Il XXIII Congresso dell’Unione si avvicina e, com’è noto più o meno a tutti, il mio nome sarà tra quelli dei candidati alla Presidenza nazionale.
Confesso che ho iniziato a riflettere sui temi associativi di respiro nazionale molto tempo fa (prima delle dimissioni di Tommaso Daniele), semplicemente perché ritenevo ineludibili alcune scelte di cambiamento necessarie per garantire un futuro alla nostra associazione.
Quando se ne è presentata l’occasione, ho deciso di condividere un percorso costruttivo con Mario Barbuto in quanto vi erano idee ed orientamenti comuni ad entrambi; questa condivisione è stata possibile fino al momento in cui sono emerse sostanziali divergenze relativamente ad alcune scelte su come giungere insieme al XXIII Congresso.
La conclusione di quel progetto è stata per me un momento difficile ed in qualche modo doloroso, considerando che, solo sei mesi prima, in vista dell’elezione del Presidente da parte del Consiglio nazionale, per determinare le condizioni che avrebbero consentito di far vincere il “cambiamento” sulla “continuità”, avevo deciso di promuovere e sostenere la candidatura di Barbuto alla Presidenza Nazionale del nostro sodalizio, con l’impegno comune di individuare insieme un metodo per scegliere, successivamente, un candidato unitario alla Presidenza nazionale al XXIII Congresso.
Questo, in estrema sintesi, è stato il percorso che mi ha portato, nel gennaio dell’anno scorso, a confermare la mia candidatura alla carica di Presidente Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti: una scelta che si fonda su alcune motivazioni che cercherò di illustrare brevemente di seguito.
Nel corso degli anni, ritengo di aver acquisito una sufficiente esperienza e conoscenza del contesto associativo come Presidente Provinciale prima e come Presidente Regionale poi: in quelle vesti ho dato prova di disporre di maturità organizzativa, metodologica ed amministrativa nella gestione dell’ente; ho organizzato convegni, attività formative, riabilitative, ricreative soprattutto per bambini con disabilità plurime e per le loro famiglie, realizzando progetti sia a livello provinciale che regionale, incluse iniziative per l’autofinanziamento e per la riabilitazione.
Potrei citare, ovviamente, i risultati conseguiti in Regione Lombardia per quanto riguarda il contributo di funzionamento, il progetto “SpazioDisabilità – Informazioni Accessibili”, le iniziative sulla scuola, l’istituzione del Centro Regionale Tiflotecnico… in questi anni ho vissuto inoltre un’esperienza particolarmente formativa, quella di Presidente Regionale della F.A.N.D., che mi ha dato l’opportunità di ampliare le mie conoscenze circa le problematiche politiche e sociali legate alla disabilità e di confrontarmi con realtà differenti. Riassumo dicendo che in tutti questi anni di impegno associativo ho imparato quanto sia importante il dialogo proficuo con tutti: all’esterno ed all’interno, nel rispetto delle idee, delle posizioni e degli interessi, delle diverse realtà.
Mi considero una persona corretta, impegnata, coerente e trasparente che non ha mai tratto vantaggi dall’attività associativa sottraendo, anzi, tempo ed energie alla vita personale e familiare.
Sono pronto a dedicarmi a tempo pieno allo svolgimento delle attività connesse con la carica di Presidente Nazionale garantendo la mia regolare presenza presso la Sede Centrale e la piena reperibilità per tutti i dirigenti del territorio. Non ricopro alcun incarico né continuativo o temporaneo, né collaborazioni retribuite con alcun ente nazionale o territoriale.
La definizione del mio programma sarà avviata partendo da uno slogan: una sfida per la solidarietà, un impegno per il futuro.
Sfida, solidarietà, impegno, futuro: queste quattro parole sottendono ad altrettanti concetti che riguardano, da vicino, la nostra storia, il nostro ruolo in una società che cambia a ritmi vertiginosi, la nostra determinazione, la consapevolezza di dover cambiare per affrontare un domani che, senza accorgercene, già stiamo vivendo, e che non vorremmo subire.
Quattro concetti che, facilmente, potremmo calare nei mille problemi ai quali la quotidianità ci pone innanzi, in quei settori consueti delle rivendicazioni associative che non possiamo eludere, ma necessariamente affrontare con una determinazione nuova, con un piglio differente, con una prospettiva che ci accomuni tutti e tutte.
Una “sfida” che sappia valorizzare quei sentimenti associativi di appartenenza che dobbiamo imparare a riscoprire, facendo riemergere dai livelli bassi a quelli più elevati delle nostre coscienze la consapevolezza che solo uniti si vince e che le sfide che ci devono impegnare non possono e non debbono essere solo quelle interne, ma anche quelle che rivolgiamo verso una società sempre più qualunquista, a volte ipocrita ed indifferente alla sfera dei diritti e disponibile verso la diversità solo a parole.
A “futuro” e “prospettive” fa eco la parola “speranza”… Ecco ciò che, con determinazione, dobbiamo far crescere, traendo linfa vitale da un ottimismo che investa idee e azioni. Un futuro è tale se sa dare risposte alle necessità: alle speranze dei giovani che auspicano le pari opportunità negli studi, nel lavoro, nella mobilità, nella cultura, ecc.; alle ansie degli anziani che sperano di poter vivere una vita serena; alle famiglie dei nostri ragazzi con pluridisabilità; a tutti coloro ai quali il progresso scientifico lascia intravedere opportunità entusiasmanti, che poi però restano relegate alla sfera dei sogni.
Viviamo in un tempo nel quale la crisi economica ha reso incerti i diritti di molti cittadini. E’ necessario, quindi, ribadire con determinazione che l’Unione, insieme alle altre associazioni delle persone con disabilità ed alle organizzazioni impegnate nel sociale (incluse le organizzazioni sindacali ed i movimenti dei consumatori), ha il dovere di rivendicare, senza timidezza, i diritti legati all’educazione, al lavoro, all’autonomia, alla cultura delle persone cieche ed ipovedenti, e chiedere il rispetto delle leggi, senza se e senza ma.
Con la medesima determinazione profusa per la legge di stabilità 2015, dobbiamo impegnare l’associazione sui temi dell’inclusione scolastica dei nostri ragazzi, sulla riforma della legge 113/85, sull’istituzione della figura dell’operatore del benessere disabile visivo, senza dimenticare tutta la questione dell’I.S.E.E..
E poi: ipovisione, terza età e pluridisabilità. Tre priorità da affrontare con urgenza, competenza ed incisività, perché dobbiamo ricostruire un rapporto di fiducia con le famiglie ed avvicinare le persone ipovedenti alla nostra associazione.
Dal punto di vista organizzativo, c’è urgente bisogno di alleggerire le nostre strutture territoriali dal lavoro e dalla troppa burocrazia (soprattutto nel caso delle Sezioni medio/piccole) per metterle in condizione di offrire ai soci servizi migliori e sempre più qualificati; per fare questo, occorre finanziare, tramite il fondo di solidarietà, progetti ad hoc miranti all’accentramento a livello regionale di alcuni servizi (mi riferisco ad esempio alla contabilità), stando allo stesso tempo attenti ad evitare pressapochismi e l’inosservanza delle regole.
Altra cosa importante e vitale è l’istituzione in Sede Centrale di un autentico e competente ufficio giuridico che, oltre a fare “le pulci” al legislatore, sappia essere, anche per le strutture territoriali e per i Soci, un punto di riferimento per ogni tipo di consulenza in ordine alla legislazione ed alle normative comprese quelle regionali.
Tutti gli obbiettivi saranno da perseguire decidendo insieme, lavorando con vera collegialità, anteponendo il “noi” all'”io”.
L’accelerazione delle dinamiche sociali, l’oscillazione continua del senso e della direzione di tali dinamiche nonché il progressivo frammentarsi del quadro istituzionale, determinano, da alcuni anni, una crisi sempre più profonda delle nostre certezze; il presente ci pone di fronte ad un orizzonte di sostanziale indeterminatezza, entro il quale non è facile orientarsi.
Ogni previsione appare sempre più ardua ed aleatoria.
Siamo quindi ad un bivio: riuscire ad affermare l’agenda dei diritti o, al contrario, assistere al venir meno persino del welfare risarcitorio a vantaggio di quello emarginante.
Dice Dante a proposito dell’amore: “intender non lo può chi non lo prova”. La disabilità è in qualche misura la stessa cosa: solo chi ne fa esperienza può davvero comprenderne e riconoscerne la complessità e la drammaticità. Noi sappiamo di essere gli interpreti di questa consapevolezza.
Se non saremo in grado di allargare i confini della nostra base associativa acquisendo consensi nei settori più refrattari ad accogliere il nostro messaggio, ad aderire ai nostri programmi, a condividere i nostri obiettivi, allora falliremo; mi riferisco con particolare riguardo ai giovani e alle famiglie, ove si forma la coscienza civile, culturale e sociale di ciascuno, agli ipovedenti, che stentano a riconoscersi in una associazione che evoca il fantasma della cecità, e agli anziani, cui poco o nulla abbiamo da offrire per soddisfare il loro bisogno di sicurezza e di protezione. Se non saremo in grado di andare incontro a queste esigenze, sintonizzandoci con i fatti e con le parole sulla lunghezza d’onda di aspirazioni insoddisfatte e, talvolta, inespresse, non ci sarà allargamento della partecipazione e non ci sarà neppure rinnovamento.
Al XXIII Congresso chiederò dunque il voto ed il sostegno a tutte le delegate ed a tutti i delegati, convinto che saprò onorare fino in fondo la responsabilità di guidare l’Unione con la passione e la ragione che sono necessarie, lavorando con vera collegialità e suscitando vera partecipazione.
Nicola Stilla