Annuncio, di Matteo Tiraboschi

Buon giorno a tutti, sono Matteo Tiraboschi.
Vi comunico una iniziativa dove tutti siamo invitati a partecipare! La signora Angela Manzi infatti sta organizzando, per il giorno 20 ottobre, un pranzo e poi un giro con le moto tipo Harley-Davidson e le macchine sportive Alfa Romeo.
Si pranzerà al Ristorante “Ari & Ciro” a Curno, Bergamo al prezzo di 36 euro.
Per informazioni potrete contattare la signora Manzi su Facebook oppure direttamente al cellulare al seguente numero: 348 3524635.
Grazie per l’attenzione!

Riflessioni ad alta voce su disabili visivi, di Giuseppe Fornaro

Bambini di 5 anni portati in braccio a scuola
Ragazzi adolescenti vestiti dalle madri
Giovani uomini imboccati dai padri.

Di queste scene ne vedo sempre di più: persone disabili, per lo più bambini, adolescenti, giovani, capaci di potersi muovere, nutrirsi, pensare e decidere per loro gusto, completamente sostituiti dalle famiglie.
Ciò che maggiormente mi lascia amareggiato è la disinvoltura con cui questi giovani sono rassegnatamente abituati.
Proiettati con la mente chissà dove, mentre alzano un braccio per essere vestiti o aprono la bocca per essere imboccati.
Giovani perfettamente in grado di curarsi di se, nel rispetto dell’handicap, senza un minimo accenno di ribellione..
Perché non lo fanno?
Perché nel tempo in cui questi ragazzi, bambini più o meno cresciuti, hanno reclamato il diritto all’autonomia, piangendo e arrabbiandosi per i loro tentativi falliti, sono stati interpretati con l’ingiusto parametro dell’impossibilità, dimenticando di insegnare loro, invece, come sarebbe stato possibile fare da soli.
È su questo parametro che i bambini, poi diventati adolescenti ed oggi adulti, si sono sentiti giudicati e da lì, hanno ritenuto inutile la loro ribellione, abituandosi a non approfittare della gioia di fare da soli, di superare la difficoltà e fare nuove scoperte.
L’autonomia è una richiesta naturale che appartiene ad ognuno di noi quando ad un certo punto della vita sentiamo una spinta dall’interno che ci spinge a fare da soli, al pari di camminare è un percorso che va guidato dai genitori o chi li sostituisce. Questo bisogno espresso, male interpretato, ritenuto nel migliore dei casi, un capriccio o una incombenza da soddisfare in fretta.
Quei momenti però, diminuiscono di frequenza lasciando spazio all’abitudine di essere accudito e gli stimoli all’autonomia non saranno più percepiti, se non quando non più riconoscibili dal ragazzo che li riterrà come un ingiustificato ammonimento di chi ha sempre fatto per lui.
I gesti quotidiani che possono essere svolti in autonomia diventano incombenze pesanti e difficili da risolvere e così subentrerà la richiesta alla facile soluzione sia essa espressa esplicitamente o frutto di una tacita aspettativa consolidata nel tempo dalle abitudini.
Poi arriva il giorno in cui il genitore, stanco o invecchiato prende coscienza di avere un figlio adulto che non regge il confronto con una buona parte di coetanei disabili quando si tratta di autonomia.
Tutto questo per cosa? Per non alzarsi 30 minuti prima al mattino, per non arrivare a casa un po’ più tardi, per non aggiungere ansie genitoriali a quelle che già ci sono per condizione.
Eppure io sono fortemente convinto che i sacrifici che i genitori devono compiere siano la necessaria componente al raggiungimento dell’autonomia che deve essere riconosciuta come diritto e dovere anche alle persone disabili.
Queste riflessioni non sono una accusa ai genitori, ma vogliono essere una esortazione a rivolgersi a formatori che siano certamente preparati ad affrontare i problemi perché per prima hanno vissuto e vivono la stessa condizione di disabilità. Quando ci si affida ai formatori disabili bisogna superare il Pregiudizio del limite della disabilità, nella consapevolezza che possono trasferire strategie ottimali anche per i propri figli.
Per quanto la vita possa sembrare difficile, c’è sempre qualcosa che si può fare per avere successo.

Giuseppe Fornaro
Referente Nazionale Ausili e Tecnologie Dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti
Componente del Gruppo di lavoro OSI dell’INVAT Istituto Nazionale Valutazione Ausili e Tecnologie
Presidente del Gruppo Sportivo A.S.D. Real Vesuviana,
Consigliere della Sezione Provinciale di Napoli dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti (Uici) e Responsabile del Presidio Zonale Uici di Sant’Anastasia e paesi Vesuviani
3735419953
E-mail: fornarog@uiciechi.it

Onorificenza e ringraziamenti, di Fortunato Pirrotta

Eravamo nell’ultima decade dello scorso mese di agosto, mentre trascorrevo gli ultimi giorni di ferie quando dalla Prefettura di Reggio Calabria, ho ricevuto una comunicazione con la quale mi si portava a conoscenza che, su proposta della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Repubblica mi aveva insignito dell’onorificenza di “Cavaliere al merito della Repubblica Italiana”.
La notizia mi ha realmente colto di sorpresa, in quanto nessuno mai mi aveva preannunciato l’avvio di tale procedura. Sono certo, che un simile riconoscimento è frutto di tanto affetto, benevolenza ed amicizia, che quotidianamente mi vengono manifestati e soprattutto nei momenti più difficili sono divenuti conforto e sostegno indispensabile. Sicuramente un ruolo fondamentale nell’iter concessorio, è stato svolto dalla Associazione alla quale mi onoro di appartenere in conseguenza della mia disabilità visiva dal lontano 1969, cioè l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e presso la quale ho collaborato per oltre 40 anni ed alla quale sono profondamente grato per il ruolo determinante svolto a favore della mia integrazione sociale e per quella di migliaia di altre persone affette da disabilità visiva. Tale appartenenza ha particolarmente contribuito alla mia formazione umana e sociale anche grazie al rapporto sempre improntato con tutti sul reciproco rispetto e la fraterna lealtà.
La cerimonia di conferimento svoltasi presso il Teatro “Francesco Cilea” di Reggio Calabria lo scorso 31 agosto, inserita nell’ambito della seconda edizione del premio Luigi De Sena, già prefetto di Reggio Calabria e Senatore della Repubblica prematuramente scomparso, nella quale oltre alla presenza di Sua Eccellenza il Prefetto di Reggio Calabria che ha consegnato le suddette onorificenze, del Sindaco della stessa Città Metropolitana e numerose autorità cittadine sia civili che militari, ha visto l’U.I.C.I. degnamente rappresentata in platea attraverso il Presidente Regionale Pietro Testa anche in rappresentanza del Presidente Nazionale Dott. Mario Barbuto, dal Presidente Provinciale di Reggio Calabria Dott. Paolo Marcianò accompagnato anche da alcuni Dirigenti e soci del territorio reggino ai quali, dopo aver ringraziato la Presidenza della Repubblica, la Presidenza del Consiglio dei Ministri ed il Prefetto di Reggio Calabria, ho sentito il bisogno per non dire il dovere, di rivolgere un altrettanto sincero e sentito ringraziamento. Naturalmente non potevo concludere senza dedicare un particolare pensiero alla mia famiglia, sempre pronta a sostenermi in tutte le vicende della vita ed a favorire il mio impegno quotidiano nel lavoro e nel sociale. Un sincero ringraziamento, infine, va rivolto ai giovani del Servizio Civile in attività nella sede di Reggio Calabria che, con la loro preziosa presenza in teatro e con il loro significativo ed affettuoso gesto di consegnarmi una targa, hanno contribuito ad accrescere l’emozione di un giorno per me molto importante.
A Dio, luce e guida in ogni momento della mia vita ed a tutti coloro che mi hanno sempre circondato nei miei 64 anni, dal profondo del cuore, va la più profonda e sincera gratitudine per il sostegno quotidiano, senza il quale mai nulla avrei saputo e potuto fare.

Fortunato Pirrotta

Perché ho chiuso il mio conto in Banca Popolare Etica, di Simonetta Cormaci, la risposta da Banca Etica

Purtroppo è vero. Come lamentato dalla signora Cormaci, l’home banking di Banca Etica non è attualmente dotato delle funzionalità per renderlo accessibile alle persone ipovedenti.

Da tempo stiamo lavorando per arrivare ad una piena accessibilità di tutti i nostri canali e strumenti di relazione con i clienti e soci della banca, ma ancora non siamo pronti. Le rapide trasformazioni tecnologiche, nonché le rilevanti e continue modifiche normative e regolamentari, impongono oggi a tutte le banche una costante attività di investimento e aggiornamento di ogni sito e apparato, e tale processo tende inevitabilmente a spostare sempre un po’ in avanti nel tempo il livello dell’adeguamento alla piena accessibilità, un adeguamento che – per come oggi sono disegnati e realizzati i software bancari – avviene sempre a valle di ogni implementazione di nuovi processi o procedure.

Non vuole essere una scusa. Solo una spiegazione del ritardo. Che siamo fortemente impegnati a recuperare, coinvolgendo i nostri partner informatici. Come piccola banca, infatti, non abbiamo oggi i mezzi per gestire in autonomia i nostri software, ma ci avvaliamo di fornitori specializzati, che stanno recependo le nostre sollecitazioni.

La missione della finanza etica è l’inclusione sociale e finanziaria, oltre all’uso responsabile del denaro. Viviamo quotidianamente, dalla nascita della nostra banca, nel 1999, la contraddizione tra tale imponente ambizione di banca ad operatività nazionale e i nostri limitati mezzi (le “sole” 17 filiali, i “soli” 30 banchieri ambulanti, gli investimenti IT da dosare con sobrietà). Ogni volta che un cliente, o potenziale tale, deve rinunciare alla finanza etica perché la filiale è troppo distante dalla sua abitazione, o perché – come nel caso della Signora Cormaci – non può accedere ad Internet, noi non perdiamo “solo” un cliente ma sentiamo (e soffriamo) il mancato raggiungimento del nostro scopo statutario.

Abbiamo finora ovviato a queste carenze puntando sulla ricchezza della relazione, grazie ad una rete di soci (i nostri 42mila soci), oltre che di professionisti (i circa 300 lavoratori), che si fa in quattro per garantire la possibilità a tutti di accedere alla nostra proposta di finanza etica. Anche alla signora Cormaci i colleghi di Banca Etica sul territorio hanno proposto una soluzione temporanea, mettendole a disposizione un servizio di phone-banking dedicato che le avrebbe permesso di svolgere le operazioni bancarie da casa, supportata dai nostri operatori al telefono. La signora non ha ritenuto valida questa opzione.

Esprimiamo ancora il rammarico per il disservizio e confermiamo il nostro pieno impegno per la piena inclusione finanziaria di tutte le persone.

 

Banca Etica

Perché ho chiuso il mio conto in Banca Popolare Etica, di Simonetta Cormaci

Vorrei rendere nota una vicenda che ho vissuto di recente e in cui la mia cecità è stata motivo fondamentale nella conclusione poco piacevole.
Nel 2016 attivo un conto in rete con Banca etica avendo valutato diversi aspetti per me importantissimi: 1) un conto on line che mi avrebbe liberato da tutto il materiale cartaceo difficilmente consultabile in piena autonomia; 2) un conseguenziale risparmio di tanta carta (in difesa dell’ambiente che mi sta molto a cuore); 3) la visione/missione di BPE che conoscevo già da tempo, in quanto io stessa impegnata da anni nella difesa dei diritti umani e che volevo condividere; 4) il valore aggiunto che ogni conto corrente, contrattualmente, sostiene in quota Medici senza Frontiere ONG da me stimatissima e di cui sono sostenitrice permanente.
La sorpresa si manifesta non appena mi vengono fornite le credenziali di accesso per l’inbanking e scopro che quella parte del sito per gestire il conto non è accessibile, ovvero non è navigabile con lo screenreader, software indispensabile ai non vedenti che usano il PC. Informati i referenti locali e nazionali, con qualche difficoltà, mi accreditano all’utilizzo di un ambiente del sito che consente pochissime operazioni, tra cui non figura per esempio la possibilità di accedere a documenti quali gli estratti conto trimestrali in formato digitale. A questo si aggiunge anche un altro problema, ovvero il reperimento di un token parlante, dovuto al fatto che apparentemente non avevano mai ricevuto richieste simili da clienti ciechi. Sicuramente trovo molta disponibilità umana, ma scarsissima comprensione degli aspetti tecnici. Superando disappunto e frustrazione personali cerco di collaborare al massimo, fornendo informazioni, documenti esplicativi e anche il protocollo tra l’ABI e l’UICI in materia di facilitazione dei clienti ciechi e ipovedenti in tutti gli istituti bancari.
Nel contempo ricevo e firmo una quantità di documenti cartacei che mi meraviglia e di cui eccepisco con il Banchiere ambulante (figura che facilita i clienti BPE sui territori in cui non esistono filiali). Con tali limitazioni, ma la buona disponibilità del Banchiere ambulante e del personale, procedo per tutto il 2017 e addirittura decido di acquistare un pacchetto di azioni proprio per la mia stima e fiducia verso questo istituto. Purtroppo, però, ai primi di dicembre viene attivato il nuovo sito di BPE e scopro con grande disturbo che l‘ambiente per l’inbanking adesso è totalmente inaccessibile per me.
Contrariata e incredula di fronte alla constatazione che nessuno abbia pensato all’accessibilità del sito (visto che da oltre un anno ormai avevano l’esperienza di almeno una cliente cieca), aspetto qualche tempo prima di affrontare il funzionario nazionale per i servizi informatici e il banchiere ambulante. Ritengo la questione gravissima e discriminatoria e li invito a operare tempestivamente correttivi affinché possa riprendere a utilizzare la mia area riservata. Eccetto qualche blanda assicurazione di intervento non ottengo alcun risultato e a fine gennaio 2018 metto in contatto il funzionario della banca con il referente del gruppo OSI (Osservatorio sui siti internet) dell’UICI (Unione Italiana dei Ciechi e Ipovedenti) nazionale. Quest’ultimo si mette a disposizione sia con Banca etica fornendo dettagli tecnici sulle pagine web, sia con me accompagnandomi in svariate prove con diversi screenreader e contemporaneamente segnalando il tutto all’ABI con la quale l’associazione collabora da molti anni proprio per risolvere alla fonte tutti gli aspetti tecnici che possano creare difficoltà a noi disabili visivi.
Passano i giorni, io come è facile immaginare sono alquanto disturbata dalla vicenda e impossibilitata ad agire sul mio conto in autonomia, con grandissima frustrazione. Nonostante la pressione su tutte le figure di riferimento (funzionari della banca, referente OSI e ABI) non riscontro alcun miglioramento e arriviamo a maggio c.a. quando mi trovo costretta a decidere di chiudere il conto vista l’impossibilità di gestirlo in autonomia e libertà. La mia comunicazione via pec parte il 22 maggio e la chiusura definitiva del conto (prevista dai loro documenti informativi in 15 giorni) si conclude solo a fine luglio e tutto ciò senza una parola di scuse – se non dal banchiere ambulante – né alcuna dichiarazione di impegni tale che io possa riesaminare la mia decisione… come a dire: non siamo interessati ai disabili e neppure al loro denaro.
Ironia della vicenda, nell’ultima newsletter che continuano a inviarmi c’è la notizia di un progetto che BPE sta sponsorizzando e cioè una app in grado di individuare tutti i sentieri montani accessibili.
Da cliente ritengo di aver subito un trattamento discriminatorio e superficiale; aggiungo che – a mia conoscenza – quando si accende un conto presso qualunque istituto bancario non è possibile fare un test preventivo di accessibilità sull’homebanking e dunque non si può sapere se l’area riservata di un sito è accessibile.
Mio malgrado e con grande disappunto ho dovuto constatare la differenza tra i valori proclamati da BPE e la realtà della prassi. Preciso che non sono interessata ad avviare richieste di risarcimento, in quel caso avrei agito per vie legali. Ritengo piuttosto che rendere nota la mia vicenda sia doveroso e utile: prima di tutto per farla conoscere ad altri disabili visivi affinché non incorrano negli stessi problemi; e poi perché confido che a vari livelli di interlocuzione si possa intervenire affinchè tutti gli istituti di credito garantiscano ai clienti disabili facilitazione e massima accessibilità nella gestione dei propri conti (e mi consta che già alcune banche siano attrezzate). La nostra Costituzione, la Convenzione ONU dei diritti dei disabili, la Dichiarazione universale dei diritti umani, le leggi italiane di ratifica dei predetti trattati riconoscono la piena e pari dignità e facoltà di autodeterminazione delle persone con handicap. Confido che questi nobili trattati e leggi in cui mi riconosco siano rispettati e messi in pratica dal momento che abbiamo già esempi virtuosi.
Spero che anche le associazioni di categoria che già attivamente operano a stretto contatto e siedono ai tavoli tecnici non smettano la importante funzione di aiuto, controllo e supporto. Confido che le critiche costruttive servano sempre a migliorare le condizioni future di tante altre persone.
Una cultura dell’handicap più diffusa, in conclusione, risolverebbe alla base molti problemi di noi disabili, ridurrebbe il conflitto sociale, renderebbe migliori tanti aspetti della nostra vita di cittadine e cittadini.
Catania, 4 settembre 2018

Onorificenza a Fortunato Pirrotta, di Paolo Marcianò

Venerdì 31 Agosto alle ore 19.00 presso il Teatro Comunale “Francesco Cilea” di Reggio Calabria, nel corso di una manifestazione organizzata dalla Prefettura di Reggio Calabria, è stata conferita al nostro Presidente Onorario Fortunato Pirrotta, l’onorificenza di “Cavaliere al merito della Repubblica Italiana”.
Tale evento che tocca da vicino l’amico Fortunato, a cui vanno le nostre congratulazioni, coinvolge tutta la nostra Associazione, di conseguenza ci porta a rendere un doveroso ringraziamento al Presidente della Repubblica, in quanto con l’elargizione di tale onorificenza a Fortunato, dimostra la sua vicinanza all’impegno continuo che l’UICI svolge quotidianamente nella tutela dei minorati della vista.

Non vedenti lavoro pensione, di Francesca Misseri

“Riceviamo e pubblichiamo”

Non vedenti lavoro pensione, è un gruppo che nasce per disquisire di problematiche  del lavoro,  pensione, oltre alle problematiche più importanti che riguardano i non vedenti. Parecchi sono i problemi irrisolti a tutt’oggi, pertanto, questo gruppo si prefigge di fungere da pungolo verso le associazioni di disabili visivi, affinché le stesse possano fare da tramite tra noi ed i politici. Si potrebbero fare molti esempi delle problematiche vissute dai non vedenti, uno tra tanti è l’accessibilità,  sia dal punto di vista lavorativo, che nel quotidiano di un non vedente. Non si può solo parlare E criticare senza proporre, bisogna essere parte attiva e indurre chi è al potere, sia dal punto di vista associativo Che la politica A fare di più e meglio. Ovviamente nessuno può considerarsi tenutario unico della verità, tantomeno questo gruppo che è nato confidando sulla buona volontà di persone che devolvono del tempo per individuare problemi che stanno a cuore ai non vedenti . Infatti, ciò che anima gli amministratori del gruppo e chi vi aderisce, lo fa  Per puro  spirito di servizio.
Molti degli aderenti sono iscritti all’Unione Italiana Ciechi e degli Ipovedenti, tra i quali alcuni dirigenti.

Francesca Misseri

Notizie dalla St. Lucy School for the Blind

Si riporta di seguito la lettera ricevuta dalla socia Nucci Tela che da anni opera presso la scuola per ciechi Saint Lucy in Kenya.
“Carissimi amici,
Con immensa gioia desidero comunicarvi che il giorno 16 settembre avrà luogo l’inaugurazione dell’acquedotto progettato dal gruppo CRESCERE INSIEME ONLUS DI CARMAGNOLA in Piemonte per la zona di Egoji in Kenya.
Si prevede che parteciperanno all’evento circa 3.000 persone. Non mancheranno i rappresentanti di Crescere Insieme ed il sindaco di Carmagnola.
L’inaugurazione sarà in settembre, ma alla St. Lucy School for the Blind l’acqua è stata data già in giugno, quando i lavori non erano ancora ultimati, quando, per così dire, la linea non era ancora giunta al capolinea. Questo considerando il fatto che i bambini non vedenti della St. Lucy hanno sofferto per un lungo periodo la mancanza d’acqua, costretti ad aspettare a lungo il proprio turno per raggiungere un rubinetto che ne dava solo un filo, o costretti a recarsi con un secchio o con una tanica da qualcuno in zona più fortunato, il cui vecchio acquedotto era ancora in funzione.
Ma finalmente l’acqua è arrivata. Ce n’è in abbondanza da bere, per cucinare, per l’igiene personale, per lavare i propri indumenti, per tenere l’ambiente pulito.
È un sogno! È una grande emozione, dicono i bambini, sentire l’acqua entrare nei grandi serbatoi vivacemente.
Sembra una musica che dà molta allegria! Dai rubinetti poi scende in abbondanza e dà molta gioia!
Un grazie riconoscente a tutti coloro che, con entusiasmo e generosità, hanno contribuito a rendere più vivibile la vita di tanti bambini e di tutto il personale della scuola.
L’acqua è vita!
Un abbraccio a tutti!
Nucci”.

Gruppo Sportivo Dilettantistico Non Vedenti Milano ONLUS
Via Vivaio, 7
20122 Milano
tel/fax: +390276004839
Email: info@gsdnonvedentimilano.org
Web: www.gsdnonvedentimilano.org
twitter: https://twitter.com/Gsdnvmilano
Facebook: https://www.facebook.com/GSDNONVEDENTIMILANO
Codice Fiscale: 97063940155

Dove il cuore trova sempre una casa, di Gabriele Sacchi

Questa è la storia di Marco, un uomo ormai: ha 40 anni, cresciuto nella Città Eterna, ora vive a Londra; è un imprenditore molto noto; è sposato ed ha 3 figli; ama il calcio e la musica, sin da bambino, infatti, ha la passione delle percussioni e non perde una partita della Juventus.
Perché mai, vi domanderete, parlare di Lui?
Non è un eroe; non è mai passato alla ribalta; persona onesta, dedita al lavoro e alla famiglia, questo sicuramente: celebriamo dunque, diversamente da quel che si fa di solito, la normalità.
“Da bambino sognavo di fare il calciatore; sai…fama, denaro, belle donne” mi dice, quando lo incontro per un caffè, “poi però il futuro non lo si può prevedere…ed allora ecco Margherita (ci siamo sposati dopo 3 anni di fidanzamento); Matteo, Giulia e Flavia (sono i nostri pargoli di rispettivamente 16, 13 e 7 anni); il lavoro (ho la laurea in economia e commercio), ma la campagna, come fu già per mio padre, è il mio habitat naturale: non ci volevo mica credere, quando è nato il nostro agriturismo! Gli impegni sono tanti ed occupano gran parte della giornata…ti dirò però una cosa: non c’è giorno che, tornando a casa la sera, dimentichi fatiche, arrabbiature e preoccupazioni, guardando il sorriso dei miei. Non pensare, però, che la mia sia la famiglia del mulino bianco, spesso al sorriso si sostituisce l’amarezza, o, peggio ancora la scontrosità, ma questo fa parte della vita, soprattutto quando si ha a che fare con figli adolescenti. Ad ogni modo con i miei cari cerco di condividere tutto, in particolare a cena: ci mettiamo a tavola e ognuno racconta la sua giornata. È un momento di confidenze; è un’occasione per sfogarsi; è un modo per confrontarsi, magari alzando un po’ la voce! Si perché l’uomo ha sempre avuto bisogno di parlare…come ci si può tenere dentro quel che ci accade, sia pur esso un evento negativo? Mia nonna diceva sempre:-Splenderà il sole e verranno le tempeste; salirà l’arcobaleno, ma tornerà la notte: triste è la vita se non si ha nessuno accanto…scontata la sorte per chi non ha rifugio! Non dovete disprezzarlo, voi che avete quel luogo dove il cuore trova sempre una casa! Utile è il denaro; bello è ancor di più divertirsi, ma quale mano stringereste, se vi trovaste da soli sull’orlo degli abissi?”
Lascio Marco e torno ai miei pensieri: ha ragione…Nulla ha più valore di un momento trascorso in compagnia delle persone a cui si vuole bene! Occorre assaporare le gioie e condividere i momenti neri, certi di non essere mai soli. Il vero bene non è terreno, se così fosse finirebbe con le prime difficoltà, appassirebbe come una pratolina al timido sole di una giornata primaverile!

Gabriele Sacchi.

PS: Chi scrive precisa che personaggi e storia narrati sono prodotto della fantasia, con il solo intento di provare a far riflettere sull’importanza di avere una famiglia, o degli amici, a cui voler bene.

Come si evolve  la  funzione  della  Sezione, di  Carlo  Carletti 

L’UICI  di  Latina, convenzionata  con l’Università  degli  Studi, La  Sapienza di  Roma  e  l’Università  Telematica  Internazionale,  UTIU,      Sede  di  Roma,      ospita  tirocinanti  in  Psicologia,  aventi  quali  Tutor,   la Dott.ssa  Faiola  Danila  Psicologa terapeuta, cieca  assoluta, componente   del  Consiglio   della  Sezione  e   il  dott. Bertini  Francesco  Psicologo, vedente,  consulente  della  Sezione.   .  I   giovani  tirocinanti, partecipano  ai    colloqui  e  consulenze  che  sono  svolte     dai   professionisti.   Anche  la   Vice  Presidente, il    ,     sottoscritto e   altri consiglieri collaborano  in  tale  attività.  Le  consulenze  alla  pari effettuate  da  persone  esperte conseguono  sempre   positivi  risultati  sulla  persona  che  ha  perduto  in  tutto  o  in  parte  il  bene della vista. Sulla  base  dei  risultati  rilevati è  stato  avviato   lo  studio  di  un  progetto  volto a   strutturare  il  servizio delle  consulenze  alla  pari  e  alla    costituzione  di gruppi volontari    di  “auto”.  Aiuto”,  con l’obiettivo  di informare      le  persone sulla  possibilità  d  ricostruirsi  una  nuova  esistenza.
Il  Tirocinante  Marco  Conciatori, ha  assistito  alla  Consulenza  alla  pari  offerta  dalla  dott.ssa  Faiola,  e  con l’attenzione  che  gli è  propria  ha  redatto  il   sottostante diario,   utile  per    comprendere  lereali  e   complesse  difficoltà che    l’Unione   si  trova  a  dover fronteggiare.
Diario   di  una  consulenza  alla  pari.

La signora G è al primo colloquio psicologico dopo la perdita della vista, avvenuta improvvisamente circa un anno fa, è accompagnata presso la sede della UICI dalla signora Lucia (signora che l’aiuta a casa) e dalla cognata. Una volta accomodatasi nella stanza per il colloquio insieme alla psicologa, spiega che non vede più e che non ricorda come è fatta la propria casa. Vive con il marito in una casa di campagna, molto grande a due piani. La signora trascorre le giornate in poltrona al piano terra, difficilmente esce di casa, in rarissime occasioni concede ai propri amici e parenti delle uscite per svagarsi.
Recarsi al bagno da sola, i primi tempi, è stato un grande problema, quasi insormontabile, pur procedendo a tastoni G. non si sente sicura e se per il piano terra ha acquisito una minima sicurezza, per quanto riguarda il piano di sopra, dove dorme, sente la necessità di svegliare il marito per accompagnarla in bagno in quanto ha paura di cadere dalle scale. G spiega che non è tanto salire le scale, quanto scenderle il problema e che la sensazione di vuoto prima di appoggiare il piede allo scalino successivo la terrorizza. Le azioni, anche quotidiane che era solita compiere prima di perdere la vista le appaiono al momento impossibili. Le si inumidiscono gli occhi quando parla della cucina, dei suoi sughi, del profumo, delle tecniche e dei suoi segreti culinari, le trema la voce quando dichiara di non poter tornare ad essere una brava cuoca come una volta. La psicologa a questo punto lascia fluire tutti pensieri di G. che pur traducendosi in parole, si racchiudono tutti in un sospiro conclusivo molto più eloquente. La dottoressa, adeguando il proprio tono a quello fino ad ora adottato dalla signora G., rende noto alla paziente che il colloquio che si sta tenendo è un colloquio alla pari, il che significa che entrambi i partecipanti sono non vedenti. La signora comprendendo che anche la psicologa non vede, assume un’espressione di sorpresa sgranando gli occhi, spalancando la bocca e avendo un sommesso sussulto che le addrizza la schiena esclama: (con una cadenza dialettale che fino ad ora ha cercato di controllare) <<Ma davvero?!>>. La psicologa spiega che pur non essendo, lei stessa una cuoca esemplare, è in grado di cucinare e che il suo livello di bravura non dipende dalla sua disabilità visiva. L’espressione di sorpresa si trasforma in sollievo quando la psicologa le rivela che potrà tornare a cucinare quando sarà in grado di sfruttare gli altri canali che ha a disposizione.
La signora G. si rilassa e tornando nella sua posizione iniziale sulla sedia, è come se tornasse a pensare agli altri problemi, infatti subito dopo fa sapere che sente il bisogno di avere qualcuno accanto quando sale e in particolare quando scende le scale. Questo presenta un grande problema per l’autonomia in quanto la casa, essendo sviluppata su due piani, riduce di molto il raggio di azione della signora che per scendere in cucina, situata al piano di sotto, dopo essersi svegliata la mattina, ad esempio, ha bisogno della signora Lucia. La psicologa chiede alla signora cosa fa nel caso avesse bisogno di raggiungere il bagno nelle ore notturne, G. fa sapere che sveglia il marito. La psicologa, in tono scherzoso, chiede se il marito è contento di accompagnarla e che avendo una certa età sarà costretto a svegliarsi per le proprie esigenze e che di fatto sopperendo anche alle esigenze della moglie potrebbe avere delle notti insonni. La signora ride e torna seria quando però rende nota la propria paura di perdersi nel percorso per raggiungere il bagno (anche nei colloqui successivi più volte la Signora G. domanderà sia in modo implicito che in modo esplicito come mai non ricorda la pianta della propria abitazione). La psicologa chiede alla signora come immagina possa essere il percorso dalla sua camera per raggiungere il bagno. La paziente descrivendo il percorso che compie per andare al bagno accompagna ad ogni indicazione vocale il gesto preciso con le mani o disegna con le dita una piantina sulla scrivania; non è possibile sapere se effettivamente i gesti corrispondano alla reale proporzione delle mura domestiche ma la precisione dei gesti compiuti dalle mani tradisce in un certo senso l’enunciato precedente secondo cui la signora non ricorda.
La psicologa pone delle domande sul passato e la signora racconta che ha lavorato per anni come sarta ma non sembra convinta quando le viene spiegato che potrà riprendere a cucire. Quando si torna a parlare del concetto chiave che consiste nel concedere agli altri canali percettivi di prendere il posto della vista sulla quale la signora ha fatto sempre affidamento, la paziente sembra comprendere e con attitudine positiva mostra alla dottoressa un orologio parlante che indossa sempre al polso, premendo il pulsante ascolta l’orario. L’orologio, spiega, le è stato regalato da uno dei due figli, che lavorano entrambi in uno studio dentistico e sembra facciano in modo che la madre acquisti sempre più autonomia. La signora racconta dei numerosi inviti dei figli ad intraprendere delle attività come cucire o occuparsi di alcune faccende domestiche, lei vorrebbe ma allo stesso tempo non si ritiene all’altezza e scuotendo la testa si chiede sospirando: <<ma come faccio?>>.
Prima di terminare il colloquio spiega che a breve compiranno, lei e il marito, 50 anni di matrimonio ma non vuole festeggiare, inizialmente sembra che i rapporti con il marito siano peggiorati con la perdita della vista in seguito sembra invece che la signora non si sente di festeggiare a causa della propria condizione.
Al termine del colloquio la psicologa con la paziente si spostano nella stanza accanto dove l’attendono la cognata con Lucia, stanno parlando con Giulia che si occupa della gestione della UICI della sezione di Latina, la quale riferirà in seguito alla psicologa che, Lucia e la cognata, si stavano informando sull’acquisto di qualche supporto come libri per non vedenti dove ci sono le figure geometriche e Giulia stessa le ha fatto notare che si tratta di libri per bambini che devono ancora apprendere il concetto di figura geometrica. Nel prendere l’appuntamento successivo la psicologa chiede:<< allora signora quando ci rivediamo?>> rispondono accavallandosi la Signora G che dice di chiedere alla cognata e quest’ultima che risponde: chieda a me, sono io che l’accompagno e aggiunge abbassando lo sguardo, siamo noi ad occuparci di lei (le si legge la tristezza).
Durante il secondo colloquio la signora parla della rete di parenti e amici che ha intorno, adora la nipotina, molto brava a scuola e dice che è in grado di comprenderla molto più di altri adulti, e fa riferimento al marito, con il quale non si trova molto a suo agio dopo che ha perso la vista. Fa presente nuovamente che non sa come fare per scendere le scale. La psicologa decide di dedicare il tempo della seduta psicologica alla terapia occupazionale, così entrambe si recano nelle scale dell’edificio e dapprima con una certa esitazione ed infine con decisione la signora G. affronta, prima insieme alla dottoressa poi da sola, diverse rampe di scale. La signora inizialmente fa molte domande, la psicologa la incoraggia e si complimenta con lei ogni volta che la paziente termina una rampa. L’umore della signora migliora scalino dopo scalino, al termine della seduta è sorridente, scherza con la cognata e la psicologa. Anche la cognata è molto contenta dell’autonomia che ha acquisito la signora G. ed ha un’espressione molto più serena rispetto la prima seduta. La signora Lucia riferisce alla psicologa che ha lasciato alcuni compiti domestici alla signora G. e al suo ritorno, ha trovato le zucchine tagliate alla perfezione (alla Julienne), la signora G. sorride, è visibilmente sollevata. Quando la psicologa fa sapere alla signora G. che la trova più serena, sarà proprio la signora infatti a rispondere: <<sembro (autoriferendosi) più sollevata perché ho fatto una cosa mia!>>. In queste parole è possibile intuire una nuova, seppure iniziale, consapevolezza.
La psicologa fa sapere che le farebbe piacere incontrare il figlio per il terzo ed ultimo incontro, la signora G è d’accordo e viene stabilito insieme al figlio il giorno.
Il terzo colloquio avviene in due momenti: il primo con la signora G. da sola e nella seconda parte partecipano il figlio (dentista, primogenito) e la cognata. Nella prima parte del colloquio la psicologa chiede alla signora come si sente e se è cambiato qualcosa dal secondo colloquio. La signora G. fa sapere che sta meglio e che ha iniziato a seguire di più la tv anche se ancora non scende le scale da sola e la notte sveglia ancora il marito per andare in bagno.
Nella seconda parte del colloquio il figlio racconta che il padre purtroppo ha un modo tutto suo di spiegare alla madre come muoversi e che spesso questo la confonde oltre a creare malcontento tra i coniugi. Il figlio sembra invece più paziente da come descrive le operazioni in modo più dettagliato e attento ad ogni minimo particolare, fa l’esempio della porta del bagno e spiega alla madre di sentire la maniglia sbattere contro il muro prima di entrare. Raccontano brevemente l’episodio dell’ospedale quando la signora G. ha perso la vista, la cognata fissa il vuoto, e piange sommessamente come a non voler farsi vedere dalla signora G. che spiega di aver perso la vista da un giorno all’altro.
Il figlio chiede se è opportuno cercare qualche ausilio come il bastone ad esempio. La psicologa prende un bastone e mostra alla signora G. come utilizzarlo, le consiglia di fare pratica anche frequentando un corso per l’autonomia, al termine la signora sembra già in grado di orientarsi un minimo e dice che vorrebbe provarlo dentro casa per poter avere una nuova mappatura ma che ancora ha paura degli scalini in fase di discesa. Il figlio rende nota la propria decisione di mettere un cancelletto in prossimità delle scale per passare dal piano superiore a quello inferiore in modo che la madre, la notte, possa raggiungere il bagno al piano di sopra senza timore e soprattutto senza svegliare il marito. Il figlio fa presente che la mamma nonostante le proprie spiegazioni e quelle della psicologa sull’utilizzo del telefono (avvenute durante il primo colloquio di terapia) si ostina a non volerlo utilizzare per chiamare ma solo per rispondere, la psicologa sorridendo dice che dovrà essere la signora G a chiamarla la prossima volta dal momento che le è stato spiegato come utilizzare il telefono (avendo come riferimento il tasto 5 centrale e orientandosi di conseguenza). Il figlio tuttavia elogia la mamma davanti la psicologa riportando l’episodio in cui la mamma ha cucito più di 10 cm di un pantalone, operazione che richiede precisione e non poca esperienza manuale, al termine della seduta, il figlio mostra il video che testimonia la competenza della mamma nel cucire; la signora G. con entusiasmo chiede espressamente al figlio di far vedere il video alla psicologa, dimenticandosi completamente del fatto che il colloquio oltre ad essere un colloquio psicologico fosse anche un colloquio alla pari. La signora G. si mortifica e si affretta a chiedere scusa alla psicologa (che avendola accompagnata fuori dalla stanza è ancora a braccetto con lei) la quale, con calma, spiega che il fatto di aver dimenticato la cecità dell’altro è un importante passo per capire che è possibile conservare la propria identità e tutte le caratteristiche della persona a prescindere dalle problematiche che la disabilità visiva può comportare. Prima di andare via vengono lasciati alcuni riferimenti come l’indirizzo di un centro di assistenza vicino il domicilio della paziente e il nome di un app per poter seguire i film con audio-descrizione. La signora, il figlio e la cognata lasciano la sede dell’UICI ognuno scendendo le scale per conto proprio. La cognata confessa che è molto preoccupata quando la vede scendere le scale ma nel dirlo sorride.