Diabolik vince ancora, Carmen Morrone intervista Assunta Legnante

Autore: Carmen Morrone

Le immagini dei suoi occhi alla Diabolik hanno fatto il giro del mondo. "Sono stata persino sul Times", ricorda Assunta Legnante, neo campionessa alle Paralimpidi di Londra. Assunta Legnante, fra gli appassionati di atletica, è un nome conosciuto. Assunta veste la divisa della nazionale dall'età di 15 anni ed è campionessa del lancio del disco e del peso e attuale detentrice del record italiano indoor. La sua ultima Olimpiade è stata quella di Pechino nel 2008. Vederla alle Paralimpiadi ha sorpreso chi non sapeva che Assunta Legnante dal 2009 è cieca. Londra 2012 ha rappresentato un suo ritorno all'atletica e ai Giochi. Quella mascherina con stampati gli occhi di Diabolik che Assunta ha indossato in gara è stata incorniciata fra le immagini più significative di Londra 2012 per la simpatia e l'ironia. E la capacità di liberare la vita, sequestrata dal destino avverso. Come fa Diabolik, appunto.
A chi è venuta l'idea della maschera personalizzata?
Fra il serio e il faceto durante gli allenamenti dicevo ai miei colleghi che se fossi riuscita a qualificarmi e a gareggiare a Londra, avrei dovuto pensare a qualcosa che mi distinguesse. L'idea degli occhi di Diabolik è venuta a due ragazzi che si allenano con me: Massimo Maruffi e Alessio Giovannini. Quando hanno saputo che noi ciechi per gareggiare dobbiamo indossare la mascherina, hanno cominciato a  fantasticare su come renderla unica. Quando mi hanno proposto gli occhi di Diabolik, non ho… battuto ciglio ma perché mi piaceva molto. Così grazie a un grafico sono stati stampati gli occhi del fumetto che sono stati cuciti sulla mascherina da gara.
Come descrive la sua esperienza di Londra 2012
Un'emozione fortissima. Sono tornata a fare quello che ho sempre fatto: l'atleta. Dopo il 2009, anno in cui sono diventata cieca, ho smesso di fare sport: un trauma per un atleta professionista come ero io. Ho ripreso a lanciare e ad allenarmi nel 2011. Qualificarmi per le Paralimpiadi di Londra è stato un obiettivo che mi ha dato una forte motivazione che mi ha permesso di superare fatica e momenti in cui ero scoraggiata. Devo ringraziare due persone che mi sono state molto vicine: il mio allenatore Nicola Silvaggi e Andrea Tonelli, il mio compagno e anche lui mio allenatore. Ai Giochi di Londra, sono tornata me stessa, mi sono sentita di nuovo quella di prima.
Qual era il clima nel Villaggio Paralimpico?
Molto positivo. Per quanto riguarda la nazionale, mi sono sempre sentita molto bene all'interno del gruppo di specialità. C'era un buon affiatamento fra compagni. Tanto che si assisteva reciprocamente alle gare andando a bordo pista per tifare. Per quanto riguarda il rapporto con gli atleti stranieri devo dire che il clima è migliore rispetto alle Olimpiadi. C'è agonismo, ma c'è più unione. Alle Olimpiadi il campione sta spesso da solo, diciamolo se la tira. A Londra non ho avuto questa sensazione. E poi vivi giorni in cui la disabilità non si nota. Si è tutti atleti.
Nel 2016 a Rio de Janeiro si terrà la prossima edizione dei Giochi. Andrà alle Olimpiadi e alle Paralimpiadi?
Per tornare alle Olimpiadi ce ne vuole. Non lo escludo, non lo voglio escludere. Ma devo lavorare tanto. Devo tornare a fare una misura attorno ai 18.50 metri. Il mio miglior lancio all'aperto è stato di 19.04 metri alla Finale Oro dei Campionati italiani di società del 2006. Il mio miglior risultato indoor è stato di 19.20 metri, l'attuale record italiano, nel 2002 a Genova. Sono stata ferma tre anni e questo per un atleta è un periodo lunghissimo. Per di più devo affrontare un elemento nuovo del mio corpo che è la cecità. Se prima i lanci erano perfetti dal punto di vista tecnico, la cecità non mi ha ancora permesso di arrivare alla stessa esattezza nell'esecuzione. Ad esempio sono ancora insicura quando mi muovo e mi giro in pedana.
Per la possibilità che lei partecipi a entrambi i Giochi, la stanno paragonando a Oscar Pistorius che proprio a Londra ha gareggiato alle Olimpiadi e alle Paralimpidi. Come si sente?
Oscar è un campione e ha il merito di aver creato un forte precedente. Io l'ho conosciuto alcuni anni fa alla Notturna di Milano, uno dei più importanti meeting di atletica. Era il periodo in cui Pistorius combatteva per far valere il suo diritto a gareggiare con i normodotati. E in quel periodo io mi sono molto identificata in lui perché anche a me veniva precluso di gareggiare, anche se per motivi diversi. Nonostante avessi ottenuto il diritto di partecipare ai Giochi olimpici di Atene del 2004, il CONI scartò questa opportunità, dichiarandomi non idonea dal punto di vista delle mie condizioni di salute per un innalzamento della pressione oculare. Pistorius è un fuoriclasse che ha reso lo sport paralimpico protagonista. Pistorius ha fatto da apripista, adesso tocca ad altri. Anche a me.
Per via della decisione del Coni nel 2004 non può andare alle Olimpiadi di Atene. Ma non si perde d'animo…
Continuo ad allenarmi e nel 2006 conquisto il quinto posto ai Campionati europei di Göteborg e il titolo europeo ai Campionati europei indoor di Birmingham nel 2007. Sempre nel 2007 sono stata nominata capitana della nazionale italiana ai Mondiali di Osaka: una partecipazione sfortunata dove per solo un centimetro non sono entrata in finale.
Quelle di Pechino nel 2008 sono state le ultime Olimpiadi prima della cecità?
Non ho un bel ricordo. Sono stata eliminata nelle qualificazioni: diciannovesima con 17,76 m. Un anno dopo torno a superare i 18 metri e conquisto la medaglia d'argento ai Giochi del Mediterraneo di Pescara. È questa la mia ultima partecipazione da vedente. Da lì a qualche mese, visto l'aggravarsi della mia vista, sarei diventata cieca. Nell'occhio sinistro già non ci vedevo più. Ora anche l'altro era stato reso cieco dal glaucoma congenito.
Il suo esordio come atleta paralimpica solo qualche mese fa, a maggio…
L'11 maggio 2012 ai campionati italiani assoluti paralimpici di atletica leggera batto il record del mondo nel getto del peso abbattendo il precedente di 11,84, per ben due volte con 13.24 e 13.27 metri. La misura mi qualifica alle Paralimpiadi di Londra 2012. Sono in forma. Tanto che un mese dopo al Memorial Primo Nebiolo a Torino, arrivo a 15.22 metri. Per la prima volta accanto al mio nome c'è una sigla, F11, che identifica la mia disabilità.
Come ha affrontato la cecità?
È arrivata all'improvviso. Ero completamente estraniata. Dal 2009 al 2011 sono passata da un letto di ospedale all'altro. Ho subito sei o sette – ho perso il conto – interventi chirurgici per cercare di recuperare la vista. Poi io e i medici ci siamo rassegnati.
Com' è la sua vita quotidiana?
Sono cieca da poco. Mi appoggio molto al mio compagno Andrea, alla famiglia. E solo da poco ho cominciato a conoscere il mondo dei ciechi. Mi muovo ancora da vedente. In certe cose non mi rendo conto di non vedere. Da dieci anni abito nello stesso appartamento, lo conosco a memoria. E riesco a essere autonoma. Andrea però non mi fa avvicinare ai fornelli. Beh devo ammettere che Andrea fa tutto lui.
Quali ausili adopera?
Un programma software per la sintesi vocale con cui posso adoperare il cellulare in tutta autonomia e presto anche il personal computer anche grazie a un corso organizzato dall'Unione italiana ciechi di Ascoli Piceno, città dove vivo.
Bastone bianco, cane guida?
Vado in giro sempre accompagnata. Per quanto riguarda il cane guida ho potuto verificare di persona il suo ruolo proprio a Londra. Nella squadra italiana e proprio nel gruppo di atletica c'era la runner Elisabetta Stefanini che aveva portato a Londra il suo cane guida. Ho notato però che il cane ha sempre bisogno del tuo imput, cioè devi indicargli tu la strada. Mi pare molto utile se tutti giorni fai gli stessi percorsi: il cane li impara a memoria e ti è davvero di aiuto. Nel mio caso sarebbe poco utile: percorro strade sempre diverse, mi muovo molto per la città.
Ascoli Piceno è accessibile per un cieco?
Come dicevo mi muovo sempre accompagnata. Posso dire che è una città a misura d'uomo, non ci sono lunghe distanze per raggiungere uffici, strutture, non è una metropoli. Per facilitare i miei spostamenti, abbiamo scelto di abitare vicino al campo di atletica.
Lavora?
Non lavoravo prima e non lavoro ora. Con l'arrivo della cecità ho chiesto tante informazioni. Fra queste quella relativa alle possibilità di lavoro. Con la cecità non ero più un atleta e mi sentivo esclusa da qualsiasi tipo di lavoro. Avevo perso il mio "lavoro" da atleta e mi sono subito data da fare per capire come avrei potuto fare. Potevo forse la centralista e la fisioterapista. Ma le scuole per queste professioni non ci sono dappertutto. Questo è uno dei problemi che abbiamo.
E gli altri problemi…
La cecità come disabilità è impegnativa. Nello sport, ad esempio, un ragazzo che si muove in carrozzina va da solo a giocare a basket, a fare handbike. Il cieco che vuole correre, anche per fare running, deve trovarsi dei compagni.
Qual è il suo rapporto con l'Unione italiana ciechi e ipovedenti?
Ho incontrato i suoi rappresentanti da poco, ma penso sia un'istituzione importante per noi ciechi. Per me è stato fondamentale parlare con i ciechi. Da loro continuo a imparare molto. Quando mi hanno messo in contatto con Maria Ligorio è stata una scoperta. Le sue parole mi hanno aperto un mondo. Maria ha una grande esperienza e mi ha aiutata tantissimo.
A Londra hanno fatto discutere gli accorpamenti nella stessa gara fra disabilità di grado diverso. Che ne pensa?
Anch'io ho gareggiato con ipovedenti. Se avessi gareggiato con ciechi avrei vinto il bronzo nel lancio del disco. Ma non mi lamento. Ho sempre pensato che ai Giochi vince chi è più forte e mi sono sempre preparata per essere la più forte. In ogni caso si potrebbero introdurre dei coefficienti per calcolare il punteggio finale.
Prossimi appuntamenti sportivi?
I mondiali a Lione nel giugno 2013. Alla fine di ottobre riprendo gli allenamenti e le gare. Non mi chieda quali. Che non lo so. Non lo voglio sapere ancora per un po'. Voglio godermi questo periodo. Voglio andare a trovare mio padre che vive a Frattamaggiore in provincia di Napoli dove sono nata. In queste settimane la festa paralimpica continua, giornali e tv chiedono ancora di noi. Questo è molto positivo perché sullo sport paralimpico non devono accendersi i riflettori solo in occasione dei Giochi. Lo sport paralimpico si fa tutto l'anno. 

Carmen Morrone