Colgo l'occasione di un articolo uscito su Repubblica per tracciare l'evoluzione che nel prossimo futuro cambierà certamente la vita dei non vedenti. Un cambiamento radicale e sempre più virtuale dove i nostri sensi diventano sempre più limitati per la loro messa a riposo. Un gioco delle parti che cerca di rendere la nostra esistenza meno difficile ma nello stesso tempo avvia un processo di inibizione e di atrofizzazione dei nostri sensi. Il tempo è l'unico maestro e testimone del processo di trasformazione e di cambiamento delle nostre abitudini di fruizione degli spazi. E noi non vedenti siamo pronti a tali trasformazioni?
Leggiamo un po' cosa sta succedendo.
"La porta non ha lo stipite, non ha il battente e se è per questo neppure la maniglia.
Il badge non esiste più: la carta d'identità di ognuno è semplicemente la sua faccia.
Non serve nemmeno la chiavetta Usb e tantomeno il pc: tutto è caricato sul profilo personale, documenti di lavoro compresi.
I telefoni sono un retaggio arcaico, con il mondo si comunica in viva voce: su una lavagna "le carte" da condividere, con le dita si ingrandiscono i particolari e con un movimento delle braccia si spostano i dossier.
Non servono più i codici segreti personali perché tutto è già registrato sotto quel volto che corrisponde al nome.
Per cominciare, l'ufficio del futuro non ha la porta d'ingresso.
Non c'è chiave e nemmeno un pulsante.
Il varco nella parete si apre con il riconoscimento fotografico del dipendente e allora ecco che il muro diventa trasparente, una voce augura il "buongiorno" seguito dal vostro nome e cognome, la stanza si prepara ad accogliere voi e le vostre preferenze.
Grazie alla domotica, insieme all'apertura scattano anche i cambiamenti locali: insieme alla vostra foto, avrete depositato le vostre preferenze in fatto di colori (la luce cambia nuance a seconda di quello che avete programmato, potete volerla viola o bianca, o verdissima); temperatura, sistemazione dei supporti tecnologici, perfino localizzazione delle pareti mobili in modo da rendere flessibile al massimo lo spazio.
Il badge dei tempi moderni è la vostra faccia che l'occhio delle telecamere riconosce e abbina alle vostre esigenze.
Appena entrate, ecco la pausa caffè in collegamento con l'ufficio lontano 600 chilometri: una consolle, uno sgabello e sulla lavagna interattiva scorrono le immagini del documento da discutere e condividere.
Lo smart podium grande come una tv consente di intervenire – scrivendo o disegnando – a distanza.
E se bisogna collegarsi con qualcuno che è in viaggio, ecco sul tablet l'applicazione per la video-comunicazione.
Ma anche le riunioni ravvicinate cambiano registro: neppure più un foglio di carta, niente penne, addio tastiere, perché il lavoro avviene intorno a un tavolo multi-touch che proietta su una parete i documenti.
La tecnologia dei videogiochi permette di ingrandire i particolari: così, per esempio, la piattaforma petrolifera sperduta nell'oceano e il guasto da riparare diventano elementi che si ingrandiscono grazie alla realtà aumentata.
Non ci sarà più neppure uno spreco: niente luci accese o troppo caldo d'inverno e troppo freddo d'estate, perché è la domotica a regolare la temperatura in base al numero di persone presenti e a spegnere le luci quando non c'è più nessuno".
Come abbiamo letto i film di fantascienza ormai sono dietro l'angolo e noi ci dobbiamo conformare a tali trasformazioni, dove il nostro corpo certamente verrà sorvegliato e controllato in tutte le sue azioni e sorvegliato da casa in modo di non avere difficoltà nei nostri percorsi.
Le relazioni fra individui saranno sempre più facili, gli oggetti possono essere localizzati e individuati in modo istantaneo e immediato da sistemi di localizzazione. Le voci sintetizzate ci guideranno in tutte le nostre azioni facilitando i nostri movimenti, i percorsi tattili ci indicheranno in voce le direzioni da prendere indicando in modo dettagliato ciò che si trova lungo il percorso in modo semplice e automaticamente.
Un futuro che non vedrà più barriere, il tutto sembra lontano ma è proprio dietro l'angolo.
Pino Bilotti