Quello che avrei voluto dire a Tirrenia, di Nicola Ferrando

Autore: Nicola Ferrando

L'assemblea dei quadri dirigenti è sempre un momento molto atteso, specie quando avviene in un luogo fisico e non tramite la rubrica Parla con l'Unione, in quanto oltre alle parole si possono cogliere i toni, gli umori, le strette di mano dei partecipanti. I temi in discussione il 19 e 20 ottobre, poi, erano di particolare interesse: dal rapporto tra maggioranza e minoranza interna all'emergenza lavorativa, dall'istruzione dei nostri ragazzi ai percorsi tattili, da una forma di autofinanziamento quale può essere la vendita di una moneta commemorativa di Expo 2015 al riordino delle Province ed alle relative conseguenze sulle nostre strutture territoriali. Avrei voluto dire tante cose durante il dibattito, ma vuoi per l'eccessivo numero di persone che sono intervenute vuoi per l'elevato numero di temi in discussione non ne ho avuto la possibilità. Cercherò quindi di riassumere brevemente le mie idee.

Qualsiasi associazione che si definisce democratica vive al proprio interno un dibattito tra diverse posizioni. L'Unione non si sottrae a questo meccanismo. Forse in passato in nome dell'unità associativa si è cercato di nascondere le posizioni minoritarie, costringendo talvolta chi le sosteneva ad azioni eclatanti, con conseguenti azioni disciplinari che in più di una occasione hanno portato ad espulsioni ed alla nascita di nuove piccole associazioni. Con il congresso del 2010 qualcosa è cambiato: mentre prima i dissenzienti erano per lo più singole persone disorganizzate, non in grado di incidere nel dibattito congressuale, nel 2010 si è creato un gruppo attorno a Mario Barbuto, che ha partecipato all'assemblea precongressuale, che ha organizzato una propria assemblea diffusa in diretta tramite internet, che ha fatto circolare documenti. La Presidenza nazionale ha fatto pervenire a tutti i congressisti un cd contenente la presentazione dei candidati che si riconoscevano in Mario Barbuto, candidato presidente. La trasmissione Quota Novanta di Radio Oltre, la web radio dell'Istituto Cavazza, ha proposto interviste a tutti i candidati. Le aspettative erano dunque molto elevate, ci si sarebbe aspettato un esito congressuale che rispettasse il peso dei numeri sul campo. E invece… la partita è finita 20 a 0, ovvero nessun candidato del gruppo Rinnovamento UICI è risultato eletto in Consiglio nazionale. Ciò è accaduto non tanto perché vi sia stata la distribuzione di "pizzini" contenenti liste di nomi da votare, cosa abbastanza normale in questo tipo di elezioni nelle quali ciascuno preferirebbe essere circondato dai propri collaboratori, ma per il modo scientifico con cui la maggior parte dei presidenti regionali ha gestito il controllo del voto da parte dei delegati. Avrei voluto sentire una parola di autocritica da parte dei dirigenti nazionali, avrei voluto sentire una ammissione di colpa per non aver consentito l'elezione di due o tre rappresentanti della minoranza congressuale, che non avrebbero certamente nuociuto al buon funzionamento dell'associazione, ma anzi avrebbero potuto portare il dibattito nelle sedi decisionali. Ora invece l'unico spazio concesso alla minoranza è quello delle assemblee dei quadri, nelle quali tra l'altro la presenza di persone che si riconoscono nel movimento Rinnovamento UICI è del tutto casuale, essendo legata alle simpatie personali dei presidenti provinciali.

Anche da parte degli esponenti del movimento Rinnovamento UICI avrei voluto sentire parole di autocritica, per non aver saputo mantenere il dibattito all'interno degli organi associativi, per aver cercato di cavalcare la procedura di commissariamento dovuta ad un errore interpretativo commesso dai dirigenti nazionali, parlando invece di "magie di bilancio", come se i consiglieri nazionali avessero nascosto dei soldi o se li fossero intascati. Anche il movimento ha fatto un errore di valutazione quando ha chiesto ai consiglieri nazionali di non votare la delibera che revocava la precedente modifica del bilancio. Insomma, errori ce ne sono stati da una parte e dall'altra in questa brutta vicenda, che poteva portare un grosso danno all'Unione Italiana dei Ciechi e a tutti i ciechi italiani.

Anche la vicenda Vettore, il sistema di guida tattile propugnato dall'Unione, a mio avviso non è stata condotta correttamente da parte della minoranza. Tuttavia non possiamo nasconderci le forti pressioni fatte dalla dirigenza nazionale su una decisione non condivisa dalla base associativa. Fortunatamente ora si va verso una soluzione di compromesso, che speriamo possa portare al Vettore quei miglioramenti che lo rendano più stabile sotto la pianta dei piedi, senza perdere la sua attuale maggiore percepibilità rispetto al Loges.

Per quanto riguarda l'emergenza lavorativa dei ciechi, non posso che complimentarmi con i dirigenti nazionali, che hanno saputo costringere il ministro Fornero ad incontrarci e convincerlo a creare un tavolo tecnico, che speriamo possa trovare soluzioni concrete ed immediatamente applicabili per creare nuovi spazi lavorativi per i nostri giovani.

Era difficile prendere una decisione sulla figura del facilitatore della comunicazione, in quanto l'assemblea conosceva compiutamente solo l'opinione della Direzione nazionale e non i motivi che hanno portato la commissione nazionale istruzione ad immaginare una soluzione diversa, con l'affiancamento del facilitatore all'insegnante di sostegno. Credo però che non si possa prescindere dall'esperienza positiva di molte Amministrazioni Provinciali, che vedono nel facilitatore della comunicazione una figura che supporta l'alunno a casa ed in più collabora con l'insegnante di sostegno per la predisposizione del materiale didattico. Occorre a mio avviso creare sinergie tra l'Amministrazione Provinciale e l'Ufficio Scolastico Provinciale, affinché ciascuno metta a disposizione le proprie competenze e vi sia una circolazione di idee e di buone prassi.

Il riordino delle Province è questione di questi giorni: il Governo ha dato alcune indicazioni alle Regioni, ma si è riservato l'ultima parola sulla soppressione delle Province più piccole, cosa che non rifugge da problemi di incostituzionalità. A tutt'oggi non sappiamo quali province spariranno e se le nuove macroprovince avranno le attuali competenze in materia di integrazione scolastica ed inserimento lavorativo. Resta il fatto che il nostro statuto già prevede le sezioni intercomunali, senza rappresentanza legale e con una struttura più snella, quindi forse abbiamo già lo strumento giuridico per mantenere la nostra presenza capillare sul territorio, senza per questo conservare sezioni la cui gestione sta diventando insostenibile, a causa della sempre maggiore difficoltà di reperire i fondi per stipendiare i nostri dipendenti.

La difficoltà sempre crescente per le strutture periferiche di reperire fondi che ne consentano il normale funzionamento sta spingendo la Direzione nazionale a proporre forme di autofinanziamento, che tuttavia incontrano spesso un timido accoglimento da parte dei dirigenti locali. Anche l'iniziativa della moneta celebrativa di Expo 2015 non si sottrae a questo meccanismo. Per una sezione piccola, con 400 soci o meno, è difficile investire 400 euro per comprare 100 monete che poi se tutto va bene renderanno 600 euro, utili per pagare lo stipendio di una dipendente per 10 giornate lavorative. Forse nelle sezioni più grandi, che possono contare su una vasta rete di collaboratori volontari, il discorso è diverso, ed anche iniziative di questo tipo possono contribuire al sostentamento della struttura associativa.

Nicola Ferrando