Un’esperienza tutta da condividere, di Alessandro Bordini

Autore: Alessandro Bordini

Mi chiamo Alessandro, sono un ragazzo veronese di 27 anni.
Nel marzo del 2009, in seguito ad un grave incidente di paracadutismo, ho
perso la vista.

Dopo i 5 mesi di ricovero ospedaliero sono tornato a casa ed ho iniziato a
provare a riprendere in mano la mia vita; ho dovuto imparare di nuovo a
camminare, a mangiare da solo, a gestire la mia quotidianità, in una
condizione che fino ad allora mi era stata assolutamente sconosciuta.
Mi è servito circa un anno per rimettermi in sesto, sia fisicamente che
mentalmente, accettare la realtà è stato il passo fondamentale per la mia
rinascita.
Quindi ho iniziato ad uscire con gli amici, a fare sport, ad usare telefono
e computer, ho pian piano cercato di reinserire nella mia vita tutto ciò di
cui avevo bisogno.

Successivamente un prepotente desiderio di autonomia ed indipendenza mi ha
portato a spostarmi da solo, dapprima nel mio piccolo paese, Nogara, in
seguito per la città di Verona e quindi per l’Italia.
Quando poi un giorno, per un caso fortuito, sono stato costretto a muovermi
lontano da casa senza l’assistenza disabili o qualche conoscente, ho
realizzato che era possibile andare in giro per le città semplicemente con
il mio bastone e confidando nell’aiuto della gente che incontravo.
Ammetto che anche il mio iPhone mi tornava spesso d’aiuto!
Questa presa di coscienza rappresenta le fondamenta di ciò che sto facendo
ora: sto compiendo il giro del mondo.
Tutte le volte che la gente, incredula, mi domanda:
” Da solo? ”
io rispondo:
” Non sono da solo, sono assieme ad altri 7 miliardi di persone! ”
Sto facendo questo per testimoniare quanto la gente, in ogni parte del
mondo, sia in grado di aiutare un proprio simile, per dimostrare quanto
l’umanità sia in grado di riconoscersi nonostante le differenze: se un cieco
può fare questo significa che non siamo poi così malvagi!
Ora sono a Zanzibar, passando dalla Tanzania ho pensato che, dopo 3 mesi di
viaggio a ritmi sostenuti, potevo prendermi una breve vacanza nella vicina
isola.
Continuerò il mio percorso risalendo verso nord, ho già disceso la costa
atlantica dell’Africa ed ora sto completando quella indiana.
Nonostante abbia già ipotizzato un itinerario ideale deciderò il paese
successivo di volta in volta, in considerazione ad una serie di variabili,
quali i consigli di viaggio ricevuti dalla gente del posto, le condizioni
politico-sociali di un determinato paese in un determinato momento e in base
alle mie sensazioni. Aggiungerei anche i fattori X, Y e Z, in viaggio non si
può mai sapere!
Questo è il 20esimo paese visitato dopo circa 100 giorni dalla mia partenza,
avvenuta il 2 aprile da Nogara, dopo il quale ho raggiunto Francia, Spagna e
quindi Africa.
Il paese che mi ha colpito di più potrebbe essere il Marocco, forse per la
cucina, o per l’inaspettata ospitalità, anche se molti altri posti mi sono
rimasti nel cuore.
Devo confessare di aver provato una forte attrazione per la Nigeria,
nonostante molti me l’avessero sconsigliata perché pericolosa, sento che
avrei potuto vivere importanti esperienze in quella terra… purtroppo
difficoltà burocratiche e non solo me ne hanno impedito l’accesso.
Penso che in definitiva l’Africa sia un continente affascinante, con
un’infinità di diverse lingue e culture, tutte unite da un solo verbo: Mama
Africa, ovvero tutti fratelli figli di una stessa madre.
Ovviamente non è sempre stato tutto rose e fiori, in parte per le differenze
culturali, dovute spesso alla religione, differenti abitudini alimentari e
sociali.
Ho comunque sempre cercato il positivo di ogni situazione e posso garantire
che con spirito di adattamento e carta igienica ogni circostanza è
gestibile.
Parlo anche per le volte che mi sono trovato in difficoltà con la polizia o
le autorità dell’immigrazione, che sono spesso in cerca di denaro.
Lasciando mance le soluzioni a problemi comparsi dal nulla risultano più
semplici, ma non è questo che intendo trasmettere con il mio viaggio.
Racconterò che talvolta ho dovuto tenere la bocca chiusa mentre un
poliziotto pensava di potersene approfittare estorcendomi denaro, racconterò
che sono stato respinto da uno stato perché il visto regolarmente ottenuto
necessitava della mazzetta, denuncerò che la mia più grande difficoltà
incontrata finora riguarda i visti, ovvero ottenere il permesso formale per
attraversare un limite immaginario imposto dall’uomo.
Racconterò anche che quando non ho avuto la possibilità di acquistare un
pezzo di pane, in Congo, un vecchio lo ha fatto per me, quando sono stato
male, in Costa d’Avorio, una ragazza si è presa cura di me, quando non
sapevo dove passare la notte, in Sierra Leone, un signore mi ha ospitato
nella sua casa.
Questa è l’Africa!
Ogni volta che raggiungo un nuovo paese, se non lo ho fatto prima, cerco un
posto dove passare la notte, chiedendo alla gente, tramite internet o
sfruttando la rete di contatti che mi sto creando, quindi devo ogni volta
procurarmi una scheda SIM locale per poter utilizzare efficacemente il mio
iPhone, tramite il quale tra l’altro raccolgo testimonianze di viaggio che
carico sul mio blog.

Con questo viaggio mi sto rendendo conto che non esiste la terra dei buoni e
la terra dei cattivi, non esiste il posto dove tutto è giusto e dove invece
tutto è sbagliato.
Sto iniziando a toccare con mano le realtà che compongono ciascun paese, con
pregi e difetti, Gioie e dolori.
Non mi sto illudendo di poter capire tutte le varie tradizioni, gli usi e
costumi locali, sto realizzando che siamo tutti diversi ma che se siamo noi
i primi a muovere il primo passo con un sorriso e tendendo la mano spesso la
risposta può sorprendere per quanto risulti positiva!
Ovviamente essa può risultare distorta dal filtro della non conoscenza,
almeno questo è ciò che posso dire a proposito dell’Africa: la gente non è
abituata a vedere un cieco viaggiare da solo e spesso non sa come
comportarsi, talvolta mettendomi in difficoltà anziché aiutandomi.
Io cerco sempre di ricordare che comunque l’intento è nobile,
indipendentemente da come il gesto viene proposto, e merita un adeguata
risposta, anche perché quello strano, effettivamente, sono io!
Sotto questo punto di vista tutto il mondo è paese, cambia semplicemente il
grado di diffusione della conoscenza del mondo dei disabili.
Mi mancano ancora 3 continenti, le mie considerazioni deficitano quindi di
una visione d’insieme; per ora posso comunque affermare che in Italia,
nonostante tutti i problemi, ci si debba sentire fortunati.
La maniera migliore per valutare con obiettività una determinata situazione,
secondo me, non è partire da ciò che manca, bensì da ciò che si ha; in
questo modo, forse, essere grati per la propria condizione, può risultare
più semplice e la gratitudine e un buon posto da dove svegliarsi col
sorriso.
Quindi gente, sorridete il più possibile, il sorriso sul volto di una donna
è come il sole splendente in un cielo azzurro, cosa possa essere sul volto
di un uomo non mi ispira romanticismo, quindi non ci voglio pensare.
Dopo più di 10 mila chilometri di sorrisi vi posso comunque assicurare che
funziona!

 

Il punto sul lavoro dei disabili visivi, di Angelo De Gianni

Autore: Angelo De Gianni

Corpo del messaggio: Premetto che non spetta a me fare una disamina sull’attuale condizione lavorativa dei disabili visivi e sulle prospettive e sugli sbocchi professionali futuri: non ho competenze specifiche nel settore e non sono un dirigente associativo, sicché non ho avuto modo di seguire da vicino le vicende degli ultimi mesi. Tuttavia provo ad esaminare la problematica dalla prospettiva del semplice socio, che legge le circolari della Sede Centrale UICI e la stampa associativa, ascolta le trasmissioni web monotematiche e si tiene aggiornato sulle novità in campo occupazionale.
   E’ chiaro ormai a tutti che il lavoro di centralinista è agli sgoccioli: in futuro presumibilmente resteranno soltanto i centralini di quegli enti e di quelle imprese le cui attività, per la loro natura, richiedono un contatto umano, ma sicuramente la presenza degli operatori sarà ridimensionata anche in queste realtà.
Occorre, perciò, cercare nuovi sbocchi occupazionali, a tutti i livelli e in tutti i settori economici e produttivi, al fine di evitare di ricadere nella passività, nell’assistenzialismo e nella dipendenza dai normodotati che porterebbero inevitabilmente i disabili visivi allo scoramento, alla depressione e ad un nuovo isolamento sociale, provocando nel tempo anche un deterioramento delle capacità intellettive.
L’impegno, all’interno dell’Unione, per individuare nuove occupazioni adatte ai minorati visivi non è mancato: la dirigenza nazionale ha dato impulso a questa ricerca, organizzando incontri, dibattiti e, più di recente, anche concorsi di idee aperti al contributo di chiunque avesse voglia e capacità di trovare, tra le infinite attività umane, qualcosa di adatto a chi non vede o vede poco.
Le aspettative di chi si attendeva che nella testa di qualcuno si accendesse la proverbiale lampadina e spuntasse fuori il nuovo lavoro per tutti i minorati della vista sono state disattese. Così, con la circolare n. 92 del 2013 della Sede Centrale UICI, la Direzione Nazionale ha reso noto quello che già era emerso chiaramente dallo scarno dibattito sull’argomento: al momento non esiste, o non è stata individuata, una professione che possa essere svolta dalla gran parte dei disabili visivi, in grado di sostituire quella di centralinista. In altre parole, la circolare sembra aver chiuso un periodo, quello della ricerca attiva di nuovi sbocchi lavorativi.
Da qualche mese a questa parte si parla di sollecitare gli Ispettorati Provinciali del Lavoro e i Centri per l’Impiego a vigilare più efficacemente sul rispetto della normativa sul collocamento obbligatorio dei centralinisti non vedenti da parte delle Pubbliche Amministrazioni e dei datori di lavoro privati, si discute su come adattare la figura del massofisioterapista alle mutate esigenze del mercato lavorativo, si aprono tavoli tecnici per riconvertire e riqualificare i centralinisti rimasti senza posto operatore, ma non si sente più nulla riguardo le nuove professioni.
Eppure bisogna tener presente che la reazione alle pressioni dell’Unione, volte a far rispettare le norme sul collocamento obbligatorio, non si farà attendere, non perché i datori di lavoro siano dei sadici vendicativi, ma semplicemente perché ormai impera su tutto la necessità di risparmiare e, quindi, le pressioni degli enti preposti al controllo sul rispetto della l. n.113 del 1985 potrebbero paradossalmente indurre i soggetti obbligati ad accelerare i tempi di sostituzione ed ammodernamento degli impianti di telefonia aziendale.
Bisogna riconoscere che negli ultimi anni si è lavorato bene: sono state individuate importanti professioni quali il perito fonico trascrittore ed il mediatore civile e commerciale, ma la mia percezione è che, negli ultimi tempi, l’attenzione verso i nuovi lavori sia diminuita. E’ vero che in mezzo alla strada che porta all’integrazione lavorativa dei minorati visivi si è messa, di traverso, anche la sfortuna, incarnata da una sentenza della Corte Costituzionale, che ha ridimensionato il ricorso obbligatorio alla conciliazione nei giudizi civili, proprio nei giorni in cui si stava organizzando il primo corso per mediatore, ma non ci si può fermare, né si può rallentare.
I risultati degli incontri con i responsabili del Ministero del Lavoro, dell’INPS e dell’Agenzia delle Entrate sono stati soddisfacenti, tuttavia il dramma della disoccupazione per i disabili visivi è soltanto rinviato.
Spero di sbagliarmi, di essere l’unico a pensarla in questo modo, mi auguro che uno di questi giorni, quando nessuno se l’aspetta, un dirigente UICI annunci che sono state individuate nuove professioni, ma la circolare n. 92 ha tutte le caratteristiche di una “pietra tombale”, anche se provvisoria, depositata sulla ricerca di nuove attività lavorative.
Questo silenzio mi preoccupa, qualcuno mi smentisca, per favore!

Angelo De Gianni

Radio Giolli, la radio vincente, di Marco Battista

Autore: Marco Battista

Questo progetto è stato concepito è realizzato da una coppia di ragazzi non vedenti: Marco e Samanta, accomunati da una grande passione per la musica. I

l loro scopo principale è quello di divertirsi e di far divertire chi ascolta e vuole trascorrere qualche ora all’insegna del divertimento puro.

In questa radio si vuole dimostrare come la musica, con il suo linguaggio universale, riesce ad annullare ogni tipo di diversità e permette a tutti di poter vedere il mondo attraverso occhi più veri di quelli reali: gli occhi del cuore. Non resta che augurare a tutti buon ascolto in compagnia di Radio Giolli e delle sue dirette.

Vi ricordiamo, inoltre, che potete fare le vostre richieste musicali e dediche scrivendo ai contatti ufficiali radiogiolli@virgilio.it, su twitter ci potete cercare come @radiogiolli o come Radio Giolli web potete aggiungerci su facebook come radiogiolli web, visualizzerete due risultati: il profilo pubblico e la pagina ufficiale di radiogiolli: radiogiolliweb. Inoltre potete intervenire in diretta al contatto skype radiogiolli, per ascoltarci potete collegarvi su www.radiogiolli.listen2myradio.com
Vi aspettiamo numerosi e desiderosi di condividere con noi la buona musica.

Una rete per l’Unione, di Angelo De Gianni

Autore: Angelo De Gianni

Da diversi anni l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti deve fronteggiare il problema della diminuzione degli iscritti: sull’argomento sono stati pubblicati centinaia di articoli, sulla stampa associativa nazionale e locale, sono stati pronunciati tanti discorsi, sono state dette tante parole, ma, per dirla in gergo medico, non è stato trovato un coagulante efficace per interrompere questa emorragia, né si è riusciti a mettere a punto un valido sistema “trasfusionale”, per riportare in associazione i soci usciti e per acquisirne di nuovi.
Sulle ragioni economiche e sociali che ci stanno portando ad un lento, ma apparentemente inesorabile dissolvimento dei gruppi associativi si è detto molto, sicché diventa superfluo soffermarvisi.
E’, invece, importante focalizzare l’attenzione sulle necessità concrete e quotidiane dei disabili visivi: è vero che la maggior parte delle persone cieche o con problemi di vista segue con interesse le notizie riguardanti i progressi scientifici, clinici e farmacologici relativi alla cura ed alla prevenzione delle patologie oculari, i dibattiti e le proposte che avvengono in ambito associativo, sui vari aspetti della vita quotidiana e, più in generale, tutto ciò che viene pubblicato a livello internazionale sul tema della cecità e dell’ipovisione, ma è altrettanto vero che al primo posto ci sono i problemi pratici che si presentano in ogni istante della giornata e che vanno risolti immediatamente, perché non si può aspettare che venga brevettato uno strumento tecnologico innovativo o che se ne discuta in un convegno.
Per citare un esempio, il disabile visivo che utilizza un apparecchio elettro-medicale in relazione all’uso del quale è prevista la concessione del cosiddetto “bonus energia”, ha bisogno di sapere a quale ente deve rivolgersi per richiedere il beneficio, dove può reperire i relativi moduli e qual è l’iter burocratico che deve seguire. Non sempre queste informazioni sono facilmente reperibili e, se si tratta di un individuo che non è in grado di trovare ciò che gli serve su internet, la ricerca si complica terribilmente.
Questa persona, perciò, guarda all’Unione come all’organizzazione più vicina ai suoi bisogni, in quanto costituita e gestita da persone che hanno i suoi stessi problemi: si aspetta di ricevere un aiuto che gli renda più semplice l’esistenza, da parte di coloro che vivono quotidianamente le sue stesse difficoltà e, quando non trova una soluzione, anche parziale, ai propri bisogni, se ne allontana.
So che, con queste affermazioni, non sto scoprendo l’acqua calda: da anni, infatti, la dirigenza associativa insiste sul fatto che l’UICI sta diventando sempre più un’associazione di servizi, ma le mie riflessioni non sono una critica all’operato di coloro che hanno la responsabilità del sodalizio, bensì il presupposto da cui intendo prendere spunto per una proposta volta a recuperare i soci perduti e ad acquisirne di nuovi.
Il secondo presupposto è la presenza, all’interno del sodalizio, di iscritti in possesso di elevate professionalità specifiche: penso a tanti centralinisti che da decenni lavorano presso ospedali, enti locali, banche ed altre realtà pubbliche e private, i quali hanno acquisito nel tempo capacità e conoscenze, nei settori nei quali operano, superiori a quelle di tanti loro colleghi vedenti.
Il terzo presupposto è la presenza, in ambito associativo, di una rete di esperti in campo informatico, costituita da anni e perfettamente funzionante, in grado di assistere e di consigliare i disabili visivi che utilizzano il PC e le tecnologie assistive destinate ai non vedenti: questi esperti in campo informatico che si alternano al numero verde, infatti, da anni rispondono quotidianamente ed instancabilmente a decine di utenti, che, altrimenti, sarebbero abbandonati ad un mercato elettronico ed informatico senza regole, in  balia di finti professionisti vedenti del settore, improvvisatisi conoscitori di strumenti tifloinformatici per ottenere guadagni facili.
Considerato, quindi, che l’Unione può avvalersi di esperienze pregresse, che può contare su migliaia di persone qualificate in svariati campi e che l’individuo è da sempre portato ad aggregarsi ai propri simili principalmente per far fronte alle necessità pratiche, si può tentare di organizzare una rete di esperti, nel maggior numero di ambiti possibile, che mettano a disposizione degli altri soci, in primis i più anziani, le loro capacità e conoscenze.
Di questa rete, simile al servizio messo in piedi dal gruppo informatico, ma molto più estesa, dovrebbero far parte, su base volontaria, soci e volontari vedenti che siano in grado di mettere a disposizione la loro esperienza e le attitudini specifiche in campo economico, giuridico, amministrativo-burocratico o d’altro genere, in modo che ciascun socio dell’Unione, possa trovare agevolmente risposte alle proprie richieste e, per quanto possibile, soluzioni ai propri problemi.
Sono consapevole che si tratta di un impegno considerevole, giacché è molto più semplice coordinare un gruppo ristretto di persone, piuttosto che una moltitudine eterogenea di individui sparsi sul territorio nazionale; è anche difficile organizzare un sistema di collegamenti telefonici e/o telematici senza dover sostenere costi rilevanti. Tuttavia, se si riuscisse ad organizzare un sistema informativo e di assistenza efficiente, i vantaggi pratici sarebbero notevoli: la prospettiva di evitare la coda allo sportello della ASL soltanto per chiedere quali documenti gli servono per rinnovare l’esenzione dal pagamento dei ticket sanitari, non sarebbe un motivo più che sufficiente per il vecchietto cieco, per iscriversi all’Unione? Il socio che non si è più iscritto perché nessuno, in sezione, è stato in grado di indicargli dove reperire informazioni di carattere assicurativo, non sarebbe indotto a tornare nel sodalizio, sapendo che oggi potrebbe ricevere queste informazioni contattando l’esperto del settore, che da trent’anni fa il centralinista presso una compagnia assicurativa?

Angelo De Gianni

Problema dei falsi invalidi, di Gianluca Fava

Autore: Gianluca Fava

Chi scrive è un avvocato napoletano di 41 anni non vedente dall’età di 4.
Il problema dei falsi invalidi è una piaga sociale che mortifica prima di tutto chi diversamente abile lo è davvero!
I fermi, gli arresti, le denunce a piede libero devono essere sempre resi pubblici e diffusi in tutti i modi e con tutti i mezzi soprattutto per difendere chi, quotidianamente, lotta contro ingiustizie, ignoranza, scetticismo, qualunquismo, pietismo, compassione e falso buonismo; ma proprio per questo, ci si aspetta un’informazione coerente, attenta, seria e professionale, basata su notizie e/o fatti puntigliosamente ed accuratamente verificati.
In data 12/06/2013, alle ore 20 al TG5 si affermava che i quaranta (40) falsi (non presunti) ciechi arrestati, erano stati “sorpresi” mentre digitavano sulla tastiera dei cellulari; ma vi è di più: la stessa giornalista, nel medesimo servizio, affermava che i predetti si sarebbero appropriati indebitamente di 1100 Euro di pensione di invalidità oltre ad un’indennità di accompagnamento.
Entrambe le affermazioni meritano quantomeno le pubbliche scuse di codesta spettabile redazione; infatti, come è noto, i privi della vista possono abbastanza agevolmente gestire un cellulare tuch screen, figuriamoci uno con tastiera!
Inoltre, è notissimo che, nella somma massima di poco più di 1100 Euro mensili sono incluse sia la pensione d’invalidità che l’indennità di accompagnamento.
Tutto ciò, però, senza il minimo dubbio che potrebbero essere stati ipovedenti, ventesimisti o appartenenti ad altre categorie di diversamente abili che, lo scrivente non conosce e ammette di non saper distinguere non essendo medico, mentre certi giornalisti come quella in questione, pensano forse di conoscere talmente bene, da affermare, prima di un processo, prima di una condanna e soprattutto prima di una condanna definitiva, che nel caso di specie, si trattava di “falsi ciechi”!
In conclusione, lo scrivente non vuole, non può e non deve, attraverso queste poche righe, assolvere le persone oggetto del servizio giornalistico in esame, ma spera che le stesse non siano già condannate senza Sentenza: questo è e deve essere sempre ritenuto inaccettabile, non si può fare in Italia ed in ogni caso non si fa!!!
Distinti saluti.
Avv. Gianluca Fava

Diversità, di Giuseppe Fornaro

Autore: Giuseppe Fornaro

Meravigliarsi nel 2013 che un disabile della vista, possa salire ben tre scalini , posare una tazza al centro del piattino, marcare un badge per prendere servizio al lavoro, accendersi una sigaretta, muoversi tranquillamente in un posto che conosce bene, giocare a carte, salire e scendere le scale in piena autonomia, usare telefonini e melafonini, guardare le vetrine, fare shopping, Tutte azioni  non ritenute possibili ad un disabile della vista.

Bisogna condannare chi truffa lo Stato perché questo danneggia gli stessi ciechi ed ipovedenti autentici, ma le truffe si contrastano con la serietà intellettuale.
 Improvvisamente, nel 2013 , senza possibilità di replica, un disabile  può ritrovarsi completamente  privato di ogni suo basilare diritto: Dignità,rispetto della persona, lavoro, libertà.

Un modo di fare  che ricorda i tempi dell’olocausto  in cui le forze militari si impegnavano a “scovare” vecchi e disabili  al fine  di garantire   il bene sociale . In quell’epoca la storia imponeva la soppressione  di queste categorie “inutili”, ritenendole un peso superfluo  che osteggiava la crescita del Paese.
Bisogna condannare chi truffa lo Stato perché questo favorisce gli stessi ciechi ed ipovedenti autentici, ma le truffe si contrastano con la serietà intellettuale.
 Superato quello straziante periodo storico, ai disabili e’ stato riconosciuto il diritto di  esistere e poi ,piano piano, sono susseguiti tutti quei riconoscimenti  che hanno fatto dei disabili persone con pari dignità umana ai normodotati, il tutto nel rispetto della loro diversità.  Circa cento anni di storia  riassunti in poche righe, un difficile e tortuoso percorso tanto caro ai disabili e  ignorato dalle Istituzioni  nel 2013.
Ho sempre sostenuto che il problema dei disabili  va ricercato in un livello che va oltre la disabilità e che nasce nella notte dei tempi:  il livello del pregiudizio del normodotato che  decide per partito preso che  un muto, un sordo ,un cieco o un sordocieco non ha la possibilità di  comunicare o acquisire  nozioni.
In caso contrario deve   essere un genio o un indemoniato………….attualmente  è solo un falso invalido.
Ormai il falso invalido ha sostituito pienamente  il demonio, ed è un’ottima strategia per allontanare  l’attenzione  dell’opinione pubblica  dai seri problemi, cioè da una politica di governo che non riesce a  far crescere la Comunità affidatagli e che  inventa continui stratagemmi  per lanciare distorti  messaggi  sociali di “speranza” lasciando intendere  indirettamente  che la spesa sociale  e’  il grosso del problema economico del nostro  Paese.

il disabile   che non ci sembra troppo disagiato,  ostacolato, massacrato, degno di pietà,  deve essere assolutamente  additato, denunciato e soppresso, egli sicuramente vive troppo  bene per meritare  un lavoro, una pensione  o un indennizzo  per pagarsi un accompagnatore  che lo aiuti a   superare le  barriere che   non ha chiesto ne volute, ma che gli sono state imposte insieme  alla rassegnazione e alla tolleranza  verso una  società che non tiene conto delle esigenze  dei diversamente  umani,   costruendo tutto a misura di un mondo  fruibile dai normodotati.
La verità invece,  è che la caccia al falso invalido,  intendeva  recuperare consensi dell’opinione pubblica con un colpo plateale  che   dimostrasse che una ripresa economica  per fronteggiare la crisi poteva risolversi  stanando e punendo  parassiti e truffatori che  vivevano di immeritate indennità sociali.
Di fatto, la rastrellata  delle revisioni  INPS ha   rappresentato  invece,  un ulteriore  spreco di soldi dei contribuenti per l’allestimento delle “battute di caccia”, molto  spesso organizzate anche con superficialità ed incompetenza, creando per lo più solo disagio ai veri disabili.

Ad ogni modo per mettere fine a questa indecorosa  situazione, personalmente, cieco, ed investito di  responsabilità alla tutela della categoria, non mi resta che ritornare indietro  di vent’anni  e ricominciare a spiegare al mondo intero che  essere disabile non significa essere  meritevole di compassione  e sussidi, ma significa essere persona meritevole di interventi (economici e non)  che  aiutino a superare le barriere.
Le fasce deboli come anziani, bambini e disabili non possono essere una responsabilità  relegata alle sole famiglie, ma sono una responsabilità sociale che fa la crescita di  un Paese  civile  meritevole di essere considerato  tale.
Al caso  non sembra inutile  sottolineare che  un disabile  della vista  oggi può svolgere una vita  abbastanza  autonoma se  munito di  forte volontà al superamento e strumenti adeguati. L’uso delle nuove tecnologie opportunamente adeguate, diventano per i disabili della vista una forte opportunità all’autonomia.
Un campanello in un pallone ed apposite regole  possono permettere ai ciechi di  fare sport  come calcio o particolari sport paralimpici, una bustina di zucchero ed un cucchiaino  accanto alla tazza,  sarà sufficiente  per indurre un cieco a zuccherarsi da solo un caffè.

Infine, mi preme invitare  chiunque stia leggendo, in particolar modo  i responsabili delle istituzioni che ci guardano da lontano ma senza  vederci nemmeno, a raggiungerci presso le nostre  sedi  per conoscere le nostre diversità in modo tale da superare  questi pregiudizi che sono poi il seme dell’ignoranza e del  razzismo sociale.
Non me ne voglia nessuno (e soprattutto  non vi induca al sospetto) se pur essendo non vedente  usi salutare  con un saluto fruibile a tutti: Arrivederci

Giuseppe Fornaro

 

Sognare anche quando sembra una follia, di Katia Caravello

Autore: Katia Caravello

Da diversi anni il mondo sta attraversando una crisi economica senza precedenti; milioni di persone in Italia e non solo non sanno come arrivare alla fine del mese; le aziende continuano a chiudere o, quando va bene, a mettere i dipendenti in cassa integrazione; decine di piccoli imprenditori disperati trovano come unica soluzione la morte; i giovani  che dovrebbero inserirsi nel mondo del lavoro  non ci riescono.
In questo clima , che non è esagerato  definire drammatico, i politici italiani ci hanno messo due mesi per dare un governo al Paese…e speriamo che, dopo tanta fatica, siano sufficientemente responsabili da mettere da parte gli interessi personali per cercare di risolvere i tanti problemi dell’Italia e, soprattutto, degli italiani.
Sperare in un futuro migliore è ritenuto un’utopia, impegnarsi perché le cose cambino una perdita di tempo.
Io, però, … non sono disposta a gettare la spugna, non sono disposta a smettere di sperare…e mi auguro che ci siano tante altre persone che la pensano come me!
In questo momento storico non possiamo permetterci il lusso di fermarci alla semplice recriminazione, è necessario mettersi in movimento per cercare di cambiare lo stato delle cose: restare immobili, aspettando che sia qualcun altro a farsi carico della lotta per la difesa dei nostri diritti, ci rende responsabili del peggioramento della qualità della nostra vita tanto quanto coloro che ne sono la causa.

Lo stesso clima di sconforto e di disillusione che riscontro nella società in generale, lo ritrovo anche all’interno della nostra associazione: molti non credono nella possibilità che   in futuro la realtà associativa possa cambiare, non riescono neppure ad immaginare l’Unione che vorrebbero tanto è forte la convinzione che nessun desiderio si potrà mai realizzare.
Spesso ci si nasconde dietro  al  “Ma io cosa posso fare?”, restando in attesa che sia qualcun altro a prendere in mano la situazione, a farsi carico della reazione, della rivoluzione…del rinnovamento!
Ma non è questa la soluzione, non è una persona sola o un piccolo gruppo di persone che può fare la rivoluzione: perché le cose cambino veramente è necessaria la collaborazione  di tutti, perché tutti possono essere d’aiuto, qualsiasi  contributo, per piccolo che sia, è prezioso.
I primi che devono sentirsi in dovere di   attivarsi nella battaglia per la difesa  dei diritti delle persone cieche ed ipovedenti sono i giovani…! Sì, proprio quei giovani che, non solo all’interno dell’UICI,  sono lontani  dalla politica, che si preoccupano del proprio orticello e poco più, quei giovani che, invece di insistere perché sia data loro la possibilità di intestarsi la lotta per la difesa dei propri diritti, rimangono lì a guardare e, diciamo la verità, a  far finta di scandalizzarsi perché da decenni sono le stesse persone a guidare l’Unione (e in generale il Paese, ma questa è un’altra storia).
Il futuro è il nostro ed è quindi nostro dovere affiancare coloro che hanno più esperienza al fine di apprendere quanto è necessario per essere all’altezza, un giorno, di  prendere le redini e proseguire il lavoro iniziato da chi ci ha preceduto.

Sono convinta che se ci mettiamo tutti insieme, giovani e meno giovani, studenti e lavoratori, donne e uomini, qualcosa di buono e di importante si possa fare…bisogna solo crederci, crederci profondamente e, ovviamente, impegnarsi seriamente e tenacemente in ciò che si fa!
Per evitare  che queste mie parole siano classificate come il vaneggiamento di una giovane donna ingenua e inesperta, vi propongo di seguito la lettura di un brano scritto da una persona molto più autorevole di me, che probabilmente almeno una volta negli ultimi 25 anni tutti avete sentito nominare, che a 83 anni è ancora capace di sognare…anche quando sembra una follia!
Sto parlando di don Antonio Mazzi, fondatore e presidente della Fondazione Exodus Onlus, che nel 1984 ha iniziato ad occuparsi del recupero e del reinserimento dei tossicodipendenti e che negli ultimi anni, ha iniziato a dedicarsi alla prevenzione del disagio, specie del disagio giovanile.
Io conosco e collaboro con Exodus da una decina d’anni ed una delle  affermazioni che ho sempre sentito fare da don Antonio è che nella vita ci vuole un po’ di follia,  perché essa rappresenta quella forza che ci spinge ad intraprendere le battaglie più difficili, quelle che comunemente vengono considerate delle battaglie perse.
Da quando faccio parte della famiglia di Exodus sono stata testimone diretta della realizzazione di idee che, al momento in cui sono state esposte per la prima volta, sembravano essere delle vere e proprie follie…eppure con tanto lavoro e tanta fatica i risultati sono stati raggiunti e i progetti realizzati! Era una follia, nei primi anni ’80, pensare di ripulire dalle siringhe utilizzate dagli eroinomani il Parco Lambro di Milano, perché potesse tornare ad essere un luogo frequentato da famiglie: ma è questo che, con tanta fatica ed impegno, è accaduto! Era una follia pensare di creare, a partire da una singola esperienza in Madagascar nel 2003, un’associazione che si occupi di progetti educativi all’estero…ma è questo che è accaduto nel giro di pochi anni: ora Educatori Senza Frontiere  è presente in 6 Paesi del mondo (Angola, Brasile, Honduras, Madagascar, Ruanda, Ucraina)…e tutto ciò è stato possibile perché ci sono state, e ci sono ancora, delle persone che hanno creduto  fortemente in questo progetto, che non si sono lasciate abbattere dalle difficoltà e che hanno saputo trasmettere questa passione a tanti giovani.
Ma c’è un’idea folle alla quale ho la gioia di assistere ogni anno, nei primi giorni di ottobre: si tratta del Capitolo di Exodus, l’incontro annuale di tutte le  comunità presenti sull’intero territorio nazionale e di tutte le realtà nate all’interno della Fondazione (centri giovanili, cooperative sociali, Educatori Senza Frontiere). Parlo di follia riferendomi a questo evento perché in quest’occasione vengono  riunite per 4 giorni centinaia di persone, la maggioranza delle quali   è costituita da tossicodipendenti, ex terroristi, spacciatori ed anche persone condannate per omicidio, al fine di passare insieme 4 giorni nei quali  incontrarsi, riflettere, divertirsi e…cantare! E vi posso assicurare che  sentir cantare insieme 500 o più persone come se fosse un coro che prova insieme regolarmente da anni  ed anni è un’emozione tanto indescrivibile quanto reale!
 

Ho scelto di proporvi la lettura di un pezzo che don Antonio ha scritto in occasione dei festeggiamenti per il suo 83esimo compleanno, con il quale egli  esprime il desiderio di voler lasciare un segno del suo passaggio  e chiede a noi operatori e volontari di Exodus di non disperdere il lavoro fatto in quasi 30 anni, ma anzi di impegnarsi per fare tanto altro.
Forse non è il brano più adatto per concludere questo articolo, ma  queste parole mi hanno emozionato sin dalla prima volta che le ho udite, dalla voce dello stesso autore, , e in particolare mi ha colpito la capacità di sperare ancora, nonostante tutto, nonostante le tantissime difficoltà che in questi anni ha dovuto affrontare personalmente, nonostante le difficoltà dell’attuale momento storico e, non meno importante, nonostante l’età! Mi ha inoltre colpito l’impegno tenace che ci mette ancor oggi,anche se avrebbe tutto il diritto di  passare la mano e non mettersi così faticosamente in gioco. Infine, secondo me,un altro messaggio importante di questo pezzo è costituito dal ruolo significativo che devono avere i giovani.
Ma ora basta, vi lascio alla lettura delle parole di don Antonio Mazzi con l’augurio che possiate emozionarvi così come mi  emoziono io ogni qual volta le leggo.

VORREI LASCIARE…
Ti esprimo un desiderio.
Non grandi sogni, solo tracce del mio passaggio.
Vorrei lasciare una traccia, una presenza dentro al cuore delle persone che ho amato perché tutta la mia fatica e tutto il mio coraggio trovino compimento in altre anime, quelle che ho cercato di formare, quelle che ho perso per la strada, quelle che ho offeso, quelle che ho dimenticato, quelle che non ho apprezzato, quelle che mi hanno fatto arrabbiare, quelle che non ho stimato. Vorrei che tutto ciò in cui ho creduto avesse valore nel tempo e nel tempo si radicasse tanto da essere affidato al vento che ogni tanto torna a soffiare quando il cielo ha bisogno di aiuto.
Vorrei questo per le migliaia di figli: un vento nella strada fatta di me e di tutto ciò nel quale ho creduto.
Vorrei che le persone che incontrerò sapessero leggere nel cuore quella speranza che accompagna il sogno. Vorrei lasciare il sogno come segno. Vorrei non doverlo mai raccontare con le parole, vorrei che trasparisse dai pori della mia pelle, vorrei che si respirasse solo standomi vicino, vorrei far credere al sogno dei sogni, vorrei cantare il sogno con una melodia gregoriana, necessaria nei momenti nei quali si piegano le ginocchia per chiedere chiarezza, o in altri nei quali, davanti al camino con una tazza di te in mano si devono prendere le decisioni importanti della vita.
Vorrei rimanere nel tempo, con tutto ciò nel quale ho creduto e tutto quello per il quale ho lottato.
Vorrei essere capace di lasciare il mio testamento morale senza pretendere
che venga preso troppo sul serio. E poi, se devo pensare in grande, mi immagino un movimento di giovani che cammina, camminano come fanno gli africani scandendo il ritmo dell’esistenza e andando sempre alla ricerca di mondi, nuovi. Mi immagino educatori fatti così.
Tanti, non tantissimi, ma tanti ai quali il cammino permetterà l’incontro, che assaporeranno e respireranno il desiderio di non smettere mai di sperare anche davanti alla disperazione umana e alla povertà più nera; di chi saprà trovare, prima in sé e poi nell’altro, il bello e il buono per il quale vale la pena spendere le energie e la vita, di chi nella miseria sarà capace di trovare anche un solo talento, quel soldo di ferro capace di rigenerare il mondo. Mi immagino la mia fatica nell’incontro con le persone, nella trasmissione del messaggio, nel dialogo, nel tentativo del convincimento, nella capacità di credere nell’educazione come strumento di riscatto, nel mettersi in gioco e nella capacità di giocare.
Mi immagino uomini e donne con lo zaino in spalla.
Mi piace sognare, mi piace condividere con te il sogno, mi piace pensarlo, mi
piace immaginarlo.
Signore, ti piace il mio sogno?
Non ti faccio tratti sull’educazione, non ne sarei capace. Forse se mi formassi un po’ di più, se studiassi un po’ di più, sarei capace. Forse sarei anche capace di parlare forbito e di farmi capire di più. Ho sempre preferito essere un manovale della carità che un intellettuale che decreta interventi. Ho sempre preferito la fatica del giorno alle tavole rotonde occasionali. Non cambierò, non patteggerò la mia anima. Dire poi che questo sogno sia dentro di me e attorniato da un alone di serenità…è ancora lontano. Se mi guardo nell’anima, non mi sembra di avere così tanto spazio; ogni tanto mi convinco di non averne per non soffrire, per non pensare, per non guardare avanti. Restringo la possibilità di ingresso e mi chiudo in vortici che puntano verso il basso.
Ma poi mi rendo conto che ormai non è più possibile. Non è più possibile perché è come l’aria che si respira, come l’acqua che si beve, come il sole che splende, come l’universo che gira.
Ci sono eventi contro i quali combattere è già una battaglia persa. Non dico che non potrei farlo, dico che se anche lo facessi poi non potrei vivere. Ho accolto e raccolto con discrezione e intensità.
E con la stessa intensità piango spesso perché la solitudine mi accompagna in questo viaggio e le lacrime sono l’unico sfogo che mi permette di fare uscire da me le difficoltà.
Sto vivendo l’anima della mia anima in solitudine, condividendola solo con te…cerco un senso che mi permetta di coltivare il sogno! Signore, sai cosa vorrei?
Vorrei credere che quel poco di razionalità che ho mi abbia abbandonato, tanto da lasciarmi il posto a una fede che trasforma il travaglio in un luogo di pace.
Don Antonio Mazzi

Unico italiano in Oregon tra gli oltre 3.500 partecipanti, Redazionale

Autore: Redazionale

Vincenzo “ascolta” Letta e decide di restare in Italia rimandando la buona occasione di una borsa negli Usa

Di ritorno dal DrupalCon di Portland, lo studente non vedente del “Galilei-Costa” prova a credere nella politica e dopo il diploma frequenterà un’università italiana
Lecce – Appena l’altro giorno, a proposito del fenomeno dei “cervelli in fuga”, il premier Enrico Letta aveva affermato “…devo prima di tutto delle scuse. Le scuse a nome di una politica che per anni ha fatto finta di non capire e che, con parole, azioni e omissioni, ha consentito questa dissipazione di passione, sacrifici, competenze.  …mi impegno per evitare che giovani lascino l’Italia”. E oggi giunge questa importante decisione da parte proprio di uno di quei “cervelli”, il quale ha pensato di continuare gli studi in Italia e di rimandare a dopo un’allettante ed importante opportunità negli States. Parliamo di Vincenzo Rubano, lo studente appena diciannovenne non vedente di Lecce che è tornato da pochi giorni dall’Oregon dove ha partecipato al DrupalCon di Portland e dove, appena messo piede in territorio americano, ha ricevuto immediatamente l’offerta di una sorta di borsa di studio di sei mesi, un tirocinio formativo (esattamente una “internship”) per approfondire gli studi in tema di accessibilità sul web.
 
Vincenzo è quindi tornato dall’America con una bella proposta in tasca e stava seriamente vagliando la possibilità di accettare e, una volta terminati gli imminenti esami di Stato, di riprendere la valigia e tornare negli Usa quando lunedì mattina tramite la stampa è venuto a conoscenza dell’intervento del premier in tema di giovani e fughe verso l’estero. E’ a questo punto che lo studente salentino ha preso l’importante decisione di provare a credere nella politica e di offrire una chance alla sua “Italia”, sperimentando sulla propria pelle se qualcosa è davvero in fase di cambiamento oppure no.
 
Vincenzo ha deciso quindi di iscriversi all’università e sceglierà, neanche a dirlo, tra Informatica e Ingegneria Informatica. Sta vagliando attentamente le varie possibilità in tutta Italia (Bologna, Milano, …) tenendo conto, oltre naturalmente dell’offerta formativa e delle caratteristiche del piano di studi, anche della qualità e quantità di quei servizi di cui uno studente non vedente ha bisogno, tutta quella serie di attenzioni, strutturali e di supporto, che possano facilitarlo anziché ostacolarlo nel suo corso di studio.
 
Ricordiamo che Vincenzo è uno studente dell’ultimo anno dell’indirizzo informatico dell’Istituto Tecnico “Galilei – Costa” di Lecce ed è stato invitato a Portland in quanto è uno dei pochi sviluppatori internazionali che si occupano degli aspetti legati all’accessibilità di “Drupal”, uno dei più importanti CMS open source oggi in circolazione. I CMS (Content Management System) sono dei software utilizzati per implementare e pubblicare siti e blog 2.0 sul web. Tra gli oltre 3.500 partecipanti, lo studente salentino era quasi sicuramente l’unico italiano presente e l’unico sviluppatore non vedente, oltre al precedente accessibility maintainer di Drupal. Nei cinque giorni dell’importante convention Vincenzo ha avuto modo di partecipare a diverse sessioni di circa un’ora ciascuna tenute dai massimi esperti mondiali di Drupal, a cui seguivano dibattiti interattivi. Tra i più interessanti per Vincenzo, naturalmente, vi sono state le core conversations specifiche sull’accessibilità, nelle quali ha potuto dire la sua sulla necessità di perfezionare ancora ulteriormente alcuni aspetti del software per permettere anche ai più svantaggiati di utilizzare tutte le grandi potenzialità del CMS.
 
Emozionante e di particolare rilievo presso il Drupalcon è stato l’incontro con Dries Buytaert, creatore di Drupal e co-fondatore di “Acquia” e “Mollom”. Vincenzo ha avuto modo di scambiare due chiacchiere con il guru del CMS sia durante l’intervista che lo studente ha rilasciato per la realizzazione del video ufficiale dell’evento che durante il divertente gioco serale denominato “Trivia night” in cui venivano poste domande per verificare le conoscenze di Drupal. In quest’ultima occasione Dries Buytaert è stato seduto per quasi tutta la serata al tavolo di Vincenzo. “Ho provato un’emozione fortissima, è stato davvero impressionante parlare con colui da cui tutto questo è iniziato!” è il commento dello studente.
 
…vogliamo augurargli ogni bene?
 
Alcuni riferimenti utili:
Sito della convention: portland2013.drupal.org/
Sito “Ti tengo d’occhio” (realizzato da Vincenzo interamente con Drupal): www.titengodocchio.it

Crazyfriendradio, la radio più pazza che c’è!, di Marco Battista

Autore: Marco Battista

Questa piccola realtà radiofonica è stata pensata e messa a punto più di un anno fa da un gruppo di ragazzi non vedenti pugliesi: Silvio, Marco e Laura, tutti accomunati dalle stesse passioni: la musica, l’informatica e, soprattutto, il divertimento e la voglia di gridare al mondo  l’allegria e la gioia di vivere. Silvio e Marco, i due speakers, allietano le dirette per lo più pomeridiane e serali con le loro spiccate capacità di coinvolgimento delle più svariate fasce di ascoltatori: dai bambini agli adulti. Altro grande conduttore di questa radio è Vincenzo, anche lui non vedente, che, con le sue dirette, informa in tempo reale con notizie di cronaca, di sport, e sulle curiosità di ogni parte del mondo, il tutto accompagnato da tanta buona musica. Ciò che fa molto onore è che gli ascoltatori sono sempre più numerosi e soddisfatti di questo piccolo progetto radiofonico.  Occasionalmente questa piccola radio vede la partecipazione di altri ragazzi non vedenti, anche loro amanti della musica e del divertimento e si dilettano a improvvisarsi speakers. Tra questi c’è Samantha, della quale, di tanto in tanto, va in onda anche qualche canzone, Vito, Mariarosa, originari di varie parti d’Italia. Sono graditi nuovi ascoltatori e, perché no, anche nuovi collaboratori!
Per ascoltare la web radio basta andare sul sito:
www.crazyfriendradio.listen2myradio.com.
Per interagire con i conduttori e fare richieste e dediche, i contatti della radio sono: contatto skype crazyfriendradio, contatto messanger:
crazyfriendradio@hotmail.it,
otete iscrivervi al gruppo face book crazyfriendradio, pagina face book ufficiale crazyfriendradio.
Potete seguire la radio anche su twitter con crazyfriendradio. 
Buon ascolto e saluti da tutto lo staff

Incontro per conoscere meglio un programma ad uso dei privi della vista, di Patrizia Onori

Autore: Patrizia Onori

Il giorno 14 maggio 2013 alle ore 21, in una delle molteplici sale virtuali telefoniche talkyoo, ha avuto luogo un incontro formativo.
Sì, questo incontro, è stato proprio tenuto in una delle tante sale virtuali telefoniche con la particolarità, che la suddetta sala è gestita da me, con la finalità di fornire un servizio ed un supporto  per le persone che hanno la necessità e che vogliono usufruirne.
Qualche tempo fa, mi è stato chiesto di invitare nella sala virtuale il creatore del programma winguido Dott. Guido Ruggeri e, tale richiesta, mi è pervenuta da alcune persone facenti parte del gruppo. Così, ho inviato una mail al dott. Guido Ruggeri il quale apprezzando l’idea, ha immediatamente accettato l’invito.
A causa dei suoi numerosi impegni, il Dott. Ruggeri non ha potuto prendere personalmente parte all’incontro e ci ha inviato un suo collaboratore, il Dott. Andrea Santoro, segretario dell’associazione Guidiamoci.
Il dott. Santoro durante l’incontro, ha spiegato perfettamente quali sono le molteplici funzioni del conosciuto programma winguido tradizionale tra l’altro molto utilizzato dalle persone prive della vista ma, in particolar modo, ci ha fornito utili informazioni sul programma winguido a comandi vocali, ancora poco conosciuto dai non vedenti.
Dopo una iniziale approfondita spiegazione del programma multifunzione, il dott. Santoro si è reso disponibile a rispondere alle domande dei numerosi partecipanti, i quali, hanno dichiarato la loro soddisfazione per le esaurienti risposte dell’ospite.
Alcuni soggetti, non sapevano cosa fosse una sala virtuale telefonica, a cosa servisse e, dopo aver spiegato loro cosa fosse, ne hanno assolutamente apprezzato l’utilità.
Molto spesso, un semplice ed umile servizio può rendere tanto, dando informazioni, fornendo spiegazioni e, perchè no, delle volte risolvendo piccoli problemi quotidiani mettendo a disposizione degli altri, utili contenuti.
Il giorno dopo la riunione, ho avuto rilevanti apprezzamenti dall’ospite e dai partecipanti all’incontro e devo dire che tutto ciò mi soddisfa molto però, mi sembra opportuno dover affermare, che mi rende soprattutto felice avere l’opportunità di regalare un servizio utile.
Effettivamente, questa mia propensione verso gli altri, mi arricchisce ogni giorno di più e le persone, con la loro vicinanza, mi rendono in ogni momento una straordinaria ed incontenibile gioia di vivere.
Ho la fortuna di voler donare un servizio ma, principalmente, ho la fortuna di avere vicine persone che credono in me, che hanno creduto in me fin dall’inizio, quando ancora non avevamo la più pallida idea di come il tutto andasse però, ci abbiamo semplicemente creduto e l’abbiamo semplicemente voluto.
Oggi, ringrazio pubblicamente tutti coloro che hanno creduto e che credono in me ma, mi sembra giusto dover ringraziare coloro che credono come le azioni più semplici, delle volte possano dar luogo a magnifiche idee.
Grazie alle persone facenti parte del gruppo,
 poichè mi danno in ogni momento la possibilità di svolgere con assoluta semplicità, ciò che da sempre, ho avuto la convinzione di voler realizzare.
Patrizia Onori