul ruolo degli insegnanti curriculari, di sostegno e di altre figure professionali per una migliore inclusione dei ragazzi ciechi e ipovedenti nella scuola di tutti. Pur consapevole di non possedere adeguati titoli di studio e le necessarie competenze per affrontare tali impegnativi argomenti, sulla base di ormai 53 anni di vita associativa, provo ad esprimere il mio pensiero, chiedendo anticipatamente scusa per eventuali castronerie. I resoconti pubblicati dal dott. Rapisarda, offrono la conoscenza degli argomenti trattati nelle riunioni che esperti del settore, hanno tenuto più volte nell’arco dell’anno nel tentativo di individuare le migliori soluzioni da prospettare agli organi istituzionali competenti. Il resoconto della riunione del 15 giugno u.s., mi è sembrato fornire un percorso teorico, ma un po’ confuso sulle competenze e sui ruoli delle figure, professionali, sicuramente troppe, che dovrebbero accogliere e sostenere le attività degli studenti con disabilità visiva. Sorprende che tali esperti, non abbiano valutato alcuni aspetti pratici volti ad assicurare il pieno diritto allo studio e il miglior apprendimento scolastico degli studenti. Credo, infatti, che insieme alle problematiche pedagogiche e alla professionalità degli operatori, siano importanti anche i materiali didattici speciali e i libri di testo che dovrebbero essere forniti in tempi utili, al fine di non compromettere l’apprendimento scolastico, in particolare dei bambini delle prime classi elementari. L’assenza di tali elementi, non consente agli operatori scolastici, anche se preparati, di svolgere compiutamente le loro attività. Se gli esperti dell’UICI, continuano a volare alto, tanto alto, tralasciando gli argomenti pratici, considerati essenziali dagli ambienti scolastici, dalle loro famiglie e dagli studenti, questi non riusciranno a sentirli attuali e vicini alle loro problematiche. Nell’assolvere il ruolo di dirigente di Sezione ho potuto costatare che i fanciulli con disabilità visiva, quando hanno la fortuna di trovare nei tempi giusti gli strumenti pratici e la competente assistenza di un operatore scolastico, superano indenni la scuola elementare, risultano preparati all’uso del braille e delle più avanzate tecnologie. Conseguono la piena consapevolezza di sé e delle problematiche che dovranno affrontare. Spesso risultano molto autonomi ed anche più maturi dei loro coetanei vedenti. Nel proseguo degli studi, sono più impegnati nel raggiungere gli obiettivi, tanto che quelli che si diplomano, spesso risultano essere fra i migliori degli istituti scolastici che frequentano. In questi giorni ho incontrato un genitore di un ragazzo ora diciottenne, trasferitosi da circa 7 anni a Boston, prioritariamente con la speranza, risultata vana, di poter curare una retinite del figlio, il quale mi ha raccontato che quando ancora il ragazzo possedeva un residuo visivo, tutti i testi gli venivano ingranditi con l’uso di strumenti elettronici e nulla è mai stato stampato a caratteri ingranditi sulla carta come avveniva in Italia. Poi quando ha perso completamente la vista, avendo imparato molto bene l’uso del computer, legge il tutto con la sintesi vocale e la barra Braille e quasi nulla di cartaceo gli viene stampato. Mi ha riferito inoltre che è stato assistito da persone specializzate, appartenenti ad una specifica Fondazione solo fino al conseguimento dell’autonomia, mediante l’uso delle più avanzate tecnologie. Mi è parso di capire che mentre in altre parti del mondo si opera per la soluzione dei problemi puntando sulla autonomia dei disabili visivi mediante interventi di qualità, nel nostro bel paese dobbiamo fare speranza su una improbabile e futura preparazione degli insegnanti di sostegno, su possibili altre figure professionali, sull’ormai storico e romantico ruolo della BIC e sui centri di trascrizione. Alcune volte, nella tanto famigerata scuola, mi capita anche di vedere operatori scolastici consigliare, essi stessi, l’uso del video ingranditore o del tablet per l’ingrandimento dei testi scolastici e l’uso del computer con barra braille e sintesi vocale che, però, raramente trovano chi può insegnarne l’uso agli studenti, specie se abitano nei comuni più lontani dal capoluogo. Dal momento che non si può fare alcun affidamento, in tempi brevi, sulla preparazione degli insegnanti di sostegno, potrebbe essere utile puntare sugli assistenti alla comunicazione che l’IRIFOR potrebbe meglio professionalizzare, anche perché, questi, potrebbero offrire maggiore continuità. Qualche esperto del settore, mi ha confermato che con i costi degli ingrandimenti cartacei e delle stampe in braille dei testi, si potrebbero coprire quelli della preparazione digitale dei testi stessi, la fornitura delle attrezzature informatiche e il loro insegnamento all’uso. Ho letto sul giornale UICI online, una rassicurante nota del dott. Rapisarda, diretta agli operatori dei vari CCT, evidentemente preoccupati per il nuovo che avanza. Posso comprendere il tutto, se ciò non significhi rimanere fermi sull’attuale stato delle cose. Sarebbe quanto mai opportuno poterne leggere anche altra, altrettanto rassicurante e impegnativa diretta alle famiglie dei fanciulli ciechi e agli studenti. La situazione è in evoluzione e gli esperti che dirigono le varie strutture dell’UICI o che studiano da tempo le problematiche del settore, appaiono in difficoltà nell’offrire concrete soluzioni per il prossimo futuro agli studenti ciechi. Penso che potrebbe essere forse opportuno rendere partecipi della soluzione dei problemi della scuola anche gli stessi studenti ciechi, per sentire anche la loro opinione sulle loro effettive necessità. Penso che gli studenti conoscano le attuali problematiche della scuola tanto da consentire loro di partecipare a confronti alla pari con gli esperti dell’UICI, che spesso hanno vissuto l’ambiente scolastico in tempi non attuali e dal solo punto di vista dei docenti . Considero, pertanto utile, che l’UICI possa cogliere l’occasione per costituire la Consulta Nazionale degli Studenti, per coinvolgerli e renderli responsabili delle problematiche che si trovano ad affrontare. L’UICI, da questo momento di difficoltà, potrebbe trarre l’occasione per rilanciare il proprio futuro dando fiducia e speranza proprio ai giovani i quali sono coloro che meglio lo potrebbero rappresentare.

Le donne cieche e il loro make-up, di Girolamo Rotolo

Autore: Girolamo Rotolo

L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ogni anno organizza nelle loro sezioni dei corsi di make up, per permettere alle donne non vedenti di scoprire la loro femminilità. Gli incontri di make up, permettono loro di rinascere e soprattutto di relazionarsi con altra gente. Esse molto spesso trascurano la loro esteriorità, causa la riduzione di vista. Questo le fa sentire non adatte al ruolo che una donna ha all’interno della società. Grazie ai corsi di make-up, le donne non vedenti hanno acquistato consapevolezza del loro ruolo sociale, non si sentono più trascurate, ma sono più affascinanti e pronte a essere considerate alla stregua delle donne normodotate. Lo scrivente conosce diverse donne non vedenti e posso rassicurare chi leggera quest’articolo che sono donne colte, piene di charme, non si lasciano facilmente convincere sul trucco, perché hanno acquisito delle tecniche che le permettono di avere un viso perfettamente in linea con i canoni esteti moderni. Qualcuno potrebbe pensare che le donne non vedenti si trucchino per provocare gli altri, ma non è così, la donna non vendente si trucca per emanciparsi per sentirsi attraente per essere vista dagli altri non come la poverina che è non vede, bensì come la donna normale che è. I corsi di make-up hanno avuto l’ardire di far crescere le donne non vedenti e di farle sentire belle. Personalmente reputo un’esperienza importante per una donna non vedente che frequenti il corso di make-up perché le permette di acquisire quell’autonomia che le serve ogni giorno.
Girolamo Rotolo

Considerazioni sul commissariamento del consiglio regionale della Sicilia, di Maurizio Albanese

Autore: Maurizio Albanese

Nello scorso mese di Marzo del corrente anno, la direzione nazionale della unione italiana ciechi ed ipovedenti, aveva deciso con una votazione all’unanimità, di commissariare il consiglio regionale della Sicilia. Decisione questa che alla luce delle lapalissiane irregolarità amministrative e politiche era ormai improcrastinabile.
Da quel momento, apriti cielo.
Si è formato un gruppo molto agguerrito, sotto il nome di uiciautonomia2016, gruppo alla quale testa si è posto un coordinamento regionale, formato da dirigenti odierni di alcune sezioni e di dirigenti uscenti, che hanno iniziato a sfornare documenti pieni di insulti rivolti a coloro che nominati dalla direzione come commissario e vice commissario, nessuna colpa potevano avere, tranne quella di attenersi ad un ordine emesso dalla direzione nazionale.
In questi atti prodotti con scadenza irregolare, oltre a prendersela con la dottoressa Linda Legname, commissario regionale e con il vice Renzo Minincleri, si poneva l’accento su diverse situazioni che avrebbero messo in discussione la vita stessa del sodalizio regionale siciliano.
Si diceva che questa commisseria, avrebbe causato enormi danni all’associazione siciliana, mettendo in discussione contributi pubblici e la credibilità della stessa.
Appare quanto mai chiaro che i risultati negativi, derivino in primo luogo, dalle dichiarazioni del sedicente gruppo uiciautonomia. Che diffondendo atti in tutto il territorio nazionale, e con la presentazione di emendamenti a firma di questo o quello deputato amico, mettevano in piazza il loro livore e la loro mal celata rabbia per i posti di potere persi.
Desidero in questa fase precisare ancora una volta, che i commissari, stanno espletando un lavoro coscienzioso, onesto, e sempre più indirizzato alla salvaguardia del sodalizio ed all’ottenimento di risultati sempre più improntati al bene dei soci e specialmente dei soci più deboli.
Lungi da chi scrive volere ridurre al silenzio, chi ritiene lesi i propri diritti, ma sarebbe bene fare un serio ed approfondito esame di coscienza prima di mettere in piazza denunce che , queste si, danneggiano il sodalizio e quanto fino ad ora si è creato.
Maurizio Albanese

Un uomo senza eguali, di Mario Censabella

Autore: Mario Censabella

Ero a trascorrere una serena vacanza a Corbiolo sui monti Lessini, presso la Casa Vacanze Teresa Fusetti del Movimento Apostolico Ciechi che brilla per ospitalità e organizzazione, quando, una telefonata di Luigi Gelmini, presidente fra l’altro del Collegio dei probiviri dell’unione Italiana dei Ciechi degli Ipovedenti, mi ha passato, una notizia che mi ha lasciato nello sconforto: “ il 25 agosto… a Gorizia, ove era nato, si è spento Silvano Pagura classe 1924…”.

La sua fiaccola, il suo ingegno ci hanno accompagnati per decenni. Solo pochi giorni addietro l’ho sentito al telefono; ho chiamato per avere notizie di Lidia che negli ultimi tempi ha avuto qualche problema di deambulazione. L’insegnamento e le cattedre sono stati la scintilla che, mano nella mano hanno consentito loro di trascorrere un’intensa vita di amore e reciprocità: sempre insieme nell’accompagnarsi e nel godere di cultura nei più diversi contesti della politica e della vita: non vi era strada, né mezzo, né itinerario che, mano nella mano, non permettessero loro di essere sempre Silvano e Lidia. Per quanto attiene l’Unione Italiana dei Ciechi, al di là dei numerosi incarichi politici di vario genere, ha concorso a quasi tutte le cariche associative e dirigenziali della nostra Associazione. E’ stato Presidente dell’amministrazione provinciale di Gorizia, componente il Consiglio regionale del Friuli Venezia Giulia, Presidente della Federazione delle Istituzioni pro ciechi, nella quale ha lasciato un segno indelebile. La sua personalità ed intelligenza e, sicuramente ancor altro, si sono manifestati anche nella Presidenza dell’istituto per Ciechi Rittmeyer di Trieste al quale ha lasciato oggi una sua creatura, un suo pupillo, Hubert Perfler. Era dotato di un eloquio agile e significativo, non gli mancavano le battute di effetto, è stato sicuramente uno dei migliori oratori che abbia annoverato la nostra …specie. Ho avuto la fortuna di frequentarlo in diverse circostanze, anche in queste occasioni … “maestro e donno…”. “…Ricordati Censabella, è meglio donare quando le mani sono ancora calde, piuttosto che …”. Era gradevolmente spiritoso: quando lo incontravamo diceva a mia moglie… “non sei ancora stanca di stare con lui, lascialo…”. Sono depositario di un suo modo di dire che ho memorizzato e diffuso in ogni occasione… “ricordati che in ogni desinare ti può essere di grande e dignitoso aiuto un tozzo di pane: il tuo pane guida”.

Capitava che ci incontrassimo, nonostante la sua proverbiale parsimonia, in qualche trattoria di rilievo. Un giorno, in un ristorante della catena dei piatti del Buon ricordo, eravamo nel Friuli, è accaduto che si facesse attendere un poco. Ho ingannato il tempo conversando con il titolare ed io con un certo compiacimento gli ho raccontato che aspettavo il Prof. Silvano Pagura, “…caspita, è il proprietario di una delle più note fabbriche di grappe friulane!” “…Ma guarda, ho riflettuto, non mi ha mai detto nulla per …avvedutezza”. Quando è giunto con Lidia, aveva avuto qualche problema di parcheggio: “…spilorcio, non mi hai mai detto della tua industria!”. “…Ma no, è solo un’omonimia, gli unici benefici che ho tratto da quella grappa sono stati ottenuti dal berla.

Arrivederci Silvano!!

“Serata in compagnia di un buon Maestro”, di Patrizia Onori

Autore: Patrizia Onori

Avere la gioia e la fortuna di leggere un libro è meraviglioso, ci arricchisce interiormente ed è particolarmente costruttivo.
Questo mio pensiero infatti, scaturisce proprio dalla lettura di un libro che mi ha particolarmente coinvolto.
Grazie alla registrazione audio prodotta dal Centro Nazionale del libro Parlato UICI “Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti”, ho potuto scaricare e leggere l’audiolibro intitolato “Il Maestro Dentro”, libro scritto dal Maestro Mario Tagliani.
Mario è un Maestro che da oltre trent’anni, insegna nel carcere minorile “Ferrante Aporti” collocato presso la città di Torino.
Andando avanti nella lettura, sono rimasta profondamente colpita, letteralmente entusiasta, assolutamente folgorata da quelle sue dettagliate descrizioni e dalle sue approfondite e non comuni attenzioni nel raccontare le storie dei minori detenuti del “Ferrante Aporti” ed in seguito del carcere per adulte e allo stesso modo, nel riuscire a non giudicare le persone ma nel valutare esclusivamente la loro dignità di esseri umani, riuscendo così a dare luogo ad un libro veramente straordinario e soprattutto vero.
Ho potuto inoltre verificare attraverso il libro la sensibilità del Maestro Tagliani, dato che tra le tante storie dei ragazzi ospiti del “Ferrante Aporti”, racconta di aver contribuito a dare luogo ad una partita di basket tra disabili in carrozzina e ragazzi del carcere minorile in modo da mettere a confronto due realtà assolutamente diverse ma uniche ed unite tra loro.
Amo le storie vere, così mi sono abbastanza ritrovata leggendo i racconti di quei ragazzi ed in seguito delle detenute presso il carcere per adulte, dato che a causa della mia cecità dalla nascita, per motivi di studio, ho vissuto per 12 anni in un istituto fino al conseguimento del diploma magistrale.
Certamente il collegio non può essere paragonato ad un carcere, però, leggendo il libro, ho sentito una specie di collegamento tra me e quelle persone.
Mentre ascoltavo con particolare attenzione la lettura professionale del lettore, pensavo che avrei potuto scrivere al Maestro Tagliani per esprimergli le mie opinioni in proposito, per fargli i miei complimenti, e perchè no, per condividere il tutto telefonicamente insieme ai miei amici attraverso una sala telefonica che da anni coordino con vera passione ed impegno.
Detto fatto!
Mi metto alla ricerca di un indirizzo mail del Maestro Tagliani che non trovo, così decido di scrivere direttamente all’indirizzo mail dell’istituto “Ferrante Aporti” ed ecco improvvisamente giungere lo squillo del cellulare durante una normale serata, è il Maestro Mario Tagliani!
Non credo alle mie orecchie, entrambi siamo emozionatissimi ed il Maestro accetta immediatamente l’invito a trascorrere una serata telefonica insieme a me e al mio gruppo di amici.
Mario Tagliani che prima d’ora non aveva mai avuto esperienze con persone non vedenti, è stato entusiasta di poter conoscere il nostro mondo dalla maggior parte della società sconosciuto ed ignorato.
Alla fine della nostra conversazione stabiliamo il giorno dell’incontro telefonico che avverrà regolarmente giovedì 16 giugno 2016 dalle 21 alle 23 circa.
A questo punto, vorrei chiarire a chi legge che esistono in Italia alcune sale telefoniche che vengono utilizzate comunemente per relazioni di affari o conferenze e che noi ciechi ed in particolare io ed un gruppo di amici, utilizziamo per incontrarci essendo per noi difficoltoso farlo di persona, scambiarci quattro chiacchiere e far intervenire delle persone con particolari tematiche da esporci e condividere.
Con noi al telefono nella nostra sala Mario Tagliani si è rivelato essere una persona straordinaria, assolutamente aperta a rispondere alle domande dei componenti del gruppo, molto entusiasta del proprio lavoro che svolge da oltre trent’anni, durante la serata inoltre sono stati letti dal Maestro stralci del libro che abbiamo precedentemente scelto insieme e dato che praticamente conosco bene il libro, attraverso la scrittura braille, ho voluto onorare il Maestro della lettura della Prefazione e della Recensione del libro scritte entrambe da Fabio Geda e questo ha ulteriormente emozionato Mario Tagliani.
Un altro particolare momento, l’abbiamo vissuto quando il Maestro ha voluto che raccontassi personalmente in presenza dei miei amici una delle storie contenute nel libro e mi ha fatto molto piacere, in quanto non era previsto e mi ha emozionato poichè il Maestro Mario mi ha resa partecipe di qualcosa di assolutamente suo, grazie.
Ringrazio il Maestro Mario per aver voluto essere telefonicamente con noi e per la professionalità con cui ha trattato determinati argomenti, ringrazio tutti i miei amici che in questo progetto hanno voluto sostenermi contribuendo a dare luogo ad una serata assolutamente singolare.
Vivo intensamente ogni giorno della mia vita e trovo anche forza e coraggio durante i momenti più difficili, dato che credo che la bellezza la si debba cercare soprattutto nelle situazioni che ci sembrano prive di sogni.
Ho vissuto una serata speciale incontrando telefonicamente una persona speciale e degli amici speciali, quindi ho sentito con il cuore di condividere un importante momento attraverso questo mio pensiero.
Patrizia Onori
“Commento del Maestro Mario Tagliani”.

“Un incontro inatteso”…

L’incontro con Patrizia è stato per me inatteso ed intenso. Sin dall’inizio, il suo linguaggio carico di energia ed entusiasmo mi ha coinvolto, suscitando grande simpatia. Nei nostri contatti, rileggendoli, ritornavano espressioni pregne di vitalità come “forza”, “coraggio”, “impegno” e “condivisione”; un biglietto da visita per presentare una persona che vive la propria esistenza in modo esemplare, senza cedere allo scoraggiamento dell’opaco sopravvivere.
Verrebbe scontato pensare che forse ne avrebbe motivo, insieme ai suoi amici che condividono questa privazione, la cecità, ma nulla ho sentito di più lontano da lei (e da loro) che sentirsi spenti o impotenti di fronte alla vita. E’ stato un incontro davvero fecondo, mi piace definirlo così.
Abbiamo incominciato a parlarci del libro, di me, di lei e proprio attraverso questo scambio sono riuscito ad intravvedere alcuni elementi che ci accomunavano, rendevano vicine due esperienze apparentemente lontane e distanti: l’esercizio della mia professione di maestro, quotidianamente a contatto con il dis-agio e la sua esistenza provata dalla dis-abilità.
Ci univa un DIS. L’agio ed il disagio; l’abilità e la disabilità.
E così pensai immediatamente al muro del Ferrante, “l’alto e lungo muro di cinta, alto e grigio, alto e sormontato da una rete metallica” che vorrebbe nascondere al mondo quella triste ma troppo vera realtà dei minori che lo abitano; una realtà scomoda e pesante perché ci interroga sulle nostre responsabilità sociali e civili. E’ un mondo sconosciuto ai più. Esattamente come quello della disabilità visiva che Patrizia mi ha fatto incontrare: un mondo sconosciuto e ignorato dalla maggior parte della società. Ora ci trovavamo vicini, impegnati entrambi ad abbattere quei muri, che privano la realtà della sua autentica essenza: la verità.
A questo punto Patrizia mi propone di condividere, con altri amici non vedenti, il nostro confronto sul libro e sulle tante tematiche che lei sa intercettare con grande sensibilità, decifrandole in profondità. Così accetto l’incontro in audio conferenza e sento per la prima volta parlare di “Sala telefonica”. Qui colgo il secondo contatto, la tecnologia. Attraversano la mia memoria i tempi dei Commodore 64: era stata una vera rivoluzione, tecnologica e didattica. “Le ore diventavano più leggere e stimolanti per i ragazzi, ci si dimenticava che la scuola era stata, in un altro periodo, un luogo di sofferenza e di punizione. Molti di loro scoprivano di avere doti impensate…”. La tecnologia veniva ad alleviare una incapacità ma soprattutto la sofferenza che ne derivava. E la sala telefonica mi pareva assolvere la stessa funzione di allegerire ciò che invece rappresenta oggettivamente un ostacolo spesso insormontabile: muoversi in autonomia e agevolmente.
Ancora una volta ci trovavamo sorprendentemente vicini.
L’incontro mi coinvolge lasciandomi entusiasta per tanti motivi. Intervengono tanti amici, carichi di energia e di voglia di vivere, come Patrizia. Incredibile!! Poi, scosso da tanta emozione, ritorno in me e mi vedo, insieme a lei, a condividere e a diffondere quotidianamente lo stesso forte messaggio (che quasi mi aveva spaventato per l’intensità). “La bellezza si nasconde soprattutto nelle situazioni che ci sembrano prive di sogni”.
Il disagio come la disabilità divengono allora una opportunità di impegno, di ricerca di senso e di bellezza, un esercizio di purificazione dello sguardo sul mondo, capace di vedere ciò che è invisibile agli occhi.
Grazie, Patrizia!
Mario Tagliani

Ei fu, di Mario Censabella

Autore: Mario Censabella

Non era il 5 maggio, era il 5 giugno 2016 quando la Presidenza Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ha comunicato che Filippo Dragotto non era più.
Si era nel 1988 quando la fantasia di Tommaso Daniele, aveva ipotizzato che una qualche manifestazione insolita, inusuale, poteva servire ad attirare l’attenzione dell’opinione pubblica sulle realtà e le attività dei non vedenti, così è nato il primo raid ciclistico in tandem, una sorta di carovana viaggiante che in tandem regione per regione intendeva portare sulle strade, fra l’altro, il binomio cieco accompagnatore.
Io ho partecipato al primo raid – sponsorizzato Bottecchia ma in verità mi ero pagato tutto da solo, che ha percorso le strade dell’Emilia da Forlì a Pescara.
Patron e Mister era Filippo Dragotto,  un “signore” già maturo, che sporgendosi dalla Ammiraglia, dava ordini e organizzazione a tutta la carovana attraverso un megafono che non poteva non sentirsi: la sua voce era forte, potente e chiara, anche i più riottosi dovevano obbedirgli, così ogni situazione, anche la più imprevedibile si è sempre risolta al meglio.
Grazie Mister, non dimenticherò, non dimenticheremo mai la tua voce tonante, il tuo piglio, la tua autorità, che si imponevano attraverso un gran buonsenso e molta umanità, con i tuoi sermoni, le tue rampogne.
Quei raid hanno potuto essere soprattutto perché tu ne sei stato “la voce”; per diversi anni poi mi hai telefonato ricordandomi in particolari ricorrenze.
Non appena ho appreso che Filippo Dragotto non era più fra noi, ho telefonato ad Aldo Fracas che di tandem se ne intende e che ha partecipato a diversi edizioni, per ricordare l’Uomo, aneddoti e storie che non possono disperdersi nell’oblio delle umane cose: le quotidiane conferenze stampa, i musici, il menestrello che giorno per giorno ci intratteneva con quartine che sapevano anche di antiche tradizioni, le cene innaffiate con vini imperdibili. Quando più avanti i “girini” sono stati ricevuti dal Papa, la gerarchia dell’Unione ha imposto che in Piazza San Pietro dovesse sfilare per primo l’atleta che portava la maglia numero 1.
L’ammiraglia, quel pomeriggio aveva spento i motori, in Piazza San Pietro non poteva entrare.
I rapporti fra Filippo Dragotto e Aldo Fracas non hanno mai avuto soluzione di continuità: il 26 maggio, sempre, anche quest’anno, perché era il giorno in cui Dragotto festeggiava San Filippo Neri.

Toccare l’arte per apprendere e comunicare, di Angelina Pimpinella

Autore: Angelina Pimpinella

“Toccare l’arte per apprendere e comunicare” è questo il tema del convegno a cui ho partecipato come relatrice, convegno tenutosi il 24 Maggio 2016 a Roma presso l’Aula Volpi dell’ Università Roma Tre (Dipartimento Scienze della formazione), realizzato in collaborazione con il Museo Tattile Statale Omero di Ancona e la casa editrice Armando e promosso dall’insegnamento di Pedagogia Speciale (Prof.ssa Bruna Grasselli) e Educazione degli adulti (Prof.ssa Gabriella Aleandri). Si è iniziato con i saluti della Prof.ssa Lucia Cajola – Direttrice del Dipartimento di Scienze della Formazione, Università Roma TRE e della Prof.ssa Anna Maria Favorini – Delegata del Rettore per il disagio, Università Roma TRE. Erano presenti molti ed illustri relatori del mondo delle scienze dalla pedagogia e formazione, della didattica museale e dell’arte.
In generale, durante tutto il convegno, l’attenzione è stata rivolta alle tematiche relative all’arte e alla sua fruibilità e accessibilità in particolar modo per non vedenti.
Il mio intervento invece è stato più mirato a illustrare la mia esperienza come pedagogista nell’utilizzo dell’arte nel processo di apprendimento e comunicazione per persone sordocieche. Tramite il racconto della mia esperienza lavorativa ho voluto evidenziare che poter accedere all’arte da parte delle persone sordocieche è stata una possibilità non solo di conoscere l’opera stessa, ma di avvicinarsi alla storia, alla cultura in senso lato. Inoltre in alcuni percorsi progettuali da me coordinati, i laboratori sono stati per le persone sordocieche la possibilità di essere protagonisti di un processo creativo artistico, hanno potuto ad esempio realizzare opere d’arte istruiti dal maestro Felice Tagliaferri anch’egli intervenuto a questo convegno arricchendone i contenuti raccontando della sua esperienza come artista cieco. Numerosi sono stati poi gli interventi al convegno che si è infine concluso con la presentazione del volume “Per un’estetica della tattilità. Ma esistono davvero arti visive?” Roma, Armando Editore, da parte del Prof. Aldo Grassini, Presidente del Museo tattile statale Omero di Ancona.

Tour music camp: immersione nella magia della musica senza barriere, di Samantha De Rosa

Lo staff del festival internazionale della musica emergente (tmf), ha organizzato in aprile un camp presso la tenuta del maestro Mogol. La tenuta si trova ad Avigliano Umbro ed è completamente immersa nel verde! Qui ho vissuto una delle esperienze più significative nella mia vita canora e personale! Il corso comprendeva varie discipline tra cui: tecnica vocale, ensamble vocale, presenza scenica, interpretazione, registrazione di un brano alla presenza di un produttore, alcune masterclass: scrittura creativa, canto in lingua inglese e life coaching.
A tutti è stata data la possibilità di esibirsi nel teatro della tenuta con una canzone della durata massima di 2 minuti. Alle esibizioni era presente il direttore artistico del tmf produttore della casa discografica sony music.
I partecipanti al camp venivano divisi in gruppi e, come nei campus americani, al termine di ogni lezione venivano accompagnati dal personale alla lezione successiva. Ogni artista indossava un cartellino con il nome e il gruppo di appartenenza, così, terminato in check in, iniziava la ricerca dei propri membri del gruppo nello splendido parco della tenuta. Naturalmente poi, ogni docente voleva conoscere ognuno di noi. Nel mio gruppo si è subito creato un buon affiatamento tra noi allievi e i docenti. Il materiale didattico e il programma delle lezioni mi è stato fornito dallo staff prima della mia partenza da Udine, in modo che potessi fruirne con il display braille in mio possesso. Tutte le lezioni erano accessibili anche se venivano utilizzate slide, perché i docenti si prodigavano a descriverne il contenuto senza che nulla venisse chiesto!
Le lezioni erano ricche di spunti, ma ognuno doveva essere disposto a mettersi in gioco! La gioia, la voglia di sperimentare, la disponibilità dei docenti e dello staff sono stati indispensabili per dare un tocco magico all’esperienza trascorsa!
Ho avuto anche l’opportunità di incontrare il maestro Mogol. Anche lui ha tenuto una masterclass.
Non posso dire che sento nostalgia dei miei compagni di gruppo, perché, grazie alle nuove tecnologie, ci sentiamo ogni giorno e condividiamo un pezzo di strada assieme!
Grazie a tutto lo staff del tmf per questa piccola ma grande esperienza, ma soprattutto ai promotori di questa iniziativa: Nadia Stacchini e Gianluca Musso.
Samantha de Rosa

La serenità una conquista possibile, di Cesare Barca

Autore: Cesare Barca

Potrebbe sembrare un’affermazione sventata sorretta esclusivamente dalla speranza di realizzare circostanze e situazioni che rendano possibili la convivenza, l’inclusione e l’interazione sociale. In realtà sappiamo perfettamente che la serenità è un po’ come l’araba fenice: “che vi sia ciascun lo dice, dove sia nessun lo sa”.
Nella nostra attualità tanto disomogenea e destrutturante in cui i “valori” hanno perso ogni importanza, la serenità diviene ancora più indispensabile anche se è certamente difficile scovare una piccola ma profumata margheritina all’interno di una giuncaglia.
Si potrebbe forse dire che la serenità sia la sorella minore della felicità. Sicuramente è stata motivo di ricerca interiore e sociale da sempre. Anche nell’antichità si hanno esempi di momenti storici particolarmente difficili in cui si è tentato di ritrovare la serenità perduta.
Da che mondo è mondo l’uomo e la donna hanno sempre cercato di riscoprire anzitutto in sé stessi quell’atteggiamento tranquillo dell’animo che consente di poter vedere con chiarezza le situazioni che ci stanno di fronte per poterle analizzare con atteggiamenti mentali particolarmente aperti e liberi.
Lo studio della filosofia se ne è occupato abbondantemente: i filosofi cercavano la patheia che non significa apatìa ma il lavoro interiore che ognuno si affannava di compiere per gestire o soffocare le passioni.
Oggi siamo nella situazione opposta: si sostiene di dover aderire e vivere le passioni nella loro totalità sempre e comunque. Ma l’una e l’altra soluzione non sono assolutamente utili e non rappresentano correttamente una vera apertura verso quella che viviamo come realtà.
Si cerca spesso di non lasciarsi eccessivamente coinvolgere sia dalle situazioni pregresse che dalle circostanze attuali. Si spera, in tal modo, di poter conquistare davvero la propria serenità interiore, ma anche questo tentativo non regge e tantomeno risolve.
Sappiamo quanta confusione, sia a livello sociale in genere e ancor più a livello politico, caratterizzino il momento che stiamo vivendo.
Da sempre, a ben osservare, noi tutti ci muoviamo in senso pendolare oscillando tra ragione e spirito e considerando questi due nostri atteggiamenti come separati l’uno dall’altro.
Stiamo vivendo un periodo di “post ideologia collettiva”, un periodo di confusione per il venir meno di tanti principi ritenuti fondamentali per recuperare, almeno singolarmente, la propria serenità.
Dimentichiamo spesso che il primo dei nostri amici siamo noi ma anche il primo dei nostri nemici siamo sempre noi. Verrebbe voglia di bandire gli specchi perché si cerca sempre meno di evidenziare anche a se stessi le proprie situazioni personali.
E’ ben vero che vi sono età distinte nell’uomo che transitano dal tumulto passionale dell’adolescenza e della giovinezza fino al momento in cui si è riusciti, sia pure in una situazione spesso caotica, a creare per se stessi un progetto di vita. Avere le idee chiare credo possa significare sostanzialmente saper dare un nome preciso alle nostre aspirazioni e ai comportamenti che ne conseguono.
Certamente col passare degli anni si raggiunge una prospettiva a più ampio raggio della nostra vita quotidiana e si comincia a darsi dei punti fermi. La serenità è un processo in continua costruzione che ha perciò assoluta necessità di avere delle certezze indispensabili per costruire l’attività quotidiana della propria proposta di vita.
Forse la ricerca della serenità appartiene quindi più significativamente alle persone avanti negli anni, quando si sono vissute molteplici esperienze e si sente un
grande bisogno di consapevolezza e di tranquillità.
Ma il concetto di verità, di libertà, di accoglienza e di apertura trovano ancora riscontro in questa nostra società tecnologicamente avanzata?
È un interrogativo a cui dobbiamo dare necessariamente una risposta per poter delineare le vie da percorrere, per raggiungere veramente momenti di incontro reale e non solo virtuale, per conseguire insomma traguardi di tappa utili per tutti.
La serenità non può esistere senza che ognuno di noi abbia chiari i valori fondamentali che formano la nostra stessa umanità e danno sostanza alle nostre azioni. Non possiamo ignorare alcuni punti fermi fondamentali quali l’onestà, la correttezza comportamentale, il rispetto del pensiero altrui, la lealtà del proprio agire.
Esiste oggi un’architettura di vita? La serenità parte da qui, questo è il suo fondamento, la sua radice che si sviluppa e propone i propri effetti attraverso il contatto con gli atri. Abbiamo insomma bisogno ancora, forse più che nel passato, di ricostruire la vera “comunità” non solo tecnologica ma soprattutto attraverso il contatto personale con gli altri, utile per l’interscambio di esperienze e di vissuti
Viviamo in un processo di costante rielaborazione degli ideali e delle realtà più pressanti per cui
La serenità, in conclusione, non si acquista con l’egocentrismo e neppure con il vittimismo: è il frutto benefico che matura con la fiducia in se stessi e negli altri improntando correttamente il nostro comportamento e la nostra quotidianità.
Riscopriamo, dunque, la gioia di una stretta di mano carica di accoglienza e di sincerità.

Cesare Barca