Il Professore, di Valter Calò

Una lunga chiacchierata con una persona a molti di voi sconosciuta, che per la sua costanza e dedizione, ma soprattutto per i risultati che ha raggiunto, illumina la nostra categoria di Persone con disabilità visiva. Persa la vista a 13 anni, imperterrito continua a perseguire i suoi obiettivi. I genitori hanno sempre creduto in lui, lo hanno sempre incoraggiato a rapportarsi e confrontarsi con il mondo.

A ogni mia domanda, il Prof. Massimo Morelli risponde con tranquillità e professionalità, riflettendo sempre prima di parlare. Voce importante, serena; soprattutto delinea una personalità consapevole, sicura di se, delle sue possibilità e dei suoi limiti.
Da “La voce d’Italia ” (2015), giornale italiano di New York, estrapolo un concetto importante da una intervista al Prof. Morelli:
“Fondamentale è il rispetto delle regole, avere la reale sensazione che nessuno possa superarti se non ne ha i meriti. Non devono esistere domande di carattere personale né pregiudizi. Dobbiamo essere giudicati solo per le nostre capacità e meriti. Quindi, se si ha un handicap, non devi essere discriminato, solo così si possono avere possibilità di crescere e dimostrare il proprio valore”.
Link: https://voce.com.ve/2015/07/02/119241/morelli-meritocrazia-e-rispetto-delle-regole-queste-le-grandi-differenze/

Massimo Morelli
Docente Professore Ordinario, Dipartimento di Scienze sociali e politiche, Università Bocconi Milano.
Note biografiche
Degree in Economics and Social Sciences (summa cum laude) all’Università Bocconi University nel 1991. Relatore Professore Mario Monti;
Dottorato in Economia Politica all’Università di Pavia, 1995;
Ph.D. in Economics Harvard University, 1996.
Curriculum Accademico
Professor of Political Science, Bocconi University, since 2014;
Professor of Political Science and Economics, Columbia University, since 2007;
Fellow Innocenzo Gasparini Institute for Economic Research (IGIER);
Research Associate National Bureau of Economic Research; Visitor Einaudi Institute for Economics and Finance;
Part-time Professor of Economics at the European University Institute, 2009-11;
Associate Professor of Economics and Political Science at the Ohio State University (2004-07).
Aree di interesse scientifico
Game theory, mechanism design, political economy, governance institutions, development economics, behavioral and public economics, comparative politics and international relations.
Link: https://www.sdabocconi.it/it/faculty/morelli-massimo

Bene iniziamo, mettetevi comodi, due chiacchiere con “il Professore”.
V: Tra i nostri lettori ci sono tanti ipovedenti e non vedenti. Prof. Morelli, può descriversi affinché possano farsi un’immagine della sua persona.
M: Ho 53 anni, compiuti il 18 settembre, sono alto 2,11 m. Sono affetto dalla sindrome di Marfan, una malattia genetica che colpisce il tessuto connettivo, con evidente gigantismo, abbastanza robusto. Sono completamente pelato, alcune mie foto mi riportano con i capelli, ma ultimamente li ho persi tutti. Diversamente non ho altri segni particolari da evidenziare.
V: Professore ci può spiegare di cosa si occupa in questi giorni e qual è il suo compito in questa prestigiosa Università Italiana?
M: Sono Professore Ordinario nel Triennio e in un Master. Nel corso della triennale, insegno materie come Relazioni Internazionali, con tematiche riguardanti la teoria dei conflitti, come emergono i conflitti civili interstatali, come si possono razionalizzare purtroppo fenomeni storici come il genocidio, spiegare l’uso della violenza nella storia e nel presente, risoluzione dei conflitti, potenziamento della pratica della mediazione tra parti in conflitto, mentre la parte finale del corso riguarda le relazioni internazionali più “pacifiche”, la costruzione dell’Unione Europea, così come l’unione fiscale e l’unione politica, il funzionamento dell’Unione Europea. L’ultimo tema del corso affronto la tematica, molto attuale, come le migrazioni dei popoli.
Nel corso di Master invece insegno la teoria dei giochi per capire non solo le problematiche conflittuali ma anche capire la partecipazione strategica al voto. Il comportamento strategico dei burocrati nei loro comitati decisionali e il comportamento dei burocrati, all’interno della struttura di uno Stato. Ci sono dei comportamenti non solo dettati dalle preferenze di voto, esiste sempre il modo per applicare la teoria dei giochi. Attualmente il tema di ricerca che va per la maggiore, tra noi economisti politici è “il populismo”; Il populismo è un atteggiamento culturale politico che risalta genericamente il popolo, sulla base di un forte sospetto nei confronti della democrazia rappresentativa. Studiamo come si arriva ad avere nelle democrazie una crescita del populismo sia da destra che da sinistra, quali potrebbero essere le conseguenze del populismo nelle grandi potenze economiche, poiché nei paesi piccoli o intermedi possono avere più o meno valenza, soprattutto nelle dinamiche interne del paese, mentre una politica populista degli USA può avere effetti molto più rilevanti. Ad esempio se la caratteristica principale dovesse essere un protezionismo estremo, o American first, si creerebbe un effetto domino o a catena su moltissime altre Nazioni; si verrebbero a formare conflitti determinati dal venir meno di un grande partner, abituato ad assorbire le esportazioni di tanti paesi. Ci sono fenomeni a livello mondiale che stanno insorgendo, come Erdogan Presidente della Turchia, Modi Presidente in India, Imran Khan primo Ministro in Pakistan, così come in Indonesia, Malesia e Tailandia, non pensiamo siano fenomeni solamente europei come Austria, Spagna, Francia con Marine Le Pen, Danimarca e la conosciuta Brexit, e chiaramente Italia. Questi fenomeni vanno studiati, vanno analizzati. Bisogna capire qual è il mal di pancia comune tra tutte le Nazioni che ho sopracitato; esiste sicuramente un fattore comune che determina questa trasformazione che è in atto, da questo cambiamento ci saranno delle conseguenze che noi esperti in Economia Politica siamo chiamati a interpretare e prevedere. Il tema di cui mi occupo come ricercatore, da circa una decina di anni è la teoria dei conflitti.
Nota: potete trovare un approfondimento su questo link: https://www.knowledge.unibocconi.it/notizia.php?idArt=17727
V: Dopo 22 anni passati negli USA rientrando in Italia quali sono state le sue prime impressioni?
M: Dall’America, sono tornato a Milano, quindi non ho risentito molto del passaggio, anche se mi è chiaro che ci sono realtà diverse e situazioni più difficili sul territorio nazionale. Pensando però alla sua domanda, mi viene istintivamente da riflettere, su quel giorno che da studente sono partito per l’America e il mio ritorno in Italia da Professore. Ho ben chiare queste due immagini, separate da un lasso di tempo abbastanza lungo, trovo un cambiamento enorme tra quel giorno che iniziai una nuova avventura in America, e adesso che sono tornato da professore. Oggi la Bocconi è una Università internazionale con studenti provenienti da tutto il mondo. La prima cosa che mi viene in mente è che all’interno dell’Università si parla in Inglese come normale linguaggio di comunicazione; questo cambiamento lo reputo un’ottima evoluzione. La mobilità a Milano è migliorata tantissimo: sintesi vocali su tram, autobus, metro.
Avevo 13 anni nel ’78 quando ho perso la vista e per 14 anni, fino al ’92, non ho mai usato il bastone bianco, per difficoltà psicologiche. Cercavo di dissimulare la cecità, avevo gli occhiali neri alla Stevie Wonder. Questo freno psicologico tra l’altro è scomparso improvvisamente e deliberatamente quando sono arrivato in America. In ogni caso è difficile valutare obiettivamente, dopo 22 anni. Ci sono stati cambiamenti radicali della città, ma non solo; anch’io come persona sono cambiato molto.
V: Matematica. Lei è vincitore di un progetto sulla matematica, ERC (European Research Council) advanced. Solo 3 italiani lo hanno vinto. La matematica è una componente fondamentale nei suoi studi accademici e sappiamo delle numerose difficoltà che gli studenti incontrano; vediamo come le ha risolte. Su questa tematica ho delle sottodomande….
V, 1: Come sono organizzate le università americane?
M: In America si usava la coordinazione dei centri simili al libro parlato. Quando sono partito, in Italia il libro parlato non era organizzato ma distribuito in maniera frammentata su tutto il territorio senza una coordinazione Nazionale, gli studenti richiedevano un testo e il LP lo preparava senza coordinazione fra le varie strutture e senza un piano di studi adeguato, ovvero non c’era mai nulla di disponibile a meno che non fosse stato richiesto da uno studente. In America invece c’era una organizzazione che si chiamava Recording for the blind & dislexic (RFB&D) mentre adesso si chiama Learning Ally di Princeton, una organizzazione molto grande; ogni qualvolta che uno studente richiedeva un libro loro fornivano un lettore e un assistente che controllava mentre il lettore leggeva, e interrompeva ogni volta che la lettura non veniva fatta bene, quindi un prodotto di alta qualità.
La matematica non veniva trattata diversamente dalle altre materie, sceglievamo dei volontari che ci aiutavano. Nell’audioteca erano presenti più di 100000 testi e trovavo molti testi di utilità per lo studio mentre quelli che non erano presenti li facevo fare. Aspettando che il libro arrivasse avevo una disponibilità di 5000 dollari all’anno da spendere per farmi leggere i testi da altri studenti, questa era una borsa di studio annuale, dedicata a studenti con disabilità visiva. Il PC l’ho iniziato ad usare nel ’93 al secondo anno di dottorato ad Harvard, il primo anno tutto su audiocassette e con lettura diretta con un assistente pagato con questa borsa di studio dedicata; all’Università del Michigan avevano molte sale computer, in poco tempo la hi technolgy è cresciuta e ha invaso gli Atenei Americani. Adesso con il computer è tutto più facile, troviamo tutto lì.
V, 2: Come legge e scrive testi contenenti formule?
M: Lì dovevo trovare un assistente bravo quindi tutto a voce e poi dovevo fissare concetti e formule ordinandole, ma soprattutto configurandole mentalmente. Adesso si è passati dalle cassette ai libri digitalizzati e con un software dedicato tipo Daisy, si può interagire facilmente con il testo, apponendo marker oppure saltando da un paragrafo all’altro velocemente. Attualmente il software giapponese Infty, trasforma il pdf in un file di testo. Se il testo matematico è troppo complicato, o le formule sono difficili, solo con l’audio non si riesce ad interagire bene, allora mi aiuto con la barra Braille. Personalmente io lavoro al 99% con file audio, sono abituato così. La sera, se leggo un articolo senza formule faccio fatica a rimanere sveglio, la matematica mi aiuta a rimanere concentrato.
V, 3: Ha mai usato LaTeX per scrivere documenti contenenti formule?
M: Sì, lo uso abitualmente.
V, 4: Per la statistica usa BrailleR [su libero scritto da Jonathan Godfrey della Massey University (Nuova Zelanda)]?
M: Lo conosco di nome, ma sinceramente io non mi occupo molto di statistiche, il mio lavoro è più improntato sul profilo organizzativo, o l’aspetto matematico teorico. Adesso le tecnologie sono andate avanti e parecchi studenti usano Excel molto bene: io non avendolo imparato quando ero studente mi dedico ad altro, ogni tanto entro in qualche tabella Excel, ma mi ci perdo dentro.
V, 5: Come accede a/redige grafici?
M: I grafici alcuni li facciamo direttamente con LaTeX, altrimenti vengono fatti da un assistente.
V: Quando ha finito il suo percorso formativo quali erano le sue prospettive, le sono arrivate offerte e proposte di lavoro, o pensava già alla carriera di ricercatore e di Professore?
M: Nell’89 quando ho scelto di andare in America prima del dottorato la mia intenzione era di occuparmi di mercati finanziari e di andare a lavorare in una azienda, mentre ero lì ho cambiato idea e mi sono appassionato agli studi di teoria economica, lì ho conosciuto Valiant, un esperto di microeconomia, mi disse che c’era un non vedente spagnolo ad Harvard University Boston, che studiava microeconomia. Quello è stato un punto di svolta nella mia vita.
V: Non ha mai pensato ad un’altra possibilità lavorativa ovvero tornando indietro farebbe un’altra strada o altro percorso formativo?
M: Nella mia famiglia sono tutti imprenditori, ho una buona percezione di cosa significhi questa professione, la mia prima idea era quella di percorrere la stessa strada. Un’altra idea che avevo in testa, partecipare ad una organizzazione per progetti di sviluppo di tecnologie o agricoltura o un’organizzazione dedicata alla sostenibilità dell’ambiente o altri campi, non so come avrei potuto acquisire sufficienti competenze e conoscenze per poterlo fare. Faccio notare che i bivi della vita, dove uno si trova a dover scegliere, esistono anche sulle materie di studio infatti io scelsi l’Università Bocconi solo perché aveva un pensionato attaccato all’università stile Campus all’Americana e per me era molto più facile orientarmi e muovermi senza difficoltà, ma soprattutto perché volevo un minimo di indipendenza. Credo che la passione per la ricerca sarebbe nata anche in altri ambiti Universitari, come ad esempio in agraria penso sia possibile, per una persona con disabilità visiva, un lavoro d’ufficio e ricerca. Se una persona con disabilità visiva si specializza in Scienze Sociali, forse è un po’ più facile, sono lavori d’ufficio e si viaggia meno. Mi sono specializzato in scienze economiche e discipline economiche sociali alla Bocconi, la passione per la ricerca probabilmente sarebbe nata anche in altri ambiti. Ho fatto un colloquio con Mc Kinsey & Company, Società internazionale di consulenza,
una loro domanda per l’assunzione era come potevo risolvere i problemi della mobilità e logistica. Alla Mc Kinsey non mi hanno assunto, forse avevano ragione loro.
V: In ambito lavorativo e della sua formazione quali sono state le sue difficoltà?
M: Credo il primo periodo che mi sono trovato ad insegnare, avevo difficoltà a comprendere e saper come guidare l’attenzione di una classe, per un Professore, non c’è mezzo migliore di comunicare con gli studenti avendo una lavagna e un gesso in mano, capire di aver catturato l’attenzione degli studenti è fondamentale. Ho avuto bisogno di un po’ di tempo ma sono problemi risolvibili, adesso con i lucidi si ovvia alla lavagna così come con i PowerPoint, nel complesso non mi ricordo di avere avuto un problema serio. Mentre qualche problema l’ho avuto quando ho finito il primo livello di formazione e ho provato a cercare consensi nelle persone che conoscevo, un professore famoso di Roma mi suggerì di non fare la carriera accademica, ma eventualmente di andare ad insegnare in qualche liceo, anche il Prof. Monti, mio relatore nell’esame di laurea, mi suggerì di andare a lavorare come ricercatore alla Comit.
Al presidente UICI di Milano chiesi cosa potevo fare, lui mi rispose: “Ma cosa vai a fare all’Università, quando finisci, andrai a guadagnare un paio di cento mila lire in più di un centralinista”, feci altre domande su mie problematiche ed interessi, rimasi senza alcuna risposta. Da quel giorno non ho messo più piede all’UICI di Milano, so che sono cambiate tante cose e mi sono ripromesso di tornare. Una cosa voglio sottolineare, che ho avuto sempre il sostegno e supporto da parte dei miei genitori; un ostacolo, potrebbero essere proprio i genitori che accudiscono in maniera troppo protettiva i figli.
V: Una domanda cattiva, non è mai entrato in competizione con un collega che provava a scavalcarla, usando, come minus, la sua disabilità visiva?
M: In Italia prima di partire per gli USA, avevo questa sensazione, non tanto verso le persone, ma verso l’intera disponibilità del sistema che ritenevo molto bassa. Infatti quando feci il colloquio con Mc Kinsey di Milano, non mi fecero l’offerta di lavoro e magari uno dei motivi era proprio perché non ci vedevo, può darsi che la loro idea sia stata che un non vedente, non potesse fare consulenze, leggere bilanci e documenti velocemente. Nell’ambito della ricerca, sia al dipartimento Europeo che in America, parecchi anni dopo, mi è stato riferito che non sono stato ammesso a dottorati particolari perché avevano paura che
non avrei potuto gestire e reggere lo stress del dottorato, quando me lo hanno riferito si sono resi conto che a quel tempo c’erano ancora molti pregiudizi e spero che dopo il mio passaggio abbiano capito che avevano sbagliato.
V: Potrebbe dare un consiglio ad un giovane disabile visivo, cosa gli indicherebbe o consiglierebbe di studiare?
M: Il consiglio non lo vorrei dare in base al vedere o meno, vorrei considerare esclusivamente quello che è il mercato del lavoro, indicherei le Hi-Technology come possibilità come informatica e le biotecnologie. Insomma noi dobbiamo usare la logica deduttiva nelle materie scientifiche, non dobbiamo farci condizionare dai laboratori, perché quello è solo un passaggio.
V: Approfitto subito del suo ruolo e le chiedo, può darmi un consiglio o una idea per una attività lavorativa da suggerire ai nostri ragazzi?
M: È una bellissima domanda ma su due piedi non riesco a dare una risposta, devo rifletterci sopra ma le giro un po’ la domanda, un invito che mi sento di suggerire è quello di perseguire anche nel tempo libero, ovvero al di fuori di un lavoro o studio, un linguaggio di programmazione come Python, o lingue come il cinese, l’Arabo o russo, in pratica impegnate del tempo per investire su voi stessi. Una conoscenza o formazione che nel tempo libero possa migliorare il livello o qualità della vostra vita in un prossimo futuro. Quindi magari accettare anche un lavoro come il centralinista, ma non fermatevi lì.
V: Insomma ricapitolando o dando un titolo al suo messaggio, formazione e va dove ti porta il cuore!
M: Sì, proprio così, ma mi rendo conto che la domanda che mi ha fatto è molto importante e tecnica, devo pensarci sopra sperando di trovare delle reali possibilità.
V: Come occupa il suo tempo libero?
M: Mi piace molto la musica Jazz, avevo molte soddisfazioni chiaramente in America, a Milano meno, ma mi diverto ugualmente. Pratico per il mio benessere e per il mio piacere molto sport, per tenermi in forma e come si dice “mens sana in corpore sano”.
Nota: Per quanto riguarda lo sport, il Professore si sofferma a lungo: su questa tematica scriverò un secondo articolo.
V: Può mandare un messaggio ai nostri ragazzi?
M: Davanti ai problemi non bisogna assolutamente scoraggiarsi, ma perseguire il proprio obiettivo. Secondo un mio personale calcolo bisogna investire mediamente duemila ore di lavoro prima di dire o meno se si è in grado di saper fare qualsiasi cosa, prima non ti è permesso di dire che non sei capace o non hai talento. Vorrei che passasse il messaggio che il talento conta molto meno, rispetto la volontà di perseguire un obiettivo, ma è necessario molto impegno e costanza.

80 anni: una vita spesa per l’Unione, di Mario Mirabile

Festa organizzata in onore di Giovanni D’Alessandro

“Parlare di Giovanni non è semplice! L’ho conosciuto qualche anno fa, durante un’assemblea dell’U.I.C.I., proprio in questo salone. Sin da allora capii che era il carro portante della Sezione di Napoli; di primo acchito può sembrare burbero, autoritario, ma basta frequentarlo un attimo in più per accorgersi della sua bontà, dell’umanità e della sua enorme caratura morale. Negli anni ha affrontato con professionalità ed estrema attenzione le problematiche degli associati, curando gli interessi. Ma la cosa più importante è sicuramente quella che ha fatto da chioccia a tanti pulcini ed oggi questi pulcini sotto la sua guida, sono cresciuti, maturati e rappresentano il futuro dell’associazione. Un vero capo questo fa: da le linee guida, dispensa consigli. Per tutti noi Giovanni è un padre; un fratello maggiore”.
Con queste parole Bruno Mirabile ha voluto descrivere Giovanni D’Alessandro, Presidente Onorario della Sezione UICI di Napoli che venerdì 5 ottobre ha festeggiato i suoi 80 anni nei locali sezionali insieme a dirigenti e a tanti soci, volontari ed amici, che hanno voluto stare insieme a lui per una ricorrenza così importante. Tanti sono stati coloro che hanno voluto raccontare un aneddoto, portare un saluto, o dire semplicemente grazie ad un uomo che ha speso gran parte della sua vita all’interno dell’Unione e per l’Unione, cercando con tutte le sue forze l’integrazione dei ciechi e degli ipovedenti napoletani. La serata è stata allietata da tanta buona musica grazie a Rosario, Nicola, Cristina, Dario e Bruno. Giovanni D’Alessandro, emozionato più che mai, ha voluto condividere questo importante traguardo con tutti noi, con i suoi amici.

Annuncio, di Matteo Tiraboschi

Buon giorno a tutti, sono Matteo Tiraboschi.
Vi comunico una iniziativa dove tutti siamo invitati a partecipare! La signora Angela Manzi infatti sta organizzando, per il giorno 20 ottobre, un pranzo e poi un giro con le moto tipo Harley-Davidson e le macchine sportive Alfa Romeo.
Si pranzerà al Ristorante “Ari & Ciro” a Curno, Bergamo al prezzo di 36 euro.
Per informazioni potrete contattare la signora Manzi su Facebook oppure direttamente al cellulare al seguente numero: 348 3524635.
Grazie per l’attenzione!

Riflessioni ad alta voce su disabili visivi, di Giuseppe Fornaro

Bambini di 5 anni portati in braccio a scuola
Ragazzi adolescenti vestiti dalle madri
Giovani uomini imboccati dai padri.

Di queste scene ne vedo sempre di più: persone disabili, per lo più bambini, adolescenti, giovani, capaci di potersi muovere, nutrirsi, pensare e decidere per loro gusto, completamente sostituiti dalle famiglie.
Ciò che maggiormente mi lascia amareggiato è la disinvoltura con cui questi giovani sono rassegnatamente abituati.
Proiettati con la mente chissà dove, mentre alzano un braccio per essere vestiti o aprono la bocca per essere imboccati.
Giovani perfettamente in grado di curarsi di se, nel rispetto dell’handicap, senza un minimo accenno di ribellione..
Perché non lo fanno?
Perché nel tempo in cui questi ragazzi, bambini più o meno cresciuti, hanno reclamato il diritto all’autonomia, piangendo e arrabbiandosi per i loro tentativi falliti, sono stati interpretati con l’ingiusto parametro dell’impossibilità, dimenticando di insegnare loro, invece, come sarebbe stato possibile fare da soli.
È su questo parametro che i bambini, poi diventati adolescenti ed oggi adulti, si sono sentiti giudicati e da lì, hanno ritenuto inutile la loro ribellione, abituandosi a non approfittare della gioia di fare da soli, di superare la difficoltà e fare nuove scoperte.
L’autonomia è una richiesta naturale che appartiene ad ognuno di noi quando ad un certo punto della vita sentiamo una spinta dall’interno che ci spinge a fare da soli, al pari di camminare è un percorso che va guidato dai genitori o chi li sostituisce. Questo bisogno espresso, male interpretato, ritenuto nel migliore dei casi, un capriccio o una incombenza da soddisfare in fretta.
Quei momenti però, diminuiscono di frequenza lasciando spazio all’abitudine di essere accudito e gli stimoli all’autonomia non saranno più percepiti, se non quando non più riconoscibili dal ragazzo che li riterrà come un ingiustificato ammonimento di chi ha sempre fatto per lui.
I gesti quotidiani che possono essere svolti in autonomia diventano incombenze pesanti e difficili da risolvere e così subentrerà la richiesta alla facile soluzione sia essa espressa esplicitamente o frutto di una tacita aspettativa consolidata nel tempo dalle abitudini.
Poi arriva il giorno in cui il genitore, stanco o invecchiato prende coscienza di avere un figlio adulto che non regge il confronto con una buona parte di coetanei disabili quando si tratta di autonomia.
Tutto questo per cosa? Per non alzarsi 30 minuti prima al mattino, per non arrivare a casa un po’ più tardi, per non aggiungere ansie genitoriali a quelle che già ci sono per condizione.
Eppure io sono fortemente convinto che i sacrifici che i genitori devono compiere siano la necessaria componente al raggiungimento dell’autonomia che deve essere riconosciuta come diritto e dovere anche alle persone disabili.
Queste riflessioni non sono una accusa ai genitori, ma vogliono essere una esortazione a rivolgersi a formatori che siano certamente preparati ad affrontare i problemi perché per prima hanno vissuto e vivono la stessa condizione di disabilità. Quando ci si affida ai formatori disabili bisogna superare il Pregiudizio del limite della disabilità, nella consapevolezza che possono trasferire strategie ottimali anche per i propri figli.
Per quanto la vita possa sembrare difficile, c’è sempre qualcosa che si può fare per avere successo.

Giuseppe Fornaro
Referente Nazionale Ausili e Tecnologie Dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti
Componente del Gruppo di lavoro OSI dell’INVAT Istituto Nazionale Valutazione Ausili e Tecnologie
Presidente del Gruppo Sportivo A.S.D. Real Vesuviana,
Consigliere della Sezione Provinciale di Napoli dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (Uici) e Responsabile del Presidio Zonale Uici di Sant’Anastasia e paesi Vesuviani
3735419953
E-mail: fornarog@uiciechi.it

Onorificenza e ringraziamenti, di Fortunato Pirrotta

Eravamo nell’ultima decade dello scorso mese di agosto, mentre trascorrevo gli ultimi giorni di ferie quando dalla Prefettura di Reggio Calabria, ho ricevuto una comunicazione con la quale mi si portava a conoscenza che, su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Repubblica mi aveva insignito dell’onorificenza di “Cavaliere al merito della Repubblica Italiana”.
La notizia mi ha realmente colto di sorpresa, in quanto nessuno mai mi aveva preannunciato l’avvio di tale procedura. Sono certo, che un simile riconoscimento è frutto di tanto affetto, benevolenza ed amicizia, che quotidianamente mi vengono manifestati e soprattutto nei momenti più difficili sono divenuti conforto e sostegno indispensabile. Sicuramente un ruolo fondamentale nell’iter concessorio, è stato svolto dalla Associazione alla quale mi onoro di appartenere in conseguenza della mia disabilità visiva dal lontano 1969, cioè l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e presso la quale ho collaborato per oltre 40 anni ed alla quale sono profondamente grato per il ruolo determinante svolto a favore della mia integrazione sociale e per quella di migliaia di altre persone affette da disabilità visiva. Tale appartenenza ha particolarmente contribuito alla mia formazione umana e sociale anche grazie al rapporto sempre improntato con tutti sul reciproco rispetto e la fraterna lealtà.
La cerimonia di conferimento svoltasi presso il Teatro “Francesco Cilea” di Reggio Calabria lo scorso 31 agosto, inserita nell’ambito della seconda edizione del premio Luigi De Sena, già prefetto di Reggio Calabria e Senatore della Repubblica prematuramente scomparso, nella quale oltre alla presenza di Sua Eccellenza il Prefetto di Reggio Calabria che ha consegnato le suddette onorificenze, del Sindaco della stessa Città Metropolitana e numerose autorità cittadine sia civili che militari, ha visto l’U.I.C.I. degnamente rappresentata in platea attraverso il Presidente Regionale Pietro Testa anche in rappresentanza del Presidente Nazionale Dott. Mario Barbuto, dal Presidente Provinciale di Reggio Calabria Dott. Paolo Marcianò accompagnato anche da alcuni Dirigenti e soci del territorio reggino ai quali, dopo aver ringraziato la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Prefetto di Reggio Calabria, ho sentito il bisogno per non dire il dovere, di rivolgere un altrettanto sincero e sentito ringraziamento. Naturalmente non potevo concludere senza dedicare un particolare pensiero alla mia famiglia, sempre pronta a sostenermi in tutte le vicende della vita ed a favorire il mio impegno quotidiano nel lavoro e nel sociale. Un sincero ringraziamento, infine, va rivolto ai giovani del Servizio Civile in attività nella sede di Reggio Calabria che, con la loro preziosa presenza in teatro e con il loro significativo ed affettuoso gesto di consegnarmi una targa, hanno contribuito ad accrescere l’emozione di un giorno per me molto importante.
A Dio, luce e guida in ogni momento della mia vita ed a tutti coloro che mi hanno sempre circondato nei miei 64 anni, dal profondo del cuore, va la più profonda e sincera gratitudine per il sostegno quotidiano, senza il quale mai nulla avrei saputo e potuto fare.

Fortunato Pirrotta

Perché ho chiuso il mio conto in Banca Popolare Etica, di Simonetta Cormaci, la risposta da Banca Etica

Purtroppo è vero. Come lamentato dalla signora Cormaci, l’home banking di Banca Etica non è attualmente dotato delle funzionalità per renderlo accessibile alle persone ipovedenti.

Da tempo stiamo lavorando per arrivare ad una piena accessibilità di tutti i nostri canali e strumenti di relazione con i clienti e soci della banca, ma ancora non siamo pronti. Le rapide trasformazioni tecnologiche, nonché le rilevanti e continue modifiche normative e regolamentari, impongono oggi a tutte le banche una costante attività di investimento e aggiornamento di ogni sito e apparato, e tale processo tende inevitabilmente a spostare sempre un po’ in avanti nel tempo il livello dell’adeguamento alla piena accessibilità, un adeguamento che – per come oggi sono disegnati e realizzati i software bancari – avviene sempre a valle di ogni implementazione di nuovi processi o procedure.

Non vuole essere una scusa. Solo una spiegazione del ritardo. Che siamo fortemente impegnati a recuperare, coinvolgendo i nostri partner informatici. Come piccola banca, infatti, non abbiamo oggi i mezzi per gestire in autonomia i nostri software, ma ci avvaliamo di fornitori specializzati, che stanno recependo le nostre sollecitazioni.

La missione della finanza etica è l’inclusione sociale e finanziaria, oltre all’uso responsabile del denaro. Viviamo quotidianamente, dalla nascita della nostra banca, nel 1999, la contraddizione tra tale imponente ambizione di banca ad operatività nazionale e i nostri limitati mezzi (le “sole” 17 filiali, i “soli” 30 banchieri ambulanti, gli investimenti IT da dosare con sobrietà). Ogni volta che un cliente, o potenziale tale, deve rinunciare alla finanza etica perché la filiale è troppo distante dalla sua abitazione, o perché – come nel caso della Signora Cormaci – non può accedere ad Internet, noi non perdiamo “solo” un cliente ma sentiamo (e soffriamo) il mancato raggiungimento del nostro scopo statutario.

Abbiamo finora ovviato a queste carenze puntando sulla ricchezza della relazione, grazie ad una rete di soci (i nostri 42mila soci), oltre che di professionisti (i circa 300 lavoratori), che si fa in quattro per garantire la possibilità a tutti di accedere alla nostra proposta di finanza etica. Anche alla signora Cormaci i colleghi di Banca Etica sul territorio hanno proposto una soluzione temporanea, mettendole a disposizione un servizio di phone-banking dedicato che le avrebbe permesso di svolgere le operazioni bancarie da casa, supportata dai nostri operatori al telefono. La signora non ha ritenuto valida questa opzione.

Esprimiamo ancora il rammarico per il disservizio e confermiamo il nostro pieno impegno per la piena inclusione finanziaria di tutte le persone.

 

Banca Etica

Perché ho chiuso il mio conto in Banca Popolare Etica, di Simonetta Cormaci

Vorrei rendere nota una vicenda che ho vissuto di recente e in cui la mia cecità è stata motivo fondamentale nella conclusione poco piacevole.
Nel 2016 attivo un conto in rete con Banca etica avendo valutato diversi aspetti per me importantissimi: 1) un conto on line che mi avrebbe liberato da tutto il materiale cartaceo difficilmente consultabile in piena autonomia; 2) un conseguenziale risparmio di tanta carta (in difesa dell’ambiente che mi sta molto a cuore); 3) la visione/missione di BPE che conoscevo già da tempo, in quanto io stessa impegnata da anni nella difesa dei diritti umani e che volevo condividere; 4) il valore aggiunto che ogni conto corrente, contrattualmente, sostiene in quota Medici senza Frontiere ONG da me stimatissima e di cui sono sostenitrice permanente.
La sorpresa si manifesta non appena mi vengono fornite le credenziali di accesso per l’inbanking e scopro che quella parte del sito per gestire il conto non è accessibile, ovvero non è navigabile con lo screenreader, software indispensabile ai non vedenti che usano il PC. Informati i referenti locali e nazionali, con qualche difficoltà, mi accreditano all’utilizzo di un ambiente del sito che consente pochissime operazioni, tra cui non figura per esempio la possibilità di accedere a documenti quali gli estratti conto trimestrali in formato digitale. A questo si aggiunge anche un altro problema, ovvero il reperimento di un token parlante, dovuto al fatto che apparentemente non avevano mai ricevuto richieste simili da clienti ciechi. Sicuramente trovo molta disponibilità umana, ma scarsissima comprensione degli aspetti tecnici. Superando disappunto e frustrazione personali cerco di collaborare al massimo, fornendo informazioni, documenti esplicativi e anche il protocollo tra l’ABI e l’UICI in materia di facilitazione dei clienti ciechi e ipovedenti in tutti gli istituti bancari.
Nel contempo ricevo e firmo una quantità di documenti cartacei che mi meraviglia e di cui eccepisco con il Banchiere ambulante (figura che facilita i clienti BPE sui territori in cui non esistono filiali). Con tali limitazioni, ma la buona disponibilità del Banchiere ambulante e del personale, procedo per tutto il 2017 e addirittura decido di acquistare un pacchetto di azioni proprio per la mia stima e fiducia verso questo istituto. Purtroppo, però, ai primi di dicembre viene attivato il nuovo sito di BPE e scopro con grande disturbo che l‘ambiente per l’inbanking adesso è totalmente inaccessibile per me.
Contrariata e incredula di fronte alla constatazione che nessuno abbia pensato all’accessibilità del sito (visto che da oltre un anno ormai avevano l’esperienza di almeno una cliente cieca), aspetto qualche tempo prima di affrontare il funzionario nazionale per i servizi informatici e il banchiere ambulante. Ritengo la questione gravissima e discriminatoria e li invito a operare tempestivamente correttivi affinché possa riprendere a utilizzare la mia area riservata. Eccetto qualche blanda assicurazione di intervento non ottengo alcun risultato e a fine gennaio 2018 metto in contatto il funzionario della banca con il referente del gruppo OSI (Osservatorio sui siti internet) dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e Ipovedenti) nazionale. Quest’ultimo si mette a disposizione sia con Banca etica fornendo dettagli tecnici sulle pagine web, sia con me accompagnandomi in svariate prove con diversi screenreader e contemporaneamente segnalando il tutto all’ABI con la quale l’associazione collabora da molti anni proprio per risolvere alla fonte tutti gli aspetti tecnici che possano creare difficoltà a noi disabili visivi.
Passano i giorni, io come è facile immaginare sono alquanto disturbata dalla vicenda e impossibilitata ad agire sul mio conto in autonomia, con grandissima frustrazione. Nonostante la pressione su tutte le figure di riferimento (funzionari della banca, referente OSI e ABI) non riscontro alcun miglioramento e arriviamo a maggio c.a. quando mi trovo costretta a decidere di chiudere il conto vista l’impossibilità di gestirlo in autonomia e libertà. La mia comunicazione via pec parte il 22 maggio e la chiusura definitiva del conto (prevista dai loro documenti informativi in 15 giorni) si conclude solo a fine luglio e tutto ciò senza una parola di scuse – se non dal banchiere ambulante – né alcuna dichiarazione di impegni tale che io possa riesaminare la mia decisione… come a dire: non siamo interessati ai disabili e neppure al loro denaro.
Ironia della vicenda, nell’ultima newsletter che continuano a inviarmi c’è la notizia di un progetto che BPE sta sponsorizzando e cioè una app in grado di individuare tutti i sentieri montani accessibili.
Da cliente ritengo di aver subito un trattamento discriminatorio e superficiale; aggiungo che – a mia conoscenza – quando si accende un conto presso qualunque istituto bancario non è possibile fare un test preventivo di accessibilità sull’homebanking e dunque non si può sapere se l’area riservata di un sito è accessibile.
Mio malgrado e con grande disappunto ho dovuto constatare la differenza tra i valori proclamati da BPE e la realtà della prassi. Preciso che non sono interessata ad avviare richieste di risarcimento, in quel caso avrei agito per vie legali. Ritengo piuttosto che rendere nota la mia vicenda sia doveroso e utile: prima di tutto per farla conoscere ad altri disabili visivi affinché non incorrano negli stessi problemi; e poi perché confido che a vari livelli di interlocuzione si possa intervenire affinchè tutti gli istituti di credito garantiscano ai clienti disabili facilitazione e massima accessibilità nella gestione dei propri conti (e mi consta che già alcune banche siano attrezzate). La nostra Costituzione, la Convenzione ONU dei diritti dei disabili, la Dichiarazione universale dei diritti umani, le leggi italiane di ratifica dei predetti trattati riconoscono la piena e pari dignità e facoltà di autodeterminazione delle persone con handicap. Confido che questi nobili trattati e leggi in cui mi riconosco siano rispettati e messi in pratica dal momento che abbiamo già esempi virtuosi.
Spero che anche le associazioni di categoria che già attivamente operano a stretto contatto e siedono ai tavoli tecnici non smettano la importante funzione di aiuto, controllo e supporto. Confido che le critiche costruttive servano sempre a migliorare le condizioni future di tante altre persone.
Una cultura dell’handicap più diffusa, in conclusione, risolverebbe alla base molti problemi di noi disabili, ridurrebbe il conflitto sociale, renderebbe migliori tanti aspetti della nostra vita di cittadine e cittadini.
Catania, 4 settembre 2018

Onorificenza a Fortunato Pirrotta, di Paolo Marcianò

Venerdì 31 Agosto alle ore 19.00 presso il Teatro Comunale “Francesco Cilea” di Reggio Calabria, nel corso di una manifestazione organizzata dalla Prefettura di Reggio Calabria, è stata conferita al nostro Presidente Onorario Fortunato Pirrotta, l’onorificenza di “Cavaliere al merito della Repubblica Italiana”.
Tale evento che tocca da vicino l’amico Fortunato, a cui vanno le nostre congratulazioni, coinvolge tutta la nostra Associazione, di conseguenza ci porta a rendere un doveroso ringraziamento al Presidente della Repubblica, in quanto con l’elargizione di tale onorificenza a Fortunato, dimostra la sua vicinanza all’impegno continuo che l’UICI svolge quotidianamente nella tutela dei minorati della vista.

Non vedenti lavoro pensione, di Francesca Misseri

“Riceviamo e pubblichiamo”

Non vedenti lavoro pensione, è un gruppo che nasce per disquisire di problematiche  del lavoro,  pensione, oltre alle problematiche più importanti che riguardano i non vedenti. Parecchi sono i problemi irrisolti a tutt’oggi, pertanto, questo gruppo si prefigge di fungere da pungolo verso le associazioni di disabili visivi, affinché le stesse possano fare da tramite tra noi ed i politici. Si potrebbero fare molti esempi delle problematiche vissute dai non vedenti, uno tra tanti è l’accessibilità,  sia dal punto di vista lavorativo, che nel quotidiano di un non vedente. Non si può solo parlare E criticare senza proporre, bisogna essere parte attiva e indurre chi è al potere, sia dal punto di vista associativo Che la politica A fare di più e meglio. Ovviamente nessuno può considerarsi tenutario unico della verità, tantomeno questo gruppo che è nato confidando sulla buona volontà di persone che devolvono del tempo per individuare problemi che stanno a cuore ai non vedenti . Infatti, ciò che anima gli amministratori del gruppo e chi vi aderisce, lo fa  Per puro  spirito di servizio.
Molti degli aderenti sono iscritti all’Unione Italiana Ciechi e degli Ipovedenti, tra i quali alcuni dirigenti.

Francesca Misseri

Notizie dalla St. Lucy School for the Blind

Si riporta di seguito la lettera ricevuta dalla socia Nucci Tela che da anni opera presso la scuola per ciechi Saint Lucy in Kenya.
“Carissimi amici,
Con immensa gioia desidero comunicarvi che il giorno 16 settembre avrà luogo l’inaugurazione dell’acquedotto progettato dal gruppo CRESCERE INSIEME ONLUS DI CARMAGNOLA in Piemonte per la zona di Egoji in Kenya.
Si prevede che parteciperanno all’evento circa 3.000 persone. Non mancheranno i rappresentanti di Crescere Insieme ed il sindaco di Carmagnola.
L’inaugurazione sarà in settembre, ma alla St. Lucy School for the Blind l’acqua è stata data già in giugno, quando i lavori non erano ancora ultimati, quando, per così dire, la linea non era ancora giunta al capolinea. Questo considerando il fatto che i bambini non vedenti della St. Lucy hanno sofferto per un lungo periodo la mancanza d’acqua, costretti ad aspettare a lungo il proprio turno per raggiungere un rubinetto che ne dava solo un filo, o costretti a recarsi con un secchio o con una tanica da qualcuno in zona più fortunato, il cui vecchio acquedotto era ancora in funzione.
Ma finalmente l’acqua è arrivata. Ce n’è in abbondanza da bere, per cucinare, per l’igiene personale, per lavare i propri indumenti, per tenere l’ambiente pulito.
È un sogno! È una grande emozione, dicono i bambini, sentire l’acqua entrare nei grandi serbatoi vivacemente.
Sembra una musica che dà molta allegria! Dai rubinetti poi scende in abbondanza e dà molta gioia!
Un grazie riconoscente a tutti coloro che, con entusiasmo e generosità, hanno contribuito a rendere più vivibile la vita di tanti bambini e di tutto il personale della scuola.
L’acqua è vita!
Un abbraccio a tutti!
Nucci”.

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