Emergenza di oggi e quale possibile futuro per domani, di Giorgio Ricci

Autore: Giorgio Ricci

Care Amiche, Cari Amici,

mi aggancio all’ultima parte del messaggio inviato dal Presidente nazionale all’Assemblea della Federazione delle istituzioni pro ciechi e in particolare nel passaggio dove si fa riferimento al fatto che probabilmente stiamo vivendo un momento simile a quello post seconda guerra mondiale.

Vedremo se sarà così. Sicuramente la nostra generazione, le nostre generazioni post belliche, vivono per la prima volta una vera e al momento unica e unitaria emergenza globale. Il Virus, questo strano virus che si diverte a farsi chiamare COVID 19, ha unito per la prima volta il mondo. Dall’Alaska al sud Africa, dallo stretto di Bering alla Patagonia e magari ha unito meno la Val Camonica e il Salento. Ma sicuramente tutti, ma proprio tutte le popolazioni hanno oggi lo stesso comune nemico che le unifica nella paura di un domani incerto o molto ma molto più incerto per coloro che già oggi muoiono di diarrea o di una semplice e innocua infezione, se hai i farmaci.

La vera prima e prioritaria emergenza già di oggi, anche nel mondo ricco, è l’emergenza economica e sociale. Innumerevoli nuclei familiari, innumerevoli donne e uomini che si troveranno a combattere contro il dramma della disoccupazione e della non occupazione. La povertà estrema e con essa l’aumento della povertà educativa per i figli di oggi e forse per quelli di domani e dopodomani, imporranno un chiaro ed evidente cambiamento del nostro modo di pensare e di essere comunità, diventando consapevoli dei limiti che dovremo imporci per cercare di non lasciare nel limbo economico, sociale e umano, tutti coloro che non saranno in grado di ritrovare un barlume di luce in questo lungo tunnel di disperazione, cominciando dai più fragili in assoluto.

E come ha detto in questo messaggio il nostro presidente, questo è solo l inizio, poi verranno i veri problemi. E tra le righe vorrei leggere anche un appello a non solo restare uniti e coesi e a smetterla di pensare a quello che oggi appare non prioritario, compresa la data del congresso e ancora prima a cose ancora molto meno importanti se non ridicole e superflue, se viste con l’ottica dell’emergenza e della morte che in alcune regioni ha colpito, colpisce e colpirà molte ancora moltissime persone. Quasi ogni abitante di alcune province conosce o ha conosciuto qualcuno che oggi non c’è più. E allora volere pensare a queste cose, appunto non così fondamentali, oggi è come volessimo giocare a scacchi piuttosto che a briscola sotto un bombardamento del nemico. Ci sarebbe da domandarsi poi, chi mai sarà il vincitore.

Amici miei, adesso e forse dopo troppe parole in breve, vorrei arrivare al cuore o al centro di quello che vorrei esprimervi.

In questi giorni, grazie ad un osservatorio che ho la fortuna e forse sfortuna di vivere, decine, centinaia di singole persone, nuclei familiari, venditori ambulanti, migranti già residenti e in regola con figli piccoli, disperati senza fissa dimora, stanno vivendo in estrema sofferenza questo drammatico momento. Il numero di essi, alla pari dei funghi dopo la pioggia di settembre, appare infinito, incredibilmente e inaspettatamente infinito. Chiedono al momento solo buoni spesa. E per fortuna, in questo nostro paese ancora chi è malato viene curato.

Ci sono già evidenti e chiari segnali e riscontri che la povertà assoluta sarà il vero dramma globale dei prossimi mesi e anni, anche nei paesi più ricchi.

E allora cari amici proviamo con tutta l’onesta intellettuale che ci contraddistingue ed anche riconosciuta, proviamo a pensare questo; a pensare che per fortuna i disabili visivi italiani hanno da tempo acquisito una più che serena e molto più che soddisfacente sicurezza economica e questo grazie alle meravigliose e dure battaglie di chi ha combattuto in questi lunghi decenni.

Da molti anni la sicurezza economica acquisita dai disabili visivi italiani, ha permesso a tutti noi di vivere una vita più che dignitosa, sia dal punto di vista personale che collettivo. Sono convinto che nel nostro paese, difficilmente ci possa essere una persona con disabilità visiva in grave difficoltà economica. Forse, da qualche parte, alcuni non avranno ancora potuto usufruire dei benefici previsti. Ma nella generalità questa è la realtà, e lo sappiamo molto bene. Proviamo a fare mente locale e proviamo a capre se quante delle persone che conosciamo versano in grave situazione economica e bisognose di una urgente fornitura di alimenti o buoni spesa. Probabilmente avremo qualche difficoltà a ricordare.

Ritorno al messaggio di Mario Barbuto e mi permetto di aggiungere. Amici miei noi tutti, ma proprio tutti, dobbiamo veramente fare un passo culturale decisivo. Noi siamo la società che viviamo, ma noi siamo anche la società che dobbiamo aiutare ad uscire da questa nuova e incertissima emergenza globale. Perché solo se siamo soggetti attivi, possiamo continuare a lottare anche per noi stessi e soprattutto per i più fragili tra noi, anche di domani. Forse il primo vero atto d’amore verso gli altri è quello di pensare che moltissimi altri milioni di nostri concittadini, per parlare solo del nostro paese, cominciano ad avere problemi e inquietudini proprie di altre latitudini. Noi, quasi tutti noi, per fortuna non abbiamo bisogno di telefonare ai servizi sociali dei comuni , alla Caritas, alla croce rossa o alla san vincenzo, per avere un pacco viveri. Per fortuna noi siamo economicamente molto più forti. Noi abbiamo bisogno di altro, ma dovremo lavorarci sopra per averlo questo altro. Lavorarci molto e da subito. Perché saranno milioni di persone ad essere fragili e dovremo cominciare a pensare come noi possiamo e potremo aiutare questo popolo infinito e bisognoso a superare queste fragilità Perché noi se vogliamo possiamo fare molto anche per gli altri, ma cominciando dal non chiudersi in noi stessi e nei soli nostri bisogni e necessità.

Nulla è più scontato. Proprio nulla e forse neppure la dignità economica raggiunta con tanta fatica. Un abbraccio a tutte e tutti voi, soprattutto a coloro che più stanno soffrendo questo momento, e perdonatemi anche qualche passaggio provocatorio, ma fatto con il cuore e un po’ di preoccupazione per quello che forse ancora non abbiamo ben compreso.