Nella ricorrenza dei cento anni della Nostra grande Associazione il mio attaccamento alla stessa mi porta a svolgere queste brevi considerazioni utilizzando un titolo che, a mio avviso, ben si presterebbe ad essere utilizzato per il Congresso: Un secolo di luce.
Infatti. in questo complisecolo del 26 ottobre prossimo, un faro ha indirizzato l’occhio della mente dei non vedenti italiani: l’Unione Italiana dei Ciechi.
Utilizzo la vecchia denominazione volontariamente perché, avendo partecipato al Congresso in cui essa è stata modificata in Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, ritengo che sia quello il segno distintivo che caratterizza da sempre la Nostra Associazione.
Infatti, quando partecipai al ventiduesimo Congresso ho assistito all’ingresso degli ipovedenti, rientrando fra di essi anche quelli lievi con un visus residuo fino a 3/10 che, beati loro, li rende pur sempre vedenti.
Ho partecipato anche al ventitreesimo Congresso che ha visto numerose modificazioni dello Statuto della Nostra Associazione, ma su di esse non esprimo alcuna valutazione lasciando l’ingrato compito di proporre modifiche, sulla scorta delle criticità emerse nel quinquennio appena trascorso, qualora ve ne siano, alla Commissione che fra qualche giorno se ne occuperà in sede congressuale.
Ma la vera considerazione che volevo esprimere è che la Nostra Grande Associazione vive di vita propria.
È così grande, radicata, importante e riconosciuta tale che è lei che rende importante chi la guida e, contemporaneamente, chi la guida rende importante lei, in uno scambio simbiotico in cui l’una non può sopravvivere senza l’altro, non dimenticando che un Capitano del popolo dei ciechi senza soci e senza validi luogotenenti non potrebbe tenere nessuna campagna vittoriosa.
È lei che è sopravvissuta ai soci fondatori e a chi nei decenni ne è stato alla guida che, proprio nell’occasione del centenario, merita di essere ricordato: Aurelio Nicolodi (1920-1945); Paolo Bentivoglio (1945-1965); Giuseppe Fucà (1965-1980); Roberto Kervin (1980-1986); Tommaso Daniele (1986-2014) e Mario Barbuto (2014 – 2020).
È lei che si alimenta con l’operosità dei singoli soci che trovano nel Presidente Nazionale ed in quelli territoriali la punta di un iceberg che porta nella società civile esempi di eccellenza, esempi che stupiscono i vedenti che spesso esclamano “come fanno? Io non ne sarei capace”.
E nell’approssimarsi del prossimo Congresso del 5 – 8 novembre 2020, il ventiquattresimo, non posso che augurare, ed augurarmi, che coloro che saranno rieletti o eletti per la prima volta, continuino a rappresentare i soci difendendo ciò che nei decenni è stato conquistato e battendosi per rifondare la legislazione del collocamento dei non vedenti oggetto di gravi rimaneggiamenti.
Solo a mo’ d’esempio richiamo la cessazione della figura del massofisioterapista non vedente, che tanto lustro ci ha dato, e la diminuzione dell’importanza dei centralinisti telefonici ciechi a fronte dell’assenza di altre figure di pari importanza da offrire ai nostri soci. Mi consolo, anzi mi inorgoglisco, pensando che la Nostra Grande Associazione rappresenta la luce della mente e del cuore che ci ha alimentati ormai da un secolo e ci ha aiutati ad essere uguali pur non essendolo in partenza, Associazione che abbiamo ricevuto in usufrutto dai soci del futuro ai quali la dobbiamo restituire più prestigiosa di prima.