Catania – 10 ottobre 2019 Giornata Mondiale della Vista, di Anna Buccheri

Autore: Anna Buccheri

Guarda che è importante! Inquinamento ambientale e salute visiva è stato lo slogan della Giornata Mondiale della Vista 2019. Centrale è stato il tema dell’importanza di farsi visitare da uno specialista in oftalmologia perché diagnosticare tempestivamente le malattie oculari e curarle dal loro insorgere fa la differenza. Un’infezione sottovalutata, una malattia non affrontata, norme igieniche non rispettate creano le condizioni di pericolo di cecità.

Guarda che è importante! è un richiamo a fare attenzione, a capire che la prevenzione è salvaguardia della salute, è segno di responsabilità e di civiltà, è cultura e consapevolezza.

I problemi alla vista non appartengono al passato. Anche l’inquinamento è causa di cecità e ha effetti sulla salute generale e su quella degli occhi. La vista va protetta dall’ambiente inquinato. Tutti hanno diritto ad un’assistenza oftalmica e a cure adeguate.

Quest’anno a Catania bambine e bambini compagni di scuola e vicini di casa dei nostri bambini sono stati invitati ad una festa nella Sezione dell’UICI con inizio alle 17.30. Il pomeriggio è trascorso tra momenti di intrattenimento, giochi (con i palloncini, girotondi, e tanti altri), visite gratuite di screening ortottico, chiacchierate sull’importanza della salvaguardia dell’ambiente (inquinamento dell’aria che respiriamo, della terra che coltiviamo e che ci dà la frutta e la verdura, cibi che mangiamo direttamente, e quelli di cui ci nutriamo indirettamente quando beviamo il latte o mangiamo la carne perché anche gli animali bevono l’acqua che noi beviamo e mangiano l’erba e altri prodotti che sono coltivati), di una alimentazione sana, di un uso regolamentato dei dispositivi elettronici (tablet, computer, cellulari, video in generale) e sui fattori come lo stress e la mancata prevenzione che prevede visite e controlli periodici a prescindere dalla presenza di una patologia oculare.

A tutti i bambini sono state donate delle piantine di lenticchie da curare e far crescere, un piccolo gesto di speranza e di fiducia nel futuro.

Disabilità, per una Campania accessibile e senza più barriere, di Giuseppe Fornaro

In generale, come nello spirito della Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, siamo convinti che il diritto all’accessibilità debba essere esteso a tutti coloro i quali hanno delle esigenze specifiche, come le persone non vedenti, audiolesi, persone con disabilità psicologica o intellettiva, persone obese, anziani, ma anche donne in gravidanza e genitori che con passeggino e carrozzina non possono usufruire liberamente degli spazi pubblici. Inoltre, molte persone possono anche solo temporaneamente ricadere nella condizione di disabilità a causa di incidenti o periodi di cura. Quindi educare a porre maggiore attenzione a “spazi senza barriere” non significa solo andare incontro alle esigenze delle persone con disabilità, ma vuol dire anche pensare a creare una società migliore per tutti noi.
Abbattere le barriere restituisce alla persona la dignità e la possibilità di esercitare i propri ruoli sociali, a partire da quello di cittadino e finanche di utente, consumatore o turista. Per renderlo possibile peṛ riteniamo sia necessario stimolare una collaborazione a più mani tra tutti gli attori coinvolti: associazioni delle persone con disabilità, negozianti, associazioni di categoria, aziende, enti locali, i cittadini tutti a prescindere dalla disabilità.
L’approccio all’Universal Design (Progettare accessibile per tutti) ha ormai reso disponibili soluzioni che permettono di ovviare con costi ridotti e tempi rapidi, almeno nella maggior parte dei casi, anche ai vincoli architettonici di edifici storici non modificabili. Ne esistono molti tipi, portatili e fisse, più o meno economiche e con capacità di carico differenziate. Portare all’attenzione di tutti queste opportunità significa fare cultura e dare soluzioni concrete per contribuire a realizzare una regione più vivibile per tutti.

Irifor – Soggiorno “Sole di Settembre” al Centro Olympic Beach Hotel di Tirrenia, di Nunziante Esposito

Autore: Nunziante Esposito

Ultimamente, dalla stampa e da tutte le altre realtà dell’informazione, ci vengono fornite con molta enfasi indicazioni in merito ad altri centri estivi attrezzati più o meno bene per ospitare disabili visivi, come se il centro “Le Torri” di Tirrenia che ora si chiama Centro Olympic Beach Hotel e che utilizziamo da anni, non esistesse più. Eppure, questa realtà esiste e, per fortuna, funziona ancora molto bene ed è anche gestita da professionisti del settore. In questa struttura, costruita appositamente per i soci dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, anche se è in corso un trasferimento di proprietà proprio ai nuovi gestori, è, e rimane, un punto di riferimento molto importante per i disabili visivi che desiderano farsi in piena autonomia una vacanza al mare, in una zona molto bella come quella della marina tra Pisa e Livorno.

Per chi conosce il posto, sa benissimo che non sto dicendo nulla di nuovo o di esagerato, e che in questa struttura, realizzata proprio in un bel parco toscano, i ciechi ci vengono in piena autonomia da anni, dal momento che è stata pensata e realizzata.

Queste notizie sulle strutture estive adatte ai ciechi, le ho lette proprio mentre sono alle prese con il resoconto che sono deputato a fare alla fine del secondo soggiorno annuale organizzato da IRIFOR, soggiorno per il quale ho avuto l’onere e l’onore di curarne il coordinamento.

Quest’anno, il soggiorno IRIFOR per la Terza Età, organizzato presso il Centro Olympic Beach Hotel di Tirrenia dal giorno 1 al giorno 15 Settembre 2019, denominato “Sole di Settembre” , registrando il tutto esaurito, è stato molto più impegnativo di quello di Giugno, ma con l’esperienza fatta al soggiorno di Giugno e grazie alla solita collaborazione avuta da Maria Stabile, Renato Conti, dal gestore, dal personale dell’albergo e soprattutto con l’indispensabile  supporto che mi ha fornito mia moglie, sono riuscito anche questa volta a non far mancare la mia docenza informatica a tutti coloro che ne hanno avuto bisogno.

Anche se sono certo che i soggiornanti hanno già valutato il mio coordinamento e le attività che sono state svolte, e sapete che le notizie nel nostro ambiente fanno presto a diffondersi, credetemi, pur se il lavoro è stato molto di più rispetto a prima che non avevo anche l’onere di coordinare il soggiorno, ho avuto la soddisfazione di riuscire ad organizzare e realizzare un soggiorno senza grossi problemi.

Ovviamente, si sa che è tutto migliorabile e perfezionabile, quindi, dalla esperienza fatta sicuramente è possibile trarre gli insegnamenti giusti per correggere quelle poche cose che sarebbero potute andare meglio.

Mi dispiace non aver potuto far vivere agli amici soggiornanti anche l’esperienza di frequentare un corso di ballo. Infatti, all’ultimo momento e per problemi non dovuti all’organizzazione, il maestro di ballo che era stato incaricato non è potuto venire per problemi personali. Non avendo avuto il tempo materiale per cercare una sostituzione, questa esperienza verrà proposta per uno dei prossimi soggiorni. I contatti con una maestra di ballo della zona sono stati già presi per poter programmare questa attività in futuro, quindi, si potrà sicuramente esaudire le aspettative dei soggiornanti che hanno mostrato molta attenzione e tanto interesse.

Un’altra attività che non è stata possibile portare a termine, e anche questa per problemi non dipendenti dall’organizzazione, è stata una rappresentazione teatrale organizzata da una collaboratrice di Senior, Maria D’Esposito, che ne ha curato la regia. Le prove preliminari per questa rappresentazione sono state organizzate durante questa estate nella sala telefonica per la terza età, dove gli attori si incontravano per provare la parte. Durante la prima settimana di soggiorno, le prove  sono continuate e, quando tutto era pronto per fare la prova finale, uno degli attori principali ha dovuto lasciare il soggiorno per un problema improvviso ed inaspettato, per cui non è stato nemmeno possibile sostituirlo. Speriamo che in futuro riusciamo ad organizzare e soprattutto realizzare qualche rappresentazione teatrale, sperando di non avere la sfortuna che abbiamo avuto questa volta, perché, Giuseppe, Raffaela, Ornella, Maria, Matteo, Angelo, Primitivo e la stessa Maria D’Esposito, ci sono rimasti troppo male.

Evidenziate le attività che avevamo programmato e che non siamo riusciti a realizzare, per rispondere alla curiosità che sicuramente ho indotto in voi, ma anche per farvi venire il desiderio di partecipare a questo tipo di  soggiorno, vi descrivo a grosse linee tutte le attività che, con la collaborazione e l’entusiasmo di tutti, siamo riusciti a realizzare secondo il programma del CDA IRIFOR.

La serata del primo giorno, come si è sempre fatto, è servita a far incontrare i soggiornanti, sia per farli salutare  tra loro, sia per fare le nuove conoscenze. Ovviamente, è stata anche presentata ai nuovi ospiti l’animatrice che ci ha aiutato a organizzare alcune delle attività e ci ha seguito per tutto il soggiorno.

Nell’entusiasmo generale di chi già si conosce e si incontra dopo qualche tempo, si è subito notata l’incertezza delle persone che partecipavano al soggiorno la prima volta e non conoscevano nessuno. Come avviene solitamente, si fa subito conoscenza, ci si scambia le solite informazioni di nome e provenienza, insomma, si fa quello che solitamente si chiama rompere il ghiaccio.

La prima cosa che è risaltata immediatamente agli occhi dei vedenti e che mi è stata immediatamente riferita, è stato notato che tra gli ospiti presenti a questo soggiorno, avevamo una bimba vedente di appena 3 anni, figlia di una coppia di disabili visivi ed una signora dalla veneranda età di 95 anni che aveva perso la vista per l’età. Al momento di presentarci, ci siamo resi subito conto che, pur avendo una diversissima età, si chiamavano entrambe Maddalena.

Al di la di questa curiosità, i presenti sono stati informati con il solito entusiasmo sulle attività che si sarebbero svolte durante tutto il soggiorno, con date ed orari che non era possibile fornire e che sarebbero poi state confermate in corso d’opera. Le attività programmate sono state le seguenti: Gita guidata, Torneo di Shodown, Torneo di Scopone, Torneo di bocce sperimentale, Torneo di bowling sperimentale, Lettura quotidiana libri cartacei da una persona vedente, Esercitazione quotidiana della memoria, Corsi di Computer e corsi di iPhone ed iPad. Ovviamente, si era al mare e si partecipava a tutte le attività che organizzava l’animatrice.

Per la gita organizzata, tra quelle proposte, abbiamo scelto  a maggioranza di andare a Collodi per visitare il parco di Pinocchio, assistiti da una guida. Abbiamo avuto subito l’adesione di più di 30 persone delle 40 presenti. Al di la dell’entusiasmo con il quale si partecipa ogni volta al torneo di Shodown al quale si sono registrate 15 persone, abbiamo avuto anche una grossa partecipazione ai tornei di bocce e di bowling, nonostante fossero due tornei sperimentali.

Con la disponibilità degli interessati e come nei soggiorni precedenti, ho incaricato Renato Conti di organizzare il torneo di scopone e redigere la classifica, mentre Maria Stabile  è stata incaricata di organizzare le squadre per il torneo di Shodown che viene arbitrato dal Direttore Ivan Barile,  arbitro federale.

Questo anche per dire che tutti al soggiorno si rendono utili quando serve e non è il coordinatore a dover pensare e fare tutto da solo.

Per l’informatica e per l’utilizzo di smartphone sono stati invitati gli interessati a presentarsi il giorno dopo in salone per programmare i corsi in base alle esigenze di ognuno. i corsi sono stati tenuti da me e da Maria Stabile, utilizzando  i computer dei corsisti e con quelli del docente, così come per i corsi di iPhone e iPad, nei quali sono stati usati i device personali.

L’animatrice ha informato tutti i presenti, informazione  fatta anche a pranzo e a cena, sulle attività giornaliere che sono state, Per ogni giorno, pressappoco queste: risveglio muscolare in spiaggia, giro in pedalò in tarda mattinata e nel secondo pomeriggio quando il mare lo ha consentito , passeggiate sulla spiaggia di mattina e nel primo pomeriggio, e sempre in spiaggia, si giocava anche a bocce. Durante il dopocena, serate a vari temi, ogni giorno diverse, ed il tema veniva scelto dall’animazione in accordo con il coordinatore. Sono state organizzate serate di Karaoke, giochi musicali, giochi di società, corrida, serate di ballo, serate di indovinelli, eccetera. Le serate sono state sempre divertenti come a Giugno.

Di pomeriggio sono state fatte per alcune persone due attività che vengono ormai fatte da circa 3 anni: lettura di libri cartacei forniti dalle stesse soggiornanti e letti da una vedente, e l’esercizio della memoria che le signore interessate fanno da autodidatte, perché frequentano a Milano un corso per tenere allenata la mente.

L’attività di lettura è resa possibile per la disponibilità della signora Mariangela Franchini che abita nei pressi dell’albergo e che, con l’amicizia ormai fatta con le signore stesse,  si rende disponibile volontariamente a tutti i nostri soggiorni.

Le persone che partecipano a queste attività hanno disponibile anche una sala telefonica Talkyoo per continuare a contattarsi anche da casa per continuare questa attività molto importante per mantenere allenata la memoria.

Nella mattinata del primo sabato, si è svolto il torneo sperimentale di bocce. Questo torneo, anche se deve essere organizzato meglio, ha destato moltissimo interesse, per cui in futuro sarà sicuramente riorganizzato e perfezionato.

Nel pomeriggio del Mercoledì successivo, è stato svolto anche il torneo di bowling. Anch’esso ha destato molto interesse e ancora più partecipazione che non quello delle bocce. Questi sono due tornei che devono essere organizzati meglio, ma bisogna altresì cercare di divulgarli ancora di più tra i disabili visivi.

Per tutto il pomeriggio del primo  Sabato, al soggiorno è stato presente Roberto Gozzani che era stato invitato per far toccare con mano le soluzioni artigianali che lui realizza per semplificare un poco la vita a chi ha disabilità visiva.

Roberto ha presentato i suoi prodotti, spiegando e facendo provare ogni prodotto a chi ne fosse interessato. Tra tutti i prodotti hanno destato molto interesse un termometro universale e lo scanner ambientale. Avendo avuto la possibilità di provare lo scanner ambientale per quasi tutto il soggiorno, prossimamente ne farò una recensione accurata per spiegarne i pro e i contro, per dare la possibilità a tutti di valutare se un ausilio del genere può essere di proprio interesse.

Durante la seconda settimana, precisamente per tutto il pomeriggio di Venerdì, abbiamo avuto la presenza di Tifcom, uno dei rivenditori di ausili che tutti conosciamo, per cui, chi ne aveva necessità, ha potuto acquistare i prodotti che gli servivano.

Nel giorno di Mercoledì di entrambe le settimane e come sempre, è stata offerta dall’albergo una spaghettata aglio, olio e peperoncino a Mezzanotte. In entrambe le occasioni abbiamo avuto la possibilità di ridere e scherzare facendo una sola tavolata.

Con gli arrivi dei soggiornanti della seconda settimana, abbiamo completato le adesioni per la gita che ha visto la partecipazione di 45 persone. La gita organizzata, realizzata durante il pomeriggio di lunedì della seconda settimana, è stata bella e molto gradita, anche se non è stato possibile per tutti i partecipanti raggiungere uno dei punti del percorso guidato del Parco di Pinocchio, opportunità che si può cogliere solo quando ogni disabile visivo ha il proprio accompagnatore o se si ha un minimo di residuo visivo.

Il torneo di Shodown, organizzato da Maria Stabile,  è stato fatto durante il pomeriggio di Martedì della seconda settimana. Questo torneo, per la partecipazione nutrita che ha avuto, 15 persone per 5 squadre, ha visto i partecipanti impegnati per 4 ore, ma è stato molto divertente. Infatti, la presenza come al solito di persone poco esperte di questo gioco, ma molto spiritose, ha contribuito a rendere l’ambiente frizzante e scherzoso, con un continuo sfottò. Anche l’arbitro federale che avevamo, Ivan Barile, applicando le regole non sempre come se fossimo ad un vero torneo,  ci ha aiutato a rendere ancora più divertente questo pomeriggio di spensieratezza e di risate.

La serata di giovedì della seconda settimana, è stata allietata dalla presenza di una cantante offerta dalla struttura, una professionista con una voce molto bella. Silvia Spagnoli, questo è il suo nome, è una professionista molto preparata, con un repertorio che spazia dalle canzoni classiche Italiane a quelle importanti e conosciute straniere, creando una atmosfera che ti fa apprezzare ancora di più il suo bel canto. Peccato che non ha mai deciso di preparare qualche bella canzone napoletana di fine ‘800, una di quelle che vengono interpretate dalle signore della canzone napoletana, quelle che hanno la voce simile alla sua.

La serata successiva, venerdì, è stata dedicata alle premiazioni dei tornei di scopone e di Shodown, alla consegna a tutti i soggiornanti di un gadget per aver partecipato al soggiorno ed è stato infine fatto un brindisi di saluto. Dopo le premiazioni, la serata è continuata ascoltando musica e, per chi ha voluto, con qualche giro di ballo .

Nel dialogare con alcuni degli ospiti presenti e parlando del più e del meno, mi sono reso conto che al soggiorno erano presenti tre amici che non si conoscevano, ma che avevano tutti e tre lo stesso hobby: la musica. Si tratta di Raffaele, Matteo ed Enzo che suonano rispettivamente la fisarmonica, la chitarra classica e il piano.

Nel giorno di Mercoledì della seconda settimana, sono riuscito a convincere Matteo ed Enzo a suonare qualche ora con la chitarra e il piano. A questi due amici sono bastate poche prove per poter suonare assieme e fare il loro concerto. Con entusiasmo e con i loro strumenti, ci hanno allietati con tantissime canzoni che, con l’entusiasmo di sempre, abbiamo cantato tutti, divertendoci moltissimo per tutta la serata, in attesa degli spaghetti di mezzanotte.

Il sabato successivo, confortato dal successo avuto per la bella serata fatta il mercoledì, sono riuscito a convincere anche Raffaele ad aggiungersi agli altri due amici, per aggiungere ai due strumenti precedenti la melodia della fisarmonica. E’ stata una cosa fantastica avere un trio di chitarra, piano e fisarmonica che ha consentito di allietare gli ospiti per più di due ore, suonando le canzoni italiane più note e cantate da tutti, comprese quelle canzoni popolari o dialettali di tutto lo stivale che ognuno di noi si porta nel cuore dalla sua regione.

Nei giorni di Sabato e domenica, giorni in cui molti ritornano alle loro residenze,  sono state fatte solo le attività svolte dagli animatori, in un clima che non è certamente piacevole. Infatti, chi non conosce il dispiacere per il distacco che si prova, sia dai soliti amici, sia dalle nuove amicizie fatte? Ovviamente, si ritorna alle proprie abitudini con un bagaglio di esperienza in più, si spera riposati e pronti ad affrontare il prossimo inverno.

Ultima informazione, ma non certamente ultima per importanza, anche questa volta abbiamo avuto tutti la solita disponibilità del Direttore e di tutto il personale dell’albergo, con la consueta apprezzatissima professionalità, e, per me, tanta collaborazione anche quando abbiamo organizzato le varie attività e soprattutto la gita.

Nunziante Esposito, nunziante.esposito@uiciechi.it

L’inclusione scolastica: croce e delizia, di Antonio Quatraro

Tornando in treno dall’Assemblea dei Quadri ho ripensato alla discussione appassionata di sabato sera sul tema dell’istruzione. Tutti concordiamo nel ritenere che la via maestra per l’emancipazione dei ciechi, come dei popoli, sia l’educazione, la scuola, lo studio, il saper leggere e scrivere. E molti di noi conoscono i risultati dei nostri istituti. Ma conosciamo anche i limiti di quel modello: la separazione dalla famiglia e dal gruppo di coetanei del paese-quartiere, per non citarne altri. È vero che lì, si «imparava ad essere ciechi», come diceva Vincenzo Ventura, per anni preside dell’istituto di Firenze. I nostri migliori insegnanti erano i compagni più grandi. Ma potremmo forse affermare che il personale educativo (i prefetti come li chiamavamo) fossero proprio specializzati? Spesso erano studenti universitari che, per 15 mila lire al mese (siamo negli anni 50-60, più ovviamente vitto e alloggio), dovevano starci dietro, e facevano come potevano. Il nostro sogno è quello di avere personale esperto accanto ad ogni bambino non vedente, ipovedente, pluriminorato. Come il sogno di ogni viaggiatore è quello di avere l’aeroporto nella città in cui abita, il sogno di un ammalato è avere lo specialista nell’ospedale più vicino. Questo è comprensibile, e fra l’altro, rientra nel concetto di diritto alla salute, contenuto nella Convenzione Onu. Però dobbiamo fare i conti con la realtà. E la realtà ci dice che solo 2 bambini su 10 mila soffrono di una disabilità visiva, di vario grado e, eventualmente, associata ad altre minorazioni. Considerando il fatto che, per un buon servizio, occorrerebbero diverse figure, quali: insegnante esperto nelle singole discipline (materie letterarie, scientifiche, lingue straniere, informatica, autonomia e mobilità, manualità, educazione musicale), ci rendiamo conto che un solo insegnante di sostegno non basterebbe.

E ancora: se questo insegnante di sostegno è circondato da una comunità che non riesce a valorizzare lo studente con disabilità visiva e-o con pluriminorazione, oppure se si instaura un meccanismo di delega in bianco all’insegnante di sostegno, questi, per quanto esperto, sarà una voce nel deserto. Molti dei nostri ragazzi e delle nostre ragazze rinunciano ad andare in bagno per l’intera mattinata, e questo perché non si sentono sicuri, preferiscono tenersela (per parlar chiaro) anziché chiedere a chi magari non saprebbe come aiutarli. Se lo studente non vedente non riesce a muoversi con sufficiente libertà, perché l’ambiente è rumoroso, o perché non ci sono percorsi praticabili (zaini dappertutto, gente scalmanata che sfreccia in tutte le direzioni, ecc.), la sfera delle autonomie va in cavalleria! Cosa fare allora? Gettare la spugna? Nemmeno per idea! Ricordiamoci che solo 2 bambini su 10 mila soffrono di una disabilità visiva, e di questi il 30% sono non vedenti totali, 40% ipovedenti e il resto con minorazione aggiuntiva. Ancora una volta il sano realismo dei nostri padri fondatori ci può aiutare. In primis: ci sono decine di casi ben riusciti, si tratta di ragazzi ora laureati, che svolgono un lavoro non tradizionale, che sono soddisfatti ed apprezzati. S. Agostino diceva: «si isti et ista, cur non ego?»: se ce l’ha fatta tizio e caio, perché non ce la posso fare anche io? Cosa scopriamo: che il titolo di specializzazione dell’insegnante conta solo in pochissimi casi, mentre è indispensabile che l’insegnante sia un maestro di vita, che sappia mettersi in gioco, imparare quello che serve e soprattutto essere un educatore di quel bambino e di quella classe; scopriamo che la famiglia che crede in quel bambino, che gli dà regole e se servono rimproveri, che pretende e gratifica, è determinante.

E allora, ed ecco il solito uovo di Colombo: perché non educare i contesti significativi? E quali sono? La famiglia, la comunità scolastica, partendo dal dirigente e includendo gli addetti alla segreteria ed i custodi, che possono fare la differenza, anche nello sviluppo delle autonomie, se solo usano il buon senso. La comunità del territorio (parrocchie, esercizi commerciali, operatori sportivi, culturali, ecc.).

A Firenze, dove vivono molti ciechi da diversi anni, molti commercianti sanno esattamente come essere d’aiuto al cliente cieco, e questo non solo a Firenze, ma là dove l’Unione è presente con le persone, che sanno come porgersi e come insegnare ad offrire l’aiuto giusto, potenziare l’intervento precoce e l’aiuto alle famiglie, rendendole «competenti», ossia aiutando i genitori ad essere bravi genitori, diffondere la cultura della accessibilità. Ad esempio incoraggiando i dirigenti ad includere nella loro offerta formativa, dico a caso la musica, la manualità, il gioco motorio di romagnoliana memoria.

Parliamo dei libri di testo? Potrebbero essere più rispettosi delle potenzialità e dei vincoli connessi con la cecità o con l’ipovisione? Ad esempio, potrebbero contenere anche richieste eseguibili da chi non vede, e non solo «affacciati alla finestra e scrivi in inglese cosa vedi?»; mettere il Braille sotto gli occhi di tutti, per renderlo un fatto «normale»: nei musei, nei luoghi di culto, menù in Braille dove possibile, mezzi di trasporto, come del resto già si fa.

Parliamo degli operatori del territorio? Quanto sanno gli assistenti sociali, i neuropsichiatri, sulle potenzialità ed i vincoli connessi con la disabilità visiva (totale o parziale)? Includere nei programmi didattici di tutti coloro che aspirano a svolgere professioni basate sulla relazione (insegnanti, infermieri, assistenti sociali, ecc.), un minimo di conoscenze tiflologiche, quel tanto che basti per sapere dove sono i problemi reali e dove sono le insidie? Quel tanto che basti per smettere con il mantra delle «barriere architettoniche» anche quando si parla di bambini che non vedono.

Vogliamo parlare di «leggibilità», per i mezzi di trasporto, gli ambienti urbani, gli uffici pubblici, le risorse in rete, per dare anche agli ipovedenti ciò di cui hanno bisogno? I corsi Irifor, proprio perché rivolti a chi è in servizio, sono la soluzione più realistica che si potesse adottare; andranno ripetuti ad ogni inizio d’anno; andrà costruita una documentazione a beneficio di chi voglia approfondire.

Come si fa in alcuni Paesi, occorre anche pensare ad insegnanti itineranti, che, nel momento giusto e per il tempo strettamente necessario, intervengano a scuola o in periodi di vacanza, in presenza o valorizzando le tecnologie a distanza, ad esempio per i primi insegnamenti del Braille, delle autonomie, o della notazione musicale, in supporto e per rassicurare i docenti. Sono tutti compiti che prima o poi dovrebbero rientrare fra i servizi offerti dal nostro sistema educativo, così come c’è il trasporto scolastico, o lo sportello di ascolto. Del resto la legge 67 del 2000, se la memoria non mi inganna, prevedeva proprio qualcosa del genere. Nicolodi non ha messo la pensione al primo posto del suo impegno e della sua militanza, ma ha messo l’istruzione. «Imparare i mestieri», come si diceva allora. Forse il Centenario potrà essere una buona occasione, quantomeno per indicare questi problemi ai decisori politici e per farne della buona comunicazione, presentandoci come cittadini che, oltre a chiedere, sanno anche dare e saprebbero costruire una società più «educata», più saggia, più competitiva, oltre che più a misura d’uomo.

Illusione, delusione e speranza, di Alfio Pulvirenti

Autore: Alfio Pulvirenti

28 settembre 2019. Questa data è stata attesa da oltre 50 ex allievi, convittori e semi-convittori, dell’Istituto per Ciechi “Tommaso Ardizzone Gioeni” di Catania, i quali si sono incontrati proprio in istituto!

La colazione di gruppo avveniva alle ore nove e subito dopo si svolgeva la riunione con i diversi portatori d’interesse per discutere sul futuro dell’Istituto.  

La vigilia dell’evento è stata caratterizzata dall’organizzazione della giornata, curata nei particolari, e dal clima gioioso respirabile dai messaggi vocali di tutti i membri del gruppo, in un’apposita chat!

Tutti i partecipanti, assenti dall’Istituto oramai da diverse decine di anni, serbavano il ricordo degli spazi, degli ambienti e dell’utilizzo degli stessi per  l’educazione e la formazione ricevuta. Molti, raggiunto l’istituto, hanno avuto difficoltà a riconoscere i propri compagni a causa del cambiamento dovuto al tempo trascorso e la maggior parte ha ricercato le aule, i dormitori, gli ambienti destinati ad attività di laboratorio ma hanno trovato le porte chiuse!

L’illusione, legata al ricordo, ha ceduto il passo alla delusione e allo sconforto. Constatare che il gesto di liberalità del Barone Tommaso Ardizzone, volto a sollevare le sorti dei ciechi, sia precipitato nell’abisso più profondo, dove la luce non ha la possibilità di penetrare, ha generato nei presenti, e non solo, la spinta ad avversare chiunque volesse destinare l’Istituto ad altro uso.

L’inno cantato in coro dai partecipanti, destinato alle orecchie di chi ha la facoltà di orientare il destino dell’Istituto, esprimeva l’intenzione di agire per riconquistare l’Istituto e restituirlo ai proprietari legittimi, i ciechi di oggi e di domani.

La delusione lasciava  il posto alla speranza! Il pranzo veniva preparato nella vecchia cucina e consumato nei locali destinati, a quel tempo, alla refezione. A questo proposito occorre sottolineare la lodevole organizzazione da parte del gruppo ex allievi che ha provveduto alla raccolta delle quote dei partecipanti mediante bonifico bancario e ha commissionato la gestione del vitto ad un’apposita ditta.

La giornata proseguiva con il caraoche. Gli ex allievi si sono messi a cantare, manifestando in questo modo la gioia di essersi ritrovati ed il piacere di poter interagire mediante la musica.

L’Unione dei Ciechi e degli Ipovedenti è stata largamente rappresentata. Erano presenti il Presidente Nazionale Mario Barbuto e diversi presidenti sezionali afferenti dalle diverse province siciliane.

Tutti i componenti del gruppo ex allievi è convinto che grazie all’Istituto molti ciechi hanno vissuto e vivono una vita dignitosa e  che questo beneficio deve estendersi ai giovani ciechi del presente e alle future generazioni.

Nel tardo pomeriggio, dopo una giornata così intensa, gli ex allievi si salutavano e ognuno prendeva la strada di ritorno alla propria località.

La differenza tra un sogno e un obiettivo è una data. La citazione di Walt Disney è nota a tutti, e racconta una grande verità. Gli ex allievi dell’Istituto Tommaso Ardizzone Gioeni sognano di vedere l’istituto in piena attività a beneficio dei ciechi e con questo primo raduno, avvenuto in una data precisa, hanno manifestato il loro obiettivo. 

Irifor – Soggiorno “Primo Sole” al Centro Olympic Beach Hotel a Tirrenia, di Nunziante Esposito

Autore: Nunziante Esposito

Di soggiorni in giro per l’Italia, organizzati dalle Sezioni Territoriali, se ne fanno ormai tanti, talvolta anche in strutture non proprio adatte per i problemi che può avere un cieco assoluto o un ipovedente in una struttura alberghiera al mare. Però, dobbiamo anche dire che tante sono le strutture che, stimolate da disabili visivi, man mano si stanno adeguando, rendendo accessibile anche a noi questi luoghi per la balneazione, riducendo non poco il disagio che si può avere in posti dove non è stata mai pensata l’accessibilità.

L’Unione se ne occupa da anni ed ha sempre gestito una struttura alberghiera al mare, Le Torri di Tirrenia, che, oltre a servire per convegni e corsi di apprendimento per varie discipline, d’estate è sempre servita alla balneazione dei disabili visivi, mettendo a disposizione una struttura che dichiarare accessibile sarebbe come sminuirla del suo carattere di “ambiente” creato appositamente per eliminare tutte le barriere per i disabili visivi.

Da qualche anno, questa struttura completamente accessibile è stata ceduta dall’Unione, prima in gestione e poi con delle clausole particolari di acquisto, a dei professionisti alberghieri, ma rimane e continua ad avere un carattere di massima accessibilità, con il risultato che i soggiornanti ne hanno guadagnato in qualità in vitto, alloggio e professionalità del personale che ci lavora.

In passato, sono stati programmati soggiorni per gli anziani dall’Unione che, per anni, sono stati programmati e coordinati dal Dott. Cesare Barca, una persona che ha sempre messo al centro dell’attenzione tutti gli anziani disabili visivi soggiornanti, nelle varie attività ludico ricreative che sono sempre state svolte a questi soggiorni.

Ancora adesso, l’Unione mantiene viva l’attenzione a questi momenti per gli anziani disabili visivi, non solo contribuendo ad organizzare questi soggiorni come “Primo Sole” e come “Sole di Settembre”, ma incaricandone della gestione da circa 6 anni l’IRIFOR che, contribuendo anche economicamente alla realizzazione del progetto, rende ancora più importanti queste attività per la categoria.

Sembra ieri, ma sono tanti invece gli anni passati da quando Cesare Barca mi chiese di dare una mano agli anziani ciechi frequentanti questo tipo di soggiorno e, come dice sempre lui, “Per far perdere loro la paura di usare le nuove tecnologie ed affrontare con più serenità il computer”.

Dall’esperienza fatta a tutti i soggiorni cui ho partecipato, programmando e realizzando per i soggiornanti anziani un poco di autonomia personale con le nuove tecnologie, mi sento molto fortunato ad aver avuto questa enorme esperienza di vita, non solo per aver dato veramente una mano a tante persone a vivere meglio la loro disabilità usando le nuove tecnologie, ma anche e soprattutto per la crescita professionale che ho avuto negli anni, con tutti gli insegnamenti di vita che ho acquisito da tante persone diverse per cultura ed estrazione sociale.

Quest’anno, mentre mi preparavo ad affrontare con la solita professionalità l’ennesimo soggiorno “Primo Sole”, ho avuto una telefonata dal vicepresidente IRIFOR, Massimo Vita, che, da un certo punto di vista, mi ha inorgoglito non poco, ma subito dopo mi ha messo in forte preoccupazione. Mi è stato chiesto di assumermi anche l’onere del coordinamento del soggiorno, nel mentre ero già incaricato di occuparmi come sempre dell’informatica assieme alla signora Maria Stabile.

A dire il vero, pur se preoccupato della enorme responsabilità che comportava l’incarico che mi veniva affidato, ho accettato con orgoglio, sicuro che avrei potuto affrontare anche questo lavoro che non ho mai fatto in prima persona.

A farmi decidere di affrontare anche questo incarico importante per gli anziani, assieme a quello che ho sempre fatto al soggiorno, è stata anche la consapevolezza che, con l’esperienza fatta assieme a cesare e ai due ultimi coordinatori, non ero chiamato a fare un lavoro nuovo, ma dovevo solo continuare l’organizzazione di attività ormai collaudate. In pratica, avrei dovuto solo fare attenzione a non commettere l’errore di sottovalutare l’importanza che hanno le esigenze di tutti gli anziani presenti.

Il tutto sembrava semplice, ma non lo è stato, anche perché le attività che ero abituato a fare ogni anno, mi sono imposto di farle lo stesso, perché sentivo di non dover far mancare quel sostegno che ho sempre fornito a chi ha un po’ di anni in più a me, ma che confida in questo aiuto che gli viene fornito istituzionalmente dalla nostra associazione.

Ho potuto fare come al solito la docenza informatica, lavoro che mi ha tenuto impegnato tutti i pomeriggi, grazie alla collaborazione di alcune persone, oltre a quella del Direttore della struttura e dei due animatori.

Tra queste persone che mi hanno aiutato a coordinare il soggiorno, annovero in primis mia moglie Rita e la sig.ra Maria Stabile che, tra l’altro, mi fa da tutor per le nuove tecnologie, anche se devo dire che nessuno si è risparmiato a dare consigli per il buon andamento di tutte le attività. Inoltre, la collaborazione continua con i due animatori che ha fornito la struttura alberghiera, mi ha permesso di essere sempre a conoscenza di tutte le attività in essere, per poter decidere al momento quando si presentavano esigenze particolari.

Anche se questo soggiorno si chiama “Primo Sole”, ironicamente parlando, non sono riuscito ad ordinare da subito il sole così come diceva scherzosamente Cesare, tanto è vero che i primi 5 giorni sono stati di pioggia, quindi, abbiamo avuto subito l’emergenza di dover organizzare le attività in albergo.

Però, non abbiamo avuto gli stessi problemi come avveniva negli anni scorsi, perché la struttura ha messo a disposizione i nuovi locali che sono stati attrezzati nell’area Piscina che è stata ristrutturata ed è ancora in fase di completamento.

in questi giorni e al coperto è stato possibile impegnare gli ospiti con giochi di società, con corsi di ballo, con le nuove tecnologie, con lo shodown e con una postazione di bowling organizzato dagli animatori con attrezzature disponibili in sede. Ci sono stati anche gruppi spontanei impegnati al gioco delle carte, per lo più scopone scientifico, come avviene sempre in questi casi.

Tutte le sere e durante tutto il soggiorno, sono state organizzate dagli animatori, concordandole con me, serate ludico ricreative che hanno visto partecipare ogni sera sempre quasi tutti gli ospiti.

Gli animatori hanno organizzato due volte la corrida, mentre nelle altre serate sono state organizzate, come avviene sempre, serate di quiz, di ballo e di karaoke.

Come ogni anno, nei due mercoledì abbiamo potuto gustare ed apprezzare gli spaghetti aglio olio e peperoncino a mezzanotte, preparati in modo impeccabile dalla cuoca.

Questa volta, come non avveniva da alcuni anni, abbiamo avuto una grossa partecipazione a tutte le attività, ma non è stato certamente merito mio. Infatti, a parte il torneo di Shodown organizzato dalla sig.ra Maria Stabile, al quale hanno partecipato la solita dozzina di persone, abbiamo avuto 8 coppie di scopone scientifico che il sig. Renato conti ha organizzato in un torneo, e diverse persone ai giochi sperimentali di Bowling e Bocce per disabili visivi organizzati dai due animatori. Anche la partecipazione alle attività di spiaggia è stata significativa, soprattutto per la ginnastica mattutina, le passeggiate e i giri in pedalò organizzati in modo ordinato e sistematico dai due animatori.

Alla gita, organizzata per visitare la città di Pisa con un battello per visitare la città dal fiume Arno con una guida a bordo, abbiamo avuto la partecipazione di 49 persone e tra queste, anche una persona in carrozzina. È stata una bella gita con la soddisfazione di tutti.

Ultima, ma non per importanza è stata l’attività sulle nuove tecnologie che mi ha visto impegnato assieme alla sig.ra Maria Stabile ad affrontare l’uso del PC con Windows 10 ed un approccio anche al computer Mac, mentre per l’uso degli smartphone, ci sono stati pochi interventi per l’approccio all’uso di iPhone e soprattutto per degli approfondimenti. Infatti, in genere, gli interventi che ci impegnano di più sono quelli per far apprendere a chi ne ha bisogno l’utilizzo delle app che desiderano usare.

È stato possibile anche far constatare a chi ne aveva la necessità, con delle dimostrazioni pratiche, anche l’uso dei device Android. Infine è stato anche possibile far conoscere a due persone l’uso di Speaky Facile.

Essendo presenti al soggiorno due persone che hanno bisogno di controllare la glicemia e che utilizzano un sensore bluetooth che si applica al braccio, e che leggono, con un dispositivo elettronico e con lo smartphone, i valori di glicemia e gli altri dati che servono a capire se devono assumere insulina, ne ho subito approfittato ed ho organizzato una dimostrazione pratica per chi ne aveva bisogno, fornendo al volo una interessante informazione per questo tipo di dispositivo.

Durante i pomeriggi delle due settimane del soggiorno, un gruppo di sei o sette signore anziane hanno organizzato, con il supporto della signora Mariangela, moglie del sig. Camillo Franchini che abita a poca distanza dall’Olimpic Beach Hotel, la lettura dei libri che le soggiornanti stesse avevano portato in vacanza. Inoltre, come si fa già da alcuni anni, queste stesse signore hanno organizzato un’attività di allenamento della memoria da autodidatte, sostenute da due di loro che frequentano abitualmente questo tipo di attività all’Istituto dei Ciechi a Milano.

Valutando questa esperienza a mente fredda e a distanza di quindici giorni, posso ritenermi soddisfatto di quello che siamo riusciti a realizzare a questo soggiorno che mi vede coordinatore per la prima volta. Come si dice in questi casi, tutto è perfettibile ed è anche frutto di quello che personalmente si riesce ad organizzare con i tempi che si hanno a disposizione. Ovviamente, avendo avuto delle direttive precise dal CDA IRIFOR, sono soddisfatto per aver rispettato tutto quanto era stato programmato a progetto.

Ritornati alla propria residenza e agli impegni di tutti i giorni e oltre a quelli associativi, dovendo coordinare anche il soggiorno “Sole di Settembre”, ho già iniziato a pensare che nel prossimo soggiorno sarà utile organizzare meglio le attività fatte e consolidate da anni, ma organizzare anche le attività nuove che abbiamo già provato e qualche attività che più soggiornanti hanno chiesto di avere a disposizione.

Sarebbe bello poter fare un corso di ballo, un torneo di Bowling e di bocce, organizzare una attività per aiutare a deambulare da soli quelle persone nuove che non conoscono la struttura ed il percorso per andare al mare, eccetera.

Visto che la fantasia non manca come non mancano le richieste dirette degli ospiti che hanno partecipato a questo soggiorno, sicuramente non deluderemo le aspettative di quanti si aspettano di vivere un soggiorno ricco di attività e soprattutto di spensieratezza, consapevoli di vivere due settimane al mare con divertimento assicurato, così come trascorse a questo soggiorno.

Desidero mettere in evidenza l’importanza che rivestono le decisioni del CDA IRIFOR in merito a queste importanti attività per gli anziani e al contempo desidero ringraziare per avermi concesso di vivere questa notevole esperienza che ha arricchito tanto il mio bagaglio professionale e culturale che cercherò di mettere sempre a disposizione di tutti quelli che vivono la cecità come me.

Nunziante Esposito, nunziante.esposito@uiciechi.it

Quando l’intelligenza aiuta la natura, di Mena Mascia

Troppe volte abbiamo dovuto constatare a nostre spese che nel Molise la sanità lascia a desiderare sia per le lungaggini delle liste d’attesa che ci costringono a pagarci le visite, se ne abbiamo urgente bisogno, sia per gli accertamenti che ci necessitano, sia per il costo delle medicine.

Una volta tanto, a me non è andata così. Convinta come sono che il buono purtroppo non fa notizia, voglio raccontare un episodio che invece contraddice quanto precedentemente ho scritto.

Avevo bisogno di un esame clinico vestibolare perché affetta da vertigini di origine parossistica che, oltre all’orientamento, m’impedivano l’equilibrio, ma, essendo io una persona che non vede, non avrei potuto farlo, dato che l’indagine doveva basarsi necessariamente sull’orientamento dello sguardo, difficoltà che ignoravo e della quale venivo a conoscenza solo in presenza dell’audiometrista deputata ad eseguire l’accertamento prescrittomi dal medico di base.

Con qualche imbarazzo, l’operatrice mi faceva gentilmente notare la problematicità della cosa, poi, improvvisamente illuminata, mi diceva: “Devo provare a tener conto di ciò che lei sente mentre le prodigo la manovra liberatoria”. Detto fatto: una volta individuato il lato dove gli otoliti si erano spostati, per rimetterli al loro posto, non c’è stato bisogno d’altro. Oltre ad avermi spiegata l’eziologia del fenomeno, lo spostamento degli otoliti, per l’appunto, ha ritenuto opportuno rivedermi qualche giorno dopo per assicurarsi che la manovra fosse andata a buon fine.

Una piccola cosa, questa, mi si potrebbe obbiettare, ma non è così, se si pensa all’utilità di liberarmi la testa con il semplice  manipolarla, grazie ad un’adeguata manovra che mi ha tolto quell’orribile sensazione di precipitare, ridandomi la perduta autonomia di movimento che da qualche settimana mi mancava.

Grazie all’intelligenza ed alla professionalità della dr.ssa Angela Ciarmela, tecnica audiometrista in servizio presso il reparto di otorino laringoiatrica del Cardarelli di Campobasso, che evidentemente crede nel lavoro che fa, in considerazione della mia età non più giovane, mi è stata data anche la possibilità di poter fare a breve un esame dell’udito, senza recarmi dal mio medico curante per l’impegnativa, facendo risparmiare a me ed a chi mi accompagna del tempo prezioso.

Francamente siamo poco abituati ad una simile collaborazione fra operatori sanitari e pazienti, altrimenti forse non avrei nemmeno avvertito la necessità di rendere nota questa mia avventura terminata positivamente.

Tenendo presenti le parole della solerte operatrice cui non sembrava di aver fatto nulla di più che il proprio dovere, mi viene da augurarmi che da più parti possa venire adottata la filosofia che consente all’intelligenza di operatori come la sig.ra Ciarmela di cercare di risolvere i problemi insiti nel proprio lavoro, rendendo meno difficile la vita di chi già soffre di suo, senza bisogno che gli sia ulteriormente complicata da dinieghi assurdi, rimovibili da un minimo di senso pratico, quel senso pratico capace di aiutare la natura ad essere un tantino più accettabile.

Da operative ad inerti, di Mena Mascia

Autore: Mena Mascia

Ci piaccia on no, l’età che avanza c’impone dei cambiamenti dovuti al prolungarsi della vita che nella maggior parte dei casi non ne favorisce un’accettabile qualità.

Fino a non molto tempo fa, infatti, m’illudevo di potere usare le mie mani che creavano per trasformare gomitoli di lana o cotone in fiori e foglie all’infinito, come più mi piaceva, anche per potere interagire con gli altri. A poco a poco, invece, dovevo constatare che le nodosità delle dita dovute ad un’artrosi progressiva, non avrebbero più obbedito al dettato di una fantasia che l’avanzare dell’età non era riuscita a fiaccare. In effetti, ad un certo punto, Mi son dovuta accorgere che il rigonfiamento delle ossa me ne avrebbero impedito i movimenti più semplici, obbligandomi ad un’inerzia cui non ero abituata, a dispetto degli sforzi che avrei potuto fare per contrastare la sofferenza provocatami dalla rigidità delle dita che ’non si sarebbero più piegate per reggere i ferri.

Non vi nascondo che rendermene conto non è stato indolore, avvezza com’ero ad ascoltare libri col mio lavorino fra le mani, inventando di sana pianta motivi da provare, o decifrando disegni che dal materiale informe diventavano la realizzazione di schemi complicati riportati dai giornali e trascritti in una vita utile ed operosa. Mi piaceva paragonare il mio continuo sferruzzare ad una droga che mi aiutava ad integrarmi attraverso il mio lavoro, nei più diversi contesti in cui mi trovavo, indipendentemente se in ufficio o dal parrucchiere, dove non era raro che qualcuno mi chiedesse di insegnare il motivo che stavo eseguendo. Aiutate dalla pazienza certosina di chi crede nella passione di un’arte affinatasi nel tempo,  con la tecnica del lavoro artistico a calza, le mie mani hanno creato indumenti vari: eleganti copri spalle, favolosi scialli, tappeti per salvaguardare tavoli di pregio, preziosi copriletti, copertine per culle o carrozzelle, vere e proprie copertine di linus che hanno accompagnato nella crescita moltissimi bambini, maglioncini per coprirsi d’inverno e bomboniere. Ma ora che la loro condanna all’inerzia forzata mi vorrebbe vedere passiva e senza scopo, con la determinazione e la testardaggine di sempre,io ho deciso di non demordere.

Mio malgrado, col senso pratico che mi ritrovo, ho dovuto incominciare a pensare seriamente a come far trascorrere nel più proficuo dei modi possibili, il tanto tempo libero che ho da gestire, fino a che il cervello mi aiuta a crearmi nuovi interessi da coltivare. Perché, mi son detta, non prendere a cercare e riordinare cose scritte nel tempo, guidata da un evento, o sollecitata dall’emozione di un momento particolare? E così, coadiuvata da chi meglio di me sapeva farlo, la rete mi ha aiutata a ritrovare sensazioni dimenticate, a far riemergere ricordi rimossi, ad impedirmi di isolarmi, e mi ha fatto venire la voglia di comunicare, ricominciando a scrivere. Da principio tutto quello spazio bianco del computer mi ha spaventata, poi piano piano qualche idea da riportare in parole mi ha soccorsa, ed il deludente canto del cigno non c’è stato.

In attesa che nuove belle cose da provare, non solo a me, ma a chiunque non sia più in grado di continuare a realizzare ciò che faceva, vengano a riempire giornate non più caratterizzate dalla pigrizia che le renderebbero inutili o maggiormente difficili da trascorrere, perciò, a chi lo ha già fatto, ma anche a chi non si è mai cimentato nella scrittura, mi permetto di suggerire di provarci. Chi sa che un simile espediente non sia utile anche a costoro per invecchiare meglio.

Irifor – Percorso di formazione base di tiflodidattica, di Massimo Vita e Carmelo Gurrieri

Autore: Massimo Vita e Carmelo Gurrieri

Siamo lieti di poter comunicare anche ai lettori della stampa associativa il lancio di un corso di tiflologia che si rivolge ai docenti in servizio, agli assistenti scolastici e post scolastici.

Sono 140 ore di formazione suddivise in 4 corsi da 35 ore. Il corso sarà svolto in FAD e vedrà la partecipazione dei massimi esperti della materia. Saranno quindi create delle vere e proprie aule virtuali, nelle quali sarà possibile interagire con i docenti. Il corso si concluderà con una prova in presenza per verificare le competenze acquisite. I 4 corsi, frequentabili anche separatamente, saranno così strutturati:

1. Inclusione scolastica dei non vedenti e degli ipovedenti;

2. Braille: prerequisiti e didattica;

3. Sussidi tiflodidattici e discipline scolastiche;

4. Tifloinformatica.

La proposta nasce dall’esigenza, largamente avvertita, di dotare il personale docente ed il personale educativo delle conoscenze, teoriche e strumentali, minime indispensabili per sostenere efficacemente i bambini, gli alunni e gli studenti con disabilità visiva nei percorsi di apprendimento e di formazione.

Ringraziamo tutti coloro che hanno collaborato alla costruzione di questa proposta e in particolare i coordinatori della Commissione Nazionale “Istruzione e Formazione” dell’Uici, il Presidente Nazionale, tutti i docenti.

Confidiamo nella collaborazione di tutti affinchè questo corso venga diffuso sul territorio anche perché i docenti in servizio potranno acquistarlo con la carta del docente tramite la piattaforma SOFIA del MIUR.

Massimo Vita e Carmelo Gurrieri

Vice Presidente e Direttore scientifico Irifor 

Irifor – La tiflologia come guida per il cammino scolastico di ciechi e ipovedenti, di Massimo Vita

Autore: Massimo Vita

L’Istituto crede profondamente nella necessità di favorire la cultura tiflologica per migliorare l’integrazione scolastica e sociale dei nostri ragazzi e per questo ha dato vita a due iniziative:

Una convenzione con Erickson Italia e un libro su Mario Mazzeo. Della prima parlerò in un apposito articolo.

Il libro curato da Marco Mazzeo e Ersilia Bosco, rispettivamente figlio e moglie di Mario, si compone dei suoi scritti principali. Il volume uscirà entro fine settembre e sarà ufficialmenmte presentato al cconvegno Erickson di novembre a Rimini. Il volume sarà disponibile in cartaceo, CD audio,  ibook, a caratteri ingranditi e in braille.

Per ricordare chi era questo amico, riporto qui di seguito il ricordo che di lui scrisse un altro grande amico dell’integrazione scolastica e dirigente associativo: Enzo Tioli. Chiudo con un ricordo che di Mario fece una famiglia da lui seguita. Per sapere quando uscirà il volume tenete sotto controllo il nostro sito e i nostri social oltre che la stampa associativa.

Spero che tutti sapremo diffondere questo libro affinchè cresca la cultura dell’integrazione scolastica.

RICORDO DI MARIO MAZZEO

Con la drammatica scomparsa di Mario Mazzeo, la tiflologia italiana perde, senza ombra di dubbio, uno dei suoi massimi cultori: l’uomo che, negli ultimi quindici anni, con maggior impegno, assiduità ed efficacia, si è prodigato per diffonderla, per spiegarla, per darle una connotazione di grande calore umano. Con l’improvvisa scomparsa di Mario Mazzeo, “Tiflologia per l’integrazione”, perde uno dei suoi più validi e preziosi collaboratori.

Con la scomparsa di Mario Mazzeo noi tutti perdiamo un amico carissimo, sempre disponibile ad ascoltare, a comprendere, ad aiutare…

Mario aveva soltanto 54 anni e stava attraversando quella fase dell’esistenza nella quale i grandi intellettuali riescono a dare il meglio di sé. Ne dà sicura testimonianza l’eccezionale mole di lavoro che egli riusciva a svolgere, benché da qualche anno fosse afflitto da un male che gli imponeva inaudite sofferenze, sopportate con stoica serenità.

Dopo la cessazione dei corsi di specializzazione, presso l’Istituto “A. Romagnoli”, dove egli era stato apprezzato docente, Mario, quasi presagisse di poter disporre di poco tempo ancora, aveva moltiplicato i suoi impegni.

Svolgeva attività di libero professionista, a Roma, come psicologo.

Le sue collaborazioni con riviste specializzate sui problemi dell’handicap non si contano.

Da anni, provvedeva gratuitamente alla redazione di “Gennariello”, il glorioso mensile che, fin dal 1925, accompagna i bambini ciechi e che egli era riuscito a far amare anche dagli adulti.

Prestava opera di consulenza psicopedagogica a molte sezioni provinciali dell’Unione Italiana dei Ciechi, assumendo direttamente la cura di casi particolarmente gravi e complessi.

Il contributo che Mario ha dato, fino all’ultimo, ai gruppi speciali di lavoro ed alle commissioni dell’Unione è risultato sempre determinante.

Parlatore affascinante, Mario era richiestissimo, come docente nei corsi di specializzazione e di alta qualificazione per gli insegnanti, come relatore nei convegni, come conferenziere. La chiarezza dei concetti, fondata su di una preparazione vasta e profonda, la vivacità dell’esposizione, il caldo senso di umana simpatia che egli sapeva suscitare, trasformavano sistematicamente gli incontri con lui in occasioni per l’approfondimento ed il chiarimento anche dei problemi più delicati. Inevitabilmente, al termine di ogni incontro, Mario riusciva a conquistarsi una nuova nutrita schiera di ammiratori.

Dedicò un’attenzione particolarissima ai problemi formativi ed esistenziali degli ipovedenti, per i quali suggeriva possibili soluzioni, sulla base dei propri vissuti personali, rivisitati alla luce di una sicura dottrina.

I problemi della cecità sono sempre stati affrontati da lui con chiarezza di vedute e con grande sensibilità. Egli non ha mai tentato di nasconderne la gravità delle conseguenze e dei condizionamenti, la cui incidenza risulta più drammatica in determinate fasi dell’esistenza, come l’infanzia, l’adolescenza e la vecchiaia. Comunque, sapeva anche indicare prospettive rasserenanti.

Riusciva sempre a far emergere la dimensione umana dei problemi, dando ai suoi interlocutori (fossero essi giovani ciechi o genitori di bambini ciechi) la certezza di poter trovare in se stessi le risorse per superare anche le più difficili situazioni.

La fiducia incrollabile nella forza dello spirito e la ferma convinzione di non potersi sottrarre al dovere di tener fede agli impegni hanno condotto Mario Mazzeo a profondere tutte le sue energie, fino all’ultimo momento.

Mario ci ha lasciato la mattina di giovedì 1° marzo, tornando in aereo da Trieste, dove aveva partecipato ad un incontro di studio.

Eccezionale è stata la sua vita; degna di un apostolo è stata la sua fine.

(Enzo Tioli)

I GENITORI RICORDANO MARIO MAZZEO

Ci siamo sempre dati del “lei”, ma ora che le distanze non hanno più alcun peso, diamoci del “tu”, caro Mario.

Hai percorso negli ultimi anni un cammino davvero impervio: ho cercato di farti sentire la nostra stima e la nostra partecipazione alla tua grande sofferenza. Lottare contro un male che ti divora giorno dopo giorno e vivere comunque intensamente la propria professione fino alla fine, è qualcosa che solo poche persone sono in grado di fare. Tu lo hai fatto, Mario! Lo hai fatto e per renderti utile agli altri e per essere utile a te stesso, per non ripiegarti in uno sterile compatimento o in una angosciante attesa dell’evolversi della vicenda.

Non so se tu fossi “credente”; certo è che non ti dispiaceva che io pregassi per te. “Proviamole tutte, professore! Perché no?” – mi dicesti una volta in proposito tra il serio ed il faceto. Rimasi un po’ perplesso, ma poi capii che era un modo per sdrammatizzare un po’ la cosa.

Oggi prego il Signore che ti doni la gioia promessa ai giusti. Perché giusto tu sei stato, per quanto mi risulta dal conoscerti in tante occasioni. Giusto mi sei apparso nei tuoi discorsi e nel tuo modo di vivere. Mai presuntuoso, né ricco, né distaccato, sempre e invece preoccupato di indicarci il corretto percorso per far compiere a Cristina ulteriori passi avanti e per dare a noi maggiore serenità.

Grazie Mario! Grazie di tutto! Possa ciò che hai fatto con gratuita disponibilità per noi, in quindici anni di preziosi incontri da te a Roma o da noi a Foggia, meritarti il gratuito amoroso abbraccio del Padre che è nei Cieli. Non ch’io abbia validi elementi per ritenerlo, ma quand’anche la tua speranza in una dimensione ultraterrena fosse buia come i tuoi occhi di cieco, sono certo che il Padre ti ha aperto gli occhi e ti ha abbracciato contento di te e del tuo impegno per i tuoi fratelli.

Hai voluto essere subito “polvere”, senza attendere la lenta inesorabile dissoluzione, perché sei sempre stato persona dalla scelta decisa e totale. Per noi sei non “polvere”, ma presenza viva. Posso assicurarti che il nostro ricordo di te è più che mai vivo: è Cristina a richiamarti spesso alla nostra memoria; Cristina con i suoi problemi, con i suoi comportamenti di difficile interpretazione, per i quali non possiamo più contare sul tuo aiuto. Ma, ricordando e rileggendo le tue osservazioni, i tuoi consigli, rivedendo con gli occhi della mente il tuo sorriso benevolo e rassicurante, ci pare di trovare il bandolo della nuova matassa e di svolgerne il filo un po’ per volta.

Mario, dacci ancora una mano! Facci un gran favore! Cosa? Beh, chiedi al Signore di guidarci sempre nel nostro cammino e con la tua preghiera, gradita al Signore, otterrai per noi più di quanto possiamo sperare!

Un affettuoso abbraccio, caro Mario!

Vito, Maria e Cristina Pacillo