Perduta la vista in giovane età, l’Unione mi ha Sostenuto e indirizzato nella formazione professionale, nella conquista del lavoro, della pensione e dell’indennità di accompagno, facendomi conseguire e vivere una vita dignitosa. Pertanto attribuisco alla tessera dell’Associazione, indipendentemente dal costo, un immenso valore. Coloro che, come il sottoscritto, si sono formati negli Istituti, nelle attività dell’Unione o che hanno usufruito di altre particolari situazioni positive, conseguendo titoli di studio, professionalità, lavoro, ecc., Sono ormai una componente minoritaria nell’Associazione, destinata a diminuire ulteriormente con il passare del tempo, in quanto i giovani, fortunatamente, sono sempre meno e, purtroppo, anche meno attivi nell’associazione. Noi, ex giovani, abbiamo costruito la nostra esistenza, imparando, fin da subito, a convivere con la nostra disabilità visiva, sostenuti dalla fondamentale presenza dell’Unione, che, avendola conosciuta, la pratichiamo, e quasi tutti la dirigiamo e la rappresentiamo a vario livello. Attualmente, invece, le persone che perdono la vista in età avanzata, non conoscono la storia, le sofferenze, le lotte, le faticose conquiste del movimento dei ciechi. Molte di queste persone, con la perdita della vista, se non ricevono un adeguato sostegno psicologico e pratico all’insorgere dell’handicap, sono destinate a vivere una condizione di solitudine con conseguente stato depressivo senza possibile recupero. I problemi connessi alla cecità in queste persone determinano effetti molto diversi, rispetto a quelli prodotti su di noi che ci abbiamo convissuto fin dalla nascita o dalla giovane età, al punto che, può risultarne complicato anche l’approccio. Infatti, queste persone presentano problematiche così diverse e complesse, che se non adeguatamente studiate e comprese, difficilmente si potranno contenere all’interno dell’attuale Unione. I Dirigenti delle Sezioni, fanno sicuramente il possibile per contattarne il maggior numero, per far emergere in loro i bisogni latenti, dei quali, spesso non ne hanno nemmeno consapevolezza. L’impresa è davvero difficile e impari rispetto alle nostre forze, tanto è vero che il numero degli iscritti all’associazione risulta essere ridotto al solo circa il 25% di quelli assistiti dall’INPS. L’Unione è presente, con le sue scarse potenzialità organizzative e le inadeguate professionalità, quasi sempre soltanto nelle città capoluogo di Provincia dove organizza alcune attività, dalle quali restano di fatto escluse le persone con disabilita visiva che vivono nei comuni periferici. Con queste persone, che risiedono lontano dalla Sede dell’Unione gli incontri sono più rari. Avvengono soltanto con i pochi che hanno una qualche motivazione e aspettativa e non con coloro che sono più fragili, chiusi nelle loro case, che ne avrebbero maggior bisogno. Al cospetto di persone prive di aspettative e bisogni, è necessario valutare tutto, anche l’impatto del costo della quota associativa che, con l’aumento, è più alto di quello praticato dai sindacati, che applicano la percentuale del 0,50%. Va inoltre tenuto presente che la richiesta della quota da parte dell’UICI, giunge all’interessato, dopo che ha espletato la pratica di pensione ed ha già pagato altra tessera al sindacato promotore del Patronato e del Caf, presenti in tutti i Comuni, dove si recherà anche per il 730, per l’ISEE, ecc. Queste persone, non possiedono alcun elemento per associare l’indennità di accompagno , all’azione dell’Unione che non conoscono o che hanno appena conosciuto. Penso all’imbarazzo dei dirigenti periferici nel dover proporre la nuova quota a queste persone, alle quali l’attuale Unione ben poco può offrire. La quota di ingresso di 18 €, per il primo anno, appare un espediente per acquisire un socio, che inevitabilmente andrà perso. La notizia dell’aumento della quota già circola fra i soci più informati e mi sono già stati annunciati diversi propositi di non rinnovarla, ma penso che il numero potrebbe aumentare quando la Direzione Nazionale che è in possesso degli indirizzi dei soci anche delegati, correttamente provvederà a comunicare e motivare a tutti l’aumento. La cosa appare più preoccupante per il futuro, in quanto vi sarà un imprecisato minor numero di nuovi iscritti, che già non sempre compensano i decessi. Pertanto l’aumento deciso, non apporterà alcun significativo vantaggio economico all’Associazione, che invece ne perderà in rappresentatività. Già il numero dei soci partecipanti alle assemblee è molto limitato, offrendo anche questo ulteriore elemento, potremmo consolarci col dire che saremo pochi, ma saremo quelli buoni. Penso che l’Unione, per onorare quella legge che gli affida la rappresentatività e la tutela di tutti i cittadini ciechi, avrebbe potuto inventarsi una tessera ad un costo medio, poco più che simbolico, da inviare a tutti gli, assistiti dall’INPS, insieme ad un conto corrente e una nota illustrativa delle ragioni d’essere dell’Associazione, quale sicuro riferimento per le persone con disabilità visiva. Una comunicazione mirata, sicuramente utile anche al contesto familiare, con possibili ritorni economici. Penso, che l’aumento della quota associativa adottato senza fornire convincenti motivazioni, derivi dal modo diverso di concepire l’Associazione da parte di Dirigenti che svolgono ruoli in organi dell’Unione, che non hanno il diretto rapporto con i disabili visivi e non hanno compiutamente valutato la mutata e maggioritaria realtà sociale afferente la cecità, realtà con la quale invece i dirigenti Sezionali devono confrontarsi ogni giorno e che solo su di loro ricade l’onere di doverlo applicare. Penso che sia stata una decisione inopportuna, nella quale si può leggere, anche un possibile, involontario disconoscimento del sempre più difficile e complicato ruolo dei Dirigenti Sezionali, che non giova all’Unione, la quale per conservare credibile la propria rappresentatività, dovrebbe conseguire il più alto numero di soci, promuovendo una tipologia di tesseramento appropriato alla nuova realtà sociale dei cittadini con disabilità visiva.