Tutti in classe, di Mario Barbuto

Ecco: il suono della campanella che segna la fine delle vacanze e proietta tutti nel nuovo anno scolastico.
Qualche momento prima di quel suono è bello sentire il brusìo spensierato fatto di tanti racconti di avventure estive, di posti visitati, di piccoli e grandi innamoramenti conosciuti, ritrovati, perduti…
Le piccole voci di bimbi aggrappati alla mano di mamma o di papà, i quali sembrano chiedere conforto nel momento che segna il primo distacco dal nido familiare, il primo passo verso il futuro.
Ecco: la campanella è suonata! E ora, in quei corridoi, scende il silenzio… Un altro anno inizia…
Va tutto bene? Ahimè, no!
Per i tanti alunni con disabilità e per le loro famiglie, spesso le sorprese arrivano proprio quando si entra in classe.
Per i nostri bambini che entrano in classe per la prima volta, oltre a dover fare i conti con i nuovi ambienti e con le persone che li animano, c’è, non di rado, la sorpresa amara dell’assenza dell’insegnante di sostegno, mentre dell’assistente all’autonomia, ad esempio, non si ha alcuna notizia.
Altri ragazzi devono sopportare la mancanza dei libri di testo in caratteri Braille o ingranditi e quindi misurare subito la disuguaglianza rispetto ai loro compagni.
Una volta sono i fondi che mancano. Una volta le amministrazioni che ritardano o latitano addirittura… Passato il primo momento di sconforto e di rabbia, è proprio nelle nostre sedi e con i nostri dirigenti dell’Unione che le famiglie devono trovare quel conforto, ascolto, aiuto, per affrontare e superare, tutti insieme, gli ostacoli della burocrazia, il silenzio delle istituzioni, l’insensibilità dei tanti che ancora occupano posti chiave nell’amministrazione e nelle strutture organizzative.
In un momento così importante per la vita dei propri figli, in quel corridoio che unisce e divide le aule della Scuola, ogni mamma, ogni papà, vorrebbe potersi arricchire del sorriso luminoso della propria creatura che prova ad apprendere, a crescere come tutti i suoi compagni, senza dover subire l’umiliazione della “diversità”, la discriminazione che proviene da un Diritto calpestato.
L’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti, fin dalla sua nascita, ha sempre perseguito quale primo e fondamentale obiettivo della propria esistenza l’istruzione; da assicurare a tutti e nelle forme più ampie.
In questi ultimi anni l’Unione ha dovuto fronteggiare il cambiamento epocale verificatosi con il superamento delle scuole speciali e si è impegnata a fondo per rimuovere gli innumerevoli ostacoli e le altissime barriere che pregiudicano i processi di formazione e di crescita dei nostri ragazzi.
Attraverso l’azione delle istituzioni collegate quali la Biblioteca Braille di Monza, il Libro Parlato, gli Istituti e la Federazione pro Ciechi, l’I.Ri.Fo.R., La Stamperia Braille di Catania e tante altre, si è cercato di colmare, almeno in parte, le inefficienze di un sistema scolastico impreparato, per non dire delle carenze profonde delle istituzioni locali, chiamate a fornire servizi di supporto essenziali per garantire un reale processo di inclusione che inizia con la conquista dell’autonomia personale, prosegue con il Diritto ai libri di testo fin dal primo giorno di Scuola, si concretizza quando qualcuno davvero è in grado di insegnarti a leggere e scrivere.
Per vari decenni l’istruzione e la formazione dei ciechi e degli ipovedenti si sono realizzate entro appositi istituti e in seno a scuole speciali. Quel modello, quelle scuole, quegli istituti abbiamo combattuto e contrastato per donare alle nostre ragazze e ai nostri ragazzi un futuro più ricco, più esaltante, più normale, in seno alla propria famiglia e a contatto con il proprio territorio. Ma chiediamo e vogliamo che quel futuro sia davvero più ricco ed esaltante. Senza perdere nulla delle precedenti conquiste, aggiungendovi quanto di buono proviene da una vita personale svolta in condizioni di parità e di inclusione.
Spesso invece, dietro al processo di inclusione si annidano tutte quelle inadempienze che lo rendono troppo difficoltoso e a volte, addirittura dannoso, compromettendo perfino quanto già le vecchie e inaccettabili scuole speciali degli ancor più vecchi istituti sono comunque riuscite a garantire per oltre mezzo secolo.
Il 23 agosto scorso, dopo lunghissime insistenze e un laborioso processo di elaborazione, a nome di tutte le istituzioni dell’ecosistema della disabilità visiva, abbiamo sottoscritto con il MIUR un protocollo che riconosce all’Unione la titolarità delle azioni volte a favorire i processi di inclusione scolastica e agli enti collegati l’operatività in materia di predisposizione dei testi, fornitura del materiale speciale, formazione degli insegnanti, ecc…
Ci incamminiamo dunque, su questo nuovo sentiero di collaborazione con il mondo della Scuola, consapevoli delle difficoltà e degli ostacoli che ci attendono, ma ben decisi a non abdicare al nostro ruolo e alle nostre responsabilità per cercare un futuro migliore; per non rimpiangere un passato in chiaroscuro.
A tutto il personale operante nel campo dell’istruzione e in particolare ai docenti di sostegno, chiediamo di essere “ali e non trappole” per i nostri ragazzi. Alle istituzioni tutte, un appello a non vanificare le buone pratiche che potrebbero discendere dall’intesa con il MIUR: non soffochiamo la Scuola di burocrazia, ma offriamo invece disponibilità, affidabilità, certezze…
Un percorso dove i nostri ragazzi possano sorridere e gioire con gli altri; che consenta loro di entrare a Scuola con gioia e alle famiglie restituisca la dovuta serenità nella certezza, finalmente, di una Scuola di tutti e per tutti.
Buon anno scolastico e buon lavoro a tutti.

Comincia un nuovo anno scolastico e parte una nuova sfida per la Biblioteca, di Pietro Piscitelli

In questi giorni le scuole riaprono i battenti e qualche milione di ragazzi si riverserà nelle aule. È anche cominciata la fila presso le librerie per l’acquisto dei testi scolastici.
Per i non vedenti la procedura è ovviamente diversa, niente cartoleria, ma la rincorsa ai pochissimi centri specializzati che in Italia sono in grado di produrre libri di testo nelle versioni accessibili per i minorati della vista.
Tra questi la Biblioteca “Regina Margherita” è certamente di gran lunga il più importante per storia, vocazione, missione ad essa affidata dallo Stato.
Essere un Ente privato a controllo pubblico impone alla Biblioteca il rispetto delle regole e delle leggi, in particolare, quella sul diritto d’autore che impone a chi vuole produrre una diversa versione del testo, la richiesta di specifica autorizzazione dell’Editore.
Le stime valutate sui dati degli anni scorsi dicono che oltre il 70% degli studenti disabili visivi si rivolgono alla Biblioteca per ottenere i libri di testo e questa distribuisce ogni anno oltre 13.000 titoli di cui almeno 4.000 sono di nuova produzione.
Da qui la presenza di un catalogo di testi già disponibili nelle versioni in sistema braille, a caratteri ingranditi per gli ipovedenti o in versione digitale che possono ridurre notevolmente i costi a carico della collettività.
Per questo la struttura organizzativa della Biblioteca si è mossa per tempo e già da febbraio sta raccogliendo, vagliando ed avviando richieste di fornitura che ci provengono dalle Scuole, dalle Famiglie e dalle Istituzioni Locali.
Al momento la Biblioteca opera in regime di convenzione con Regioni, Comini ed altri Enti Pubblici, risponde a richieste di fornitura da parte di chiunque.
I principali servizi oggi attivi sono:
• la produzione di testi di studio su supporto cartaceo in sistema braille (servizio per cui è previsto un concorso spese)
• la produzione di testi di studio su supporto cartaceo a caratteri ingranditi per ipovedenti (servizio personalizzato realizzato su misura delle residue capacità visive dell’alunno) braille (servizio per cui è previsto un concorso spese)
• la produzione di testi di studio su supporto digitale da utilizzare con ausili informatici come la barra braille, il sintetizzatore vocale e/o il software ingrandente. (servizio gratuito realizzato in collaborazione con gli Editori)
Ma qual è la vera sfida che come ogni anno la Biblioteca si appresta ad affrontare? Certamente la qualità delle trascrizioni e la tempestività nelle consegne.
Sul versante della qualità La Biblioteca ha realizzato uno specifico “manuale di trascrizione” che fissa sia le regole per una buona trascrizione e per le adeguate modifiche tiflologiche del testo, che quelle per i livelli di qualità e per i collaudi resi obbligatori da quest’anno. Ma non basta. Insieme all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti la Biblioteca ha sottoscritto una specifica convenzione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca finalizzata anche al miglioramento della qualità dei testi ad uso dei non vedenti e degli Ipovedenti.
Per assicurare forniture più tempestive, la Biblioteca ha snellito le proprie procedure interne e ha collaborato con i Centri di Trascrizione per la formazione di nuovi operatori.
Inoltre una recente decisione del CdA ha stabilito che per gli alunni delle prime due classi della scuola primaria che chiedono testi su supporto cartaceo, gli stessi vengano forniti a titolo gratuito. Si tratta di oltre 120 studenti sul territorio nazionale che impegneranno la Biblioteca nella produzione di oltre 1.000 libri. È una misura finanziariamente impegnativa che però riduce fortemente i tempi di attesa perché evita l’intervento dell’Ente Locale e quindi abolisce la necessità dei preventivi e delle gare.
Ma all’ordinario, spesso, dobbiamo aggiungere lo “straordinario”. È di questi giorni la notizia circolata su alcuni organi di informazione di un giovane studente padovano a cui nessuno poteva garantire la fornitura del libro. Su segnalazione della Presidenza Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti la Biblioteca ha assunto l’onere della fornitura e provveduto a produrre i testi necessari. Il giovane studente riceverà i libri necessari il giorno prima dell’inizio delle lezioni.
Quanto fatto basterà per vincere la sfida? Certamente no, ma quanto messo in campo rappresenta un ulteriore passo verso quell’obiettivo che vuole i libri per gli studenti disabili visivi pronti con il suono della prima campanella.

Istruzione – Riparto fondi alunni disabili, di Marco Condidorio

Semaforo verde alla ripartizione dei fondi destinati per i servizi di sostegno all’inclusione scolastica

Si è finalmente acceso il semaforo verde per la ripartizione del fondo, pari a 75 milioni d’euro al quale ha fatto riferimento lo stesso Ministro Bussetti nell’ultima riunione dell’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica su sollecitazione della stessa compagine associativa presente al tavolo dei lavori, FAND e FISH in primis: Fu proprio il Ministro ad assicurare che presto sarebbero stati ripartiti circa 75 milioni, dichiarando che gli stessi erano già stati stanziati.
E infatti è notizia di queste ultime ore quella secondo cui il Consiglio dei Ministri di ieri, oltre ad aver approvato in un unico decreto legge le misure volute dal Ministro degli Interni, Salvini (decreto sicurezza e immigrazione), Confermando quanto dichiarato dal Ministro Bussetti in seno all’Osservatorio, ha adottato il DPCM sui contributi agli enti territoriali per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con disabilità, in mancanza della prevista intesa nella Conferenza unificata.
La politica ha superata se stessa abbandonando l’esaltazione inutile di taluni tecnicismi ministeriali e di quelli della conferenza unificata, per dar credito alla capacità di saper cogliere i segnali del territorio, che spesso soffre proprio di quel mancato dialogo interistituzionale e burocratico tra i diversi apparati dello stato e quei tecnicismi imposti dalla burocrazia o dalla politica, sempre più spesso alleate in un circolo perverso di competenze/incompetenze e gerarchie.
Notizia, questa, che l’intero comparto associativo accoglie con una certa soddisfazione, se pure la consapevolezza “dell’insufficienza”, che ancora una volta rimarca l’inadeguatezza del fondo sia piuttosto chiara ed oggettiva: occorrerebbero ben oltre i centocinquanta milioni d’euro per poter dare una risposta al Paese circa le criticità e i bisogni della scuola in materia di inclusione scolastica e dei servizi a sostegno della stessa.
Tuttavia apprezziamo l’azione governativa che, accanto ad alcune emergenze del nostro Bel Paese, nella scaletta della riunione del Consiglio dei Ministri ha posto un tema altrettanto emergenziale: i fondi per gli alunni con disabilità;
E così finalmente il diritto allo studio passa anche attraverso il fondo dedicato; il diritto degli alunni e degli studenti in situazione di disabilità sensoriale e/o fisica diventa il punto importante dell’agenda del Consiglio dei Ministri tenutasi ieri, su proposta del Presidente Giuseppe Conte, visto il mancato raggiungimento nei termini previsti dell’intesa nella Conferenza unificata, a norma dell’articolo 3, comma 3, del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281;
così viene deciso di dare seguito alla ripartizione e lo fa, ovviamente con un proprio decreto a firma del Presidente del Consiglio dei Ministri.
Lo Stesso ha deliberato l’adozione del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, il quale
reca “Il Riparto del contributo di 75 milioni di euro per l’anno 2018 a favore delle Regioni a statuto ordinario e degli enti territoriali che esercitano le funzioni relative all’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con disabilità fisiche e sensoriali”.
Il decreto è stato predisposto a norma dell’articolo 1, comma 947 della legge 28 dicembre 2015, n. 208.
A questa nostra Unione in sede regionale e con la cooperazione delle sedi territoriali, corre l’obbligo di applicare l’azione statutaria e di vigilare sull’utilizzo dei fondi erogati alle regioni, presidiando con intelligenza e competenza, secondo gli strumenti associativi a disposizione, non solo le attività e conseguenti decisioni della politica degli organi istituzionali ma anche le attività di quei tavoli tecnici ai quali è affidata la progettazione e scrittura di linee guida, finalizzate a regolare finanziamenti e servizi in favore dell’inclusione scolastica; vigilare, nel nostro caso non significa produrre una politica nella politica, piuttosto una progettazione scientifica e tecnica dei bisogni didattici ed educativi in favore dei nostri alunni ciechi assoluti, parziali, ipovedenti gravi e/o con una qualche minorazione aggiuntiva, che sappia incidere sulle scelte progettuali, sappia pianificare e inserirsi in quei processi sociali atti a guidare e a promuovere il diritto alla cittadinanza, anche per le persone in situazione di disabilità, per le quali le pari opportunità didattico-educative rappresentano la risorsa irripetibile per il perseguimento dell’autonomia personale, intellettiva e umana.

Per rendere operativa e migliorativa l’azione associativa degli addetti ai lavori riporto di seguito la tabella afferente la ripartizione dei 75 milioni di euro:

Abruzzo:
Chieti 975.695,28
L’Aquila 617.589,72
Pescara 699.684,70
Teramo 691.036,61
Totale: 2.984.006,31

Basilicata:
Matera 233.826,66
Potenza 549.088,87
Totale: 782.915,54

Calabria:
Catanzaro 347.299,67
Cosenza 974.820,52
Crotone 133.116,99
Reggio di Calabria 951.955,48
Vibo Valentia 191.161,67
Totale: 2.598.354,34

Campania:
Avellino 632.338,76
Benevento 415.785,55
Caserta 1.494.206,14
Napoli 5.228.378,96
Salerno 1.124.371,17
Totale: 8.895.080,57

Emilia-Romagna:
Bologna 1.189.214,10
Ferrara 518.947,64
Forlì 351.895,80
Modena 975.410,85
Parma 579.430,21
Piacenza 331.873,70
Ravenna 458.049,53
Reggio Emilia 901.976,47
Rimini 445.327,32
Totale: 5.752.125,63

Lazio:
Frosinone 878.923,26
Latina 1.038.274,76
Rieti 346.708,67
Roma 6.965.160,47
Viterbo 451.541,45
Totale: 9.680.608,60

Liguria:
Genova 1.344.704,85
Imperia 257.704,99
La Spezia 263.650,00
Savona 445.126,87
Totale: 2.311.186,70

Lombardia:
Bergamo 1.235.909,46
Brescia 2.263.645,50
Como 730.588,25
Cremona 659.089,49
Lecco 321.699,18
Lodi 677.511,88
Mantova 562.407,44
Milano 3.590.975,06
Monza e Brianza 1.035.463,97
Pavia 606.977,14
Sondrio 293.771,65
Varese 982.999,60
Totale: 12.535.559,50

Marche:
Ancona 737.388,15
Ascoli Piceno 367.762,78
Fermo 228.779,64
Macerata 523.007,58
Pesaro-Urbino 538.194,83
Totale: 2.395.132,98

Molise:
Campobasso 420.262,45
Isernia 102.663,21
Totale: 522.925,66

Piemonte:
Alessandria 344.567,07
Asti 384.761,41
Biella 318.749,82
Cuneo 953.421,71
Novara 537.008,76
Torino 2.671.693,55
Verbania 300.623,53
Vercelli 459.050,57
Totale: 5.969.876,43

Puglia:
Bari 2.420.203,50
Barletta Andria Trani 671.995,85
Brindisi 875.444,05
Foggia 1.476.093,87
Lecce 1.337.112,17
Taranto 892.399,82
Totale: 7.673.249,25

Toscana:
Arezzo 539.345,00
Firenze 1.332.522,93
Grosseto 275.710,29
Livorno 502.943,44
Lucca 541.422,16
Massa-Carrara 307.332,61
Pisa 535.406,04
Pistoia 649.854,04
Prato 352.083,96
Siena 416.887,45
Totale: 5.453.507,94

Umbria:
Perugia 1.108.373,07
Terni 275.497,72
Totale: 1.383.870,80

Veneto:
Belluno 313.329,24
Padova 935.317,74
Rovigo 443.646,83
Treviso 955.276,83
Venezia 1.059.448,47
Verona 1.154.633,80
Vicenza 1.199.946,67
Totale: 6.061.599,59

totale complessivo: 75.000.000,00

Tecnologia e tifloinformatica: la tecnologia assistiva come supporto alla didattica inclusiva – prima parte, di Franco Lisi

Il titolo orienta in modo chiaro il focus di questo pezzo: la tecnologia sta alla didattica come la tifloinformatica sta alla didattica inclusiva; questa è la proporzione che cercherò di indagare nel ragionamento che segue. Partiamo dal primo estremo: la tecnologia.
Non ci siamo stancati di ripetere che questa società dell’informazione, della “tecno-lo-crazia”, porta con sé grandi, grandissime contraddizioni. Per buona sorte esistono sempre gli opposti: come il freddo trova il suo contrario nel caldo, l’ingiusto è bilanciato dal giusto, al disonesto corrisponde l’onesto, così, tecnologicamente parlando, gli effetti dell’ecumenico diluvio di bits mescolano ed alternano aspetti di diverso segno: eccesso, esasperazione, frenesia, volatilità, spreco, impigrimento, dipendenza, discriminazione, esclusione; ancora: abbondanza, precisione, efficacia, opportunità, qualità, utilità, condivisione, inclusione. Parole, e-mail, documenti, animazioni, comandi, popolano display di ogni tipo: schermi di computer, di palmari, di smartphone, di tablet, di barre braille, invadono dalla mattina alla sera le nostre giornate illudendoci di tessere nuove relazioni umane, mettendo spesso di fatto in discussione quelle poche che si danno per scontate di avere.
Il mondo della scuola, naturalmente, non è immune da questa pervasività e ne rimane a sua volta largamente contaminato, tant’è che i più disparati dispositivi tecnologici costituiscono ormai l’estensione dei banchi di classe. E’ solo di una ventina d’anni fa la dichiarazione di Bill Gates che nel 1994 sentenziava: “Verrà un giorno, e non è molto lontano, in cui potremo concludere affari, studiare, conoscere il mondo e le sue culture, assistere a importanti spettacoli, stringere amicizie, visitare i negozi del quartiere e mostrare fotografie a parenti lontani, tutto senza muoverci dalla scrivania o dalla poltrona;” proseguiva: “lasciando l’ufficio o l’aula scolastica, non ci staccheremo dalla rete in quanto il computer sarà più di un oggetto da portare con noi o di uno strumento da acquistare: sarà il nostro passaporto per una nuova vita mediatica”.

Anche al cospetto di questa moltitudine di condizionamenti, si misura quindi inevitabilmente l’integrazione sociale e l’inclusione scolastica dei ciechi. Sì, persino il modo di fare scuola fa slalom entro questo percorso obbligato, sbandando un po’ qua e un po’ là, tenendo talvolta a stento la corsia; perché non è possibile neppure in tale ambito prescindere da ciò che è tecnologico: ogni interazione è basata sulla varietà delle fonti, sulla trasmissione di immagini/video mediante l’utilizzo di proiettori, enormi schermi ad alta risoluzione, sofisticate lavagne elettroniche; ne consegue che la comunicazione verbale e paraverbale, ormai relegate rispettivamente al 7% e al 38%, perdono di valore, diminuiscono di efficacia e di incisività. La trasmissione degli insegnamenti avviene in prevalenza tramite elementi di comunicazione visivi che oggi costituiscono il restante 55% nel panorama delle relazioni.

Ora, andiamo sull’altro versante della nostra proporzione, l’altro estremo, dove il termine didattica sta a significare, nella sua accezione più stringata, basica ed elementare, la modalità di insegnamento, come faccio scuola, a quale metodo ricorro, di quale strumentazione-mezzo mi servo per insegnare. Qui, la didattica, l’insegnamento appunto, si appoggia sulla strumentazione tecnologica moderna per guadagnare e onorare il proprio scopo che sempre più, a sua volta, privilegia il canale visivo: slide, piattaforme di e-learning e documenti multimediali, peraltro, in gran parte non accessibili.
Fin qui, non incontriamo particolari problemi perché la tecnologia è un mezzo di comunicazione generalmente di facile acquisizione e di agevole apprendimento da parte del ragazzo che vede; questa, implicando semmai strategie e metodologie differenti nel momento dell’erogazione degli insegnamenti, affida agli operatori scolastici la responsabilità di ripensare i contenuti e di rimodulare i programmi. Questioncelle, comunque, che fanno leva sulla preparazione, sull’aggiornamento professionale, sulla passione, sul dovere del singolo docente.
A tal proposito, gli esperti di “cose di scuola” ci dicono che “non è più tempo di lezioni frontali, che il maestro-professore deve alzare il “sedere” dalla cattedra, rimboccarsi le maniche, andare in mezzo alla classe. Il maestro-professore “, continuano, “deve avviare un rapporto-relazione a contatto fisico con i ragazzi, deve stimolare attività ed esercitazioni pratiche all’interno dei gruppetti di lavoro precostituiti”. La riduzione delle distanze tra docente e classe e fra i compagni, ancorché favorisca il coinvolgimento nelle attività di gruppo, la socializzazione, l’intrecciarsi di aumentate relazioni nella collettività degli studenti, maschera il rischio reale che il ragazzo con disabilità continui a rimanere isolato in quanto dotato di strumentazione specifica, esclusiva e, possibilmente, non escludente.
Alcuni esempi del passato ci aiutino ad allontanare lo spettro della “solitudine tecnologica”.
Il picchiettio monotono, costante, distraente della macchina per scrivere induceva, attorno agli anni ’80, il docente di turno a smorzare l’assordante frastuono retrocedendo l’allievo cieco, dapprima dalle file davanti fino all’ultima, per poi girargli il banco verso il muro in fondo, per terminare infine la corsa fuori dall’aula, almeno per il tempo dei compiti in classe. Sempre in quegli anni è memoria uditiva di molti il ronzio dell’optacon che costituiva un vero e proprio tormentone per i compagni più indifferenti e per i docenti più insofferenti. Che cosa non si escogitava nei periodi successivi per “soffocare a morte” lo tsunami delle onde sonore delle stampanti braille di cui erano dotate le nostre ingombranti postazioni informatiche! E’ indelebile l’umiliazione di chi è stato privato del monitor perché “non ti serve, tanto non ci vedi” oppure di chi, in assenza dello screen reader per “indisponibilità di fondi”, ha dovuto cimentarsi sulla tastiera del computer scrivendo al buio alla stregua di come si faceva con la macchina per scrivere tipo Olivetti di molti anni prima. Versioni di sistemi operativi e applicativi obsoleti o non aggiornati, installazioni e configurazioni di software e di ausili di tifloinformatica approssimativi e non personalizzati, la voce roca del compagno sintetizzatore, sono altri pochi esempi di come la presenza di un set di strumentazione tecnologica non gestita, subita o presa a carico con scarsa consapevolezza possano rappresentare e dar luogo ad una sorta di involuzione nel processo inclusivo. Dobbiamo evitare cioè di erigere attorno al ragazzo un muro, una barriera, che stronchi di fatto sul nascere ogni potenziale modalità di relazione, disincentivando persino quella dialogica, unità elementare e fondante della più autentica forma di integrazione sociale.

L’inclusione scolastica dei disabili non può, in ogni caso, prescindere dall’apparato tecnologico, indispensabile per il compimento pieno della sua realizzazione e quando allora si accosta il termine inclusione alle parole didattica e tecnologia è opportuno fare una brusca frenata per proporre qualche ulteriore spunto di riflessione.
Molte delle persone ipovedenti e non vedenti, 285 milioni nel mondo di cui 19 milioni sotto i 15 anni, non hanno ancora ricevuto soluzioni efficaci dai dispositivi tecnologici sviluppati finora. Mentre gli educatori sanno generalmente individuare le tecniche più congeniali per far comprendere al gruppo-classe ciò che stanno insegnando, le cose cambiano quando di contro introduciamo ausili specifici che aiutano a declinare e a veicolare gli insegnamenti rispondenti alle necessità dei singoli. Per l’insegnamento della scrittura ad esempio, se per l’uso della penna si applicano strategie didattiche ormai consolidate, per quanto concerne l’insegnamento della scrittura mediante il codice braille occorre avvalersi del necessario apparato strumentale e di una didattica specifica che deve essere in possesso del formatore perché questi trasferisca le tecnicalità in modo efficace e in tempi adeguati; parimenti, lo stesso dicasi relativamente al differente rapporto con la didattica che si evidenzia nell’introduzione della tecnologia: una cosa è l’insegnamento dell’uso del computer per tutti gli allievi, diverso è l’insegnamento del computer dotato di tecnologia assistiva. Se operazioni quali la condivisione del materiale, l’autonomia nella manipolazione di documenti, nella produzione di file, nella navigazione in internet, risultano essere attività di facile svolgimento per l’allievo che vede, per i nostri ragazzi, come per il braille, occorre sviluppare i prerequisiti e le giuste condizioni per poi impostare un percorso d’insegnamento della materia che abbia ragionevole possibilità di soddisfazione per il docente e per il discente. Prima di essere mezzo (uno strumento, un canale attraverso cui far transitare i contenuti), l’uso della tecnologia per chi non vede è un fine, un obiettivo da perseguire con determinazione, impegno e avvedutezza; quindi, valutarla, accertarne il grado di accessibilità, analizzare il contesto, concordare e scegliere le soluzioni tecnologiche più idonee alle caratteristiche del ragazzo, adeguarla al fine delle esigenze scolastiche, acquisirla (comprarla), individuare tempi e luoghi per la proposta didattica, installarla, configurarla, insegnarla, mantenerla aggiornata: questo non è il gioco dell’oca (butto i dadi, c’è un finanziamento e qualcosa succederà), è tutto molto più serio, giochiamo sulla pelle dei nostri ragazzi. Ciò richiede non solo energie, sforzi, passione, competenze specifiche negli operatori, ma anche una compartecipazione consapevole, proattività da parte dell’allievo nell’intero processo; parliamo di insegnare una materia aggiuntiva: prima di essere tramite, un ponte, la tecnologia assistiva è uno scopo, un obiettivo da pianificare e da conseguire.

Indubbiamente, l’ultimo quarantennio è stato caratterizzato da una sete di innovazione tecnologica che ha interessato anche il mondo della disabilità; nel nostro ragionamento, ogni cieco è stato, suo malgrado, bersagliato da corsi lampo di alfabetizzazione informatica e in qualche modo destinatario di una postazione tecnologicamente attrezzata; non importava perché, non importava con quale tecnologia o con quale applicativo e con quali risultati: erogare formazione, questo l’imperativo!
Ciò che è stato ed è oggi ancora di forte criticità, e al riguardo non sono stati fatti significativi passi avanti, è l’assenza pressoché totale della “tiflo-info-didattica”: per quale scopo insegnare? cosa insegnare? con quale ausilio insegnare? come insegnare? In poche parole, dobbiamo scongiurare un altro rischio, peraltro verificatosi troppo spesso, quello cioè di istruire sommariamente l’allievo con disabilità visiva senza renderlo in realtà autonomo nell’uso quotidiano della strumentazione informatica, inducendolo a rinunciare al suo utilizzo. Occorre evitare di trasformare il computer in un’automobile impossibile da guidare!

Sebbene la tifloinformatica, terzo termine preso in esame nella proporzione, vanti una lunga esperienza ed una corposa letteratura, chi ha vissuto l’evoluzione della tecnologia assistiva di questi anni, in qualità di istruttore o di utente, sa che nei corsi di informatica vengono proposte solo alcune delle numerose combinazioni H/W e S/W dell’intero ricco panorama disponibile.
Le trasformazioni sociali conseguenti alla pervasività tecnologica richiedono competenze digitali per lo più solo di prima alfabetizzazione per un coinvolgimento attivo nel processo di cambiamento in atto. Prova ne è che l’accelerazione della diffusione della tecnologia in ogni ambito della nostra vita (nelle istituzioni scolastiche, nel mondo del lavoro, nei servizi pubblici) è stata favorita dall’abbattimento dei costi e dalla semplificazione dell’interfaccia utente. Due elementi che, per un verso, hanno permesso indistintamente ad ogni cittadino di possedere un dispositivo tecnologico, dall’altro, hanno impedito di fatto ad una significativa fascia di potenziali utenti di fruirne direttamente e in modo proficuo. Infatti, disegnare interfacce amichevoli di facile comprensione e di immediato dominio significa, quasi sempre, esaltare il senso della vista; significa, quasi sempre, progettare aprioristicamente solo per una determinata categoria di utilizzatori; significa, quasi sempre, creare a posteriori il fenomeno del digital divide. Poter acquistare con relativa facilità qualsiasi oggetto a valenza tecnologica non equivale automaticamente ad averne piena padronanza. Progettare strumentazione accessibile comporta, fin dal momento dell’ideazione, porre attenzione ed analisi particolari relativamente alle interazioni tra i fruitori e il device, alle modalità di attivazione e di controllo di ciascuna funzione, al livello di usabilità dei dispositivi in ciascun loro aspetto. Più persone saranno messe nelle condizioni di “manipolare” e trarre un qualche beneficio dalle prestazioni del prodotto, maggiore sarà la sua divulgazione nel mercato globale e minore sarà il gap (o divario) tecnologico, vale a dire la distanza qualitativa e anche quantitativa di sviluppo tecnologico esistente fra paesi, fra categorie di persone, fra settori di attività diversi.
Accatastare tuttavia materiale tifloinformatico sul banco di scuola in mancanza di un progetto compiuto può risultare motivo di ansia, frustrazione e suscitare senso di inadeguatezza nell’allievo disabile. A fin di bene e in buona fede, si rincorrono tutti i contributi disponibili per accappararsi questo o quell’ausilio senza che a monte sia stata effettuata una qualsiasi valutazione qualitativa circostanziata. La scelta degli ausili di tecnologia assistiva deve essere ricompresa nell’ambito di un’analisi complessiva che tenga conto della coerenza dell’usabilità della strumentazione individuata in rapporto al grado di accessibilità del sistema tecnologico integrato e al progetto formativo da realizzare. Un display braille, un OCR, un software per la matematica nasconderanno un vero e proprio spreco di danari se inseriti all’interno di una infrastruttura telematica sviluppata attorno a videoproiettori, filmati, slide e apparecchiature non accessibili! L’inutilità sarà certamente conseguente in assenza di competenze tiflotecniche e tiflotecnologiche capaci di integrare e adattare tecnologie differenti, ma anche di massimizzare e veicolare flussi di informazioni per lo scopo prefissato. I risultati attesi, inerenti ad un’effettiva inclusione e agli obiettivi formativi predeterminati, saranno scarsi, deludenti, erroneamente fatti ricadere sull’incolpevole studente con disabilità.
Quanto più vi sarà convergenza fra i molteplici adiacenti fronti interessati e coinvolti, tanto più si raggiungerà il maggiore grado di accessibilità:
a) l’oggettività delle regole dettate dalla normativa vigente dovrà essere conosciuta, condivisa, fatta propria e applicata dai progettisti e dagli sviluppatori di tecnologia, dai formatori e da tutti coloro che, a vario titolo, si occupano di comunicazione e sono responsabili della distribuzione dell’informazione;
b) le competenze tiflotecniche, tifloinformatiche e tiflologiche dovranno ritrovare nella preparazione dell’esperto docente di informatica la capacità di leggere, interpretare e codificare l’ineludibile soggettività che sussiste nel rapporto tra fruitore e usabilità dello specifico strumento tecnologico;
c) la promozione, la pubblicità, la scheda tecnica di assemblaggio della componentistica e il manuale utente di un qualsiasi dispositivo, dovranno muovere da valutazioni e da validazioni fondate su metodi scientifici di rilevazione di accessibilità e usabilità.
Spero, mi auguro, sono convinto che in particolare per quest’ultimo aspetto la nostra Associazione e le strutture collegate sapranno sostenere sui versanti tecnico e politico un percorso che condurrà alla formalizzazione di un sistema di certificazione normato e autorevole.
La stretta collaborazione con le autorità competenti, con i produttori, i fornitori e gli stakeholders caratterizzerà una prospettiva che nel prossimo futuro consentirà di varcare nuove frontiere ed esplorare sorprendenti scenari nelle interazioni uomo-macchina-disabilità.

Per tracciare ulteriormente il perimetro entro il quale si articola il nostro ragionamento attorno all’accessibilità, alla tifloinformatica, alla tiflo-info-didattica e alla didattica inclusiva, occorre prendere in considerazione altre determinanti variabili. In effetti, la definizione dei programmi dei percorsi formativi di informatica di una qualsivoglia tipologia rivolti ai ciechi e agli ipovedenti, volendo naturalmente generalizzare, è influenzata da interferenze esterne non trascurabili. Vediamo schematicamente alcuni elementi utili per la progettazione di un corso.

1. Scopo della proposta formativa:
formazione di base; formazione avanzata; formazione mirata a specifici argomenti (ausili hardware o software); formazione specificatamente funzionale ad apprendimenti di altre discipline.
2. Destinatari della proposta formativa:
corso individuale; corso di gruppo; allievi in età scolare, lavorativa, adulti (tempo libero).
3. Disponibilità di risorse economiche:
assenza di finanziamento; finanziamento pubblico; finanziamento privati; corso finanziato dagli iscritti.
4. Disponibilità di risorse umane:
qualifica/esperienza del docente; presenza del co-docente/tutor; docente vedente, ipovedente o cieco.
5. Scelta degli argomenti:
argomenti programmati dagli organizzatori della proposta formativa, suggeriti dall’allievo/i dettati dalle circostanze (durata della formazione, disponibilità del materiale necessario, prerequisiti riscontrati).
6. Scelta della tecnologia:
tipologia aula; caratteristiche allievi (ipovedenti, ciechi assoluti, gruppo misto); obiettivi formativi.
7. Durata del percorso formativo:
disponibilità del personale, degli allievi, dello spazio-aula; tipologia e complessità degli argomenti in programma; budget economico disponibile; tempistica dettata dalle regole del bando pubblico.
8. Verifica dei prerequisiti d’ingresso:
allievo ipovedente, cieco; possesso del codice braille; conoscenza degli elementi di base degli argomenti del corso.
9. Selezione dei candidati:
verifica dei requisiti per la partecipazione al corso.
10. Fine secondario:
socializzazione; sensibilizzazione.

Se l’esperienza maturata nel campo tifloinformatico ci incoraggia ad accertare con ragionevole consapevolezza le competenze di base indispensabili per il profilo del docente di informatica, resta da colmare l’enorme lacuna concernente la definizione del minimo comune denominatore volto ad attribuire ai corsi un valore aggiunto, un marchio di qualità: non solo quanti e quali argomenti vengono proposti in rapporto ad un dato tempo, ma con quali metodologie, con quali strategie didattiche vengono affrontate le lezioni. Quindi: perché fare? quando fare? cosa fare? come fare?
Le risposte sono necessarie, ma prima dobbiamo metterci d’accordo sulle domande. Di seguito, ancora alcuni quesiti che possono far comprendere meglio la delicatezza e il grado di complessità dell’argomento oggetto di analisi.
Qual è il profilo del tifloinformatico? Chi è autorizzato a fare la scuola guida e a rilasciare la patente? Basta il buon senso, l’intuito, l’esperienza personale per orientarsi e, soprattutto, orientare altri nella scelta fra ciò che è utile e ciò che è spreco o superfluo? Quali sono le competenze di chi intendiamo riconoscere e abilitare ad impartire con autorevolezza buoni consigli ed efficaci insegnamenti? Un ingegnere? Un sistemista? Un esperto di tecnologia assistiva, di accessibilità oppure di didattica informatica, di didattica generale o speciale? Come insegnare la tifloinformatica? Il professionista ci aspettiamo che sia in possesso di un’accertata cultura tiflologica, tiflopedagogica? E’ bene che conosca la didattica dell’insegnamento del braille e avere propri i concetti di aptica per proporre in modo opportuno esplicative mappe in rilievo? Deve conoscere il percorso di insegnamento della tastiera, il significato dei tasti funzione dei display braille, l’utilizzo approfondito degli screen-reader? Vediamo in questa figura un tiflologo specializzato in questioni tecnologiche oppure un informatico specializzato in questioni tiflologiche o più precisamente tiflopedagogiche? Quando e come introdurre il codice braille nei percorsi di alfabetizzazione informatica? Proponiamo un metodo basato su un apprendimento mnemonico e meccanico che trascuri il contesto oppure concettuale e logico che tenga conto della descrizione di finestre, titoli, icone, non tralasciando di nominare elementi e simboli grafici visivi e che si avvalga del supporto di tavole in rilievo per arricchire le esercitazioni e fissare le immagini? La tiflo-info-didattica è altro dalla tiflologia oppure è l’altra faccia della medesima medaglia? Nel porre l’obiettivo didattico, ci si deve strettamente attenere alla trattazione dell’argomento oggetto dell’insegnamento (un sistema operativo, un applicativo, una funzione) oppure finalizzarlo alla comprensione di un altro insegnamento?
E’ necessario, poi, indagare con successivi interrogativi l’altro versante: l’allievo. Quali i prerequisiti necessari per un approccio corretto ed efficace all’avventura tecnologica? Vi è un’età in cui incominciare? Da quali prerequisiti partire?

Stiamo vivendo, tiflologicamente parlando, momenti delicati. Si ha la percezione, peraltro, che i venti stiano cambiando di direzione. La didattica inclusiva richiede incontrovertibilmente anche risposte quantitative: è necessario conoscere piani, regole, tempistiche, oltreché riferimenti economici certi. Elementi meramente burocratici-amministrativi dovrebbero essere comunque in subordine e conseguenti ad aspetti concettuali e teorico-pratici, i quali devono invece essere anteposti e fungere da guida. Dobbiamo far tesoro di un’esperienza di quasi quarant’anni di integrazione scolastica che per una simpatica coincidenza corrisponde più o meno ad altrettanti di tecnologia assistiva.

Siamo chiamati oggi alla messa a punto di un metodo scientifico di validazione di efficacia e di efficienza del rapporto tra tiflo-informatica e didattica inclusiva: ecco l’incognita della nostra proporzione! Qualità dello strumento-mezzo, qualità nella veicolazione dei contenuti, qualità della didattica specifica, qualità nella trasmissione del messaggio. Chi si prende cura di tutto questo? Questa responsabilità non può essere ricompresa nei singoli operatori; non è più tempo degli assoli! Non esiste “Superman”! Occorre operare in team! Dobbiamo avere l’onestà intellettuale di affermare che le competenze necessarie per fare didattica inclusiva con la tiflo-informatica trovano il loro alveo naturale nelle maglie di una rete precostituita sviluppatasi attorno a quegli anelli portanti che hanno tracciato e scritto la storia tiflopedagogica nel nostro paese. Soltanto se proteggiamo, difendiamo, sosteniamo, promuoviamo le nostre strutture che operano in tal senso, a partire dagli Istituti per Ciechi, possiamo trovare o “costruire” le risposte necessarie per garantire un servizio tiflopedagogico che non faccia rimpiangere il passato. Oggi, occorre una convergenza multidisciplinare. Attività di ricerca e di aggiornamento, seminari, veri e propri corsi mirati, valutazioni di dispositivi e di software, attività laboratoriali extra-scolastiche; tutte queste belle cose devono avere fonte, devono muovere da un know-how conquistato e tramandato da chi ci ha preceduto. Affermare il principio della “qualità totale”, concetto oggi tanto caro al moderno mercato imprenditoriale, è il nostro primo dovere, primo obiettivo; ciò significa erogare un servizio utile per rispondere alle reali necessità dei nostri ragazzi e delle loro famiglie.

Riconoscimento di figure professionali, di Marco Condidorio

Il 10 settembre scorso, la Giunta regionale del Molise ha riconosciuto le figure professionali quali l’Operatore tiflologico e l’Educatore tiflologico.
Evento che possiamo definire epocale per il valore e la portata culturale che le stesse figure rappresentano per l’integrazione scolastica dei nostri alunni/studenti in situazione di cecità assoluta, parziale, di ipovisione lieve o grave.
Sino ad oggi, gli alunni e studenti disabili visivi si sono dovuti accontentare della figura generica dell’assistente alla comunicazione e per l’autonomia prevista dall’articolo 13, comm.3 della legge 104/92. Accontentare nel senso che, mancando un percorso curricolare formativo, che ne definisse ruoli e profilo professionale, gli stessi assistenti alla comunicazione si presentavano frequentemente e con i curricula più diversi, raramente  attinenti con le necessità specifiche dell’alunno/studente in situazione di disabilità visiva, magari con minorazione aggiuntiva.
Ciò ha comportato così sino ad oggi una sorta di caccia alle conoscenze e alle competenze, una caccia al tesoro infruttuosa e di lotteria delle competenze che, purtroppo per tutti, soprattutto per gli alunni/studenti sino a questo momento sono state alla merce del mercato cooperativistico o di quegli enti che, non avendo obblighi formativi nei confronti di una figura così importante e delicata qual è l’educatore tiflologico, quella dell’assistente alla comunicazione e per l’autonomia veniva adattata alla luce delle molteplici alternative professionali offerte, per l’appunto dal panorama piuttosto eclettico dei curricola formativi, solitamente riconosciuti per una certa prassi improntata all’empirismo didattico ed educativo  per la stessa figura, per il fatto d’essere sancita dalla legge 104/92.
E così, oltre a non rispettare le esigenze educative e tecniche dell’alunno/studente in situazione di disabilità visiva, la scarsa preparazione professionale dell’assistente alla comunicazione, tra l’altro spesso definito con titoli impropri perché fuorvianti, ma rispondenti ad una cultura distorta della sua funzione all’interno del contesto scolastico, ad uso e consumo di una corsa illogica al titolo professionale a danno, come sempre degli alunni e degli studenti ha comportato un uso caotico della professione sino a determinare una contrattazione illegittima quanto mai forzata del suo riconoscimento, che in talune occasioni ha rischiato di compromettere lo spirito della legge, che ne ha affermato il ruolo all’interno dei processi di integrazione scolastica.
Finalmente oggi, il riconoscimento dell’educatore tiflologico  sancisce l’obbligo di istituire percorsi formativi, professionali, che tengano conto della specificità del curricolo istitutivo della stessa figura, della funzione di cui è titolare legittimo, acquisito con  delibera n. 439 del 10-09-2018 della Giunta Regionale Molise, che ne riconosce la professione, dunque il ruolo specifico: esperto in scienze tiflologiche.
Il Molise da anni promuove iniziative formative al fine di dimostrare all’opinione pubblica ma, in particolare alle istituzioni e agli addetti del settore che, perché gli  alunni/studenti siano rispettati nell’esercizio del loro diritto quale è quello dell’accesso all’alfabetizzazione, anche tiflotecnologica, digitale e strumentale, non aveva alcun valore didattico, educativo l’affiancamento di figure professionalmente lontane dalle loro esigenze di alunni/studenti in situazione di disabilità sensoriale, nel caso specifico di quella visiva. Ma che, invece, nel rispetto delle specificità della minorazione visiva, ad affiancare l’alunno/studente ci deve essere una figura professionale con conoscenze e competenze nelle aree della tiflologia: tiflotecnica, tiflodidattica ed informatica.
Una professionalità che, più che una funzione didattica, spettante esclusivamente al docente per il sostegno e/o curriculare, deve esercitare il ruolo di educatore specificatamente legato alle tiflotecnologie e/o agli strumenti e materiali per lo studio delle discipline.
Anche l’insegnamento del codice Braille rientra nelle funzioni pedagogiche di quell’alfabetizzazione educativa indispensabile a permettere una reale integrazione dell’alunno/studente; così pure la conoscenza e l’uso delle cartine geografiche, di quelle scientifiche, dei grafici in rilievo o con caratteri ingranditi, per fare qualche esempio.
Per fare ciò e andando contro ad un pensiero dominante, che vorrebbe una figura omnicomprensiva sulle disabilità sensoriali o addirittura sulle criticità afferenti tutte le disabilità, un generalista del sostegno che, evidentemente non riesce a soddisfare alcuna specificità, perché si dovrebbe occupare di tutto, ma di fatto non s’occupa di nulla, abbiamo creduto sino in fondo alla professionalità dell’esperto in scienze tiflologiche qual è l’Educatore tiflologico che, come ben evidenziato nel suo stesso “titolo professionale” non vuole essere, né  ha mansioni di sostegno alla didattica disciplinare ma, attua e svolge un percorso educativo specificatamente tiflologico per tutto ciò che afferisce la conoscenza e l’uso degli strumenti per acquisire autonomia nello studio disciplinare col sostegno della didattica del docente per il sostegno.
Il Consiglio regionale dell’Unione Italiana Ciechi e Ipovedenti molisano, con il prezioso contributo dell’Università degli studi del Molise (UNIMOL),L’I.Ri.Fo.R. Nazionale e regionale, la stessa scuola molisana, ha istituiti vari percorsi formativi tra cui i più importanti sono stati il master universitario di primo livello 60 CFU in Typhlology Skilled Educator e l’istituzione dell’insegnamento di tiflologia teorica e applicata  presso il corso di laurea in scienze della formazione primaria per il quale sono previsti ben 6 CFU, confermato dal Senato Accademico dell’UNIMOL anche per l’a.a 2018/2019.
Il riconoscimento dunque avviene dopo un lungo percorso fatto di insidie e tante diffidenze, spesso tramutatesi in un netto rifiuto a danno degli alunni e degli studenti stessi, i quali si sono visti negare il diritto alla normalità e alla parità.
Il 10 settembre così sarà ricordata come data storica per una regione che da oltre un ventennio sta facendo scuola nel campo della tiflologia e che ha aperto la terza età della ricerca con studi, seminari volti alla formazione di figure esperte nelle scienze tiflologiche, aventi ruoli ben definiti, spendibili a sostegno del diritto allo studio e della socializzazione delle persone cieche assolute, ipovedenti lievi o gravi e/o con minorazioni aggiuntive.
Marco Condidorio

Testi scolastici negati a bambino ipovedente: UICI provvede alla trascrizione in caratteri speciali

A dieci giorni dall’inizio della scuola, un bambino padovano di nove anni, autistico e ipovedente, si è visto negare per mancanza di fondi la disponibilità dei libri di testo a caratteri tipografici speciali di cui ha bisogno per affrontare l’anno scolastico che lo vedrà impegnato in quarta elementare. La notizia è stata comunicata ai genitori dalla sezione territoriale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, che fa da tramite fra la scuola e la tipografia specializzata che trascrive i testi in un formato leggibile anche per gli ipovedenti.

Subito dopo essere venuta a conoscenza della vicenda, la Presidenza Nazionale UICI si è attivata per mettere a disposizione del bambino i libri scolastici necessari al proseguimento dei suoi studi. I testi sono già in lavorazione presso la Biblioteca Italiana per Ciechi “Regina Margherita di Savoia” di Monza e saranno pronti al più presto.
“Siamo molto soddisfatti della positiva risoluzione di un episodio che non avrebbe mai dovuto verificarsi” commenta Mario Barbuto, Presidente dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti. “Il diritto all’istruzione è un diritto fondamentale dell’uomo e non può in alcun modo essere subordinato a esigenze di bilancio. Anche in virtù del protocollo firmato poche settimane fa con il MIUR ci siamo mossi subito perché il bambino di Padova avesse la possibilità di iniziare l’anno scolastico al pari dei suoi compagni, unico aspetto davvero importante in tutta questa vicenda.”

Recentemente UICI e il MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) hanno sottoscritto un protocollo d’intesa allo scopo di attuare azioni comuni volte a favorire e garantire l’inclusione scolastica degli alunni e degli studenti con disabilità visiva.
L’obiettivo fondamentale del protocollo è quello di offrire al MIUR – che condivide con UICI l’impegno a realizzare e rafforzare l’inclusione scolastica – un interlocutore unico ed autorevole a rappresentanza dell’intera gamma delle prestazioni di sostegno necessarie a garantire il raggiungimento della piena inclusione delle persone con disabilità visiva.

Oltre a essere un diritto inalienabile della persona, sancito dalla Dichiarazione universale dei diritti umani dell’ONU e affermato dalla Costituzione Italiana, il diritto allo studio è cruciale per le persone cieche e ipovedenti, per le quali l’istruzione è uno strumento essenziale attraverso il quale raggiungere emancipazione, inclusione sociale e uguaglianza. Per UICI è perciò fondamentale che lo Stato si faccia garante di questo diritto anche verso i disabili visivi, mettendo a loro disposizione tutti i mezzi necessari.

Andrea Spaziani
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L’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica torna in scena. Miur e inclusione scolastica: sodalizio complesso, non impossibile…, di Marco Condidorio

Come noto ai più, il Decreto legislativo 13 aprile 2017 n. 66, afferente l’inclusione scolastica, prevede una serie di adempimenti per circa nove deleghe per le quali sono necessari altrettanti regolamenti attuativi la cui definizione, secondo quanto disposto all’art. 15 dello stesso decreto, deve ottenere il parere obbligatorio, “non vincolante”, dell’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica, di cui ricordiamo ai lettori lo stesso viene costituito con DM del 31.08.2017 e che recentemente si è riunito per dare seguito ai lavori preparatori dei provvedimenti in parola, costituendo ben sette tavoli tecnici per la stesura dei decreti attuativi: Individuazione degli indicatori per la valutazione della qualità dell’inclusione scolastica in coerenza con i quadri di riferimento del Sistema nazionale di valutazione; Elaborazione di proposte per la redazione del modello di PEI; Proposte relative alle modalità di funzionamento del GIT e GLIR; Definizione dei piani di studio e delle modalità, attuative ed organizzative del Corso di specializzazione per le attività di sostegno didattico nella scuola dell’infanzia e nella scuola primaria; definizione delle Linee Guida contenenti i criteri, i contenuti e le modalità di redazione della certificazione della disabilità in età evolutiva e del profilo di funzionamento; individuazione dei criteri per una progressiva uniformità su tutto il territorio nazionale della definizione dei profili professionali del personale destinato all’assistenza all’autonomia e la comunicazione personale le linee guida per l’alternanza scuola-lavoro; valutazione, certificazione;
Questi alcuni dei temi sul tavolo dell’Osservatorio, che ora sono oggetto di studio presso i gruppi di lavoro al fine di realizzare un percorso quanto più possibile condiviso e che tenga conto delle realtà territoriali e soprattutto delle competenze e delle esperienze maturate dalle scuole e dalle amministrazioni periferiche; non solo, noi che in questa importante assise siamo la voce degli alunni/studenti e dei loro docenti, la Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione, la Partecipazione e la Comunicazione rafforza maggiormente la propria azione d’ascolto e confronto manifestando la volontà di avere uno scambio di idee con i Referenti regionali per l’inclusione scolastica e le Associazioni maggiormente rappresentative sul territorio nazionale, perché la voce d’ogni alunno e studente che non si senta sufficientemente tutelato trovi in noi attori la garanzia di un presidio di legalità, che ne garantisca libertà di pensiero, d’azione e dia voce al silenzio sempre più rumoroso, teso ad avvantaggiare arroganza e prepotenza di chi si crede migliore.
E così il 15 maggio e il 27 giugno di quest’anno l’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica del MIUR torna a riunirsi ed a presiederlo è il direttore generale Giovanna Boda. Si respira da subito l’approccio innovativo al tavolo del Ministero, che già dalle prime battute dello stesso Direttore Boda, presenta i caratteri del cambiamento, quasi a voler rompere col recente passato, mantenendone però le fondamenta.
Il Direttore generale G. Boda è fortemente motivata a perseguire gli obiettivi affidati all’osservatorio e per i quali ritiene opportuno coinvolgere in maniera impegnante ed impegnativa ognuno dei presenti al fine di perseguire efficacemente e con competenza quanto scritto all’ordine del giorno.
Per questa ragione non ci stanchiamo di scrivere che, i lavori dell’osservatorio rappresentano l’occasione irrinunciabile per le associazioni storiche, tra cui le stesse federazioni FAND FISH, per tutte le figure professionali quali: insegnanti per il sostegno, curriculari; per gli assistenti alla comunicazione, educatori; non sono escluse le famiglie, per portare direttamente dentro il Ministero dell’Istruzione dell’Università e della Ricerca senza alcun filtro, la scuola ed il territorio; tutto ciò al fine di instaurare tra il ministero e le parti sociali, come detto sopra, quel dialogo utile e necessario e di farlo coi protagonisti in modo diretto e simultaneo: i direttori generali dei diversi dipartimenti; con il Ministro, il Sottosegretario, l’Ufficio di Gabinetto sui temi maggiormente strategici ai fini della realizzazione dell’inclusione scolastica e dell’esercizio effettivo del diritto allo studio dei nostri alunni/studenti.
L’inclusione scolastica necessita di interlocutori consapevoli, consci cioè delle priorità per cui ogni alunno/studente manifesti un proprio disagio derivante dalle condizioni ambientali, famigliari, sociali, fisiche e/o sensoriali (nello specifico, per quanto attiene alla nostra area di competenza, le condizione di cecità, sordità e/o pluriminorazione).
Al tavolo dell’Osservatorio possono prendere forma e diventare progetti: riflessioni; idee; divergenza d’opinione, convergenza di bisogni e buone prassi; ascoltare; accogliere e comprendere aiuta ciascuno a chiarire le proprie idee e posizioni che, talvolta rischiano di ergersi a guisa di barriere comunicative, impedendo così ogni sviluppo possibile in percorsi che, se condivisi potrebbero rappresentare la soluzione non solo per il nostro problema ma a anche di quello altrui.
Le parti sociali che siedono al tavolo hanno la responsabilità di rappresentare concretamente tutte quelle barriere, che costituiscono l’ostacolo contro cui il diritto allo studio, il successo formativo, il perseguimento degli obiettivi progettati e strutturati al fine di realizzare la piena inclusione umana, sociale e scolastica si infrangono.
Troppe, sono le difficoltà che si presentano lungo il percorso scolastico dei nostri alunni/studenti:
INACCESSIBILITÁ e FRUIBILITÁ dei materiali didattici; degli strumenti e delle tecnologie.
La carente e inadeguata FORMAZIONE iniziale e in itinere dei docenti per il sostegno e per quelli curriculari
Le scarse CONOSCENZE e COMPETENZE dei dirigenti scolastici afferenti la disabilità.
L’assenza di una rete di professionalità a sostegno dei servizi per l’inclusione scolastica; che spesso si traduce con l’opportunistico ed incondizionato affidamento totale e assoluto delle consegne al solo docente per il sostegno; quando invece il vero esercizio al sostegno scolastico che possa tradursi in inclusione scolastica è patrimonio anzitutto della scuola che deve realizzarsi come sistema educativo e didattico per un’istruzione davvero inclusiva e “non esclusiva”.
Obiettivo complesso perché frutto di un “sodalizio” altrettanto difficile ma, per la natura stessa della relazione, non impossibile.
L’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, assieme alle altre grandi associazioni, tutte unite sotto le bandiere intrecciate di FAND e FISH, ha dato il proprio contributo professionale per permettere la progettazione di interventi efficaci, utili a costruire la rete dei servizi a sostegno dell’inclusione scolastica.
Ora auspichiamo che, la compagine governativa, di cui il MIUR è parte integrante assieme ai due rami del Parlamento faccia la sua parte tenendo in debita considerazione quanto condiviso durante le riunioni plenarie dell’Osservatorio e di quanto discusso ai tavoli tecnici.
Ricordiamo quanto scritto all’inizio: il parere delle parti sociali è doveroso per parte nostra e, il Ministero è obbligato ad ascoltarci ma, tale parere non è vincolante. Certo, questo è l’anello debole di buona parte dei processi che tutti assieme formano il tessuto democratico; tuttavia, quando i risultati rafforzano competenze ed esperienze condivise tra le parti sociali e i tecnici del ministero, grazie anche al consenso e il sostegno della classe politica, allora vuol dire che vi è stato ascolto attivo da tutte le parti, privilegiando, nel nostro caso i valori dell’educazione, dell’istruzione e della formazione professionale.
A questo punto, sentiamo il desiderio di sottolineare, in quanto persone impegnate nei processi educativi, che: la didattica, in quanto relazione educativa tra discente e pedagogo si presenta sin dalla sua origine universale, accessibile e fruibile; patrimonio a tutela della libera diffusione della trasmissione del sapere, delle singole conoscenze, al fine di consentire ad ogni essere umano di accogliere ed elaborare autonomamente le esperienze e la storia del pensiero umano, prodotto che fa di “una civiltà” la custode liberale per i diritti civili e politici; democratica per quelli sociali; entrambe lo Stato di diritto.

Assegnazioni “senza titolo” ingiuste per gli alunni disabili, di Gianluca Rapisarda

Con il presente articolo, esprimo tutto il mio rammarico relativamente all’accordo siglato lo scorso 26 giugno tra il MIUR e le organizzazioni sindacali, in vista delle assegnazioni per il prossimo anno scolastico sul sostegno.
Infatti, a mio avviso, sembra abbastanza chiaro che ancora una volta, in materia di disabilità, ciò che guiderà sarà il diritto del lavoratore (sacrosanto, beninteso), ma non quello dell’alunno, ad avere riconosciuto il proprio diritto allo studio.
Nel prossimo anno scolastico, in base alla suddetta intesa tra il Ministero ed i Sindacati della scuola, l’assegnazione avverrà in via residuale sui posti disponibili autorizzati in deroga in organico di fatto e dopo i necessari accantonamenti per garantire il contingente delle nomine annuali dei precari con titolo di sostegno (sia delle graduatorie ad esaurimento sia delle graduatorie d’istituto) e il contingente delle immissioni in ruolo”. Dunque, se fino a ieri i docenti di ruolo senza titolo di specializzazione non potevano chiedere le assegnazioni provvisorie su posto di sostegno, da oggi il docente sprovvisto di titolo di specializzazione sul sostegno – in subordine e in via derogatoria e straordinaria, può ottenere il ricongiungimento per un anno anche su un posto di sostegno, purché “stia per concludere il corso di specializzazione su sostegno o abbia svolto almeno un anno di insegnamento su posto di sostegno, anche con un contratto a tempo determinato.
In pratica, a parere di chi scrive, anche per l’anno scolastico che verrà, il MIUR continuerà a ricorrere ad un numero “spropositato” di docenti “non specializzati” per coprire i posti sul sostegno che risulteranno vacanti nell’agosto p.v.
La verità è che il MIUR, nel mese di aprile di ogni anno (ed anche lo scorso aprile non ha fatto eccezione), quando cioè dev’essere conteggiato l’organico di diritto (il numero dei docenti necessari per l’anno successivo), preferisce sottostimarlo e calcolarlo in difetto rispetto alle esigenze effettive, al solo fine di risparmiare, evitando dunque di aumentare le immissioni di insegnanti di ruolo.
Conseguenza di questa condotta non del tutto ineccepibile del Ministero è che, quando tra un mese si faranno i conti reali, anche per il futuro a.s. i nodi verranno tristemente al pettine e i vari USR si troveranno costretti ad integrare l’organico di diritto con quello “di fatto”, coprendo le migliaia di esuberi e di posti liberi, prima con le assegnazioni provvisorie (incarichi annuali attribuiti ad insegnanti titolari che chiedono il riavvicinamento) e poi con la “deroga” a supplenti con contratto a tempo determinato che, cosa ancor più grave, nonostante il recente accordo sindacale, in entrambi i casi, saranno ancora una volta senza titolo di sostegno.
Come dire che la precarietà, l’emergenza e l’eccezione la faranno ancora da padrone e, solo per gli alunni con disabilità, continueranno a rappresentare la regola “fissa” della loro mancata inclusione.

Ventiduesima edizione del concorso “Beretta-Pistoresi”

È indetto il concorso per l’assegnazione delle borse di studio “Beretta-Pistoresi”, giunto, quest’anno, alla ventiduesima edizione.
La selezione è riservata ai Soci della nostra Unione che si siano diplomati o laureati tra il 1° gennaio e il 31 dicembre 2017 e che, alla predetta data del 31 dicembre, non abbiano compiuto i quaranta anni di età.
Il termine ultimo per la presentazione delle domande di partecipazione è fissato al 31 luglio 2018.
Riportiamo di seguito il bando del concorso:

BANDO DI CONCORSO PER L’ASSEGNAZIONE
DELLE BORSE DI STUDIO “BERETTA PISTORESI”

Art. l. Natura del concorso
In esecuzione delle volontà testamentarie di Lidia Teresa Beretta ed Elena Pistoresi, l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti mette a concorso delle borse di studio per i Soci, di età inferiore ai quaranta anni, che abbiano concluso con merito gli studi secondari superiori, gli studi musicali o gli studi universitari, nell’anno solare precedente quello di indizione della gara.

Art. 2. Requisiti di ammissione
Alla corrente edizione del concorso per l’assegnazione delle borse di studio “Beretta-Pistoresi”, possono partecipare i Soci dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti che alla data del 31 dicembre 2017 non abbiano compiuto i quaranta anni di età e che, nell’anno solare 2017, abbiano conseguito uno dei titoli di seguito elencati:
a) laurea magistrale, laurea specialistica o laurea rilasciata secondo ordinamenti non ancora riformulati ai sensi del d.m. 3 novembre 1999, n. 509;
b) laurea;
c) diploma accademico, di primo o secondo livello, rilasciato da conservatorio di musica o da istituto musicale autorizzato;
d) diploma di istruzione secondaria superiore.

Art. 3. Borse di studio
Le borse di studio sono costituite in denaro, hanno differente importo, in relazione al titolo conseguito, ed ammontano a:
– 2.500,00 euro, per il vincitore del concorso riservato ai candidati in possesso di laurea magistrale, laurea specialistica o laurea rilasciata secondo ordinamenti non ancora riformulati ai sensi del d.m. 3 novembre 1999, n. 509;
– 1.500,00 euro, per il vincitore del concorso riservato ai candidati in possesso di laurea;
– 1.500,00 euro, per il vincitore del concorso riservato ai candidati in possesso di diploma accademico, di primo o secondo livello, rilasciato da conservatorio di musica o da istituto musicale autorizzato;
– 1.500,00 euro, per il vincitore del concorso riservato ai candidati in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore.

Art. 4. Presentazione delle domande di partecipazione
Le domande di partecipazione devono essere inoltrate, mediante raccomandata postale o mediante posta elettronica certificata, o consegnate a mano, entro il 31 luglio 2018, all’indirizzo:
Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti
Presidenza Nazionale
Via Borgognona, 38
00187 Roma
archivio@uiciechi.it o archivio@pec.uiciechi.eu.
Nella domanda di partecipazione, i concorrenti devono indicare la categoria di concorso alla quale intendono partecipare e dichiarare i seguenti stati e fatti:
– cognome e nome;
– luogo e data di nascita;
– residenza;
– iscrizione all’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti, con indicazione della Sezione Territoriale di appartenenza;
– titolo di studio, con indicazione dell’anno di conseguimento, del voto di laurea o di diploma e dell’istituzione rilasciante;
– votazioni riportate agli esami previsti nel piano degli studi, universitari o musicali, se in possesso di uno dei titoli elencati alle lettere a), b) e c) dell’art. 2;
– votazioni riportate al primo quadrimestre dell’ultimo anno di scuola, se in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore.
I concorrenti devono, altresì, indicare un recapito telefonico e l’indirizzo di posta ordinaria o di posta digitale al quale desiderano vengano inviate le comunicazioni relative al concorso.
La firma in calce alla domanda non è soggetta ad autenticazione.
Le domande pervenute oltre il termine o incomplete sono escluse.

Art. 5. Commissione esaminatrice
La Commissione esaminatrice è costituita dal Presidente Nazionale dell’Unione, o da un suo delegato, e da due componenti, nominati dalla Direzione Nazionale della stessa Unione.
Sulla base dei punteggi di laurea o di diploma, e, in caso di parità, sulla base della media delle votazioni riportate agli esami previsti nel piano degli studi, universitari o musicali, o al primo quadrimestre dell’ultimo anno di scuola secondaria superiore, la Commissione forma quattro graduatorie di merito, una per ciascuna categoria di concorso, graduatorie che trasmette alla Direzione Nazionale dell’Unione.

Art. 6. Proclamazione dei vincitori
Con propria deliberazione, la Direzione Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti approva le graduatorie di merito e proclama vincitori delle borse di studio, messe a concorso con il presente bando, il primo classificato in ciascuna graduatoria.
Gli esiti del concorso sono comunicati ai concorrenti, all’indirizzo di posta ordinaria o di posta digitale da essi indicato.
I vincitori delle borse di studio sono tenuti a comprovare la regolarità delle dichiarazioni rese nelle domande di partecipazione.
A tale scopo, ciascun vincitore deve far pervenire, mediante raccomandata postale o mediante posta elettronica certificata o con consegna a mano, all’indirizzo:
Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti
Presidenza Nazionale
Via Borgognona, 38
00187 Roma
archivio@uiciechi.it o archivio@pec.uiciechi.eu,
entro 30 giorni dalla comunicazione dei risultati concorsuali, certificazione, originale o in copia autenticata, attestante:
– il titolo di studio e l’anno di conseguimento;
– il voto di laurea o di diploma;
– le votazioni riportate agli esami previsti nel piano degli studi, universitari o musicali, se vincitore di una delle borse riservate ai candidati in possesso dei titoli di studio elencati alle lettere a), b) e c) dell’art. 2;
– le votazioni riportate al primo quadrimestre dell’ultimo anno di scuola, se vincitore della borsa riservata ai candidati in possesso di diploma di istruzione secondaria superiore.
Il vincitore che non produca la certificazione richiesta, o le cui dichiarazioni risultino, in tutto o in parte, non veritiere, decade dal beneficio.
In tal caso, la Direzione Nazionale dell’Unione procede alla proclamazione di altro vincitore, secondo l’ordine della graduatoria di merito.
Gli esiti del concorso sono resi pubblici, mediante la stampa periodica e il sito web dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e la pagina 782 di Televideo Rai.

Art. 7. Responsabilità
La partecipazione al concorso implica l’accettazione senza riserve, da parte dei concorrenti, del presente bando.
Spetta esclusivamente alla Direzione Nazionale dell’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti il giudizio finale sui casi controversi e su quanto non espressamente previsto.

Art. 8. Trattamento dei dati personali
Tutte le informazioni raccolte nell’ambito del presente concorso saranno tutelate ai sensi del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016 relativo alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali.

Inclusione scolastica e Contratto di Governo, di Gianluca Rapisarda

Autore: Gianluca Rapisarda

Nella giornata di ieri, il Presidente Sergio Mattarella ha conferito al prof. avv. Giuseppe Conte l’incarico di formare il nuovo governo del nostro Paese.
Il premier incaricato si è messo subito all’opera ed ha avviato immediatamente le sue consultazioni per sciogliere la riserva in pochi giorni.
Come è noto, tuttavia, ancor prima della “chiamata” del Presidente della Repubblica, le due forze della futura maggioranza hanno diffuso già da venerdì scorso la versione finale del loro famoso “contratto”, ossia il programma di Governo dell’ormai imminente esecutivo targato M5S – Lega.
Infine, durante lo scorso week-end, i due predetti partiti hanno pure sottoposto tale “contratto di Governo al voto dei propri iscritti, i quali lo hanno approvato quasi all’unanimità (il 94% degli attivisti del MoVimento 5 Stelle ed il 91% dei militanti della Lega).
Entrando nello specifico dell’inclusione degli alunni con disabilità, nel capitolo “scuola” del già citato”contratto” M5S-Lega si può leggere:
Intervento sul fenomeno delle cd. “classi pollaio”, delle graduatorie e titoli per l’insegnamento.
• Particolare attenzione dovrà essere posta al problema del precariato nella scuola;
• fase transitoria per una revisione del sistema di reclutamento dei docenti;
• stesso insegnante per gli alunni con disabilità per l’intero ciclo;
• formazione continua per i docenti;
Altri interventi inseriti in altri capitoli
Ministero disabilità
• potenziamento dei docenti di sostegno e su una reale loro specializzazione al fine di garantire una vera inclusione scolastica ai ragazzi con necessità particolari.
Il personale docente e non docente che opera all’interno della scuola dovrà seguire percorsi specifici che – è questo il succo del discorso – dovranno essere individuati ai fini di favorire il miglior inserimento.
“È necessario un intervento culturale di contrasto ai pregiudizi sulle disabilità, assicurando che nel percorso didattico vi siano dei momenti di ascolto/incontro con la disabilità anche con il coinvolgimento delle associazioni dei disabili”.
Pur apprezzando e considerando abbastanza “condivisibili” tutti questi punti del “Contratto di Governo” M5S-Lega, chi scrive non può non evidenziarne alcune lacune, che rischiano di far rimanere i buoni propositi “gialloverdi” sull’inclusione delle semplici enunciazioni di principio scritte solo “sulla carta”.
infatti, ad esempio a proposito della questione del potenziamento dei docenti per il sostegno e di una loro “reale” specializzazione, non ci viene spiegato in che modo si vuole raggiungere concretamente tale traguardo che, a parere dello scrivente, è cruciale e “strategico” ai fini di una proficua inclusione degli alunni con disabilità.
Inoltre, il “contratto” pentastellato-leghista si dimentica colpevolmente che in merito a tale questione, solo un anno fa, l’Esecutivo uscente ha adottato i D. Lgs nn. 66/17 e 59/17, entrambi attuativi della “Buona Scuola”, rispettivamente sulla promozione dell’inclusione degli alunni con disabilità e sulle nuove modalità di formazione e arruolamento anche dei docenti specializzati.
Al riguardo, basterà rammentare che, dopo l’adozione dei Decreti attuativi della Buona Scuola il 13 aprile 2017, questa complessa e delicata materia è ora disciplinata dall’art 12 del D.Lgs n. 66/17 (conseguimento di 31 cfu sulla Didattica inclusiva durante la frequenza della laurea magistrale a ciclo unico in “Scienze della formazione primaria e superamento di un Corso annuale post-lauream in Pedagogia speciale per la formazione e l’arruolamento degli insegnanti per il sostegno della scuola dell’infanzia e primaria) e dall’art 10 del D.Lgs n. 59/17 (superamento di un concorso, frequenza del nuovo percorso triennale FIT e partecipazione ad un Corso annuale in Pedagogia speciale e Didattica inclusiva per la formazione ed il reclutamento dei docenti specializzati della secondaria di primo e secondo grado).
Non che chi scrive sia un accanito sostenitore della legge 107/15, cosiddetta “La Buona Scuola” la cui delega sull’inclusione, anche su queste pagine, ha spesso “denunciato”, sottolineandone con forza le criticità, ma le modalità attraverso cui il “nuovo” contratto di Governo ha in animo di superarle, anche e soprattutto in relazione al centrale aspetto della specializzazione ed inserimento dei docenti per il sostegno, al momento, sembrano francamente piuttosto incerte, vaghe e prive di una visione strategica.
In merito poi alla continuità “negata” agli allievi disabili, anche lo scrivente, concordando perfettamente con il “contratto di Governo” giallo-verde, ritiene che il MIUR si sia dimenticato inspiegabilmente della raccomandazione della medesima legge della Buona Scuola che indicava di “vincolare il docente di sostegno all’intero ciclo d’istruzione dell’alunno con disabilità”.
Ma anche stavolta, come sopra, la nuova maggioranza di governo nulla aggiunge su come intende perseguire tale “sacrosanto” diritto per garantire agli studenti disabili un reale ed effettivo processo di inclusione scolastica.
Insomma, a parere di chi scrive, nel Contratto di Governo M5S-Lega, specialmente sulle modalità di formazione dei docenti per il sostegno, sulla continuità didattica degli alunni con disabilità e sulla “dichiarata” lotta al precariato “storico”, rimane più di qualche ombra. Senza sottacere inoltre che tale famigerato “contratto” non prevede nulla per contrastare il fatto che più del 40% degli attuali docenti per il sostegno sono supplenti e hanno incarichi precari “in deroga”.
L’auspicio è che, a differenza di quanto accaduto nel quinquennio precedente, la futura compagine governativa, anche grazie e soprattutto al coinvolgimento delle principali Associazioni di e per persone con disabilità, possa adoperarsi concretamente per ovviare a tali gravi carenze del nostro attuale sistema di inclusione.
Infatti, non bastano solo belle promesse “elettorali” ma, d’ora in poi, tutti insieme, dovremo lottare per rivedere finalmente i criteri degli organici dei docenti specializzati, che dovrebbero poter transitare dal presente organico di fatto a quello di diritto delle scuole e per prevedere un serio e strutturale loro Piano di assunzione attraverso appositi Concorsi.