Univoc – Nuove cariche nazionali, di Salvatore Petrucci

Autore: Salvatore Petrucci

Vi comunico che a seguito delle dimissioni del Professore Vito Romagno dalla carica di Presidente Nazionale, da Direttore della rivista “Reciprocamente insieme” e da coordinatore del comitato di redazione della rivista stessa, la Direzione Nazionale, si è riunita il giorno 4 giugno 2015 presso la sede legale sita in via Borgognona 38 Roma, ed ha eletto Presidente Nazionale il signor Salvatore Petrucci e Vice Presidente Nazionale la signora Sonia Morassi.
A seguito delle già pre-annunciate dimissioni del segretario generale signor Claudio Calacoci, la Direzione Nazionale ha incaricato per la segretaria generale la signora Anna Maria Sgroi, gentilmente messa a disposizione dalla Direzione Nazionale UICI e ha avviato le procedure di trasferimento della segreteria presso la sede legale in via Borgognona 38 a Roma con conseguente chiusura della sede operativa di Firenze.
Si comunica inoltre che la Direzione Nazionale ha proceduto alla surroga del prof. Vito Romagno con il primo dei non eletti, sig. Nicolò Zeppi di Firenze.
In attesa del completo trasferimento di tutti i documenti, la segretaria sarà operativa a partire dal mese di settembre e pertanto nel frattempo vi invito a fare riferimento ai componenti della Direzione Nazionale secondo le competenze territoriali.

Di seguito i miei contatti per chiunque volesse servirsene:
cellulare 330 87.21.28

e-mail petrucci.salvatore@alice.it

segreteria univoc@univoc.org

Salvatore Petrucci

L’idrostimolazione polisensoriale psicomotoria (I.Po.P.) va all’università, di Luciano Paschetta

Autore: Luciano Paschetta

Venerdì scorso, presso l’Ospedale Universitario Sant’Andrea, in un’aula della seconda Facoltà di medicina dell’Università La Sapienza di Roma, l’IRIFOR (l’istituto di ricerca formazione e riabilitazione dell’Unione italiana dei ciechi e degli ipovedenti) ha presentato la seconda edizione del Corso Nazionale di Specializzazione per Riabilitatori Esperti nel Metodo I.Po.P., un metodo innovativo per il trattamento di soggetti con disabilità visiva accompagnata da patologie psicomotorie gravi e gravissime, che sta dando risultati concreti assolutamente apprezzabili.
Il metodo è nato in “casa L’I.Ri.Fo.R.” e l’istituto ormai da anni affianca il dott Luca Labianca ed il terapista Mirco Fava nello sviluppo di questo protocollo. Il metodo dai primordi ad oggi si è evoluto e strutturato.
Esso è partito dall’intuizione di Mirco Fava di considerare l’acqua non solo “l’ambiente” in cui trattare la rieducazione motoria, ma anche e soprattutto “lo strumento” del quale servirsi per il trattamento: l’acqua, in tal modo, passa da oggetto a soggetto dell’azione idroterapeutica.
Un apporto significativo allo sviluppo del metodo è altresì venuto con l’acquisizione dell’importanza del coinvolgimento e collaborazione con l’ambiente familiare del soggetto in terapia.
Terzo elemento che caratterizza, arricchisce e completa il metodo sono gli strumenti di valutazione e classificazione introdotti dal dott. Labianca per rendere possibile una verifica ed una oggettivizzazione del percorso terapeutico con linguaggio condiviso e riconosciuto dalla comunità scientifica internazionale , il che ha permesso di introdurre la metodica ai più alti livelli di discussione accademica.
Il metodo, infatti ad oggi, ha già avuto l’attenzione della comunità scientifica internazionale, essendo stato selezionato tra i lavori presentati lo scorso anno nel convegno mondiale dell’American Academy of Orthopaedic Surgeons (la più importante kermesse internazionale di ortopedia) tenutosi a New Orleans (U.S.A.) ed in rapida successione al congresso mondiale della International Society Of Physical And Rehabilitation Medicine (ISPRM, Società Internazionale di Medicina Fisica e Riabilitativa) svoltosi a Cancun (Messico), In entrambi i casi, ,il lavoro svolto è stato presentato dal responsabile scientifico, il dott. Luca Labianca e dall’ideatore del concetto di Idrostimolazione Mirco Fava.
Nei tre anni trascorsi la collaborazione tra l’IRIFOR e La Sapienza, si è già concretizzata nell’attivazione di un laboratorio di presentazione del metodo I.Po.P. nel terzo anno del corso di laurea in fisioterapia che l’Università tiene presso l’Ospedale Sant’Andrea.
Venerdì, nel corso della presentazione, una nuova attestazione della bontà del lavoro svolto finora è giunta dall’Università La Sapienza dando un nuovo impulso alla collaborazione con l’I.Ri.Fo.R..
Il direttore del corso di fisioterapia, nonché Associato della Cattedra di Neurologia e responsabile della U.O.S. di Malattie Neuromuscolari prof. Giovanni Antonini, che assisteva alla presentazione del II Corso Nazionale di Specializzazione per Riabilitatori Esperti nel Metodo I.Po.P., si è dichiarato entusiasta del lavoro svolto e della strutturazione del corso tanto da esprimere la sua volontà di attivare, nell’anno accademico 2016/17 , un Master per la specializzazione nel metodo I.Po.P. da realizzare in collaborazione con l’IRIFOR.
Alla giornata di presentazione assisteva anche il prof Montanaro, che presso l’Ospedale Sant’Andrea stesso si occupa di ortopedia pediatrica e malattie neuromuscolari, docente della Scuola di Specializzazione di Ortopedia e Traumatologia diretta dal Prof. Andrea Ferretti di cui ha annunciato l’invio di una proposta all’IRIFOR per una collaborazione con l’U.O.C. di Ortopedia e Traumatologia ad una ricerca da realizzare già nel prossimo anno accademico, sul metodo.

Centro di Documentazione Giuridica – La disciplina della firma del non vedente tra presente e futuro, di Paolo Colombo

Autore: Paolo Colombo

La Legge 3 febbraio 1975, n.18, stabilisce che la firma apposta su qualsiasi atto, senza alcuna assistenza, dalla persona affetta da cecità, è vincolante ai fini delle obbligazioni e delle responsabilità connesse.
Tuttavia, il non vedente ha la facoltà di farsi assistere durante la sottoscrizione da altra persona cui egli accordi la necessaria fiducia, oppure di fare redigere a questa l’atto medesimo.
La persona che presta assistenza nel compimento di un atto deve apporre su di esso, dopo la firma del cieco, la propria, premettendo a essa le parole ‘’ il testimone’’; la persona che partecipa, invece, alla redazione dell’atto deve apporre su di esso, dopo la firma del cieco, la propria, premettendo le parole ‘’ partecipante alla redazione dell’atto’’.
Quando la persona affetta da cecità non è in grado di apporre la firma, effettua la sottoscrizione con un segno di croce; se non può sottoscrivere neppure con il segno di croce, ne è fatta menzione sul documento con la formula ‘’impossibilitato a sottoscrivere’’.
In entrambi i casi, il documento è perfezionato con l’intervento e la sottoscrizione di due persone designate dal non vedente e di sua fiducia.
Alla luce della vigente normativa il non vedente in quanto persona pienamente capace di agire può sottoscrivere atti privati in autonomia, l’unica eccezione è riconosciuta per quanti sono in possesso di una carta di identità con la dicitura “impossibilitato” alla voce firma del titolare. Per loro anche quegli atti libera espressione dell’autonomia negoziale si perfezionano necessariamente con l’intervento e la sottoscrizione di due persone in qualità di testimoni.
In questo caso la firma dell’atto si sostanzierà nel cd. crocesegno. Dunque il cieco o l’ipovedente che non sappia apporre la propria sottoscrizione se non con il crocesegno, può validamente apporlo su qualsiasi atto, in quanto egli è perfettamente capace di agire, ma dovrà crocesegnare in presenza di due testimoni.
Le disposizioni della legge 18 del 1975 si applicano esclusivamente alle scritture private, restando esclusi gli atti pubblici, che per la loro natura devono essere redatti dal pubblico ufficiale.
In tali casi i disabili visivi devono necessariamente essere assistiti da due testimoni, tale circostanza è resa obbligatoria dall’art. 48 della legge notarile del 1933, la cui abrogazione non è intervenuta malgrado il successivo intervento del legislatore operato dalla legge n. 18 del 1975.
In particolare, qualora un cieco sia parte nella formazione di un atto notarile è necessaria la presenza dei due testimoni come disposto dall’art. 48 della legge n. 89 del 1913 (Legge notarile) e non anche quella degli assistenti.
Tanto è vero ciò che il notaio, al fine di evitare qualsiasi ipotetico profilo di responsabilità, da’ espressamente menzione nell’atto del fatto che il cieco rinuncia ad avvalersi degli assistenti previsti dalla legge n.18/1975.
D’altra parte, quando si verte in tema di atto pubblico, la natura dello stesso, rende l’intervento e la firma degli ausiliari privi di qualsiasi funzione, pratica o giuridica.
Quanto sopra trova costante conferma nella Giurisprudenza sia di merito che di legittimità.
Il convincimento espresso si fonda, non solo sull’interpretazione letterale dell’art. 48 della legge n. 89 del 1913 (Legge notarile) così come riformato dal comma 1 dell’art. 12 della legge 28 novembre 2005 n. 246 (“oltre che in altri casi previsti per legge, è necessaria la presenza di due testimoni per gli atti di donazione, per le convenzioni matrimoniali e le loro modificazioni e per le dichiarazioni di scelta del regime di separazione dei beni nonché qualora anche una sola delle parti non sappia o non possa leggere e scrivere ovvero una parte o il notaio ne richieda la presenza. Il notaio deve fare espressa menzione della presenza dei testimoni in principio dell’atto.”) e s.m.e i., ma soprattutto sull’interpretazione logica del combinato della normativa in parola che rende incompatibile con la natura e la struttura dell’atto pubblico la disposizione di cui all’art. 4 della legge n. 18 del 1975 (cfr. Cass. Civ. n. 15326 del 2001: “è incompatibile con la natura e con la struttura dell’atto pubblico la disposizione di cui all’art. 4 della legge n. 18 del 1975 in tema di assistenza a persona non vedente nella partecipazione ad atti documentali, potendo riguardare l’intervento e la firma dei due ausiliari del cieco (previsti dal secondo comma della norma in parola) la sola scrittura privata; pertanto, la validità dell’atto pubblico va valutata con riferimento all’art. 51, n. 10, della legge notarile n. 89 del 1913 il quale stabilisce che il requisito formale (previsto a pena di nullità) della sottoscrizione della parte può venir meno solo nel caso di impossibilità (e non, come nella specie, di difficoltà) a sottoscrivere”; Trib. Napoli sent. 22.06.2000: “è esclusa l’applicabilità agli atti pubblici della l. 3 novembre 1975 n. 18 (provvedimenti a favore dei ciechi). Infatti, l’intervento e la firma dei due ausiliari ivi previsto non riveste, in atto proveniente da notaio, alcuna funzione, pratica o giuridica. Compito proprio degli stessi, difatti, è di agevolare il cieco nella redazione del documento, mentre in materia di atti pubblici è solo ed esclusivamente il notaio a poter indagare sulla volontà negoziale delle parti (ed il cieco è parte), darne conto e riprodurla in atto, nonché far menzione, corredandola dei motivi, dell’impossibilità per il cieco di sottoscrivere”.
Inoltre va detto che oggi le nuove tecnologie consentono ai disabili visivi di creare un testo e di sottoscriverlo senza la mediazione di terzi, tuttavia la sottoscrizione dei contratti, delle istanze rivolte alla pubblica amministrazione, dei documenti in generale, nonché il controllo della sottoscrizione autografa di terzi, costituiscono ancora insuperabili ostacoli che limitano concretamente la loro autonomia che potrà rafforzarsi solo grazie a ulteriori e normativi innovativi.
Attualmente è all’esame della Camera dei deputati la proposta di legge n. n. 2941 “Disposizioni per il riconoscimento della firma mediante apposizione dell’impronta digitale per le persone affette da disabilità motoria che, a causa di infermità gravemente invalidanti, non possono avvalersi dell’uso delle mani”.
In merito a tale proposta di legge l’UICI si sta prodigando con un intervento volto ad aggiungere nel titolo della proposta Disposizioni per il riconoscimento della firma mediante apposizione…….mani l’inciso: o mediante firma digitale per i ciechi ed ipovedenti;
nonché all’art. 1 l’introduzione di un secondo comma, con la seguente previsione: “altresì le persone cieche ed ipovedenti possono apporre la propria firma digitale ai contratto e agli atti notarili. Pertanto viene abrogato l’art.48 della legge notarile.
Ove la proposta venisse approvata con la possibile estensione delle norme in essa contenute anche ai non vedenti si potrebbe finalmente realizzare quella piena autonomia contrattuale per i non vedenti che attualmente è soffocata dall’obbligo per la stipula di atti pubblici di due testimoni.
L’uso della firma digitale, infatti, esclude possibili contraffazioni della firma e darebbe la possibilità anche a quei non vedenti che presentano l’annotazione sulla propria carta di identità “impossibilitato alla firma” una partecipazione diretta alla stesura dell’atto.
Si attendono inoltre anche i positivi esiti di un intervento di modifica al Decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 110 in materia di ammodernamento dell’Ordinamento del Notariato, volto a prevedere l’obbligatorietà per i notai di redigere e di rogare atti pubblici o di autenticare scritture private con modalità e in formato elettronico, ove tra le parti vi sia un non vedente.
Attualmente, infatti, per effetto del decreto n.110/2010 i comparenti hanno facoltà di scegliere e di richiedere al notaio di stipulare l’atto negoziale di proprio interesse con le forme dell’atto notarile in formato elettronico al posto di quello cartaceo solo su richiesta e conseguente consenso di tutte le parti interessate (comparenti e notaio).

Paolo Colombo

La competenza giurisdizionale in tema di sostegno al minore disabile è del giudice ordinario, di Paolo Colombo

Autore: Paolo Colombo

In tema di riparto di giurisdizione, il dibattito intorno al riconoscimento o meno di un diritto soggettivo (con conseguente pronuncia a favore della giurisdizione del giudice ordinario) oppure di un interesse legittimo del minore disabile in tema di sostegno scolastico (con giurisdizione affidata al giudice amministrativo) è sempre  ancora attuale.

In merito segnaliamo la sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, n. 25011/2014 del 25 novembre 2014 che,  non è solo pregevole per la forma espositiva e la tecnica motivazionale, ma è molto importante e condivisibile nel merito, in quanto ha stabilito che spetta al giudice ordinario la giurisdizione sull’assistenza del minore disabile a scuola, perché il diritto all’istruzione è parte integrante del riconoscimento e della garanzia dei diritti dei disabili, per il conseguimento di quella pari dignità sociale che consente il pieno sviluppo e l’inclusione della persona umana con disabilità.

La sentenza arriva dopo che un genitore ha presentato ricorso contro le amministrazioni statali e comunali, che avevano assegnato al figlio minore, affetto da handicap grave certificato dalle competenti commissioni mediche ai sensi dell’articolo 3, comma 3, della Legge 104/1992, 15 ore di Aec, non garantendo il rapporto di 1 a 1, un numero di ore non equivalenti all’intero orario di frequenza.

La Corte regolatrice della giurisdizione, dopo un excursus sulla normativa vigente nazionale e internazionale in materia, argomenta partendo dalla legge 1° marzo 2006, n. 67 (Misure per la tutela giudiziaria delle persone con disabilità vittime di discriminazioni), che nel promuovere la piena attuazione del principio di parità di trattamento e delle pari opportunità nei confronti delle persone con disabilità al fine di garantire alle stesse il pieno godimento dei loro diritti civili, politici, economici e sociali, traccia all’articolo 2 una rilevante distinzione tra due possibili forme di violazione di tale parità (la discriminazione diretta e la discriminazione indiretta), e, all’articolo 3, affida al giudice ordinario la competenza giurisdizionale avverso gli atti e i comportamenti discriminatori, richiamando le nuove norme sulla tutela antidiscriminatoria previste dall’articolo 28 del Dlgs n. 150/2011.

La stessa Corte ha altresì richiamato quanto già disposto dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 215 del 1987, in cui è chiarito che la frequenza scolastica è, «insieme alle pratiche di cura e riabilitazione ed al proficuo inserimento nella famiglia», «un essenziale fattore di recupero del portatore di handicap e di superamento della sua emarginazione, in un complesso intreccio in cui ciascuno di tali elementi interagisce sull’altro e, se ha evoluzione positiva, può operare in funzione sinergica ai fini del complessivo sviluppo della personalità».

Pertanto, una volta che l’istituto scolastico abbia adottato un piano educativo individualizzato o uno strumento equipollente, non c’è alcuna discrezionalità da parte dell’amministrazione nell’assegnare le ore di sostegno, che debbono essere comunque assicurate in misura pari al piano educativo già deliberato.

La Corte di Cassazione (Sentenza n. 25011/2014 del 25 novembre 2014, delle Sezioni Riunite) ha chiarito che questa materia non attiene alla mera erogazione di un servizio pubblico (riservata al giudice amministrativo) ma è parte integrante del riconoscimento dei diritti della persona, e della garanzia che ai disabili sia garantita l’inclusione sociale.

L’Amministrazione dunque non ha margini di discrezionalità nel modificare l’attribuzione delle ore di Sostegno scolastico quale è stabilita, dal “Gruppo di lavoro per l’integrazione degli handicappati”, con il Piano Educativo Individualizzato. Dunque in tale materia, non esiste la giurisdizione esclusiva (in materia di servizi pubblici) del giudice amministrativo.

Il piano educativo individualizzato per il sostegno scolastico dell’alunno in situazione di handicap, una volta elaborato con il concorso degli insegnanti e degli operatori della sanità pubblica, comporta l’obbligo dell’amministrazione scolastica – priva di potere discrezione a rimodulare la misura del supporto integrativo in ragione della scarsità di risorse disponibili per il servizio – di apprestare gli interventi corrispondenti alle esigenze rilevate.

Le problematiche economiche, quindi, non possono legittimare l’omissione o l’insufficienza della misura del supporto integrativo che è lesiva del diritto dell’alunno disabile ad avere pari opportunità nella fruizione del servizio scolastico, determinando – in assenza di una corrispondente contrazione dell’offerta formativa per gli altri allievi – una discriminazione indiretta, per la cui repressione è comunque competente il giudice ordinario.

Si segnalano le iniziative accessibili dei Musei aderenti alla BIENNALE ARTEINSIEME 2015 – VI edizione

Autore: Redazionale

SABATO 27 GIUGNO ore 15.30

Museo del Balì, Saltara (PU)

ABILMENTE, LA SCIENZA TRA LE MANI

Il Museo di Scienza del Balì organizza per sabato 27 giugno una giornata dedicata interamente ai disabili visivi, con l’obbiettivo di rendere accessibile la cultura scientifica. Saranno proposte la visita tattile della collezione, un planetario ed una sfida di enigmi.

Durante la visita guidata “Mani in azione” la scienza si potrà toccare con mano per approcciarsi ad essa con una sensibilità diversa ma sempre curiosa e affascinante!

Per far scoprire il cielo ai non-vedenti è stato ideato un planetario ad hoc: “Stelle da toccare”. Dopo aver scoperto le costellazioni grazie a dei disegni in rilievo e ad un astrolabio tattile, si potranno sentire i suoni provenienti dal nostro Universo. Curiosi di ascoltare il suono del Big Bang?

Sarà anche allestita una stanza con degli “Enigmi improbabili” da risolvere ed, alla fine della giornata, verrà premiata la squadra che ha risolto più enigmi.

Evento in collaborazione con la sezione UICI di Pesaro e Urbino.

Destinatari: ipovedenti, non vedenti.

http://www.museodelbali.it/it/news-ed-eventi/abilmente-scienza-le-mani

 

MARTEDI’ 30 GIUGNO ore 10

Museo d’Arte Contemporanea Castello di Rivoli (TO) CON ALTRI OCCHI — SPECIALE SUMMER SCHOOL in occasione della Summer School 2015 il Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli proporrà una giornata di formazione teorico-pratica incentrata sull’esperienza di una visita tattile e sulle riflessioni metodologiche correlate.

Il Dipartimento Educazione del Castello di Rivoli è stato il primo dipartimento museale a avviare percorsi specifici di avvicinamento all’arte contemporanea per non vedenti e ipovedenti, in collaborazione con l’UICI: il progetto sperimentale “Con altri occhi” è il frutto di 10 anni di ricerche ed esperienze condivise all’insegna dell’accessibilità totale del Museo.

La giornata di formazione rientra nel programma di iniziative della Biennale ArteInsieme promossa dal Museo Tattile Statale Omero di Ancona.

A cura di Francesco Fratta dell’U.I.C.I. e Brunella Manzardo del Dipartimento Educazione Castello di Rivoli.

Destinatari: giornata di formazione aperta a tutti, vedenti e non.

http://www.castellodirivoli.org/dipartimento-educazione

 

MARTEDI’ 30 GIUGNO ore 18

MACC – Museo d’Arte Contemporanea di Caltagirone (CT) ITINERARIO DI VISITA PER NON VEDENTI NEL MUSEO D’ARTE CONTEMPORANEA  DI CALTAGIRONE

 

Martedì 30 giugno alle ore 18, il Museo d’Arte Contemporanea di Caltagirone (MACC) organizza una visita per non vedenti potranno toccare alcune opere appositamente scelte per le loro caratteristiche volumetriche e materiche, nello stesso tempo ascoltando la descrizione di esse detta dal Direttore del MACC, e studiata per evidenziare le qualità percepibili senza l’uso della vista. Con questo progetto il MACC rientra nel programma “Biennale ArteInsieme — cultura e culture senza barriere”, Patrocinato dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali e del Turismo, soggetto capofila il Museo Tattile Statale Omero di Ancona.

In tale realizzazione indispensabile ed entusiastica è stata la collaborazione delle Associazioni caltagironesi:  Movimento Apostolico Ciechi (MAC), e  Istituto per lo Sviluppo delle Potenzialità Apprenditive e Relazionali (ISPAR).

Destinatari: ipovedenti, non vedenti.

http://www.comune.caltagirone.ct.it

 

MUSEI ACCESSIBILI

Per visionare tutte le attività accessibili promosse nei mesi di giugno e luglio dai Musei italiani aderenti  alla Biennale ArteInsieme clicca nel seguente link:

http://www.museoomero.it/main?p=adesioni-arteinsieme-musei-2015

Giornata conclusiva del Concorso Nazionale di editoria tattile TOCCA A TE! 2015.

Autore: Rapisarda Gianluca

Il Concorso si è svolto nelle giornate del 19, 20 e 21 giugno nella Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia ed in questa sua 3° edizione è stato organizzato dalla Federazione Nazionale Delle Istituzioni Pro Ciechi, dalla Fondazione Robert Hollman e dall’Istituto regionale per i ciechi “G. Garibaldi” di Reggio Emilia, in collaborazione con la Direzione Generale per la Valorizzazione del Patrimonio culturale, Centro per i Servizi educativi del Museo e del Territorio del Ministero dei Beni, delle Attività culturali e del Turismo.

La giornata conclusiva con la proclamazione dei vincitori e l’esposizione di tutti gli elaborati in concorso ha visto la partecipazione di oltre 250 persone provenienti da tutta Italia. Una giornata di festa e di sensibilizzazione sulle tematiche della disabilità e dell’integrazione.

Ha coordinato la cerimonia di proclamazione dei vincitori Sergio Govi, Presidente dell’Istituto Regionale “Giuseppe Garibaldi” di Reggio Emilia. Sono intervenuti:

Rodolfo Masto, Presidente della Federazione Nazionale delle Istituzioni pro ciechi Onlus

Gianluca Rapisarda, Presidente di Giuria e Presidente dell’Istituto “Ardizzone gioeni” di Catania

Stefano Tortini, Presidente del Consiglio Regionale dell’UICI dell’Emilia Romagna

Giancarlo Abba, Direttore scientifico dell’istituto dei Ciechi di Milano

Giordano Gasparini, Direttore Scientifico della Biblioteca Panizzi di Reggio Emilia

Raffaella Curioni, Assessore a “Educazione e conoscenza con delega alle scuole” del Comune di Reggio Emilia

Ilenia Malavasi, Vicepresidente della Provincia di Reggio Emilia

Silvia Prodi in rappresentanza della Regione Emilia-Romagna.

Si ringrazia:

i componenti delle giurie “Senior” e “Giovani” per il loro prezioso contributo, il personale della Biblioteca Panizzi per la cortese ospitalità, tutti i partecipanti al concorso e tutti coloro che sono intervenuti alla giornata conclusiva.

Un ringraziamento particolare per l’organizzazione dell’evento a Pietro Vecchiarelli e Stefano Alfano, operatori della Federazione Pro Ciechi, ed alla Dott.ssa Paola Terranova, Responsabile della Biblioteca “Turchetti” dell’Istituto Regionale per i ciechi “G. Garibaldi” di Reggio Emilia.

Di seguito i risultati ufficiali e le motivazioni della Terza edizione del Concorso ”Tocca a te!:

Primo Classificato “Miglior libro italiano”

Primo Classificato “Giuria Giovani”

IO, TU, LE MANI di Marcella Basso (n°26)

Libro in stoffa progettato per essere letto contemporaneamente da due lettori, seduti uno di fronte all’altro. Le mani seguono la storia, in una trama di incontri, separazioni e avvicinamenti graduali, grazie alla maestria tecnico realizzativa dell’autrice, che sa ben impiegare i materiali per costruire sorprese e percorsi emotivi. Un’opera davvero originale in grado di raccontare una piccola favola con uno sviluppo narrativo chiaro e accessibile. La bellezza estetica del libro e la cura dei dettagli hanno immediatamente colpito le giurie, le quali lo hanno individuato all’unanimità come miglior libro fin dal primo esame. Un prodotto editoriale che riesce quindi anche a conciliare i gusti e le aspettative di generazioni diverse.

Primo Classificato “Miglior libro d’artista” – Premio Mauro L. Evangelista

IL CIELO IN TASCA di Daniela Piga (n°120)

Il lavoro si articola in una serie di mini libri contenuti in piccole tasche, che vanno a comporre un libro da sfogliare e distendere sul piano. Il lettore attraversa diversi paesaggi naturali, suggeriti da sensazioni olfattive, tattili, uditive e anemnestiche. Ogni piccolo libro è un’opera a sé, con una sua forza espressiva e un suo stile, anche nello spazio di pochissime pagine, ma l’opera finale ha un’unità poetica chiara e originale.

Menzione speciale “Miglior libro didattico”

OMBRA di Michela Tonelli e Antonella Veracchi (n°71)

Il libro si cimenta con un tema non semplice da introdurre ai lettori non vedenti. Gli effetti della luce, e quindi anche il concetto di ombra, sono però resi in maniera intelligente, esplicativa e originale. Un lavoro riuscito, ben confezionato e dai tratti poetici. Nell’ultima pagina, un espediente tecnico sorprendente, rende il libro un vero strumento didattico.

Menzione speciale “Miglior libro Primissima infanzia”

PICCOLO LIBRO DELLE CAREZZE di Carlotta Vaccari (n°18)

Un libro morbido, delicato ma resistente alla manipolazione. Esplicitamente pensato per i più piccoli ma con una storia in grado di creare una piacevole intimità tra il bambino e l’adulto. Un libro gioco interessante con interventi multisensoriali.

Selezione Typhlo & Tactus 2015 – Secondo classificato categoria “Miglior libro Italiano”

PRIMA O POI  di Isabella Christina Felline (n°122)

Un lavoro semplice ma dal forte impatto tattile, con vivi contrasti cromatici, che conduce il lettore lungo un percorso di conoscenza sia grafica che linguistica. In poche pagine si dipana una storia di trasformazione e cambiamento. Un testo intelligente illustrato in maniera raffinata.

Questi cinque libri rappresenteranno il nostro Paese al Concorso internazionale di editoria tattile illustrata Typhlo & Tactus che si terrà a Cannero Riviera presso la sede della Fondazione Hollman dal 12 al 14 Novembre 2015.

In questa edizione le giurie hanno voluto premiare anche alcuni libri rappresentativi del lavoro svolto con passione e competenza da coloro che pur non essendo illustratori professionisti lavorano ogni giorno a contatto con la realtà della disabilità, denominati simbolicamente “Libri del cuore”.

MENZIONI SPECIALI “LIBRO DEL CUORE”

1)Una bella giornata della Famiglia Andrello di Venezia

2)Io sono Edoardo della Scuola Boschetti di Piove di Sacco (Padova)

3)Il Cane di Clara di Clara Morese, Angela Coviello e Iolanda Langialonga dell’Istituto Artistico Caravaggio di Milano.

 

Centro di Documentazione Giuridica – La pensione di invalidità civile non spetta ai non vedenti che lavorano, di Paolo Colombo

Autore: Paolo Colombo

La pensione di invalidità civile per non vedenti spetta solo a chi si trovi in stato di bisogno economico. Pertanto il non vedente, assunto come centralinista, non ha diritto alla pensione di invalidità, così ha deciso la Corte di Cassazione, sez. Lavoro, il 9/4/2015, con sentenza n. 7151.
La Corte interviene nuovamente sulla spinosa questione della sospensione del trattamento pensionistico di invalidità per superamento dei limiti di reddito da lavoro previsti dalla legge.
Negli ultimi tempi la Corte di cassazione ha cercato di fissare con sempre maggior incisività alcuni punti fermi nell’interpretazione di quelle regole che – nella giungla normativa della previdenza pubblica – definiscono (o cercano di definire) i requisiti necessari all’ottenimento di prestazioni assistenziali o previdenziali da parte dello Stato.
La recente sentenza dichiara legittima la sospensione disposta dall’Inps della pensione di invalidità ad un non vedente assunto come centralinista.
Secondo la Corte di cassazione ( conformemente a quanto statuito con precedente sentenza Cass. civ., 12.02.2015, n. 2812) la pensione non reversibile per i ciechi civili (assoluti o parziali) di cui agli artt. 7 e 8 della L. 66/1962, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell’ambito di cui all’art. 38, co. 1, Cost., con conseguente cessazione dell’erogazione al superamento del limite di reddito previsto.
Per la Corte, dunque, il diritto dei ciechi civili alla pensione non reversibile è tuttora subordinato – diversamente da quanto previsto per l’indennità di accompagnamento a favore dei ciechi assoluti – alla sussistenza di  uno«stato di bisogno», individuato nella titolarità di redditi assoggettabili all’imposta sul reddito per le persone fisiche di ammontare inferiore ad una determinata soglia.
La pensione non reversibile del cieco civile rientra, quindi, tra le prestazioni assistenziali di cui al comma 1 dell’art 38 Cost. e non sono applicabili le norme dettate per la pensione di invalidità erogata dall’INPS che consentono, invece,  attesa la sua  natura previdenziale, l’erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione il cui fondamento deve rinvenirsi nel secondo comma dell’art. 38 Cost. e tese a favorire il reinserimento del pensionato non vedente nel mondo del lavoro.
Segue il testo della sentenza.

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, 9/4/2015, n. 7151
(Omissis)
Svolgimento del processo
Con sentenza del 16 febbraio 2009, la Corte d’Appello di Salerno, confermava la decisione con cui il Tribunale di Vallo Della Lucania, in accoglimento della domanda proposta da L.M. nei confronti dell’INPS, volta ad ottenere, in quanto non vedente, il riconoscimento del diritto al ripristino del trattamento pensionistico di invalidità sospeso dall’Istituto, a seguito della sua assunzione come centralinista, a motivo del superamento dei limiti di reddito da lavoro previsti dalla legge, dichiarava sussistere il diritto a pensione senza integrazione al minimo e condannava l’Istituto al pagamento dei ratei maturati a decorrere dal 28.9.1994, oltre interessi.
La decisione della Corte territoriale discende dalla ritenuta applicabilità alla fattispecie dell’art. 8, comma 1 bis, l. n. 638/1983 e della norma di cui all’art. 68, 1. n. 153/1969, ivi richiamata, che, con riferimento ai soggetti affetti da cecità totale, stabilisce che il riacquisto di una capacità di guadagno, nonché di un reddito da lavoro anche alto, non comporta la perdita della pensione, operando il requisito reddituale di cui all’art. 6 1. n. 638/1983 con esclusivo riferimento al diritto all’integrazione al minimo della pensione medesima.
Per la cassazione di tale decisione ricorre l’INPS,
affidando l’impugnazione a due motivi, cui resiste, con controricorso il M.
Entrambe le parti hanno presentato memoria ex art. 378 c.p.c.
Motivi della decisione
I due motivi cui l’INPS affida l’impugnazione proposta sono entrambi intesi a censurare l’unica statuizione resa dalla Corte territoriale sulla base di un percorso argomentativo articolato su due proposizioni, la prima, secondo cui la deroga, introdotta per i non vedenti dal combinato disposto degli artt. 6 e 8 1. n. 638/1983 e dell’art. 68 1. n. 153/1969, alla regola generale della non cumulabilità della pensione di invalidità con il reddito da lavoro riguarda esclusivamente la pensione di invalidità a carico dell’assicurazione generale obbligatoria (ovvero quella spettante ai non vedenti che, nonostante la grave menomazione invalidante hanno svolto attività lavorativa e versato i relativi contributi previdenziali) e non una prestazione di natura assistenziale quale la pensione in favore dei ciechi civili prevista dalla legge 10 febbraio 1962, n. 66; la seconda, per la quale se, ai sensi dell’art. 6 d.l. n. 30/1974 convertito dalla legge 114/1974 e successivamente dell’art. 14 septies d.l. n. 663/1979 convertito dalla legge n. 33/1980, il diritto dei ciechi civili alla pensione reversibile è rimasto subordinato alla sussistenza di uno stato di bisogno quale individuato dall’art. 5 1. n. 382/1970 non è possibile estendere la deroga di cui sopra essendo questa finalizzata a consentire al pensionato di invalidità a carico dell’a.g.o. di conservare, la pensione già ottenuta in virtù del versamento dei contributi assicurativi nell’ipotesi di svolgimento di un’attività lavorativa, proposizioni cui corrispondono i formulati motivi appunto intesi a denunciare, il primo, la violazione e falsa applicazione degli artt. 6 e 8 1. n. 638/1983 e dell’art. 68 1. n. 153/1969 in relazione all’art 12 delle preleggi, il secondo, la violazione e falsa applicazione dell’art. 1 della legge 10 febbraio 1962, n. 66 in relazione all’art. 5 1. n. 382/1970 e all’art. 14 septies d.l. n. 663/1979 convertito dalla legge n. 33/1980, come interpretato dalla legge n. 600/1984. Entrambi i motivi, che, per quanto detto, è qui opportuno trattare congiuntamente, devono ritenersi fondati.
Questa Corte ha in materia più volte osservato che il diritto dei ciechi civili alla cosiddetta pensione non reversibile (avente una funzione assistenziale), introdotto dalla legge 10 febbraio 1962 n. 66, è rimasto subordinato, diversamente da quello all’indennità di accompagnamento a favore dei ciechi assoluti, alla sussistenza di uno stato di bisogno, individuato dall’art. 5 della legge n. 382 del 1970 nella non iscrizione nei ruoli per l’imposta complementare sui redditi e successivamente nel possesso di redditi assoggettabili all’imposta sul reddito delle persone fisiche di un ammontare inferiore a un certo limite (art. 6 D.L. n. 30 del 1974, convertito dalla legge n. 114 del 1974, e poi art. 14 septies del D.L. n. 663 del 1979, convertito con modificazioni dalla legge n. 33 del 1980), Cass. n.10335\00, Cass. n. 14811\O1, Cass. n. 24192\13.
In tale ultima pronuncia è stato evidenziato che la pensione non reversibile (avente natura assistenziale) per i ciechi civili assoluti di cui all’art. 7 legge 10 febbraio 1962, n. 66, è erogata a condizione della permanenza in capo al beneficiario dello stato di bisogno economico, trattandosi di prestazione assistenziale rientrante nell’ambito di cui all’art. 38, primo comma, Cost., con conseguente cessazione dell’erogazione al superamento del limite di reddito previsto per la pensione di inabilità di cui all’art. 12 della legge 30 marzo 1971, n. 118 di conversione del d.l. del 30 gennaio 1971, n. 5, dovendosi ritenere inapplicabili a detta prestazione sia l’art. 68 della legge 30 aprile 1969, n 153, dettato per la pensione di invalidità erogata dall’INPS, sia l’art. 8, comma 1 bis, del d.l. 12 settembre 1983, n. 463, convertito con modificazioni in legge 11 novembre 1983, n. 638, che consentono l’erogazione della pensione INPS in favore dei ciechi (avente natura previdenziale) che abbiano recuperato la capacità lavorativa, trattandosi di norme di stretta interpretazione,
[…]il cui fondamento si rinviene nella diversa disposizione di cui all’art. 38, secondo comma, Cost., intese a favorire il reinserimento del pensionato cieco nel mondo del lavoro senza che subisca la perdita della pensione e, dunque, insuscettibili di applicazione analogica. Nello stesso Cass. n. 8752\14, Cass. ord. nn. 24003-2401 1\14, nn. 24022-24026\14, sicché il principio può dirsi consolidato.
In tali ultime pronunce la Corte ha ribadito, valorizzando la natura di prestazione assistenziale della pensione non reversibile per i ciechi assoluti, che ad essa non possono applicarsi le disposizioni, quali la L. n. 153 del 1969, art. 68 (come, del resto, quella di cui al R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, art. 10, comma 2) e il D.L. n. 463 del 1983, art. 8, comma 1 bis, dettate nella materia delle prestazioni previdenziali erogate dall’I.N.P.S. ed a carico dell’assicurazione generale obbligatoria, in quanto presuppongono un rapporto contributivo (in particolare il R.D.L. n. 636 del 1939, art. 9, fa riferimento alla pensione riconosciuta all’invalido a qualsiasi età quando siano maturati determinati requisiti contributivi) ed hanno quale presupposto non uno stato di invalidità generica bensì di invalidità lavorativa. 4.-Il ricorso deve pertanto accogliersi, la sentenza impugnata cassarsi e, non essendo necessari ulteriori accertamenti, la causa viene decisa nel merito direttamente da questa Corte, con il rigetto della domanda proposta dal M..
Le alterne fasi del giudizio ed il solo recente stabilizzarsi dell’orientamento di legittimità, consigliano la compensazione delle spese dell’intero processo.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso. Cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta la domanda proposta dal M. in primo grado. Compensa le spese dell’intero processo.
(Omissis)

Paolo Colombo

2009-2015: 1.250.000 controlli sugli invalidi

In questi giorni si assiste all’ormai ciclico refrain scandalistico sulla spesa per le invalidità civili. Il copione è il solito: cronaca che evidenzia casi isolati come se rappresentassero la generalità, articoli o interventi di giornalisti ammantati di oggettività e con uso approssimativo di dati estrapolati ben poco scientificamente e a seguire commenti “politici” di stampo “giustizialista” o con improbabili ricette risolutive.
Il presunto polverone questa volta è sollevato dal Corriere della Sera di domenica 14 e lestamente rilanciato da altre testate minori ghiotte di scandalismo. Fino a finire in TV (Ballarò) del 16 giugno che intervista Federico Fubini, articolista del Corriere.
Secondo la tesi del Fubini gli assegni (così li chiama) di invalidità starebbero aumentando negli ultimi due anni in modo eccessivo: 50.000 in più nel 2012 e altrettanti nel 2013.
In realtà l’aumento è lo stesso degli ultimi 15 anni, con l’eccezione del 2011, anno in cui tale progressione è diminuita, verosimilmente per le ricadute operative e i rallentamenti derivanti dalla informatizzazione del sistema di accertamento.
Sempre secondo Fubini, dopo il 2012, dopo che “il governo di Mario Monti aveva lanciato 150 mila ‘verifiche straordinarie’ dell’INPS contro i falsi invalidi”, i controlli si sarebbero allentati. L’articolista ha perso qualche puntata e incorre in qualche grossolano errore.
In realtà il Governo Monti ha stabilito sì 150mila controlli, ma per ciascuno degli anni 2013, 2014, 2015: quindi 450mila.
Questi controlli, sommati ai precedenti 800mila (dal 2009 a 2012), portano a 1.250.000 persone controllate e verificate. Un’operazione titanica, con costi elevatissimi (su cui Fubini potrebbe trarre una buona indagine giornalistica), dagli esiti di una consistenza ridicola e foriera di un contenzioso straordinario (peraltro INPS soccombe in giudizio nel 50% dei casi).
Negli stessi anni, per inciso, i fondi sociali hanno subito una riduzione che è arrivata al 90% e i Comuni, complice il Patto di stabilità, hanno fortemente ridotto i servizi sociali ai Cittadini. Pertanto non è stata propriamente l’era rosea che qualcuno rimpiange.
Dopodiché Fubini chiama a “sponsor” Cottarelli e il suo noto quanto inapplicato dossier sulla spending review: l’aumento delle indennità di accompagnamento non sarebbe proporzionale alla crescita dell’età media. La FISH aveva già replicato a Cottarelli evidenziando come la spesa per indennità di accompagnamento sia inversamente proporzionale alla spesa sociale dei Comuni per gli anziani. Meno i Comuni spendono per gli anziani, più aumenta la richiesta, e quindi la concessione, delle indennità di accompagnamento. Il 50% circa di tali indennità, infatti, è concessa a Cittadini ultra80enni.
Il Italia sono prudenzialmente stimati 500mila casi di Alzheimer che si aggiungono alle patologie ingravescenti tipiche della terza età. Il costo e l’impatto sociale della non autosufficienza sono estremamente gravi e severi.
A fronte di un limitato impegno dello Stato “sociale” su questo versante, la spesa a carico delle famiglie (badanti, pagamento di rette, assistenza diretta) è causa di impoverimento progressivo.
A questo si aggiunga che la spesa sociale per disabilità dell’Italia è una delle più basse d’Europa. Che le famiglie e le persone ricorrano alle uniche e limitate opportunità che il Paese offre non deve quindi stupire ma far riflettere.
Quanto alla correttezza degli accertamenti, quelli che riguardano le minorazioni civili sono gli unici, nella pur ridondante organizzazione burocratica italiana, in cui la pubblica amministrazione controlla preventivamente se stessa: ogni verbale emesso dalle ASL (sei medici e operatori) viene verificato, prima di essere emesso, dall’INPS (altri sei medici). Difficile sostenere che a questa occhiuta vigilanza ancora sfugga un numero di “profittatori” che sia in qualche misura rilevante.
“Sarebbe necessario discutere seriamente sulla politiche per la disabilità e sulle relative risorse per favorirne l’inclusione – commenta Vincenzo Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap – Gli interventi dai toni eclatanti e scandalistici sono assolutamente inutili a tutti. Siamo disponibili a confrontarci con chiunque sulla base di dati reali e non certo parziali che disegnano una situazione per molti versi drammatica per le persone e per le famiglie italiane. Nel frattempo, però, la diffusione di informazioni distorte e parziali contribuisce a diffondere luoghi comuni e pregiudizio nei confronti delle persone con disabilità, dipingendole come parassiti e profittatori. Il che è inaccettabile.”

17 giugno 2015

FISH – Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap
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Centro di Documentazione Giuridica – Indennità di accompagnamento spetta anche nei periodi di ricovero, di Paolo Colombo

Autore: Paolo Colombo

La prestazione assistenziale dell’indennità di accompagnamento viene riconosciuta ed erogata  in presenza di una condizione di inabilità e sempre che il soggetto versi nell’impossibilità di deambulare o di attendere agli atti quotidiani della vita senza continua assistenza.
L’ INPS con il messaggio n. 18291 del 26 settembre 2011 ha precisato che tale indennità non va riconosciuta agli invalidi civili gravi ricoverati gratuitamente in istituto e in caso di ricovero di lunga degenza o per fini riabilitativi.
Dunque il ricovero assume rilievo ai fini dell’incompatibilità con l’erogazione dell’indennità solo se ha natura contingente, cioè legato alla cura delle patologie rilevanti ai fini dell’assegnazione dell’indennità e deve assicurare tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita.
Invece, nel caso in cui l’assistenza al disabile è garantita da altri soggetti (familiari, badanti etc.) il ricovero non si pone come elemento ostativo all’erogazione dell’indennità.
In tal caso però occorre che la necessità di assistenza da parte di un soggetto terzo sia dichiarata dall’Istituto che ospita l’invalido.
Frequenti, comunque, sono i casi in cui l’INPS, richiede la restituzione delle somme corrisposte a titolo di indennità di accompagnamento ritenendole indebitamente percepite dal disabile ricoverato.
La modalità di restituzione adottata dall’Inps è quella propria dell’ indebito oggettivo (art.2033 c.c.), secondo la cui disciplina chi ha eseguito un pagamento non dovuto ha diritto di ripetere (avere indietro) ciò che ha pagato.
A riguardo è doveroso porre in evidenza che la Suprema Corte di Cassazione è di diverso orientamento.
La Suprema Corte di Cassazione, con la sentenza n. 2270 del 2007, è  intervenuta sul tema dell’ indennità di accompagnamento affermando che il ricovero presso un Ospedale pubblico non costituisce di per sé l’equivalente del ricovero in istituto, al quale fa riferimento l’art.1 Legge n. 18/80, che esclude dall’indennità di accompagnamento gli invalidi civili ricoverati gratuitamente in istituto.
Il beneficio, perciò può essere concesso alla persona invalida anche durante il ricovero in ospedale, dove si dimostri che le prestazioni assicurate dall’Ospedale medesimo non esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana.
Alla sentenza del 2007 ne sono seguite altre tutte conformi (cfr Cass. civ. Sez. VI – Lavoro, Ord., 04-04-2013, n. 8227, e Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., 03-12-2010, n. 24677 ) nelle quali si è ribadito che il ricovero presso un ospedale pubblico non costituisce di per sé l’equivalente del ricovero in istituto, al quale fa riferimento l´ art. 1 della legge n. 18 del 1980 che esclude dall’indennità di accompagnamento gli “invalidi civili ricoverati gratuitamente in istituto” e che il beneficio, invece, è concesso alla persona invalida anche durante il ricovero in ospedale, dove si dimostri che le prestazioni assicurate dall’ospedale medesimo non esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana.
Di seguito il testo integrale delle sentenze citate.

Corte di Cassazione – Sezione lavoro Sentenza del 2 febbraio 2007 n. 2270
Invalido grave ricoverato presso un ospedale pubblico – diritto all’indennità di accompagnamento
SENTENZA
Svolgimento del processo
1. P.M., nata il (OMISSIS), versa dal 1986 in stato di coma profondo da decerebrazione ed è stata continuativamente e gratuitamente ricoverata in ospedale. Il padre e tutore ha chiesto l’indennità di accompagnamento[1], che è stata riconosciuta in via amministrativa con decorrenza 1.4.1989. Successivamente, essendo emerso che la P. era ricoverata in permanenza presso il Policlinico, il Prefetto revocava la concessione dell’indennità in parola con provvedimento in data 12.6.2000 ed invitava il P. a restituire quanto riscosso a far tempo dal 1.2.1995. Con ricorso depositato in data 6.11.2000, P.C. chiedeva che venisse riconosciuto il diritto alla prestazione “de qua”.
2. Previa costituzione ed opposizione dell’INPS, il Tribunale di Verona accoglieva la domanda attrice, ritenendo che nella specie il ricovero in un ospedale non escludeva la necessità di ulteriore assistenza, specie di tipo affettivo e psicologico. Proponeva appello l’INPS e la Corte di Appello di Venezia, in riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda proposta dall’attore P. e lo condannava alla restituzione dei ratei indebitamente percepiti. La Corte di Appello così motivava: la legge n. 18 del 1980, art. 1[1], prevede la corresponsione dell’indennità di accompagnamento in favore degli invalidi civili che, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, necessitano di assistenza continua; tale ipotesi ricorre indubbiamente nella fattispecie; il comma 3 della norma citata prevede peraltro l’esclusione dell’erogazione nel caso di invalidi civili gravi, ricoverati gratuitamente in istituto; l’appellata si trova da oltre un quindicennio continuativamente e gratuitamente ricoverata presso un reparto ospedaliero; è pertanto fondato l’appello dell’INPS, dato che la norma non lascia adito a dubbi circa la non erogabilità della prestazione in ipotesi di lungo-degenze in strutture pubbliche ospedaliere; non rileva la volontà o la necessità dei familiari di essere vicini alla figlia, per sopperire ad eventuali carenze del personale o per cercare di stimolare emotivamente la paziente; la previsione dell’indennità di accompagnamento risponde ad esigenze diverse da quelle ritenute dal giudice, per le quali soccorrono altri istituti (pensione di inabilità); deve porsi in diritto la questione se il ricovero gratuito in struttura pubblica costituisca requisito essenziale del diritto all’indennità, ovvero elemento esterno che impedisce l’erogazione della stessa per il tempo in cui l’inabile sia ricoverato a carico dell’erario; nella fattispecie detta questione è irrilevante, posto che non è possibile formulare sicura prognosi circa l’uscita dallo stato di coma.
3. Ha proposto ricorso per Cassazione P.C., nella spiegata qualità, deducendo un motivo. L’INPS si è costituito con procura e non ha svolto attività difensiva.
Motivi della decisione
4. Con l’unico motivo del ricorso, il ricorrente deduce violazione e falsa applicazione, a sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 [2] della leggen. 18 del 1980, art. 1, comma 3 [1], nonché omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia, ex art.360 c.p.c., n. 5 [2]: la Corte di Appello ha fondato la propria decisione su di una interpretazione meramente letterale della norma, la quale intende invece incoraggiare i familiari all’assistenza, ma non osta al riconoscimento dell’indennità di accompagnamento quando l’invalido, pur ricoverato in ospedale e curato, non è totalmente assistito dalla struttura e quindi necessita della continua assistenza anche dei familiari per sopravvivere. Detti familiari, in ospedale come a domicilio, dovranno pur sempre pagare infermieri ed assistenti, abbandonare il lavoro, effettuare un sostegno economico aggiuntivo.
5. Il ricorso è fondato nei sensi di cui “infra”. La legge n. 18 del1980, art. 1, comma 3 [1], sopra citata dispone che sono esclusi dall’indennità di accompagnamento gli “invalidi civili gravi ricoverati gratuitamente in istituto”. Il problema che si pone nella presente fattispecie è se un ricovero presso un ospedale pubblico possa costituire l’equivalente del ricovero gratuito in istituto, essendo lecito il dubbio se il legislatore, nel sancire la ricordata esclusione dall’indennità, abbia inteso significare che l’indennità di accompagnamento non è erogata in caso di “ricovero presso qualsiasi struttura” di cura ovvero se la citata erogazione venga meno solo in caso di ricovero presso un “istituto”, vale a dire una struttura in cui, oltre alle cure mediche, venga garantita al paziente totalmente invalido e non autosufficiente (come nella specie è pacifico) una assistenza completa, anche di carattere personale, continuativa ed efficiente in ordine a tutti gli “atti quotidiani della vita” cui l’indennità in parola è destinata a fare fronte, tale da rendere superflua la presenza dei familiari o di terze persone.
6. L’esame della giurisprudenza di questa Corte di Cassazione induce a ritenere preferibile questa seconda tesi. “Il ricovero di un inabile totale, sprovvisto dei mezzi necessari per vivere, in una struttura pubblica non in grado di prestargli tutte le cure necessarie per un’adeguata assistenza infermieristica può giustificare, in via eccezionale rispetto a quanto testualmente dispone la legge n. 18 del 1980, art. 1, il riconoscimento del diritto all’indennità di accompagnamento anche per il periodo di ricovero soltanto nell’ipotesi in cui, proprio a causa di tale necessaria integrazione, l’assistito abbia subito un danno ingiusto perché costretto a retribuire il cosiddetto infermiere privato”: Cass. 2.11.1998 n. 10946 [3]. Il principio è ripreso da Cass. 8.4.2002 n. 5017 [3], la quale ha riconosciuto l’indennità di accompagnamento in favore di un invalido psichico, necessitante di continuo controllo anche con eventuale ricovero presso appositi istituti. Più in generale, Cass. 20.7.1995 n. 7917 [3], prevede che la condizione del non-ricovero in istituto si pone come elemento esterno alla fattispecie e non osta al riconoscimento dell’indennità di accompagnamento per il tempo in cui il disabile sia ricoverato in istituto e non abbisogni dell’accompagnatore.
7. Sulla scorta di tali principi, va dunque affermato che il ricovero presso un ospedale pubblico non costituisce “sic et simpliciter” l’equivalente del “ricovero in istituto” ai sensi della legge n. 18 del 1980, art. 1, comma3 [1] e che pertanto l’indennità di accompagnamento può spettare all’invalido civile grave anche durante il ricovero in ospedale, ove si dimostri che le prestazioni assicurate dall’ospedale medesimo non esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana.
8. Tale indagine è mancata nel processo di appello. La sentenza impugnata deve essere pertanto cassata ed il processo va rinviato alla Corte di Appello di Bologna, la quale dovrà uniformarsi al principio di cui al paragrafo che precede e provvederà altresì alle statuizioni circa le spese.
P. Q. M.
La Corte Suprema di Cassazione accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Bologna.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 20 dicembre 2006. Depositato in Cancelleria il 2 febbraio 2007.
Cass. civ. Sez. VI – Lavoro, Ord., 04-04-2013, n. 8227

PENSIONI
Assegni di accompagnamento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. LA TERZA Maura – Presidente –
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere –
Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –
Dott. MANCINO Rossana – rel. Consigliere –
Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 8142/2011 proposto da:
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (OMISSIS), in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati RICCI MAURO, ANTONELLA PATTERI, CLEMENTINA PULLI, giusta procura speciale in calce al ricorso;
– ricorrente –
contro
T.A. nella qualità di legale rappresentante nonchè madre e tutore della figlia P.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DI VILLA PAMPHILI 59, presso lo studio dell’avv. SALAFIA ANTONIO, che la rappresenta e difende unitamente all’avv. DEL GIUDICE UMBERTO, giusta mandato speciale in calce al controricorso;
– controricorrente –
avverso la sentenza n. 826/2010 della CORTE D’APPELLO di BOLOGNA del 21.9.2010, depositata il 27/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 31/01/2013 dal Consigliere Relatore Dott. ROSSANA MANCINO;
udito per il ricorrente l’Avvocato Emanuela Capannolo (per delega avv. Mauro Ricci) che si riporta agli scritti;
E’ presente il Procuratore Generale in persona del Dott. MAURIZIO VELARDI che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

1. La causa è stata chiamata all’adunanza in camera di consiglio del 31 gennaio 2013, ai sensi dell’art. 375 c.p.c. sulla base della seguente relazione redatta a norma dell’art. 380 bis c.p.c.:
2. “La Corte d’appello di Bologna, con sentenza del 27.10.2010, decidendo in sede di rinvio, ha confermato la sentenza di prime cure che, in accoglimento della domanda svolta dal tutore di P. M., ha dichiarato l’illegittimità della revoca dell’indennità di accompagnamento erogata dall’INPS in favore della predetta P., lungodegente in struttura pubblica in stato di coma profondo da decerebrazione;
3. ricorre l’INPS con due motivi dolendosi che, in violazione dell’art. 384 c.p.c. (in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 4), la Corte di merito non si sia uniformata alla statuizione della Corte di cassazione non avendo esperito, a tanto sollecitata dalla S.C., alcuna attività istruttoria atta a dimostrare che le prestazioni assicurate dall’ospedale alla paziente non esaurissero tutte le forme di assistenza necessitate per la vita quotidiana; ed inoltre che, in violazione dell’art. 2697 c.c. e L. n. 18 del 1980, art. 1 e con insufficiente motivazione, fosse rimasto sfornito di prova che l’ospedale pubblico non fornisse tutte le forme di assistenza di cui necessitava la paziente e che quest’ultima avesse dovuto sostenere personalmente oneri economici per usufruire di assistenza privata integrativa di quella resa dalla struttura pubblica;
4. l’intimata, nella predetta qualità, ha resistito con controricorso;
5. il ricorso è manifestamente fondato per non essersi la Corte di merito uniformata alla sentenza rescindente omettendo la verifica giudiziale dell’applicabilità, alla fattispecie, del principio enunciato e dipanando la motivazione sul mero rilievo che il genitore esercente la tutela sulla figlia in stato di coma profondo da decerebrazione avesse dichiarato di aver cessato ogni attività lavorativa per assistere continuativamente la congiunta;
6. invero, la Corte di legittimità, con sentenza n. 2270 del 2007, decidendo sul gravame avverso la decisione di primo grado, ha affermato che: “il ricovero presso un ospedale pubblico non costituisce sic et simpliciter l’equivalente del ricovero in istituto” ai sensi della L. n. 18 del 1980, art. 1, comma 3 e che pertanto l’indennità di accompagnamento può spettare all’invalido civile grave anche durante il ricovero in ospedale, ove si dimostri che le prestazioni assicurate dall’ospedale medesimo non esauriscono tutte le forme di assistenza di cui il paziente necessita per la vita quotidiana. Tale indagine è mancata nel processo di appello”. Di qui, pertanto, la cassazione con rinvio della decisione sul gravame ad altra Corte d’appello che ha statuito nei termini già richiamati;
7. come affermato in più occasioni da questa Corte, la sentenza rescindente, indicando i punti specifici di carenza della motivazione, conserva al giudice di rinvio le facoltà che gli competevano originariamente quale giudice di merito, relative ai poteri di indagine e di valutazione della prova, nell’ambito dello specifico capo della sentenza di annullamento, anche se, nel rinnovare il giudizio, egli è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema esplicitamente o implicitamente enunciato nella sentenza di annullamento, in sede di esame della coerenza del discorso giustificativo, evitando di fondare la decisione sugli stessi elementi del provvedimento annullato, ritenuti illogici, e con necessità, a seconda dei casi, di eliminare le contraddizioni e sopperire ai difetti argomentativi riscontrati (cfr., ex plurimis, Cass. 13719/2006); nè il giudice del rinvio, al quale la S.C. abbia demandato, come nella specie, il compito di procedere ad ulteriori accertamenti di fatto, può sottrarvisi (v., Cass. 3186/2012)”.
8. Sono seguite le rituali comunicazione e notifica della suddetta relazione, unitamente al decreto di fissazione della presente udienza in Camera di consiglio.
9. Dalla riferita relazione il Collegio dissente sulla base dei rilievi di seguito esposti.
10. L’accertamento richiesto dalla sentenza rescindente di questa Corte di legittimità (Cass. n. 2270 del 2007 cit.) è stato, invero, svolto dalla Corte territoriale che, alla stregua delle emergenze istruttorie, ha apprezzato le dichiarazioni rese dal genitore esercente la tutela, il quale aveva espresso di essere stato costretto a cessare ogni attività lavorativa per stare accanto alla figlia la quale, sebbene degente in struttura gratuita, necessitava, proprio in considerazione dello stato d’irreversibilità patologico, di assistenza continua finalizzata ad essenziali esigenze primarie, fra le quali le manovre di spostamento sul letto di degenza al fine di evitare piaghe da decubito e ogni ulteriore incombenza connessa allo stato di totale immobilismo e all’incapacità di gestire funzioni biologiche essenziali.
11. Ebbene, posto che l’accertamento del Giudice di merito, che attiene alla valutazione dei mezzi di prova, è incensurabile nel giudizio di legittimità se compiutamente e coerentemente motivato, nel caso di specie l’accertamento della Corte territoriale, nei termini appena esposti, non è adeguatamente censurato dall’Istituto pubblico di previdenza che non rimette in discussione le congrue e ragionevoli argomentazioni della Corte territoriale a sostegno dell’accertamento, ma solo si duole che il Giudice del gravame non abbia svolto, in ottemperanza al dictum della sentenza rescindente, alcun accertamento, formulando rilievi critici che non si collocano sul piano argomentativo della sentenza impugnata per svelarne insufficienza o illogicità motivazionale.
12. L’INPS, pertanto, non ha specificamente criticato l’apprezzamento della Corte territoriale che, all’esito dell’accertata assistenza continuativa del genitore nella forma della presenza costante accanto alla figlia in stato vegetativo, ha ritenuto tali modalità di accudimento travalicare quanto la struttura pubblica potesse assicurare.
13. Il pur sintetico iter argomentativo che ha condotto i Giudici del gravame, muovendo da tale accertamento, verso l’apprezzamento della necessità, per il genitore, di assicurare quel quid pluris non garantito dall’ospedale pubblico alla congiunta lungodegente in stato di coma profondo da decerebrazione, non risulta efficacemente censurato.
14. In particolare, nella vicenda all’esame del Collegio è rimasto non specificamente censurato proprio l’apprezzamento della Corte territoriale dell’emergenza istruttoria inerente alle necessità di assistenza e accudimento costanti a cagione delle quali il genitore si era risoluto ad abbandonare l’attività lavorativa per essere totalmente dedito alla cura della figlia nel predetto stato vegetativo.
15. Risulta, pertanto, assorbito il mezzo d’impugnazione imperniato sull’inottemperanza dell’onere, a carico del tutore dell’assistita, di provare la necessità di aver dovuto sostenere, ai fini dell’assistenza costante e continuativa, spese personali aggiuntive rispetto all’assistenza apprestata dalla struttura pubblica.
16. In definitiva il ricorso, per essere manifestamente infondato, va rigettato. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna l’INPS al pagamento delle spese, liquidate in Euro 50,00 per esborsi, oltre Euro 1.500,00 per compensi professionali, oltre accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 31 gennaio 2013.
Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2013

Cass. civ. Sez. lavoro, Ord., 03-12-2010, n. 24677
Fatto – Diritto P.Q.M.
PENSIONI
Assegni di accompagnamento
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BATTIMIELLO Bruno – Presidente
Dott. D’AGOSTINO Giancarlo – rel. Consigliere
Dott. LA TERZA Maura – Consigliere
Dott. CURCURUTO Filippo – Consigliere
Dott. MAMMONE Giovanni – Consigliere
ha pronunciato la seguente:
ordinanza
sul ricorso 19666/2009 proposto da:
S.D. (OMISSIS), n.q. di tutore del minore S.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell’avvocato ASSENNATO Giuseppe Sante, che lo rappresenta e difende, giusta procura speciale a margine del ricorso;
– ricorrente –
contro
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;
– intimato –
e contro
INPS – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA FREZZA 17, presso l’AVVOCATURA CENTRALE DELL’ISTITUTO, rappresentato e difeso dagli avvocati VALENTE NICOLA, RICCIO ALESSANDRO, PULLI CLEMENTINA, giusta procura speciale in calce al ricorso notificato;
– resistente –
avverso la sentenza n. 1029/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO del 10/06/08, depositata il 18/09/2008;
udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 30/09/2010 dal Consigliere Relatore Dott. GIANCARLO D’AGOSTINO;
udito l’Avvocato Assennato Giuseppe Sante, difensore del ricorrente che ha concluso per l’accoglimento del ricorso perché manifestamente fondato;
è presente il P.G. in persona del Dott. ENNIO ATTILIO SEPE che ha concluso per la remissione alla p.u. ed in subordine si riporta alla relazione scritta.

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

La Corte di Appello di Milano, con sentenza depositata il 18 settembre 2008, ha confermato la sentenza del Tribunale di Sondrio ed ha respinto la domanda presentata il 29.6.2005 da S.D., nella qualità di tutore del minore S.A. (nato il (OMISSIS)), intesa ad ottenere la condanna dell’Inps e del Ministero dell’Economia al pagamento dell’indennità di accompagnamento (ottenuta a decorrere dal 1 luglio 2003) anche per il periodo dal 1 aprile 2002 al 30 giungo 2003, durante il quale il minore era stato ricoverato prima presso il reparto di rianimazione degli OO.RR. di (OMISSIS) e successivamente presso il reparto di anestesia e rianimazione dell’Ospedale di (OMISSIS) a seguito di gravi lesioni (lesioni alla colonna vertebrale, tetraplegia e lesioni cerebrali) riportate in un incidente stradale nel quale aveva perduto entrambi i genitori.
A sostegno della decisione la Corte territoriale ha rilevato che il ricorrente non aveva addotto elementi sufficienti a dimostrare che il minore durante il ricovero in rianimazione avesse avuto necessità di una assistenza familiare continua aggiuntiva a quella prestata dalla struttura ospedaliera.
Avverso detta sentenza il S. ha proposto ricorso con un motivo con il quale, lamentando difetto di motivazione, si duole che il giudice del gravame abbia respinto la domanda senza espletare una CTU diretta ad accertare se il minore avesse avuto o meno necessità di una assistenza familiare continua durante il ricovero.
L’INPS ha depositato procura ed il Ministero dell’Economia non si è costituito. Il ricorrente ha depositato memoria.
Ritiene la Corte che il ricorso non sia meritevole di accoglimento.
La L. 11 febbraio 1980, n. 18, art. 1, riconosce il diritto all’indennità di accompagnamento agli invalidi civili totalmente inabili “che si trovano nell’impossibilità di deambulare senza l’aiuto permanente di un accompagnatore o che, non essendo in grado di compiere gli atti quotidiani della vita, abbisognano di una assistenza continua”. Il legislatore ha inteso così sopperire, a prescindere da ogni limite reddituale, alle necessità materiali dei totalmente invalidi che non sono in grado di muoversi autonomamente senza grave pregiudizio per la loro persona e per gli altri e che non sono in grado di compiere da soli gli atti quotidiani della vita, quali mangiare, bere, lavarsi, vestirsi, espletare i bisogni fisiologici. La norma, ispirata al principio solidaristico, ha comunque carattere eccezionale, prescindendo da qualsivoglia contribuzione e gravando sulla fiscalità generale, e non può essere interpretata in modo estensivo. In particolare essa non può essere estesa fino a coprire anche il mero supporto psicologico e affettivo di cui i predetti invalidi hanno pure bisogno.
Escluso quindi che la necessità di un supporto morale e affettivo possa dare diritto alla indennità in questione, resta da vedere se ed entro quali limiti l’indennità medesima spetti agli invalidi durante il periodo in cui sono ricoverati in una struttura ospedaliera, anche perchè l’ultimo comma della norma richiamata esclude espressamente dall’indennità gli invalidi civili gravi ricoverati gratuitamente in “istituto”.
Anche a prescindere dalla questione, pure affrontata da questa Corte (Cass. n. 2270/2007), se gli Ospedali pubblici del SSN, con prestazioni prevalentemente gratuite, rientrino o meno fra “gli istituti” che non danno diritto all’indennità, va comunque rimarcato che questa Corte ha già avuto modo di precisare che l’indennità di accompagnamento di cui alla L. n. 18 del 1980, può spettare anche all’invalido grave durante il ricovero in ospedale pubblico, ove si dimostri che le prestazioni assicurate dall’ospedale medesimo non esauriscono tutte le forme di assistenza materiale di cui il paziente necessita per la vita quotidiana (Cass. n. 25569/2008, Cass. n. 2270/2007) – vale a dire, oltre all’assistenza medica, anche una assistenza di carattere personale, continuativa ed efficiente, idonea a sopperire alle necessità quotidiane di vita del paziente sopra specificate – e richiedono per far fronte alle necessità del ricoverato l’intervento di un familiare o di un terzo incaricato dalla famiglia (Cass. n. 5017/2002).
Nella specie il ricorrente non ha né allegato né provato circostanze di fatto dalle quali potersi ricavare la necessità per l’inabile di una assistenza (materiale e non meramente affettiva) ulteriore rispetto a quella fornita dagli Ospedali pubblici durante il suo ricovero in un reparto di rianimazione (reparto notoriamente accessibile solo al personale ospedaliere). Né rientra concettualmente nelle necessità cui la legge intende sopperire con l’indennità in questione anche “l’apprendimento (da parte del familiare o di un terzo) delle metodiche assistenziali più corrette in previsione della domiciliazione”.
Il ricorrente non ha ragione di lamentarsi per il mancato espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio da parte del giudice di appello, visto che l’appellante non ha neppure indicato quali fossero i supporti materiali necessari all’invalido che gli Ospedali non erano in grado di assicurare, esclusa per quanto sopra detto la rilevanza dei supporti meramente affettivi e psicologici. Al riguardo è appena il caso di ricordare che per costante giurisprudenza la consulenza tecnica non può essere disposta al fine di esonerare la parte dal fornire la prova di quanto assume ed è quindi legittimamente negata da giudice quando la parte tenda con essa a supplire alla deficienza delle proprie allegazioni, ovvero a compiere una indagine esplorativa alla ricerca di elementi o fatti non provati (Cass. n. 3191/2006, n. 26083/2005, n. 16256/2004 ed altre conformi).
Per tutte le considerazioni sopra svolte il ricorso, dunque, deve essere respinto. Nulla per le spese del giudizio di cassazione, poiché gli intimati non hanno svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Vediamoci alla radio: Giovedì 11 giugno 2015 ore 19.00 su RadioRadio

Giovedì 11 giugno 2015 andrà in onda, su RadioRadio 104.500 fm – www.radioradio.it e piattaforma sky, la terza trasmissione di “Vediamoci alla radio”: storie, esperienze, sapori sconosciuti… Da vedere, alla radio.
“Vediamoci alla radio”, come è noto, è una trasmissione congiunta di RadioRadio e dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS, volta a far conoscere le diverse tematiche e problematiche legate alla cecità e all’ipovisione attraverso esempi, storie e situazioni da raccontare possibilmente in positivo.
La trasmissione è condotta da Stefano Molinari, una delle punte di diamante dell’emittente, e da Luisa Bartolucci, componente della Direzione Nazionale e responsabile del settore Informazione e Comunicazione dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ONLUS.
“Vediamoci alla radio” si sta dimostrando una nuova ed importante occasione per farci conoscere meglio e per abbattere, insieme agli amici di RadioRadio, i muri e le barriere dei pregiudizi, dei luoghi comuni che da sempre condizionano la vita e la quotidianità di ciechi e ipovedenti. Nel corso della puntata di giovedì 11 giugno si parlerà di turismo accessibile e del Museo tattile statale Omero.
Gli ascoltatori potranno interagire con i conduttori e gli ospiti mediante sms da inviare, durante la trasmissione, al numero 3775-104500, o tramite telefono componendo lo 06-8833033.

Vi attendiamo numerosi giovedì 11 giugno su Radioradio alle 19 in punto!