Noi nell’emergenza, di Mario Barbuto

Autore: Mario Barbuto

Settimane d’inferno.

Con le notizie in arrivo di nuovi morti e migliaia di contagi al giorno.

Con l’ansia di restare al proprio posto e la necessità di tutelare la salute propria e degli altri.

Con un Centenario dell’Unione da celebrare, onorare, ricordare…

Non sprecherò le poche righe a mia disposizione e la limitata pazienza dei miei lettori per raccontare quanto abbiamo fatto, quanto avremmo voluto fare e quanto impegno è costato tutto questo alla nostra Associazione e ai suoi dirigenti a ogni livello.

I provvedimenti governativi da orientare, interpretare e correggere perché hanno portato spesso confusione e disorientamento. Le esigenze sanitarie con i nostri soci perduti in questa assurda guerra contro un virus e le richieste dei nostri presidenti per avere aiuti, dispositivi, sostegno.

Tante sono state le iniziative di supporto che abbiamo messo in campo in queste settimane e tanta la consapevolezza di essere sempre e comunque insufficienti, inadeguati, impotenti…

Un servizio giornaliero di sportello telefonico gestito direttamente a turno dai componenti della Direzione Nazionale. Un supporto psicologico offerto gratuitamente dal nostro gruppo di professionisti del progetto “Stessa strada per crescere insieme”. Un gruppo di una trentina di professionisti tiflologi dei nostri Centri di Consulenza TifloDidattica, al lavoro ogni giorno per realizzare e supportare la didattica a distanza per i nostri ragazzi, anche segnati da disabilità aggiuntive alla cecità. Una convenzione con Croce Rossa Italiana per garantire sul territorio un aiuto e un’assistenza nei casi particolarmente bisognosi. Un’azione verso le grandi catene di distribuzione alimentare per offrire corsie preferenziali ai ciechi e agli ipovedenti che hanno esigenza della spesa a domicilio. Una ricerca incessante di dispositivi di protezione individuale per le nostre sedi e per i soci, da ottenere in forma gratuita dalla Protezione civile nazionale oppure ricorrendo al cosiddetto mercato parallelo, costoso e rischioso. I numerosi passi per ottenere la riattivazione del Servizio Civile Universale, interrotto forse troppo frettolosamente dal dipartimento all’indomani dei primi provvedimenti governativi del 9 marzo. Un martellamento mediatico perché non fossimo lasciati indietro nel momento peggiore. E credetemi: tanto, tanto altro ancora…

Abbiamo derogato e siamo pronti a derogare ancora a certe norme e disposizioni del nostro regolamento per assicurare all’Unione il massimo di linearità associativa e di pratica efficienza, soprattutto per garantire ai nostri soci e alle persone che rappresentiamo uno strumento di tutela, difesa e protezione.

Ci attendono ora giorni e settimane che porteranno il segno di una parola chiave già sulle labbra di tutti, al contempo obbligatoria e terribile: “distanziamento sociale”. Una espressione che minaccia di mutare la nostra vita quotidiana quasi senza accorgercene, con conseguenze devastanti su ciascuno di noi, ciechi e ipovedenti in particolare.

L’assenza della vista ci induce a fare del contatto fisico il veicolo principale di percezione, comunicazione, conoscenza. Quel veicolo che viene proprio messo fuori gioco dal cosiddetto distanziamento sociale.

Con quali modalità potremo fruire, infatti, dei servizi di assistenza istituiti per garantire la mobilità autonoma con l’accompagnamento sui mezzi di trasporto come treni e aerei, ecc…?

Come potremo insegnare a scrivere e a leggere in Braille ai nostri ragazzi dinanzi all’obbligo di indossare guanti protettivi e addirittura di evitare contatti delle mani?

Come potremo praticare le terapie riabilitative in ambulatorio o in piscina, soprattutto indirizzate alle persone con disabilità plurime, o la LIS tattile che si giova proprio delle mani quali strumenti di lettura e scrittura?

E come svilupperemo i corsi di orientamento e mobilità, le varie funzioni di apprendimento, le spiegazioni e illustrazioni, le visite ai musei accessibili, tutti quegli atti, insomma, che nella vita quotidiana di un cieco richiedono l’impiego delle mani?

Un tema drammatico, già evidenziato dall’OMS, che accompagnerà le fasi dell’emergenza e che probabilmente sopravviverà anche dopo, soprattutto se, come qualcuno ipotizza, gli effetti sociali dell’epidemia diventeranno permanenti fino a mutare qualche tratto delle abitudini e del modo di relazionarsi delle persone in Italia e nel mondo.

Saremo noi, l’Unione, come sempre, a doverci assumere il compito impegnativo e fondamentale di salvaguardare “la nostra gente” dinanzi alle misure sociali adottate per la riapertura e ripresa delle attività della vita sociale ed economica, avendo cura che esse rimangano rispettose dei Diritti e della dignità di ciascuno e che continuino a garantire la quantità, la qualità e il livello dei servizi finora assicurati.

Un compito già arduo, che ora diverrà difficilissimo, considerato il pericolo enorme di vedere scaricati sulle categorie sociali più deboli, come la nostra, i costi della pausa e della successiva ripresa.

Se di dibattito proprio si deve parlare in seno alla nostra Unione, a mio sommesso avviso, esso deve essere incentrato intorno a queste tematiche, senza chiuderci su noi stessi e senza rimanere inerti a rimirarci l’ombelico, rendendoci invece pronti a fornire suggerimenti, proposte, indicazioni, soluzioni che aiutino il popolo dei ciechi e degli ipovedenti a partecipare in modo attivo alla ripresa del Paese senza perdere i propri Diritti di persona con disabilità e le proprie prerogative di cittadino tra i cittadini.

Noi ci siamo. Uniti, compatti, determinati, pazienti… Come sempre. Più di sempre.