Salerno – Nona Giornata Nazionale del Braille

In occasione delle celebrazioni   anno 2016 della  Giornata Nazionale Del Braille, istituita con la legge n.126 del 3/8/2007, la Sezione Provinciale dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti di Salerno, con il patrocinio della Provincia di Salerno, in collaborazione con il Consiglio Regionale UICI per la Campania, la Biblioteca Italiana per Ciechi “R. Margherita” di Monza, la Fondazione della Comunità Salernitana, il Centro di Consulenza Tiflodidattica della BIC Sede di Caserta, la Cooperativa “Leggere Chiaro”,
O r g a n i z z a
La celebrazione della 9a edizione della Giornata Nazionale del Braille
Sul tema: “Il metodo di scrittura e lettura dei non vedenti e degli ipovedenti”, che si svolgerà il GIORNO 23 FEBBRAIO 2016 dalle ore 9,30 presso la “Sala Bottiglieri” Palazzo San Agostino Provincia di Salerno, con il seguente programma:
-saluto dei Dirigenti Sezionali, Regionali e Nazionali dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti;
-saluto delle autorità intervenute;
-Intervento del Presidente Nazionale della Biblioteca Italiana per Ciechi “R. Margherita” di Monza;
-Commemorazione del prof. Tommaso Sica, quale educatore, docente, tiflologo e dirigente dell’UICI della Campania, con interventi del dr.prof. Rino Sica, della  Dirigente Scolastica dr.ssa  Annamaria Grimaldi, del Prof. Pietro Piscitelli e del dr.Vincenzo Massa,Presidente regionale UICI per la Campania;
-istituzione della 1° edizione del “CONCORSO SCOLASTICO  PROF. TOMMASO SICA” per gli alunni di scuola secondarie di 1° e 2° grado della provincia di Salerno con interventi del Presidente Sezionale UICI Salerno, signor Francesco Cafaro e della Presidente Fondazione Comunità Salernitana, Antonia Autuori;
-consegna attestati di partecipazione al 1° Corso di Tiflologia  di 1° livello anno 2015/16;
-apertura della “Mostra dei sussidi tiflotecnici e tiflodidattici ad uso dei non vedenti e degli ipovedenti”, a cura del Centro di Consulenza Tfflodidattica della BIC Sede di Caserta, dr.ssa Patrizia Farina e della Presidente della Cooperativa”Leggere Chiaro” di Salerno, signora Antonietta Cirigliano.

Viterbo – Presentazione social book Guide a 4 zampe

Con la presente siamo a chiedere la pubblicazione del seguente comunicato stampa:
“L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti – Onlus – sezione provinciale di Viterbo, nella persona della Presidente Elena Dominici e del Consiglio tutto, invita la cittadinanza a partecipare alla presentazione del social book di Luisa Bartolucci, Guide a quattro zampe (2015).
L’iniziativa si terrà venerdì 26 febbraio 2016 alle ore 16.30 presso la sala conferenze della Provincia in via Saffi a Viterbo.
Insieme con l’autrice del volume saranno presenti: Elena Dominici e Claudio Cola, Presidente Regionale del Lazio dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti onlus; Elena Ferroni, coordinatrice della commissione nazionale cani guida dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti onlus; Giada Voci, curatrice della grafica di Guide a quattro zampe. “Pillole” di lettura/narrazione a cura di Antonello Ricci della Banda del Racconto. In Guide a quattro zampe, con abile destrezza, passione letteraria nonché profondo amore per gli animali (in particolare per le nostre guide a quattro zampe) Luisa Bartolucci ha raccolto 33 esperienze di vita quotidiana, d’amore, di dedizione, di indipendenza, di coraggio nell’affrontare insieme con i nostri amici pelosi questo mondo pieno di pregiudizi e barriere sia architettoniche che mentali.”

Napoli – Nona Giornata Nazionale del Braille

Iniziative a Napoli e provincia

Nell’ambito delle celebrazioni della IX giornata nazionale del braille che cade il 21 febbraio, l’IRIFOR (Istituto per la Ricerca la Formazione e la Riabilitazione)
di Napoli su indicazione della sezione UICI della stessa città, ha organizzato un corso di apprendimento del codice braille.

Tale corso consterà di 10 lezioni di 4 ore l’una e, a partire dallo scorso  16 febbraio 2016, oltre 20 tra insegnanti, operatori scolastici e studenti
stanno apprendendo il sistema inventato quasi 2 secoli orsono, ma ancora attuale e imprescindibile per la cultura e la formazione delle persone non vedenti .

Per i giorni 20 e 21 febbraio, invece, le rappresentanze di Portici ed Ercolano dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli ipovedenti organizzano, con il
patrocinio delle rispettive Amministrazioni Comunali, per i giorni sabato 20 alle ore 20:30 e domenica 21 febbraio 2016 alle ore 18:.30 presso la sala
teatro del MAV (Museo Archeologico Virtuale) di Ercolano (Via 4 Novembre 44), la commedia “Questi fantasmi!” – 3 atti di Eduardo De Filippo.

La commedia sarà messa in scena dalla filodrammatica U.I.C.I. diretta da Bruno Mirabile e composta da attori non vedenti, ipovedenti e amici dell’Unione
che ancora una volta cercheranno di stupire il pubblico. Questa compagnia teatrale amatoriale così particolare, che fin dal 1996 propone con notevole successo
commedie della tradizione partenopea, quest’anno metterà in scena una delle commedie più complesse e particolari del grande “Eduardo”.

La rappresentazione è organizzata in collaborazione con “Radio Siani”- la radio della legalità, la Cooperativa sociale “Bambù ONLUS”, e diversi imprenditori
locali che supportano le attività della filodrammatica da molti anni.

L’intero incasso verrà utilizzato per finanziare le attività dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti.

Martedì 23 febbraio 2016 dalle 10 alle 12, invece, alla Scuola Media Gaetano Salvemini di San Sebastiano al Vesuvio (NA), si svolgerà un incontro di informazione
sul metodo di scrittura e lettura braille e sulla integrazione dei disabili visivi. All’iniziativa parteciperanno diversi alunni non vedenti frequentanti
scuole della Provincia di Napoli, che hanno superato brillantemente la fase provinciale del Concorso di Lettura Braille promosso dalla Biblioteca Italiana
per I ciechi Regina Margherita di Monza. Lo stesso Istituto Salvemini, con un proprio lavoro, sta partecipando alla fase Nazionale del Premio Louis Braille
promosso dal Club Italiano del Braille.

Infine, per giovedì 25 febbraio dalle 10 alle 12, la rappresentanza zonale UICI di sant’Anastasia (NA), ha organizzato un incontro con gli alunni dell’ISTITUTO
COMPRENSIVO SM. “ GIORDANO “ in via Aldo Moro Caravita Cercola, per PARLARE DELL’IMPORTANZA DEL METODO DI SCRITTURA E LETTURA BRAILLE E DEGLI AUSILI TIFLO-DIDATTICI
UTILI ALL’ INCLUSIONE DEGLI ALUNNI NON VEDENTI. “il braille”, afferma Mario Mirabile presidente della sezione provinciale UICI di Napoli, “rappresenta
per le persone con disabilità visiva, un’importanza non sempre riconosciuta. Sta a tutti quanti noi Aggiunge Mirabile, far sì che tutti prendano atto dell’importanza
che il braille ha per la cultura, la formazione, l’autonomia e più in generale, per l’inclusione dei non vedenti.

Per contatti Gianluca Fava 3394867416

Louis Braille: un cieco nella Francia del primo Ottocento, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

La ricerca storica di recente ha cominciato a prestare sempre più attenzione al tema della cecità. Dopo i pioneristici lavori di Pierre Villey e di Pierre Henri (questi ultimi pubblicati a metà Novecento e dedicati in particolare alle biografie di Valentin Haüy, Charles Barbier, Louis Braille) o, per l’Italia, di Enrico Ceppi e Augusto Romagnoli (ma l’elenco non può né vuole essere esaustivo), è soltanto dall’inizio di questo secolo che si sono avuti contributi significativi sull’argomento da parte di studiosi come Michael C. Mellor, Zina Weygand, Catherine Kudlick. La storia dei ciechi (e la ricostruzione del ruolo dei ciechi nella storia) si va così arricchendo di contributi volti a considerare la cecità dal punto di vista storico-sociale (attraverso la ricostruzione del processo, a volte problematico, di inserimento nella società europea), politico-istituzionale (attraverso l’analisi degli interventi statali con particolare attenzione alle politiche scolastiche) e culturale.
Alla luce delle indicazioni contenute in questi lavori, grazie al contributo dell’Istituto per ciechi “Ardizzone Gioeni” di Catania, il Prof. Emanuele Rapisarda ha potuto analizzare e curare nel 2011 per conto dell’Università di Catania (Edizione Bonanno )la traduzione delle ”Lettere inedite di Louis Braille”.
Tale opera è stata resa possibile in virtù del rinvenimento da parte dello scrivente della versione originale delle “Lettere” di cui sopra, conservate all’Institut National des Jeunes Aveugles di Parigi e scritte da Braille fra il 1831 e il 1851. Nella sua traduzione in italiano, il Prof. Emanuele Rapisarda ha cercato da un lato di tratteggiare in maniera più dettagliata la figura di Louis Braille dall’altro di collocarla nel più ampio contesto della condizione dei non vedenti nella società francese della prima metà dell’Ottocento.
In occasione della pubblicazione della traduzione in italiano delle “Lettere inedite di Louis Braille”, il sottoscritto ha condotto una ricerca storica sugli anni del nostro grande “benefattore”che, in vista dell’ormai imminente “Giornata del Braille”, riporto sinteticamente di seguito. Sperando di farvi cosa gradita, non mi resta che augurarvi buona lettura.

Tra XVIII e XIX secolo: un nuovo clima
Il processo che condusse alla creazione di un clima favorevole all’opera di Braille cominciò a delinearsi in Europa tra la fine del XVII ed il principio del XVIII secolo. A quel tempo, infatti, grazie alle teorie dell’empirismo e del sensismo, che attribuivano agli organi di senso ed all’esperienza l’origine del processo conoscitivo, si finì col riconoscere una certa rilevanza alle persone cieche. Esse diventarono, così, i miti fondatori e le figure paradigmatiche della nascente filosofia dei Lumi, in un processo che concorse a rivalutare la cecità, fino ad allora intesa in maniera principalmente negativa – malattia incurabile e marchio indelebile di vergogna, peccato e diversità.
Uno dei momenti importanti di questa riflessione può essere collocato nel 1693, quando William Molyneux in una lettera inviata al filosofo empirista inglese John Locke, gli sottopose un «problema curioso» che Locke incluse nella seconda edizione del suo An Essay Concerning Human Understanding (Saggio sull’intelletto umano) del 1694: se un uomo non vedente dalla nascita, abituato nel corso della sua vita a riconoscere perfettamente col tatto un cubo ed una sfera, dovesse improvvisamente recuperare la vista, egli potrebbe distinguere con l’esperienza visiva e senza toccarli i due summenzionati oggetti? Molyneux e Locke, prima, Berkeley e Voltaire, dopo, esclusero tale possibilità, convinti com’erano che, giacché non esistono idee innate e tutte le idee della mente dell’uomo derivano unicamente dall’esperienza, il cieco che recupera la vista deve riadattare la propria percezione del mondo dalle forme tattili degli oggetti alle loro immagini. Inoltre, tali argomentazioni tradivano ancora il pregiudizio della preminenza assoluta del senso della vista su tutti gli altri.
A tali speculazioni teoriche, poi, sembrarono sopraggiungere ben presto anche delle conferme sperimentali e pratiche. A tal proposito vanno ricordate le osservazioni cliniche fatte dal chirurgo inglese William Cheselden, che nel 1728 effettuò con successo il primo intervento chirurgico su un adolescente affetto da cataratta congenita e ne osservò il comportamento dopo l’operazione, suffragando quanto avevano asserito Molyneux, Locke e gli altri. Fu così che le persone cieche operate di cataratta diventarono una delle prove delle tesi sensiste del nascente Illuminismo. Tuttavia, ciò nonostante, i non vedenti rimasero nella prima metà del Settecento solo degli oggetti passivi e dei semplici spettatori di tali studi filosofici e sperimentazioni scientifiche.
Si dovette attendere la pubblicazione in Francia nel 1749 della Lettre sur les aveugles à l’usage de ceux qui voient (Lettera sui ciechi ad uso di coloro che vedono) dell’illuminista Denis Diderot per la maturazione di un nuovo sguardo sui non vedenti. Diderot, infatti, fu il primo ad osservare e ad indagare le persone cieche dal di dentro, preoccupandosi di descriverne dettagliatamente ed analiticamente gli usi, le principali occupazioni, le potenzialità e la loro percezione del mondo. Esemplari al riguardo appaiono le figure di cieco dalla nascita, il cosiddetto «cieco di Puiseaux», e del matematico inglese non vedente Nicolas Saunderson tratteggiate da Diderot nella sua Lettera. Il primo spicca per scaltrezza e prontezza intellettiva, il secondo per metodicità e per la straordinaria capacità di supplire col tatto alla mancanza della vista. Comincia così a configurarsi un nuovo cambiamento di contesto culturale, in cui non è più l’organo sensoriale della vista a predominare sugli altri, ma inizia a farsi largo quello del tatto (il cieco di Puiseaux, interrogato se avesse desiderato acquistare la vista, risponde che avrebbe voluto piuttosto perfezionare sempre di piu’ il tatto, poiché, mentre gli occhi possono sempre sbagliare, le mani sono infallibili). In tale nuovo ambito culturale si innestano le figure di Georges-Louis Leclerc Buffon, autore di una poderosa Histoire naturelle (Storia naturale) pubblicata a partire dal 1749, in cui sostiene il primato del tatto sulla vista, e Jean-Jacques Rousseau, che nel suo celebre Emile (Emilio) del 1762, asserendo quanto l’affinamento del tatto potesse servire tanto ai bambini non vedenti quanto a quelli vedenti, getta le basi di una pedagogia tattile che utilizzi l’esperienza del tatto per l’educazione delle persone cieche.
Si inizia così ad affermare nella Francia della seconda metà del ‘700 l’assunto che l’uomo non possiede un solo organo di senso e che in caso di assenza di uno qualsiasi degli organi sensoriali, gli altri possono intervenire a sostituire quello deficitario o mancante. E’ questo il presupposto su cui si fa strada la cosiddetta pedagogia della «vicarianza» (compensazione) che mira ad educare i disabili sensoriali (sordomuti e ciechi) facendo leva sulle abilità di cui essi sono dotati per «vicariare» quelle di cui sono privi. Al riguardo, si distinse nella Francia di quegli anni l’opera illuminata e benefica dell’abate Charles-Michel de l’Épée in favore dell’educazione delle persone sordomute e del traduttore Valentin Haüy per l’educazione di quelle cieche.
Il primo, negli anni Settanta del XVIII, secolo si prodigò a realizzare una grandiosa opera di istruzione collettiva e pubblica dei sordomuti fondata sull’uso del linguaggio naturale dei segni e dei gesti per superare i deficit uditivi, dando prova dei soddisfacenti risultati ottenuti in diverse esibizioni pubbliche. Valentin Haüy, primo maestro dei ciechi, profuse tutte le sue energie per garantire al maggior numero di non vedenti di ogni classe sociale la possibilità di accedere alla cultura attraverso l’apprendimento della lettura e della scrittura coi caratteri ordinari in rilievo, mirando a fare del senso del tatto il punto di forza del riscatto culturale degli individui ciechi.
E’ noto l’episodio che determinò l’impegno benefico di Haüy, ispirato alla Lettera di Diderot ed all’attività di istruzione pubblica di massa di Charles-Michel de l’Épée. Nel 1771, dopo la partecipazione ad un concerto burlesco presso un Caffè parigino tenuto da un’orchestra di non vedenti dell’ospizio dei Quinze-Vingts (il celebre asilo fondato a metà del XIII secolo da San Luigi per i soldati divenuti ciechi durante le Crociate), scioccato e profondamente ferito dal modo farsesco con cui venivano rappresentati e fatti esibire i disabili visivi, Haüy giurò a se stesso che avrebbe fatto leggere, scrivere e suonare armoniosamente i ciechi di tutti gli ordini sociali. Così, negli anni successivi (caratterizzati, fra l’altro, dalla fondazione nel 1780 della prima Société Philantrophique con scopi di assistenza per i portatori di handicap) egli concepì il suo Plan general d’Institution (1784) che consisteva nel lungimirante progetto educativo di istruire a leggere, scrivere e far di conto i bambini nati ciechi di tutte le estrazioni sociali.
Due anni dopo Haüy poté codificare il suo metodo educativo, facendo stampare agli stessi allievi non vedenti un suo Essai dedicato al re e finalizzato ad istruire i non vedenti di ogni ceto alla lettura, alla scrittura, al calcolo matematico, alla storia, alla geografia, alla musica coi caratteri lineari in rilievo nonché all’apprendimento di alcuni mestieri quali la filatura, la tessitura e la stampa. Gli studenti privi della vista imparavano a leggere su libri che venivano stampati coi caratteri normali in rilievo e a scrivere con la matita o la penna per mezzo di placche, su cui erano incise le forme delle lettere dell’alfabeto, e con dei «guidamano» formati da una serie di fili tesi a distanza opportuna.
Nel 1791, in piena Rivoluzione francese, in ossequio ai principi rivoluzionari di Egalité e di Fraternité, l’Istituto dei bambini ciechi dalla nascita di Haüy venne unificato a quello dei sordomuti, per esserne poi separato nel 1794 ed assumere l’anno seguente la nuova denominazione di Institut national des aveugles-travailleurs (Istituto nazionale dei ciechi lavoratori). Esso fungeva sia da ospizio che da scuola e vide il definitivo passaggio dal patrocinio privato della Société Philanthopique a quello statale. Durante l’eta’ napoleonica l’Istituto fu accorpato all’ospizio dei Quinze-Vingts (1800) per motivi principalmente economici, perdendo notevolmente il carattere di istituto d’educazione e di inserimento lavorativo. Nello stesso periodo, Napoleone fondò l’Hotel des Invalides per l’accoglienza dei ciechi di guerra. In questo stesso periodo nascevano anche in diversi paesi europei le prime istituzioni scolastiche per non vedenti: a Liverpool nel 1791, a Vienna nel 1804, a Berlino e a San Pietroburgo nel 1806, etc.
Con la Restaurazione, l’Istituto fu nuovamente distaccato dall’Hospice des Quinze-Vingts (1815) riacquistando la sua autonomia ed assumendo il nome di Institution royale des jeunes aveugles. Qui, sotto la direzione di Alexandre-René Pignier, Louis Braille perfezionò il suo alfabeto di lettura e scrittura dei ciechi.

Louis Braille e il nuovo metodo di scrittura e lettura per ciechi
Il metodo concepito da Braille si ispirava al procedimento di scrittura notturna a dodici punti pensato dall’ex ufficiale d’artiglieria ed appassionato di scrittura rapida e segreta, il francese Charles Barbier de La Serre. Questi, nella suo opera Essai sur divers procédés d’expéditive française contenant douze écritures différentes avec une Planche pour chaque procédé (Saggio su diversi procedimenti d’espeditiva francese contenente dodici scritture differenti con una tavola per ogni procedimento), codificò nel 1815, tra gli altri sistemi di scrittura rapida, un sistema di scrittura facile per insegnare a leggere e a scrivere a tutti coloro che, per svariati motivi, avevano difficoltà a farlo con i metodi tradizionali. Esso si basava su dodici caratteri puntiformi in rilievo disposti su due colonne verticali da sei, dalla cui combinazione, regolata secondo una tavola predefinita che gli studenti dovevano apprendere preventivamente, derivava la rappresentazione delle lettere e dei suoni dell’alfabeto. Il metodo Barbier, chiamato pure sonografia, ben si adattava alla lettura e scrittura notturna dei militari, ma anche, soprattutto, alla possibile applicazione ai non vedenti. Fu così che Pignier, recependo in modo lungimirante le riserve dei non vedenti sui caratteri ordinari in rilievo e sui vecchi sistemi di apprendere la scrittura in corsivo, poco adatti ai bisogni percettivi del tatto ed alla scrittura per le persone cieche, lo cominciò a sperimentare all’Institut. Gli allievi ne furono subito entusiasti, ma presto ne colsero alcuni piccoli difetti. Ne derivarono riflessioni ed osservazioni critiche; da queste, e in particolare da quelle argute, brillanti e precise fatte dal giovane Braille, che fece notare come dodici punti fossero troppi per un’esplorazione tattile veloce, nacque il celebre metodo a sei soli punti in rilievo disposti su due colonne verticali da tre inventato da quest’ultimo.
Ma chi era Louis Braille?
Braille venne al mondo il 4 gennaio del 1809 in Francia a Coupvray, un paesino vicino Parigi, da una famiglia che se non versava nell’indigenza, certo non era neppure ricca. Egli era l’ultimo figlio di quattro fratelli: Catherine-Josephine, Louis-Simon, Marie-Celine ed, appunto, Louis, il beniamino, l’ultimo figlio, nato undici anni dopo la terzogenita. Il padre, Simon-René Braille, faceva il sellaio; la madre Monique Baron non lavorava.
Braille divenne cieco alla tenerissima età di tre anni a causa di un tragico e disgraziato incidente occorsogli nel laboratorio paterno. Mentre giocava afferrò un trincetto per tagliare il cuoio e, nel tentativo di sezionare delle cinghie, finì con l’essere colpito ad un occhio. Di lì a poco, come accade in tutti i casi di oftalmite simpatica, si infettò pure l’altro occhio ed il bambino perse sfortunatamente del tutto la vista. I genitori di Braille, malgrado fossero estremamente provati da tale brutto colpo, non s’abbatterono e, convinti com’erano dell’importanza della cultura (a casa Braille tutti sapevano leggere e scrivere), vollero che il ragazzino frequentasse la scuola del villaggio dove Braille spiccò per dolcezza ed intelligenza. Inoltre, il padre gli commissionava spesso dei lavoretti manuali, come il confezionamento delle frange per le selle, che gli servirono per perfezionare le abilità tattili. Successivamente, su consiglio dell’abate e dell’istitutore di Coupvray, chiesero l’ammissione del figliolo all’Institution royale des jeunes aveugles, ricevendo il consenso all’iscrizione il 15 gennaio del 1819. Il mese dopo Louis Braille metteva piede nei vetusti ed umidi locali dell’edificio che ospitava l’Institution (il vecchio seminario di Saint Firmin fino al 1843, anno nel quale l’Institut venne trasferito nell’odierno e più salubre complesso sito al Boulevard des invalides). Dal suo ingresso nell’Institution Braille visse in internato fino alla sua morte, sicche’ l’Istituto si trasformò nella sua seconda casa, dalla quale egli s’allontanò solo per i soggiorni di vacanza e di riposo trascorsi nella sua Coupvray. Se da un lato l’Istituto gli offrì l’opportunità di raggiungere una notevole preparazione culturale ed un certo prestigio sociale (Braille diventò prima ripetitore e poi professore dell’Institution), dall’altro molto presto la salute del fragile Braille cominciò ad essere irrimediabilmente compromessa dalla prolungata permanenza all’interno dei malsani ambienti del vecchio seminario. Infatti, sia che egli fosse già affetto da tubercolosi quando entrò all’Istituto, sia che, com’è più probabile, abbia contratto la tisi nel seno di quegli insalubri locali, manifestò le prime avvisaglie del terribile morbo intorno all’età di 26 anni e finì con l’andare incontro ad una morte precoce quando aveva solo 43 anni.
All’interno dell’Institution Braille si distinse ben presto per la sua predisposizione allo studio delle lettere e delle scienze, vincendo ogni anno numerosi riconoscimenti e premi. Eccelleva pure per la sua destrezza manuale e per il suo talento musicale. Egli era, soprattutto, un virtuoso organista e suonava (ed accordava ) pure piuttosto bene il pianoforte ed il violoncello.
Ma la memoria della figura di Braille sarà indelebilmente legata all’invenzione del suo metodo di lettura e di scrittura per le persone non vedenti. Il Braille, dalla sua ideazione fino ad oggi, ha rappresentato, infatti, uno strumento indispensabile per l’accesso dei ciechi alla cultura e per il loro inserimento sociale, strappandoli al loro passato di mendicanti per portarli a svolgere con merito le più svariate professioni. Ecco perché Louis Braille si meritò giustamente l’appellativo di “Johan Guttenberg” dei ciechi” ovvero di loro benefattore.
La genesi del Braille affonda le sue radici al già descritto procedimento Barbier. Dopo l’introduzione della sonografia di Barbier presso l’Institut a partire dal 1821, infatti, l’arguto adolescente Braille, incuriosito da quel nuovo sistema, cominciò a farne largo uso, notandone, però, subito degli inconvenienti. Barbier non dovette accettare di buon grado i rilievi mossigli dal giovane Braille, ma questi non demorse e proseguì nella sua opera. Già nel 1825 Braille aveva concepito per grandi linee le sue modifiche al procedimento del vecchio ufficiale, ma si concesse ancora qualche anno di riflessione e sperimentazione per codificare definitivamente il suo metodo nel 1829. In tale anno egli dettò al suo amato direttore, monsieur Pignier, il suo Procédé pour écrir les Paroles, la Musique et le Plain-chant au moyen des points, à l’usage des aveugles et disposé pour eux (Procedimento per scrivere le parole, la musica ed il canto pieno attraverso i punti ad uso dei ciechi e disposto per loro), in cui egli espose per la prima volta il suo nuovo geniale metodo. I motivi che lo avevano indotto a proporre il superamento della metodologia sonografica di Barbier erano: occupare meno spazio per adattarsi meglio alle necessità di una più veloce esplorazione con le dita (infatti Braille fonda il suo procedimento su sei soli punti in rilievo collocati in due colonne verticali parallele da tre punti ciascuna piuttosto che su dodici punti in due colonne da sei; due punti del Braille occupavano lo spazio di un punto del Barbier); poter rappresentare tutti i caratteri dell’alfabeto, sia le lettere semplici che accentate, nonché i segni di punteggiatura, le cifre ed i simboli matematici; poter rappresentare anche le note musicali. Comunque Braille, pur se ventenne, riconobbe apertamente nell’avvertenza alla succitata opera che senza il sistema di scrittura notturna di Barbier non ci sarebbe stato il suo metodo. Infatti, la tavoletta, il righello ed il punteruolo necessari per la scrittura Braille derivano da quelli del Barbier.
Il Procédé del 1829 venne stampato in caratteri lineari in rilievo; poi, quando venne esposto nel 1834, venne stampato pure coi punti in rilievo. Esso conteneva pure una parte finale con l’indicazione di un sistema di rappresentazione stenografica del Braille dotato di soli venti segni (in questo sistema stenografico tre punti del Braille occupavano lo spazio di un punto del Barbier). Tuttavia, Louis Braille si rese conto che nella prima edizione del 1829 vi erano dei piccoli difetti, come, ad esempio il fatto che alcuni segni che indicavano cifre, la punteggiatura e i simboli matematici presentavano dei tratti lisci ovvero delle lineette indistinguibili dai due punti in successione e che, inoltre, al di là delle buone intenzioni, il lavoro del 1829 non aveva ancora formalizzato una vera e propria notazione musicale coi punti in rilievo. Per superare tali problemi Braille redasse una seconda edizione del suo Procedé che venne stampata in rilievo lineare nel 1837. Qui l’autore soppresse i tratti lisci, introdusse il segna-numero e codificò il suo sistema musicale in punti in rilievo. La nuova edizione venne esposta ai Prodotti dell’industria nel 1839. In quest’edizione Braille aggiunse pure la preghiera del Padrenostro, stampata sia coi punti in rilievo che coi caratteri lineari in rilievo, oltre che in francese, pure in latino, italiano, spagnolo, tedesco ed inglese, come primo tentativo di applicare il suo nuovo procedimento ad altre lingue europee. In tale direzione Pignier inviò un esemplare dell’opera di Braille negli Stati Uniti e in diverse città europee (tra le quali Milano e Napoli).
Nel 1839 Braille, infine, si dedicò appassionatamente all’abbattimento di un’altra barriera apparsa prima di lui insormontabile: la possibilità di corrispondenza scritta tra non vedenti e vedenti. Fu così che pubblicò in quell’anno il Nouveau procédé pour représenter par des points la forme même des lettres, les cartes de géographie, les figures de géométrie, les caractères de musique etc., à l’usage des aveugles (Nuovo procedimento per rappresentare attraverso dei punti la forma stessa delle lettere, le carte di geografia, le figure di geometria, i caratteri della musica, ecc, ad uso dei ciechi). In tale lavoro descrisse un sistema che permetteva ai privi della vista, avvalendosi di una tavoletta, di una griglia e di un punteruolo, di comunicare coi vedenti, raffigurando attraverso la combinazione di dieci punti in rilievo la forma delle lettere dell’alfabeto, cosicché esse potevano essere controllate col tatto dalle persone prive della vista e lette da quelle vedenti. Quindi, lavorando al perfezionamento dell’obiettivo di garantire la corrispondenza tra i ciechi ed i vedenti, nel 1841, l’ingegnoso degente dei Quinze-Vingts Pierre-François-Victor Foucault concepì con Braille una macchina (poi chiamata raffigrafo) che scriveva con rapidità e precisione le lettere dell’alfabeto in rilievo.
Negli anni successivi, purtroppo, gli attacchi della tisi si fecero sempre più frequenti e violenti, sicché l’infermo Braille dovette gradualmente ridurre i suoi intensi ritmi di lavoro. La sua salute si aggravava progressivamente di anno in anno, finche’ la malattia se lo portò via dal mondo terreno il 6 gennaio del 1852. Le sue spoglie prima sepolte al cimitero della sua cittadina natale, vennero poi trasferite in occasione del centenario della sua morte nel Pantheon di Parigi, come tributo postumo di gratitudine eterna di tutta la nazione francese al genio del suo illustre figlio, famoso ormai in tutto il mondo. Il metodo di Braille, infatti, dopo le iniziali difficoltà ad imporsi (in quanto considerato, erroneamente, come un mezzo di segregazione del non vedente, piuttosto che di sua integrazione) ebbe il suo primo riconoscimento internazionale al Congresso universale per il miglioramento della sorte dei ciechi e dei sordomuti tenuto a Parigi in occasione dell’Esposizione universale del 1878, quando venne decisa la prima generalizzazione internazionale del metodo Braille originale non modificato. Quindi, seguirono nel 1917 l’adozione del Braille originale pure negli Stati Uniti d’America, nel 1929 il riconoscimento internazionale della Notazione musicale Braille ed, infine, nel 1949, su decisione dell’Unesco, l’uniformità dei vari alfabeti Braille, cosicché esso venne adottato nelle lingue arabe, in quelle orientali e nei dialetti africani, diventando, così, il metodo universale di lettura e di scrittura dei ciechi di tutto il mondo.
Ma chi era veramente Louis Braille? Un’analisi delle già citate lettere private ci permette una conoscenza più circostanziata e ravvicinata dell’uomo privato consegnandoci il ritratto di una persona sensibilissima, umile, caratterizzata da una timidezza e da un pudore forse persino eccessivi.

Le “Lettere inedite di Louis Braille”, di Emanuele Rapisarda

Autore: Emanuele Rapisarda

Alcune lettere della corrispondenza privata di Braille sono state recentemente scoperte per noi italiani dal Prof. Gianluca Rapisarda negli archivi dell’Institut National des Jeunes Aveugles di Parigi (2011). Nello stesso anno, lo scrivente ne ha curato la traduzione in italiano per conto dell’Università di Catania (Edizione Bonanno).
Nel 2009 l’Institut National des jeunes aveugles, allora diretto da Gérard Gonzalez, ha pubblicato, grazie all’interessamento dell’archivista Zoubeïda Moulfi, la trascrizione, in duecento esemplari, dei facsimili di alcune lettere di Louis Braille e del fratello Louis-Simon scritte di proprio pugno, dettate a uno scrivano o scritte al rafigrafo. La scoperta di queste lettere veniva a colmare una lacuna già ravvisata dal maggiore biografo di Braille, Pierre Henri, che nel 1952 sottolineava come l’assenza di corrispondenza privata aveva fino ad allora impedito l’approfondimento della personalità del personaggio. Queste lettere, quindi, hanno gettato nuova luce su Braille e, come tali, diventano un documento essenziale per tutti coloro che si interessano alla storia dei ciechi e alla loro condizione nelle società del passato.
Ora, grazie alla traduzione di cui sopra, anche noi Italiani abbiamo avuto finalmente l’opportunità di ricavare un’immagine nuova, più intima di Louis Braille, che, senza togliere niente alla sua inestimabile e preziosa attività svolta a favore dei non vedenti, ci fa conoscere un Braille un po’ meno simbolo ed emblema, ma un po’ più uomo in carne ed ossa.
Questo volume è nato dalla collaborazione fra l’Istituto per ciechi “Ardizzone Gioeni” di Catania, l’Institut National des Jeunes Aveugles di Parigi ed il Centro di Studi Storici sulla Disabilità’ di Catania ed ha inaugurato anche la prima Collana dedicata interamente agli studi storici sulla disabilità. Se, infatti, ormai consolidati sono gli studi sul mondo dei poveri e dei marginali, ancora pochi sono gli studiosi che hanno lavorato sulla disabilità e sulla cecità in particolare. Con questa pubblicazione, realizzata anche in Braille e su supporto audio, si è inteso quindi da un lato cominciare a fornire un contributo a un filone della ricerca storica finora, soprattutto in Italia, fin troppo esiguo, dall’altro permettere, anche ai non vedenti, una maggiore conoscenza e comprensione storica della condizione dei disabili che “furono”.
Tali “Lettere inedite” si possono sostanzialmente dividere in tre gruppi: le lettere scritte di proprio pugno dallo stesso Braille tra il 26 agosto 1831 ed il 1 ottobre 1835; quelle dettate a degli scrivani tra il 2 gennaio 1832 ed il 2 ottobre 1833; quelle scritte al raffigrafo da Braille tra il 14 giugno 1842 ed il 25 febbraio 1851.
Le epistole scritte di proprio pugno dallo stesso Louis Braille sono dieci e sono indirizzate tutte al Direttore dell’Institut, Monsieur Pignier. Ognuna di esse fu scritta dalla cittadina natale di Coupvray nel periodo compreso tra i mesi di agosto ed ottobre, quando Braille si recava per trascorrere le vacanze dopo la fine dell’anno scolastico e per rimettersi in salute. Da questi documenti si palesa la devozione e l’amicizia del giovane Braille per il suo direttore, al quale il mittente si rivolgeva con rispetto (le lettere si chiudevano quasi sempre con la formula «mi onoro di essere il suo rispettoso ed affezionato allievo»).
Le epistole evidenziano, inoltre, il grande attaccamento di Braille per la sua famiglia e un rapporto ambivalente con il suo luogo di nascita. Nell’agosto del 1831, ad esempio, scriverà: «a Coupvray mi ritornano tristi ricordi ai quali non posso sottrarmi», ma già due mesi dopo non esita a comunicare che «la campagna è il mio unico luogo specifico» o ancora, due anni dopo parla dei «piaceri della campagna durante le belle giornate d’autunno». Il desiderio di Parigi resta comunque forte: «occorre che la mia famiglia e la mia salute mi siano molto care per resistere al desiderio che avevo di ritornare a Parigi» scrive infatti il 29 settembre del 1834.
Una grande attenzione veniva dedicata alla sua salute e a quella degli altri. Il 2 ottobre del 1831 scriveva a Pignier: «innanzitutto vivere, poi lavorare: la salute è un tesoro di cui non conosciamo il prezzo fino a quando non la perdiamo» e, ancora due anni dopo, il 22 ottobre 1833: «Bodoin è probabilmente ancora come me, ahimè. Poveri ragazzi che siamo, non avremo questa felicità. Quanto a me, non soffro tanto quanto altri della nostra infermità, ma essa non ne è meno grande». Collegata a ciò è la profonda religiosità dell’autore («era quello che mi ero proposto, ma l’uomo ordina e Dio dispone» scrive il 26 agosto del 1831).
Braille, poi, con estremo riserbo, tradisce una certa stima e considerazione per la sorella di Pignier. Presenta infatti i suoi rispetti ed i suoi garbati saluti alla donna praticamente in ogni sua lettera manoscritta ed in una di esse, in quella del 22 ottobre 1833 scrive: «spero di passare piacevolmente ed utilmente il nostro prossimo anno scolastico, soprattutto approfittando della compiacenza della sua buona sorella che mi ha promesso di aiutarmi nei miei studi».
Non manca poi anche di un certo senso dell’umorismo e di una certa impertinenza. Dirà l’11 ottobre 1831: «sono già quindici giorni che non ho avuto l’onore di avere sue notizie. Se volessi fare dello spirito insipido, le direi che sono persuaso che mi abbia scritto e che bisogna anche che reclami la sua lettera alla posta»; o il 20 settembre del 1831: «ho dimenticato di parlarle, prima della mia partenza, di Roustant che potrebbe essere ammesso alla classe superiore se lei lo giudica opportuno. Non mi dica: accidenti a te, chiudi la bocca. Ancora una parola e finisco per parlarle dell’ammissione dei nuovi retori alla classe di storia».
Dalle lettere si evince anche una personalità poliedrica, piena di interessi e premurosa con gli allievi e gli amici (11 ottobre 1831: «mi fanno delle letture, accordo pianoforti, gioco a carte e a scacchi e sto bene”, o il 22 ottobre del 1833 «dò delle lezioni di canto») e il 22 ottobre 1833: «fra otto giorni sarò…fra i miei compagni che mi hanno provato così bene la loro amicizia».
Le otto lettere dettate da Braille ad uno scrivano pubblico tra il 1832 ed il 1833, oltre a confermarci alcuni aspetti già evidenziati (la stima per Pignier, l’interesse per la sorella, la nostalgia dei compagni) ci rivelano altri aspetti della personalità di Braille. In particolare, da questo gruppo di lettere emerge una certa malinconia ed un desiderio di solitudine. Detterà a Coupvray il 23 settembre 1833: «leggo quando scende la nebbia ed il resto del tempo vado nei campi. Evito anche di trovarmi in società per non parlare molto».
Alcune lettere ci informano, poi, su una vicenda che caratterizzò la vita di Braille nel suo soggiorno a Coupvray del 1832: la possibilità, poi fallita, di diventare organista della città di Meaux, capoluogo del dipartimento dove è situata Coupvray. E’ lo stesso Braille che riferisce di questa sua opportunità ed ambizione. A tal proposito, a Lagny, il 6 settembre 1832, dettò una lettera in cui informava Pignier che l’organista di Meaux era morto la settimana precedente. Nelle successive lettere riguardanti quest’affare Braille informerà delle motivazioni che lo porteranno a rinunciare a quell’incarico da cui si evince tutta la sua sagacia. Infatti, nella lettera dettata il 28 settembre 1832 da Meaux faceva scrivere: «il posto di organista è di 350 franchi, un accordatore di pianoforti ha l’intenzione di stabilirsi a Meaux e vi sono davvero poche cattedrali. Dal consiglio dei miei genitori e, conformemente alle sue buone intenzioni per me, ho detto a Monsignore l’abate Pelais che rinuncio al posto. Ho dimenticato di dire che la vita è diventata cara a Meaux…». Il 18 ottobre dello stesso anno, poi, dettava: «permetta, signore, che osi di correggere l’errore del mio precedente scrivano, pregandola di dire ai miei compagni l’esito del mio affare di Meaux perché è giusto che lo conoscano poichè hanno fatto dei voti e dei sacrifici per farlo riuscire; mi parlano ogni tanto ancora di quel posto e mi dicono che la principale fonte di guadagno consista nei balli dei borghesi, di conseguenza, bisogna spesso passare la notte fuori casa nei castelli vicini, condizioni che non possono combaciare con un posto in seminario, ma io ho rinunciato completamente a quel progetto» ed ancora il successivo 30 ottobre: «quello che più ci affligge è che i suoi sforzi e dei suoi amici siano diventati inutili…Tuttavia lei mi avrebbe preso per folle se avessi obbedito alla vanità che voleva farmi fare l’organista a qualunque costo. Quest’affare mancato mi sarà più propizio di quanto lei non pensi nell’Istituzione».
L’ultimo gruppo di lettere è costituito da quattro epistole scritte al raffigrafo da Braille per il caro Pignier.
Nella prima e nella seconda di esse, scritte il 14 giugno ed il 2 novembre 1842, Braille scrive di un ricevimento di un tale sig. Pasquier, per partecipare al quale, chiedeva a Pignier, con la consueta delicatezza ma anche con una certa insistenza, se gli poteva procurare due biglietti di accesso: ne vien fuori l’immagine di un Braille attratto anche da qualche piacere mondano.
Ma è la terza di tale gruppo finale di lettere che è particolarmente significativa. Essa fu scritta da Braille l’11 ottobre del 1844 a Chamalieres, dove egli si trovava in soggiorno durante i mesi di vacanza dall’Istituzione. In tale epistola, infatti, da un lato, possiamo avere delle conferme al piacere che gli dovevano procurare sia la campagna ed il sole di settembre, che facevano maturare l’uva e lo facevano stare bene, sia la musica, che in quel periodo egli suonava in un trio di pianoforte, voce e violoncello che elettrizzava il vicinato. D’altra parte, nella stessa lettera Braille riferiva pure della tristezza che gli metteva l’avvicinarsi della brutta stagione, che gli annebbiava l’orizzonte del futuro e avrebbe potuto impedirgli di realizzare al ritorno a Parigi il suo ardente desiderio di passare i pomeriggi dalla signorina Pignier, nonché della sua preoccupazione per le condizioni della sua povera madre, che non vedeva da tempo, e per la propria salute, ormai, purtroppo, sempre più instabile per l’aggravarsi della tubercolosi, che sebbene appariva migliorata per via del soggiorno in campagna, era sempre appesa ad un filo (scriveva: «è la corteccia e non l’albero stesso che è divenuta migliore»).
Vi sono, poi, all’interno di questo corpus di lettere, anche due epistole erroneamente attribuite a Louis Braille e che in realtà furono scritte da suo fratello maggiore Louis-Simon. Questi spedirà due missive a Pignier nel 1831: la prima il 30 maggio e la seconda il 3 giugno. Nella prima lo informa delle gravi condizioni di salute del padre e, a nome di quest’ultimo, lo ringrazia delle attenzioni riservate al fratello Louis, raccomandandosi a lui ed alla sorella affinché non abbandonino mai Louis. Nella seconda lettera, dopo il doloroso decesso del padre, parla di tale infausta notizia a Pignier, riferendogli che la partecipazione dello stesso e della sorella all’afflizione di tutta la famiglia Braille per la recente morte del padre era consolatrice. Dunque, non è difficile arguire il profondo legame affettivo reciproco esistente tra la famiglia Braille e i due Pignier, nonché il grande senso di gratitudine e riconoscenza che i familiari di Louis Braille provavano per il Direttore dell’Institution e la sorella per le loro benevole premure verso il loro sfortunato congiunto.
Il Louis Braille che è possibile desumere da queste lettere è una personalità ricca, per certi versi geniale, ma allo stesso tempo articolata: se da un lato l’immagine che se ne ricava è quella di un uomo colto, ricco di interessi e aperto al mondo circostante, dall’altro risulta evidente anche una certa sofferenza interiore derivata dalla sua condizione. Su questa personalità dovette sicuramente influire anche la nuova condizione dei ciechi nella società del tempo: se da un lato i non vedenti beneficiavano dei nuovi processi sociali e culturali che li riguardavano in prima persona, dall’altro doveva ancora completamente avviarsi la loro completa emancipazione. Di tutto ciò queste lettere, che ci restituiscono il clima del tempo e la personalità di Braille, ne sono una preziosa testimonianza.

Irifor – Seminario di Formazione

Esploro con le mani conosco con altri occhi vedo con la mente

Rivolto ai docenti delle scuole di ogni ordine e grado e ai lettori che operano con alunni disabili della vista O.I.C. Sala Pontello – Via Toblino, 53 – Padova 11 marzo 2016

programma:

Ore 8.45: Registrazione.
Ore 9.00: Saluto delle Autorità.
Ore 9.15: Dalla patologia alla disabilità: un passaggio evitabile.
Coordina il prof. Renzo Ondertoller (Tiflologo).
Presentazione e proiezione del filmato “Conosco esploro esco dalla ragnatela”.
prof.ssa Daniela Cosulich (coautrice).
Il documento video illustra le tappe che può affrontare un bambino/ragazzo disabile della vista per raggiungere la piena autonomia e suggerisce consigli utili per creare opportunità inclusive. Il trailer è visibile nel sito www.uiciveneto.it
Oltre la diagnosi – “Non solo farmaci ed interventi chirurgici”.
dott. Roberto Marsilio, oculista.
Coffee break.
Piccole attenzioni in classe per grandi conquiste nello studio
Tommaso Carletto (lettore), Chiara Polato (studentessa universitaria disabile della vista).
Verranno illustrate esperienze di adattamento del materiale di studio tramite ausili, sussidi didattici e strategie adottate per comprendere gli argomenti spiegati in classe senza la possibilità di visualizzazione.
Dibattito.
Ore 13.00: Pranzo a buffet.
Ore 14.00: Dal banco al mondo.
Coordina il prof. Renzo Ondertoller (Tiflologo).
Accettazione di sé e inclusione nella classe.
dott.ssa Erika Berton (psicoterapeuta).
“L’aiuto al bambino/ragazzo ipovedente o cieco nel riconoscere e accettare la propria disabilità; l’inserimento nel gruppo classe; il lavoro in rete tra genitori, insegnanti e lettore”.
In movimento verso l’autonomia.
dott. Luca Coselli, dott. Luca Trombini.
“Il movimento aiuta a superare i condizionamenti della disabilità visiva” – presentazione di un progetto realizzato con bambini/ragazzi ipovedenti e ciechi.
Tra relazioni e opportunità, per un Progetto di Vita.
dott. Simone Visentin (ricercatore universitario del Dipartimento di Filosofia, Pedagogia e Psicologia Applicata).
Verrà messo a fuoco il valore delle relazioni e il tema del Progetto di Vita alla luce dell’approccio delle capability.

L’iscrizione va inviata entro il 4 marzo compilando il modulo on line all’indirizzo http://www.irifor.eu/fpd01

La partecipazione è gratuita.

L’IRIFOR Sede Centrale invierà apposito attestato entro 15 giorni dalla data di svolgimento dell’iniziativa.

Per ulteriori informazioni veneto@irifor.eu.

Il Presidente
Angelo Fiocco

I.Ri.Fo.R. ONLUS
Consiglio Regionale Veneto
Via L. Braille, 3 int. 2 – 35143 PADOVA
veneto@irifor.eu
Tel. e Fax 049/8710698

Davide Cervellin, di Antonio Greco

Autore: Antonio Greco

Cervellin! Cervellin! Chi è costui? E’ vero; chi è costui. Si dice che è fuori dal tempo; invece è qualcuno che ha ancora la testa sulle spalle, al contrario di tanti altri che, o per emulazione o per illusoria convinzione o per scarsa competenza, sostengono ancora l’ integrazione scolastica, così come prolifica oggi. Si disse, a suo tempo, che non è bello che i bambini stiano lontani dai genitori; è vero anche questo; ma è vero anche che col mondo di oggi, coi mezzi rapidi di comunicazione è possibile raggiungere facilmente gli Istituti o dagli Istituti le famiglie. Però, se lo stare vicini li danneggia, è meglio stare in posti educativi e salutari. Non bisogna dimenticare che, specialmente in Inghilterra, le migliori famiglie iscrivono i propri figli nei migliori college del Regno. Si disse che finalmente si poteva socializzare col mondo dei vedenti e tante e tante altre illusioni realizzate nel futuro fino ad oggi.
Fumo al vento. Non mi prolungo a dire ciò che ancora si decantò; mi fermo, invece, a ciò che erano gli Istituti per i ciechi e a ciò che è l’integrazione oggi.
Chissà quanti, come me, si ricordano della vita che pullulava negli Istituti, salvo qualche caso sporadico o qualche neo, come ascoltare la messa ogni mattina, ma quelli erano i tempi. Negli Istituti si apprendeva un po’ di tutto; basta ricordare la vita che si svolgeva nell’Istituto per ciechi di Lecce: ci si levava la mattina, si andava a messa, a colazione e poi in classe.
Pomeriggio.
Dopo il pranzo delle 12,30, ricreazione fino alle 15. Dalle 15 fino alle ore otto, un’ora di pianoforte; un’ora di lavoro che consisteva nell’apprendere ad impagliare sedie normali; sedie di Vienna; stuoie e tappeti; lavoro in vimini per cestini di qualsiasi formato; divani in vimini eleganti e meno; lavori in legno e fil di ferro e altre primizie. Dalle ore 17,00 alle 19,00, in classe per letture amene e la preparazione dei compiti per il domani. Si usciva dalla classe e ci si recava in chiesa per suffragare i defunti più cari. Alle ore 20,00 la cena, mezz’ora di ricreazione e poi a letto.
Il sabato pomeriggio e la domenica ci si divertiva in tanti modi. Si giocava al calcio, prima con lattine, poi col vero pallone coi sonagli. Ma non era solo questo: si inventavano tanti altri giochi che, non solo avevano il fine di divertire, ma anche di educare. Giochi di orientamento, di localizzazione ed esercizi mentali che la facevano da padrone. Per esempio: Tra ragazzi più portati alla musica, si creavano cori di ogni genere. I ragazzi più disinvolti e autonomi inventavano altri giochi che non erano adatti per tutti: due ragazzi andavano nel dormitorio, si impossessavano di un cuscino e, dispostisi alla distanza tra tre letti o quattro, si lanciavano il cuscino l’un l’altro: la bravura consisteva nel riuscire ad afferrarlo al volo mentre arrivava; e chi non riusciva, andava giù di un punto. Altro gioco, fatto sempre tra due ragazzi, consisteva nel disporsi in un corridoio lungo dai 10 ai 15 metri e lanciare coi piedi reciprocamente una latta schiacciata, e con gli stessi piedi riuscire a bloccarla. in una sala veniva collocato in un angolo un cestino vuoto. Si costruiva una pallottola di carta e dall’angolo opposto la si lanciava, cercando di indovinare il cestino come bersaglio. Non mancava il gioco della “palla artificiale”: si realizzava scegliendo un ragazzo bassino, tondeggiante per palla. Due squadre di tre o quattro ragazzi contrapposte si disponevano in un campo di circa 40 o 50 mq e si contendevano la “palla” che, spesso, andava a finire in un posto non rilevato; allora era la stessa “palla” ad esclamare: “son qui! Son qui”.
Sorvoliamo tutto il resto e passiamo al secondo punto: il lavoro.
Dall’istituto di Lecce ogni anno si licenziavano tre categorie di allievi: avviamento al lavoro per Firenze; avviamento allo studio del pianoforte per Bologna; avviamento per gli studi letterari a Bologna. Ne uscivano grandi personaggi, sia nel campo della musica che in quello letterario, e i ciechi vivevano agiatamente. Si arrivava alla laurea o ai diplomi senza nemmeno l’ombra di insegnanti di sostegno. La preparazione che dava l’Istituto rendeva autonomi e capaci gli studenti di ogni genere. Anche oggi i ciechi vivono agiatamente, ma per ragioni differenti. Ora analizziamo i due mondi opposti: Istituti e integrazione scolastica.
Abbiamo esaminato la bontà degli Istituti; ora esaminiamo i disastri della legge dell’integrazione scolastica.
Escluso qualche centro più grande, la frequenza scolastica è un disastro. Conosciamo abbastanza bene la situazione degli insegnanti di sostegno; è inutile parlarne. Parliamo d’altro.
In genere i vedenti, se non ci conoscono da vicino, ci immaginano come poveri disgraziati, per cui, se un cieco nella scuola fa qualcosa ritenuta degna di lode, gridano al miracolo, e allora li valutano con buoni giudizi. Basterebbe che io vi raccontassi una mia esperienza e ve la racconto:.
Sono un ex docente di filosofia, pedagogia e psicologia nell’Istituto Magistrale st. di Maglie. Provengo dal classico. Venni convocato dalla preside del liceo-ginnasio di Martano per aiutare un ragazzo iscritto al quarto ginnasio. All’inizio lo assistevo in classe; ma non era il luogo adatto perché si creava disturbo tra il docente e me che cercavo di spiegare alla meglio al ragazzo. La classe veniva distratta e non potevo intervenire come sarebbe convenuto. Chiesi di poterlo seguire a domicilio e mi fu concesso. Quando cominciai ad assaggiare la preparazione di questo studente, misi le mani nei capelli: scriveva con la dattilobraille; non sapeva dividere le parole in sillabe; la S impura ad una riga e il rimanente nell’altra. A malapena conosceva il braille; cercai di saggiarlo in geografia: gli chiesi, su una carta geografica dell’Italia, di indicarmi la posizione di Lecce; dopo strisciate, mi indicò la punta più occidentale della Sicilia. Non conosceva l’alfabeto del greco classico, e dopo tre mesi di pietosa assistenza, dovetti abbassare la guardia: dissi alla preside che gli facesse cambiare indirizzo scolastico, ma non fui ascoltato. Seppi dopo che lo avevano iscritto al ginnasio per mancanza di numero degli alunni, per cui si rischiava di perdere una classe.
Questo è l’andamento dell’integrazione scolastica in tutta Italia. Non ci facciamo illusioni. Nei grandi centri, Milano, Roma, Napoli, Palermo ed altri centri, lì la vita è un po’ differente, perché il numero dei non vedenti è in grado di incontrarsi e di vivere diversamente dai ciechi dei piccoli centri; anche perché è più facile che siano aiutati dalle associazioni di categoria. I ciechi devono stare insieme, perché così si trovano più a loro agio; prova ne sia il centro delle vacanze a Tirrenia. Molti ciechi preferiscono trascorrere le vacanze in quel posto che altrove, perché hanno la possibilità di meglio svagarsi e divertirsi. Io ho appreso l’uso del computer per l’80 per cento dagli amici non vedenti. La possibilità di stare insieme garantisce scambi di esperienze, di cultura ed altro. Ecco perché l’integrazione è risultata un fallimento, e non capisco ancora perché grandi geni dell’uici e di altre associazioni sostengano ancora l’infelice integrazione scolastica. Son passati quassi quaranta anni dalla legge dell’integrazione scolastica e, se non si cambia registro, ne passeranno altrettanti. Dovranno provvedere i governi che fin ad oggi hanno sonnecchiato, lasciando i non vedenti allo sbaraglio. A quando si provvederà ad una degna scuola di metodo per insegnanti di sostegno? A quando si provvederà a diffondere nelle scuole l’insegnamento della musica in braille? Quando si cercherà di creare, almeno in ogni provincia, attività manuali per fanciulli e ragazzi che vengono alla vita? Mi piacerebbe conoscere risposte sagge a queste tre domande principali. Qualche timido tentativo di ritorno alle scuole speciali si scorge, come a Brescia e a Padova, ma è ancora una goccia nella sabbia. In passato abbiamo avuto celebri concertisti, celebri letterati, celebri lavoratori. Oggi dove stanno i musicisti? Di laureati abbiamo sempre meno. Allora qual è il miracolo della scuola integrata? Non sono certo i tiflopedagogisti o tiflodidattici se devono essere sparsi nei paesini di tutta Italia, ma, per me, l’unico toccasana sono le scuole speciali negli Istituti di una volta, dove ogni tiflop e tiflod può essere impegnato nell’opera educativa non solo per uno o due o tre educandi, ma per dieci, venti ed oltre; solo così si potrà tornare agli splendori di cinquanta anni fa.
Ecco perché, per me Davide non è cervellin, ma Cervellon.
Antonio Greco

Comunicato stampa dall’Unione Mondiale dei Ciechi – Giornata Mondiale del Braille 2016

Toronto, 4 Gennaio 2016: Il 4 gennaio di ogni anno viene celebrata la Giornata Mondiale del Braille per onorare Louis Braille e l’importanza della sua invenzione: il sistema Braille. Nato in Francia nel 1809, Louis Braille aveva perso la vista a 3 anni in conseguenza di una ferita agli occhi, ma la sua disabilità non gli impedì di intraprendere e completare i suoi studi con successo. Tuttavia, gli ostacoli incontrati nel suo percorso educativo, dovuti ai limitati strumenti di lettura e scrittura messi a disposizione delle persone cieche e ipovedenti, stimolarono Louis Braille, mentre era ancora uno studente, a creare un nuovo sistema di lettura e scrittura per i ciechi. Egli ideò un codice semplice ma versatile, utilizzando punti a rilievo per rappresentare numeri e lettere, che prese il suo stesso nome: Braille. Per ulteriori informazioni su Louis Braille, potrete trovare ulteriori notizie in lingua inglese al seguente link della Fondazione Mondiale del Braille: www.worldbraillefoundation.com/aboutbraille.htm.
L’invenzione del Braille ha cambiato l’approccio alla lettura delle persone cieche e ha permesso loro di conquistare una maggiore autonomia negli studi contribuendo ad aumentare le loro competenze personali e la possibilità di condurre una vita autonoma e appagante. Anche la Convenzione delle Nazioni Unite sui Diritti delle Persone con Disabilità (CRPD) riconosce l’importanza del Braille, menzionandolo esplicitamente in vari articoli, tra cui gli Art. 2, 9, 21 e 24. Il testo della CRPD esalta il Braille come un mezzo di comunicazione per i non vedenti che rappresenta inoltre un sostegno importante alla riuscita della loro inclusione sociale. Sono tuttavia necessarie una grande diffusione dell’insegnamento del Braille e un’ampia disponibilità di documenti trascritti con questo metodo di letto-scrittura per far sì che il Braille dia un contributo concreto al miglioramento la vita delle persone cieche e ipovedenti.
I ciechi e gli ipovedenti sono profondamente preoccupati dall’osservare, in particolare tra gli educatori e a livello governativo, la riduzione dell’insegnamento e dell’utilizzo del braille e degli investimenti ad esso relativi, a causa del fatto che si ritiene che tecnologie come l’e-book e i lettori di schermo possano sostituire il Braille. Questo è un problema sentito a livello mondiale, che riguarda sia i paesi sviluppati sia quelli in sviluppo. In Regno Unito, ad esempio, solo il 4 % dei bambini e dei giovani ciechi e ipovedenti tra i 5 e i 16 anni sa leggere il Braille, ovvero solo 850 ragazzi su oltre 25.000. Il Braille è inoltre l’unico metodo non tecnologico di letto-scrittura equivalente alla scrittura in nero e così coloro che non possono permettersi l’acquisto degli ausili tecnologici più aggiornati quasi sicuramente andranno incontro a gravi conseguenze legate alla riduzione dell’insegnamento del Braille e della disponibilità di materiali trascritti in questo formato. È importante tenere a mente che i sistemi tradizionali conservano la loro utilità fondamentale anche quando vengono introdotte delle nuove tecnologie.
L’Unione Mondiale dei Ciechi (WBU) vuole sottolineare che gli altri formati accessibili, compresi quelli che prevedono l’utilizzo di ausili tecnologici, non sono dei sostituti del Braille, ma devono essere considerati piuttosto come una sua integrazione. Proprio come gli audiolibri o gli e-book non possono sostituire per i vedenti i libri cartacei, allo stesso modo i libri in Braille non possono essere completamente sostituiti in quanto hanno un ruolo fondamentale nei percorsi di formazione e di riabilitazione delle persone con disabilità visiva che siano davvero efficaci. L’importanza del Braille non trova migliore descrizione che nelle parole di Pedro Zurita, ex Segretario Generale dell’Unione Mondiale dei Ciechi, che ha scritto:
“E sai cosa ti dico, Louis?…Io metto in mostra la tua invenzione ovunque. Leggo utilizzando il sistema che hai inventato; in piedi, sdraiato, seduto, in ogni posizione…Perché il tuo codice, Louis, ha conferito a tante, tantissime persone non vedenti – tra le quali, naturalmente, me stesso – dignità, autonomia e molte ore di incomparabile piacere spirituale”.
(Clicca sul seguente link per scaricare “Una lettera a Louis Braille” di Pedro Zurita: http://www.worldblindunion.org/English/resources/Pages/Braille-Information.aspx).
Nella Giornata Mondiale del Braille 2016, la WBU fa appello ad alcuni soggetti specifici affinché facciano la loro parte nel garantire che l’insegnamento del Braille e i relativi investimenti continuino a rimanere una priorità:
Esortiamo le Nazioni Unite e le organizzazioni correlate come l’UNESCO a intensificare le iniziative per la promozione del Braille, così come previsto nella Convenzione dell’ONU sui Diritti delle Persone con Disabilità.
Facciamo appello a tutti gli Stati parti perché si assumano quelle responsabilità attribuite loro dalla Convenzione ONU, nello specifico:
Favorire un più facile accesso ai materiali Braille
Promuovere l’apprendimento del metodo di lettura e scrittura Braille presso quei bambini, quei giovani e quegli adulti ciechi e ipovedenti che potrebbero trarre beneficio da esso
Garantire la formazione di professionisti specializzati nell’insegnamento del Braille e assicurare la produzione di materiali adattati in Braille
Chiediamo a tutte le organizzazioni che fanno parte della WBU, agli educatori, ai professionisti che si dedicano alle persone non vedenti e alle stesse persone con disabilità di promuovere l’utilizzo del Braille in tutti gli aspetti della vita politica, sociale, economica, culturale e civile.
L’Unione Mondiale dei Ciechi (WBU) è l’organizzazione che rappresenta in tutto il mondo circa 285 milioni di persone cieche e ipovedenti. I suoi membri sono presenti in più di 190 paesi e sono organizzazioni gestite da persone non vedenti che difendono i propri diritti e interessi, organizzazioni che forniscono servizi a queste persone e organizzazioni internazionali che lavorano nel campo della disabilità visiva.
Per ulteriori informazioni contattare:
Unione Mondiale dei Ciechi (WBU)
Caitlin Reid
Coordinatore della Comunicazione
Caitlin.Reid@wbu.ngoHYPERLINK “mailto:Caitlin.Reid@wbu.ngo”?

Ciechi e ipovedenti sulle piste di sci fondo a Riva di Tures

15 km di piste per sci fondo, perfettamente preparate con neve naturale – il Gruppo Sportivo Dilettantistico Non- e Semivedenti Bolzano, con Riva di Tures ha scelto bene il luogo dove svolgere la consueta settimana di sci fondo. Riva, in questo inverno privo di neve, era uno dei pochi posti dove a fine gennaio si trovavano condizioni tali, affinché i 36 partecipanti all’iniziativa potessero intraprendere i loro tour sulle piste per lo sci fondo oppure imparare o approfondire la tecnica dello sci nordico. I minorati della vista sono stati coadiuvati da un team di 8 istruttori da sci e accompagnatori appositamente formati. A questi va un sincero ringraziamento per il loro prezioso aiuto volontario, inoltre anche alla Banca Popolare dell’Alto Adige per il sostegno finanziario.

I partecipanti alla settimana di sci fondo, che si è svolta dal 24 al 31.01., venivano da tutto l’Alto Adige, ma anche dal Tirolo del Nord, da Venezia e dalla Germania. Ad inizio settimana i partecipanti, secondo la loro esperienza e preparazione sportiva, sono stati suddivisi in gruppi. Ogni giorno di mattina e pomeriggio si sono recati sulle piste per fare un giro oppure per imparare o migliorare la tecnica dello sci nordico. Dopo lo sport vi era tempo per rilassarsi in piscina o in sauna, gli instancabili passavano le serate con una passeggiata, gli altri si trovavano al bar per una chiacchierata. Vi era anche la possibilità di partecipare ad una camminata con le ciaspole. Una sera il Presidente dell’Unione Ciechi e Ipovedenti dott. Valter Calò ha fatto visita al gruppo, portando con se anche il senatore Hans Berger, che ha dato il benvenuto ai partecipanti nel suo paese. Così la settimana di sci fondo si è svolta in maniera svariata e piacevole, e diversi amici sportivi hanno espresso l’intenzione di partecipare anche il prossimo anno.

Il Gruppo sportivo dilettantistico non e semivedenti Bolzano (GSDNSV) organizza iniziative sportive non agonistiche, progetta il tempo libero e organizza la partecipazione a competizioni sportive nazionali ed internazionali. Il gruppo sportivo si articola nelle seguenti sezioni: Torball, sport invernali, atletica leggera e tandem/scacchi/bersaglio/tempo libero.

Info: Riccardo Tomasini (responsabile per lo sport invernale), tel. 0471-971117
Email: sport@unioneciechi.bz.it

foto di gruppo

foto di gruppo

Modena – Per “Una Domenica tra i sensi” Spritz & Braille “Togliti tutto ma non il mio Braille!”

Domenica 21 Febbraio dalle 19.00 Presso Caffè delle Passioni in viale Carlo Sigonio 382 a Modena, una serata aperta a tutti con musica dal vivo, DJ set, degustazione eno-gastronomica, spazi ludico-ricreativi per sperimentare il linguaggio Braille e giocare con tutti i nostri sensi.

In occasione della Giornata Nazionale del Braille la sezione modenese UICI (Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti) e il Caffè delle Passioni propongono una serata di sensibilizzazione al tema della disabilità visiva, dove musica, gioco e piacere dei sensi saranno gli assoluti protagonisti.

Non vedere o vedere poco e male significa senza dubbio avere qualche difficoltà in più nella vita di tutti i giorni, ma non è solo questo, e alla UICI lo sanno bene. “Avere una disabilità visiva può diventare un’opportunità – spiega il Presidente Ivan Galiotto – perché occorre cercare quotidianamente soluzioni e strade nuove per fare ciò che gli altri fanno normalmente, imparando a mettere a frutto tutte le proprie capacità e sensibilità, e a chiedere aiuto in fiducia”. Ed ecco l’importanza che vengono ad avere gli altri sensi, i percorsi individuali nell’esplorazione dei propri limiti e dei propri talenti, e la necessità di studiare strategie alternative per leggere, comporre musica, fare sport e godersi la vita.

“Abbiamo scelto quest’anno di celebrare la Giornata Nazionale del Braille – prosegue Galiotto – offrendo a tutti una serata di festa e di sperimentazione, chiedendo ai nostri ospiti di mettersi in gioco per scoprire qualcosa in più sul nostro modo di percepire il mondo, ma anche per curiosare dentro di sé, in modo leggero, libero e divertente.
Saranno allestiti spazi in cui avvicinarsi al linguaggio Braille e alle attività dell’associazione, un percorso di abilità olfattiva e un programma di degustazione eno-gastronomica ad hoc, curato dallo Staff del Caffè delle Passioni, per godere delle gioie del palato anche ad occhi chiusi.

Segue programma dettagliato dell’iniziativa…

Per informazioni:
www.uicimodena.it
e-mail: uicmo@uiciechi.it
UICI –Modena Chiara: 059 260759
Nadia Luppi: 340 4933914
Caffè delle Passioni: https://it-it.facebook.com/caffedellepassioni

Programma musicale della serata:

20.00 Liquid Jazz Trio
Alessandro Roveri al pianoforte, Marco Cantù al contrabbasso e Gianni Finotello alla batteria. Diplomato al Conservatorio di Parma, Alessandro Roveri ha vissuto negli Stati Uniti dove ha completato la sua formazione jazzistica presso la City University of New York. Marco Cantù si è perfezionato alle Summer Clinics di Umbria Jazz e con il modenese Enrico Lazzarini; allievo di Mauro Magnani, Gianni Finotello vanta numerose collaborazioni con gruppi e interpreti locali che spaziano dal blues al jazz.

21.00 Marco Zollo
Giovane cantautore non vedente, propone cover di grandi classici italiani e suoi inediti.
Marco Zollo, classe 1996, ha scoperto la musica a undici anni, e da allora non ha mai smesso di studiare canto, cimentandosi nella lirica, nel funky e nel jazz, ma preferendo sempre la musica leggera. Vanta numerose collaborazioni, non ultime quelle coi Nomadi e gli Eufonia. Oltre a interpretare i grandi classici della musica leggera, compone canzoni proprie ed è attualmente impegnato nella preparazione del suo primo album da solista.

22.00 – DJ Set con Jumbo e per I più temerari… Blind Dance

Opportunità in sala

Angolo del Braille – Spazio dedicato a chi vuole imparare a scrivere e leggere in Braille, con l’aiuto dei tutor UICI.

Annusa e vinci! – Percorso di abilità olfattiva a premi.

Mi fido ciecamente – Guidare e farsi guidare nell’esplorazione dello spazio ad occhi chiusi, sperimentare i piaceri del palato, l’ascolto di buona musica e le relazioni senza farsi “ingannare” dalla vista.

Occhio al Gusto! – Percorso di degustazione di vini e pietanze abbinate, curato dalla cucina del Caffè delle Passioni.
1 calice di Franciacorta Saten Le Cantorie e bruschetta con pesto di radicchio rosso e noci: 8 euro
1 calice di altri vini con farinata di ceci e zucca: 6 euro.
5 calici e buffet completo (involtini di prugne e pancetta, crostini con crema di avocado, farinata di ceci e zucca, chipsp di carote e cavolo nero, insalata di sedano e olive, grissini al sesamo e mortadella).

Gradita la prenotazione per la degustazione completa
(Caffè delle Passioni cell. 366/92.76.018)