Formazione aspiranti imprenditori ciechi, di Gianluigi Ugo

Autore: Gianluigi Ugo

La cooperativa sociale SEMPER SALUS informa che la sessione del percorso formativo per ciechi ed ipovedenti interessati all’attività di impresa prevista per i giorni 18 e 19 ottobre prossimi presso il Centro “Le Torri” di Tirrenia non avrà luogo per assenza di iscrizioni sinora pervenute e rende per altro noto di non poterne ricevere per il periodo residuo inizialmente previsto a séguito di un riassetto anche in termini di domiciliazione bancaria.
La Cooperativa si augura tuttavia che il suddetto riassetto possa consentirle di riproporre il quanto in un prossimo futuro unitamente ad altre iniziative inerenti la formazione dei disabili visivi.

Gianluigi Ugo
(Vicepresidente)

Quando fallire si può ma non si deve, di Massimo Vita

Autore: Massimo Vita

Cari amici,
il comunicato fatto circolare da Mario e Nicola ha dell’incredibile se non fosse che rischia di essere la pietra tombale per tante speranze.
Non traspare, o forse traspare troppo, il vero motivo di questa rottura.
Mi sarei aspettato che detto comunicato fosse stato emesso dopo una riunione che avesse coinvolto tutti noi che eravamo a Bologna quando abbiamo ufficializzato la proposta di Mario come candidato.
Si rischia il suicidio e non possiamo permettercelo.
Non possiamo permetterci un suicidio ma con questo comunicato si rischia di mandare a carte quarantotto l’associazione. Temo, e lo dico sapendo a cosa vado in contro, che questo significa consegnare l’associazione a coloro che amano trattare sotto banco ai vari professionisti dei bigliettini congressuali.
Cosa diciamo a chi ha accolto, sia pure con difficoltà, la proposta che abbiamo fatto in consiglio nazionale? Se io fossi tra coloro che in consiglio nazionale si ritrovarono in minoranza, avrei richiesto un dibattito in consiglio nazionale perché allo stato dei fatti vi è una rottura in coloro che avevano sostenuto Mario.
Vi prego di ripensarci e se volete vi offro ospitalità per tentare di rilanciare un programma che guardi lontano anche sulla base di quanto Mario dice nella comunicazione ai quadri e sulla base di quanto Nicola afferma da tempo.
Amici lettori, facciamo sentire il nostro peso e non buttiamo al vento quanto sin qui costruito.

Massimo Vita

Cumuli di cariche e di poteri, di Massimo Vita

Autore: Massimo Vita

Spesso, tutti noi, critichiamo i politici perché si spartiscono cariche, incarichi e potere con un famoso manuale: il Cencelli. Qualche voce isolata si è alzata anche nel nostro ambiente ma poco si è fatto per evitare il problema.
Oggi abbiamo dirigenti nazionali che dimostrano di essere poliedrici e soprattutto con capacità sovrumane.
Sono persone con quadrupli incarichi e nemmeno tanto piccoli.
Penso che un consigliere nazionale non possa ricoprire anche l’incarico di presidente sezionale e poi essere anche consigliere Irifor piuttosto che nella Federazione o nella Biblioteca.
Un componente della Direzione dovrebbe avere un solo incarico per essere davvero un direttore efficiente.
Oggi non è così vi sono direttori che si occupano allo stesso tempo di lavoro, di diritti ma poi sono impegnati con incarichi di vario genere e non mi pare che tutti questi pluri incaricati o decorati abbiano dato risultati eccellenti, direi che spesso, non si trova traccia del loro reale operato.
Amici, dobbiamo snellire e aprire se vogliamo crescere.
Capisco che non ci sono tante persone che si mettono in gioco ma se apriamo le porte, forse qualche nuova risorsa umana entra.
A un anno del congresso, spero non ci intratterremo in questioni personalistiche ma, visto che un presidente appena eletto lo abbiamo, ci sforziamo di riflettere su cosa è meglio fare per il bene della categoria.

Massimo Vita

Una bussola per orientarsi- La legge 104 del 1992 e il quadro dei diritti dei disabili e dei loro familiari -terza parte-, di Paolo Colombo

Autore: Paolo Colombo

Rubrica per genitori.

In questo terzo appuntamento, l’avv. Colombo -responsabile del Centro di Documentazione Giuridica e componente della Direzione Nazionale dell’UICI- concentrerà la sua attenzione sul diritto, sancito dalla legge 104/1992 (Legge-quadro per l’assistenza , l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), dei genitori di bambini/ragazzi con disabilità di usufruire di un periodo di congedo straordinario biennale retribuito.
PERIODO DI CONGEDO STRAORDINARIO BIENNALE RETRIBUITO
L’articolo 4 comma 2 della legge 53/2000 prevede la possibilità ai genitori, alternativamente, per l’assistenza ad un figlio con grave handicap, certificato dalle strutture sanitarie pubbliche (8), la possibilità di usufruire anche di un periodo di congedo, continuativo o frazionato, non superiore ai due anni.
La Finanziaria 2004 (art. 3 comma 106) ha tolto il limite dei 5 anni dall’accertamento.
In base all’articolo 80 della Finanziaria 2001 questo congedo, prima senza diritto alla retribuzione e non computabile ai fini dell’anzianità di servizio e previdenziali, viene ora retribuito sulla base dell’ultima retribuzione percepita dal lavoratore ed è coperto, entro certi limiti, da contribuzione figurativa (sino ad un tetto, comprensivo di indennità e contributi figurativi, di 70milioni di lire indicizzato annualmente – vedi INPS circ. 85/2002 e 14/2007).
L’indennità per congedo straordinario ha natura sostitutiva della retribuzione che il lavoratore avrebbe percepito dall’attività lavorativa se non fosse stato impedito dalla necessità di assistere un portatore di handicap e, pertanto è compatibile con un eventuale assegno ordinario di invalidità (legge 222/1984 articolo 1e messaggio INPS n.8773 del 4 aprile 2007).
La sentenza n. 233 del 16.06.2005 della Corte costituzionale ha stabilito che anche i fratelli e le sorelle delle persone con gravi handicap possono accedere al congedo straordinario retribuito quando i genitori, sia pure viventi, non sono in grado di accudire il figlio handicappato perché essi stessi totalmente inabili. Pertanto il congedo straordinario retribuito va riconosciuto ai fratelli o sorelle conviventi con soggetto gravemente disabile in caso di totale e permanente inabilità di entrambi i genitori o di un solo genitore, se l’altro è deceduto, di figli in condizioni di handicap grave. Lo stato di totale inabilità di ambedue i genitori o del genitore superstite, se l’altro è deceduto, deve essere comprovato da documentazione quali riconoscimento di invalidità civile, di rendite INAIL, di pensioni di invalidità INPS o analoghe provvidenze comunque denominate, da cui sia rilevabile lo stato di invalidità totale e permanente.
Per la sentenza n. 158 del 18 aprile 2007 della Corte costituzionale (recepita dall’INPS con la circolare 112/2007) viene previsto che possa essere riconosciuto il congedo biennale retribuito anche per l’assistenza del coniuge disabile in situazione di gravità.
La sentenza n.19 del 26 gennaio 2009 della Corte costituzionale ha esteso la previsione del diritto al congedo straordinario anche ai figli che assistono genitori conviventi in situazione di disabilità grave e in assenza di altri soggetti legittimati a prendersene cura (per -convivenza- va fatto riferimento alla -residenza-, luogo abituale ai sensi dell’art. 43 del codice civile, non potendo ritenersi conciliabile con la predetta necessità la condizione di -domicilio- né la mera elezione di -domicilio speciale- previsto per determinati atti o affari dall’art. 47 del codice civile – vedi circolare n. 1/2012 della Funzione Pubblica punto 3, a-4).
Note:
(1) Si intende persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. Gli accertamenti relativi alla minorazione, alle difficoltà, alla necessità dell’intervento assistenziale permanente e alla capacità individuale residua sono effettuati da parte delle ASL mediante le commissioni mediche (ex lege numero 295 del 15 ottobre 1990, ex lege numero 423 del 27 ottobre 1993 e Circolare del Ministero del lavoro numero 43 del 1 aprile 1994) integrate da un operatore sociale e da un esperto nei casi da esaminare, in servizio presso le ASL.
(2) Il riconoscimento di una invalidità civile non è sufficiente per ottenere i permessi per l’assistenza al disabile, ma occorre il riconoscimento (da parte della Commissione medica o in situazione di urgenza e in via provvisoria dai medici di ospedali gestiti dalle AASSLL o dai medici delle strutture di ricovero pubbliche o private equiparate alla pubblica come modificato dall’articolo 20 comma 1 del D.L. 78/2009) della situazione di gravità della persona handicappata, la cui minorazione ne abbia ridotto l’autonomia personale in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente. Per comprovare il diritto alla fruizione del permesso retribuito per documentata grave infermità ai sensi dell’art. 4, comma 1, L. n. 53/2000 si considera idoneo il certificato redatto dallo specialista dal quale sia possibile riscontrare sia la descrizione degli elementi costituenti la diagnosi clinica che la qualificazione medico legale in termini di grave infermità (Ministero Lavoro, Salute e Politiche Sociali – Nota 25 novembre 2008, n. 16754).
Però poiché detta certificazione (dei medici degli ospedali gestiti direttamente dalle AASSLL e ai medici delle strutture di ricovero pubbliche o private equiparate alla pubblica) ha natura -provvisoria- e pertanto revocabile, qualora la Commissione medica non riconosca la sussistenza della situazione di handicap grave, l’INPS è legittimato a richiedere al dipendente la restituzione di quanto fruito a titolo di permesso, sin dal primo giorno dalla presentazione della domanda (Ministero Lavoro-Attività Ispettiva – Interpello n 32 del 9 agosto 2011).
(3) Per ricovero a tempo pieno si intende quello in cui il disabile trascorre tutta la giornata o gran parte di essa presso una struttura adibita all’accoglimento degli handicappati; i Centri socio riabilitativi diurni per disabili rientrano nell’accezione di Istituti specializzati.
(4) Il genitore impegnato ad assistere il figlio con handicap degente in ospedale seppur finalizzato a un intervento chirurgico non ha diritto fruire dei permessi dal lavoro ex lege 104/1992, in quanto il ricovero in ospedale viene considerato ricovero a tempo pieno (messaggio INPS 4 gennaio 2006 numero 228 ,messaggio INPS 4 gennaio 2006 numero 256 e circolare INPS 23 maggio 2007 numero 90).
Tuttavia, nei messaggi INPS si ricorda che i benefici previsti dalla legge 104/92 possono eccezionalmente essere concessi nei casi in cui:
il richiedente assista un handicappato di tenera età (prima infanzia ovvero età inferiore a tre anni);
il soggetto handicappato sia ricoverato per finalità diagnostico-terapeutiche (nel qual caso le finalità assistenziali legate all’età travalicano quelle legate all’handicap);
la presenza della madre o del padre sia richiesta dall’ospedale per necessità effettive;
ricovero finalizzato a intervento chirurgico oppure a scopo riabilitativo.
(5) L’assistenza può intendersi disgiunta quando la prestazione può essere assicurata solo con modalità e tempi diversi e contemporaneamente è esclusiva e continua per ciascun assistito (Ministero del lavoro nota del 28 agosto 2006 numero 3003). Vanno presentate tante domande quanti sono i soggetti per i quali si chiedono i permessi, allegando idonea certificazione relativa alla particolare natura dell’handicap, accompagnata da dichiarazione di responsabilità circa la sussistenza delle circostante che giustificano la necessità di assistenza disgiunta. In particolare, da quest’ultima dichiarazione deve risultare 1) che in relazione all’handicap non è in grado di fornire assistenza fruendo dei 3 giorni di permesso in godimento per un altro disabile; 2) che nessun’altra personale può prestare assistenza all’altro soggetto handicappato (norma superata con la circolare INPS numero 90/2007); 3) che nessuna altro fruisce a sua volta di permessi per l’assistenza all’altro soggette; 4) che i soggetti per i quali si richiede il permesso non svolgono attività lavorativa e quindi non hanno diritto a usufruire a loro volta di permesso in qualità di lavoratori portatori di handicap.
(6) Trattandosi di singole giornate di riposo, la contribuzione figurativa è attribuita in quota integrativa e non incide, là ove previsto dalla normativa (INPS), sul numero dei contributi settimanali spettanti all’interessato. Praticamente, la settimana sarebbe già coperta dalla contribuzione obbligatoria, per cui la contribuzione figurativa inciderebbe solo relativamente all’integrazione della retribuzione “persa” (Circolare INPS 11 aprile 2001 numero 87).
(7) La fruizione delle due ore di permesso giornaliero (articolo 33 comma 2 della legge 104/92) o dei tre giorni di permesso mensile (articolo 33 comma 3 della legge 104/92) è alternativa (non è possibile fruire nello stesso mese dei permessi orari e di quelli giornalieri); per prevalente giurisprudenza, il titolare del diritto può scegliere tra permessi orari e giornalieri una volta al mese.
(8) In base alla circolare INPS numero 32 del 3 marzo 2006 ai medici degli ospedali gestiti direttamente dalle AASSLL e ai medici  delle strutture di ricovero pubbliche o private equiparate alla pubblica è riconoscibile la potestà provvisoria (quindi revocabile dalla Commissione medica ex lege 15 ottobre 1990 numero 295 – ex lege numero 423 del 27 ottobre 1993 – Circolare Ministero del Lavoro numero 43 del 1 aprile 1994) per le agevolazioni previste dalla legge 104/1992 a favore dei genitori, parenti o affini di persone handicappate gravi e dei lavoratori portatori di handicap grave. Per comprovare il diritto alla fruizione del permesso retribuito per documentata grave infermità ai sensi dell’art. 4, comma 1, L. n. 53/2000 si considera idoneo il certificato redatto dallo specialista dal quale sia possibile riscontrare sia la descrizione degli elementi costituenti la diagnosi clinica che la qualificazione medico legale in termini di grave infermità (Ministero Lavoro, Salute e Politiche Sociali – Nota 25 novembre 2008, n. 16754).
Però poiché detta certificazione (dei medici degli ospedali gestiti direttamente dalle AASSLL e ai medici delle strutture di ricovero pubbliche o private equiparate alla pubblica) ha natura -provvisoria- e pertanto revocabile, qualora la Commissione medica non riconosca la sussistenza della situazione di handicap grave, l’INPS è legittimato a richiedere al dipendente la restituzione di quanto fruito a titolo di permesso, sin dal primo giorno dalla presentazione della domanda (Ministero Lavoro-Attività Ispettiva – Interpello n 32 del 9 agosto 2011).

Nella lettera circolare del 6 febbraio 2006 il Ministero del lavoro e nel messaggio del 6 marzo 2006 numero 7014 l’INPS, dopo il parere del Consiglio di Stato numero 3389 del 6 dicembre 2005, hanno precisato nuovamente che, mentre per l’assistenza ai disabili si maturano ferie e tredicesima mensilità, i genitori di minori con handicap che optano per il prolungamento del congedo parentale fino al terzo anno di vita del bambino nei periodi di assenza non maturano invece né ferie né tredicesima.
Infatti già in precedenza il Ministero del lavoro si era pronunciato col parere 5 maggio 2004 prot. 15/0001920.
I genitori di un bambino, portatore di handicap in situazione di gravità, non hanno diritto di usufruire entrambi del permesso di 3 giorni retribuiti in base all’art. 33, comma terzo della legge 104/92, ma solo cumulativamente. L’articolo 20 della legge 53/2000 prevede che il genitore lavoratore ne possa beneficiare anche qualora l’altro genitore non sia lavoratore dipendente.
In relazione alla previsione dell’art. 33 comma primo della legge 104/92 per i genitori di un bambino con handicap della possibilità di prolungare il periodo di astensione facoltativa dal lavoro di cui alla legge 1204/71 fino a tre anni di vita del bambino, si deve intendere che gli stessi possono godere di questa possibilità se pubblici dipendenti con la retribuzione al 100 per cento per il primo mese, con la retribuzione al 30 per cento per i successivi cinque mesi e per i restanti senza retribuzione, fino ad un massimo di 10 o 11 mesi, secondo quanto previsto dall’articolo 7 della legge 1204/71 così come sostituito dall’art.3 della legge 53/2000. La legge 53/2000 ha comunque portato la possibilità per tutti i genitori di usufruire dell’astensione facoltativa fino al compimento dell’ottavo anno di vita del bambino.
Per i figli minorenni non è più richiesta la convivenza (legge 53/00 art. 19). Inoltre in base alle nuove normative è ora possibile per il genitore lavoratore fruire del prolungamento dell’astensione facoltativa o dei riposi orari fino ai tre anni del bambino, nonché dei giorni di permesso dopo i 3 anni e sino ai 18, anche qualora l’altro genitore non abbia diritto a tali benefici ( perché, per esempio, è casalingo/a, non svolge attività lavorativa, è lavoratore autonomo, ecc.). Invece, nell’ipotesi in cui entrambi i genitori siano lavoratori dipendenti, i permessi continuano a spettare a entrambi, ma in maniera alternativa. Ciò significa che possono spettare indifferentemente alla madre o al padre, ma non con fruizione contemporanea.
I genitori con figlio convivente infratredicenne o con handicap hanno la priorità nelle richieste di trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
Legge 247/07 di riforma del Welfare comma 44 punto d) 3
Nel Collegato al lavoro (art. 24 legge 4 novembre 2010 numero183 in supplemento ordinario n. 243 della Gazzetta Ufficiale n. 262) sono state introdotte nuove regole per l’assistenza ai disabili (vedi anche INPS Circolare n. 45 dell’ 1 marzo 2011) poi in parte modificate dal D.Lgs.119/2011 :
1. il diritto ai tre giorni mensili di permesso dal lavoro spetta al lavoratore dipendente sia pubblico che privato, parente o affine, entro il secondo grado (in precedenza sino al terzo) del disabile che necessità di assistenza
2. il permesso  non può più essere riconosciuto a più di un dipendente (l’INPS col messaggio n.1740/2011  da direttive per la scelta del famigliare) per l’assistenza alla stessa persona (referente unico), salvo che si tratti di un figlio con handicap in situazione di gravità nel qual caso spetta a entrambi i genitori (anche adottivi) alternativamente
3. il diritto ai tre giorni mensili di permesso dal lavoro spetta al dipendente, parente o affine entro il secondo grado (in precedenza terzo grado) qualora si tratti di genitori o del coniuge del disabile che abbiano compiuto il 65esimo anno di età o siano affetti da patologia invalidante o siano deceduti o mancanti
4. ai fini dei permessi non è più necessaria la condizione di convivenza
5. la scelta della sede del lavoro da parte del lavoratore che assiste un disabile è vincolata al domicilio della persona da assistere e non più a quello del lavoratore.
In particolare, la legge 183/2010 riscrivendo l’art. 33 comma secondo della legge 104/1990 aveva eliminato il riferimento ai tre anni di età ed esteso a parenti e affini entro il secondo grado la possibilità di utilizzare i tre giorni mensili di permesso retribuito per assistere minori, quando non lo possono fare i rispettivi genitori.
Per non creare disparità di trattamento tra i genitori che sono tenuti costituzionalmente a svolgere un ruolo primario nell’allevamento dei figli e il resto dei parenti e affini  l’INPS (circolare 155/2010 punto 2.2) ritiene che anche ai genitori vada riconosciuta la possibilità di utilizzare, in alternativa agli altri benefici, il permesso retribuito dei tre giorni mensili.
Avv. Paolo Colombo
Responsabile Centro di Documentazione Giuridica “G. Fucà”
cdg@uiciechi.it

Una bussola per orientarsi- Genitori a confronto. Dallo scambio di esperienze personali ad un vademecum per tutti, di Roberta Caldin e Valeria Friso

Autore: di Roberta Caldin e Valeria Friso

Rubrica per genitori

In questo numero vi presentiamo il resoconto di un lavoro condotto a Bologna dalla prof.ssa Caldin-Professore Ordinario di Pedagogia Speciale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna-con un gruppo di genitori di bambini/ragazzi con disabilità visiva, dal quale è scaturito un vademecum utile per tutti coloro che vivono l’esperienza di essere madri o padri di un bambino o ragazzo cieco o ipovedente.
Si intitolerà “Da genitori a genitori. Esperienze, timori, sfide e prospettive nel deficit visivo” il prodotto finale di mesi di dialoghi, scambi di esperienze, riflessioni sul passato, presente e futuro di genitori con bambini o ragazzi ciechi o ipovedenti di Bologna. Per un anno, condotti dalla prof.ssa Roberta Caldin, i genitori si sono incontrati e hanno potuto condividere le proprie esperienze con tutto ciò che il termine esperienza porta con sé. E con tutto ciò che la situazione “genitori con bambini/ragazzi con disabilità visiva” porta con sé. Il percorso ha avuto diversi significati: intrinseci ed estrinseci; intimi e pubblici; peculiari e comuni; ma è stato soprattutto un percorso di condivisione.
Questo cammino non è nato con obiettivi peculiari ai gruppi di auto-aiuto, cioè con l’obiettivo di fare da presidio ad un disagio o per trovare soluzione a dei problemi, o ancora per trasformare coloro che domandano aiuto a persone in grado di offrirlo, ma è nato semplicemente come spazio di riflessione intorno a temi che potevano essere comuni tra i presenti. Si è svolto in ambienti conosciuti e familiari a tutti – presso l’Istituto dei ciechi Francesco Cavazza – ma anche in luoghi che potremmo definire “neutri”. Infatti, i partecipanti hanno goduto della possibilità di essere insieme a Cesenatico: un luogo fuori dalla propria quotidianità, stimolante e accogliente.
La riflessione ha seguito, molto semplicemente e – allo stesso tempo – approfonditamente, le tappe evolutive di crescita dei figli e si è soffermato in quei momenti che hanno segnato di più la memoria dei presenti: la nascita, le relazioni familiari, quelle sociali, il primo ingresso a scuola fino alle attività extrascolastiche e all’autonomia dei figli stessi.
Mano a mano che gli incontri si susseguivano, il coinvolgimento personale di ciascuno è aumentato, anche grazie al clima di rispetto e conoscenza reciproca che si andava creando. Il gruppo è divenuto sempre più compatto, coeso, luogo di nuove sensibilità e palestra per nuovi stili di comportamento. Insieme ci sono stati momenti di supporto emotivo, di comprensione e condivisione, ma anche di scambio di concrete informazioni utili. La connessione emotiva, il senso di appartenenza e il senso di comunità hanno creato una percezione di identità plurale. Il “noi” ha iniziato ad essere il pronome più utilizzato! Certo, si è partiti da un gruppo di genitori che già si conoscevano, ma la stima, l’essere in grado di riconoscere ed esplicitare le proprie storie, ha fatto sì che la propria storia e quella della propria famiglia diventasse una storia in comune. Ed ecco nascere l’idea di mettere per iscritto parte di questo percorso, per poterlo condividere con la comunità, con l’esterno.
Al termine, infatti, di questo percorso – se mai si può affermare che questo percorso possa avere un “termine” – il gruppo di genitori si è sentito chiamato, come in modo naturale, ad allargare la propria esperienza ad altri ideali genitori come loro. Il gruppo ha avvertito l’esigenza di sintonizzarsi su una dimensione più vasta: la comunità.
L’idea ha portato a ulteriori momenti di confronto per delineare la struttura del lavoro. Il percorso di vita è stato il filo conduttore per scrivere di emozioni e di cammini esplicitati durante gli incontri, cercando di tessere le emozioni intorno a temi chiave, conservando ciò che si riteneva strada facendo fosse utile a genitori con bambini e ragazzi con disabilità visiva. Ciò che ne è emerso è stato un libretto che ciascuno dei presenti avrebbe voluto avere in mano all’inizio della propria storia con il proprio figlio.
I temi principali trattati sono stati: il momento della nascita con gli interrogativi che accompagnano questo periodo e, soprattutto, quello della scoperta della disabilità visiva del proprio figlio. Da interrogativi che sorgono spontanei di fronte ad un neonato: a chi assomiglia? Fino a interrogativi più vicini alla situazione: com’è accaduto? Perché proprio mio figlio? Chi ci aiuterà?
Il lavoro prosegue ripercorrendo la crescita e le libertà da “autorizzare” e da sviluppare nel momento dell’esplorazione del mondo, attraverso la scelta dei giochi, delle attività sportive e culturali, l’aiuto nel relazionarsi col mondo esterno. E questo mondo esterno è composto da elementi materiali e animali, ma anche da persone, a partire dai fratelli. E la relazione non è mai univoca: va bene aiutare il figlio con disabilità visiva, ma i fratelli e le sorelle? Nella quotidianità ci sono differenze se i fratelli sono più grandi o più piccoli del figlio con disabilità visiva?
Ma “relazione” con le persone significa non solo guardare ai familiari e ai conoscenti stretti, ma alla società tutta. E il primo ingresso in società è spesso dettato dall’ingresso nel nido o nella scuola dell’infanzia. Che cos’hanno questi ambienti in più rispetto alla famiglia? La scuola stessa se e come va preparata? Quante preoccupazioni… e insieme quante porte aperte all’incognito e alla scoperta! Va da sé che dopo la scuola dell’infanzia venga da affrontare la scuola primaria con i primi interrogativi sul Braille e il bastone bianco.
Le domande chiave che accompagnano il breve testo possono essere riassunte in queste due: In generale: qual è la maniera giusta per ottenere il rispetto dei diritti di nostro figlio? Possiamo delegare?
Avendo sempre inteso questo libretto come una sorta di mediatore, di strumento che permettesse un dialogo con genitori di cui non si conoscono i volti e le storie, ma attraverso il quale si vuole condividere la fatica e i timori, le conquiste e le gioie, questo lavoro ha avuto uno sbocco naturale: l’aggiunta di una sezione di testimonianze. Sono state individuate delle figure chiave della vita dei figli e a loro è stata chiesta qualche considerazione riferita alle sensazioni ed emozioni provate alla nascita del bambino, ai pensieri e riflessioni presenti e alle prospettive relative al futuro.
Ed ecco, quindi, gli interventi che seguono nel libretto e che costituiscono una sorta di insieme di testimonianze corredate da alcune fotografie che alleggeriscono il testo e ne danno un’identità maggiormente definita: un ragazzo cieco, una mamma, due papà, un educatore, un professore di sostegno, due fratelli, una sorella, una nonna, una zia, un allenatore e un istruttore. Tutte figure chiave che fanno parte di una rete sociale costruita negli anni intorno a ragazzi e alle loro famiglie.
La presente esperienza, corroborata dalla qualità delle relazioni che sono nate e cresciute o anche semplicemente riprese e irrobustite, sta lasciando un segno. Utilizziamo il gerundio “sta lasciando” proprio perché, nonostante vada verso la sua conclusione, il lavoro svolto ha aperto nuovi interrogativi, nuove strade e ha dato vita a una voglia di condivisione a cui spesso è difficile trovare risposta. E sono proprio questi slanci che permettono di intravedere nuove prospettive, incentivate dagli stessi protagonisti della situazione analizzata: i genitori e i figli.

Prof.ssa Roberta Caldin
Professore Ordinario di Pedagogia Speciale presso la Facoltà di Scienze della Formazione dell’Università di Bologna.
Dott.ssa Valeria Friso
Postdoctoral Researcher presso Università Alma Mater Studiorum Bologna

Contributi dei lettori: Città metropolitane, una risposta da dare, di Massimo Vita

Autore: Massimo Vita

Come molti di voi sapranno, il prossimo anno entrano in funzione le città metropolitane e questa nuova organizzazione amministrativa certamente porterà delle novità nella strutturazione territoriale. In un primo momento ci sarà certamente confusione ma comunque vada, nulla sarà come adesso.
Penso che noi dovremmo prepararci per evitare che alla incertezza organizzativa del nuovo ente pubblico, si aggiunga la nostra inadeguatezza almeno strutturale.
Credo che sarebbe utile costruire le sezioni metropolitane per attrezzarci in modo adeguato.
Qualcuno potrebbe obiettare che per costruire le sezioni metropolitane, ci serve una modifica statutaria.
A me pare che questo non sia necessario se la faccenda viene concordata.
Le sezioni che si devono accorpare dovrebbero deliberare in tal senso e il consiglio regionale deliberare la soppressione delle sezioni interessate e la realizzazione di una nuova sezione, che noi dovremo chiamare provinciale, per rispetto allo statuto vigente.
Dopo questa procedura, il consiglio nazionale si dovrebbe esprimere e la cosa sarebbe completata.
Spero che dalla prossima riunione dei quadri dirigenti si possa compiere un passo verso questa direzione se davvero si vuole che l’associazione sia al passo con i tempi e in qualche modo, una volta tanto, li anticipi.
In questo modo daremmo anche una risposta alla esigenza di semplificazione della nostra struttura organizzativa e avendo un territorio più vasto, si possono anche più facilmente reperire dirigenti che si impegnino nella conduzione associativa.
Auspico che questa mia riflessione possa provocare un dibattito su questo tema molto importante.

Massimo Vita

Ipovisione e fotografia un binomio possibile.

Ipovisione e fotografia un binomio possibile.

 

In questo articolo vorrei raccontare la mia esperienza e trarre qualche conclusione.

 

Qualche anno fa su segnalazione di una mia amica decisi di seguire un corso di fotografia, sul momento mi chiesi: ma cosa me ne faccio? Poi dissi, beh visto che la patologia mi permetteva di utilizzare completamente il residuo visivo, accettai con entusiasmo.

 

I risultati furono eccezionali, non solo imparai le tecniche base della fotografia (allora analogica), si utilizzavano ancora le diapositive chiamate in gergo (le dia), ma anche l’equipaggiamento era molto semplice, la macchina fotografica era assolutamente manuale, si trattava di una reflex, cioè una macchina in cui era possibile sostituire gli obbiettivi secondo le esigenze di ripresa che si presentavano. Il corso si completava con due uscite per testare quanto si era imparato in classe, una per quanto riguarda la fotografia di viaggio e di ambiente e l’altra in studio, con delle modelle per verificare le tecniche di scatto con flash e ritrattistica.

 

Ora sto usando una macchina simile ma digitale, però in futuro aggiornerò quanto imparato qualche anno fa applicando le tecniche alla fotografia digitale con un corso apposito, in quanto oggi si lavora di più sul post ripresa, quindi con i software di fotoritocco. Però anche per questi è necessario conoscerne l’utilizzo dal punto di vista fotografico più che intrinsecamente informatico.

 

Cosa mi rimane di quel corso?

 

Beh la soddisfazione di avere imparato qualche cosa di nuovo, aver imparato a capire cosa c’è dietro uno scatto, e soprattutto di saper applicare quelle regole per poter scattare delle buone foto.

 

Però credo che, vi sia qualche cosa di più di profondo, ritengo che questo corso mi ha permesso di vedere le cose in maniera diversa e sotto un altro aspetto. Ora quando giro per le città e nella mia stessa città riesco a scovare di posti e luoghi che diversamente non noterei, in più credo che per un ipovedente sia importante imparare a vedere, e quindi sfruttare a pieno ed in un modo diverso il residuo visivo.

 

Ho voluto raccontare la mia esperienza nella speranza sia utile agli altri ipovedenti e sfatare un vecchio tabu, secondo il quale ipovisione e fotografia siano incompatibili, Secondo me a certe condizioni non lo sono affatto anzi aiutano ad imparare a vedere le cose che ci circondano in maniera diversa.

 

Massimiliano Martines

 

Gli ipovedenti e l’organizzazione UICI

Gli ipovedenti e l’organizzazione UICI: riflessioni.

 

Le vacanze hanno un duplice scopo, quello primario di riposare e ricaricare le batterie, il secondo è quello di riflettere su alcuni argomenti e o attività che seguiamo durante l’anno. Questo articolo è il frutto del secondo scopo.

 

In tutti questi anni di collaborazione con l’Unione, prima a livello locale e poi a livello nazionale, mi sono sempre chiesto per quale ragione gli ipovedenti hanno così scarsa incisività nella vita associativa, e qui non mi riferisco solo ed unicamente alle cariche istituzionali, che in questo momento sarebbe il caso (come da più parti si fa notare) di ottimizzare e o ridurre, ma a livello di gestione dei bisogni degli stessi ipovedenti. Spesso e volentieri si fatica ad affrontare i problemi di questi individui che risultano essere davvero complicati in quanto non si conoscono a sufficienza.

 

Non vi alcun dubbio che parte della causa di questo risultato è dovuto alla scarsa partecipazione degli individui stessi, che non percepiscono questa organizzazione adeguata ai loro bisogni.

 

Il punto su cui vorrei focalizzare l’attenzione ora non sono le cause di cui ho accennato, in quanto probabilmente si rischia di scrivere cose già risapute e quindi di scarso interesse. Qui vorrei porre l’attenzione sull’organizzazione operativa. Attualmente la struttura nazionale è costituita dalle varie commissioni / comitati di lavoro, i quali si occupano delle varie tematiche. All’interno di questi organi spesso non vi è un ipovedente o una ipovedente a parte alcune accezioni: es Commissione OSI e magari alcuni altri casi. Quindi l’idea potrebbe essere quella di inserire un ipovedente (se disponibile) in ogni Commissione o eventuale organismo operativo, in modo tale che quel determinato argomento possa essere seguito in prima persona sotto ogni aspetto. Qui anticipo la domanda legittima, che ne facciamo della Commissione Ipovisione? Se dal punto di vista organizzativo si dovesse ritenere necessario fare una sintesi di tutte le tematiche, quindi si potrebbe pensare alla creazione di un organismo operativo ad hoc in cui fare confluire i componenti ipovedenti dei veri gruppi di lavoro, i quali si dovranno occupare di dare le priorità ed organicità nell’affrontare i vari problemi. Ovviamente quanto ho espresso è un’idea che sicuramente dovrebbe essere elaborata in relazione alla futura organizzazione che questa associazione si vuole dare al suo interno.

 

Spero che questo piccolo contributo sia foriero di dibattito costruttivo.

 

Massimiliano Martines

 

Una bussola per orientarsi- La legge 104 del 1992 e il quadro dei diritti dei disabili e dei loro familiari -seconda parte-, di Paolo Colombo

Autore: Paolo Colombo

Rubrica per genitori

Eccoci al secondo appuntamento con l’avv. Paolo Colombo-responsabile del Centro di Documentazione Giuridica e componente della Direzione Nazionale dell’UICI-che ci aiuterà a conoscere e comprendere quanto è previsto dalla legge 104/1992 (Legge-quadro per l’assistenza , l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate) in tema di permessi lavorativi spettanti ai genitori di minori con disabilità.

Dopo il compimento del terzo anno e sino al compimento del diciottesimo anno di vita del bambino la madre lavoratrice o, in alternativa, il padre (che deve produrre al datore di lavoro entro 10 giorni una dichiarazione da cui risulta la rinuncia parziale o totale della madre a tale diritto), anche in caso di adozione, hanno diritto per l’assistenza di figlio disabile (ovvero anche parenti o affini entro il secondo grado, -in precedenza per norma introdotta dalla legge 183/210 entro il terzo grado- qualora i genitori siano anch’essi affetti da patologia invalidanti o siano deceduti o mancanti. D.lgs. 119/ l’art. 33 della legge 104/92 el’art. 33 del d.lgs. 151/2001), in situazione di gravità accertata dai competenti organi (2) e non ricoverati (nel ricovero sono compresi i ricoveri ospedalieri o in strutture adibite all’accoglimento degli handicappati seppur come centro riabilitativo diurno – vedi messaggi INPS 228 e 256 del 4 gennaio 2006), a tre giorni di permesso al mese (4), anche frazionati a mezza giornata o a ore sino al massimo delle 18 ore mensili (messaggio INPS 15995/2007), cumulativamente (l’alternatività non influenza il numero complessivo massimo dei giorni e di ore di permesso fruibili al mese). In successivo messaggio (INPS n.16866/2007) viene precisato che, fermo restando il diritto a tre giorni al mese di assenza 2011 che modifica indipendentemente dall’orario giornaliero o settimanale, il limite delle 18 ore opera per coloro che hanno un debito orario di 36 ore alla settimana in 6 giorni lavorativi. Pertanto in caso di differente distribuzione oraria del debito orario settimanale ovvero di orario normale di lavoro settimanale eccedente o inferiore alle 36 ore, la quantificazione del massimale orario mensile di permessi orari fruibili mensilmente verrà così determinato: orario normale di lavoro settimanale diviso il numero dei giorni lavorativi settimanali moltiplicato 3.
I tempi di utilizzo dei tre giorni di permesso mensile, anche frazionati a mezza giornata o a ore, che spettano di diritto in base alla legge 104/92, non rientrano nella discrezionalità del datore di lavoro, ma vengono scelti dall’avente diritto secondo le proprie necessità. L’indicazione dei giorni durante i quali si intende fruire dei permessi deve, di norma, essere comunicata in tempo utile per consentire di provvedere alla sostituzione e all’organizzazione del lavoro, a meno che il permesso non venga richiesto per improvvise ne sopravvenute necessità connesse alla disabilità. In tal caso la comunicazione va fatta prima dell’inizio del servizio.
Infatti, se da un lato la scelta dei giorni di fruizione dei permessi mensili deve contemperare la necessità di buon andamento dell’attività imprenditoriale e il diritto all’assistenza del disabile, dall’altro canto va tenuto presente che le esigenze di tutela del disabile prevalgono sempre sulle necessità dell’impresa in caso di improcrastinabili richieste di assistenza
Ministero del Lavoro – Interpello n. 31 del 6 luglio 2010
Se il ricovero viene interrotto per garantire delle visite specialistiche o delle terapie da effettuarsi all’esterno della casa di riposo ovvero presso strutture adeguate all’assistenza sanitaria o riabilitativa, tale ipotesi non può essere ricondotta alla previsione di cui all’art 33 e precisamente – non ricoverato in istituti specializzati a tempo pieno -. Infatti nella circostanza, in cui il disabile debba recarsi al di fuori della struttura che lo ospita per effettuare delle visite e/o delle terapie si interrompe il requisito del tempo pieno del ricovero e si determina il necessario affidamento del disabile all’assistenza del familiare il quale, ricorrendone gli altri presupposti di legge, avrà diritto alla fruizione dei permessi (interpello Ministero del Lavoro 20 febbraio 2009 numero 13 e messaggio INPS 28 maggio 2010 numero 14480), ovviamente con la documentazione rilasciata dalla struttura che attesti le visite e/o le terapie effettuate.
Ricordiamo che la circolare INPS numero 155 al punto 3 prevede in ottemperanza a quanto previsto all’articolo 24 delle legge 183/2010 altre eccezioni:
ricovero a tempo pieno di un disabile in situazione di gravità in stato vegetativo persistente e/o con prognosi infausta a breve termine;
ricovero a tempo pieno di un minore con disabilità in situazione di gravità per il quale risulti documentato dai sanitari della struttura ospedaliera il bisogno di assistenza da parte di un genitore o di un famigliare, ipotesi peraltro già prevista per i bambini fino a 3 anni di età (circolare INPS numero 90 del 23 maggio 2007 al punto 7).
Con l’interpretazione dell’art. 33, comma 3 della legge 104/1992 e dell’art. 20 legge 53/2000, nell’ipotesi in cui un solo lavoratore presti assistenza a più individui portatori di handicap, il limite dei tre giorni mensili di congedo parentale previsti dalla legge 104/92 riguarda ciascun singolo individuo portatore di handicap, e pertanto il lavoratore che assiste più disabili può cumulare i giorni di permesso riconosciuti per ogni singolo portatore di handicap in situazione di gravità e non ricoverato a tempo pieno con prestazioni disgiunte (si intende per prestazione -disgiunta- quando la prestazione di due o più soggetti portatori di handicap può essere assicurata solo con modalità e in tempi diversi). In particolare, in precedenza, prima della circolare INPS numero 90/2007, i permessi disgiunti erano possibili solo se le cure erano contemporaneamente esclusivee continue per ciascun soggetto (5).
L’articolo 24 commi 2 e 3 della legge 183/2010 avrebbe attenuato l’importanza dei requisiti di -esclusività- e di -continuità- quali presupposti essenziali ai fini della concessione dei benefici per l’assistenza al disabile in situazione di gravità. Infatti per l’abrogazione parziale dell’articolo 20 comma 1 della legge 53/2000 i requisiti della continuità e della esclusività verrebbero meno.
Ne conseguirebbe che i permessi ex lege 104/1992 spetterebbero anche a chi, come nel caso di residenza in una località diversa, non si possa dimostrare la continuità della assistenza in quanto residente in comune diverso da quello dell’assistito.
Tuttavia secondo la circolare Brunetta (Dipartimento Funzione Pubblica circolare 13 del 6 dicembre 2010) sarebbe meglio tipizzato il concetto di esclusività dell’assistenza con la regola che i permessi possono essere accordati, salvo la previsione espressa di alcune eccezioni, ad un unico lavoratore (referente unico).
In casi di speciale gravità dell’handicap, qualora il dirigente del Centro medico legale ravvisi la effettiva necessità del bambino a cure che non possono essere garantite durante le sole ore dell’allattamento, è possibile cumulare i permessi orari ex lege 104/92 e i riposi orari per allattamento come da DLgs 151/01 per lo stesso figlio portatore di handicap (messaggio INPS n. 11784).
Secondo la Direzione Generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del Lavoro (Interpello numero 41 del 15 maggio 2009) i permessi lavorativi ex art. 33 della Legge n. 104/1992 non spetterebbero ai tutori o amministratori di sostegno di persone con handicap in situazione di gravità.
I permessi sono coperti in base all’ articolo 19 lettera a) della legge 53/2000 da contribuzione figurativa (6).
In caso di contratto a part-time verticale, il numero dei giorni di permesso spettanti va proporzionalmente ridotto.
I permessi sono retribuiti e danno diritto alla maturazione dell’anzianità di servizio, ma non facevano maturare né le ferie e né la tredicesima (Informativa INPDAP numero 30/03). Con decorrenza 29 agosto 2003, data di entrata in vigore del decreto legislativo 216/2003 che introduce condizioni di maggior favore in base all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo numero 151/01 i permessi dal lavoro, mensili e orari, per l’assistenza a famigliari disabili non dovrebbero più decurtare né le ferie, né la tredicesima mensilità (Ministero del lavoro parere protocollo n. 15/0001920/04 poi sospeso e sottoposto al vaglio dell’Ufficio legislativo per l’impatto che ne potrebbe derivare).
La circolare numero 208 dell’8 marzo 2005 del Dipartimento della funzione pubblica-Ufficio per il personale della pubblica amministrazione, supportata dal parere favorevole dell’Avvocatura generale dello Stato (parere numero 142615 del 2 novembre 2004) precisa che la tredicesima mensilità dei dipendenti pubblici non subisce decurtazioni o riduzioni per il fatto di aver usufruito dei permessi previsti dalla legge per assistere i portatori di handicap all’ articolo 33 commi 2 e 3 della legge 104/92 (7). La lettera circolare del Ministero del lavoro 2 febbraio 2006, facendo riferimento al parere n. 3389/2005 emesso dalla sezione seconda del Consiglio di Stato ribadisce che non soggette a decurtazione le ferie e la tredicesima mensilità quando i riposi e i permessi previsti dall’art. 42 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 non sono cumulati con il congedo parentale.
Sono utili ai fini del trattamento di quiescenza, non sono invece valutabili né ai fini del trattamento di fine servizio (indennità premio di servizio ed indennità di buonuscita) né del TFR (Circolare n. 11 del 12 marzo 2001 della Direzione Centrale Prestazioni Previdenziali).

Casi particolari:
LAVORO NOTTURNO
Per l’art.17 della legge 5 febbraio 1999 numero 25 il lavoro notturno non deve essere obbligatoriamente prestato dalla lavoratrice o dal lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile.
TRASFORMAZIONE DEL CONTRATTO DI LAVORO
La legge di riforma del Welfare al comma 44 punto d) 3 prevede che il lavoratore o la lavoratrice convivente di età non superiore ai 13 anni o con figlio convivente con handicap come da articolo 3 della legge 104/1992 abbia la priorità nella richiesta di trasformazione del contratto di lavoro da tempo pieno a tempo parziale.
SCELTA DELLA SEDE DI LAVORO
Il genitore che assiste con continuità un figlio disabile ha diritto (art. 33 della legge 5 febbraio 1992 n. 104) a scegliere -ove possibile- la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito ad altra sede senza il suo consenso.
Inoltre da tenere presente che qualora un lavoratore pubblico con una situazione familiare già esistente che dà diritto ai permessi “ex lege” n. 104/1992, accetti un posto di lavoro fuori dalla propria sede e, di conseguenza, venga lì trasferito, non può poi rivendicare, in via prioritaria, il trasferimento nella vecchia sede per assistere il familiare handicappato (Cassazione sentenza numero 23526 del 2 novembre 2006).
Va inoltre tenuto presente (Tar Lazio sentenza 8639/2005) che la norma che prevede il diritto del parente di un disabile alla scelta della sede di lavoro, non contempla il diritto al trasferimento in corso di rapporto di lavoro ai fini dell’avvicinamento al famigliare bisognoso di assistenza. Il criterio ispiratore della decisione di accordare o meno il beneficio del trasferimento è quello di tutelare le situazioni di assistenza già esistenti, mentre esigenze successivamente insorte a causa della sopravvenienza di uno stato di disabilità non possono trovare soddisfazione in virtù dell’applicazione della previsione legislativa all’art. 33, comma 5, della legge n. 104/92. In particolare, la concessione del beneficio di cui all’art. 33, comma 5, della legge n. 104/92 non può in alcun caso prescindere dal riscontro di una già esistente situazione di assistenza continuativa ovvero dall’attualità dell’assistenza, sicché non può essere concesso ai dipendenti che, non assistendo con continuità un familiare, aspirino al trasferimento proprio al fine di poter instaurare detto rapporto di assistenza continuativa.
Il diritto del genitore o del familiare lavoratore che assiste con continuità un handicappato, di scegliere la sede lavorativa più vicino al proprio domicilio e di non essere trasferito ad altra sede senza il suo consenso, non si configura come un diritto assoluto o illimitato perché detto diritto non può essere fatto valere allorquando, alla stregua della regola di un equo bilanciamento tra i diritti, tutti con rilevanza costituzionale, il suo esercizio finisca per ledere in maniera consistente le esigenze economiche, produttive o organizzative del datore di lavoro e per tradursi, soprattutto nei casi in cui si sia in presenza di rapporti di lavoro pubblico, con l’interesse della collettività.
Cassazione Civile Sez.Unite numero 7845 del 27 marzo 2008
E’illegittimo il trasferimento del lavoratore che assiste un familiare portatore di handicap anche non grave, qualora l’azienda non abbia prodotto alcun motivo che, in un bilanciamento degli interessi, possa giustificare la perdita di cure da parte del soggetto debole.
In particolare, il diritto del lavoratore a non essere trasferito ad altra sede lavorativa senza il suo consenso (articolo 33 comma 5 della legge 104/92) non può subire limitazioni anche allorquando la disabilità del familiare non si configuri come grave risultando la sua inamovibilità – nei termini in cui si configuri come espressione del diritto all’assistenza del familiare comunque disabile – giustificata dalla cura e dall’assistenza da parte del lavoratore al familiare con lui convivente, sempre che non risultino provate da parte del datore di lavoro – a fronte della natura e del grado di infermità (psico-fisica) del familiare – specifiche esigenza datoriali che, in un equilibrato bilanciamento tra interessi, risultino effettive, urgenti e comunque insuscettibili di essere diversamente soddisfatte.
Corte di Cassazione sez. Lavoro – Sentenza numero 9201 del 7 giugno 2012
L’articolo 24 della legge 183/2010 prevede ora che il lavoratore ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina non più al domicilio del lavoratore che presta assistenza, ma al domicilio della persona da assistere.

Avv. Paolo Colombo
Responsabile Centro di Documentazione Giuridica “G. Fucà”
cdg@uiciechi.it

Contributi dei lettori: società globale visione particolare – replica di Mario Barbuto

Autore: Mario Barbuto

Caro Massimo,
non sei stato chiaro, sei stato chiarissimo!
E le tue parole sono manna per le mie orecchie….
Sì, dobbiamo compiere uno scatto di progresso e di evoluzione già dal prossimo congresso, già da prima, possibilmente…
Basta con le schermaglie personali e personalizzate!
Basta con la struttura ministero, pachidermica e inefficace.
Basta con gli organi dirigenti pletorici e paralizzanti.
Basta con il cumulo di cariche e di incarichi.

Mario Barbuto