CNLP – “Il sussurro del mondo”, di Richard Powers

Si comunica che è disponibile all’interno del catalogo online il seguente audio libro: “Il sussurro del mondo”, di Richard Powers – Numero Catalogo: 91480

Patricia Westerford – “Patty-la-Pianta” – comincia a parlare all’età di tre anni. Quando finalmente le parole iniziano a fluire, assomigliano piuttosto a un farfugliare incomprensibile. L’unico che sembra capire il mondo di Patricia, sin da piccola innamorata di qualsiasi cosa avesse dei ramoscelli, è suo padre – “la sua aria e la sua acqua” – che la porta con sé nei viaggi attraverso i boschi e le foreste d’America, a scoprire la misteriosa e stupefacente varietà di alberi. Cresciuta, dottorata ribelle in botanica, Patty-la-Pianta fa una scoperta sensazionale che potrebbe rappresentare l’alfa e l’omega della natura, il disvelamento del mistero del mondo: il compimento di una vita spesa ad ascoltare e guardare gli alberi, sin dalla nascita. Ma in realtà questo è solo l’inizio. Intorno a Patty-la-Pianta si intrecciano i destini di nove indimenticabili personaggi che a poco a poco convergono in California dove una sequoia gigante rischia di essere abbattuta da uomini sordi e ciechi. Il sussurro del mondo è un’opera immensa, un appassionato atto di resistenza e impegno, un inno d’amore alla letteratura, al potere delle storie, alla grandiosità della natura.

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60 anni di cecità trascorsi nei 100 dell’Unione, di Carlo Carletti

Autore: Carlo Carletti

Forse l’età e i condizionamenti del Corona-virus, hanno favorito il vagare dei miei pensieri nelle vicende della mia esistenza, riportandomi anche ai ricordi dei momenti più infelici, coincidenti con l’acquisita cecità, che il tempo, mi aveva portato a credere ormai sepolti e dimenticati nel profondo dell’animo. Una fortuita pallonata sul viso durante una partita di calcio, giocata nel mese di novembre del 1960, mi aveva provocato il distacco della retina con la complicanza di emorragie in entrambi gli occhi. Trascorsi circa otto mesi nel reparto oculistico dell’ospedale Sant’Orsola di Bologna, fra speranze e delusioni sull’esito delle terapie e dei necessari interventi chirurgici, sono tornato nella mia città di Pesaro, al compimento dei miei 18 anni, con la sola percezione della luce e un profondo stato depressivo. La cecità, che già conoscevo, in quanto mio fratello di 6 anni più grande era cieco dalla nascita, per un glaucoma infantile, ha evidenziato in me, inattesi problemi. la normalità, che caratterizzava la sua convivenza con la cecità, mi induceva a credere di non possedere la stessa capacita di affrontare la mia nuova condizione. Provavo enorme disagio nel percepire, che la mia angoscia per la perdita della vista, non fosse pienamente compresa da parte di mio fratello e dagli amici ciechi, che conoscevo e frequentavo. Considerando la mia nuova condizione, ormai identica alla loro, mi spronavano a seguire il loro esempio per costruirmi un futuro, che io, invece non ero nemmeno in grado di percepire possibile. La convinzione, che la mia sofferenza non fosse compresa nemmeno da coloro che vivevano la cecità, mi aveva indotto ad interrompere anche la loro frequentazione e a rifugiarmi in uno stato di totale solitudine. La nostra comune condizione di cecità, che pur aveva effetti pratici identici, era vissuta molto diversamente sotto l’aspetto psicologico e di prospettiva. Mentre mio fratello, cieco dalla nascita, viveva con la curiosità di conoscere l’ambiente che lo circondava e il senso di ogni aspetto del vedere, io vivevo con angoscia la perdita di quel senso conosciuto. Mentre lui viveva valorizzando la sua attività lavorativa, il suo impegno politico e le relazioni umane e sociali, io vivevo in assoluta solitudine l’assenza di ogni prospettiva per il futuro pensando alla perdita dell’attività sportiva, del lavoro e degli amici. Mentre lui pensava e operava per costruirsi una famiglia, e a migliorare la propria esistenza, io meditavo come poter porre fine alla mia. Le mie frequentazioni sociali si erano pressoché azzerate, in quanto gli amici si trovavano al cospetto di una persona profondamente diversa da quella conosciuta, depressa, incapace di partecipare attivamente alla vita comune. Ogni progetto e ogni azione o divertimento nei quali cercavano di rendermi partecipe, mi apparivano inadeguati alla mia nuova condizione. La totale mancanza di autostima, mi induceva a considerare forma pietistica ogni attenzione che mi veniva riservata. Le persone che frequentavano la famiglia, mi riservavano espressioni compassionevoli, mettendo a confronto l’attuale triste e penosa condizione, con quella precedente, di promettente calciatore e di disegnatore di moda per calzature. Era divenuta una consuetudine dovermi rifugiare nella mia camera, in occasione di visite di parenti o amici di famiglia, per evitare ogni possibile loro commento. Solo mia madre, ormai esperta in problemi di cecità e senza più lacrime da versare, sapeva arginare i commenti, che potevano, anche involontariamente ferire. Sapeva rassicurare tutti affermando, che se il destino e il buon Dio, hanno voluto quanto accaduto, significava che un futuro sarebbe esistito anche per me, come avvenuto per mio fratello, occupato come centralinista e in procinto di formarsi una propria famiglia. Il trascorrere del tempo, ha contribuito ad attenuare il dolore più acuto e l’esempio rappresentato dal vivere di mio fratello e degli amici ciechi, che avevo ripreso a frequentare, ha gradualmente ricreato anche in me la speranza di un possibile percorso per una nuova esistenza. Quando sono riemerso dal profondo abisso della depressione e il pensiero positivo ha ricominciato ad illuminare la mente, ho iniziato ad accettare e ravvivare qualche sopita amicizia, con la consapevolezza di aver rifiutato ogni gesto di vera solidarietà ed anche di profondo amore, che ingiustamente avevo valutato essere soltanto attenzioni pietistiche . Avevo già acquisito la consapevolezza che avrei dovuto convivere con la cecità affrontando le problematiche connesse, quando un giorno, le ombre che vedevo, cominciarono a divenire forme, che si arricchivano anche di sbiaditi tenui colori. Incerto fra sogno e realtà, ricordo di essere restato per alcuni giorni a fissare un preciso punto della finestra, cercando di individuare ulteriori segni di speranza. Gradualmente ho recuperato, anche se da un solo occhio, un piccolissimo residuo visivo, che mi ha consentito di riprovare quella meraviglia del vedere, che credevo definitivamente perduta. Nel momento della contentezza, confermato dal Prof. Caramazza dell’oftalmico S. Orsola di Bologna, che mi ha diagnosticato un modesto parziale riassorbimento dell’emorragia retinica, ho assunto con me stesso, l’impegno che quel residuo visivo, anche se piccolo, sarebbe stato un patrimonio a disposizione di tutte le persone cieche e non solo mio. Con emozione ho gradualmente ripreso ad accompagnare mio fratello e gli altri amici ciechi, fra i quali, anche il Presidente dell’Unione di Pesaro, che mi ha rilasciato la prima tessera associativa. Nel ricordo di mio fratello prematuramente scomparso, per molti anni, mi sono portato dentro molti sensi di colpa, per aver compreso le sue difficolta connesse alla cecità, soltanto quando io stesso, mi sono trovato a doverle vivere. Soltanto approfondendo l’argomento, con l’aiuto dell’amico, prof. Mario Mazzeo, studioso delle problematiche dei ciechi, ho compreso con sollievo, che da vedente, non potevo disporre degli elementi necessari per compenetrarmi nella sua condizione. Ho altrettanto compreso, che mio fratello, non avendo mai visto, non possedeva elementi sufficienti per valutare le vere ragioni del tanto dolore che io provavo per aver perduto la vista. La triste condizione, i ricordi, le esperienze e le riflessioni riguardanti la mia persona, sono sicuramente particolari per alcuni aspetti e sul piano psicologico, ma nella pratica simili a quelle di molte persone cieche, che hanno costituito e costituiscono anima e corpo della nostra Associazione. Infatti, l’Unione, capace di comprendere le difficolta e le esigenze di ciascuno, mi ha accolto, sostenuto e guidato per farmi conseguire obiettivi nuovi e possibili, compreso il posto di lavoro, rendendo la mia nuova esistenza dignitosa e positiva, tanto da poterla vivere con serenità. All’Unione e alle persone, che con immenso spirito di solidarietà, l’hanno fondata e guidata, riservo tutta la riconoscenza e la gratitudine per questa mia nuova vita, che è stata attratta dai valori umani e sociali dell’Associazione, fino a confondersi positivamente nelle sue vicende e nella sua storia. Dal 1962, ho partecipato e vissuto ogni istante della vita Associativa, ricoprendo nel tempo, incarichi ad ogni livello, fino alla Direzione Nazionale. Trasferendomi a Roma, Ho potuto conoscere apprezzare e collaborare con tutti i Presidenti e i dirigenti Nazionali, che si sono succeduti nel tempo. La loro frequentazione mi ha consentito di conoscere, apprezzare e condividere i valori umani e sociali, che hanno ispirato e sostenuto il loro solidale impegno per rappresentare con passione, forza e tanta dignità i diritti delle persone cieche. La fortuna, mi ha davvero assistito, consentendomi di conoscere, di crescere e operare, guidato da persone di altissimo valore umano, che hanno illuminato il percorso dell’Unione e il progresso sociale dei ciechi. Come in altri contesti sociali, anche nella vita associativa dell’Unione, si sono sempre svolti approfonditi confronti sulle possibili soluzioni dei problemi da prospettare alle autorità di governo, sempre finalizzate al conseguimento di migliori condizioni di vita delle persone cieche, escluse dal contesto sociale e lavorativo. Consapevole del ruolo e dei diritti, mi sono trovato ad esprimere, nel contesto associativo, opinioni anche diverse da coloro che la rappresentavano,, non tanto sugli obiettivi, ma soprattutto sulle priorità, sui tempi e sulle modalità delle azioni da intraprendere per conseguirli . Ho partecipato attivamente, fin dal 1964,quando Presidente Nazionale era Paolo Bentivoglio, alla organizzazione e al coordinamento delle manifestazioni dei ciechi nelle piazze di Roma, anche non autorizzate dalle pubbliche autorità, per sensibilizzare l’opinione pubblica, i rappresentanti dei vari Governi e dei partiti politici, estremizzando le rivendicazioni, per favorire e consentire il più alto livello di mediazione al Presidente e alla Dirigenza Nazionale dell’Unione. Scomparso il Presidente Bentivoglio nel dicembre 1965, verso il quale mi sentivo di dover solo assecondare le sue disposizioni, le rivendicazioni e le manifestazioni continuarono con il Presidente Giuseppe Fucà che l’ho ha sostituito alla guida dell’Unione. La scelta di manifestare nelle piazze, non era condivisa da tutti i dirigenti, alcuni la ritenevano disdicevole e perfino umiliante per i ciechi stessi, tanto da richiedere l’espulsione dei dirigenti del Lazio, quali promotori e organizzatori . Nel corso di una riunione del Consiglio Nazionale, nella quale venivo contestato per le esuberanti manifestazioni, il Presidente Fucà, pose fine alle incomprensioni, informando che i dirigenti nazionali dell’Unione per conseguire i positivi risultati, concernenti l’indennità di accompagno, l’aumento della pensione e la soppressione dell’Opera Nazionale ciechi civili, si sono avvalsi anche delle, non ufficialmente condivise, ma in privato sostenute, manifestazioni di piazza organizzate dai dirigenti locali, che hanno riscosso anche la solidarietà di altre componenti sociali. Nel 1978, dopo una serie di travagliate vicende connesse al ritorno dell’Unione, ad essere nuovamente una Associazione privata, il Congresso nel riconfermare alla Presidenza Giuseppe Fucà, ha anche consentito di eleggere alla Vice presidenza, l’avv. Roberto Kervin, cieco vittima civile di guerra, al quale va riconosciuto il merito di aver intuito e proposto la necessità di dover equiparare la indennità di accompagno dei ciechi civili a quella percepita dai ciechi per causa di guerra, in quanto anche se diversa era la causa della cecità, identico ne era il conseguente bisogno. Tale equiparazione fu approvata dal parlamento nel dicembre 1979, ma per renderla fruibile ai ciechi civili per la carenza dei finanziamenti, furono necessarie numerose manifestazioni di protesta, che culminarono con quella organizzata il 22 ottobre 1982, con circa mille ciechi a Roma, davanti a palazzo Chigi, sede del Governo, durante la quale, insieme al Presidente dell’Unione di Latina e Frosinone, fui tratto in arresto e condotto nel carcere di Regina Coeli, fino all’arrivo del magistrato, che ci ha liberati nella tarda serata. Anche questa manifestazione, che ad alcuni di noi organizzatori, ha comportato problemi sul piano personale, ha contribuito a far assicurare i necessari finanziamenti per l’effettiva equiparazione dell’indennità di accompagnamento. Nella vita associativa non sono mancati dissapori e contrasti sulle cose da fare e su ruoli da attribuire, che in alcune circostanze, hanno inciso profondamente e negativamente anche sui rapporti personali. Ho partecipato attivamente alla vita associativa, nel proporre, nel fare, ma anche nel subire, come ho subito, un provvedimento di espulsione dall’associazione, ritenuto ingiusto dalla totalità dei soci della mia Sezione e anche dal Tribunale di Roma. Il tempo e la vicinanza delle tante persone che con me avevano condiviso azioni e obiettivi hanno mitigato le amare delusioni. Il saldo convincimento, che il primario ruolo dell’Unione, non potesse essere oscurato e mitigato, nemmeno dai comportamenti errati dei suoi dirigenti, ha accompagnato me e molti altri ciechi, anche nella migrazione in altre associazioni. Dopo 16 anni, fortemente sollecitato dai comuni amici, Franco Valerio e Giovanni D’Alessandro, è avvenuto il positivo incontro con il Presidente Nazionale Tommaso Daniele, che ha sancito la nostra riconciliazione, ponendo fine ad ogni possibile recriminazione e il mio ritorno, insieme a molti amici ciechi, alla vita associativa nell’Unione. Un momento veramente importante ed emozionante sul piano umano, quello della riconciliazione fra persone che si erano fortemente contrapposte e che con umiltà hanno convenuto di dover rivolgere ogni loro pensiero al futuro dell’ Associazione. Il ruolo dell’Unione, è stato di fondamentale importanza Per il progresso umano sociale e culturale dei ciechi italiani. Ha consentito loro di conseguire nel tempo, molti obiettivi nei vari settori: pensione, indennità di accompagnamento, lavoro istruzione ecc. L’impegno attuale è volto a conservare quanto acquisito, ha programmare il raggiungimento di nuovi obiettivi e nuovi diritti, rispondenti alle mutate esigenze e condizioni delle persone cieche e ipovedenti. La cecità, attualmente, colpisce in prevalenza le persone adulte, le quali possono usufruire del sostegno economico, pensione e indennità di accompagno, ma ancora non dispongono del necessario sostegno psicologico e pratico, per fronteggiare la loro nuova condizione. Penso con profondo dispiacere che ognuna di queste persone, ancora oggi, è costretta a vivere la stessa difficile e infelice condizione che ho vissuto io in tempi lontani. Nel corso del mio impegno associativo, l’attività di “Consulenza alla pari”, ha assorbito molto del mio tempo. Ricorrendo a questa positiva esperienza umana, e nel corso dell’attuale impegno, rilevo situazioni di persone che riescono in pochi mesi e con pochi incontri a ritrovare in loro stessi le necessarie risorse per ricostruire una nuova esistenza, ma rilevo anche la situazione di persone più fragili, sconvolte dal tragico evento nel quale sono incorse, che vivono la nuova condizione nello sconforto e nella profonda depressione. Alcune, soltanto dopo vari incontri percepiscono che il Consulente alla pari è persona amica, che comprende e condivide il loro stato emotivo, al quale possono aprirsi per confidare anche i loro pensieri più nascosti. Può anche accadere che alcuni confessino anche di aver pensato al suicidio, nei momenti di maggior disperazione, trovando sollievo nel sapere che tale pensiero affiora nella mente anche di altre persone che vivono la loro stessa condizione. Qualche volta è accaduto che anch’io avessi confessato di averlo pensato, senza però, riuscire ad essere sincero fino in fondo, in quanto, ho sempre tentato di sfuggire al triste ricordo di quel giorno, che giunto sul ponte della Via Adriatica, che sovrasta la ferrovia, ho trovato la persona, a me più cara, che avendo intuito l’intenzione del folle gesto, mi ha ricondotto a casa. Una triste vicenda sepolta dal complice e più assoluto riserbo, un segreto, che non so, con quanto dolore, mia madre, si è portata fino alla fine dei suoi giorni. Ripercorrendo come in un film la mia esistenza, credo che la colonna sonora possa essere attribuita di diritto al brano: “Meraviglioso”, che sembra far riferimento alla mia personale vicenda. Modugno ha lanciato quel brano nel lontano 1968, proprio in coincidenza con il mio matrimonio con Giovanna, che ci ha regalato due figli, 5 nipoti e due piccoli pronipoti, ai quali è affidata la nostra proiezione nel futuro. Penso di dover riservare tutto il mio tempo e il mio bene ai più piccoli della famiglia, per compensarli del minor tempo che mi resta da riservare loro. . Genera in me forti emozioni l’ascolto di quel brano, che mi ripropone il ricordo di un momento disperato, ma anche il ricordo di una persona speciale, che con quella sua puntuale presenza ha reso possibile il mio sereno cammino verso un mondo, che si è rilevato davvero meraviglioso . Il desiderio di ricondurre al pensiero positivo persone che vivono la sofferenza della cecità, è stato un impegno che ha accompagnato la mia esistenza. Operando a contatto con queste persone, ho potuto costatare che lo strumento della Consulenza alla pari è molto efficace. Il Consulente alla pari risulta efficace soprattutto nel promuovere il primo contatto di relazione e informazione, con la persona che ha acquisito il deficit visivo al quale, quando necessario, può far seguito, quello con lo Psicologo con specifiche competenze sulla disabilita visiva. La consulenza e l’informazione può essere estesa anche al contesto famigliare, quando manifesta difficolta nell’ affrontare le problematiche connesse alla nuova situazione. Il Consulente alla pari non offre soluzioni, ma induce la persona consultata a ritrovare in se stessa le risorse per ridefinire la propria esistenza. Credo che la Consulenza alla pari per la sua sperimentata validità, se estesa presso le strutture associative, potrebbe divenire anche una riconosciuta professione per giovani e meno giovani ciechi e ipovedenti., I Consulenti alla pari risultano essere anche Dirigenti dell’Unione più motivati, più competenti e consapevoli di dover corrispondere a nuove problematiche associative. Nonostante il mio doloroso ritorno alla cecità totale e la mia avanzata età, mi sento profondamente e doverosamente impegnato affinché l’Unione di oggi e di domani possa programmare anche attività e interventi diretti alle problematiche delle persone, che perdono la vista in età adulta, che rappresentano circa l’80% dei ciechi totali e parziali. All’Unione, che rappresenta e tutela tutte le persone con disabilita visiva, compete il difficile compito di adeguare le proprie strutture e formare i dirigenti alle nuove e più complesse problematiche tenendo conto che coloro che perdono la vista, molto spesso, si auto- condannano a quell’isolamento, che solo i consulenti alla pari hanno le maggiori probabilità di rimuovere. L’Unione dovrà promuovere e organizzare le modalità per informarle circa le loro possibilità e i loro diritti. Diffondere e donare loro almeno la prima tessera associativa, accompagnata da una semplice informativa sulle finalità dell’Unione, quale simbolo di accoglienza e appartenenza alla nostra comunità, potrebbe rappresentare uno dei momenti più significativi del ruolo della nostra Associazione. L’Unione, fin dalla sua fondazione, ha, sempre operato con generosità per raggiungere e offrire solidarietà a coloro che non la conoscevano e che non possedevano alcun punto di riferimento. Su coloro che fortunati come me, sostenuti dall’Unione hanno conseguito autonomia, soddisfacenti condizioni economiche, sociali e culturali, ricade la responsabilità di offrire il loro impegno per riorganizzarla, adeguandola alla nuova e più complessa realtà sociale.

All’Unione, che ha portato con se i miei 60 annidi cecità, in occasione del suo “centenario”, venendo meno anche al riserbo delle cose più private e mai confessate, affido, nel giorno del mio 77° compleanno, le emozioni e, i ricordi personali di una vita, costituita da grandi speranze deluse, da immensi dolori, da grandi speranze rinate, da sicurezze conseguite, da serenità ed anche da momenti di vera felicita. Per questa vita intensa, sorprendente, appagante e bella per essere vissuta con dignità, un immenso e vero grazie lo riservo alle tante persone cieche che con alto senso di umana solidarietà, illuminato e coinvolgente impegno sociale hanno, nel tempo, assicurato e assicurano l’esistenza della nostra Associazione.

CNLP – “L’imperio”, di Federico De Roberto

Si comunica che è disponibile all’interno del catalogo online il seguente audio libro: “L’imperio”, di Federico De Roberto – Numero Catalogo: 90805

Due uomini a confronto nella Roma post-risorgimentale: il principe Consalvo Uzeda di Francalanza, già protagonista dei Viceré, e Federico Ranaldi. Consalvo è un uomo di grandi ambizioni politiche, che crede di possedere per nascita il diritto di divenire qualcuno. E pur di raggiungere lo scopo non esita a cambiare casacca: conservatore coi conservatori, moderato coi moderati. Per assecondare i socialisti, che teme, arriva persino ad accarezzare l’idea del socialismo per poi finire col combatterlo pubblicamente. Federico al contrario è un puro di cuore, che solo sentendosi tradito da una società opportunista e vuota, diviene cinico e si disinnamora della vita.

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CNLP – “Omero è stato qui”, di Nadia Terranova

Si comunica che è disponibile all’interno del catalogo online il seguente audio libro: “Omero è stato qui”, di Nadia Terranova – Numero Catalogo: 91591

È il lembo d’acqua che separa Messina e Reggio Calabria a unire le otto storie di questa raccolta. Scilla e Cariddi e la loro avversa fortuna, Dina e Clarenza che con coraggio hanno difeso Messina dall’attacco dei nemici, Ulisse ammaliato dalle Sirene, Cola Pesce in carne, ossa e squame: sono solo alcuni dei personaggi che da un passato lontano arrivano fino a noi, echi di racconti forse già sentiti, da custodire e raccontare ancora e ancora, perché non vengano dimenticati. L’omaggio di Nadia Terranova alla sua città, Messina, e al suo mare.

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CNLP – “Il gatto che arrivò il giorno di Natale”, di Melody Carlson

Si comunica che è disponibile all’interno del catalogo online il seguente audio libro: “Il gatto che arrivò il giorno di Natale”, di Melody Carlson – Numero Catalogo: 91678

Dopo aver trascorso molti anni all’estero, Garrison Brown torna a Vancouver pronto a cominciare una nuova vita, ma la morte della sua adorata nonna, appena qualche settimana prima di Natale, mette sottosopra tutti i suoi piani. Garrison, infatti, si ritrova improvvisamente nella condizione di doversi occupare di tutto, compresa l’incombenza di cercare una nuova casa ai sei gatti appartenuti a sua nonna. Una vera seccatura, dal suo punto di vista, ma il testamento parla chiaro: la nonna ha lasciato nelle sue ultime volontà istruzioni dettagliatissime per ognuno dei suoi adorati mici in modo che ognuno finisca tra le braccia del proprietario perfetto, il quale, in cambio dell’adozione, riceverà un generoso compenso in denaro. Il compito di Garrison è trovare le combinazioni giuste, senza far, però, riferimento al premio. E chissà che, con l’avvicinarsi della Vigilia di Natale, i sei miagolanti orfanelli da piazzare non riescano a trovare qualcuno perfetto anche per lui.

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CNLP – “Arrigoni e il caso di piazzale Loreto”, di Dario Crapanzano

Si comunica che è disponibile all’interno del catalogo online il seguente audio libro: “Arrigoni e il caso di piazzale Loreto”, di Dario Crapanzano – Numero Catalogo: 91391

Milano, 1952. In una gelida mattina di dicembre, nei pressi di via Porpora, il corpo di una giovane e bella donna bionda viene ritrovato senza vita all’interno della sua Topolino amaranto. L’autopsia rivela che è stata uccisa da una letale iniezione di cianuro. Non ci vuole molto ad accertare l’identità della donna assassinata, Gilda Dell’Acqua, proprietaria di un bar tabacchi in piazzale Loreto. L’inchiesta viene affidata a Mario Arrigoni, commissario capo del Porta Venezia, e coinvolge il pittoresco mondo dei frequentatori del locale, dalla gemella della vittima a uno zio sfuggente e lascivo, passando per un enigmatico marchese, il gestore di una bisca clandestina e una splendida amica di Gilda dai costumi disinvolti…Gli investigatori si muovono in un contesto intricato dove fanno capolino eccitanti festini, relazioni ambigue, la droga e il gioco d’azzardo. Ma l’indagine non procede di un passo: non emergono moventi attendibili né tantomeno prove, e le piste si dissolvono come neve al sole. Tanto che Arrigoni sembra ormai sul punto di alzare bandiera bianca e chiudere l’indagine con un nulla di fatto, quando, in modo del tutto inaspettato, i giochi si riaprono…Torna, in una versione riveduta e corretta dall’autore, la quarta avventura di Arrigoni e dei suoi agenti del Porta Venezia, i personaggi che hanno saputo far innamorare di sé i lettori e hanno reso Crapanzano uno dei punti di riferimento del noir italiano.

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CNLP – “La scordanza”, di Dora Albanese

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A Caterina tutto questo sta stretto: è troppo bella e giovane per restare in un posto senza futuro. Ma come fa ad abbandonare la famiglia quando il suo corpo le ricorda che a casa c’è un bambino da allattare? È così che incontra Nadir, un uomo brutale, selvaggio, che non le offre nulla se non l’occasione di fuggire. E di scoprire, fuggendo, cosa resta di una persona quando sceglie di recidere tutti i legami della sua vita.

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CNLP – “Il tunnel”, di Abraham B. Yehoshua

Si comunica che è disponibile all’interno del catalogo online il seguente audio libro: “Il tunnel”, di Abraham B. Yehoshua – Numero Catalogo: 90949

Come può un uomo come Zvi Luria, che è sempre stato affidabile e solido, un punto di riferimento per famiglia e amici, un ingegnere che costruiva strade e tunnel, scendere a patti con il proprio inevitabile declino mentale? Come possono farlo sua moglie e i suoi figli? Come ci si comporta di fronte alla razionalità che lentamente svanisce? E come si affronta la paura? Yehoshua costruisce intorno a queste domande una toccante meditazione sull’identità e sull’amore, sui gesti che è necessario compiere prima di congedarsi. Una vicenda intima e privata che s’intreccia a doppio filo con quella collettiva e politica del popolo palestinese e di quello israeliano, vicinissimi eppure così distanti dal trovare un modo per esistere insieme. Zvi Luria ha poco più di settant’anni quando un neurologo gli diagnostica un principio di demenza senile. All’inizio la malattia lo porterà soltanto a commettere piccole distrazioni, sbagliare un nome, confondere un altro bambino per suo nipote, oppure visitare il letto di uno sconosciuto in ospedale convinto di essere al capezzale di un vecchio amico in coma. Poi però tutto diventerà più duro e passo dopo passo la sua lucidità finirà con l’essere completamente compromessa. Zvi però è sempre stato un uomo preciso e pragmatico, prima di andare in pensione aveva lavorato come capo ingegnere ai lavori pubblici, e non riesce ad accettare di essere destinato in breve tempo a fare una fine del genere. Sua moglie Dina, una pediatra di fama legata a lui da un amore ancora tenero, lo sa benissimo, e lo convince ad aiutare Assael Maimoni, che ha preso il suo posto ai lavori pubblici. Maimoni sta però lavorando al progetto di un tunnel segreto, che trascina Zvi nel cuore del conflitto israelo-palestinese. In mezzo a questo caos mentale e geopolitico Zvi a un certo punto rischia di perdere anche Dina, la sua unica ancora di salvezza… Come può un uomo che è sempre stato affidabile e solido, un punto di riferimento per famiglia e amici, un ingegnere, scendere a patti con il proprio inevitabile declino mentale? Come possono farlo sua moglie e i suoi figli? Come ci si comporta di fronte alla razionalità che lentamente svanisce? E come si affronta la paura? Yehoshua costruisce intorno a queste domande una toccante meditazione sull’identità e sull’amore, sui gesti che è necessario compiere prima di congedarsi. Una vicenda intima e privata che s’intreccia a doppio filo con quella collettiva e politica del popolo palestinese e di quello israeliano, vicinissimi eppure cosí distanti dal trovare un modo per esistere insieme.

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Servizio Civile – Circolare del 31 luglio 2020 del Capo Dipartimento con riferimento alla proroga al 15 ottobre 2020

Sul sito del Dipartimento per le Politiche Giovanili e il Servizio Civile Universale è stata pubblicata, il 31 luglio 2020, la Circolare recante indicazioni agli enti circa l’impiego degli operatori volontari nell’ambito dell’emergenza epidemiologica da COVID-19, adottata alla luce del provvedimento del Consiglio dei ministri del 29 luglio 2020 con il quale è stato prorogato lo stato di emergenza fino al 15 ottobre 2020.

La circolare del dipartimento mira a raggiungere nel minor tempo possibile il ripristino delle modalità originarie di attuazione dei progetti, comunque entro e non oltre il 15 ottobre 2020,.

Inoltre, la circolare individua procedure e modalità per la gestione dei progetti anche con riferimento alle attività di formazione, di monitoraggio e valutazione.

Più in particolare viene previsto che:

1.     le Sedi che hanno provveduto alla riattivazione ordinaria o rimodulata dei progetti in modalità mista o da remoto proseguono nello svolgimento di tali progetti favorendo però il ripristino in tempi brevi  delle condizioni originarie, comunque, entro il termine del 15 ottobre con riferimento sia alle tipologie di attività sia alla modalità di attuazione, nel rispetto della sostenibilità organizzativa e della sicurezza degli operatori volontari (ved. punti 1 e 3 della circolare).

Per quanto riguarda la nostra Unione e gli Enti di accoglienza, tale disposizione riguarda le Sedi indicate nell’allegato elenco che dovranno provvedere a comunicare tempestivamente a questa Presidenza Nazionale le variazioni intervenute sullo stato dei progetti.

2.     Attività di formazione generale e specifica (punto 4 della circolare):

In continuità con quanto previsto dalla circolare del 4 aprile 2020 sono prorogati, per la fase transitoria che cesserà il prossimo 15 ottobre, i termini relativi all’erogazione delle attività di formazione rispetto alle tempistiche progettuali originarie e agli adempimenti connessi alle attività formative secondo le modalità riportate a punto 4. della circolare in esame.

Per i progetti dell’Unione tale disposizione trova applicazione solo per i progetti c. d. ordinari avviati il 24 giugno u.s. (per i progetti ex art. 40 le attività formative in discorso sono state concluse lo scorso mese di luglio).

3.     Tutte le altre disposizioni dettate dalla medesima “Circolare”, a cui si fa rinvio, concernono, tra l’altro,

a)     L’attività di monitoraggio e valutazione (punto 5);

b)     I progetti con misure aggiuntive (punto 7);

c)     Il coinvolgimento degli operatori volontari (punto 8);

d)     Lo Status degli operatori volontari (punto 10).

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Allegato doc

Duemila più venti, uguale cento, di Sergio Prelato

Autore: Sergio Prelato

Percorro senza fretta i portici nel cuore del centro della mia città, in questa limpida mattina d’agosto. L’aria è tiepida, piacevole dopo la calura africana dei giorni scorsi.

Spazzolo con il bastone bianco la pietra dura del selciato di corso Vittorio Emanuele secondo, facendo un po’ Di rumore, il giusto, quel tanto da far spostare chi a la sventura di incrociare un retinopatico con un campo visivo ingannevole e capriccioso.

Passo davanti alla sezione territoriale della nostra associazione e procedo verso il mio obiettivo.

Attivo il secondo semaforo sonoro per attraversare via san secondo, mi dispiace come sempre notare la mancanza di percorso tattile a terra, ma purtroppo sotto i portici è difficile intervenire. Ascolto con soddisfazione il suono intermittente del semaforo ottenuto con tanta fatica, proprio sotto la sede dell’Unione.

Mentre mi dirigo verso via sacchi, noto con disappunto il groviglio di tavolini sotto il porticato, che si sono estesi come dei biscioni per molti metri, dheors concessi per la crisi post covid, limitando l’utilizzo della guida naturale. Con qualche difficoltà guadagno via sacchi, anche qui semaforo sonoro fresco fresco, a pochi metri da punti strategici per l’accesso alla stazione ferroviaria di Porta Nuova.

Attraverso la via con calma, godendomi il traffico rallentato d’agosto.

Approdo al percorso l. v. e. (loges vettor evolution) che fiancheggia la stazione così famigliare. Il comitato autonomia e mobilità che coordino, ha contribuito alla sua progettazione.

Una signora anziana con il suo bastone di sostegno mi affianca e mi supera. accelero il passo seguendo i binari del percorso e la supero a mia volta per questioni di orgoglio urbano, poi mi sento ridicolo: facile battere una persona anziana, con difficoltà ben più gravi delle mie nel muoversi. Arrivo davanti alla fermata della metro di fronte alla stazione, ma devio verso il percorso parallelo che mi porterà a prendere il 35 bus di superficie, gettando lo sguardo prima a sinistra, verso il bel giardino della stazione di piazza Carlo Felice, con le sue fontane e laghettini, poi a destra, lungo il bel porticato della stazione di testa appena restaurato.

Lancio un pensiero preoccupato all’atrio tutto transennato per creare i flussi in entrata e in uscita allestito in questa fase di emergenza Covid, sconvolgendo la logica dei percorsi che finalmente erano stati completati fin sulle banchine, su via sacchi, e davanti al giardino, con collegamenti sotterranei alla metro, dopo anni di mail, sopralluoghi e confronti con Grandi Stazioni, Rete Ferrovie Italiane e Comune di Torino.

Speriamo che il Virus molli la presa, fra i tanti effetti collaterali mi rattrista la riduzione della libertà di movimento di chi non vede.

Mi attesto sulla palina della fermata, passa un bus l’autista apre e suggerisce il numero e mi fa salire dalla porta anteriore, concessione avuta dall’azienda torinese di trasporti in deroga ai protocolli che indicano la salita posteriore.

Noto soddisfatto che la formazione sul personale sulla quale tanto abbiamo insistito, funziona. Salgo e subito constato che nonostante le numerose segnalazioni, la sintesi vocale che annuncia le fermate previste, nei nuovi mezzi Mercedes, non funziona ancora nonostante la rete G.P.S.

Il bus gira subito a destra in via Nizza, osservo dal mio sedile lo scorrere della lunga doppia pista ciclabile che ha rivoluzionato chilometri di questo tratto di città, fino in piazza Carducci.

Anche in questo caso siamo stati coinvolti nella progettazione, di percorsi tattili e semafori sonori, che servono oltre 80 attraversamenti, su 600 incroci totali: altro bel pezzo di accessibilità raggiunto.

Supero piazza Carducci e sfilo a fianco del grattacielo in costruzione nell’ex area lingotto che ormai svetta nel cielo azzurro, alto 39 piani , che accoglierà tutti gli uffici sparsi della regione Piemonte. Un percorso L.V.E. collegherà una nuova stazione metro, Italia 61, e la stazione ferroviaria del lingotto, ad un centro congressi e giardini annessi, parte integrante del grattacielo, in questo caso lavorando con il comitato regionale autonomia. Alle mie spalle alcuni passeggeri discutono, scommettendo sui ritardi della messa in opera di questo grattacielo in costruzione dal 2014. Inevitabile ripensare ai verbali, dei sopralluoghi, alle mille riunioni. Il profilo avveniristico di quest’area si sta delineando con precisione, fra il fiume Pò, la collina e il quartiere che ha abbandonato la sua vocazione storico industriale. Scendo dal bus dopo pochi isolati per fare un giro nel cantiere del nuovo capolinea della metro, Piazza Bengasi, che entrerà in esercizio forse nella primavera prossima.

Mi accoglie un architetto di Infra to., società che gestisce la metropolitana di superficie e sotterranea, con cui collaboro ormai da anni nell’impegnativa impresa di rendere la metropolitana di Torino un luogo completamente accessibile a tutti coloro che ne fruiscono in linea con il principio internazionale dell’accessibilità per tutti, codificato nelle linee guida del U.D.L. (Universal Design for Learning guidelines).

Penso soddisfatto che la fermata metro Italia 61 e quella che sto esplorando (Bengasi) le abbiamo portate a casa.

I percorsi in superficie nella grande piazza, adibita ad area mercatale al confine fra Torino e Nichelino, sono puntuali e precisi, collegano le scale della metro e l’ascensore alle fermate dei bus di superficie, agli attraversamenti con semaforo sonoro e all’area taxi adiacente, nonché ai primi edifici utili come guida naturale. Mentre parlo con l’architetto Dhebora Lamberti, una strana sensazione mi assale.

Ho percorso senza volerlo vent’anni di storia dell’accessibilità della mia città, senza contare altri cantieri e quartieri, un mosaico, un puzzle che l’Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti ha saputo, tramite i suoi soci più impegnati, portare a termine.

I progetti in cantiere ormai sono esecutivi, i giochi nel bene e nel male sono fatti, in questa parte dell’ex capitale d’Italia. Trattative lunghe con ferrovie, regione, comune, Società di trasporti, privati, tecnici, ingegneri e architetti che rendono concrete e fruibili le norme di legge e le esperienze di anni dei cittadini non vedenti. Bel modo di festeggiare il centenario della nostra associazione.

Cari padri fondatori, ovunque voi siate, spero che tutto ciò vi renda orgogliosi. Chissà dove ci porteranno fra altri cento anni le fermate della metropolitana.