Centro di Documentazione Giuridica: Ancora una volta muta l’orientamento della Cassazione sulla sottoposizione ad un tetto di reddito per la pensione non reversibile dei non vedenti, a cura di Paolo Colombo

Autore: a cura di Paolo Colombo

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione civile, sezione sesta, con la sentenza n. 24004 dell’11 Novembre 2014 di cui segue breve commento e riproduzione integrale del testo in calce.
La decisione della Suprema Corte si uniforma alla precedente sentenza n. 24192/2013 secondo cui “La pensione non reversibile per i ciechi civili assoluti di cui all’art. 7 legge 10 febbraio 1962, n. 66, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell’ambito di cui all’art. 38, primo comma, Cost., con conseguente cessazione dell’erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all’art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 di conversione del d.l. del 30 gennaio 1971, n. 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l’art. 68 della legge 30 aprile 1969, n 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall’INPS, sia l’art. 8, comma 1 bis, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni in legge 12 novembre 1983, n. 638, che consentono l’erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all’art. 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica.”
La Sezione Sesta della Suprema Corte ritorna su una vexata questio ribadendo che lo stato di bisogno va inteso quale requisito indispensabile per l’ottenimento e la conservazione della pensione per i ciechi civili totali o parziali di cui all’art. 7 della legge n. 62 del 1966.
Ribadisce la Corte tra l’altro che l’attribuzione di una pensione di previdenza o di assistenza sociale ha presupposti e finalità differenti, sebbene la categoria da tutelare sia la stessa (nel caso di specie, persone affette da cecità congenita o sopravvenuta).
Per tale motivo, la Suprema Corte, data la natura specifica ed eccezionale della normativa conferma come non sia possibile estendere per analogia la normativa inerente i trattamenti assistenziali a una situazione che prevede invece la revoca dei benefici di tipo previdenziale (come nel caso della ricorrente).
Distingue dunque la Corte la finalità propria della pensione assistenziale da quella della pensione previdenziale.
La prima, dunque, concorre ad integrare il reddito del soggetto colpito da cecità – c.d. mancato guadagno – il quale deve versare in stato di bisogno per poterne beneficiare. Precisando che la quantificazione del bisogno economico (calcolato sulla base del reddito ai fini IRPEF) e il non superamento della soglia determinata per legge, è dunque requisito indispensabile per ottenere tale forma di pensione integrativa.
La seconda al contrario, (la pensione previdenziale) prescinde dall’eventuale recupero del mancato guadagno da parte del soggetto interessato, essendo anzi la sua finalità ultima quella di favorire l’inserimento – o il reinserimento – del cieco nel mondo del lavoro, “evitando che al reperimento di un’attività lavorativa e di un connesso reddito consegua la perdita della pensione”.
Ancora una volta nonostante precise norme di legge, ossia gli artt.  68 l. 153/1969 e 8 del d.l. n. 463 del 1983, tuttora in vigore, prevedano espressamente che “le disposizioni di cui al secondo comma dell’articolo 10 del regio decreto-legge 14 aprile 1939 n.636 (secondo cui la pensione di invalidità viene soppressa quando la capacità di guadagno del pensionato cessi di essere inferiore ai limiti previsti dalla legge), non si applicano nei confronti dei ciechi che esercitano un’attività lavorativa”, e sebbene la S.C., con pronuncia a Sezioni Unite n. 3814/2005, abbia espressamente confermato la piena vigenza di tale eccezionale previsione, chiarendone, poi, limiti e portata normativa con la pronuncia n. 15646 del 18 settembre 2012, l’orientamento della Corte di Cassazione muta.
A due anni da tale favorevole pronuncia, la Suprema Corte è nuovamente intervenuta in consapevole dissenso con il richiamato precedente ritenendo che “la pensione non reversibile per i ciechi civili (assoluti o parziali) di cui agli arti 7 e 8 della L. 10 febbraio 1962, n. 66, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiano dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell’ambito di cui all’ari 38, primo comma, Cost., con conseguente cessazione dell’erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all’ari 12 della L. 30 mano 1971, n. 118 di conversione del D.L. del 30 gennaio 1971, n. 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l’ari 68 della L. 30 aprile 1969, n 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall’I.N.P.S., sia l’ari 8, comma 1 bis, del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni in L. 11 novembre 1983, n. 638, che consentono l’erogazione della pensione I.N.P.S. in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi dì norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all’ari 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica”.
Malgrado nella commentata sentenza la Corte abbia escluso la devoluzione della materia alle Sezioni Unite in quanto la decisione è in linea e non in contrasto con quella precedente (Cass. Sezioni Unite del n.3814 del 2005) si auspica che una nuova pronuncia a Sezioni Unite possa, al più presto, ribadire le statuizioni della sentenza del 2005 e creare una situazione di certezza interpretativa delle norme.
a cura di Paolo Colombo (coordinatore del Centro di Documentazione Giuridica)

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
ESENTE
SESTA SEZIONE CIVILE –
Composta dagli Ill.mi Sigg.n Magistrati:
Dott. PIETRO CURZIO – Presidente –
Dott. ROSA ARIENZO – Consigliere –
Dott. DANIEJ4A BLASUTTO – Consigliere –
Dott. FABRIZIA GARRI – Consigliere –
Dott. CATERINA MAROTI’A – Rel. Consigliere –
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso 174-2013 proposto da:
SD (X ), elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA FILIPPO NICOLAI N. 70, presso lo studio dell’avvocato LUCA GABRIELLI, rappresentata e difesa dall’avvocato PIERA SOMMOVIGO giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (X ), in persona dei legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESARE
BECCARIA 29, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati CLEMENTINA PULLI, EMANUELA CAPANNOLO, MAURO RICCI giusta procura in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 624/2012 della CORTE D’APPELLO di GENOVA del 25/05/2012, depositata il 26/06/2012;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza dell’08/10/2014 dal Consigliere Relatore Dott. CATERINA MARO’ITA;
udito l’Avvocato PIERA SOMMOVIGO difensore della ricorrente che si riporta ai motivi;
udito l’Avvocato MAURO RICCI difensore del controricorrente che si riporta ai motivi.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
La Corte di appello, giudice del lavoro di Genova, decidendo sull’appello proposto da DS nei confronti dell’I.N.P.S., confermava la decisione del Tribunale della stessa sede che aveva respinto la domanda della S diretta ad ottenere il ripristino della pensione di invalidità civile per i ciechi che era stata sospesa per il superamento dei limiti di reddito. Riteneva la Corre genovese che la L. n. 638 del 1983, art. 8, comma I bis, riguardante una prestazione previdenziale, non potesse essere applicata anche al caso di specie avente ad oggetto una diversa prestazione (assistenziale).
Per la cassazione di tale sentenza DS propone ricorso affidato ad un motivo.
L’I.N.P.S. resiste con controricorso illustrato da memoria ai sensi dell’art. 378 cod. proc. civ..
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Con l’unico motivo la ricorrente denuncia: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 68 della L. n. 153 del 1969, dell’art 10 del RD. n. 636 del 1939 come novellato dall’art. 8 del D.L. n. 463 del 1983, convertito nella L. n. 638 del 1983”. Sostiene che, pur posta l’incompatibilità con i benefici di tipo assistenziale della disciplina derogatoria di cui all’art. 68 della legge n. 153/1969, la stessa si applicherebbe alle prestazioni di carattere sociale ovvero a quelle aventi per finalità il reinserimento dell’invalido cieco nella comunità. Invoca il precedente di questa Corte del 18 settembre 2012, n. 15646 che ha affermato il seguente principio di diritto: “La particolare disciplina prevista dalla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 68 – che, derogando alla generale normativa posta dal R.D.L 14 aprile 1939, n. 636, art. 10 (secondo cui la pensione di invalidità è soppressa quando la capacità di guadagno del pensionato non è più inferiore ai minimi di legge), persegue la finalità di favorire il reinserimento sociale dell’invalido, non distogliendolo dall’apprendimento e dall’esercizio di un’attività lavorativa – va letta in senso costituzionalmente orientato (arti. 2, 3, 4 c 38 Cost.), sicché la stessa esclude che la pensione di invalidità già riconosciuta all’assicurato in ragione della sua cecità possa essergli revocata qualora siano mutati i suoi redditi per effetto del conseguimento di una nuova occupazione”.
2. Il ricorso non è fondato.
Questa Corte valuta di conformarsi alla decisione n. 24192/2013 che, in consapevole dissenso con il precedente contrario costituito dalla citata sentenza n. 15646/2012 (che fa riferimento alla prestazione assistenziale di cui alla L. n. 66 del 1962, ma applica i principi relativi alla prestazione previdenziale di cui alla L. n. 153 del 1969 ed al D.L. n. 463 del 1993, art. 8, come si evince anche dal richiamo, contenuto nel principio di diritto, all’”assicurato” in luogo dell’assistito), ha ritenuto
che non sia possibile estendere analogicamente al trattamento assistenziale previsto dalla L. n. 66 del 1962 (e, dunque, tanto alla pensione per ciechi assoluti quanto a quella per ciechi parziali), il beneficio riconosciuto a favore di chi gode di trattamento previdenziale
– si veda anche in senso conforme Cass. n. 8752/2014-.
Come è noto, la pensione (non reversibile) per i ciechi (assoluti o parziali) è stata istituita dalla L. 10 febbraio 1962, n. 66 “Nuove disposizioni relative all’Opera nazionale per i ciechi civili”. L’art 7 di tale legge così prevede: “Ogni cittadino affetto da cecità congenita o contratta in seguito a cause che non siano di guerra, infortunio sul lavoro o in servizio, ha diritto, in considerazione delle specifiche esigenze derivanti dalla minorazione, ad una pensione non reversibile qualora versi in stato di bisogno”. I1 successivo art. 8 aggiunge: “Tutti coloro che siano colpiti da cecità assoluta o abbiano un residuo visivo non superiore ad un ventesimo in entrambi gli occhi con eventuale correzione, hanno diritto alla corresponsione della pensione a decorrere dal compimento del 18” anno di età”. La misura della prestazione è stata modificata dalla L. 27 maggio 1970, n. 382, art. 1 (quest’ultima regolamenta la materia ancora oggi). Essa è, dunque, concessa ai maggiorenni ciechi assoluti o ai soggetti di ogni età ciechi parziali che si trovino in stato di bisogno economico. Tale stato di bisogno è stato inizialmente indicato con riferimento alla non iscrizione nei moli per l’imposta complementare sui redditi (L. n. 382 del 1970, art 5) e, dopo l’abrogazione di tale tipo di imposta, identificato nel possesso di redditi assoggettabili ad IRPEF dì un ammontare inferiore ad un certo limite (v. DL. n. 30 del 1974, art. 6, conv. in L. n 114 del 1974 e DL. n. 663
del 1979, art. 14 septies, conv. in L. 29 febbraio 1980, n. 33) – cfr. Cass. 5 agosto 2000, n. 10335; id. 21 giugno 1991, n. 6982; 12 aprile 1990, n 3110; 22 novembre 2001, n. 14811). I1 limite di reddito da tenere in considerazione è, dunque, il medesimo stabilito per la pensione di invalidità di cui alla L. n. 118 del 1971, art. 12, essendo unica la disciplina contenuta nel citato D.L. n. 663 delm 1979, ari 14 septies.
Nello specifico, la pensione di invalidità civile per i ciechi, già a suo tempo concessa, era stata poi revocata, per superamento da parte della beneficiaria dei limiti reddituali.
Orbene, la prestazione dì cui è richiesto il ripristino ha natura di prestazione assistenziale di invalidità civile, sicuramente integrativa del presunto mancato guadagno derivante dalla condizione di minorità dovuta alla patologia.
Non può, invero, ritenersi che la disposizione di cui alla citata L. n. 66 del 1962, ari 8, sia stata superata dalla previsione di cui alla L. 30 aprile 1969, n. 153, ari 68, che stabilisce che “le disposizioni di cui al RD.L. 14 aprile 1939, n. 636, art. 10, comma 2, il quale, a sua volta, stabilisce che la pensione di invalidità è soppressa quando la capacità di guadagno del pensionato cessi di essere inferiore a determinati limiti, non si applicano nei confronti dei ciechi che esercitano un’attività lavorativa. Le pensioni revocate ai sensi della norma precitata sono ripristinate con decorrenza dalla data di entrata in vigore della presente legge”. La disposizione di cui alla L. 30 aprile 1969, n. 153, ari 68 (come, del resto, quella di cui al RD.L. 14 aprile 1939, n. 636, ari 10, comma 2) è dettata per la pensione di invalidità erogata dall’I.N.P.S. ed a carico dell’assicurazione generale obbligatoria, presupponente un rapporto contributivo (in particolare il R.D.L. n. 636 del 1939, art. 9, fa riferimento alla pensione riconosciuta all’invalido a qualsiasi età quando siano maturati determinati requisita contributivi).
La questione è innanzitutto se tali disposizioni, non espressamente dettate per le prestazioni assistenziali di invalidità civile, possano essere applicate anche a queste ultime, costituendo un principio generale di irrilevanza dei redditi per i ciechi che beneficiano di pensioni, o non si pongano piuttosto come nonne eccezionali.
Non può invero sostenersi (e sul punto pare concordare la stessa ricorrente) che tale applicabilità troverebbe fondamento nella sentenza 3814/2005 che questa Corte ha emanato a Sezioni Unite. In realtà alla L. ti. 153 del 1969, n. 68, ha fatto seguito il D.L. 12 settembre 1983, ti. 463, art. 8, comma i bis, conv. in L. 12 novembre 1983, ti. 638, secondo il quale “Resta ferma la disposizione di cui alla L. 30 aprile 1969, n. 153, art. 68, indipendentemente dal reddito percepito dal pensionato”. Tale norma, dunque, stabilisce che il riacquisto della capacità di guadagno nonché da un reddito da lavoro da parte del cieco non comporta la perdita della pensione. Secondo una prima interpretazione, fatta propria da Cass. 30 luglio 1999, ti. 8310; Id. 8 marzo 2001, n. 3359; 19 luglio 2002, n. 10609; 19 maggio 2003, ti. 7833 e da ultimo in qualche modo ripresa dalla sopra citata Cass. 2012/15646, la norma avrebbe sancito un principio generale di irrilevanza del reddito del beneficiano anche ai fini del riconoscimento dei trattamenti di assistenza in favore dei ciechi. Altro orientamento, cui questa Corte ritiene di aderire, – Cass. 26 settembre 1988, n. 5252; Id. 23 marzo 1998, n. 3027; Cass. Sez. Un. 24 febbraio 2005, n. 3814; Cass. 26 marzo 2009, n. 7308 oltre alla già citate Cass. n. 15646/2012 – sostiene, invece, la finalità limitata dell’art. 68, inteso solamente a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro evitando che al reperimento di un’attività lavorativa e di un connesso reddito consegua la perdita della pensione. Invero, nella predetta decisione a Sezioni unite è stato precisato: “la previsione, in favore dei ciechi, della conservazione del trattamento pensionistico nonostante la carenza sopravvenuta di uno dei presupposti, e in particolare del requisito reddituale, persegue la finalità di favorire il loro reinserimento sociale, non distogliendo l’invalido dall’apprendimento e dall’esercizio di un’attività lavorativa, senza che da tale finalità possa desumersi, in contrasto con il dato letterale delle richiamate disposizioni, l’espressione di un generale principio di irrilevanza totale del requisito reddituale nel regime della pensione di invalidità dei ciechi, con conseguente estensione a questi ultimi della integrazione al minimo della pensione” si veda anche Cass. n. 7308 del 26/03/2009 -. Va, peraltro, considerato che le pronunce da ultimo citate sono state emanate in una materia diversa da quella per cui è causa e cioè nella materia di integrazione al minimo dei trattamenti pensionistici riservati ai minorati della vista. Questa Corte ha in tale sede ritenuto che sia possibile la conservazione della pensione da parte di un soggetto cieco anche dopo l’inizio di una attività lavorativa, con connessa acquisizione di un reddito anche elevato, poiché tale trattamento economico risponde alla specifica finalità di inserire i soggetti non vedenti nelle attività produttive. Ha anche sottolineato che detto principio si basa sul disposto di due norme definite “specialissime e di stretta interpretazione”: il D.L. 12 settembre 1983, n. 4631, art. 8, comma I bis (convertito in L. 12 novembre 1983, n. 638) e la L. 30 aprile 1996, n. 1532, art. 68. Per effetto del combinato disposto delle norme suddette, l’acquisizione da parte del cieco di una capacità lavorativa e del reddito da essa derivante non comporta la perdita della pensione, che, se revocata per questo solo motivo, deve essere ripristinata interamente. E questo perché la finalità specifica della provvidenza economica è intesa a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro, evitando che al reperimento di un’attività lavorativa (e del reddito connesso) consegua la perdita della pensione. La deroga in favore dei ciechi al generale divieto di cumulare la pensione di invalidità con reddito da lavoro si spiega, come è stato precisato, anche con la necessità di tutelare “l’affidamento riposto dal cittadino cieco nell’ammontare del beneficio previdenziale su cui egli ha costruito il proprio tenore di vita e coltiva i propri progetti”. Tale indirizzo, dunque, espresso con riferimento ad una prestazione pensionistica conseguita nel regime dell’assicurazione obbligatoria I.N.P.S. (l’integrazione al minimo è istituto proprio del regime generale previdenziale), non è automaticamente estensibile, proprio in ragione della affermata specialità del D.L. 12 settembre 1983, n. 4631, art. 8, comma I bis (convertito in L. 12 novembre 1983, n. 638) e della L. 30 aprile 1996, art. 68, norme ritenute di “stretta interpretazione” e non è, perciò, invocabile con riguardo alle pensioni per cecità civile di cui alla ridetta L. 10 febbraio 1962, n. 66. Sebbene nella citata sentenza resa da questa Corte a Sezioni unite si faccia riferimento alla pensione di invalidità civile laddove invece la fattispecie esaminata concerneva una pensione di invalidità erogata dall’I.N.P.S. prima dell’attribuzione allo stesso delle competenze in materia di benefici assistenziali, e quindi una pensione certamente disciplinata dalla L. n. 153 del 1969, art. 68 e DL. n. 463 del 1983, art. 8, stame l’affermato carattere eccezionale delle disposizioni di cui alla L. n. 153 del 1969, art. 68 e D.L. n. 463 del 1983, aia. 8, non è possibile estendere analogicamente al trattamento assistenziale di cui alla L. n. 66 del 1962, il beneficio riconosciuto a favore di chi gode di trattamento previdenziale. Del resto l’attribuita rilevanza del reddito ai fini del riconoscimento della “integrazione al minimo” e cioè di quella maggiorazione che non trova corrispondenza nei contributi versati ma soccorre a garantire il minimo vitale (gravando sul bilancio dello Stato) è significativa del fatto che il principio della irrilevanza del reddito non potesse che essere stato riferito alla sola pensione maturata nel regime dell’assicurazione generale obbligatoria e non anche a quella di invalidità civile (assistenziale). Se, infatti, il reddito rileva quando lo Stato partecipa al sostegno della previdenza (nei limiti di una maggiorazione integrativa), a maggior ragione deve ritenersi tale rilevanza quando è l’intero trattamento ad essere a carico dell’erario.
Da tanto consegue che per la prestazione oggetto di causa, per la quale, si ribadisce, presupposto di legge imprescindibile è lo stato di bisogno di cui ai sopra citati art. 7 della L. a 66 del 1962 e vi. 5 della L. n. 382 del 1970, il requisito reddituale resta rilevante, considerato, peraltro, che la pensione ai ciechi civili è dovuta, a differenza di quella di invalidità civile ex lege n. 118 del 1971 e di quella di invalidità ex lege n. 222 del 1984, indipendentemente dalla incidenza dello stato di minorazione sulla capacità di lavoro, spettando anche oltre il raggiungimento dell’età pensionabile (v. Cass. 26 maggio 1999, n. 5138).
Si è, in sostanza, in presenza di differenti misure protettive dell’invalidità in cui diverse sono le modalità di finanziamento delle prestazioni: quelle previdenziali – che trovano fondamento nella previsione di cui all’ari 38 Cost., comma 2 – sono alimentate dai contributi gravanti sugli specifici soggetti obbligati ed i datori di lavoro; quelle assistenziali – che fanno capo all’ari 38 Cost., comma I – sono finanziate dallo Stato attraverso il ricorso alla fiscalità generale. Se pure è vero che lo Stato partecipa anche al sostegno della previdenza qualora i mezzi raccolti con i versamenti contributivi siano insufficienti (come nel caso della integrazione al minimo), i due territori rimangono concettualmente e giuridicamente ben distinti e questo giustifica trattamenti legislativi differenti in relazione ai quali va esclusa ogni violazione del principio costituzionale di uguaglianza.
Né può ravvisarsi una violazione dell’ari 2 della Cost. considerato che il legislatore ha previsto, in favore dei ciechi, specifiche prestazioni che prescindono dalla condizione reddituale (così l’indennità di accompagnamento per cecità assoluta di cui all’art. 1 della L. 28 marzo 1968, n. 406 e l’indennità speciale per ciechi parziali di cui all’ari 3 della L. 21 novembre 1988, ci. 508).
3. Alla luce delle considerazioni che precedono va ribadito il principio secondo cui la pensione non reversibile per i ciechi civili (assoluti o parziali) di cui agli arti 7 e 8 della L. 10 febbraio 1962, n. 66, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiano dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell’ambito di cui all’ari 38, primo comma, Cost., con conseguente cessazione dell’erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all’ari 12 della L. 30 mano 1971, n. 118 di conversione del D.L. del 30 gennaio 1971, n. 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l’ari 68 della L. 30 aprile 1969, n 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall’I.N.P.S., sia l’ari 8, comma 1 bis, del D.L. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni in L. 11 novembre 1983, n. 638, che consentono l’erogazione della pensione I.N.P.S. in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi dì norme di stretta interpretazione, il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all’ari 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica; tale principio è da ritenersi, per i motivi sopra evidenziati, in linea (e non in contrasto) con quanto affermato da questa Corte nella decisione n. 3814/2005 così da escludere la necessità di una devoluzione della questione alle Sezioni unite.
4. Da tanto consegue che il ricorso deve essere rigettato.
5. La controvertibilità delle questioni trattate e l’esistenza di precedenti difformi di questa stessa Corte di legittimità giustificano la compensazione tra le pani delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa le spese del presente giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma l’8 ottobre 2014.
Il Consigliere estensore Il Presidente

Siena- Il Braille veicolo di inclusione, di Massimo Vita

Autore: Massimo Vita

La Giornata Nazionale del Braille si svolgerà sabato 21 febbraio 2015 presso il Santa Maria della Scala in Piazza Duomo, con il seguente programma:
Inizio ore 16.30
-Apertura dei lavori, a cura di Massimo Vita;
– Saluto delle Autorità;
– Cerimonia di consegna delle tavole in rilievo del Rotary Club per il “Progetto Siena 3D”;
– Presentazione del Calendario 2015/2016 sulla prevenzione e la promozione dei territori rurali con interventi di F. Mazzieri e Dott. P. Frezzotti;
– Storia del braille tra passato presente e futuro con letture di piccoli brani da parte di non vedenti e ipovedenti nelle diverse modalità;
– Chiusura con esibizione del coro della sezione U.I.C.I.

Federazione Nazionale Istituzioni pro Ciechi- sintesi dei lavori del Consiglio di Amministrazione, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

7 gennaio 2015
Come da avviso n.10 del 7 gennaio 2015, il giorno 7 gennaio 2015 alle ore 17.00, s’è riunito, in modalità online, il Consiglio d’Amministrazione della Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi.
Alle ore 17.05 risultano essere in linea i Consiglieri Michele Borra, Claudio Cassinelli, Gianluca Rapisarda, Mario Barbuto e Hubert Perfler, il Presidente Rodolfo Masto dichiara aperta e valida la seduta. Risulta assente giustificato il Consigliere Raffaele Ciambrone.
Verbalizza i lavori il Segretario Generale Antonella Cenfi. È in linea l’Architetto Innocenzo Fenici.

1 – Comunicazioni del Presidente.
Il Presidente conferma al Consigliere Gianluca Rapisarda che il protocollo d’intesa relativo alla costituzione del Comitato Didattico Scientifico stipulato tra Federazione, Irifor e Biblioteca è tuttora valido anche se al momento non è stato indicato, da parte della Federazione, il proprio referente. Il Presidente chiede al Consiglio la conferma del Consigliere Gianluca Rapisarda a ricoprire tale ruolo. Il Consiglio approva.
Il Presidente informa che è confermata, per il giorno 20 febbraio a Trieste, la prossima seduta del Consiglio di Amministrazione.
Il Presidente ricorda che, in tale seduta, il Consiglio dovrà procedere all’esame, ed alla eventuale approvazione, del Bilancio Consuntivo dell’esercizio 2014 e del Documento di Programmazione Contabile dell’esercizio 2016, che verrà redatto con la nuova contabilità Onlus che dal 1° gennaio 2015 sta affiancando, in via sperimentale, quella finanziaria.
Informa, inoltre, che è stata prorogata fino al 30 giugno 2015 la convenzione con il Monte dei Paschi di Siena per lo svolgimento del servizio di cassa.
Per quel che concerne l’organizzazione del concorso “Ora tocca a te” che si terrà a Reggio Emilia, il giorno 19 Gennaio, il dipendente Pietro Vecchiarelli incontrerà gli incaricati della Fondazione Hollman e dell’Istituto Garibaldi al fine di concordare gli aspetti logistici della manifestazione.
Il giorno 15 Gennaio l’Architetto Innocenzo Fenici incontrerà il Consigliere Raffaele Ciambrone per valutare la possibilità di accedere ai contributi per l’editoria speciale e l’iscrizione all’Albo del MIUR come ente di formazione.

2 – Rapporti con il Ministero dell’Interno anche a seguito della nota inviata dalla Federazione e conseguenti assicurazioni richieste dall’Istituto Sant’Alessio (Relazione del Presidente Mario Barbuto sul recente colloquio con il Prefetto Angelo Di Caprio).
Il Presidente ricorda la nota del 17 dicembre u.s. concernente la relazione riferita all’anno 2014, in ottemperanza all’art.1 comma 3 della Legge 278/2005. Allegato alla stessa nota è stato recapitato il verbale di insediamento del Comitato di Coordinamento previsto dalla succitata legge.
Il Presidente riferisce di aver ricevuto una telefonata interlocutoria del Prefetto Di Caprio orientata a conoscere se la Federazione avesse ricercato sollecitazioni politiche.
Prende la parola il Consigliere Mario Barbuto che, tornando al problema dell’editoria speciale, chiede che il numero delle pubblicazioni realizzate sia incrementato, in quanto il contributo è commisurato al numero delle uscite annue.
IL Consigliere Mario Barbuto riferisce del contatto telefonico avuto con il Prefetto Di Caprio, il quale sembra insistere sulla riformulazione della Legge, ipotesi contestata dalla Federazione. Lo stesso Prefetto rileva alcune criticità della Convenzione ipotizzata con l’Istituto S. Alessio e – a detta del Consigliere Mario Barbuto – l’unica osservazione che si può condividere è quella rappresentata dall’accordo sulla durata del Comodato d’Uso dei locali e della conseguente situazione che si verrebbe a creare alla scadenza del comodato stesso, collateralmente alle realizzazioni effettuate dalla Federazione.
A tale scopo si dovrà chiarire ulteriormente la questione con il Presidente Amedeo Piva con l’intento di cautelare la Federazione. Il Prefetto Di Caprio è comunque stato invitato a segnalare per iscritto le perplessità del Ministero. Successivamente gli atti saranno sottoposti alla supervisione dell’Avvocato Angelo Clarizia.

3 – Presa d’atto dei contributi previsti a favore della Federazione nel 2015 a seguito dell’approvazione della legge di stabilità, che introduce nuovi elementi di precarietà al Bilancio dell’Ente.
Il Presidente informa che è pervenuto il contributo relativo all’anno 2013 dal parte del MIUR per un importo di € 31.164,00.
Per quel che concerne il contributo del Ministero del Lavoro, lo stesso ha comunicato che per l’anno 2015 sarà di
€ 849.164,00, mentre dal partitario dello Stato si evince che il contributo che sarà erogato dal Ministero dell’Interno è fissato in € 290.122,00 contro i 350.000,00 originari.

4 – Mandato del Consiglio ad intraprendere contatti per concorrere all’acquisizione dell’immobile che dovrebbe ospitare l’unica sede della Federazione mediante il raggruppamento degli uffici e del centro di produzione con l’opportunità di diventare al tempo stesso fonte di reddito attraverso l’affitto di buona parte dell’immobile stesso.
Il Presidente chiede al Consiglio mandato per stabilire contatti con la Banca Credito Cooperativo di Roma in possesso dell’ipoteca dello stabile di Via Pollio n. 10. Chiede al Vice Presidente Hubert Perfler e al Consigliere Claudio Cassinelli, già incaricato per la ricerca della nuova sede, di coadiuvarlo nel programmare un incontro con il Direttore dell’Istituto bancario, con il tecnico curatore dell’asta e con un rappresentante di un Istituto di credito, per verificare le condizioni per l’ottenimento del mutuo necessario all’acquisizione dell’immobile.
Il Consiglio incarica l’Architetto Innocenzo Fenici di verificare l’aspetto tecnico e giuridico della questione oltre a procedere ad una valutazione di mercato sulla parte di immobile che non verrebbe utilizzata dalla Federazione. All’Architetto Innocenzo Fenici verrà riconosciuta una parcella per l’incarico ricevuto.

5 – Conferma dell’avvio delle procedure per il trasloco degli uffici di Via Gregorio VII e conseguente rinuncia alla foresteria.
Il Presidente pur dichiarandosi d’accordo sulle motivazioni che hanno portato il Consiglio a prevedere il trasferimento della sede e la conseguente unificazione fra gli uffici e il laboratorio, invita a fissare il trasloco solo quando ci saranno notizie precise intorno all’eventuale acquisizione dell’immobile di Via Pollio, in modo da evitare – se possibile – il doppio trasferimento.
Il Consigliere Michele Borra chiede che il trasloco avvenga non oltre il mese di aprile. Sulla tempistica del trasloco, interviene il Consigliere Mario Barbuto sostenendo che l’urgenza dello stesso dipenderà anche dalla decisione che il Consiglio prenderà sulla vendita o sulla messa a reddito degli immobili di Via Gregorio VII.
Il Vicepresidente Hubert Perfler propone di attendere l’esito dell’asta prevista per il 28 maggio 2015. Dopo ampia discussione, visto le tante incombenze di questi mesi, il Consiglio invita il Presidente ad individuare la data più idonea.

Il Presidente chiede di anticipare il punto sette posto all’o.d.g.

7 – Convocazione Assemblea Federale sabato 18.04.2015.
La data del 18 aprile, già precedentemente ipotizzata, risulta non essere la più idonea per alcuni componenti del Consiglio e pertanto, il Consiglio stesso dà mandato al Presidente di individuare una data diversa, preferibilmente a metà settimana, tra il 13 e il 19 aprile 2015.

Il Presidente chiede all’Architetto Innocenzo Fenici di chiudere il contatto telefonico lasciando così la riunione.

6 – Individuazione di elementi condivisi per una corretta e proficua valutazione del progetto per una nuova organizzazione della Federazione che entro il 15 gennaio sarà presentato dall’Architetto Fenici.
Nelle more della presentazione del progetto dell’Architetto Fenici, il Presidente chiede al Consigliere Michele Borra di formulare una prima griglia valutativa necessaria alla valutazione del progetto stesso. Il consigliere Michele Borra invierà una prima bozza al Presidente.

Alle ore 18.35 avendo esaurito i punti posti all’o.d.g., il Presidente dichiara chiuso il Consiglio di Amministrazione.

Le ragioni di una… richiesta d’incontro al Presidente Nazionale, di Nicola Stilla

Autore: Nicola Stilla

Nel gennaio del 2014 scrissi un articolo che fu pubblicato dalla nostra stampa; si intitolava “l’Unione che vorrei”. Circa venti mesi prima della celebrazione del 23° Congresso Nazionale, con quell’articolo, resi noto che a quel Congresso, mi sarei candidato alla Presidenza Nazionale dell’Unione.

Due mesi dopo, il sottoscritto e l’attuale Presidente Nazionale, nel documento “Le ragioni di una scelta” dichiaravamo, tra l’altro, di essere entrambi interessati a candidarci in occasione del 23° Congresso Nazionale alla carica di Presidente Nazionale.

I passaggi che sono seguiti a quel documento li ho ricordati nel mio articolo “XXIII Congresso Nazionale dell’Unione: un po’ di chiarezza e rilancio DI UN PROGETTO” pubblicato sempre dalla nostra stampa nel dicembre scorso; in quell’ultimo articolo ho inteso rilanciare la mia candidatura a Presidente Nazionale della nostra organizzazione.

Scusandomi per aver dovuto fare il riassunto delle puntate precedenti, tornato al presente, permettetemi una riflessione: credo sia del tutto legittimo che qualcuno abbia potuto ritenere prematuro il mio annuncio di candidatura, ma credo altrettanto legittimo pensare che altri, quell’annuncio, lo faranno solo quando converrà loro farlo. Come dire… tutto ciò fa parte di un normale confronto, di una normale competizione; se è vero che a pensare male si fa peccato però qualche volta s’azzecca, è probabile che qualcuno faccia anche un po’ di tattica (candidature ad orologeria?), pure quella perfettamente legittima.

Allora dov’è il problema?

Un problema è che nella quasi secolare storia dell’Unione, o per lo meno negli ultimi decenni, non ci si è mai trovati in presenza di più candidature alla carica di Presidente Nazionale; ha fatto eccezione il Congresso del 2010: di questo va dato atto e merito all’amico Mario Barbuto, allorché egli, ad un paio di mesi dal Congresso, decise di candidarsi a quella carica e giustamente chiese di poter “correre” disponendo di “pari opportunità” rispetto al candidato Tommaso Daniele.

In risposta al mio articolo del dicembre scorso, Mario Barbuto così, tra l’altro, scriveva:
“Voglio ribadire, comunque che io non ho ancora preso alcuna definitiva decisione sulla mia eventuale candidatura. Solo se l’Unione riterrà che io possa essere ancora utile e se personalmente mi riterrò davvero all’altezza del compito immane che attende il presidente nei prossimi cinque anni, potrò considerare una mia eventuale candidatura”.

Caro Mario, vedi, questo è il nocciolo del problema: tu dici ”solo se l’Unione riterrà che”. Nell’incontro che ti ho chiesto il mese scorso (sarebbe stato bello trasmetterlo in streaming) ti avrei domandato: che cosa vuoi dire quando scrivi “Solo se l’Unione riterrà che”?
Chi stabilisce che cosa significa questa tua affermazione se non disponiamo di regole per dare a tutti la possibilità di capire quando e come l’Unione ritiene legittima una candidatura??

Correttamente, mi hai fatto notare che il nostro Statuto ed il nostro Regolamento non prevedono in proposito norme che possano darci un indirizzo a cui fare riferimento; è proprio perché consapevole di quella assenza di regole, che ti ho chiesto di poterti incontrare; a quella richiesta mi hai risposto che era prematuro.

In attesa dei tuoi tempi (ognuno ha i suoi), serenamente, mi sovviene di interrogarmi così: era davvero troppo presto cercare (sottolineo cercare) di ragionare tra amici, ed ancor meglio tra gentiluomini, per trovare una modalità magari condivisa per darci da qui al Congresso strumenti ed opportunità tali da garantire ai candidati già “in campo” ed a quelli che eventualmente verranno, le possibili (e sottolineo possibili) “pari opportunità” per competere?

Una Precisazione…

Lasciamo ora da parte le candidature annunciate e quelle in divenire, e mi sia consentito, senza polemica, di fare una precisazione circa il rammarico del Presidente Nazionale per il fatto che, mentre era aperta in Parlamento la partita della legge di stabilità, qualcuno pensasse alla propria candidatura. Come se una cosa potesse impedire od ostacolare l’altra. Il Presidente sa, o dovrebbe sapere, che mentre riproponevo la mia candidatura, ho procurato – tra l’altro, e sottolineo tra l’altro! – un incontro a Roma con Matteo Salvini, al quale ha partecipato anche lo stesso Presidente, con qualche componente della Direzione Nazionale. A Roma si era molto impegnati per la legge di stabilità, e non solo per quella? Beh, anche sul territorio ci si è mossi per la legge di stabilità e il Presidente Nazionale questo lo sa molto bene; come sa molto bene che anche localmente non si è lavorato solo per quella. La mia agenda è a disposizione…

Allora, dov’è il problema?

Un Dubbio…

Caro Presidente, forse pensi che fare la “vittima”, evocando “gufi” alla Renzi e biasimando coloro i quali perdono il proprio tempo a candidarsi mentre tu sei oberato di lavoro, possa essere di qualche utilità per accattivarsi oggi la simpatia e il consenso, domani i voti, magari del 23° Congresso Nazionale?

Chi vivrà vedrà…
Nicola Stilla

L’accesso agli studi musicali per le persone con disabilità visiva: la tradizione e le prospettive offerte dalle nuove tecnologie, Redazionale

Autore: Redazionale

CONVEGNO

Verona, 27 febbraio 2015
Ore 15:00
Sala dei Cavalieri
Palazzo Ridolfi, in stradone Maffei 3 Verona

Contesto di riferimento
Sebbene la musica, in quanto arte dei suoni sia totalmente accessibile ai non vedenti, gli studi musicali, in Italia, in Europa e nel resto del mondo, sono in rapida decadenza.
Il metodo Braille (1829) fu inventato ed applicato fin dall’inizio proprio alla musica, per dare cioè la possibilità ai ciechi di “leggere e scrivere” la musica, e non solo di suonare o cantare esclusivamente ad orecchio.
Fino alla fine degli anni Settanta gli studi musicali hanno dato a migliaia di ciechi in Europa la possibilità di affermarsi in campo concertistico, o di lavorare talvolta con risultati eccellenti come maestri di musica; centri di produzione musicali e biblioteche musicali per ciechi fiorivano in ogni Paese Europeo, anche nei Paesi più piccoli.
Le nuove tendenze in campo metodologico e didattico, e l’affermarsi del modello di scolarizzazione integrata, al di là delle buone intenzioni, hanno contribuito a determinare un abbandono degli studi musicali.
La tendenza ad utilizzare una grande varietà di fonti, spesso difficilmente prevedibili (fotocopie, ritagli di riviste, informazioni reperibili in rete non sempre accessibili), non facilita il compito degli studenti con disabilità visiva e dell’insegnante, considerando la maggior lentezza dei canali non visivi (tatto e udito), rispetto alla vista e la necessità di predisporre in tempo utile il materiale di lavoro, in modo da “tenere il passo”, con la classe; sappiamo infatti quanto questo è importante, sia ai fini della autostima, sia per l’immagine dell’alunno con disabilità presso i compagni, con le note implicazioni sul processo di apprendimento e sul livello di inclusione.
Venendo al tema specifico degli studi musicali, o più precisamente dell’alfabetizzazione musicale, va precisato che l’ostacolo principale è costituito forse dalla distanza fra la notazione musicale comune (per i vedenti) e la notazione musicale Braille, unico strumento che consente un accesso diretto e personale allo spartito musicale, qualitativamente equivalente con la lettura visiva.
Infatti, mentre è abbastanza agevole e veloce ottenere la versione Braille di materiale testuale, dove gli elementi iconico o pittografici non siano prevalenti, lo stesso non si può dire per gli spartiti musicali.
La notazione musicale comune, infatti, visualizza lo spartito nella sua struttura e nei suoi elementi caratterizzanti (omofonia / polifonia, disegno melodico, presenza di moduli ritmici, rapporti fra le parti, presenze di segni dinamici, agogica, ornamenti, eccetera); la disposizione dello spartito sulla pagina stampata corrisponde al funzionamento della vista, che è il senso del panorama e della globalità.
Il tatto per contro è il senso della prossimità e della piccola estensione; preferisce di gran lunga operare con schemi e modelli semplici, lineari e facilmente concettualizzabili.
Per queste ragioni l’informazione musicale, nella pagina Braille, è disposta come nella pagina letteraria, ossia su righe consecutive, che vanno lette da sinistra a destra, l’una dopo l’altra. E come se ciò non bastasse, i segni Braille non possono in alcun modo richiamare alla mente il loro significato musicale, In altri termini, note, pause, alterazioni, ed ogni altro simbolo musicale, sono rappresentati in Braille con simboli che non hanno alcun legame logico o emotivo con il loro significato. Tutto quindi viene affidato al lavoro di interpretazione, che deve tener conto di un complesso di regole molto precise, ma non certo semplici, e soprattutto molto demotivanti specie per i principianti.
La pagina musicale Braille, anche per il lettore esperto, somiglia molto ad una città ricca di punti di interesse, ma senza vetrine e senza insegne, per cui il musicista può ritrovare tutti gli elementi dello spartito solo nel momento in cui il dito lettore si imbatte in quel determinato segno; un po’ come guidare nella nebbia più fitta. Il lettore non vedente quindi non dispone di un sistema di localizzazione comodo e veloce, come il suo collega vedente.
Questo stato di cose, ossia la distanza fra le due notazioni, la caratteristica dello spartito Braille, assimilabile ad una sorta di scatola nera come abbiamo detto, richiederebbe la reperibilità di personale esperto in grado di insegnare, soprattutto in fase iniziale.
Le principali conseguenze sono gli alti costi ed i tempi lunghi di produzione di materiale Braille, difficoltà di comunicazione didattica fra insegnanti, soggetto non vedente e soggetto normovedente.
A questa difficoltà relativa alla notazione, se ne aggiunge un’altra, legata alle peculiarità del canale tattile: a differenza dell’esecutore vedente, il non vedente non è in condizioni di leggere e suonare contemporaneamente, salvo il caso del canto e del solfeggio, in quanto le mani del non vedente sono il suo strumento di lettura.
Sulla base delle considerazioni su accennate, non è troppo difficile immaginare che gli studenti di musica siano ormai poche mosche bianche, che magari hanno un familiare musicista, o particolarmente dotati, o ancora hanno la fortuna di incontrare una costellazione di circostanze favorevoli, ma sono eccezioni che purtroppo confermano la regola.
Per altro verso la normativa sui conservatori musicali non prevede l’impiego di una qualunque figura di supporto, sostegno o mediazione didattica nel caso di studenti non vedenti, a differenza di quanto avviene per l’Università. Ciò non esclude ovviamente lodevoli eccezioni peraltro conosciute troppo poco.
Nonostante tutti questi ostacoli, non mancano esempi di interpreti non vedenti, anche celebri, e un notevole numero di persone che si dedicano alla musica, ma, dobbiamo ribadirlo, in questo campo pur così significativo, il principio delle pari opportunità sembra offuscato, mentre si fa ricorso a soluzioni tampone, fra cui ricordiamo l’apprendimento ad orecchio e la cosiddetta musica parlata, che altro non è se non la descrizione verbale, dal vivo o registrata, dello spartito musicale; imparare ad orecchio e musica parlata si possono combinare in varie maniere, ma non riescono a riprodurre la precisione e la flessibilità della lettura diretta attraverso il Braille.

La tecnologia e le nuove prospettive
Nel corso degli anni, soprattutto grazie ai fondi europei, sono stati realizzati vari programmi software ed alcuni servizi online, che fanno parte di un mosaico ispirato al principio delle “pari opportunità” nell’accesso agli studi musicali, le cui tessere più significative sono:
– il progetto PLAY2 (2001-2003), che ha prodotto fra l’altro la prima versione del programma Braille Music Editor, oggi distribuito dalla Biblioteca Italiana per i Ciechi di Monza, e uno dei pochi risultati di progetti europei che ha avuto un qualche seguito;
– il progetto Ebrass (2004-2005), che ha realizzato una piccola ma preziosa biblioteca musicale online;
– il progetto Contrapunctus (2006-2009), che ha realizzato il formato Braille music xml, il software Braille Music Reader e il software Resonare.

Tutti questi progetti hanno potuto trarre beneficio da alcune circostanze esterne favorevoli:
a) la realizzazione del formato Music xml, ossia di un linguaggio descrittivo formalizzato, specifico per descrivere uno spartito musicale utilizzando informazioni digitalizzate, quindi elaborabili da un computer; Music Xml è uno standard di fatto, compatibile con oltre 100 pacchetti commerciali di editoria musicale;
b) l’affermarsi ed il perfezionarsi delle cosiddette tecnologie adattive e delle tecnologie assistive, ossia di quei programmi e di quegli apparati che consentono al non vedente di interagire con il computer in maniera efficace e confortevole. Tali tecnologie consentono di utilizzare contemporaneamente ed in maniera molto flessibile diversi canali sensoriali: vista, tatto ed udito. In tal modo, ad esempio lo spartito musicale può essere ascoltato, in tutto o in parte, a parti separate, per frammenti significativi; leggerlo in Braille, su carta o su display, a seconda delle necessità; stamparlo in Braille o in notazione comune; leggerlo visivamente (per l’insegnante o il collega vedente).

Il team europeo che ha lavorato insieme per oltre 10 anni si è sforzato di ottimizzare le possibilità offerte dalla tecnologia e dall’ingegno (software), ispirandosi ad alcune idee forza:
a) sostituire per quanto possibile le funzioni visive che entrano in gioco nella lettura di uno spartito musicale, o attraverso il software, oppure utilizzando le apparecchiature in maniera appropriata;
b) arricchire di riferimenti validi la città senza vetrine e senza insegne di cui si parlava sopra, trasformandola così in una città navigabile con le risorse disponibili;
c) ridurre al minimo le barriere di comunicazione fra la persona non vedente (che può essere lo studente, ma anche l’insegnante, il direttore di coro, e la persona vedente -allievo, insegnante, corista ).
I progetti succitati hanno aggiunto nel tempo le singole tessere al mosaico, che ora, a buon diritto, può essere considerato un vero e proprio ambiente didattico inclusivo interattivo, plurisensoriale e necessariamente multimediale per gli studi musicali, capace quindi di costituire una opportunità, di inclusione scolastica e sociale, fino ad oggi del tutto inimmaginabile.

L’ultimo progetto Europeo, in ordine di tempo, MUSIC4VIP ha tentato di rispondere alla necessità di costruire tutti gli strumenti didattici, in termini di unità didattiche, manuali, corsi pilota, che dovrebbero, secondo le nostre aspettative, mettere a frutto il lavoro svolto in oltre dieci anni, consegnando alle giovani generazioni, ma anche a tutte le persone non vedenti d’Europa e fuori d’Europa, uno servizio completo che consenta loro finalmente di far rinascere la importante tradizione degli studi musicali.

Per concludere con una metafora, fino ad oggi gli sforzi sono stati dedicati a costruire l’automobile (il software), e l’autostrada (il formato Braille Music XML), ma mancavano gli autisti, o meglio, non esisteva la patente di guida. Ora abbiamo anche quella!
E per il futuro?
Per prima cosa occorre mantenere il software didattico aggiornato, anche in relazione alle nuove piattaforme mobili.
Occorrono ora norme efficaci, che diano concretezza ai buoni principi, che riconoscano anche allo studente non vedente il diritto di avere insegnanti preparati; abbiamo bisogno di diffondere i risultati e di migliorarli, il che richiede non solo risorse economiche, ma richiede impegno da parte del Sistema Scolastico. Occorre infine attivare le energie vive fra insegnanti, dirigenti, amministratori, le stesse famiglie, perché la storia dell’umanità è fatta anche di processi reversibili. E se la musica era in auge fino a 40 anni fa, perché non può tornare? Non perché ogni cieco sia anche un bravo musicista, ma per dare a tutti i ciechi la opportunità di studiare musica come i vedenti.
Tolstoy diceva che “la bellezza salverà il mondo”, e la bellezza per i ciechi è prima di tutto musica.

Il convegno è aperto a:
– Musicisti non vedenti
– Rappresentanti delle associazioni dei ciechi
– Famiglie di ragazzi ciechi
– Docenti delle scuole musicali e dei conservatori di musica
– Autorità scolastiche
– Responsabili politici locali
– Assistenti scolastici
– Stampa specializzata (rivista per gli insegnanti, per i musicisti
Con il contributo di

Interventi

15:05 Saluto di Benvenuto
Prof. Matteo Sansone
(Dirigente Scolastico Liceo Montanari)

15:00 Saluto delle Autorità presenti

I Sessione

Moderatore Prof. Giuseppe Nicotra
(Ufficio Interventi educativi UST di Verona)

15:15 Alfabetizzazione musicale e la sua importanza per una formazione efficace degli studi per i non vedenti.
Prof. Antonio Quatraro
(Presidente IRIFOR Firenze)

15:30 Musica Braille e nuove tecnologie, soluzioni didattiche musicali possibili grazie alle nuove tecnologie
M° Luigi Mariani
(docente cieco di pianoforte conservatorio di musica statale di Torino)

15:45 L’educazione musicale dei ciechi nel Regno Unito e le prospettive future grazie alle nuove tecnologie
Mr. Jonathan Darnborough
(Director of Studies in Music Departmental Lecturer in Music – Oxford University)

16:00 Nuove tecnologie per la produzione dei testi musicali in formato Braille elettronico
Prof. Giovanni Bertoni
(Arca progetti srl)

16:15 Le codifiche musicali e le implicazioni didattiche pratiche per i giovani non vedenti
Dott. Nadine Baptiste
(IRIT – University Paul Sabatier Toulouse) 16:30 Produzione dei testi musicali in Braille, l’esperienza della biblioteca polacca Edwina Kowalika
Ms. Helena Jakubowska
(Presidente biblioteca musicale Braille EK)

16:45 Le nuove tecnologie per la musica accessibile: come queste nuove opportunità possono essere sfruttate in modo da aumentare il livello di motivazione verso gli studi musicali nelle giovani generazioni
M° Direttore Leopoldo Armellini (Direttore Conservatorio di Musica di Padova)

17:00 L’accesso agli studi Musicali per i non vedenti in Germania
M° Horst Großnick
(Istituto dei ciechi di Colonia)

17:15 Pausa

II Sessione

17:30 Tavola Rotonda
Partecipanti: tutti i relatori
Ogni partecipante può avere solo 3 minuti per la sua risposta.

Q1 Qual è l’innovazione più rilevante introdotta dalle nuove tecnologie?
Q2 Quali possono essere le aspettative in termini di miglioramento delle legislazioni nazionali in materia di studi di musica per gli studenti non vedenti?
Q3 in che modo il progetto MUSIC4VIP ha contribuito alla cittadinanza europea?

18:30 Discussione Aperta

19:30 Conclusioni
Prof. Antonio Quatraro
19:30 – 20:30 Concerto pianistico di giovani musicisti ciechi
Per ulteriori informazioni contattare via email: giuseppe.nicotra@istruzioneverona.it

Pluridisabilità, di Katia Caravello

Autore: Katia Caravello

Proposte per la definizione degli orientamenti programmatici del XXIII congresso dell’UICI in tema di Pluridisabilità , elaborate nel convegno “Quali idee? Su quali gambe?”(Napoli, 15-16 novembre 2014), promosso dal movimento Uicirinnovamento.

Premessa.
Quello della Pluridisabilità è un tema molto complesso da trattare e spesso, di fronte a situazioni particolarmente drammatiche, ci si sente fortemente impotenti: questa ritengo sia la principale spiegazione del fatto che nessuno ha aderito all’invito, fatto in fase di preparazione del convegno di Napoli dello scorso novembre, di aderire al gruppo di lavoro su tale tematica. Il presente documento è quindi il frutto delle sole riflessioni della scrivente, riflessioni conseguenti al confronto, avuto nel corso degli anni, con persone che si occupano a vario titolo di pluriminorazione.
Data la complessità dell’argomento, non dovendo essere questo un saggio sulla pluridisabilità (che per altro necessiterebbe di pagine e pagine, di una competenza specifica basata su anni di esperienza diretta e, soprattutto, non sarebbe conforme all’obiettivo di questo documento), ho dovuto necessariamente scegliere quale delle tante sfaccettature del problema esaminare.
Come per tutti i disabili visivi, l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ha la tutela e la rappresentanza di coloro che hanno delle minorazioni aggiuntive al disturbo visivo ed ha quindi il dovere di dare risposta alle loro esigenze e a quelle delle loro famiglie…il punto è capire come fare. Ho quindi deciso di concentrarmi su questo aspetto, facendo un’ipotesi di organizzazione dell’attività dell’associazione in questo campo; organizzazione che, da un lato, riesca a fornire alle persone con pluridisabilità e alle loro famiglie delle risposte sufficientemente esaurienti e supportive e, dall’altro, fornisca un aiuto a coloro che all’interno delle sezioni hanno il compito di occuparsi di queste situazioni (dirigenti, soci e volontari).
I lettore non troverà in questo documento alcun cenno all’aspetto clinico e riabilitativo della pluridisabilità e ciò non solo per la ragione appena esposta, ma anche perché ritengo che l’U.I.C.I. non possa e non debba farsene carico (al di là di quanto già fa attraverso gli utilissimi ed assolutamente irrinunciabili campi scuola dell’I.RI.FO.R.): l’assistenza da un punto di vista clinico e riabilitativo di coloro che, oltre al disturbo visivo, hanno delle minorazioni aggiuntive più o meno gravi necessita di competenze altamente specialistiche che l’Unione non ha e che, al contrario, hanno numerose altre strutture sul territorio italiano, con le quali è fondamentale lavorare in sinergia.

PLURIDISABILITA’

Introduzione.
I genitori dei bambini/ragazzi non e ipovedenti con pluriminorazione vivono quotidianamente il dolore di avere un figlio con disabilità grave e spesso non sono in grado di affrontare da soli questa dolorosa e complessa problematica. In alcuni casi, non avendo gli strumenti necessari per dare delle chiare risposte ai bisogni educativi e riabilitativi dei propri figli, mettono in atto degli atteggiamenti di iperprotezione o di negazione.
Nasce così l’esigenza di offrire a queste famiglie uno spazio di riflessione e confronto dove possano ricevere informazioni e assistenza.
L’U.I.C.I. può raggiungere questo obiettivo generale mediante il lavoro, ben pianificato e programmato, delle proprie Commissioni Pluridisabili (nazionale, regionali e provinciali.

La Commissione Nazionale dovrebbe:
1. organizzare seminari formativi-informativi sul tema (in continuità con quanto si sta facendo in questi mesi);
2. creare una rete di collaborazione a livello nazionale con le altre grandi realtà che si occupano di pluridisabilità (ad es. Lega del Filo d’Oro);
3. monitorare e, ove necessario, supportare l’attività delle Commissioni Regionali).

Le Commissioni Regionali dovrebbero:
1. avere una mappa aggiornata delle strutture che, a vario titolo, si occupano di pluriminorazione sul territorio regionale;
2. creare una rete di collaborazione con le realtà individuate mediante la mappatura di cui al punto precedente;
3. organizzare incontri con i referenti provinciali e con i componenti dei gruppi di lavoro eventualmente operanti nelle sezioni, al fine di:
a. scambiarsi riflessioni ed esperienze;
b. raccogliere problemi e difficoltà incontrati da coloro che hanno il contatto diretto con le famiglie, al fine di cercare, per quanto possibile, di superarli;
c. avere un’occasione di dialogo aa vivo tra il personale U.I.C.I. e gli operatori impiegati nelle altre realtà che costituiscono la rete.
Per implementare interventi veramente utili ed efficaci è di fondamentale importanza realizzare una buona analisi della domanda, che consenta di ottenere una descrizione quanto più approfondita e rispondente alla realtà della regione di riferimento. Per fare ciò, il primo passo non può che essere il dialogo con chi, su quel dato territorio, si occupa quotidianamente di queste situazioni; è importante farlo a livello regionale perché il territorio italiano è vasto ed eterogeneo e ciò che costituisce un problema da affrontare in una area geografica potrebbe non esserlo in un’altra e viceversa.
L’organizzazione regionale, inoltre, rende più facilmente risolvibili i problemi logistico-economici e questo permette di pianificare incontri più frequenti ed il lavoro risulterebbe più continuativo nel tempo e, quindi, di migliore qualità.
L’iniziativa dei seminari per macro aree è sicuramente lodevole e da ripetere, ma, per arrivare davvero al cuore dei problemi, è necessario lavorare in maniera più capillare e, quindi, ad un livello più basso (per l’appunto regionale e non per macro aree); un altro vantaggio derivante da questo tipo di programmazione del lavoro è quello di riuscire a dare spazio anche alle realtà più piccole (cosa che, per ovvi motivi, non si riesce a fare a livelli più alti).

Le Commissioni/I referenti provinciali dovrebbero:
1. collaborare, per quanto di propria competenza, alla mappatura del territorio svolta dalla Commissione Regionale;
2. accogliere e mantenere i contatti con le famiglie (sia con quelle che si sono rivolte direttamente alla sezione, sia con quelle di cui si è venuti a conoscenza grazie al proficuo e costante rapporto con i centri/le cooperative/le associazioni che sul territorio si occupano di assistere le persone con pluridisabilità) al fine di raccogliere le loro necessità, indirizzarle presso le persone e/o i servizi che possano dare loro delle risposte e assisterle, se necessario, nei rapporti con gli enti locali e le istituzioni sanitarie e scolastiche;
3. promuovere incontri periodici tra le famiglie, favorendo momenti ricreativi come occasioni di crescita personale.

III edizione Premio Letteratura Italiana Contemporanea 2015, Redazionale

Autore: Redazionale

Bandito dalla Laura Capone Editore e Patrocinato dall’ Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti a cui andranno parte dei proventi.
Apertura bando: 15 gennaio 2015
Scadenza bando: 30 giugno 2015

Sezioni partecipanti:
A) Poesia inedita
B) Racconto breve inedito (Tutti i generi)
C) Sillogi poetiche edite (Tutti i generi)
D) Romanzo inedito (Tutti i generi)
E) Romanzo edito (Tutti i generi)
F) Illustrazioni inedite (fotografie, dipinti, creazioni artistiche, ecc.)
G) Fiabe e Favole edite ed inedite

Proclamazione ufficiale dei vincitori il giorno 30 settembre 2015

Le opere vincitrici delle sezioni A – B – G saranno curate e pubblicate in miscellanee.
L’opera vincitrice della sezione D riceverà targa di premiazione, libri e proposta di contratto.
Le opere vincitrici delle sezioni C – E riceveranno targa di premiazione.
Le opere vincitrici della sezione F saranno scelte per le illustrazioni di copertina delle opere vincitrici pubblicate, sarà inserita una biografia dell’autore all’interno dei volumi, riceveranno inoltre, targa e/o attestato, copia omaggio.

Per le Opere Vincitrici ci sarà la pubblicazione nell’anno di edizione del Premio e a seguire, e la promozione delle opere attraverso un ciclo di Presentazioni su tutto il territorio nazionale con la collaborazione di Enti, Amministrazioni ed associazioni.

La casa editrice si riserva di poter assegnare ulteriori premi speciali di merito.

Oltre alle premiazioni ufficiali, sarà possibile, con la collaborazione degli autori interessati organizzare presentazioni nelle località di appartenenza, per la divulgazione della cultura.

Ai vincitori e partecipanti tutti non sarà mai richiesto alcun pagamento per la pubblicazione in nessun modo, in alcuna forma, né sarà richiesto obbligo di acquisto copie in alcun modo in alcuna forma, lo stesso vale per le presentazioni, per la promozione, ecc.
Per visionare il bando completo andare sul sito Laura Capone Editore nella pagina Bando Letterario.

www.lauracaponeeditore.com

Per richiedere informazioni chiamare al numero fisso 0660677967 o al cellulare 3383368359 dal lunedì al venerdì dalle 9:30 alle 15:30 o indirizzare e-mail a: concorsi@lauracaponeeditore.com

Trasporto accessibile: vince l’UICI Torino, Redazionale

Autore: Redazionale

Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso. Regolamento comunale da riscrivere

Un’importante vittoria sul fronte della mobilità accessibile, una sentenza che lascerà il segno. Il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso presentato dall’UICI (Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti) e ha dichiarato illegittimi alcuni articoli del Regolamento sul trasporto accessibile adottato dal Comune di Torino. E’ l’ultimo atto di una battaglia iniziata nel maggio 2012, quando l’amministrazione comunale aveva deciso di modificare il servizio di buoni taxi per persone cieche, con una delibera che di fatto ne snaturava le finalità originarie e imponeva oneri pesanti a carico dei disabili. Fin da subito l’Unione aveva contestato il regolamento, ritenendolo discriminatorio e lesivo dei diritti delle persone cieche.

Due i punti centrali della sentenza, che ribalta completamente il giudizio emesso in primo grado dal Tar Piemonte. In primo luogo i giudici ravvisano un’inaccettabile disparità di trattamento tra disabili visivi (per i quali il servizio è vincolato alle fasce di reddito Ise) e disabili motori gravi (che invece possono usare i mezzi attrezzati con una spesa equivalente a quella di un biglietto del trasporto urbano). L’adozione delle fasce Ise per i non vedenti (ai quali già da tempo era chiesta una compartecipazione al buono taxi) ha avuto esiti paradossali, come ben sanno quei ciechi lavoratori costretti a spendere metà del loro stipendio solo per poter pagare i trasferimenti casa-lavoro.

Il Consiglio di Stato ha inoltre riconosciuto che la difficoltà di usare i mezzi pubblici per le persone cieche non riguarda solo il salire e lo scendere dai veicoli. Per spostarsi con un tram o un autobus è infatti necessario arrivare alla fermata, leggere il numero del mezzo, capire dove scendere, gestire attraversamenti e ostacoli di ogni tipo: tutte azioni che richiedono abilità sensoriali e che per un cieco assoluto non accompagnato possono diventare degli ostacoli insormontabili. Ecco allora la necessità di un presidio che garantisca ai non vedenti, in particolare a quelli meno autonomi, la possibilità di spostarsi in sicurezza e a costi ragionevoli.

La sentenza è una storica vittoria per l’UICI Torino, conseguita anche grazie alla tenacia dell’ex presidente Enzo Tomatis, che non si è mai voluto arrendere al pronunciamento sfavorevole del Tar. «Siamo molto soddisfatti – commenta Giuseppe Salatino, attuale presidente UICI Torino – Il Consiglio di Stato ha riconosciuto la centralità di un diritto fondamentale, quello alla mobilità, strettamente connesso con la possibilità di lavorare, studiare, avere una vita di relazione. Ci tengo a dire che non abbiamo mai voluto una guerra tra poveri con le associazioni dei disabili motori, di cui comprendiamo appieno la situazione e le esigenze». E’ soddisfatto anche l’avvocato dell’UICI Franco Lepore: «Il Consiglio di Stato – osserva – ha colto nel segno il nocciolo della questione: la richiesta di compartecipazione alla spesa pubblica non può essere fatta solo ad alcune categorie di disabili. Un trattamento che differenzia le persone in base alla patologia da cui sono affette è palesemente illegittimo».Ma ora il lavoro dell’UICI Torino prosegue: alla luce della sentenza sarà chiesto un nuovo confronto con il Comune: l’obiettivo è di arrivare a una riforma complessiva e ragionevole del servizio di trasporto accessibile a Torino.

Ufficio Stampa: Lorenzo Montanaro: 333 447 99 48 ufficio.stampa@uictorino.it –
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Servizio Civile – Garanzia Giovani al Museo Tattile Statale Omero di Ancona: 4 posti disponibili, Redazionale

Autore: Redazionale

Il Museo Omero aderisce al Bando di Servizio Civile emesso dalla Regione Marche, rivolto ai giovani dai 18 ai 28 anni residenti in Italia, che non siano già impegnati in attività lavorative e/o formazione e/o di studio (NEET).
Il progetto “Comunicare il museo: innovazione, accessibilità, creatività” si attiverà a maggio 2015, presso il Museo Tattile Statale Omero. I posti disponibili sono 4.
I giovani interessati a dedicare 12 mesi della propria vita a se stessi e agli altri, formandosi, acquisendo conoscenze ed esperienze e maturando una propria coscienza civica attraverso l’agire concreto all’interno di un progetto di comunicazione ed educazione culturale, che siano in possesso dei requisiti richiesti dal bando e dal progetto, possono presentare domanda direttamente al Museo Omero.
Le domande di partecipazione, in formato cartaceo e compilate elettronicamente, devono pervenire entro e non oltre le ore 14:00 del 23 febbraio 2015 presso la Segreteria del Museo Tattile Statale Omero, Mole Vanvitelliana, Banchina Giovanni da Chio 28, 60121 Ancona (orari apertura della segreteria dal lunedì al venerdì dalle 8.30 alle 13.00, martedì e giovedì anche dalle 15.00 alle 17.00).

NOTA BENE: prima di presentare domanda di servizio civile è necessario aver aderito a Garanzia Giovani e sottoscritto il Patto di Attivazione con uno dei Servizi Competenti – GG già individuati dalla Regione Marche. Il requisito va posseduto alla data della domanda.

Si può presentare domanda per un solo progetto tra quelli inseriti nel bando regionale.

Per conoscere questa opportunità e conoscere le volontarie che stanno già facendo un’esperienza di Servizio civile con il Museo Tattile Statale Omero, partecipa all’incontro del 10 febbraio 2015 alle ore 17 presso l’Informagiovani di Ancona, p.zza Roma (underground).

Per ulteriori informazioni visita il nostro sito
http://www.museoomero.it/main?p=attivita_garanzia_giovani

Prorogata la mostra Dirà l’argilla al 15 marzo 2015, Redazionale

Autore: Redazionale

DIRA’ L’ARGILLA la mano, la terra, il sacro Mostra di Paolo Annibali PROROGATA al 15 MARZO 2015 A cura di Fliaminio Gualdoni Museo Tattile Statale Omero, Mole Vanvitelliana Domenica 15 febbraio alle ore 17 è prevista una visita guidata gratuita a cura dell’artista.

Sulla spinta del crescente successo e dell’apprezzamento del pubblico, e per rispondere alle specifiche richieste da parte di accademie, gruppi, associazioni, il Museo Tattile Statale Omero proroga fino al 15 Marzo 2015 la mostra “DIRÀ L’ARGILLA” di Paolo Annibali.

Particolare l’allestimento che mette in dialogo le 20 grandi sculture in terracotta dell’artista con gli ampi spazi della Mole Vanvitelliana: partecipare alla mostra è come entrare in un antico tempio ricco di suggestioni contemporanee. Un racconto che sorprende per le infinite possibilità di lettura, offrendo spunti sempre nuovi: numerosi i visitatori che hanno deciso di ritornare. Completano le opere in argilla, tutte da toccare, anche 21 splendidi disegni e numerosi schizzi e bozzetti.

Domenica 15 febbraio alle ore 17 è prevista una visita guidata gratuita a cura dell’artista, e ogni sabato visite guidate condotte delle volontarie del Servizio Civile Regionale (partenza alle ore 17).

La mostra è promossa dal Museo Tattile Statale Omero, con il Patrocinio della Regione Marche, in collaborazione con l’Associazione Per il Museo Omero Tattile Statale Omero ONLUS.

Info mostra
Museo Tattile Statale Omero — Mole Vanvitelliana Banchina Giovanni da Chio, 28 — 60121 Ancona
Sito: www.museoomero.it
Email: info@museoomero.it
Telefono 071.2811935
Sito vocale 800.202220

Orario dal giovedì al sabato ore 16-19; domenica e festivi ore 10-13 e 16-19.
Apertura straordinaria per gruppi e scuole.
Ingresso: libero.
Visite guidate e laboratori didattici a cura dei Servizi educativi del Museo Omero. Prenotazione obbligatoria. Costo: euro 3,70 per gruppi e scuole (esclusi docenti); euro 4,00 per singoli e famiglie. Gratuito disabili e accompagnatori, bambini 0 – 4 anni. Tel.0712811935, e-mail: didattica@museoomero.it